Ordinanza 12 aprile 1960; Giud. Cocciardi; imp. Gaeta e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 7 (1960), pp. 165/166-167/168Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151862 .
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165 GIURISPRUDENZA PENALE 166
d'Italia si risolve nella violazione di un bene giuridico della Banca stessa, costituente un elemento del suo patri monio (lato sensu), e come tale tutelato in via assoluta dalla
legge. y Ma vi ha di più : la Banca sopporta le spese per la fab
bricazione dei biglietti (art. 4 t. u. n. 204 del 1910), ma
nel contempo percepisce un utile sul servizio di emissione, nella misura del 2% circa sui biglietti .emessi, così come è
emerso dalla deposizione giurata del teste Riccio, dirigente dell'Istituto (f. 349 retro del vol. XI) ; deve dunque con
cludersi, analogamente a quanto affermato con riguardo all'Amministrazione del tesoro, che, essendo la emissione
legata al fabbisogno della circolazione monetaria, se questa viene artificiosamente aumentata con la introduzione sul
mercato delle false banconote, diminuisce l'emissione re
golare, e con essa l'utile, verificandosi conseguentemente un mancato accrescimento patrimoniale, come tale risar
cibile. Per questi motivi, ecc.
PRETURA DI TORINO.
Ordinanza 12 aprile 1960 ; Griud. Cocciardi ; imp. Gaeta e
altri.
Sicurezza pubblica — Rumori in luogo pubblico —
Obbligo del preavviso —- Questione d'incostitu
zionalità non manifestamente infondata (Costi tuzione della Repubblica, art. 17 ; r. d. 18 giugno 1931
n. 773, t. u. leggi di P. s., art. 18, 4° comma).
Non è manifestamente infondata (e, quindi, malgrado l'or
dinanza della Corte costituzionale, che ne aveva dichia
rata la manifesta infondatezza restituendo gli atti al
giudice a quo, questi ne rimette di bel nuovo la cognizione alla Corte medesima) la questione sul se l'art. 18, 4° comma, t. u. leggi di Pubblica sicurezza, nella parte in cui pre vede il potere di vietare riunioni in luogo pubblico per la sola omissione del prescritto avviso sia in contrasto
con l'art. 17 della Costituzione, che consente alle autorità
il potere di divieto predetto soltanto per comprovati motivi
di sicurezza o d'incolumità pubblica. (1)
Il Pretore, ecc. •—• Atteso che le attuali giudicabili :
Gaeta E. Z. ; Gallarmi D. ; Gombia A. e Castagno M., nel
procedimento penale (n. 11305/1959) sono chiamate a
rispondere, tra l'altro, del reato di cui all'art. 18, 4° e
5° comma, r. decreto 18 giugno 1931 n. 773, per avere, con
travvenendo al divieto del Questore, motivato dal difetto
del prescritto preavviso, tenuto una riunione in luogo pub blico dinanzi alla Prefettura di Torino 10 aprile 1959;
Ritenuto che, all'udienza odierna, in apertura del dibat
timento, i difensori delle parti hanno sollevato la questione della legittimità costituzionale della disposizione contenuta
(1) Il Pretore di Torino, che, con ordinanza 4 luglio 1959
(Foro it., 1959, II, 224, con nota di richiami), aveva rimesso alla Corte costituzionale la questione d'incostituzionalità dell'art. 18, 4° comma, t. u. delle leggi di P. s., poi riconosciuta manifesta mente infondata dalla Corte medesima con ordinanza 7 marzo 1960 (Le Leggi, 1960, 270), ne rimette di bel nuovo l'esame alla Corte.
Sulla situazione processuale, conseguenziale alla ordinanza di manifesta infondatezza della Corte costituzionale, oltre a
Jaeger, in Biv. dir. proc., 1958, 377, 385, v. Gtonkrida, in Studi in onore di E. Eula, II, 113 ; Redenti, Legittimità dette leggi e Corte costituzionale, Milano, 1957, n, 48.
Una vicenda, simile alla presente, si è verificata qualche anno fa : cfr. Cass. 17 maggio 1958, Pret. Roccastrada 1° giu gno 1958, Foro it., 1958, 1, 1437, con osservazioni di O. Panelli; Corte cost. 6 dicembre 1958, id., 1959, I, 163, con osservazioni di O. Panelli.
nel 4° comma dell'art. 18 citato, limitatamente alla parte in cui è attribuito al questore potere di divieto della riu nione in conseguenza dell'omesso preavviso e sotto il pro filo della mancanza di una esplicita previsione del caso nell'art. 17 della Costituzione ;
Udito il P. m. che si associa ; Letta l'ordinanza 14 luglio 1959 del Pretore di Torino,
con la quale tale questione di lsgittimità, posta negli stessi
termini, veniva ritenuta non manifestamente infondata,
ragione per cui veniva disposta l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale e sospeso il giudizio in
corso ; Vista l'ordinanza camerale 19 febbraio-7 marzo 1960
della Corte, la quale ha dichiarato la questione di legitti mità, come sopra proposta, manifestamente infondata ed ha ordinato la restituzione degli atti ;
Osserva
Non è stato revocato in dubbio con la precedente ordi
nanza, nè si vuole rimettere in discussione in questa sede di rinvio il principio stabilito definitivamente dalla Corte che la sanzione penale, contenuta nel 5° comma dell'art. 18 t. u. di Pubblica sicurezza, nella parte che si riferisce alle
riunioni in luogo pubblico, integri e contempli sotto il relativo profilo, la disposizione costituzionale.
Ma il Pretore nella precedente ordinanza ha ritenuto, come non manifestamente infondata, una diversa que stione, che si permette di riproporre al supremo giudizio della Corte.
L'art. 18, 4° comma, condiziona l'attribuzione al que store del potere d'impedire che una riunione in luogo pub blico abbia luogo, a due ordini di condizioni, disgiunta mente previsti, ciascuno di per sè sufficiente a legitti marlo : omissione (imputabile ai promotori) del preavviso ;
ragioni di ordine pubblico, di moralità e di t'an ita pubblica. L'art. 17 Costituzione, ribadita l'obbligatorietà del
preavviso, e riconosciuto all'autorità il potere di divieto,
pone come unica condizione di legittimità di esso che sussi stano «comprovati motivi di sicurezza o d'incolumità
pubblica ».
Già dal raffronto delle espressioni letterali delle due norme emerge evidente la mancanza di previsione, in quel la costituzionale, del caso dell'omesso preavviso.
Il Pretore, nell'ordinanza precedente, rilevata tale non
coincidenza dell'ambito di previsione delle due norme, più lato quello della norma del testo unico, più ristretto quello del precetto costituzionale, riteneva la questione di legit timità non manifestamente infondata. La non previsione costituzionale del caso dell'omesso avviso, condizione, secondo l'art. 18, 4° comma, t. u., di per sè sufficiente
dell'insorgere di un legittimo potere del questore di impe dire la riunione, cioè, in definitiva, di limitare la libertà
(non assoluta) di riunione, costituzionalmente garantita ai
cittadini, venne ritenuto argomento capace di conferire
alla questione dignità di oggetto dell'illuminato ed illu minante sindacato della Corte. E ciò a prescindere dalle altre considerazioni extra letterali dell'ordinanza rigettata, alle
quali va fatto richiamo. La rilevanza di una soluzione, quale essa sia, ai fini della
contravvenzione ex art. 18, 4° e 5° comma, t. u. più volte
citato, è chiara.
Come per altri reati (es. art. 650 cod. pen.), per la sussi
stenza della contravvenzione in esame (promozione di una
riunione nonostante il divieto dell'autorità) non si richiede soltanto la condotta (riunione), ma altresì la sussistenza
di un presupposto di essa (divieto legittimo). Ne consegue che la soluzione della questione intorno alla legittimità costituzionale del divieto, quando esso sia motivato sol
tanto dalla omissione del preavviso, condiziona l'affer
mazione di sussistenza della contravvenzione prevista dal
5° comma.
In effetti la questione, già deferita con la ordinanza
14 luglio 1959 e dichiarata manifestamente infondata dalla
Corte, si ripropone come necessariamente pregiudiziale nei
termini del capov. 1° dell'art. 23 legge 11 marzo 1953
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167 PARTE SECONDA 168
n. 87. Non pare infatti, a sommesso e rispettoso avviso del
Pretore, che la decisione di rigetto abbia concluso in ordine
alla costituzionalità dell'art. 18, 4° comma, quanto alla
parte delineata, se cioè sia legittimo il potere di divieto
motivato unicamente dall'omesso preavviso, posto che
l'art. 17 della Carta non menziona il caso.
Dopo la messa a fuoco dei termini della questione l'ordinanza camerale di rigetto rinvia ai motivi della sen
tenza n. 9 del 3 luglio 1956 (Foro it., 1956, I, 1048). Sembra però che questa abbia considerato unicamente
il caso della legittimità delle sanzioni previste nel 3° comma
e nel 5° comma già citato art. 18, e stabilito il principio della
loro validità quali norme che integrano e completano, nella parte che si riferisce alle riunioni in luogo pubblico, il precetto costituzionale che le ha confermate.
La validità di tali norme, in particolare di quella del
5° comma, che qui interessa, non è stata affatto posta in
discussione dalla precedente ordinanza pretorile, come non
lo è dalla presente, anzi essa è il presupposto della presente
questione di legittimità, giacche irrilevante sarebbe, per il
giudizio penale, sottoporre al sindacato costituzionale la
parte della disposizione concernente la legittimità del
potere di divieto motivato dalla semplice omissione del
preavviso (4° comma), se inapplicabile fosse la norma
sanzionatoria (5° comma). Ciò premesso, motivo di preoccupazione per il giudice
è in definitiva che la sentenza della Corte 3 luglio 1956,
n. 9, cui egli dovrebbe fare ricorso, in questa sede di ripro
posizione dell'istanza, per il motivato rigetto di essa sic
come inammissibile, perchè solleva una questione già decisa, non gli consente di concludere per diversità di oggetto e di
motivazione.
Perciò la delineata questione deve essere rispettosa mente riproposta al supremo giudizio della Corte di legit timità costituzionale.
Per questi motivi, ecc.
Rivista di Giurisprudenza Penale
Vallo d'Aosta — Esercizio della professione di maestro
di sei — Incostituzionalità della normativa re
gionale — Questione 11011 manifestamente infon
data (L. cost. 26 febbraio 1958 n. 4, Statuto della Valle
d'Aosta, art. 2, lett. U ; Costituzione della Repubblica, art. 4, 41, 120 ; 1. reg. 28 settembre 1951 n. 2, ordina mento delle guide, dei portatori alpini, dei maestri di
sci, degli aiuto maestri di sci e delle scuole di sci in
Valle d'Aosta, art. 2, 4, 10, 13, 14).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione d'in
costituzionalità degli art. 2, 4, 10, 13, 14 legge 28 set
tembre 1951 n. 2 della Regione della Valle d'Aosta, in
materia di esercizio della professione di maestro di sci,
per il contrasto che si assume sussistere tra dette norme da
un lato e gli art. 4, 41 e 120 della Costituzione, e 2, lett. 77, dello Statuto della Valle d'Aosta dall'altro lato. (1)
Tribunale d'Aosta; ordinanza 2 aprile I960; Pres.
Grisero P. ; imp. Pirovano e Ferro.
(1) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1960, 451. La questione d'incostituzionalità di che trattasi era stata
già rimessa, con ordinanza 6 giugno 1957 del Tribunale di Aosta
(Foro it., Rep. 1958, voce Valle d'Aosta, n. 8), alla Corte costi tuzionale che, con ordinanza 27 giugno 1958, n. 41 (ibid., voce Corte cost., n. 52) restituì gli atti per un più completo esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza.
Sanità pubblica — Carni in via di decomposizione — Confisca e distruzione — Questione d'incosti
tuzionalità 11011 manifestamente infondata (Co stituzione della Repubblica, art. 24 ; r. d. 20 dicembre
1928 n. 3298, regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni, art. 31).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione d'in
costituzionalità dell'art. 31 r. decreto 20 dicembre 1928 n. 3298, per il quale carni riconosciute in via di decomposi zione o comunque alterate sono confiscate e distrutte, per il contrasto che si assume sussistere tra detta norma e
l'art. 24 della Costituzione. (1)
Pretura di Andria ; ordinanza 1° aprile 1960 ; Giud.
Ruggiero ; imp. Sgaramella.
Esercizio abusivo dell'arte tipografica — Stampati e volantini propagandistici senza licenza del
l'autorità di Pubblica sicurezza — Normativa in
criminatrice — Questione d'incostituzionalità non
manifestamente infondata (Costituzione della Re
pubblica, art. 21 ; cod. pen., art. 662 ; r. d. 18 giugno 1931 n. 773, t. u. leggi di P. s., art. Ili ; r. d. 6 maggio 1940 n. 635, regolamento per l'esecuzione del t. u. leggi di P. s., art. 197).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione d'in
costituzionalità degli art. 662 cod. pen. e 111 t. u. leggi di
Pubblica sicurezza, per i quali è punito con l'arresto ovvero
con la multa chi, senza la licenza dell'autorità, e pur con
l'osservanza delle prescrizioni della legge, esercita l'arte
di riproduzione meccanica, in molteplici esemplari, di stam
pati e volantini propagandistici, per il contrasto clie si
assume sussistere tra dette norme e l'art. 21 della Costi
tuzione. (2)
Pretura di Firenze; ordinanza 28 marzo 1960 ; Giud.
Cantagalli ; imp. Fabiani e altri.
Titoli di credito — Assegno bancario — Disposizioni
penali — Incostituzionalità della normativa —
Questione non manifestamente infondata (Costi tuzione della Repubblica, art. 76, 77 ; r. d. 21 dicembre
1933 n. 1736, sull'assegno bancario, art. 116).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione d'inco
stituzionalità. derivante da ciò che l'art. 116 r. decreto 21
dicembre 1933 n. 1736, per contenere disposizioni penali in tema di assegno bancario, avrebbe ecceduto dai limiti
della delega, contenuta nell'art. 2 legge 30 dicembre 1923
n. 2814, e nell'art, un. legge 4 giugno 1931 n. 659. (3)
Pretura di Trieste ; ordinanza 20 febbraio 1960 ; Giud.
D'Amato ; imp. Ivancich.
(1) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1960, 965.
(2) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1960, 447 ; sull'art. 21 della Costituzione, v. Corte cost. 30 giugno 1960, n. 44, in questo volume, I, 1075, con nota di richiami.
(3) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1960, 464.
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