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ordinanza 12 aprile 1999; Pres. Formiconi, Rel. Miconi; Soc. Iper Marche (Avv. Ranci) c. Soc. Agip...

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ordinanza 12 aprile 1999; Pres. Formiconi, Rel. Miconi; Soc. Iper Marche (Avv. Ranci) c. Soc. Agip petroli e Ditta Gino Mattei (Avv. Niccolini, Santucci) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1641/1642-1649/1650 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193492 . Accessed: 24/06/2014 21:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.109 on Tue, 24 Jun 2014 21:11:26 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 12 aprile 1999; Pres. Formiconi, Rel. Miconi; Soc. Iper Marche (Avv. Ranci) c. Soc.Agip petroli e Ditta Gino Mattei (Avv. Niccolini, Santucci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1641/1642-1649/1650Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193492 .

Accessed: 24/06/2014 21:11

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1. - Il primo motivo di gravame è inammissibile per carenza

di interesse e ciò per l'assorbente rilievo che, avendo la recla

mante richiesto espressamente la trascrizione con riserva (cfr. doc. 3 di prime cure), all'eventuale riconoscimento dell'invalidi

tà dell'eseguita formalità per difetto di motivazione della stessa

non potrebbe mai conseguire il diverso effetto della pura e sem

plice trascrizione dell'atto.

2. - Il secondo motivo di gravame è fondato e va accolto.

Osservato che l'atto di che trattasi è stato concluso in forma

pubblica notarile e presenta quindi i requisiti richiesti per la

trascrizione, va rilevato che quest'ultima non attiene alla forma

dell'atto, ma è istituto volto alla tutela di diritti sostanziali, co

sicché alla stessa devono applicarsi le norme in vigore al mo

mento in cui la tutela è invocata, e non quelle vigenti all'epoca in cui l'atto venne formato.

Con il che deve escludersi sia che la trascrizione di contratti

preliminari di compravendita immobiliare conclusi prima del

l'entrata in vigore del d.l. 669/96 violi il principio di tassatività

delle previsioni di pubblicità legale (poiché al momento della

chiesta trascrizione l'atto in parola rientra fra quelli per cui tale

forma di pubblicità è prescritta), sia che la trascrizione di un

tale preliminare leda il principio di irretroattività della legge (poi ché gli effetti della trascrizione si verificano con riferimento al

È vero però che l'applicazione retroattiva dell'art. 3 d.l. 669/96 (art. 2645 bis c.c.) non lede il principio di irretroattività della legge (art. 11

preleggi), perché quest'ultimo non vale con riferimento alla legge favo

revole, purché essa «sia veramente tale e tale soltanto» (la frase tra

virgolette è di R. Quadri, Dell'applicazione della legge in generate, cit.,

104). L'art. 3 d.l. 669/96 (art. 2645 bis c.c.) rientra in quest'ultima

ipotesi: l'attribuzione al promissario acquirente del potere di trascrivere

il contratto preliminare non impone alcun nuovo obbligo al promissa rio venditore, siamo di fronte ad una nuova legge effettivamente ed

unicamente favorevole. II. - Il provvedimento in epigrafe è stato reso in un procedimento

in camera di consiglio, precisamente nel giudizio di reclamo ex art.

2674 bis c.c. e 113 ter disp. att. c.c. contro la trascrizione con riserva

eseguita dal conservatore dei registri immobiliari. Fra le pronunce giuris

prudenziali più recenti su questo procedimento, cfr. Cass. 23 agosto 1997, n. 7940, Foro it., Rep. 1997, voce Trascrizione, n. 43, secondo

cui il provvedimento della corte d'appello con il quale si conclude il

procedimento sul reclamo proposto avverso la trascrizione o l'iscrizione

con riserva non è impugnabile con il ricorso per cassazione a norma

dell'art. Ill Cost., poiché si tratta di un procedimento lato sensu caute

lare, a contraddittorio non pieno, nel quale le parti interessate, ai sensi

dell'art. 113 ter, vengono semplicemente sentite. Il procedimento — pro

segue la corte — è diretto a far sì che, nel caso in cui sorgano gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità o iscrivibilità di un determinato at

to, l'interessato possa ottenere in via provvisoria l'attuazione della pub blicità immobiliare. Il suo oggetto è il solo accertamento della gravità e fondatezza dei dubbi in questione, mentre la definitiva pronuncia sul

la sussistenza del diritto e sull'effettuazione della pubblicità è rimessa

ad un eventuale giudizio contenzioso. La corte delinea così una figura di procedimento molto vicina a quella dei procedimenti-sommari

semplificati-esecutivi (per questa categoria, v. A. Proto Pisani, Usi e

abusi della procedura camerale ex art. 737 ss. c.p.c., in Riv. dir. civ., 1990, I, 393 ss., spec. 402 ss.).

III. - Il procedimento ex art. 2674 bis c.c. e 113 ter disp. att. c.c.

è talvolta impiegato per ottenere la trascrizione senza riserve di un se

questro giudiziario, che non è prevista dall'art. 677 c.p.c., a differenza

di quanto è previsto dall'art. 679 c.p.c. per l'esecuzione del sequestro conservativo sugli immobili. Provvedimenti giurisdizionali recenti am

mettono questa possibilità: cfr. Trib. Pescara 7 agosto 1995, Foro it.,

Rep. 1996, voce cit., n. 19, e Giur. merito, 1996, 242, secondo cui

il sequestro giudiziario tende alla conservazione del bene nelle more

dell'accertamento di merito, assicurando sia l'impossibilità giuridica della

disposizione del bene stesso da parte del possessore sia l'impossibilità

dell'acquisto del medesimo da parte di terzi in buona fede e a tal fine

il sequestrante ha l'onere di richiedere la trascrizione del sequestro di

beni immobili. Sulla stessa linea è Trib. Modena 5 maggio 1995, Foro

it., Rep. 1996, voce cit., n. 20, e Giur. merito, 1996, 242. Questa solu

zione non si confronta peraltro con la disciplina della trascrizione delle

domande giudiziali (sul punto, v. le osservazioni di G. Guarnieri, in

Il nuovo processo cautelare a cura di G. Tarzia, Milano, 1993, 80 s.). IV. - In dottrina, sulla trascrizione del contratto preliminare, v. F.

Gazzoni, Il contratto preliminare, in Trattato di diritto privato diretto

da M. Bessone, Torino, 1998, IX, 2; specificamente sui profili proces

suali, v. G. Miccolis, Profili processuali della trascrizione del contratto

preliminare, in Riv. dir. civ., 1998, I, 163 ss. V. anche S. Tondo, Pub

blicità immobiliare per atti impegnativi a futuri assetti dispositivi, in

Foro it., 1997, V, 272 ss. [R. Caponi]

Il Foro Italiano — 1999.

momento dell'esecuzione della formalità e non a quello della

conclusione dell'atto trascritto). La legge d'altra parte nulla dice in ordine ai contratti prelimi

nari conclusi prima della sua entrata in vigore, cosicché non

è consentito all'interprete ritenere la sussistenza di una causa

di non trascrivibilità priva di previsione legislativa. 3. - Il terzo motivo di gravame è irrilevante.

La mancata tempestiva trascrizione del contratto definitivo

o della domanda giudiziale di cui all'art. 2652, 1° comma, c.c., fa venir meno gli effetti della trascrizione del preliminare, ma

non costituisce ragione ostativa della trascrivibilità dell'atto (co

sicché, in ipotesi, la trascrizione potrebbe anche risultare imme

diatamente inefficace), spettando al giudice della cognizione or

dinaria (e non a quello della procedura di volontaria giurisdi zione e, tanto meno, al pubblico ufficiale deputato alla trascri

zione) l'accertamento del perdurare o meno dell'efficacia dell'e

seguita formalità.

4. - Il reclamo va dunque accolto, disponendo la trascrizione

senza riserva dell'atto in parola.

I

TRIBUNALE DI ANCONA; ordinanza 12 aprile 1999; Pres.

Formiconi, Rei. Miconi; Soc. Iper Marche (Avv. Ranci) c.

Soc. Agip petroli e Ditta Gino Mattei (Aw. Niccolini,

Santucci).

TRIBUNALE DI ANCONA;

Concorrenza (disciplina della) — Concorrenza sleale — Vendita

sottocosto — Illiceità (Cod. civ., art. 2598; 1. 19 marzo 1980

n. 80, disciplina delle vendite straordinarie e di liquidazione, art. 7, 8, 9; d.leg. 31 marzo 1998 n. 114, riforma della disci

plina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4, 4° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59, art. 15).

Concorrenza (disciplina della) — Concorrenza sleale — Proce

dimento cautelare — Inibitoria — Penalità in caso di reitera

zione — Inammissibilità (Cod. civ., art. 2598, 2599; cod. proc.

civ., art. 700).

La vendita sottocosto di prodotti (nella specie, olio lubrificante) costituisce atto di concorrenza sleale. (1)

Nel procedimento cautelare in materia di concorrenza sleale (nella

specie, vendita sottocosto) non può disporsi, a carico del soc

combente, una penalità in caso di futura reiterazione degli atti illeciti. (2)

II

TRIBUNALE DI BARI; ordinanza 16 novembre 1998; Giud.

Magaletti; Soc. Agip petroli e Soc. Alessandro Campobasso

(Avv. Niccolini, Giannelli) c. Soc. Gruppo G.S. (Avv. Pap

PALEPORE, RaPISARDI).

Concorrenza (disciplina della) — Concorrenza sleale — Vendita

sottocosto — Illiceità (Cod. civ., art. 2598).

Costituisce atto di concorrenza sleale per contrarietà alla corret

tezza professionale la vendita sottocosto di prodotti (nella spe

cie, olio lubrificante), in mancanza di circostanze particolari

quali i saldi di fine stagione, l'esaurimento delle scorte, la

liquidazione dell'attività o le vendite promozionali soggette

ad apposita disciplina, e a nulla rilevando la temporaneità

dell'offerta o la minima incidenza quantitativa sul mercato. (3)

(1,3) Continua la serie di provvedimenti sulla illiceità delle vendite

sottocosto. Nei casi in epigrafe si tratta di olio lubrificante venduto

da soggetti della grande distribuzione. In termini, per il medesimo pro

dotto, cfr. Trib. Arezzo, ord. 10 marzo 1999 (pres. Scutellari, est. Cap

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1643 PARTE PRIMA 1644

I

Rilevato: il provvedimento cautelare impugnato, parzialmen te accogliendo il ricorso proposto dall'Agip petroli s.p.a. e dal

la Ditta Gino Mattei contro la Iper Marche s.r.l. ha inibito alla

convenuta — mediante conferma del precedente decreto inaudi

ta altera parte — la vendita sottocosto del prodotto Agip Sint

2000 in taniche da quattro litri presso l'ipermercato Joyland, nonché la pubblicizzazione della suddetta vendita: ha inoltre di

sposto la corresponsione in favore di ciascuno dei ricorrenti della

somma di lire 50.000 per ogni violazione dell'inibitoria alla

vendita.

Il giudice della prima fase cautelare ha ritenuto che il prezzo di vendita praticato dalla resistente per ciascuna unità di pro

dotto, pari a lire 33.900, fosse inferiore al costo di acquisto unitario sostenuto per lo stesso prodotto, costo individuato in

lire 35.745, in considerazione dell'applicazione al costo unita

rio, risultante dalla fattura di acquisto della merce, dello sconto

del due per cento sull'intero fatturato annuo di cui la resistente

aveva usufruito, sconto distribuito su tutte le unità di prodotto

acquistate; ha ritenuto che detto comportamento costituisse con

correnza sleale, anche indipendentemente dall'accertamento di

un intento monopolistico, e che fosse idoneo a creare danno

pelli, Soc. Valdarno Ipercoop c. Soc. Agip petroli e Orlandi), che ha confermato Trib. Arezzo, ord. 2 febbraio 1999 (giud. Legnaioli), non ché Trib. Palermo, decr. 1° ottobre 1998 (giud. D'Antoni, Soc. Agip petroli e Petrol service c. Soc. Indis), tutte inedite. In tema di vendite

sottocosto, cfr. Trib. Napoli 15 luglio 1997, Foro it., 1997, I, 3022, con nota di richiami.

Ai precedenti ivi riportati, si aggiunga Trib. Salerno 15 maggio 1997, id., Rep. 1997, voce Concorrenza (disciplina), n. 365, sui giornali-panino; Trib. Roma 20 settembre 1996, ibid., n. 323, sulla libera vendita di cassette abbinate a giornale; Trib. Milano 27 agosto 1996, Giur. dir.

ind., 1996, 956, sulla liceità di vendita di videocassette a prezzi prossimi a quelli di costo; Trib. Roma 1° giugno 1996, ibid., 880, sul rilievo che può darsi all'accertamento dei costi unitari contenuti in un provve dimento dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato; Trib. Firenze 26 gennaio 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., nn. 149, 150, e Giur. dir. ind., 1996, 614, sulla liceità di ribassi di prezzo non sotto

costo; App. Milano 29 dicembre 1995, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 364 (per esteso, Giur. dir. ind., 1996, 571), sulla circostanza che

per determinare il costo medio di produzione va scelta quella più adatta al caso concreto e occorre detrarre oneri finanziari figurativi; Trib. Mi lano 21 dicembre 1995, Foro it., Rep. 1997, voce cit., nn. 366-368, sulla vendita abbinata di riviste, con abbonamento a prezzo dimezzato; Trib. Firenze 8 maggio 1995, in Vanzetti, Giurisprudenza annotata di diritto industriale, repertorio sistematico 1988-1996, Milano, 1998, 459, sull'illecita vendita.

Per la dottrina, v. anche S. Sanzo, La concorrenza sleale, Padova, 1998, 257 s.

Il tribunale anconetano, nella decisione in epigrafe, utilizza come stru mento interpretativo delle vendite sottocosto anche la nuova normativa sul commercio (d.leg. 31 marzo 1998 n. 114, riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4, 4° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59, in Le leggi, 1998, I, 2231). Di tale disciplina è in via di adozione il regolamento ministeriale attuativo; per la bozza di regolamento del ministero dell'industria ed una prima lettura, v. S. Pozzo li, Vendite sottocosto (quasi) vietate, in Italia Oggi del 31 marzo 1999, 31, con particolare riguardo ai settori merceologici e ai requisiti per le vendite sottocosto consentite e per i divieti di comunicazione pub blicitaria di operazioni non permesse.

(2) La decisione si inserisce nell'orientamento maggioritario in giuris prudenza che nega la possibilità di condanna a somme predeterminate in caso di futura violazione; sono chiamate penalità di mora, o penali, sulla scia delle astreintes del diritto francese.

In senso conforme, cfr. Trib. Milano 21 novembre 1991, Foro it., Rep. 1993, voce Concorrenza (disciplina), n. 214; Trib. Firenze 11 di cembre 1990, ibid., n. 215; Trib. Milano 15 settembre 1988, id., Rep. 1990, voce cit., n. 105; 12 giugno 1986, id., Rep. 1988, voce cit., n. 223; 4 giugno 1984, id., Rep. 1987, voce cit., n. 143; Trib. Catania 15 aprile 1980, id., Rep. 1983, voce cit., n. 300; Trib. Roma 16 luglio 1979, in Vanzetti, Giurisprudenza annotata di diritto industriale, re pertorio sistematico 1972-1987, Milano, 1990, 1034; Trib. Torino 26 marzo 1979, ibid.; 20 dicembre 1975, Giur. dir. ind., 1975, 720; Trib. Milano 13 novembre 1975, in Vanzetti, op. cit., 1034; 3 ottobre 1974, Giur. dir. ind., 1974, 1223; App. Milano 16 luglio 1974, ibid., 1005; Trib. Milano 18 ottobre 1973 (due provvedimenti in pari data), id., 1973, 1223 e 1227; 1° marzo 1973, ibid., 464; Trib. Treviso 8 gennaio 1973, Foro it., Rep. 1976, voce cit., n. 27.

In senso contrario, l'applicabilità è stata giustificata nell'ambito dei

Il Foro Italiano — 1999.

anche ad imprese operanti a livelli diversi da quello della conve

nuta (che è un dettagliante), sussistendo un rapporto concorren

ziale anche fra dette imprese, perché riguardanti il medesimo

segmento di mercato e la stessa categoria di consumatori: ha

respinto l'istanza di pubblicazione del provvedimento, ritenen

do idonee le misure già disposte, tenuto conto della già avvenu

ta cessazione dell'iniziativa.

La Iper Marche s.r.l. ha proposto reclamo avverso la suddet

ta statuizione, di cui chiede la revoca, con le seguenti censure:

1) oggettiva insussistenza della vendita ad un prezzo inferiore

al costo di acquisto: la reclamante contesta il criterio adottato

dal giudice cautelare per la determinazione di detto costo unita

rio, sostenendo di aver applicato, nell'esercizio della sua discre

zionalità imprenditoriale, l'intero «sconto annuale» — pratica to in suo favore dalla sua fornitrice (la Lubex s.p.a.) — soltan

to sulle duecentodieci unità di prodotto vendute al prezzo

promozionale e non su tutto il prodotto acquistato nell'arco

dell'anno dalla medesima fornitrice; in tal modo, il costo di

acquisto dei prodotti sarebbe stato inferiore al prezzo di lire

33.900 al quale gli stessi erano stati posti in vendita;

2) insussistenza di intento monopolistico, anche in relazione

alla brevità ed episodicità della vendita al prezzo contestato; assoluta mancanza della «sistematicità» nel preteso svolgimento

provvedimenti che appaiono più idonei per assicurare gli effetti della decisione sul merito, ex art. 700 c.p.c., oppure in analogia agli art.

66, 2° comma, r.d. 21 giugno 1942 n. 929 (in materia di marchi regi strati) e 86, 1° comma, r.d. 29 giugno 1939 n. 1127 (in materia di brevetti per invenzioni industriali). In favore dell'applicabilità di tali

sanzioni, cfr. Trib. Ancona 31 ottobre 1998 (giud. Russo), inedita, ri formata sul punto dall'ordinanza in epigrafe; 5 agosto 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 564; Trib. Milano 23 aprile 1990, id., 1991, I, 920, in motivazione; 10 gennaio 1980, id., Rep. 1983, voce cit., n. 292; App. Milano 21 novembre 1975, Giur. dir. ind., 1975, 699; Trib. Roma 23

gennaio 1973, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n. 29; Trib. Milano 20

maggio 1965, id., Rep. 1965, voce cit., n. 70; 25 ottobre 1962, id., Rep. 1963, voce Marchio, n. 64.

La domanda di fissazione di una penale proposta per la prima volta in appello costituisce domanda nuova inammissibile: cfr. App. Milano 22 dicembre 1987, id., Rep. 1990, voce Appello civile, n. 32.

In dottrina, la posizione che appare prevalente ammette tale sanzio ne: v. F. Ferrara jr., La teoria giuridica dell'azienda, Firenze, 1949, 332; L. Mosco, La concorrenza sleale, Napoli, 1956, 272; T. Ascarel

li, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960, 257; G. Minervini, La concorrenza e i consorzi, Milano, 1965, 44; G. Gu

glielmetti, La concorrenza e i consorzi, in Trattato diretto da Vassal

li, Torino, 1970, 225; G. Aghina, L'utilizzazione atipica del marchio

altrui, Milano, 1971, 63; M. Libertini, Azioni e sanzioni nella discipli na della concorrenza sleale, in Trattato diretto da Galgano, Padova, 1981, IV, 248; M. Rotondi, Diritto industriale, Padova, 1974, 521; A. Frignani, L'«injunction» nella «common law» e l'inibitoria nel di ritto italiano, Milano, 1974, passim (e Ancora sulle penalità di mora nella concorrenza sleale, in Riv. dir. ind., 1976, I, 207); G. Ghidini, Delta concorrenza sleale, in Commentario diretto da Schlesinger, Mi lano, 1991, 399, 413.

In senso contrario all'applicazione della penale, cfr. P. Greco, I di ritti sui beni immateriali, Torino, 1949, 526, sul presupposto che le norme dei diritti di privativa sono eccezionali; Micheli, L'azione pre ventiva, in Riv. dir. proc., 1959, 215; A. Proto Pisani, Appunti sulla tutela di condanna, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 1166 s. e nota 82, che rileva l'insuscettibilità «di applicazione generale e probabilmen te neppure analogica» di questa tecnica sanzionatoria; M.S. Spolidoro, Le misure di prevenzione ne! diritto industriale, Milano, 1982, 143, sot tolinea che non si tratta di forme di preliquidazione del danno, e che inoltre tali penalità — pur presenti in quasi tutti i progetti di legge di riforma di inizio secolo — non sono state inserite nella normativa sulla concorrenza sleale, fermo restando che, de iure condendo, tale scelta è contraria a logica e ad equità. S. Sanzo, La concorrenza sleale, cit., 474 s., nel definire anomali i provvedimenti che ammettono la pe nale, registra che sono emessi, in realtà, senza effettiva motivazione.

Sulle astreintes del mondo franco-belga, v. F. Chabas, «Astreintes», voce dell'£>ic. Dalloz, Rép. Procédure civile, Paris, 1993, I, 1 s. Per

gli scritti in italiano, v. J. Van Compernolle, I poteri del giudice nel

processo civile nel diritto belga, in Riv. dir. proc., 1993, 1122; A. Fri gnani, Il mondo dell'«astreinte»: sviluppi recenti e prospettive, in Rass. dir. civ., 1988, 931 (e Le penalità di mora e le «astreintes» nei diritti che si ispirano al modello francese, in Riv. dir. civ., 1981, I, 506); M. Storme, L'«astreinte» nel diritto belga: sei anni di applicazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1986, 602; M. Vitali, L'introduzione delle «astreintes» in Belgio, in Riv. dir. proc., 1983, 272; A. Dondi, L'«astreinte» endoprocessuale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1981, 524.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

antieconomico dell'attività di impresa, per mancanza di reitera

zione della condotta e per la suddetta brevità del periodo;

3) non configurabilità, nel caso in questione, di concorrenza

c.d. verticale, per inidoneità del comportamento, breve ed epi

sodico, ad influenzare l'attività economica di imprese operanti a livello diverso dal dettagliante;

4) insussistenza dei presupposti di fatto per l'applicazione delle

sanzioni pecuniarie disposte; vizio di ultrapetizione del provve

dimento, non essendo state dette misure mai richieste: eccessivi

tà della somma stabilita per ciascuna violazione.

Il reclamato si oppone alla revoca del provvedimento cautela

re, richiamando opinioni dottrinarie e giurisprudenziali già con

divise dal giudice della prima fase, ed insiste sulla richiesta di

pubblicazione del dispositivo sulla stampa. Ciò premesso, osserva il tribunale:

1) quanto alla sussistenza di un'effettiva vendita sottocosto, ritiene il tribunale pienamente condivisibile il criterio di deter

minazione del costo unitario del prodotto, adottato nel provve dimento reclamato; può ritenersi, infatti, documentalmente di

mostrato che la Iper Marche, appartenente al gruppo La Rina

scente, abbia usufruito, nei rapporti commerciali con la propria fornitrice Lubex s.p.a, di uno sconto del due per cento sull'in

tero fatturato annuo; non è invece documentalmente — né al

trimenti — dimostrato, come avrebbe dovuto ai sensi dell'art.

15, 7° comma, 1. 114/98, che lo sconto complessivo in questio ne sia stato «caricato» esclusivamente sui prodotti destinati alla

rivendita al prezzo di lire 33.900; d'altra parte, la «annualità»

dello sconto usufruito ed il suo riferimento all'importo com

plessivo dei prodotti acquistati dalla Lubex in un anno induce

a ritenere la globalità dello sconto in questione, e perciò la sua

ripartizione, secondo le ordinarie regole economiche, su tutti

i prodotti; la particolare situazione affermata dalla reclamante

avrebbe dovuto essere provata dalla stessa. Va pertanto confer

mata la sussistenza di una vendita a prezzo sensibilmente infe

riore al costo del prodotto* già ritenuta nel provvedimento re

clamato.

2) Va ribadito — quanto all'asserita necessità, per la qualifi cazione come concorrenza sleale della vendita sottocosto, del

l'intento monopolistico dell'imprenditore — che le opinioni giu

risprudenziali più recenti prescindono dall'intenzione soggettiva di acquistare il monopolio sul mercato e dalla idoneità oggetti va della condotta ad eliminare totalmente il concorrente; e va

ricordato, altresì, che la vendita a prezzo inferiore al costo di

acquisto rientra nella lecita concorrenza solo quando consista

nell'applicazione di ribassi effettivi, conseguenti ad una riduzio

ne del profitto o ad una reale riduzione di costi, non quando

comporti il sistematico svolgimento antieconomico dell'attività

d'impresa e l'artificioso abbattimento dei prezzi, non giustifica

to da obiettive condizioni della produzione, divenendo così tale

da fuorviare il giudizio del consumatore e violare le regole su

cui confidano gli operatori economici (Cass. 2743/83, Foro it.,

1983, I, 1864). Nel caso in questione, come si è visto, non risultano ragioni

economiche contingenti idonee a giustificare il ribasso dei prez zi. Né la natura del prodotto — che non è deperibile, non è

«uscito di produzione», non è soggetto al cambiamento della

moda, non è legato ad eventi contingenti ed infine non è nuovo

e perciò non richiede un «lancio» — consente di individuare

una vendita promozionale o di esaurimento delle scorte residue.

Sostiene il reclamante che difetta, nella fattispecie, la siste

maticità della gestione antieconomica, in ragione della brevità

del periodo di adozione del prezzo ridotto e della ridotta quan

tità di prodotto destinato a detta vendita.

Ritiene tuttavia il tribunale che nel caso specifico qui in di

scussione la particolare «collocazione» della vendita, nell'ambi

to di un supermercato frequentato da moltissimi consumatori,

insieme a prodotti di largo consumo di ogni tipo (casalinghi,

abbigliamento, alimentari, giocattoli, elettrodomestici, ecc.); l'am

pia e capillare pubblicità data all'operazione prima del suo ini

zio e successivamente; in definitiva, la notevolissima potenziali

tà di penetrazione nel pubblico dei consumatori di una tale for

ma di concorrenza, costituiscono, pure in assenza di una

protrazione o reiterazione della condotta, un fattore di notevole

squilibrio nel mercato, idoneo — quantomeno in sede di valuta

zione sommaria — a procurare una sensibile turbativa, sia crean

do confusione nel giudizio del consumatore circa il costo effet

II Foro Italiano — 1999.

tivo di produzione del prodotto, e dunque gettando discredito

sugli imprenditori operanti nel medesimo settore e nella medesi

ma zona; sia turbando le regole di attività degli operatori eco

nomici.

La già ricordata collocazione del prodotto venduto sottoco

sto nel medesimo contesto di molti altri beni di largo consumo, alcuni anche di prima necessità (alimentari), comporta altresì

10 sfruttamento del richiamo dato dal prezzo dell'olio Sint 2000, eccezionalmente inferiore a quello «normale», in favore della

promozione delle vendite di tutti gli altri prodotti, dei quali si

fa così credere che il prezzo sia altrettanto vantaggioso per l'ac

quirente.

3) Va richiamata, a proposito della configurabilità della c.d.

concorrenza verticale, l'opinione, largamente maggioritaria, della

dottrina e della giurisprudenza circa la configurabilità di un rap

porto concorrenziale anche tra soggetti operanti a diversi stadi

della catena produttiva-distributiva, tenuto conto dell'identità

del settore dei consumatori finali del prodotto e in considera

zione della concreta possibilità che la condotta di uno di essi

cagioni uno sviamento di clientela in danno dell'altro. Nel caso

in questione, come già correttamente esposto dal giudice della

prima fase, la vendita dell'olio Sint 2000 a prezzo estremamente

ribassato, e sensibilmente inferiore sia al costo di acquisto sia

al prezzo praticato dallo stesso produttore ai distributori grossi

sti, può concretamente indurre sia il consumatore finale, sia

11 dettagliante specializzato (distributore di carburante, o com

merciante di articoli e ricambi per autovetture, o autofficina), sia il grossista a ritenere del tutto incongruo il prezzo praticato dal produttore o dal successivo distributore, e può indurre il

grossista a rivolgersi all'Ipermercato per l'approvvigionamento del prodotto. È dunque concretamente ipotizzabile un rapporto concorrenziale fra gli imprenditori di diverso livello.

4) Non sussiste un vizio di ultrapetizione del provvedimento

reclamato, nella parte in cui ha disposto il pagamento della som

ma di lire 50.000 per ciascuna violazione dell'inibitoria alla ven

dita sottocosto del prodotto: il ricorrente aveva infatti chiesto

la pronunzia, fra l'altro, di «ogni altro o diverso provvedimen to ritenuto idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti del

la decisione di merito». Va, tuttavia, affermata l'inammissibili

tà dell'estensione a materia diversa dalla disciplina — di natura

speciale — del marchio e delle invenzioni della previsione delle

penali, contenuta negli art. 66, 2° comma, 1. marchi e 86, 1°

comma, 1. invenzioni, come ritenuto da parte della dottrina e

dalla giurisprudenza maggioritaria (Trib. Milano 21 novembre

1991, id., Rep. 1993, voce Concorrenza (disciplina), n. 214; 15

settembre 1988, id., Rep. 1990, voce cit., n. 105; Trib. Firenze

11 dicembre 1990, id., Rep. 1993, voce cit., n. 215, e altre). Non vi è infatti, nel sistema del codice civile, un istituto genera le che preveda l'applicazione di sanzioni monetarie per l'inos

servanza degli ordini giudiziali, o per l'inadempimento degli ob

blighi di fare, né la previsione generale di forme di anticipazio ne del risarcimento del danno (qualora, come ritenuto da alcune

opinioni, le penali in questione vogliano qualificarsi appunto

un'anticipazione del risarcimento del danno cagionato dalla rei

terazione della condotta oggetto di inibitoria); né la disciplina di natura speciale è applicabile in via estensiva. D'altro canto,

l'atipicità dei provvedimenti che possono essere adottati ai sensi

dell'art. 700 c.p.c. finalizzati ad assicurare gli effetti della deci

sione di merito, non consente in nessun caso, a parere di questo

tribunale, di concedere in via anticipatoria provvedimenti che

non potrebbero trovare definitiva conferma nella sentenza con

clusiva del giudizio. Il motivo di reclamo relativo all'applicazio ne delle suddette penalità va perciò accolto.

5) Parte reclamata ha di fatto svolto un reclamo incidentale,

tardivo perché contenuto nella memoria di costituzione deposi tata il 28 gennaio 1999, insistendo per l'emissione dell'ordine

di pubblicazione del provvedimento di inibitoria. La natura im

pugnatoria del procedimento per reclamo consente di applicare

analogicamente al detto procedimento gli istituti processuali del

sistema delle impugnazioni in generale e dell'appello in partico

lare, e quindi anche l'istituto dell'impugnazione incidentale tar

diva. Va pertanto ritenuta ammissibile la proposizione di recla

mo incidentale con la memoria di costituzione depositata all'u

dienza di discussione del reclamo. Nel merito, il motivo merita

accoglimento, considerata la funzione riparatoria della misura

della pubblicazione del provvedimento di inibitoria sulla stam

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1647 PARTE PRIMA 1648

pa e la necessità, al fine di conservare detta funzione riparato

ria, di garantire l'immediatezza rispetto al tempo della condotta

illecita.

II

Può considerarsi un dato pacificamente acquisito agii atti per ché non contestato ed anzi ammesso dalla resistente, oltre ad

essere documentalmente provato, la vendita sottocosto da parte della Euro mercato Gruppo G.S. s.p.a. del prodotto Agip Sint

2000 in taniche da quattro litri, per il periodo dal 28 settembre

al 10 ottobre 1998. Ciò premesso, in punto di diritto, deve os

servarsi come, riguardo la vendita c.d. «sottocosto», l'orienta

mento giurisprudenziale che richiedeva, al fine di riconoscerne

l'illiceità, il requisito soggettivo dell'intento monopolistico, ov

vero l'accertamento, da compiersi caso per caso, dell'intento

dell'operatore di eliminare dal mercato un concorrente determi

nato sia stata ormai superata dalla più recente giurisprudenza di legittimità e di merito, a partire da Cass. 21 aprile 1983, n. 2743 (Foro it., 1983, I, 1864), la quale, nel rilevare come

la libertà di concorrenza non sia illimitata e trovi invece un

argine proprio nell'artificiosa manipolazione dei valori dell'of

ferta e come del resto le norme sulla concorrenza sleale proteg

gano non il singolo operatore (il quale non ha alcun diritto al

mantenimento della posizione acquisita) ma l'intero ceto im

prenditoriale, ha ritenuto che la ratio del divieto della vendita

sottocosto sia da individuare nella «obiettiva» necessità di pre sidiare le regole di competizione economica, laddove alterare

i valori dell'offerta con l'artificiosa riduzione sottocosto dei prezzi

per eliminare la concorrenza e riemergere poi imponendo al mer

cato la legge del proprio profitto significa, innanzi tutto, fuor

viare il giudizio del consumatore il quale premia, con l'acquisto di prodotti a prezzo non remunerativo, l'immeritevole autore

di un illusorio benessere collettivo, ovvero, secondariamente e

di riflesso, infrangere le regole su cui gli operatori economici

confidano, affrontando il mercato nella misura consentita dalla

opinata produttività del proprio sistema e dalle generali condi

zioni obiettive della produzione, sicché, in definitiva, esattamente

l'alterazione di siffatte condizioni oggettive risulterebbe vietata

dalla norma dell'art. 2598, n. 3, c.c., che, reprimendo ogni abuso, ne vuol garantire la conservazione. Tale indirizzo, è stato riba

dito ancor più di recente (Cass., sez. un., 22 maggio 1991, n.

5787, id., 1992, I, 2204), affermandosi che sia da ritenere di

concorrenza sleale l'attività dell'operatore il quale, gestendo

un'impresa in regime di concorrenza, ricorra alla politica di pra ticare prezzi insostenibili dagli altri imprenditori in quanto non

obiettivamente economici e che non sia perciò da escludere la

configurabilità in termini di concorrenza sleale del fatto «in sé»

della vendita a prezzi non remunerativi, indipendentemente dal fine perseguito, in quanto, comunque, avrebbe come risultato

obiettivo quello di alterare il funzionamento del meccanismo

concorrenziale con pregiudizio degli interessi dei concorrenti.

Non diversa è la posizione della dottrina prevalente la quale correttamente ritiene che deve considerarsi al di fuori dell'arti

colazione fisiologica del mercato la condotta di chi vende sotto

costo in quanto, per un verso, una siffatta condotta è manife stazione del proposito di affermarsi sul mercato non in virtù di sforzi costruttivi (ribassi di prezzo non artificiosi, qualità dei

prodotti, efficace pubblicità, ecc.), bensì con l'impiego di un

mezzo di concorrenza che, ponendosi come elemento perturba tore del giudizio dei consumatori e portando in molti casi ad

una guerra dei prezzi senza quartiere, distrugge di fatto nel mer

cato proprio quelle condizioni di gara che la disciplina legislati va sulla concorrenza è intesa a preservare allo scopo di permet tere l'affermazione dell'operatore più degno, ovvero, per altro

verso, un siffatto comportamento, antieconomico e sopraffat tone («spiccatamente aggressivo», cioè) nei confronti degli altri

concorrenti, sia da riguardare, in principio, come atto contrario alla correttezza professionale (e da tollerare, quindi, soltanto in presenza di particolari circostanze: saldi di fine stagione, esau

rimento scorte, liquidazione dell'attività, vendita promozionale,

ecc.). Orbene nel caso di specie deve escludersi la sussistenza di mo

tivi contingenti e temporanei che giustifichino la vendita sot

tocosto.

Il Foro Italiano — 1999.

In particolare non sembra, e per vero non è stato neppure affermato che la condotta della resistente possa ascriversi alla

necessità di provvedere all'esaurimento delle scorte in magazzi no ovvero all'eliminazione del reparto vendita olii lubrificanti

e simili sol che si consideri che negli ultimi giorni della campa gna di vendita, come evidenziato e provato dalla difesa della

ricorrente, la Euro mercato Gruppo G.S. s.p.a. ha acquistato

ulteriori, rilevanti quantitativi del prodotto in contestazione.

Deve altresì escludersi, nella fattispecie, che il genere di ven

dita «praticato» dalla resistente possa ricondursi ad alcuna delle

vendite «straordinarie» regolate dalla 1. 19 marzo 1980 n. 80

(modificata, quanto agli art. 7 e 8, dalla successiva 1. 12 aprile 1991 n. 130), atteso che sembra indubitabile la non assimilabili

tà delle vendite in esame né alle vendite «di liquidazione», né

alle vendite «di fine stagione (o saldi)», mentre, per quanto at

tiene alle vendite «promozionali» (con sconti o ribassi), è da

rilevare che la resistente, a differenza di quanto impostole dal

l'art. 8, 5° comma, e 9, 2° comma, 1. cit., non ha «dichiarato»

lo sconto o il ribasso praticato, esprimendolo in percentuale sul prezzo di vendita normalmente praticato che avrebbe dovu

to «comunque» essere esposto al pubblico (ciò che, invece, non

è minimamente avvenuto), laddove, ancor meno, figura l'espli cita indicazione che trattasi di merci «offerte in vendita sotto

costo», così come prescritto dall'art. 10, ultimo comma, 1. 80/80

onde, in definitiva, a causa dell'inosservanza surriferita delle

disposizioni che disciplinano le c.d. vendite «promozionali», è

da ritenere che le vendite realizzate dalla resistente non possano ricadere nel relativo ambito, secondo quanto, del resto, è dato

ulteriormente di argomentare dal fatto che la campagna in og

getto è stata pubblicizzata sotto la dicitura «anniversario», vale

a dire in modo equivoco ed ingannevole per il consumatore, non messo in condizioni, così come invece espressamente impo sto dall'art. 9, 1° comma, 1. 80/80, di percepire direttamente

ed immediatamente che, ove mai, si sia trattato di vera vendita

«promozionale», onde deve qui ribadirsi la non riconducibilità

della condotta concorrenziale della resistente ad alcuna delle «scri

minanti» legislativamente previste e, segnatamente, alla figura della vendita «promozionale» ed anzi rilevarsi che proprio la

violazione delle norme citate, costituisce ulteriore sintomo del

comportamento sleale serbato dalla resistente.

Neppure, poi, sembra possa spiegare rilievo, nella specie, il

fatto, espressamente invocato dalla resistente, della temporanei tà delle iniziative discount in oggetto e la «limitazione» di esse

ad una percentuale irrisoria rispetto al totale del mercato: in

primo luogo, infatti, giusta quanto sopra accennato con riferi

mento all'acquisto di ulteriori rilevanti quantitativi di prodotto

negli ultimi giorni di vendita, appare se non altro «dubitabile»

che l'assunto della contenuta risponda al vero, mentre, in se

condo luogo, anche ad ammetterne la fondatezza, è appena il

caso di osservare come in dottrina si sia segnalato che quando la «quantità» dei prodotti offerti (o comunque esitabili) sia tale

(anche in relazione, evidentemente alla «durata» dell'offerta stes

sa) da rendere possibili solo ricavi «irrisori» e, perciò, «spro

porzionati» inevitabilmente a fronte degli sforzi necessari per sostenere un'efficace concorrenza di prezzi, la riduzione di que sti che, come nel caso in esame, non sia effettuata in ottempe ranza alle regole pubblicistiche disciplinanti le vendite «specia li», non appare più giustificata da regole di obiettiva efficienza, ma soltanto da una funzione di richiamo pubblicitario per l'in

tera offerta del ribassista, richiamo attuato con un risparmio dei costi degli ordinari mezzi pubblicitari (denotante un chiaro

intento parassitario) che finiscono per essere addossati al pro duttore e/o all'agente esclusivista. Ed invero nell'ottica di una

doverosa comparazione dei contrapposti interessi non può farsi

a meno di considerare che l'olio in questione è prodotto margi nale rispetto a quelli commercializzati dalla resistente laddove

per le ricorrenti assume importanza vitale. In questo senso, de

ve dunque ritenersi l'illiceità dell'impiego di un tale mezzo com

petitivo, riguardato come «collettore di clientela» o, peggio, co me «specchietto per le allodole», posto che appare palese l'in

tento commerciale della resistente di attrarre i consumatori

utilizzando i generi merceologici offerti in vendita sottocosto

quali persuasivi strumenti atti a «trainare» la vendita, al reale

prezzo di mercato, degli altri generi, così «agganciando» la clien tela (onde il relativo apprezzamento di antigiuridicità della con dotta in esame sotto il profilo della scorrettezza professionale)

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

evidentemente indotta non soltanto all'acquisto dei generi of

ferti (sotto costo) ad un prezzo impraticabile per i concorrenti

ma altresì all'acquisto degli «ulteriori» (a prezzo di mercato)

in tal modo determinandosi uno «sviamento», in favore dell'o

peratore de quo, «anche» riguardo a quei generi (quelli cioè

offerti a prezzo di mercato ove pure non si voglia ipotizzare,

rispetto a questi ultimi, addirittura un «artificioso» rialzo) il

cui acquisto, a «parità» di prezzo, dovrebbe formare oggetto

di una scelta (tra l'uno o l'altro dei rivenditori) da parte del

consumatore evidentemente legata a ragioni di ordine «diverso».

A tanto induce, del resto, la stessa considerazione relativa

ai rispettivi «rapporti di forza», laddove, cioè, l'appartenenza

della resistente alla catena della «grande» distribuzione palesa

l'obiettivo della medesima di giungere (avvalendosi della forza

trainante di prodotti di gran marca come quello in oggetto) al

l'eliminazione della concorrenza «minore», segnatamente in ra

gione dell'idoneità della predetta, per strutture e risorse a con

durre vittoriosamente in porto la battaglia dei prezzi, notoria

mente molto onerosa.

Ancora deve rilevarsi che anche i grossisti distributori di car

burante, ricambisti ed autofficine sono ancor più attratti verso

la resistente (dettagliante), presso la quale è in condizioni di

acquistare alla stregua di un qualsiasi consumatore finale, in

ragione del fatto che le prime risultano tenute all'emissione di

fattura, mentre la seconda semplicemente all'emissione di scon

trino fiscale, onde appare palese, in termini di snellimento delle

registrazioni fiscali e di sgravio dei relativi oneri amministrativi

la convenienza degli stessi di acquistare presso la medesima re

sistente piuttosto che presso le ricorrenti.

In conclusione, ritiene il giudicante che la condotta della con

venuta sia configurabile in termini di attività di concorrenza

sleale ai sensi dell'art. 2598, n. 3, c.c. e sia perciò da ritenere

illecita, quanto meno sotto la specie del requisito del fumus

boni iuris non avendo del resto la resistente minimamente com

provato la presenza di particolari circostanze (così, ad esempio,

la necessità di fronteggiare uno speciale fabbisogno di liquido

o una grave perdita connessa ad una perdurante crisi o altro)

che legittimino il comportamento contestato. Né alcuna rilevan

za può attribuirsi ai pareri ed agli orientamenti del Garante per

la concorrenza e per il mercato non tanto e non solo perché

non vincolanti per l'autorità giudiziaria, quanto perché esso opera

su un piano e per il raggiungimento di scopi ben diversi da

quelli del giudice ordinario, chiamato a valutare se i comporta

menti posti in essere dal singolo imprenditore configurino ipo

tesi di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 c.c.

Circa, poi, l'ulteriore requisito del periculum in mora, baste

rà osservare, quanto all'imminenza del pregiudizio che minac

cia il diritto delle istanti durante il tempo occorrente a farlo

valere in via ordinaria, come siffatta imminenza possa dirsi esclu

sa solo nell'ipotesi in cui il comportamento lesivo si sia total

mente realizzato e la situazione non sia più suscettibile di ulte

riore sviluppo, laddove, nella specie, da un lato il provvedimen

to cautelare inaudita altera parte è stato emesso e notificato

quando la campagna di vendita era ancora in corso e dall'altro

lato che, anche in relazione a quanto accennato, appare del tut

to verosimile l'eventualità che la resistente, pur dopo la conclu

sione della campagna in oggetto dia corso a nuove ed analoghe

iniziative nei prossimi mesi, in concomitanza con altre partico

lari «ricorrenze».

Quanto all'irreparabilità del surriferito pregiudizio, giova no

tare che la distrazione della clientela ed il suo sviamento a favo

re dell'imprenditore concorrente provocano un danno di per sé

irreparabile, posto che questo, in relazione all'avviamento pre

giudicato dalla volatilizzazione di una parte non più recuperabi

le della clientela medesima, si palesa di difficile se non impossi bile qualificazione. Né può omettersi di considerare il danno

non patrimoniale al quale le ricorrenti sono esposte ove si con

sideri che per effetto dell'iniziativa commerciale in esame (in

mancanza peraltro della doverosa indicazione che trattasi di ven

dita sottocosto) i suoi clienti sono indotti a ritenere che il prez

zo ad essi praticato, necessariamente superiore, consenta alti

quanto ingiustificati margini di profitto al produttore e/o ai

suoi agenti.

Devesi, pertanto, confermare il provvedimento già emesso inau

dita altera parte che appare da solo idoneo a preservare le ra

gioni delle ricorrenti.

Il Foro Italiano — 1999.

TRIBUNALE DI ROMA; TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 2 marzo 1999; Giud. Oric

crao; Società corse ippiche Torino (Avv. Castagni) c. Unio

ne nazionale incremento razze equine - Unire (Aw. Puoti).

Giuoco e scommessa, concorsi pronostici — Corse di cavalli — Raccolta e pagamento di scommesse — Unire — Delega a società privata — Concessione contratto — Premi incenti

vanti — Omesso pagamento — Domanda di corresponsione

— Giurisdizione ordinaria.

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della domanda con la quale la società privata delegata dall'U

nire, nell'ambito di concessione contratto, alla raccolta e al

pagamento delle scommesse sulle corse di cavalli, chiede la

condanna della medesima Unire al pagamento dei premi in

centivanti relativi agli anni 1993/1995 non pagati dalla unio

ne per l'intervenuto annullamento in sede giurisdizionale del

le delibere istitutive dei ripetuti premi. (1)

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione regolar

mente notificato parte attrice conveniva in giudizio innanzi a

questo tribunale l'Unire (Unione nazionale per l'incremento delle

razze equine) chiedendo l'accertamento con conseguente decla

ratoria della titolarità del credito di lire 164.589.000 e con con

danna dell'ente convenuto al pagamento in proprio favore del

l'importo stesso, oltre rivalutazione ed interessi successivi come

per legge, con vittoria di spese, competenze ed onorari.

Parte attrice adduceva a fondamento della propria domanda

di «aver svolto e svolgere, su delega dell'Unire, l'attività di rac

colta e pagamento delle scommesse sulle corse dei cavalli», in

virtù di un asserito rapporto di concessione/contratto regolato

da un disciplinare, che — all'art. 17 — prevedeva la correspon

sione di un premio incentivante non pagato per gli anni 93,

94 e 95 ed assommante, con interessi, all'importo anzidetto e

per il pagamento del quale si era vista costretta a svolgere la

domanda.

Regolarmente costituitosi in giudizio il convenuto ente ecce

(1) La Corte di cassazione ha ripetutamente riconosciuto (fra le più

recenti, sez. un. 6 agosto 1998, n. 7710, Foro it., 1998, I, 3206, con

nota di richiami; 13 novembre 1997, n. 11219, ibid., 1182, con ulteriori

ampie indicazioni di precedenti) la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle domande di risarcimento danni proposte dai con

cessionari contro la pubblica amministrazione concedente sul rilievo della

piana riconducibilità di tali domande nell'ambito delle controversie con

cessone, dall'art. 5 1. n. 1034 del 1971 riservate alla cognizione di quel

giudice. La corte ha però precisato (sent. 4 febbraio 1993, n. 1392, id., 1993,

I, 1082, con ulteriori indicazioni) che si è al di fuori dell'ambito di

applicazione del 1° comma del ridetto art. 5 e si versa in quello del

suo 2° comma, con conseguente riconoscimento della giurisdizione del

giudice ordinario, allorché si controverta dell'adempimento di obblighi scaturenti da un rapporto di natura privatistica, anche se derivante da

quello di concessione e, come tale, esposto alle vicende del medesimo.

La stessa corte ha poi soggiunto che, in relazione a controversia con

cernente un singolo rapporto nella quale si discuta fra pubblica ammi

nistrazione e privato concessionario se un certo canone, ancorché deter

minato mediante provvedimento tariffario adottato dalla pubblica am

ministrazione, sia dovuto o meno, la questione investe, sempre, il diritto

soggettivo a pagare la misura di legge e non più del dovuto ed è quindi devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (sez. un. 1° dicembre

1993, n. 12164, id., 1994, I, 2148, con nota di richiami). Le medesime

sezioni unite (sent. 18 ottobre 1991, n. 11035, id., 1992, I, 607, con

ulteriori richiami) avevano, peraltro, in precedenza chiarito, con for

mulazione più generale, che la giurisdizione del giudice ordinario sussi

ste in relazione alle controversie attinenti alla corresponsione di ogni

somma, di qualsiasi genere, pretesa sia dal concedente che dal conces

sionario con riguardo al rapporto di concessione, anche se l'importo in discussione formi oggetto di provvedimenti tariffari determinati dalla

pubblica amministrazione. Nella soluzione della controversa questione di giurisdizione il Tribu

nale di Roma ha tenuto presenti le or ricordate linee di tendenza del

Supremo collegio, soffermandosi pure sulla nozione di concessione con

tratto, recentemente riesaminata da Cass. 14 agosto 1998, n. 8045, id.,

Mass., 870, e 3 settembre 1998, n. 8768, ibid., 945, con argomentazioni lineari e coerenti.

Per qualche riferimento, a proposito della possibilità di affermare

la giurisdizione amministrativa sulla impugnazione degli atti posti in

essere dai privati concessionari solo in presenza di una legge idonea

ad imprimere ai medesimi atti natura amministrativa, Cons. Stato, sez.

VI, 28 ottobre 1998, n. 1478, id., 1999, III, 178, con nota di R. Garofoli.

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