ordinanza 13 febbraio 2003, n. 52 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 19 febbraio 2003, n. 7);Pres. Chieppa, Est. Zagrebelsky; Costantini e altro; interv. Pres. cons. ministri. Ord. NotaioGiulianova 11 marzo 2002 (G.U., 1 a s.s., n. 28 del 2002)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 5 (MAGGIO 2003), pp. 1313/1314-1317/1318Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198555 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
In conclusione, dunque, poiché l'imposizione dei vincoli di
destinazione d'uso sugli immobili, cui è subordinata la conces
sione dei finanziamenti regionali, è comunque rimessa alla vo
lontà dei proprietari degli immobili stessi, la censura in esame
deve ritenersi infondata.
4.3. - Un ulteriore rilievo di costituzionalità muove dalla pre sunta violazione della normativa costituzionale sul coordina
mento della finanza pubblica e della norma interposta, costituita
dal d.leg. 28 marzo 2000 n. 76.
Anche volendosi in questa sede prescindere dalla considera
zione dell'intervenuto mutamento della disciplina costituzionale
in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, che potrebbe far dubitare della perdurante sussistenza di rigidi limiti sul pe riodo massimo delle possibili variazioni del bilancio regionale,
quale quello contenuto nell'art. 16 d.leg. n. 76 del 2000, occorre
considerare che l'art. 9 1. reg. Lazio n. 31 del 2001 non modifica
il bilancio regionale, ma dà copertura finanziaria alla legge stes
sa mediante riduzione dei «capitoli concernenti fondi globali per il finanziamento di provvedimenti legislativi», di cui all'elenco
4 del bilancio della regione Lazio per il 2001 (1. reg. 10 maggio 2001 n. 11, recante «bilancio di previsione della regione Lazio
per l'esercizio finanziario 2001»), E ciò in ossequio a quanto in generale previsto dall'art. 14, 1°
e 5° comma, d.leg. n. 76 del 2000, che prevede la possibilità di
iscrivere nel bilancio regionale «fondi speciali destinati a far
fronte agli oneri derivanti da provvedimenti legislativi regionali che si perfezionino dopo l'approvazione del bilancio» e con
sente che, per la copertura finanziaria di spese derivanti da
provvedimenti legislativi non approvati entro il termine del
l'esercizio relativo, possa farsi riferimento alle quote non utiliz
zate di fondi speciali, «purché tali provvedimenti siano stati ap
provati prima del rendiconto di tale esercizio e comunque entro
il termine dell'esercizio immediatamente successivo». Inoltre,
nell'ordinamento della regione Lazio, gli art. 16, 1° comma, e
25, 5° comma, 1. reg. Lazio 20 novembre 2001 n. 25 (norme in
materia di programmazione, bilancio e contabilità della regione) consentono che la copertura di spese derivanti da provvedimenti
legislativi regionali non entrati in vigore entro il termine del
l'esercizio finanziario, avvenga mediante le quote non utilizzate
di fondi speciali. Per questi motivi, la Corte costituzionale:
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzio
nale proposta nei confronti dell'intera 1. reg. Lazio 6 dicembre
2001 n. 31 (tutela e valorizzazione dei locali storici) con il ri
corso in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
riguardante gli art. 1, 2, 3, 4, 6, 1° comma, 7 e 9 1. reg. Lazio 6
dicembre 2001 n. 31, sollevata, in riferimento agli art. 81, 117,
2° comma, lett. g), l) e s), e 3° comma, e 118 Cost., dal presi dente del consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 13 febbraio 2003, n.
52 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 febbraio 2003, n.
7); Pres. Chieppa, Est. Zagrebelsky; Costantini e altro; in
terv. Pres. cons, ministri. Ord. Notaio Giulianova 11 marzo 2002 (G.U., ia s.s., n. 28 del 2002).
Donazione — Riserva di prestazione di assistenza morale e
materiale a favore del donante — Esclusione — Questione manifestamente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 41, 134; 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, norme sui giu dizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie di indipen denza della Corte costituzionale, art. 1; cod. civ., art. 790; 1.
11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzio
namento della Corte costituzionale, art. 23).
E manifestamente inammissibile, in quanto sollevata da sog
getto non legittimato (nella specie, notaio), la questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 790 c.c., nella parte in cui
non prevede la possibilità per il donante di riservarsi la co
stituzione a proprio favore di una prestazione non pecuniaria di assistenza morale e materiale per la soddisfazione di ogni
esigenza di vita, a carico del donatario, tale da non assorbire
l'intero valore del bene donato, in riferimento agli art. 2, 3 e
41 Cost. {1)
( 1) La Corte costituzionale affronta il problema relativo alla legitti mazione del notaio, nella sua attività di documentazione a mezzo di atto pubblico notarile dei negozi tra privati, di sollevare questioni di le
gittimità costituzionale in via incidentale relativamente alle disposizio ni di legge che è chiamato ad applicare.
11 notaio rimettente era stato certamente sollecitato a ciò dalla recente decisione con cui la corte ha riconosciuto la legittimazione a sollevare
questioni di costituzionalità agli arbitri (sent. 28 novembre 2001, n.
376, Foro it., 2002, I. 1648, con nota di richiami e osservazioni di
Romboli). In questa occasione infatti, eccezionalmente, la Corte costi tuzionale aveva fatto riferimento ad una nozione «sostanziale» di «giu dice» e di «giudizio» — ciò anteriormente si era verificato solo per il caso della Corte dei conti nel corso del procedimento per l'ammissione al visto e alla registrazione dei decreti legislativi (sent. 18 novembre
1976. n. 226, id., 1977, I, 18, con nota di richiami) — giudicando suffi
ciente, ai fini della legittimazione, la sussistenza dell'esercizio di fun zioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge da parte di sog getti pure se estranei all'organizzazione della giustizia e posti in posi zione super partes. La Corte costituzionale aveva pure tenuto a precisa re di ritenere sussistente la legittimazione degli arbitri «ai limitati fini che qui interessano e senza addentrarsi nella complessa problematica relativa alla natura giurisdizionale dell'arbitrato rituale».
Con la pronuncia in epigrafe la corte, come ampiamente prevedibile, esclude invece la legittimazione del notaio, rilevando come la relativa attività consiste essenzialmente nel ricevere gli atti tra vivi e di ultima
volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, rilasciar ne copie, certificati ed estratti, per cui è assente, a giudizio della Con
sulta, la connotazione decisoria che è condicio sine qua non per ricono scere la sussistenza di una funzione giurisdizionale. Con questo la corte ritiene pertanto di essere sollevata dal verificare, ai fini della legittima zione del notaio, l'aspetto soggettivo (assimilabilità di questi al giudi ce) e quello oggettivo (assimilabilità del procedimento davanti al notaio al giudizio davanti al giudice).
Per altre ipotesi di esclusione della legittimazione a proporre que stioni di costituzionalità, fondata sull'affermazione che l'attività in di
scorso non costituiva esercizio della giurisdizione, v. Corte cost., ord. 4
luglio 2001, n. 216, G.U., 1" s.s., n. 27 del 2001, e ord. 1° dicembre
1999, n. 437, Foro it., Rep. 2000, voce Impiegato dello Stato, n. 1344,
rispettivamente, con riguardo ad eccezioni sollevate dal presidente del tribunale in sede di provvedimento sulla richiesta di astensione da parte del giudice e di nomina di estranei all'amministrazione, destinati a pre siedere, a rotazione, il collegio arbitrale di disciplina per i dipendenti del comune richiedente.
In ordine alla legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità delle leggi in via incidentale, v. Corte cost. 11 giugno 2001, n. 189, id., 2001, 1. 2121 e 3044, con nota di richiami e osservazioni di Scarselli, con riguardo al consiglio nazionale forense; ord. 28 giugno 2000, n.
249, id.. Rep. 2001, voce Ordinamento penitenziario, n. 125, circa il
giudice di sorveglianza; ord. 16 giugno 2000, n. 207, id., 2000, 1, 2763, con nota di richiami, circa l'ufficio regionale per il referendum presso il Tribunale di Aosta; ord. 18 aprile 2000. n. 103, ibid., 3393, con nota
di richiami, circa il consiglio nazionale dei ragionieri e periti commer
ciali; ord. 2 aprile 1999, n. 116, id.. 1999, 1. 1701, con nota di richiami, circa il consiglio della magistratura militare; ord. 5 febbraio 1999, n.
17, id., Rep. 1999, voce Regione, n. 267, circa il commissario regionale
per il riordinamento degli usi civici. Sulla sottoposizione della donazione a condizioni, v. Cass. 26 mag
gio 1999, n. 5122, id., 2000, I, 2289, con nota di richiami e osservazio ni di Di Ciommo, commentata da Pene Vidari, in Ciur. it., 2000, 258,
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PARTE PRIMA
Ritenuto che il notaio di Giulianova, chiamato a formare un atto pubblico di donazione, con atto («ordinanza») dell' 11 mar
zo 2002, ha sollevato, in riferimento agli art. 2, 3 e 41 Cost.,
questione di legittimità costituzionale dell'art. 790 c.c., nella
parte in cui non prevede la possibilità per il donante di riservare
a proprio favore la facoltà — non trasmissibile agli eredi — di
disporre discrezionalmente, per la durata della propria vita, la
costituzione a carico del donatario di un obbligo di prestazione di assistenza morale e materiale per la soddisfazione di ogni
esigenza di vita del donante medesimo; che il dubbio di costituzionalità è formulato sul presupposto
secondo cui la volontà manifestata nella specie dal donante, con
l'accordo del donatario, per la conclusione di un contratto di
donazione avente il contenuto sopra detto, non potrebbe trovare alcuna forma di «traduzione» giuridica, né secondo l'art. 793
c.c., che regola la donazione modale (poiché in esso l'imposi zione del peso legittima chiunque ad agire per l'adempimento, anche oltre la vita del donante), né secondo lo schema del con
tratto di mantenimento (poiché la causa dell'attribuzione patri moniale non sarebbe quella della liberalità), né, infine e parti colarmente, secondo la forma della donazione con riserva di di
sporre, disciplinata dall'art. 790 c.c. (poiché in esso è prevista solo la possibilità per il donante di riservarsi qualche bene o di
disporre di una determinata somma, non quella di dedurre una
prestazione non pecuniaria condizionata alla mera potestà del
donante stesso), con la conseguenza che, anche per il carattere
eccezionale del citato art. 790, preclusivo di una interpretazione
analogica (art. 14 disp. prel. c.c.), il notaio dovrebbe rifiutare il
rogito dell'atto di donazione configurato dalle parti, in quanto non riconducibile ad alcuna disposizione di legge;
che, appunto per l'anzidetta ritenuta impossibilità di formare un atto di donazione dal contenuto pienamente conforme alla volontà in concreto manifestata dalle parti, il notaio prospetta l'illegittimità costituzionale dell'art. 790 c.c. a) per violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) e b)
per contrasto con la tutela dell'autonomia privata, in materia
patrimoniale (art. 41 Cost.) e in materia non patrimoniale (art. 2
Cost.), giacché non sussisterebbe «alcuna plausibile ragione» per non consentire il perfezionamento di una donazione con ri serva della facoltà dì disporre nei termini sopra esposti;
che nell'atto di rimessione il notaio esamina quindi il profilo relativo alla propria legittimazione a sollevare la questione di
costituzionalità, osservando in primo luogo come a ciò legitti mati non siano soltanto i giudici facenti parte dell'ordine giudi ziario, ma anche altri soggetti, che l'ordinamento individua per demandare loro «l'esercizio di funzioni giudicanti per l'obietti va applicazione della legge» e che a tale scopo sono posti in po sizione di terzietà, quali titolari di un controllo super partes «a tutela del solo diritto oggettivo» e a garanzia del principio di ef fettività della Costituzione;
che la stessa esigenza si manifesterebbe, secondo il rimetten
te, in relazione all'attività di documentazione a mezzo di atto
pubblico notarile dei negozi tra privati, poiché questi ultimi, non essendo ancora insorta tra loro alcuna controversia, non avreb bero altro modo per far eliminare dall'ordinamento la norma so
spettata di incostituzionalità, se non denunciare, per omissione o rifiuto di atti d'ufficio (art. 328 c.p.), il notaio che abbia rifiu tato il rogito dell'atto non conforme alla legge, ovvero provoca re un procedimento disciplinare a carico dello stesso notaio (con esiti, in ogni caso, assai problematici, poiché il rifiuto del notaio non potrebbe certo dirsi ingiustificato, essendo basato su una di
sposizione legislativa, benché incostituzionale); mentre, per al tro verso, non appare neppure praticabile la via della proposi zione della questione nell'ambito di un eventuale procedimento disciplinare a carico del notaio che abbia effettuato il rogito contra legem, richiedendosi al notaio di correre un rischio obiettivamente eccessivo;
che, sotto altro profilo, il rimettente reputa, da un lato, che l'art. 23 della legge (ordinaria) 11 marzo 1953 n. 87 (norme
secondo cui, posto che l'indagine diretta a stabilire se la donazione sia sottoposta a condizione o a modus si risolve in una quaestio facti, con la conseguenza che la qualificazione data dal giudice di merito è incen surabile in sede di legittimità purché sia fatta con l'osservanza dei cri teri giuridici che valgono a distinguere i due istituti, è da considerare criterio valido, per escludere che si tratti di condizione, la circostanza che nel caso concreto non sia previsto un obbligo di restituzione ove le finalità indicate non vengano realizzate. [R. Romboli]
Il Foro Italiano — 2003.
sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituziona
le), con il richiedere che la questione sia proposta «nel corso di
un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale», abbia «elu
so» la riserva di legge costituzionale di cui all'art. 137, 1°
comma, Cost., che non porrebbe alcuna limitazione in ordine ai
soggetti legittimati a sollevarla e che rinvia a una legge costitu
zionale per «le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale», dall'altro che non sa
rebbe sufficiente a «decostituzionalizzare» la materia il rinvio
che alla legge ordinaria viene fatto dalla «scarna formula» del
l'art. 1 1. cost. 11 marzo 1953 n. 1 (norme integrative della Co
stituzione concernenti la Corte costituzionale), secondo cui «la
Corte costituzionale esercita le sue funzioni nelle forme, nei li
miti ed alle condizioni di cui alla Carta costituzionale, alla 1.
cost. 9 febbraio 1948 n. 1, ed alla legge ordinaria emanata per la
prima attuazione delle predette norme costituzionali»; che il notaio rimettente sostiene poi la propria legittimazione
a sollevare la questione anche alla stregua della giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 226 del 1976, Foro it., 1977, I, 18, e n. 376 del 2001, id., 2002,1, 1648) che ha reputato sufficiente, a
tal fine, il fatto che l'organo eserciti obiettivamente funzioni
giudicanti, o a queste analoghe, dirette all'applicazione obietti
va della legge nel caso concreto, in una posizione super partes, anche se si tratti di organo estraneo all'organizzazione della
giurisdizione, e ciò in vista della duplice esigenza, per un verso, di evitare che dalle distinzioni, spesso incerte, tra le diverse ca
tegorie di «giudizio» si possa trarre la grave conseguenza del
l'incertezza del diritto come dubbio di incostituzionalità (e a
tale riguardo è richiamata la sentenza n. 129 del 1957, id., 1957, I, 2099), e, per l'altro, di garantire comunque l'osservanza della
Costituzione, in un sistema in cui è precluso sia di disapplicare le leggi (incostituzionali) sia di definire il giudizio applicando leggi di dubbia costituzionalità;
che pertanto, sotto questo aspetto, la funzione notarile, pur se non qualificabile come giurisdizionale in senso proprio
— per
ché priva di «quei poteri irrefragabili di cui è investito il giudice e che costituiscono l'essenza della giurisdizione»
— avrebbe, secondo il rimettente, una «profonda essenza giurisdizionale», per i seguenti, concorrenti, motivi: a) in quanto il notaio è te nuto a un controllo di liceità («giudizio giuridico») del regola mento negoziale, al fine di prevenire la lite giudiziaria, svolgen do un compito talora definito in dottrina come «antiprocessua le» ovvero di «tutela stragiudiziale dei diritti soggettivi in for
mazione»; b) in quanto a diversi atti notarili è attribuita effica cia di titolo esecutivo (art. 474 c.p.c.) o probatoria privilegiata (art. 2700 c.c., per gli atti pubblici), «simile» a quella del giudi cato che caratterizza le decisioni della giurisdizione; c) in
quanto il notaio si trova in posizione di terzietà, data anche l'a
nalogia tra l'art. 28 1. not. 16 febbraio 1913 n. 89, e l'art. 51
c.p.c.; d) in quanto al notaio sono affidati compiti già in prece denza attribuiti al giudice, ad esempio in materia di esecuzione immobiliare forzata e di omologazione di atti societari; e) in
quanto il notaio soddisfa pienamente, «anche più del giudice», l'esigenza che il sindacato di costituzionalità si applichi in rela zione a concrete situazioni di fatto, giacché esso è chiamato a
indagare sulla volontà delle parti (art. 47 1. n. 89 del 1913); f) infine, in quanto la funzione notarile si manifesta attraverso un
«procedimento» (di cui il processo costituisce una species), in teso come sequenza di norme, posizioni soggettive ed atti, a
partire da un impulso di parte, seguito da una «istruttoria nota
rile», sino a una «decisione» finale costituita dal rogito — o dal rifiuto di rogito
— dell'atto, secondo uno schema che evoche rebbe la sequenza propria del processo civile ordinario di cogni zione (domanda, istruzione, decisione della causa);
che nel giudizio così promosso è intervenuto il presidente del
consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura
generale dello Stato, che ha dedotto in via preliminare il difetto dei requisiti prescritti dall'art. 23 1. n. 87 del 1953, osservando che il notaio non è chiamato a risolvere una controversia — ciò che costituisce il proprium della giurisdizione, anche secondo la sentenza n. 376 del 2001 evocata dal rimettente — bensì è te nuto solo a raccogliere la volontà delle parti e a trasfonderla nell'atto da rogare, che rimane atto negoziale di volontà e non si trasforma in atto accertativo di giudizio, concludendo per 1'«assoluta e manifesta inammissibilità» della questione e co
munque, nel merito, per l'infondatezza della stessa; che le parti dell'atto oggetto del rogito (donante e donatario)
hanno depositato atto di costituzione nel presente giudizio in data 11 settembre 2002, oltre il termine previsto dagli art. 25 1.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
n. 87 del 1953 e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
Considerato che è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 790 c.c., nella parte in cui non prevede la
possibilità per il donante di riservarsi la costituzione a proprio favore di una prestazione non pecuniaria di assistenza morale e
materiale per la soddisfazione di ogni esigenza di vita, a carico
del donatario, tale da non assorbire l'intero valore del bene do
nato, per violazione degli art. 2, 3 e 41 Cost.; che tale questione è stata proposta da un notaio chiamato a
redigere un atto pubblico di donazione, a norma dell'art. 782
c.c.; che il soggetto rimettente svolge numerosi argomenti a favore
della propria legittimazione a sollevare questione incidentale di
legittimità costituzionale, in applicazione degli art. 1 1. cost. 9
febbraio 1948 n. 1 (norme sui giudizi di legittimità costituzio
nale e sulle garanzie d'indipendenza della Corte costituzionale), e 23 1. 11 marzo 1953 n. 87 (norme sulla costituzione e sul fun
zionamento della Corte costituzionale); che tali argomenti, sviluppati anche alla stregua di afferma
zioni contenute nelle sentenze n. 226 del 1976 e n. 376 del 2001
di questa corte, ad avviso del rimettente mostrerebbero l'assi-,
milabilità a) del notaio rogante al giudice o all'autorità giurisdi zionale, b) del procedimento di formazione dell'atto notarile al
processo e c) della funzione del notaio, in sede di formazione
del rogito, alla funzione giurisdizionale, con ciò dovendosi rite
nere adempiute le condizioni che le due citate disposizioni di
legge costituzionale e di legge ordinaria prevedono ai fini della
valida instaurazione del giudizio incidentale di legittimità co
stituzionale sulle leggi; che, in contrario senso, vale la considerazione che nella fun
zione notarile, come disciplinata dall'art. 1 1. 16 febbraio 1913
n. 89 (ordinamento del notariato e degli archivi notarili), consi
stente essenzialmente nel «ricevere gli atti tra vivi e di ultima
volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, rilasciarne le copie, i certificati e gli estratti», è assente quella connotazione decisoria che, anche secondo la giurisprudenza di
questa corte (sentenze n. 387 del 1996, id., 1997,1, 7; n. 158 del
1995, id., 1995, I, 2387; n. 492 del 1991, id., 1992, I, 1324; n. 17 del 1980, id., 1980, I, 561; n. 12 del 1971, id., 1971, I, 536; n. 114 del 1970, id., 1970, I, 1541; ordinanza n. 104 del 1998, id., 1998, I, 2321), è condizione necessaria, pur se non suffi
ciente, per riconoscere la natura giurisdizionale della funzione
ed ammettere quindi la proposizione della questione incidentale
di legittimità costituzionale;
che, ai fini della pretesa qualificazione giuridica della funzio
ne notarile come decisoria, non rileva la circostanza che il no
taio abbia da «decidere» se procedere o non procedere al rogito di un atto, a seconda che ciò gli sia consentito ovvero precluso da norme di legge, trattandosi — in tal caso — di una normale
valutazione circa la legittimità della prestazione che gli è richie
sta e non del contenuto della funzione medesima; che l'impossibilità di ricondurre la funzione notarile alla giu
risdizione è di per sé ragione sufficiente di inammissibilità della
questione, ciò che rende superfluo l'esame degli argomenti pro
spettati per sostenerne l'ammissibilità sotto il profilo soggettivo — l'assimilabilità del notaio al giudice
— e oggettivo — l'as
similabilità del «procedimento» che si svolge di fronte al notaio
al giudizio dinanzi ad un'autorità giurisdizionale — secondo le
citate norme di legge costituzionale e ordinaria che regolano l'instaurazione del giudizio incidentale sulla costituzionalità
delle leggi; che le considerazioni del notaio rimettente circa la difficoltà
in cui verserebbe il soggetto privato, interessato ad adire la
Corte costituzionale per sottoporre ad essa il dubbio di costitu
zionalità su norme limitative dell'autonomia negoziale, quando — come nella specie
— sia previsto a pena di nullità che l'atto
sia ricevuto in forma pubblica dal notaio, si risolvono in critiche
di merito alla scelta contenuta nell'art. 1 1. cost. n. 1 del 1948,
che ha escluso l'azione diretta d'incostituzionalità;
che la questione deve pertanto essere dichiarata manifesta
mente inammissibile.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 790 c.c., sollevata, in riferimento agli art. 2, 3 e 41
Cost., dal notaio di Giulianova, con l'atto indicato in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 febbraio 2003, n.
49 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 febbraio 2003, n.
7); Pres. Chieppa, Est. Onida; Pres. cons, ministri (Avv. dello
Stato Fiumara) c. Regione Valle d'Aosta (Avv. Romanelli); interv. Consulta regionale femminile delle regioni Valle
d'Aosta e Campania (Avv. De Nigris).
Valle d Aosta — Elezioni regionali — Predisposizione delle
liste elettorali — Obbligo di candidati di entrambi i sessi — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 51; statuto speciale per la Valle d'Aosta, art. 15; 1. reg. Valle
d'Aosta 13 novembre 2002 n. 21, modificazioni alla 1. reg. 12
gennaio 1993 n. 3, norme per l'elezione del consiglio regio nale della Valle d'Aosta, già modificata dalle 1. reg. 11 marzo
1993 n. 13 e 1° settembre 1997 n. 31, e alla 1. reg. 19 agosto 1998 n. 47, salvaguardia delle caratteristiche e tradizioni lin
guistiche e culturali delle popolazioni walser della valle del
Lys, art. 2, 7).
E infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
2, 1° comma, e 7, 1° comma, l. reg. Valle d'Aosta 13 novem
bre 2002 n. 21, nella parte in cui stabiliscono che le liste
elettorali per l'elezione del consiglio regionale devono com
prendere candidati di entrambi i sessi e che, in caso contra
rio, vengano dichiarate non valide da parte dell'ufficio elet
torale regionale, in riferimento agli art. 3,1° comma, e 51, 1°
comma, Cost. ( 1 )
(1) 1. - La legge regionale impugnata appartiene alla categoria delle c.d. leggi statutarie delle regioni speciali, le quali debbono essere ap provate dalla maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati ed hanno come oggetto, tra l'altro, quello di promozione di «condizioni di parità per l'accesso alle consultazioni popolari», «al fine di conseguire l'equilibrio della rappresentanza dei sessi».
Con riguardo a tali leggi, la 1. cost. 2/01, che ha modificato gli statuti delle regioni speciali, ha previsto una forma di controllo analoga a
quella stabilita dall'art. 123 Cost, (dopo la revisione costituzionale del
1999) per gli statuti regionali delle regioni ordinarie, secondo cui il go verno può promuovere la questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte costituzionale nel termine di trenta giorni dalla sua pubblica zione.
La corte, proprio con riferimento al controllo di cui al nuovo art. 123
Cost., ha di recente precisato che esso ha carattere preventivo, seppur non sospensivo dell'entrata in vigore dello statuto e che il termine di
trenta giorni per promuovere la verifica da parte della corte decorre
dalla pubblicazione notiziale della delibera statutaria e non da quella, successiva alla promulgazione, che è condizione per l'entrata in vigore (v. Corte cost. 3 luglio 2002, n. 306, Foro it., 2003, I, 728, con nota di richiami e osservazioni di Romboli). Nei tre mesi successivi alla stessa
pubblicazione notiziale è possibile richiedere la consultazione del corpo elettorale attraverso il referendum.
Per questo il ricorso del governo aveva infatti ad oggetto la delibera
regionale approvata dal consiglio regionale il 25 luglio 2002, la quale, successivamente alla proposizione del ricorso e trascorsi i tre mesi sen za che alcuno dei soggetti legittimati avesse richiesto il referendum, è stata promulgata e pubblicata come 1. reg. 13 novembre 2002 n. 21.
Il controllo della Corte costituzionale si è così venuto a trasformare
da preventivo in successivo e nella motivazione, come pure nel dispo sitivo, il giudice costituzionale fa riferimento appunto alla 1. reg. Valle
d'Aosta 21/02. Nel merito, il governo faceva riferimento in particolare alla prece
dente pronuncia della Corte costituzionale (sent. 12 settembre 1995, n.
422, id., 1995, 1. 3386, con nota di richiami, commentata da Gianfor
maggio, id., 1996, I. 1961, da De Siervo, Brunelli e Cinanni, in Giur.
costit., 1995, 3255, da Pera, Sotoiu, in Giust. civ., 1995, I, 2583, e da
Bartole, in Regioni, 1996, 306), la quale ha, tra l'altro, dichiarato l'in
costituzionalità dell'art. 4, 2° comma, n. 2, ultimo periodo, d.p.r. 30
marzo 1957 n. 361, come modificato dall'art. 1 1. 4 agosto 1993 n. 277, nella parte in cui prevedeva, per le elezioni della camera dei deputati, che le liste recanti più di un nome fossero formate da candidati e candi
date, in ordine alternato e, con riguardo alle elezioni dei consigli regio nali, dell'art. 1, 6° comma, 1. 23 febbraio 1995 n. 43, nella parte in cui
prevedeva che in ogni lista regionale e provinciale nessuno dei due ses
si potesse essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei can
didati. La Corte costituzionale sottolinea la differenza tra le ipotesi previste
dalle leggi dichiarate incostituzionali nel 1995 e quella adesso sottopo sta al proprio esame, rilevando come le disposizioni contestate non
pongono l'appartenenza all'uno o all'altro sesso come requisito ulterio
re di eleggibilità e nemmeno di candidabilità dei singoli cittadini, con
cernendo l'obbligo solo le liste ed i soggetti che le presentano. Non sa
rebbe pertanto prevista alcuna misura di «disuguaglianza» allo scopo di
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