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Ordinanza 14 luglio 1961; Pres. Elia P.; Klingenstein (Avv. De Villa) c. Finanze (Avv. dello Stato...

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Ordinanza 14 luglio 1961; Pres. Elia P.; Klingenstein (Avv. De Villa) c. Finanze (Avv. dello Stato Zagari) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 8 (1961), pp. 1383/1384-1385/1386 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174865 . Accessed: 25/06/2014 00:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.20 on Wed, 25 Jun 2014 00:40:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Ordinanza 14 luglio 1961; Pres. Elia P.; Klingenstein (Avv. De Villa) c. Finanze (Avv. dello StatoZagari)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 8 (1961), pp. 1383/1384-1385/1386Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174865 .

Accessed: 25/06/2014 00:40

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.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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1383 PARTE PRIMA 1384

!

effetto (quindi anche agli effetti della sua pubblicità), non lesivo dei diritti del primo acquirente (individuabili, ad esempio, nel conseguimento di effetti vantaggiosi de

rivanti dall'intestazione di una proprietà immobiliare) e, in ogni caso, non conseguibile se non mediante l'inva

lidazione del titolo sottostante alla iscrizione tavolare. Ma tale sanzione non può mai porsi quale conseguenza della inefficacia dell'atto fraudolento nei riflessi del terzo.

Di qui l'imprescindibile dilemma di una inefficacia

del secondo atto di alienazione, destinato a consumare i

propri effetti all'interno, vale a dire tra le parti del contratto

fraudolento ed il terzo, lasciando impregiudicate le risul

tanze del libro fondiario e perpetuando con effetti dannosi, ai quali è persino ovvio accennare, una situazione di non

corrispondenza tra lo stato tavolare e lo stato reale del

l'immobile, che distrugge in radice il fondamento giuridico del sistema di pubblicità dei libri fondiari.

Conclusione, questa, dalla quale non sembra dato di

prescindere ed al cospetto della quale deve inesorabil

mente cedere il passo ogni altra considerazione sulla pos sibilità di interpretazione dell'art. 6 delle disposizioni pre liminari della legge tavolare nel senso sinora accettato.

Alla stregua di queste premesse, valutati i fatti di causa, e ovvio che la sentenza impugnata non possa essere in

alcun modo confermata.

La stessa, partendo dalla premessa della sussistenza

nel nostro ordinamento giuridico di una generale azione

di repressione della frode, è venuta nella conclusione che il Pizzamiglio, nel determinarsi all'acquisto dei beni già

compravenduti dal defunto Moretti Cirillo Valentino al

defunto Minen, ed attualmente in possesso della figlia di

costui, avesse agito nella piena consapevolezza del prece dente trapasso, e che pertanto dovesse essere dichiarata la

fraudolenza del relativo atto e l'inefficacia dello stesso

nei confronti della Minen, statuendo, quindi, la cancella

zione della iscrizione tavolare relativa al trapasso dei beni al nome del Pizzamiglio e la possibilità della Minen di ot tenere a suo nome l'intavolazione (notisi che costei non

ne avrebbe giammai potuto conseguire l'acquisto per de

rivazione diretta dagli eredi Moretti, come preteso dal

Tribunale, ma, semmai, in via del tutto indiretta, in con

seguenza della successione al suo autore, al quale a norma

dei citati art. 21 e 78 legge tavolare, l'acquisto sarebbe

stato da intestare). Assurdità che non trova giustificazione nemmeno (se

fosse lecito il ricorso) in sede di apprezzamento di equità, in omaggio ad un male inteso principio di giustizia so

stanziale, dei fatti di causa. L'esame dei quali, se dà per certa la sussistenza di un valido trapasso dei beni dal

Moretti Cirillo Valentino al Minen Valentino avvenuto nel lontano 1920 (le quietanze scritte sub 1 e 2 della ap pellata costituendo più che valida prova del contratto ai sensi del § 883 cod. civ. gen. austriaco, allora in vigore in queste terre), dà altresì per altrettanto provata la straor

dinaria, deprecabile sotto ogni aspetto, incuria dell'acqui rente nel richiedere l'intavolazione del suo diritto. Inerzia

protrattasi per oltre 30 anni, nonostante i ripetuti tentativi del venditore di contestare la validità dell'acquisto e le molestie inferte al suo possesso nel 1950 e, sia pur per booca del suo procuratore, imputabile al desiderio di in

vestire i propri soldi in opere di ampliamento piuttosto che in pratiche necessarie all'intavolazione (atto di ci

tazione). È pertanto doverosa constatazione che di fronte a

tanta colposa incuria, ohe si rifletteva sulla situazione reale di un immobile ancora intestato al venditore (quindi, alla stregua delle risultanze tavolari, di proprietà dello

stesso), venga ad acquistare un carattere, quanto meno di

equivalenza, la colpa del Pizzamiglio, certamente cosciente della precedente alienazione alla stregua delle risultanze di causa che ne legittimano la presunzione, sicché, anche sotto un profilo essenzialmente etico, al principio latino

del vigilantibus iura succurrunt non possa essere sovrap posto quello della frode corruttrice.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE DI ROMA.

Ordinanza 14 luglio 1961 ; Pres. Elia P. ; Klingenstein

(Avv. De Villa) c. Finanze (Avv. dello Stato Zagaki).

Esazione delle imposte e esattore — Itiseossione di

imposta principale o complementare di registro

Espropriazione mobiliare — Istanza ili sospen sione diretta al «(indice ordinario — Inammissi

bilità (L. 14 aprile 1910 n. 639, t. u. della riscossione

delle entrate patrimoniali dello Stato, art. 3, 4, 5, 21, 31 ; r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269, testo di legge del

registro, art. 145).

La dichiarata incostituzionalità del solve et repete tributario

non consente al giudice ordinario di sospendere Vespro

priazione mobiliare, iniziata dall' Amministrazione in

forza di ingiunzione per la riscossione d'imposta princi

pale o complementare di registro. (1)

Il Presidente, ecc. — A sostegno della domanda di so

spensione la ricorrente lia dedotto che : a) la dichiarata ille

gittimità costituzionale del solve et repete (sent. 31 marzo

1961, n. 21 della Corte costituzionale, Foro it., 1961. I,

561) farebbe venir meno la discriminazione che, agli effetti

sospensivi, viene fatta tra imposte suppletive e imposte principali o complementari, e varrebbe a rimuovere l'unico ostacolo alla estensione degli art. 3 e 4 t. u. 14 aprile 1910 n. 639 alle procedure di riscossione delle tasse sugli affari,

apparentemente escluse dall'art. 31 del testo unico ; b) che l'esistenza di un potere di sospensione sarebbe dimostrato dall'art. 21 t. u. del 1910 n. 639 sopra citato, applicabile anche alla riscossione fiscale, per il richiamo dell'art. 31 testo unico suddetto.

Ma siffatte tesi non sembrano fondate. Invero la dichia rata illegittimità costituzionale del principio del solve et

repete agisce ed influisce non già sul disposto dell'art. 145

legge di registro, bensì sulla proponibilità dell'azione di

opposizione nelle controversie di imposte, nel senso che il

mancato pagamento dell'imposta non preclude l'opposi zione all'ingiunzione fiscale, e non importa più il difetto

temporaneo di giurisdizione del giudice ordinario. Ciò si

evince dalla decisione della Corte costituzionale sopra ri

chiamata, la quale ha dichiarato la illegittimità costituzio nale dell'art. 6 legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E. sul con

tenzioso amministrativo, limitatamente, però, al 2° comma. La niuna incidenza della dichiarata illegittimità dell'arti

colo suddetto sulla esecutorietà degli atti amministrativi, e,

quindi, sulla facoltà, da parte della pubblica Amministra

zione, di procedere alla esecuzione forzata per il recupero dei tributi fiscali, è stata esplicitamente affermata dalla Corte costituzionale con la citata sentenza, là dove si dice : « sembra opportuno anzitutto rilevare che ogni richiamo al

(1) Questione nuova : la sentenza 31 marzo 1061, n. 21 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 6, 2° comma, legge 20 marzo 1865 n. 2248, alL E, leg gesi retro, 561, con nota di richiami ; cui adde Esposito, in Giur. cosi., 1961, 142 ; Cinque, in Riv. not., 1961, 507 ; nota redazionah; in Giur. imp., 1961, 159.

La questione d'incostituzionalità del solve et repete è stata ancora rimessa alla cognizione della Corte costituzionale dal Tribunale di Milano (ord. 9 giugno 1961, Le Leggi, 1961, 1135) con riferimento all'art. 18 r. decreto legge 28 febbraio 1939 n. 334

(imposta di fabbricazione su prodotti petroliferi) ; dalla Com missione prov. imposte Milano (ord. 26 aprile 1961, ibid., 1136) con riferimento all'art. 4, 3° comma, r. decreto legge 5 marzo 1942 n. 186, che sancisce l'improponibilità dell'appello del con tribuente alla commissione provinciale in tema di imposte di rette e imposte indirette sugli affari.

Cass. 6 dicembre 1955, n. 3842, Foro it., Rep. 1955, voce

Registro, nn. 241-243, ha ritenuto, interpretando gli art. 145

legge di registro, 3, 4 e 31 t. u. del 1910, che la ratio di essi è « ovvia ... in quanto, ammettendosi la sospensione dell'esecu

zione, anche qualora sia richiesto il pagamento dell'imposta prin cipale, sarebbe frustrato il fondamentale precetto del solve et

repete » (motivazione in Giur. it., 1955, I, 1, 1009).

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1385 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 138Ò

principio della normale esecutorietà degli atti amministra

tivi non reca alcun contributo alla soluzione della questione nel senso sostenuto dalla Amministrazione finanziaria,

perchè quel principio non verrebbe in alcun modo intac

cato o eluso dal venir meno dell'istituto del solve et repete, ben potendo anche in tal caso l'Amministrazione stessa

procedere in via esecutiva contro il contribuente moroso, nonostante qualsiasi sua opposizione, posto che il giudice ordinario non è mai autorizzato a sospendere l'esecuzione

dei provvedimenti dell'autorità amministrativa ».

Nemmeno è sufficiente la detta pronuncia a sorreggere l'altra tesi della opponente, secondo la quale l'abolizione

del solve et repete potrebbe far ritenere applicabile anche in

materia di riscossione di imposte l'art. 3 t. u. del 1910

n. 639, dato il manifesto contrasto tra il disposto di questo articolo e quello dell'art. 145 legge sul registro.

Invero nella soggetta materia va tenuto presente che

la identità formale tra ingiunzione, emessa per il recupero di entità patrimoniali ed altri proventi, e ingiunzione, emessa

per la riscossione di tasse sugli affari (art. 31 t. u. del 1910

n. 639), non importa affatto identità sostanziale fra le due

procedure così instaurate ; la diversa natura delle entrate,

per la riscossione delle quali si agisce, importa necessaria

mente una differente disciplina delle relative procedure, ed

una delle più palesi manifestazioni di tale disciplina è costi

tuita dalla' facoltà attribuita al magistrato adito di sospen dere il procedimento coattivo (art. 3 e4), quando si tratta di

riscuotere entrate patrimoniali ; facoltà che invece gli è

interdetta allorquando l'ingiunzione riguarda la riscossione

di entrate tributarie, dato che il citato art. 31 t. u. del 1910

n. 639 richiama tutte le norme contenute negli art. dal 5

al 29, esclusa nell'art. 5 la parte concernente il richiamo

agli art. 3 e 4, quale è quella relativa alla facoltà di sospen sione della procedura esecutiva.

D'altro canto, per testuale disposto dell'art. 145 r.

decreto 30 dicembre 1923 n. 3269, sulle tasse di registro,

applicabile al caso, contro l'ingiunzione il debitore può reclamare in via amministrativa o proporre opposizione

giudiziaria, e come il reclamo in via amministrativa non dà diritto alla sospensione degli atti esecutivi, così l'atto

di opposizione in via giudiziaria non sospende l'obbligo del

pagamento, tranne che esso sia rivolto contro una richiesta

di tassa suppletiva o di sopratassa. Nè, infine, ha pregio l'altra tesi, secondo la quale l'esi

stenza di un potere di sospensione sarebbe dimostrato dal

l'art. 21 del t. u. del 1910 n. 639, applicabile anche alla ri

scossione fiscale per il richiamo dell'art. 31 citato, perchè, fermo rimanendo quanto sopra si è detto, in base all'art.

145 legge di registro, il potere di sospensione, previsto dall'art. 21 t. u. del 1910, riguarda esclusivamente l'esecu

zione immobiliare, espressamente considerata, potere che

non può essere esteso a casi diversi.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

TRIBUNALE DI FIRENZE.

Sentenza 5 giugno 1961 ; Pres. Berretta P., Est. Cal

ducci ; Tajoli (Avv. Sansoni, Santucci) c. Finanze

(Avv. dello Stato Correale).

lte<|istro Prestazioni professionali dell'artista

cinematografico — Compenso mediante parte

cipazione i(<lli utili del film interpretalo — Natura

giuridica Tassazione (Cod. civ., art. 2099, 2549 ; 1. 29 dicembre 1949 n. 958, disposizioni per la cinemato

grafia, art. 31; 1. 31 luglio 1956 n. 897, modificazioni ed

aggiunte alle disposizioni sulla cinematografia, art. 26).

Non costituisce associazione in partecipazione ma rapporto di lavoro subordinato, che fruisce delle speciali agevola zioni fiscali previste dagli art. 31 della legge 29 dicembre

1949 n. 958 e 26 della legge 31 luglio 1956 n. 897, il contratto con cui l'artista cinematografico pattuisce con

ia società produttrice, a compenso della propria prestazione

professionale, una partecipazione agli utili del film, pro dotto. (1)

Il Tribunale, ecc. — (Omissis). Nel merito i termini della vertenza vanno inquadrati nell'ambito della privata scrittura 1 novembre 1954, sulla quale appunto la convenuta

Amministrazione ha applicato l'imposta suppletiva di

registro che si contesta.

Poiché nella premessa contenuta in detta scrittura

le parti espressamente hanno affermato l'inesistenza di

qualsiasi vincolo sociale tra di esse e l'intenzione di non

addivenirvi comunque con le pattuizioni che seguono, la difesa attrice afferma che da ciò solo dovrebbe dedursi

l'inesistenza del vincolo sociale senza porsi, come fa parte avversa, un problema di interpretazione sostanziale, di

fronte alla chiara volontà delle parti. L'affermazione appare semplicistica. La definizione

giuridica del rapporto così instauratosi non può essere

rimessa, sia pure i n forma negativa — insussistenza di un

rapporto sociale — alle parti stesse. È la sostanza del vincolo

che il giudice deve accertare, e dichiarare ed allo stesso

accertamento e declaratoria era tenuta ai fini fiscali l'Am

ministrazione convenuta a norma dell'art. 8 r. decreto

30 dicembre 1923 n. 3269. Questa indagine poi tanto

più si appalesa necessaria ed utile, in quanto ovviamente

le parti, come la stessa difesa del Tajoli ammette, erano

interessate a che il contratto potesse fruire delle speciali

agevolazioni fiscali previste dalla legge 29 dicembre 1949

n. 958 e 31 luglio 1956 n. 897.

Queste leggi rispettiva,mente agli art. 31 e 26 prevedono infatti l'applicazione dell'imposta fissa di registro sia per

gli atti di vendita dei films di produzione nazionale, sia

per gli atti di cessione pro solvendo e pro soluto e di co

stituzione di pegno dei proventi e dei contributi previsti da altre norme delle stesse leggi.

È quindi di intuitiva evidenza che, ove si ritenga che

in questi atti si qualifichi il contratto de quo e non in una

associazione in partecipazione o in patto similare ad esso

parificato, la proposta opposizione meriterà accoglimento. A sostenere la configurabilità nella specie di una asso

ciazione in partecipazione, come tale sottoposta alla imposta

suppletiva di registro, la convenuta allega la sussistenza

degli estremi essenziali del negozio, consistenti da un lato

nella partecipazione agli utili dell'associato e dall'altro

nell'apporto economico di costui, consistente in attività

lavorativa ; restando elemento non essenziale la parteci

pazione alle perdite, il cui difetto potrebbe tutt'al più far rientrare l'accordo nella figura affine e non diversamente

disciplinata del contratto di cointeressenza.

Senonchè una tale costruzione giuridica, in sè accet

tabile, presuppone necessariamente che l'apporto di atti

(1) Sulla questione relativa alla applicabilità delle agevola zioni fiscali previste dalle leggi del 1942 e del 1956 al contratto in esame non constano precedenti editi.

In ordine alla natura del contratto dell'artista cinemato

grafico possono consultarsi in senso conforme, ma per l'ipotesi normale di retribuzione : Trib. Roma 18 dicembre 1958, Foro

it., Rep. 1959, voce Lavoro (rapp.), n. 139 ; Cass. 4 giugno 1958, n. 1873, id., 1958, I, 850, con ampia nota di richiami.

Sotto il vigore del cessato codice, si consulti in conformità Cass. 14 giugno 1940, id., Rep. 1940, voce Impiego privato, n. 461 ; contra Cass. 25 maggio 1931, id., 1931, I, 789. In dottrina si

veda, in argomento, da ultimo A. Giannini, Il contratto di scrit tura dell'attore cinematografico^-in Riv. dir. comm., 1958, I, 215.

In particolare, per quanto concerne la natura giuridica del contratto speciale cui si riferisce la sentenza odierna, possono consultarsi per riferimenti : App. Milano 20 gennaio 1956, Foro

it., Rep. 1956, voce Associazione in partecipazione, nn. 16-19, secondo cui, nell'associazione in partecipazione, la subordina zione tecnica del socio di lavoro ai preposti alla gestione della

impresa non integra quel vincolo di dipendenza che nel lavoro subordinato caratterizza il rapporto esistente fra il lavoratore o

l'imprenditore ; e App. Firenze 30 aprile 1948, id., Rep. 1950, voce Società, n. 329, secondo cui l'aleatorietà della retribuzione fissata in una quota di partecipazione agli utili esclude un rap porto di lavoro subordinato e caratterizza il rapporto come

associazione in partecipazione.

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