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ordinanza 12 maggio 2000, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 17 maggio 2000, n. 21);...

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ordinanza 12 maggio 2000, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 17 maggio 2000, n. 21); Pres. Mirabelli, Est. Capotosti; Capezzone e altri c. Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2000), pp. 2119/2120-2125/2126 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194587 . Accessed: 28/06/2014 16:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.98 on Sat, 28 Jun 2014 16:17:48 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 12 maggio 2000, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 17 maggio 2000, n. 21);Pres. Mirabelli, Est. Capotosti; Capezzone e altri c. Commissione parlamentare per l'indirizzogenerale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2000), pp. 2119/2120-2125/2126Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194587 .

Accessed: 28/06/2014 16:17

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2119 PARTE PRIMA 2120

comma, d.l. 23 ottobre 1996 n. 545, convertito, con modifica

zioni, nella 1. 23 dicembre 1996 n. 650, e l'art. 3, 1° e 2° com

ma, 1. 31 luglio 1997 n. 249;

che, per quanto attiene agli art. 1, 3° comma, d.l. n. 407

del 1992, convertito, con modificazioni, nella 1. n. 482 del 1992, e 32 1. n. 223 del 1990, le ordinanze, nel qualificare come «pu ramente formalistica» l'esegesi della censurata normativa quale risulta dalla giurisprudenza amministrativa e quale è stata fatta

propria anche dall'amministrazione, mostrano di reputare la stes

sa come effetto di un non corretto procedimento ermeneutico, ma omettono di esprimere una propria diversa scelta interpreta

tiva, non chiarendo, perciò, quale sia — a giudizio del rimet

tente — la portata della norma della quale egli deve fare appli cazione e non consentendo, così, la verifica, da parte di questa

corte, della rilevanza della proposta questione di legittimità co

stituzionale;

che, quanto alle altre disposizioni denunciate, le ordinanze

di rimessione non esplicitano, invero, alcun elemento di valuta

zione circa l'incidenza in concreto delle stesse sulla decisione

che il giudice a quo è tenuto ad assumere nei procedimenti in

nanzi a sé pendenti;

che, segnatamente, una puntuale e plausibile motivazione —

tale da assolvere all'obbligo previsto dall'art. 23 1. n. 87 del

1953, ai fini dell'ammissibilità della proposta questione di legit timità costituzionale (v., tra le altre, ordinanza n. 236 del 1999) — si rendeva tanto più necessaria nel caso di specie, in ragione del fatto che il combinato disposto delle norme censurate com

prende, appunto, norme successive all'adozione dei provvedi menti di diniego di concessione, che costituiscono oggetto di

controversia nei giudizi a quibus;

che, pertanto, l'evidenziato difetto di motivazione degli atti

di promovimento degli incidenti di costituzionalità non consen

te di valutare l'applicabilità nei giudizi a quibus delle norme

di cui trattasi (v. ordinanza n. 194 del 1999);

che, quindi, le sollevate questioni vanno dichiarate manife

stamente inammissibili.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimi tà costituzionale del combinato disposto degli art. 32 1. 6 agosto 1990 n. 223 (disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e

privato); 1, commi 3 e 3 quater, d.l. 19 ottobre 1992 n. 407

(proroga dei termini in materia di impianti di radiodiffusione), convertito, con modificazioni, nella 1. 17 dicembre 1992 n. 482;

1, 13° e 14° comma, d.l. 23 ottobre 1996 n. 545 (disposizioni

urgenti per l'esercizio dell'attività radiotelevisiva e delle teleco

municazioni), convertito, con modificazioni, nella 1. 23 dicem

bre 1996 n. 650; 3, 1° e 2° comma, 1. 31 luglio 1997 n. 249

(istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e

norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), sol

levate, in riferimento agli art. 3, 21 e 41 Cost., dal Tar Cala

bria, sezione staccata di Reggio Calabria, con le ordinanze indi

cate in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2000.

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 12 maggio 2000, n.

137 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 maggio 2000, n.

21); Pres. Mirabelli, Est. Capotosti; Capezzone e altri c.

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigi lanza dei servizi radiotelevisivi e Autorità per le garanzie nelle

comunicazioni. Conflitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri — Campagna refe

rendaria 2000 — Comunicazione istituzionale — Commissio

ne parlamentare per l'indirizzo e la vigilanza dei servizi radio

televisivi — Ammissibilità (Cost., art. 1, 3, 21, 48, 75; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funziona

mento della Corte costituzionale, art. 37; 1. 22 febbraio 2000

n. 28, disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di infor

mazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica, art. 5, 9).

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri — Campagna refe

rendaria 2000 — Comunicazione istituzionale — Autorità per le garanzie nelle comunicazioni — Inammissibilità (Cost., art.

1, 3, 21, 48, 75; 1. 11 marzo 1953 n. 87, art. 37; 1. 22 febbraio

2000 n. 28, art. 5, 9).

È ammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

sollevato dal comitato promotore dei referendum abrogativi indetti per il 21 maggio 2000 nei confronti della deliberazione del 29 marzo 2000 della commissione parlamentare per l'indi

rizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, la quale avrebbe fatto cattivo uso dei poteri ad essa riconosciuti dagli art. 5, 1° comma, e 9 l. 22 febbraio 2000 n. 28, disciplinando con modalità insufficienti la c.d. comunicazione istitu

zionale. (1) È inammissibile, per carenza del requisito soggettivo, il conflit

to di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal comitato

promotore dei referendum abrogativi indetti per il 21 maggio 2000 nei confronti dell'art. 8 della deliberazione del 29 marzo

2000, n. 55/00/CSP dell'Autorità per le garanzie nelle comu

nicazioni, la quale avrebbe fatto cattivo uso dei poteri ad essa

riconosciuti dagli art. 5, 1° comma, e 9 l. 22 febbraio 2000

n. 28, disciplinando con modalità insufficienti la c.d. comu nicazione istituzionale. (2)

(1-4) Nelle tre dichiarazioni di inammissibilità (massime 2, 3, 4) la Corte costituzionale fa essenzialmente riferimento alla mancanza della

legittimazione soggettiva, del ricorrente o del soggetto nei cui confronti il conflitto era sollevato, ad essere parte di un conflitto tra poteri, ad essere cioè qualificabile, secondo quanto dispone l'art. 37 1. 87/53, co me organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del pote re cui appartiene.

Così nell'ord. 137/00 la corte ha escluso che ciò possa valere per l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in quanto esercita fun zioni disciplinate da legge ordinaria priva di uno specifico rilievo costi tuzionale e quindi non idonea a fondare la competenza della medesima a dichiarare definitivamente la volontà di uno dei poteri dello Stato (in senso analogo, v. già Corte cost., ord. 2 giugno 1995, n. 226, Foro

it., 1995, I, 2015, con nota di richiami). In proposito, v., in dottrina, Lombardo, Le autorità amministrative indipendenti come poteri dello Stato nei conflitti di attribuzione, in Quaderni costituzionali, 1998, 271; Grasso, La Corte costituzionale si pronuncia solo parzialmente sulla natura giuridica e sulla collocazione costituzionale delle autorità ammi nistrative indipendenti - Considerazioni sparse sulle decisioni n. 57, n. 118 e n. 226 del 1995, in Quaderni regionali, 1995, 237. Nel senso che le autorità amministrative indipendenti operano in piena autonomia ri

spetto agli apparati dell'esecutivo e agli organi di ogni amministrazione ed esprimono l'esigenza di dare corpo ad una funzione amministrativa di garanzia, che giustifica ia loro indipendenza, v. Cons. Stato, comm.

spec., 29 maggio 1998, n. 988, Foro it., 1999, 111, 313. Sul ruolo e la natura giuridica delle autorità amministrative indipendenti, v. Meru si, Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, 2000; De Minico

Piazza, Le autorità amministrative indipendenti - Aspetti problematici a cura di Severi, Milano, 1998; Merloni, Fortuna e limiti delle c.d. autorità amministrative indipendenti, in Politica del diritto, 1997, 639; AA.VV., Regolazione e garanzia del pluralismo - Le autorità ammini strative indipendenti, Milano, 1997; Pericu, Brevi riflessioni sul ruolo istituzionale delle autorità amministrative indipendenti, in Dir. ammin., 1996, 1.

Nella ord. 112/00 la corte ha invece escluso che il direttore ammini strativo generale del ministero delle finanze, in quanto organo pura mente amministrativo, possa essere qualificato come potere dello Stato,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 20 aprile 2000, n. 112

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 aprile 2000, n. 18); Pres. Mirabelli, Est. Marini; Comm. trib. reg. Veneto c.

Min. finanze. Conflitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri — Pubblicità del

processo tributario — Circolare ministeriale — Inammissibili

tà (L. 11 marzo 1953 n. 87, art. 37; d.leg. 31 dicembre 1992

n. 546, disposizioni sul processo tributario in attuazione della

delega al governo contenuta nell'art. 30 1. 30 dicembre 1991

n. 413, art. 33).

È inammissibile, per carenza dei requisito soggettivo e di quello

oggettivo, il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

promosso dalla commissione tributaria regionale nei confron ti della circolare del ministero delle finanze, dipartimento del

le entrate, emanata il 21 ottobre 1998, n. 242 dal direttore

generale della direzione centrale affari giuridici e contenzioso

tributario, la quale ha fornito l'interpretazione dell'art. 33,

1 ° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546 alla luce della sen

tenza 141/98 della Corte costituzionale, in tema di pubblicità del processo tributario. (3)

III

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 27 gennaio 2000, n.

22 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 febbraio 2000, n.

5); Pres. Vassalli, Est. Contri; Giud. pace Scandiano c. Se

nato della repubblica e Camera dei deputati. Conflitto di at

tribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri — Giudici di pace — Provvedimenti di decadenza e dispensa — Deliberazione

del Consiglio superiore della magistratura — Inammissibilità

(Cost., art. 24, 101, 102, 105; 1. 11 marzo 1953 n. 87, art.

37; 1. 21 novembre 1991 n. 374, istituzione del giudice di pa

ce, art. 9; 1. 24 novembre 1999 n. 468, modifiche alla 1. 21

novembre 1991 n. 374 recante istituzione del giudice di pace.

Delega al governo in materia di competenza penale del giudi

ce di pace e modifica dell'art. 593 c.p.p.).

È inammissibile, per carenza del requisito soggettivo, il conflit

to tra poteri dello Stato sollevato dal Giudice di pace di Scan

diano nei confronti del parlamento in relazione all'approva

zione dell'art. 9, 3° comma, I. 21 novembre 1991 n. 374 se

condo cui i provvedimenti di decadenza e dispensa dal servizio

dei giudici di pace sono adottati con decreto del presidente della repubblica, previa deliberazione del Consiglio superiore

della magistratura. (4)

potendosi in materia tale qualifica essere riconosciuta solamente al go verno nella sua collegialità. Corte cost. 23 aprile 1998, n. 141, è ripor tata in Foro it., 1999, I, 767, con nota di richiami e osservazioni di

Annecchino. Infine l'ord. 22/00 ha negato legittimazione al giudice di pace, rile

vando come la stessa vale per il giudice (in considerazione del carattere

diffuso del potere giudiziario) limitatamente all'esercizio dell'attività giu risdizionale e non quando, come nella specie, esso agisce nell'espleta mento di funzioni amministrative (nel caso come coordinatore dell'uffi

cio). Nello stesso senso, v. Corte cost., ord. 20 luglio 1999, n. 340

e 17 giugno 1999, n. 244, ibid., 3451, con nota di richiami.

Il ricorrente lamentava l'attribuzione al Csm di un potere (decadenza dei giudici di pace), a suo giudizio non compreso tra quelli tassativa

mente previsti dall'art. 105 Cost.

In ordine alla competenza del giudice amministrativo relativamente

ai provvedimenti, di competenza del Csm, attinenti allo status dei giu dici di pace, v. Cons. Stato, sez. IV, 17 aprile 1998, n. 654, id., 1998,

III, 345, con nota di richiami, commentata da Forlenza, in Guida

al dir., 1998, fase. 24, 90; Tar Puglia, sede Lecce, sez. I, 11 settembre

1996, n. 721, Foro it., Rep. 1997, voce Giustizia amministrativa, n. 176.

Sulla legittimazione soggettiva ad essere parte di un conflitto di attri

buzione tra poteri dello Stato, v. pure Corte cost., ord. 16 luglio 1999, n. 322, id., 1999, I, 3452, con nota di richiami.

Con il ricorso deciso dall'ord. 137/00 il comitato promotore del refe

rendum aveva chiesto alla corte di sospendere in via cautelare l'atto

Il Foro Italiano — 2000.

I

Ritenuto che Daniele Capezzone, Michele De Lucia e Maria

no Giustino, con ricorso depositato il 27 aprile 2000, nella qua lità di presentatori e promotori dei referendum abrogativi indet

ti per il 21 maggio 2000, sollevano conflitto di attribuzione nei

confronti della commissione parlamentare per l'indirizzo gene rale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in relazione, rispettivamente,

agli art. 1, 2° comma, 2, 1° comma, lett. c) e d), 7, 2° comma, della deliberazione approvata il 29 marzo 2000, recante «comu

nicazione politica, messaggi autogestiti, informazione e tribune

della concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico per la

campagna referendaria 2000» ed all'art. 8 della deliberazione

29 marzo 2000, n. 55/OO/CSP, recante «disposizioni di attua

zione della disciplina in materia di comunicazione politica e di

parità di accesso ai mezzi di informazione relative alla campa

gna per i referendum abrogativi della primavera 2000», pubbli cate entrambe in G.U. 1° aprile 2000, n. 77;

che, secondo i ricorrenti, la commissione parlamentare e l'au

torità per le garanzie avrebbero «fatto cattivo uso dei poteri loro spettanti», in quanto gli atti impugnati non applicherebbe ro correttamente la 1. 22 febbraio 2000 n. 28 (disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campa

gne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica), così pregiudicando, in violazione dell'art. 75 Cost., la forma

zione della volontà dei cittadini chiamati ad esprimere il pro

prio voto il 21 maggio 2000;

che, a loro avviso, la 1. n. 28 del 2000 disciplinerebbe sia

la c.d. «comunicazione politica», sia la c.d. «comunicazione isti

tuzionale» (art. 5, 1° comma, e 9), stabilendo che le ammini

strazioni pubbliche devono svolgere un'adeguata attività di in

formazione, obiettiva e neutrale, in ordine al significato ed alle

modalità del voto, recando quindi norme caratterizzate da «profili di obbligatorietà costituzionale», in quanto asseritamente attua

tive degli art. 1, 48, 3, 2° comma, e 75 Cost.;

che, secondo i ricorrenti, la commissione parlamentare — le

gittimata a resistere nel giudizio, dato che i provvedimenti da

essa emanati sarebbero strumentali all'attuazione del principio del pluralismo e costituirebbero espressione di attribuzioni di

livello costituzionale — con la deliberazione in esame avrebbe

disciplinato con modalità insufficienti la c.d. «comunicazione

istituzionale»;

che, a loro avviso, l'autorità per le garanzie — legittimata a resistere nel giudizio, in quanto «nulla impedisce di ritenere

che nella Costituzione risieda l'attribuzione» della «funzione di

garanzia dell'imparzialità e della completezza dell'informazione

relativa al voto referendario» — nel caso in esame avrebbe eser

citato non correttamente i propri poteri, perché la deliberazione

impugnata sarebbe censurabile per gli stessi vizi che caratteriz

zano l'atto della commissione parlamentare; che i ricorrenti chiedono, infine, che la corte annulli — pre

via sospensiva — i richiamati provvedimenti della commissione

parlamentare e dell'autorità per le garanzie e che, in linea gra data, sollevi di fronte a sé questione di legittimità costituzionale

degli art. 5, 1° comma, e 9 1. n. 28 del 2000, «nella parte in

cui non prevedono le misure legislative minime atte ad assicura

re la presenza e l'efficacia» della comunicazione istituzionale,

in riferimento agli art. 1, 3, 2° comma, 21, 48 e 75 Cost.

Considerato che, ai sensi dell'art. 37, 3° e 4° comma, 1. 11

marzo 1953 n. 87, questa corte è chiamata preliminarmente a

decidere, con ordinanza in camera di consiglio, senza contrad

dittorio, se il ricorso sia ammissibile sotto il profilo dell'esisten

za della materia di un conflitto, la cui risoluzione spetti alla

sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi ed ogget

tivi, di cui al 1° comma del citato art. 37, restando impregiudi

impugnato, sostenendo l'applicabilità anche ai conflitti tra poteri dell'i

stituto della sospensiva espressamente previsto per il conflitto tra enti.

La corte, lasciando impregiudicata la questione relativa all'applicabilità

dell'istituto, ha rilevato che, nella specie, non sussistevano comunque i presupposti per far luogo ad un provvedimento di sospensione dell'at

to impugnato (in senso analogo, v., sempre con riguardo ad una richie

sta avanzata dal comitato promotore dei referendum, Corte cost., ord.

5 giugno 1997, n. 171, id., 1997, I, 2373, con nota di richiami).

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2123 PARTE PRIMA 2124

cata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;

che, sotto il profilo della legittimazione dei ricorrenti, questa corte ha già riconosciuto agli elettori, in numero non inferiore

a 500.000, sottoscrittori della richiesta di referendum — dei quali i promotori sono competenti a dichiarare la volontà in sede di

conflitto — la titolarità, nell'ambito della procedura referenda

ria, di una funzione costituzionalmente rilevante e garantita, in quanto essi attivano la sovranità popolare nell'esercizio dei

poteri referendari e concorrono con altri organi e poteri al rea

lizzarsi della consultazione popolare (ex plurimis, ordinanza n.

131 del 1997, Foro it., 1997, I, 1673); che, ancora sotto il profilo soggettivo, va riconosciuta la le

gittimazione passiva della commissione parlamentare per l'indi

rizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in quan

to, come già affermato da questa corte, essa è organo compe tente a dichiarare definitivamente la volontà della camera dei

deputati e del senato della repubblica nella materia dell'infor

mazione e della propaganda concernente il procedimento di re

ferendum abrogativo (sentenza n. 49 del 1998, id., 1998,1, 1358; ordinanza n. 171 del 1997, id., 1997, I, 2373);

che il ricorso va invece dichiarato inammissibile nei confronti

dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in quanto es

sa, benché goda di una posizione di particolare indipendenza all'interno dell'ordinamento, esercita attribuzioni disciplinate dal

la legge ordinaria, prive — al pari di quelle svolte dal preesi stente Garante per la radiodiffusione e l'editoria al quale è suc

ceduta — di uno specifico rilievo costituzionale, quindi non ido

nee a fondare la competenza della medesima a dichiarare

definitivamente la volontà di uno dei poteri dello Stato (cfr. ordinanza n. 226 del 1995, id., 1995, I, 2015), cosicché l'impu gnata deliberazione non può essere presa in considerazione in

questa sede;

che, relativamente al requisito oggettivo, esiste la materia del

conflitto, in quanto i ricorrenti deducono che la deliberazione

della commissione parlamentare da essi impugnata, nella parte in cui disciplina la «comunicazione istituzionale» con regole e

criteri asseritamente generici ed insufficienti, strutturalmente ini

donei alla concretizzazione dei principi contenuti nella 1. n. 28

del 2000, recherebbe vulnus ad attribuzioni costituzionalmente

garantite dall'art. 75 Cost.;

che, infine, restando impregiudicata la questione in ordine

all'ammissibilità della sospensione dell'atto impugnato nel giu dizio sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato (ordinan za n. 171 del 1997), non sussistono i presupposti per l'accogli mento della domanda cautelare, in quanto non v'è luogo a di

sporre una misura sospensiva inerente ad una deliberazione che, in ogni caso, realizza già, a detta degli stessi ricorrenti, «una

minuziosa e dettagliata disciplina degli aspetti relativi alla co

municazione politica», soltanto al dichiarato scopo di determi

nare nei confronti della commissione parlamentare uno «stimo

lo a provvedere» in ordine all'ampliamento degli spazi della «co

municazione istituzionale».

Per questi motivi, la Corte costituzionale:

dichiara ammissibile il conflitto di attribuzione in epigrafe nei confronti della commissione parlamentare per l'indirizzo ge nerale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato nei

confronti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in

riferimento alla deliberazione da essa emanata, indicata in

epigrafe.

II

Ritenuto che la Commissione tributaria regionale di Venezia, con ricorso pervenuto a questa corte il 4 novembre 1999, ha

sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in rela

zione alla circolare del ministero delle finanze, dipartimento delle

entrate, n. 242, emanata il 21 ottobre 1998 dal direttore genera le della direzione centrale affari giuridici e contenzioso tributa

rio, avente ad oggetto: «discussione in pubblica udienza — art.

33, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546 — sentenza della

Corte costituzionale 23 aprile 1998, n. 141» (Foro it., 1999,

I, 767); che, a giudizio della commissione ricorrente, l'atto impugna

li Foro Italiano — 2000.

to sarebbe lesivo delle attribuzioni costituzionalmente garantite all'ordine giudiziario in quanto fornirebbe del precitato art. 33, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, un'interpretazione che viene imposta al personale che «assiste il giudice nello svol

gimento della sua funzione» e che, seppur formalmente appar tenente all'amministrazione finanziaria, deve restare autonomo

per tutte le funzioni serventi quella giurisdizionale; che l'interpretazione contenuta nella circolare de qua, qualo

ra non condivisa dal giudice tributario, porrebbe quest'ultimo di fronte alla scelta di osservarla contro il proprio libero con

vincimento o di disapplicarla pregiudicando, in tal modo, la

parte che, «in giustificabile buona fede, ha seguito quella indi

cazione, ritenendola senz'altro vincolante»;

che, dunque, conclude la commissione ricorrente, deve essere

dichiarato che «spetta esclusivamente agli organi giurisdizionali fissare la corretta interpretazione» dell'art. 33, 1° comma, d.leg.

31 dicembre 1992 n. 546, e, conseguentemente, deve essere an

nullata la circolare per cui è conflitto «in quanto viziata da

incompetenza». Considerato che, a norma dell'art. 37, 3° e 4° comma, 1.

11 marzo 1953 n. 87, questa corte è preliminarmente chiamata

a decidere, con ordinanza in camera di consiglio, senza con

traddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esista la ma

teria di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competen

za, con riferimento alla presenza dei requisiti, soggettivi ed og

gettivi, richiamati nel 1° comma del medesimo art. 37;

che, sotto il profilo soggettivo, mentre va riconosciuta la le

gittimazione attiva della commissione tributaria a sollevare il

conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitiva

mente la volontà del potere cui appartiene nell'ambito delle fun

zioni giurisdizionali da essa esercitate, deve, invece, escludersi

che al direttore generale del ministero delle finanze, in quanto

organo puramente amministrativo, spetti quella legittimazione

passiva che, in conformità alla giurisprudenza di questa corte, deve essere riconosciuta solo al governo nella sua collegialità;

che, quanto al profilo oggettivo, la circolare impugnata non

può neppure astrattamente ritenersi lesiva delle attribuzioni del

la commissione ricorrente, essendo indirizzata a soggetti comun

que non legittimati all'interpretazione della norma processuale in oggetto, e dunque costituendo atto giuridicamente irrilevante

nei confronti della commissione stessa;

che, pertanto, sotto entrambi i profili il conflitto di attribu

zione va dichiarato inammissibile.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi

bile il conflitto di attribuzione promosso dalla Commissione tri

butaria regionale di Venezia, sezione n. 3, con il ricorso in

epigrafe.

Ili

Ritenuto che il Giudice di pace di Scandiano, quale coordina

tore dell'ufficio, ha sollevato conflitto di attribuzione nei con

fronti del parlamento, nelle persone dei presidenti pro tempore della camera dei deputati e del senato della repubblica, per vio

lazione degli art. 24, 101, 102 e 105 Cost., in relazione all'art.

9, 3° comma, 1. 21 novembre 1991 n. 374 (istituzione del giudi ce di pace), nella parte in cui prevede che «i provvedimenti di

cui al 1° e 2° comma [decadenza e dispensa dal servizio dei

giudici di pace] sono adottati con decreto del presidente della

repubblica, previa deliberazione del Consiglio superiore della

magistratura»; che il ricorrente ritiene sussistere la propria legittimazione at

tiva ad essere parte del conflitto quale «organo competente a

dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartie

ne», e ancora che egli per lo stesso motivo ritiene sussistere

la legittimazione passiva del parlamento; che ad avviso del Giudice di pace di Scandiano dal combina

to disposto degli art. 24, 101 e 102 Cost, e dell'art. 1 dell'ordi

namento giudiziario si evincerebbe che le attribuzioni di ciascun

organo giudiziario derivano, «non solo genericamente, ma spe

cificatamente», dalla Costituzione, e che l'ufficio giudiziario do

vrebbe esercitare effettivamente la sua funzione, essendo essa

indefettibile e dovendo dare tutela ai diritti ed agli interessi le

gittimi;

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

che il ricorrente lamenta la lesione delle sue attribuzioni ope rata dalla disposizione contenuta nel 3° comma dell'art. 9 1.

n. 374 del 1991, in particolare osservando che il Csm, con le

sue deliberazioni in materia, esercita un potere di decadenza

dei giudici di pace non compreso fra quelli indicati dall'art. 105 Cost.;

che il Giudice di pace coordinatore di Scandiano assume che

il parlamento, avendo inserito nel 3° comma dell'art. 9, cit., le parole: «previa deliberazione del Consiglio superiore della ma

gistratura», avrebbe conferito a tale organo un potere «che va

oltre quelli tassativamente previsti dall'art. 105 Cost.», ed avrebbe

in tal modo attribuito ai provvedimenti del consiglio un caratte

re decisionale e non semplicemente propositivo, «con modalità

che portano alla paralisi dell'attività di organi giurisdizionali e conseguentemente alla violazione di attribuzioni costituzional

mente garantite»; che secondo il ricorrente la lesione si sarebbe in concreto ve

rificata in quanto il Csm, con deliberazione del 17 febbraio 1999 — senza aver considerato l'art. 2 d.l. 1° febbraio 1999 n. 16, convertito dalla 1. 1° aprile 1999 n. 84 (che ha disposto che

i giudici di pace in servizio alla data di entrata in vigore del

decreto-legge continuino ad esercitare le loro funzioni sino alla

nomina di altro giudice o alla loro conferma, in esito alle pro cedure previste dalla legge) —, ha dichiarato la decadenza dal

l'ufficio dello stesso coordinatore, per raggiunti limiti di età;

che il Giudice di pace di Scandiano, in conclusione, chiede

alla corte di voler dichiarare l'incostituzionalità dell'art. 9, 3°

comma, 1. n. 374 del 1991, nella parte in cui prevede la «previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura», per violazione dell'art. 105 Cost.

Considerato che le modifiche apportate all'art. 9 1. n. 374

del 1991 dall'art. 7 1. 24 novembre 1999 n. 468 (modifiche alla

1. 21 novembre 1991 n. 374, recante istituzione del giudice di

pace. Delega al governo in materia di competenza penale del

giudice di pace e modifica dell'art. 593 c.p.p.) non influiscono

sulla materia del presente conflitto; che nella presente fase del giudizio, a norma dell'art. 37, 3°

e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, questa corte è chiamata

a delibare, senza contraddittorio, se il ricorso per conflitto di

attribuzione sia ammissibile, nel concorso dei requisiti soggetti vi prescritti e in quanto esista la materia di un conflitto la cui

decisione appartenga alla sua competenza, restando impregiudi cata ogni altra decisione;

che, sotto il profilo soggettivo, questa corte ha più volte af

fermato come i singoli organi giurisdizionali siano legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione, in relazione al ca

rattere diffuso che connota il potere di cui sono espressione,

ma che tale legittimazione sussiste limitatamente all'esercizio del

l'attività giurisdizionale assistita da garanzia costituzionale (or

dinanze nn. 244 e 340 del 1999, Foro it., 1999, I, 3451);

che nel caso di specie il ricorrente è manifestamente privo della legittimazione attiva, in quanto agisce quale «coordinato

re» dell'ufficio, secondo quanto dispone l'art. 15 1. 21 novem

bre 1991 n. 374, e non nell'esercizio di funzioni giurisdizionali; che perciò il ricorso è inammissibile per carenza del requisito

soggettivo. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi

bile il ricorso per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Sta

to indicato in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2000.

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 20 aprile 2000, n. HO

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 aprile 2000, n. 18); Pres. Guizzi, Est. Santosuosso; Scarpinelli c. Malpighi e al

tra. Ord. Trib. Modena 3 luglio 1998 (G.U., la s.s., n. 43

del 1998).

Adozione e affidamento — Adozione di persona maggiore di

età — Figli naturali maggiorenni riconosciuti dell'adottante — Assenso — Omessa previsione — Questione manifestamente

inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 30; cod. civ., art. 291).

Corte costituzionale — Giudizio sulle leggi in via incidentale — Estinzione sopravvenuta dei giudizio «a quo» — Irrilevan

za per il giudizio costituzionale (Cost., art. 134; 1. 11 marzo

1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento del

la Corte costituzionale, art. 23).

È manifestamente inammissibile, per insufficiente motivazione

in ordine alla rilevanza, la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 291 c.c., nella parte in cui non condiziona l'a

dozione di una persona maggiore di età anche all'assenso dei

figli o dei discendenti naturali maggiorenni e riconosciuti del l'adottante, ove questi esistano, in riferimento agli art. 3 e

30 Cost. (1) L'estinzione del giudizio a quo non è di per sé sufficiente a

determinare la sopravvenuta inammissibilità della questione di costituzionalità prospettata, dal momento che il requisito della rilevanza riguarda solo il momento genetico in cui il

dubbio di costituzionalità viene sollevato e non anche il pe riodo successivo alla rimessione della questione alla Corte co

stituzionale. (2)

(1) Il giudice a quo si richiamava espressamente a Corte cost. 19

maggio 1988, n. 557, Foro it., 1988, I, 2801, con nota di richiami, commentata da De Cupis, in Giur. it., 1988, I, 1, 1441, la quale ha

dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 291 c.c., nella parte in cui non

consentiva l'adozione a persone che avessero discendenti legittimi o le

gittimati maggiorenni e consenzienti. Per l'affermazione secondo cui non costituisce ostacolo all'adozione

ordinaria la presenza di un figlio naturale riconosciuto dal richiedente

l'adozione, poiché la norma che vieta di adottare a chi abbia già discen denti legittimi o legittimati non può essere interpretata estensivamente, v. Trib. min. Cagliari 25 settembre 1982, Foro it., Rep. 1983, voce

Adozione, n. 30.

Recentemente, la Corte costituzionale ha pronunciato una serie di

decisioni in merito alla costituzionalità dell'art. 6, 2° comma, 1. 4 mag

gio 1983 n. 184 relativamente al divario minimo di età per l'adozione

di minori: v., in particolare, Corte cost. 9 ottobre 1998, n. 349, id., 1999, I, 1754, con nota di richiami, che ha dichiarato l'incostituzionali

tà della disposizione suddetta nella parte in cui non prevedeva che il

giudice potesse disporre l'adozione, valutando esclusivamente l'interes

se del minore, quando l'età di uno dei coniugi adottanti non superasse di almeno diciotto anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la differen

za di età compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione derivasse un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore; 9 luglio 1999, n. 283, ibid., 2417, con nota di richiami, e id., 2000, I, 1086, con osservazioni di Marella, con

cui la medesima disposizione è stata dichiarata incostituzionale, nella

parte in cui non prevedeva che il giudice potesse disporre l'adozione

quando l'età di entrambi i coniugi adottanti superasse di oltre quaran t'anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la differenza di età compre sa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione derivasse un danno grave e non altrimenti evitabile per il mi

nore. Sulla giurisprudenza in materia della Corte di cassazione, v. Cass.

14 gennaio 1999, n. 354, id., 1999, I, 1926, con nota di richiami, non

ché le pronunce citate nella nota di richiami a Corte cost. 349/98, cit., e 5 febbraio 1998, n. 10, ibid., 1754.

Per analogo problema con riguardo all'adozione internazionale, v.

Cass. 8 febbraio 2000, n. 1366, id., 2000, I, 1146, con nota di richiami e osservazioni di Saimè.

(2) Importante puntualizzazione, anche per i suoi riflessi sulla natura

degli interessi tutelati nel giudizio incidentale sulle leggi, della Corte

costituzionale la quale prende espressamente posizione, per escluderla,

sugli effetti nel giudizio costituzionale della c.d. irrilevanza sopravvenu

ta, vale a dire degli avvenimenti, successivi al momento dell'emanazio

ne dell'ordinanza di rinvio, i quali fanno sicuramente venir meno (ma

successivamente) la rilevanza della questione di costituzionalità. In ef

fetti, l'art. 22 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale — nello stabilire l'inapplicabilità delle norme sulla so

spensione, interruzione ed estinzione del processo al giudizio costituzio

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