ordinanza 15 dicembre 2004, n. 389 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 22 dicembre 2004, n.49); Pres. ed est. Onida; S.T.L. (Avv. Luciani) c. Min. istruzione, università e ricerca; interv.Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Palatiello), B. e altro (Avv. Scoca). Ord. Tar Veneto, sez. I,14 gennaio 2004, n. 56 (G.U., 1 a s.s., 3 giugno 2004, edizione straordinaria)Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 1/2-5/6Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200357 .
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Anno CXXX Roma, 2005 Volume CXXVIII
IL FORO
ITALIANO
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 15 dicembre 2004, n. 389 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 dicembre
2004, n. 49); Pres. ed est. Onida; S.T.L. (Avv. Luciani) c.
Min. istruzione, università e ricerca; interv. Pres. cons, mini
stri (Avv. dello Stato Palatiello), B. e altro (Avv. Scoca). Orci. Tar Veneto, sez■ I, 14 gennaio 2004, n. 56 (G.U., la s.s., 3 giugno 2004, edizione straordinaria).
CORTE COSTITUZIONALE;
Istruzione pubblica — Scuola elementare e media — Inclu
sione del crocifisso tra gli arredi scolastici — Atto privo di
forza di legge — Questione manifestamente inammissibile
di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 7, 8, 19, 20; d.leg. 16 aprile 1994 n. 297, approvazione del t.u. delle disposizioni le
gislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole
di ogni ordine e grado, art. 159, 190, 676).
E manifestamente inammissibile, in quanto avente ad oggetto un
atto privo di forza di legge, la questione di legittimità costitu
zionale degli art. 159 e 190 d.leg. 16 aprile 1994 n. 297, co
me specificati rispettivamente dall'art. 119 r.d. 26 aprile 1928 n. 1297, tab. C, e dall'art. 118 r.d. 30 aprile 1924 n.
965, nella parte in cui includono il crocifisso tra gli arredi
delle aule scolastiche, nonché dell'art. 676 d.leg. 297/94, nella parte in cui confermerebbe la vigenza degli art. 119 r.d.
1297/28, tab. C, e 118 r.d. 965/24, in riferimento al principio di laicità dello Stato e comunque agli art. 2, 3, 7, 8, 19 e 20
Cost. (1)
(1) La Corte costituzionale, sulla questione di costituzionalità relati va alla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche, decide di non de
cidere. Essa infatti risolve l'eccezione di costituzionalità sollevata dal
Tar Veneto (ord. 14 gennaio 2004, n. 56, Foro it., 2004, III, 235, con nota di richiami) attraverso una decisione di carattere processuale, rile vando come la norma denunciata è contenuta in una disposizione avente valore regolamentare e solo impropriamente il giudice a quo aveva tentato di riferirla a disposizioni legislative, «come specificate» da quelle regolamentari. La corte quindi non entra nel merito della que stione e non si esprime neppure sulla vigenza delle disposizioni censu
rate o sull'eventuale loro abrogazione implicita (nel primo senso si era
espresso il giudice a quo, nel secondo Trib. L'Aquila, ord. 23 ottobre
2003, ibid., I, 1262, con nota di richiami e osservazioni di Molaschi e
di Romboli, il quale, sulla base di ciò, aveva accolto la domanda del
genitore tendente ad ottenere un provvedimento d'urgenza, ai sensi
dell'art. 700 c.p.c. con cui venisse ordinata al dirigente scolastico la
rimozione del crocifisso esposto nelle aule della scuola statale materna
ed elementare frequentate dai figli). In un precedente caso la Corte costituzionale, a fronte dell'impugna
zione di una disposizione avente forza di legge, dopo aver precisato che
Il Foro Italiano — 2005 — Parte I-1.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 14 gennaio 2004 (Foro
it., 2004, III, 235), pervenuta a questa corte il 20 aprile 2004, il
Tar Veneto, nel corso di un giudizio per l'impugnazione di una
deliberazione del consiglio di istituto di una scuola, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale, in riferimento al princi
pio di laicità dello Stato, e, «comunque», agli art. 2, 3, 7, 8, 19 e
20 Cost., degli art. 159 e 190 d.leg. 16 aprile 1994 n. 297 (ap provazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e
grado), «come specificati», rispettivamente, dall'art. 119 (e ta
bella C allegata) r.d. 26 aprile 1928 n. 1297 (approvazione del
regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare), e
l'effetto denunciato dal giudice a quo non era derivante da quella, ma era al contrario riferibile più propriamente ad altra disposizione, di na tura regolamentare, era invece scesa nel merito e dichiarato la questio ne infondata (v. Corte cost., ord. 31 luglio 2000, n. 406, id., Rep. 2000, voce Querela, nn. 31, 32). In ordine al problema che si pone allorché il
giudice a quo sostiene che il regolamento, attraverso l'esplicito o im
plicito rinvio ad esso fatto dalla legge, viene in tal modo a costituire un tutt'uno inscindibile dalla legge, da cui deriva la disciplina del rapporto in oggetto, v. Rombou, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via
incidentale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1996
1998), Torino, 1999, 71 ss., e Aggiornamenti in tema di processo co
stituzionale (1999-2001 ), Torino, 2002, 57 ss. Da segnalare come, in maniera inattesa e in certo senso innovativa, la
Corte costituzionale abbia dichiarato ammissibile, con ordinanza letta all'udienza del 26 ottobre 2004 ed allegata alla decisione in epigrafe, l'intervento in giudizio del sig. P.B. «in proprio e quale genitore della
minore L.», in quanto «qualificata in rapporto alla questione oggetto del giudizio di costituzionalità». Appare infatti assai difficile capire in
che cosa possa dirsi «qualificata» la posizione dell'interveniente «in
proprio» ossia quale cittadino comune interessato alla questione della
costituzionalità della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche.
Viene invece dichiarata inammissibile la richiesta di intervento del sig. L.B., presentata come presidente dell'associazione italiana genitori di
Padova. In tema di intervento di terzi nel giudizio costituzionale attivato in
via incidentale, v. Corte cost., ord. 29 gennaio 2004, n. 50, G.U., la s.s..
n. 5 del 2004, che ha dichiarato ammissibile l'intervento in giudizio del
Coni, in quanto destinatario per legge del provento della prestazione della cui costituzionalità si discuteva e quindi titolare di una posizione
giuridica specifica coinvolta nel giudizio; Corte cost. 25 novembre
2003, n. 341, Foro it., 2004, I, 357, con nota di richiami; 4 febbraio
2003, n. 26, id., 2003,1, 681, con nota di richiami.
Da ultimo, cfr. Corte eur. diritti dell'uomo 29 giugno 2004, Sahin,
id, 2004, IV, 517, con nota di richiami di P. Passaglia, su uso del velo
islamico e libertà religiosa. [R. Romboli]
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PARTE PRIMA
dall'art. 118 r.d. 30 aprile 1924 n. 965 (ordinamento interno
delle giunte e dei regi istituti di istruzione media), «nella parte in cui includono il crocifisso tra gli arredi delle aule scolasti
che», nonché dell'art. 676 medesimo d.leg. n. 297 del 1994
«nella parte in cui conferma la vigenza delle disposizioni» di cui
ai predetti art. 119 (e tabella C allegata) r.d. n. 1297 del 1928 e
art. 118 r.d. n. 965 del 1924; che l'impugnato art. 159 d.leg. n. 297 del 1994 stabilisce fra
l'altro, al 1° comma, che «spetta ai comuni provvedere (...) alle
spese necessarie per l'acquisto, la manutenzione, il rinnova
mento (...) degli arredi scolastici» nelle scuole elementari, mentre l'art. 119 r.d. n. 1297 del 1928 stabilisce che «gli arredi, il materiale didattico delle varie classi e la dotazione della
scuola sono indicati nella tabella C allegata», la quale, nell'e
lencare gli arredi e il materiale occorrente nelle varie classi, in
clude al n. 1, per ogni classe, il crocifisso;
che, a sua volta, l'impugnato art. 190 d.leg. n. 297 del 1994
stabilisce fra l'altro, al 1° comma, che «i comuni sono tenuti a
fornire (...) l'arredamento» dei locali delle scuole medie, men
tre l'art. 118 r.d. n. 965 del 1924 recita che «ogni istituto ha la
bandiera nazionale; ogni aula, l'immagine del crocifisso e il ri
tratto del re»; che l'impugnato art. 676 d.leg. n. 297 del 1994 stabilisce che
le disposizioni non inserite nel testo unico «restano ferme ad ec
cezione delle disposizioni contrarie od incompatibili con il testo
unico stesso, che sono abrogate»; che il tribunale rimettente premette che le disposizioni citate
r.d. n. 1297 del 1928 e r.d. n. 965 del 1924 costituirebbero ade
guato fondamento giuridico del provvedimento impugnato nel
giudizio a quo; sarebbero tuttora in vigore in quanto non abro
gate per incompatibilità dalle disposizioni dei patti lateranensi
cui si è data esecuzione con la 1. 27 maggio 1929 n. 810, né da
quelle dell'accordo di modifica di detti patti reso esecutivo con
la 1. 25 marzo 1985 n. 121; non sarebbero incompatibili infine
con il testo unico approvato con il d.leg. n. 297 del 1994, né sa
rebbero state abrogate per nuova disciplina dell'intera materia
in quanto l'impugnato art. 676 medesimo testo unico dispone che restino salve le norme preesistenti non inserite in esso e non
incompatibili con le disposizioni del medesimo testo unico; che
dette disposizioni sarebbero destinate ad introdurre norme at
tuative di dettaglio rispetto ad atti legislativi, e cioè, rispettiva mente, il r.d. 5 febbraio 1928 n. 577, al cui art. 55 corrisponde
oggi l'art. 159, 1° comma, d.leg. n. 297 del 1994, e il r.d. 6
maggio 1923 n. 1054, al cui art. 103 corrisponde oggi l'art. 190
d.leg. n. 297 del 1994; che il giudice a quo si pone il problema della costituzionalità
delle disposizioni regolamentari citate, da cui discenderebbe
l'obbligo di esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, e
ritiene che queste, pur non potendo essere oggetto diretto di
controllo di costituzionalità, dato il loro rango regolamentare, sarebbero invece suscettibili di controllo indiretto, in quanto specificano e integrano i disposti legislativi impugnati degli art. 159 e 190 d.leg. n. 297 del 1994, il cui art. 676 a sua volta co stituirebbe una norma primaria «attraverso la quale l'obbligo di
esposizione del crocifisso conserva vigenza nell'ordinamento
positivo»; che, in punto di non manifesta infondatezza della questione, il
tribunale rimettente sostiene che il crocifisso è essenzialmente un simbolo religioso cristiano, di univoco significato confessio
nale; e che l'imposizione della sua affissione nelle aule scolasti che non sarebbe compatibile con il principio supremo di laicità
dello Stato, desunto da questa corte dagli art. 2, 3, 7, 8, 19 e 20
Cost., e con la conseguente posizione di equidistanza e di im
parzialità fra le diverse confessioni che lo Stato deve mantenere; e che la presenza del crocifisso, che verrebbe obbligatoriamente
imposta ad alunni, genitori e insegnanti, delineerebbe una disci
plina di favore per la religione cristiana rispetto alle altre con
fessioni, attribuendo ad essa una ingiustificata posizione di pri
vilegio; che si è costituita la parte privata ricorrente nel giudizio a
quo, concludendo per l'accoglimento della questione; che, secondo la parte, l'obbligatoria esposizione del crocifis
so nelle aule violerebbe il dovere di equidistanza dello Stato ri
spetto alle varie confessioni e contraddirebbe l'esigenza di uno
«spazio pubblico neutrale» in cui non potrebbe trovare posto un simbolo religioso; non si potrebbe attribuire al crocifisso il ca rattere di un simbolo genericamente civile e culturale, essendo
Il Foro Italiano — 2005.
innegabile la sua valenza religiosa, e mancando del resto ogni base costituzionale per poter fare del crocifisso un simbolo del
l'unità della nazione al pari della bandiera; non sarebbe pratica
bile, infine, nemmeno una soluzione che postuli la permanenza
dell'esposizione del crocifisso salvo che qualcuno degli alunni
ritenga di esserne leso nella propria libertà religiosa, poiché sa
rebbe violato comunque il principio oggettivo di laicità, né si
potrebbe costringere il singolo a opporsi apertamente alla
eventuale volontà maggioritaria del gruppo sociale di apparte nenza;
che sono intervenuti altresì, con unico atto, il sig. P.B., in
proprio e quale genitore di un'alunna della stessa scuola, e il
sig. L.B., in qualità di presidente dell'associazione italiana ge nitori di Padova, concludendo per la inammissibilità e comun
que per l'infondatezza della questione; che gli intervenienti, affermata la propria legittimazione ad
essere presenti nel giudizio in quanto controinteressati nel giu dizio a quo, pur se non evocati in esso, nonché in quanto titolari
di un interesse direttamente inerente al rapporto sostanziale de
dotto nel giudizio medesimo, negano che l'esposizione del cro
cifisso nelle aule leda il principio di laicità, il quale non impli cherebbe indifferenza dello Stato rispetto alle religioni, e non
impedirebbe l'esposizione di un simbolo che rappresenta una
parte integrante dell'identità culturale e storica del popolo ita
liano; che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, con
cludendo per l'inammissibilità e comunque per l'infondatezza
della questione; che l'avvocatura erariale eccepisce anzitutto il difetto di rile
vanza della questione, in quanto, alternativamente, il giudizio davanti al Tar non sarebbe stato proponibile per difetto di con
traddittorio e di legittimazione del ricorrente, ovvero il Tar sa
rebbe carente di giurisdizione; che, nel merito, la difesa del presidente del consiglio sostiene
che le norme legislative impugnate e le norme regolamentari ri
chiamate dal rimettente non stabiliscono alcun obbligo di espo sizione del crocifisso, e che, in assenza di un obbligo legale di
esposizione, il problema sarebbe quello di verificare se le norme
costituzionali consentano l'esposizione di quel simbolo del cat
tolicesimo: esposizione che non sarebbe in contrasto con la lai
cità dello Stato e sarebbe coerente sia con l'art. 7 Cost., sia con
il riconoscimento, contenuto nell'art. 9 dell'accordo di revisione
del concordato reso esecutivo con la 1. n. 121 del 1985, secondo
cui i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio stori
co del popolo italiano; che nella memoria presentata in vista dell'udienza l'avvoca
tura erariale argomenta nel senso della legittimità costituzionale
della presenza del crocifisso nelle aule, quale «evenienza natu
rale» nell'ordinario svolgimento della vita scolastica: il crocifis
so sarebbe bensì anche un simbolo religioso, ma sarebbe «il
vessillo della Chiesa cattolica, unico alleato di diritto interna
zionale» dello Stato nominato dalla Costituzione all'art. 7, e
dunque sarebbe da considerarsi alla stregua di un simbolo dello
Stato di cui non si potrebbe vietare l'esposizione, al pari della
bandiera e del ritratto del capo dello Stato.
Considerato che l'intervento spiegato nel giudizio è stato
ammesso dalla corte con ordinanza pronunciata in udienza, in
quanto la posizione sostanziale fatta valere dal sig. P.B., in pro
prio e in qualità di genitore di un'alunna, è qualificata in rap porto alla questione oggetto del giudizio di costituzionalità, do
vendosi in questa sede precisare che la legittimazione ad inter
venire non si estende all'altro firmatario dell'unico atto di in
tervento, sig. L.B., in quanto presidente dell'associazione italia
na genitori di Padova; che il rimettente impugna gli art. 159 e 190 d.leg. 16 aprile
1994 n. 297, sul presupposto che essi, «come specificati», ri
spettivamente, dall'art. 119 (e allegata tabella C) r.d. 26 aprile 1928 n. 1297, e dall'art. 118 r.d. 30 aprile 1924 n. 965, forni scano fondamento legislativo ad un obbligo
— contestato dal ri
corrente per contrasto con il principio di laicità dello Stato — di
esposizione del crocifisso in ogni aula scolastica delle scuole elementari e medie; e impugna altresì l'art. 676 medesimo d.leg. n. 297 del 1994 sul presupposto che a tale disposizione
— che
sancisce l'abrogazione delle sole disposizioni non incluse nel
testo unico che risultino incompatibili con esso — debba farsi risalire la permanente vigenza delle due norme regolamentari citate, dopo l'emanazione dello stesso testo unico;
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che tali presupposti sono però erronei;
che, infatti, gli art. 159 e 190 del testo unico si limitano a di
sporre l'obbligo a carico dei comuni di fornire gli arredi scola
stici, rispettivamente per le scuole elementari e per quelle me
die, attenendo dunque il loro oggetto e il loro contenuto solo al
l'onere della spesa per gli arredi;
che, pertanto, non sussiste fra le due menzionate disposizioni
legislative, da un lato, e le disposizioni regolamentari richia
mate dal rimettente, dall'altro lato, quel rapporto d'integrazione e specificazione, ai fini dell'oggetto del quesito di costituziona
lità proposto, che avrebbe consentito, a suo giudizio, l'impu
gnazione delle disposizioni legislative «come specificate» dalle
norme regolamentari; che, a differenza di quanto rilevato da questa corte nelle sen
tenze n. 1104 del 1988, id., 1989, I, 1, e n. 456 del 1994, id., 1995, I, 1 (richiamate dal rimettente) a proposito dell'ammissi
bilità di censure mosse nei confronti di disposizioni legislative come specificate da norme regolamentari previgenti, fatte salve
dalla legge fino all'emanazione di nuovi regolamenti, nella spe cie il precetto che il rimettente ricava dalle norme regolamentari non si desume nemmeno in via di principio dalle disposizioni
impugnate degli art. 159 e 190 del testo unico;
che, infatti, per quanto riguarda la tabella C allegata al r.d. n.
1297 del 1928, e richiamata nell'art. 119 dello stesso, essa con
tiene soltanto elenchi di arredi previsti per le varie classi, elen
chi peraltro in parte non attuali e superati, come ha riconosciuto
la stessa amministrazione;
che l'assenza del preteso rapporto di specificazione è ancor
più evidente per quanto riguarda l'art. 118 r.d. n. 965 del 1924,
che si riferisce bensì alla presenza nelle aule del crocifisso e del
ritratto del re, ma non si occupa dell'arredamento delle aule, e
dunque non può trovare fondamento legislativo nella — né costi
tuire specificazione della — disposizione censurata dell'art. 190
del testo unico, volta anch'essa, come si è detto, a disciplinare solo l'onere finanziario per la fornitura di tale arredamento;
che, per quanto riguarda l'art. 676 d.leg. n. 297 del 1994, non
può ricondursi ad esso l'affermata perdurante vigenza delle
norme regolamentari richiamate, poiché l'eventuale salvezza, i
vi prevista, di norme non incluse nel testo unico, e non incom
patibili con esso, può concernere solo disposizioni legislative, e
non disposizioni regolamentari, essendo solo le prime riunite e
coordinate nel testo unico medesimo, in conformità alla delega di cui all'art. 1 1. 10 aprile 1991 n. 121, come sostituito dall'art.
I 1. 26 aprile 1993 n. 126; che l'impugnazione delle indicate disposizioni del testo unico
si appalesa dunque il frutto di un improprio trasferimento su di
sposizioni di rango legislativo di una questione di legittimità concernente le norme regolamentari richiamate: norme prive di
forza di legge, sulle quali non può essere invocato un sindacato
di legittimità costituzionale, né, conseguentemente, un inter
vento interpretativo di questa corte;
che, pertanto, la questione proposta è, sotto ogni profilo, ma
nifestamente inammissibile.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
degli art. 159 e 190 d.leg. 16 aprile 1994 n. 297 (approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di
istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), come
specificati, rispettivamente, dall'art. 119 (e allegata tabella C)
r.d. 26 aprile 1928 n. 1297 (approvazione del regolamento gene rale sui servizi dell'istruzione elementare), e dall'art. 118 r.d.
30 aprile 1924 n. 965 (ordinamento interno delle giunte e dei
regi istituti di istruzione media), e dell'art. 676 predetto d.leg. n.
297 del 1994, sollevata, in riferimento al principio di laicità dello Stato e, comunque, agli art. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost., dal
Tar Veneto con l'ordinanza in epigrafe.
Allegato
Ordinanza letta all'udienza del 26 ottobre 2004:
Visto l'intervento spiegato in giudizio, in termini, dal sig. P.B. e dal sig. L.B.;
considerato che la posizione sostanziale fatta valere nel pre
sente giudizio dal sig. P.B. in proprio e quale genitore della mi
nore L.B. appare qualificata in rapporto alla questione oggetto
del giudizio di costituzionalità. Per questi motivi, ammette l'intervento di cui in premessa.
II Foro Italiano — 2005.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 novembre 2004, n.
348 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 novembre 2004,
n. 46); Pres. Onida, Est. Bile; G.u.p. Tribunale di Roma c.
Senato della repubblica (Avv. Grassi). Conflitto di attribu
zione.
Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e
opinioni espresse — Nesso funzionale — Nozione (Cost.,
art. 68; 1. 20 giugno 2003 n. 140, disposizioni per l'attuazione
dell'art. 68 Cost, nonché in materia di processi penali nei con
fronti delle alte cariche dello Stato, art. 3). Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e
opinioni espresse — Conflitto tra poteri
— Spettanza al
senato della repubblica — Esclusione — Fattispecie (Cost.,
art. 68; 1. 20 giugno 2003 n. MO^art. 3).
Al fine di ritenere una dichiarazione coperta dall'immunità
prevista dall'art. 68, 1° comma, Cost, per le opinioni espres se dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni, il luogo dove le dichiarazioni sono state rese — nella specie, all'in
terno della sede del senato — non può, di per sé solo, conferi re carattere di funzione parlamentare ad un'intervista privata concessa da un parlamentare ad un giornalista. (1)
Non spetta al senato della repubblica deliberare che i fatti per i
quali è in corso davanti al giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma il procedimento penale a carico del
senatore Marcello Pera concernono opinioni espresse da un
membro del parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai
sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost., e, conseguentemente, de
ve essere annullata la deliberazione in tal senso adottata dal
senato della repubblica nella seduta del 31 maggio 2000. (2)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 novembre 2004, n.
347 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 novembre 2004,
n. 46); Pres. Onida, Est. Bile; Tribunale di Roma c. Senato
della repubblica (Avv. Grassi). Conflitto di attribuzione.
Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e
opinioni espresse — Nesso funzionale — Nozione (Cost.,
art. 68; 1. 20 giugno 2003 n. 140, art. 3). Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e
opinioni espresse — Conflitto tra poteri
— Spettanza al
senato della repubblica — Esclusione — Fattispecie (Cost.,
art. 68; 1. 20 giugno 2003 n. 140, art. 3).
Al fine di ritenere applicabile l'immunità prevista dall'art. 68,
1° comma, Cost, per le opinioni espresse dai parlamentari
nell'esercizio delle loro funzioni, deve essere presente un
«nesso funzionale» che colleghi le dichiarazioni censurate ad
attività «parlamentari» già poste in essere dall'autore delle
stesse, mentre sono a ciò irrilevanti gli atti compiuti da altri
parlamentari oppure dall'autore delle dichiarazioni, ma in
epoca ad esse posteriore. (3) Non spetta al senato della repubblica deliberare che i fatti per i
quali è in corso davanti al Tribunale di Roma il procedimento
penale a carico del senatore Marcello Pera concernono opi
nioni espresse da un membro del parlamento nell'esercizio
delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost., e,
conseguentemente, deve essere annullata la deliberazione in
tal senso adottata dal senato della repubblica nella seduta del
31 maggio 2000. (4)
(1-5) L'importanza delle decisioni in epigrafe è rappresentata dal
fatto che queste costituiscono le prime risposte — dopo l'entrata in vi
gore della 1. 140/03 e l'interpretazione della stessa fornita dal giudice delle leggi
— della Corte costituzionale alla soluzione dei conflitti che
vedono da molti anni contrapposti le camere e l'autorità giudiziaria in
ordine all'ambito di applicazione dell'immunità di cui all'art. 68, 1°
comma. Cost, per le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni
parlamentari. Con la sent. 16 aprile 2004, n. 120 (Foro it., 2004, I, 1988, con nota
di richiami e osservazioni di Romboli) la corte si è infatti cimentata
nella difficile operazione di tentare una conciliazione tra l'interpreta zione «stretta» seguita fin allora dalla propria giurisprudenza ed una le
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