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ordinanza 12 novembre 1980, n. 150; Pres. Amadei, Rel. Paladin; Pres. Camera dei deputati,Pres. Senato, Pres. Repubblica c. Corte dei conti. Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 339/340-343/344Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171334 .
Accessed: 28/06/2014 08:29
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PARTE PRIMA
6. - Spetterà, quindi, al legislatore determinare ciò che nella
norma esaminata non è determinato e cioè i requisiti, aggiunti all'attività professionale legalmente svolta, che il profugo posse desse nel territorio di provenienza, equipollenti a quelli costi
tuzionalmente prescritti dall'ordinamento italiano, in modo da
consentire, in sede di esame della domanda di iscrizione negli albi italiani, l'accertamento concreto della loro esistenza.
Per questi motivi, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
28 legge 4 marzo 1952 n. 137 nel testo sostituito dall'art. 2 legge 25 luglio 1971 n. 568, nella parte in cui la detta norma con
sente l'iscrizione dei profughi negli albi professionali senza ri
chiedere il possesso nello Stato di provenienza di requisiti equi
pollenti a quelli costituzionalmente prescritti nell'ordinamento
italiano.
II
La Corte, ecc. — 1. - L'ordinanza delle sezioni unite della
Cassazione di cui in narrativa chiama la corte a decidere se
l'art. 33, 5° comma, Cost., il quale prescrive un esame di Stato
per l'abilitazione all'esercizio professionale, consenta che quel l'accertamento preventivo, fatto con serie garanzie, il quale « as
sicuri nell'interesse della collettività e dei clienti che il profes sionista abbia i requisiti di preparazione e di capacità occor
renti per il retto esercizio professionale », possa essere effettuato
anche mediante strumenti alternativi e « in particolare mediante
la valorizzazione di prove altra volta sostenute in vista di un
esercizio di un'attività — professionale o anche non professio nale — diversa » (nella specie: « esame di concorso per l'in
gresso nella magistratura militare »). Di ciò, stante la « rigo rosa formulazione letterale » dell'art. 33, 5° comma, Cost., le
sezioni unite della Cassazione dubitano, e perciò sollevano
questione di legittimità costituzionale degli art. 26, lett. b), e
30, lett. a) e b), r. d. 1. 27 novembre 1933 n. 1578, nelle
« parti in cui attribuiscono ai magistrati militari aventi partico lari requisiti il diritto di essere iscritti negli albi professionali forensi senza il preventivo superamento di un esame di Stato ».
2. - Di tale questione di legittimità costituzionale nei termini
detti, le sezioni unite della Cassazione hanno dichiarato la rile
vanza, considerando che la provenienza del dott. Mirelli dalla
magistratura militare non era contestata né dal Consiglio nazio
nale forense, nella decisione oggetto del ricorso innanzi le se
zioni unite, né dal ricorrente consiglio dell'ordine di Roma; sic
ché la questione di legittimità costituzionale che veniva solle
vata doveva riferirsi, ed esclusivamente, ai magistrati militari.
Innanzi alla corte, tuttavia, l'avvocatura dello Stato ha con
testato la rilevanza della questione adducendo che il Mirelli ave
va, si, esercitato le funzioni di vice presidente del Tribunale
supremo militare in quanto ufficiale generale, ma senza avere
lo status di magistrato militare.
La corte non ritiene di poter prendere in considerazione tale
contestazione, una volta che, come si è visto, la rilevanza della
questione è stata affermata nei termini detti dal giudice a quo. E ciò in conformità della propria giurisprudenza che fissa nel
giudizio di rilevanza espresso e motivato dal giudice che ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale i limiti del
controllo che la corte può esercitare.
3. - Un esame di Stato è prescritto dall'art. 33, 5° comma, Cost, per l'abilitazione all'esercizio professionale. Il termine, pre ciso ed incisivo, usato dal costituente {« prescritto »), toglie
ogni pregio alle dispute intorno al carattere precettivo o pro
grammatico della norma: non può essere posta in dubbio la
necessità di un esame di Stato per accertare l'attitudine all'eser
cizio di una professione. Il legislatore ordinario è vincolato da
questa prescrizione costituzionale. Peraltro, prescrivendo « un
esame di Stato », senza alcuna specificazione in ordine ad esso, la norma costituzionale demanda al legislatore ordinario di de
terminare i criteri e il contenuto di questo esame, purché, si
intende, esso soddisfi ragionevolmente l'esigenza « che un accer
tamento preventivo, fatto con serie garanzie, assicuri, nell'inte
resse della collettività e dei committenti, che il professionista abbia i requisiti di preparazione e di capacità occorrenti per il
retto esercizio professionale » (sent. n. 77 del 1964, Foro it., 1964,
I, 1561). Se, dunque, non può disconoscersi che la legge ordinaria, cioè
quella forense (art. 21 e 29), ancorché precedente alla Costitu
zione, potesse determinare concretamente la portata e le mo
dalità degli esami per l'accesso alle professioni di procura tore e di avvocato (esami che la stessa legge, art. 20 e 28, definisce quali esami di Stato), deve ritenersi che la medesima
legge ordinaria potesse stabilire la congruità, ai fini dell'accerta
mento della capacità professionale, dell'esame di Stato sostenu
to — e sempre preceduto dalla laurea in giurisprudenza —
nel concorso per l'accesso alla magistratura, nella specie quella militare. Il che, appunto, fanno gli art. 26, lett. b), e 30, lett.
a) e b), della cui legittimità costituzionale è questione, quando
dispongono che, nel concorso di altri requisiti di esperienza
pratica, possono essere iscritti, rispettivamente nell'albo dei pro curatori e in quello degli avvocati, « i magistrati dell'ordine ...
militare », i quali, per accedere alla detta magistratura hanno
dovuto sostenere un esame di concorso in materie giuridiche, ovvero provengono dalla magistratura ordinaria nella quale so
no entrati superando gli esami di concorso prescritti appunto
per l'accesso alla magistratura ordinaria (art. 12 r. d. 19 otto bre 1923 n. 2316 e 20 r. d. 30 dicembre 1923 n. 2903).
Contro questa conclusione non sembra possa ricavarsi un
argomento decisivo dall'art. 106, 3° comma, Cost, il quale sta
bilisce che « su designazione del Consiglio superiore della ma
gistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di
Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di
esercizio e siano iscritti agli albi professionali per le giurisdi zioni superiori ». Si argomenta da questa disposizione che, dun
que, quando volle derogare al 1" comma dello stesso art. 106
che prescrive il concorso per le nomine dei magistrati, il costi
tuente lo scrisse nella Costituzione, il che non ha fatto per de
rogare dalla prescrizione dell'esame di Stato per l'esercizio pro fessionale forense.
L'argomento potrebbe avere peso contro la pretesa di sosti tuire l'esame di Stato con equipollenti generici, quali l'esercizio
di un'attività e di una funzione che si pretende puramente e
semplicemente assimilabile a quella della professione forense,
prescindendo dall'avvenuto superamento di un esame di Stato. Ma non ne ha quando il legislatore ha in sostanza, come si è
detto, preso in considerazione l'appartenenza ad una magistra tura che presuppone un esame di Stato di concorso sostanzial
mente equiparato a quello prescritto dalla legge forense, che,
per il conseguimento dell'abilitazione alla professione di pro curatore, è pur esso un « esame di concorso » con « valore di
esame di Stato » (art. 20 legge forense). In questo caso non c'è deroga al precetto dell'art. 33, 5°
comma, Cost., ma sua sostanziale osservanza da parte del le
gislatore ordinario il quale, con un giudizio che la corte po trebbe censurare solo se irragionevole (e tale non è per le con
siderazioni innanzi svolte), ha riconosciuto nella legge forense
l'esame di Stato concorsuale per l'accesso alla magistratura at
to, al pari di quello previsto nella stessa legge, ad assicurare
quell'accertamento della capacità professionale, successivamen te suffragato dall'esercizio delle funzioni per il periodo previsto dalla legge, del quale innanzi si è parlato.
Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di le
gittimità costituzionale degli art. 26, lett. b), e 30, lett. a) e b), r. d. 1. 27 novembre 1933 n. 1578, convertito nella legge 22
gennaio 1934 n. 36, nelle parti in cui stabiliscono che hanno diritto di essere iscritti nell'albo dei procuratori e nell'albo de
gli avvocati « coloro che per cinque anni almeno » e rispettiva mente « coloro che per otto anni almeno » « siano stati magi strati dell'ordine ... militari », questione come in narrativa sol levata dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con riferi mento all'art. 33, 5° comma, Cost
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 12 novembre 1980, n.
150; Pres. Amadei, Rei. Paladin; Pres. Camera dei deputati, Pres. Senato, Pres. Repubblica c. Corte dei conti. Conflitto di attribuzione.
Corte costituzionale — Conflitto di attribuzioni tra poteri dello
Stato — Autonomia contabile della Presidenza della Repub blica e delle Camere parlamentari — Ordine della Corte dei conti di presentare i conti delle gestioni 1969-1977 — Ricorsi
per conflitto di attribuzioni — Ammissibilità (Cost., art. 134;
legge 11 marzo 1953 n. 87, costituzione e funzionamento della Corte costituzionale, art. 37).
Sono ammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzioni proposti dal presidente della Repubblica e dai presidenti delle Camere
parlamentari avverso i decreti con i quali la Corte dei conti ha ordinato ai tesorieri dei detti organi costituzionali, ai quali è riconosciuta autonomia contabile, di presentare, entro un ter mine all'uopo stabilito, i conti giudiziali delle gestioni 1969 1977. (1)
(1) I decreti della Corte dei conti in data 19 febbraio 1980, in relazione ai quali è stato sollevato conflitto di attribuzioni, sono ri
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La Corte, ecc. — Ritenuto che la sezione prima giurisdizionale della Corte dei conti, su istanza del procuratore generale in data 2 novembre 1978, considerata la giurisdizione che spetta alla
corte « nelle materie di contabilità pubblica » (in base all'art. 103, 2° comma, Cost, ed ai sensi dell'art. 44 r. d. 12 luglio 1934 n.
1214), ha prescritto ai tesorieri della Camera dei deputati, del
Senato della Repubblica e della presidenza della Repubblica — con altrettanti decreti datati 30 ottobre 1979 e depositati il 19
febbraio 1980 — il termine di mesi sei per la presentazione dei
conti relativi alle gestioni degli anni dal 1969 al 1977; e che i de
creti stessi sono stati inviati alla presidenza della Repubblica,
nonché alle presidenze della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica — con note del direttore della segreteria presso la procura generale della Corte dei conti, datate 21 marzo 1980 —
affinché esse provvedano « alla notificazione giudiziale nei con
fronti del tesoriere».
Ritenuto che, in relazione a tali atti, il presidente della Ca
mera dei deputati — previa deliberazione 19 giugno 1980 del
l'ufficio di presidenza, adottata dall'intera assemblea nella seduta
del 2 luglio 1980 — ha sollevato conflitto di attribuzione, con ri
corso depositato il 18 luglio 1980, chiedendo che questa corte
neghi alla Corte dei conti la spettanza del « potere di giurisdi zione contabile nei confronti della Camera dei deputati » e di
conseguenza annulli il decreto 19 febbraio 1980 della sezione pri ma giurisdizionale e la nota 21 marzo 1980 della procura gene
rale della corte stessa; che analogo conflitto è stato sollevato dal
presidente della Repubblica, con ricorso depositato il 18 luglio
1980 (al quale ha preso parte, « per quanto di ragione », sotto
scrivendolo e « formulando le medesime richieste », il segretario
generale della presidenza), perché « venga dichiarato il difetto
di potere della Corte dei conti ad esercitare la giurisdizione con
tabile nei confronti del tesoriere della presidenza della Repub
blica », annullando il predetto decreto 30 ottobre 1979 - 19 feb
braio 1980 della sezione prima giurisdizionale, la relativa istanza
2 novembre 1978 del procuratore generale, la nota 21 marzo 1980
della procura generale della Corte dei conti, nonché « ogni altro
atto preordinato, connesso e conseguenziale »; che ha promosso
portati in questo fascicolo, III, 84, con esauriente nota di richiami, unitamente ad un quarto decreto di pari data, con il quale è stata
rivolta analoga ingiunzione al tesoriere della Corte costituzionale (la
quale non ha ritenuto di elevare conflitto innanzi a se medesima, ma
ha lasciato inutilmente spirare il termine fissato per la presentazione dei conti dal magistrato contabile).
Per un precedente cfr. Corte conti, Sez. giur. reg. sic., 15 febbraio
1966, n. 792 (Foro it., Rep. 1966, voce Sicilia, n. 43, riportata in
extenso in numerose riviste ed annotata da Teresi in Finanza pubbl.,
1966, II, 160), relativa ai conti del tesoriere dell'assemblea regionale
siciliana, dalla cui motivazione emerge che anche in quell'occasione, di fronte all'ordine rivolto dalla Corte dei conti al tesoriere, fu sol
levato conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale; ma
poi il conflitto fu composto senza decisione, in un modo che si
ignora, ed il tesoriere presentò i conti, ottenendo il discarico.
Non ha invece attinenza al tema dell'attuale dibattito Corte cost.
30 dicembre 1968, n. 143 (Foro it., 1969, I, 251), che, con riferimento
al consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, ritenne costituzional
mente legittima la legge regionale che ne disponeva l'esenzione dal
controllo della Corte dei conti: qui, infatti, non si discute della sot
toposizione al controllo, bensì alla giurisdizione contabile.
È pertinente, per contro, rammentare che l'Assemblea parlamentare europea rende il conto della propria gestione alla Corte dei conti
europea (sulla quale v., per qualche cenno, Torri, in Nuova rass.,
1979, 318). Sui presupposti oggettivi e soggettivi per la configurabilità di un
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, cfr., da ultimo, Corte
cost., ord. 9 gennaio 1979, n. 1 e 21 dicembre 1978, n. 84, Foro it.,
1979, I, 289, con nota di richiami e osservazioni di Pizzorusso, com
mentate altresì' la prima da Bartole, Ammissibilità costituzionale e
referendum, in Giur. costit., 1979, 4, e la seconda da A. Vitale,
id., 1978, 1173.
In dottrina, Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, 1978, 195 ss.;
Mezzanotte, La nozione di « potere » e di « conflitto » nella giu
risprudenza della Corte costituzionale, in Giur. costit., 1979, 110;
Pizzorusso, Conflitto (aggiornamento), voce del Novissimo digesto,
1979, 6.
Sulla figura del segretario generale della presidenza della Repub
blica, la cui partecipazione al ricorso promosso dal presidente della
Repubblica è stata ritenuta inammissibile dalla Corte costituzionale
con la motivazione che si tratta di un funzionario « nominato e revo
cato dal presidente della Repubblica », cui non « spetta dichiarare
definitivamente né concorrere a manifestare la volontà del potere di
appartenenza », Occhiocupo, Il segretario generale della presidenza della Repubblica, 1973, 230; B. M. Allara, Struttura della presidenza della Repubblica, 1974; A. M. Sandulli, Spunti problematici in tema
di autonomia degli organi costituzionali e di giustizia domestica nei
confronti del loro personale, in Giur. it., 1977, I, 1, 1831.
conflitto anche il presidente del Senato della Repubblica — pre via deliberazione 17 giugno 1980 del consiglio di presidenza, adottata dall'intera assemblea nella seduta del 2 luglio 1980 —
mediante ricorso depositato il 18 luglio 1980, affinché sia dichia
rato che non spetta alla Corte dei conti « il potere di estendere la giurisdizione contabile al tesoriere del Senato della Repubbli ca Imponendogli l'obbligo di presentare i rendiconti delle gestioni
degli anni dal 1969 al 1977, né quello di prescrivere al Senato di provvedere alla notificazione del decreto adottato nei confronti del detto tesoriere » e sia pertanto annullato il decreto medesimo
nonché — « per quanto possa occorrere » — la relativa nota del
21 marzo 1980.
Considerato che in questa fase del giudizio la corte è chiamata
a decidere senza contraddittorio, a norma dell'art. 37 legge n. 87 del 1953, se il ricorso sia ammissibile: vale a dire, se il conflitto
sorga « tra organi competenti a dichiarare definitivamente la vo
lontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della
sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme co
stituzionali »;
che i tre procedimenti possono essere fin d'ora riuniti, dal mo
mento che la Corte dei conti assume, in termini fondamentalmen
te comuni, l'esigenza di non esonerare dalla giurisdizione conta
bile gli stessi tesorieri della presidenza della Repubblica, della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; mentre i tre
ricorrenti contestano tale pretesa, in nome del principio di indi
pendenza ed autonomia degli organi costituzionali;
che ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica (previe le conformi deliberazioni delle rispettive as
semblee parlamentari) va riconosciuta la legittimazione a solle
vare conflitto, sebbene entrambe le assemblee in questione fac
ciano parte del medesimo « potere »: giacché l'una e l'altra sono, in vario senso, competenti ad esprimerne definitivamente « la
volontà », con particolare riguardo ai casi sul tipo di quello in
esame, che vede ciascuna assemblea, in posizione di piena indi
pendenza rispetto all'altro ramo del Parlamento, rivendicare la
propria autonomia contabile;
che legittimato a ricorrere deve considerarsi anche il presidente della Repubblica, quale organo costituzionale, titolare di attribu
zioni non riconducibili alla sfera di competenza dei tre tradizio
nali poteri dello Stato, in ordine alle quali il solo presidente può
promuovere conflitti risolvibili da questa corte; che, per ciò
stesso, vanno ritenute inammissibili la partecipazione al ricorso
presidenziale, « per quanto di ragione », e la sottoscrizione del
l'atto medesimo da parte del segretario generale della presidenza
(tanto più che si tratta di un ufficio il cui titolare è un funziona
rio « nominato e revocato con decreto del presidente della Re
pubblica», sia pure «sentito il consiglio dei ministri» — in
base all'art. 3, T comma, legge 9 agosto 1948 n. 1077 — cui dun
que non spetta « dichiarare definitivamente » né concorrere a ma
nifestare la volontà del potere di appartenenza);
che, dal lato opposto, non è dubbia la legittimazione passiva della sezione prima giurisdizionale della Corte dei conti, perché i singoli organi giurisdizionali, nell'esercizio delle funzioni giu
risdizionali, possono in genere essere parti nei conflitti di attribu
zione (come questa corte ha ritenuto più volte, a partire dalle
ordinanze n. 228 e n. 229 del 1975, Foro it., 1975, I, 2151).
che nei casi in esame concorre il requisito oggettivo, previsto dall'art. 37 legge n. 87 del 1953: oltre a contestare l'interpreta zione che la Corte dei conti ha fatto propria, quanto alle norme
di legge ordinaria che disciplinano la giurisdizione contabile (il che non basterebbe — da solo — a concretare la materia di un
conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato), tutti i ricorsi so
stengono, infatti, che i principi costituzionali di indipendenza e
di autonomia della presidenza della Repubblica, della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica, quali risulterebbero
dal sistema se non da particolari disposti della Costituzione, sa
rebbero lesi qualora si obbligassero alla resa del conto giudiziale della loro gestione i tesorieri di tali organi costituzionali; ed è
significativo che anche la sezione prima giurisdizionale della
Corte dei conti — nelle motivazioni degli impugnati decreti 30 ot
tobre 1979 - 19 febbraio 1980 — abbia espressamente dato atto
della vigenza dei principi stessi, pur negando che la sua giurisdi zione li venga a menomare ed anzi invocando in tal senso un'ap
posita disposizione costituzionale, come quella contenuta nello
art. 103, 2° comma, Cost., per cui « la Corte dei conti ha giurisdi zione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge ».
Per questi motivi, riservato, ogni definitivo giudizio sull'ammis
sibilità e sul merito dei ricorsi, dichiara ammissibili, ai sensi
dell'art. 37 legge n. 87 del 1953, i ricorsi per conflitto di attribu
zione proposti dal presidente della Camera dei deputati, dal pre
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PARTE PRIMA
sidente della Repubblica e dal presidente del Senato della Re
pubblica, nei confronti della sezione prima giurisdizionale della Corte dei conti, con gli atti indicati in epigrafe; dichiara inam missibile la partecipazione del segretario generale della presiden za al giudizio promosso dal presidente della Repubblica.
Dispone: a) che la cancelleria della corte dia immediata co
municazione della presente ordinanza al presidente della Camera
dei deputati, al presidente della Repubblica ed al presidente del
Senato della Repubblica; b) che a cura dei ricorrenti i rispettivi ricorsi e la presente ordinanza siano notificati alla sezione prima
giurisdizionale della Corte dei conti, entro sessanta giorni dalla
comunicazione stessa.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 7 feb
braio 1981, n. 767; Pres. G. Rossi, Est. Lo Coco, IP. M. Fabi
(conci, diff.); Ditta Masella (Avv. A. Pietrosanti) c. Tacconi
(Avv. Neglia). Regolamento di giurisdizione.
CORTE DI CASSAZIONE;
Giurisdizione civile — Giacimento di calcare — Opere realiz
zate dal concessionario — Provvedimento d'urgenza di rimo
zione — Violazione dei limiti della legge n. 2248 ali. E del
1865 — Regolamento di giurisdizione — Inammissibilità —
Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 37, 41, 700, 702; legge 20
marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 4).
È inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdi zione con il quale il concessionario della coltivazione di giaci mento di calcare esistente nel terreno di proprietà altrui, cui
con ordinanza pretorile ex art. 700 cod. proc. civ. sia stata or
dinata la eliminazione delle opere realizzate in tale fondo per ché impeditive dell'esercizio dei diritti di servitù dei privati
confinanti, lamenta la violazione da parte del pretore dei limiti
posti dall'art. 4 legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, ai poteri del
giudice ordinario. (1)
(1) A sostegno dell'affermazione riassunta nella massima le sezioni unite richiamano Cass. 26 gennaio 1979, n. 600, Foro it., Rep. 1979, voce Giurisdizione civ., n. 122; 12 maggio 1979, n. 2716, id., 1979, I, 1371, con osservazioni di C. M. Barone e 24 febbraio 1978, n. 938, id., 1978, I, 1162, con nota di richiami.
Tali sentenze, tutte rese in controversie tra privati e pubblica am
ministrazione, hanno ritenuto che la competenza giurisdizionale del
giudice ordinario sulla domanda con la quale il proprietario di un lago, ovvero il titolare di un'azienda di piscicoltura ivi esercitata, insorga contro atti e comportamenti della pubblica amministrazione lesivi di tali posizioni di diritto soggettivo, non viene meno per il fatto che l'attore, oltre al ristoro dei danni, abbia anche richiesto una
pronuncia implicante annullamento, modifica o revoca di provvedi mento amministrativo, ovvero sostituzione del medesimo, con con danna dell'amministrazione ad un facere, atteso che ciò implica solo il dovere di detto giudice, nel rispetto dei limiti interni dei suoi po teri giurisdizionali, di astenersi dall'emanare l'indicata pronuncia (la n. 600 del 1979); che non incide sulla questione di giurisdizione la domanda di annullamento di un atto amministrativo, in quanto la
giurisdizione del giudice ordinario, ove sussista in relazione alla po sizione di diritto soggettivo fatta valere dal privato, non può essere esclusa per il solo fatto della proposizione di una domanda siffatta, poiché in tale ipotesi il divieto di annullamento, imposto al giudice ordinario, ne comporta soltanto l'obbligo di astenersi dall'emanare una statuizione esorbitante dai suoi poteri, ma non anche il difetto di giurisdizione sulla domanda, esplicita o implicita, di accertamento (la n. 2716 del 1979); che la questione concernente i limiti entro i quali deve essere contenuta la pronunzia del giudice alla cui sfera giurisdizionale appartiene la controversia non può aver rilievo ai fini della discriminazione della giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo, incidendo soltanto nella determinazione dei poteri attribuiti all'uno e all'altro giudice nelle controversie devolute alla rispettiva competenza giurisdizionale (la n. 938 del 1978).
Più utili punti di riferimento ai fini della soluzione della que stione di specie si sarebbero potuti trarre da Cass. 1° dicembre 1978, n. 5678, id., 1978, I, 2704, con nota di richiami, la quale ha di chiarato inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione av verso ordinanza pretorile ex art. 700 cod. proc. civ. diretto a conte stare il potere del pretore di emetterla per contrasto con il precetto legislativo dallo stesso giudice sospettato di incostituzionalità con con testuale rimessione della relativa questione di legittimità alla Corte costituzionale.
Nella motivazione le sezioni unite fanno, poi, cenno alla questione dell'ammissibilità delle azioni possessorie nei confronti della pubblica amministrazione (su cui da ultimo Cass. 7 febbraio 1981, n. 766, che sarà riportata in un prossimo fascicolo; adde Cass. 1° ottobre 1980, n. 5335, Foro it., 1980, I, 2392, con osservazioni di R. Pardolesi; 26 novembre 1979, n. 6167, id., 1980, I, 328, con nota di richiami) ribadendo altresì che solo l'emanazione di una decisione nel merito in primo grado (identificabile, ad es., con la sentenza dichiarativa di fallimento [Cass. 18 luglio 1980, n. 4681, id., 1980, I, 2107] ma
La Corte, ecc. — Fatto e svolgimento del processo. — Con ri
corso 4 gennaio 1979 Maria Vittoria, Laura e Leonardo Tacconi
esponevano al Pretore di Priverno di essere proprietari in Pri
verno di un appezzamento di terreno di ha. 12.74.20, confinan
te con proprietà Masella, Adolfo e Pietro Maria Tacconi, Franco
Tacconi e demanio comunale, coltivato ad oliveto; che detto
immobile ha accesso dalla pubblica via dei Gridili a mezzo di
una strada privata attraversante il contiguo terreno di Franco
Tacconi; che il terreno dei ricorrenti è inoltre servito da un
acquedotto, che raggiunge il fondo passando attraverso lo stesso
fondo di Franco Tacconi; che nel mese di novembre precedente Roberto Masella, introdottosi nel fondo del Tacconi senza il suo
permesso, aveva interrotto la strada di accesso mediante la in
stallazione di una palizzata, costituita da travi di legno e filo
metallico, ed aveva inoltre asportato circa 600 mt. della tuba
tura dell'acquedotto; che tali atti compromettevano sia il rac
non con la statuizione su uno dei presupposti processuali [Cass. 5 marzo 1979, n. 1356, id., 1980, I, 1998, con nota di richiami]) pre clude l'esperimento del regolamento preventivo di giurisdizione.
A questa affermazione (con riferimento alla quale si possono con sultare le analitiche considerazioni di Cass. 15 febbraio 1979, n. 982, id., 1979, I, 616, con ampia nota di richiami sul punto), da intendersi nel senso che il cennato effetto preclusivo si verifica nel momento della deliberazione della sentenza e non in quello successivo della sua pubblicazione (Cass. 19 luglio 1980, n. 4725, id., Mass., 919; 12 giugno 1980, n. 3738, id., 1980, 1, 2789, con ulteriori indicazioni), la corte fa seguire, da un lato, il rilievo che il procedimento d'ur
genza per il suo carattere provvisorio neppure involge problemi di
preclusione del regolamento preventivo, e, dall'altro lato, l'enuncia zione che la questione relativa al limite posto dall'art. 4 legge n. 2248 ali. E del 1865 al potere del giudice ordinario « avrebbe potuto es sere legittimamente sollevata con ricorso preventivo di giurisdizione in relazione al procedimento che ha messo capo al provvedimento del pretore, ma prima della sua emissione». Con riguardo a tali ul time due proposizioni (non del tutto conciliabili) che non contri buiscono certo a chiarire la correlazione tra regolamento di giu risdizione e provvedimenti d'urgenza (su cui cons, in dottrina, F. Ci priani, Il regolamento di giurisdizione, 1977, 233 ss.; G. Verde, Considerazioni sul procedimento d'urgenza (come è e come si vor rebbe che fosse), nel volume J processi speciali, Napoli, 1979, 454), si possono ricordare, accanto alle pronunzie che, come la richiamata Cass. 12 ottobre 1978, n. 4561, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 165 o la precedente 11 ottobre 1978, n. 4507, ibid., n. 164, negano al provvedimento d'urgenza il carattere della pronuncia preclusiva del l'istanza di regolamento e alle altre, quali Cass. 23 luglio 1979, n. 4401, id., Rep. 1979, voce cit., n. 190, e 25 ottobre 1979, n. 5575, ibid., n. 191, che non ritengono genericamente incompatibile la disci plina di quest'ultima con i provvedimenti ex art. 700 cod. proc. civ., ov vero che esaminano gli effetti sui procedimenti preordinati all'emanazio ne di essi del regolamento di giurisdizione (Cass. 6 maggio 1978, n. 2164, id., 1978, I, 1363, con osservazioni critiche di A. Lener; 3 ottobre 1977, n. 4180 e 17 marzo 1978, n. 1328, id., 1978, I, 1408, con nota di F. Cipriani, Atti urgenti e provvedimenti cautelari durante la so spensione del processo di merito), quelle sentenze (fra le tante Cass. 10 maggio 1975, n. 1811, id., 1975, I, 1640) le quali esplicitamente riconoscono che il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto tanto prima che dopo la emanazione del provvedimento d'urgenza ex 700 cod. proc. civile.
Nella parte finale della motivazione la riportata sentenza richiama Cass. 16 gennaio 1980, n. 373, id., Mass., 73, a sostegno della tesi secondo cui il regolamento preventivo può essere richiesto in via autonoma per contestare la giurisdizione del giudice ordinario ad emanare un provvedimento cautelare, quale nel caso della sent. n. 373 del 1980 un sequestro giudiziario, nei confronti della pubblica am ministrazione.
L'enunciazione, che trova rispondenza nelle pronunzie che rico noscono l'esperibilità del regolamento di giurisdizione nella fase sommaria di un procedimento possessorio (cit. Cass. n. 6167 del 1979), in pendenza dell'istanza di sequestro (Cass. 19 luglio 1980, n. 4724, id., Mass., 981) ovvero nella fase preliminare della richiesta di prov vedimenti provvisori e urgenti ai sensi e nei casi degli art. 689, 702, 703 cod. proc. civ. (Cass. 6 giugno 1980, n. 3659, ibid., 732), non sembra del tutto in linea con i rilievi di Cass. 29 giugno 1979, n. 3666, id., 1980, 1, 1083, con richiami e osservazioni di F. Cipriani. In tale sentenza, infatti, la corte, pur riconoscendo di aver ripetutamente ritenuto ammissibile il regolamento di giurisdizione proposto da chi, senza negare la giurisdizione del giudice adito in ordine alla domanda principale, la contesti limitatamente ad una domanda cautelare in serita nello stesso processo, ha soggiunto di aver chiarito che in tali ipotesi il compito delle sezioni unite è volto ad accertare la fonda tezza dell'istanza di regolamento, per escludere, ove sussista, tra le due domande il vincolo strumentale determinato dall'identità della tutela giuridica con esse perseguita.
La stessa corte ha, quindi, affermato che, qualora in sede di rego lamento sia stata dichiarata la giurisdizione del giudice avanti il quale pende la causa di merito, è inammissibile il regolamento di retto a contestare il potere del giudice istruttore di emanare provve dimenti cautelari anticipatori.
C. M. Barone
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