ordinanza 15 maggio 2000; G.i.p. Eramo; F. D. e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2000), pp. 433/434-435/436Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194640 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
sentita da parte sua vi è stata, seppur conducendola a una rea
zione per il supposto gesto del Trabucchi.
Tuttavia la pena per il reato va mitigata. Occorre al proposi to rilevare: a) il comportamento dell'agente della polizia muni
cipale fu certamente grave perché un pubblico ufficiale nell'e
sercizio delle sue funzioni, tanto più in divisa, deve dare esem
pio di correttezza ed urbanità (non a caso gli appartenenti a
questo meritorio corpo di polizia venivano chiamati vigili urba
ni); b) non va trascurato, peraltro, che il Dalla Vecchia, al pari dei suoi colleghi, era reduce da un difficile e delicato servizio
di ordine pubblico, verosimilmente protrattosi a lungo: di qui una comprensibile stanchezza e tensione, della quale pure il cit
tadino, che ha diritto al rispetto, deve rendersi conto; c) in ogni caso il Trabucchi si mosse, a quanto egli stesso ha dichiarato,
quando il Dalla Vecchia stava riponendo la paletta nello stivale
e prima di ricevere un chiaro segno di via libera: e per ciò fu
intempestivo, perché l'utente della strada non solo deve fermar
si al segnale di alt, ma deve anche lasciar passare chi ha dato
il segnale per far passare altri, che a sua volta, essendo in servi
zio, ha il diritto di passare con precedenza assoluta su ogni al
tro utente.
Valutati, quindi, sia i profili di gravità del fatto, sia quelli che ne indicano, per contro, il carattere reattivo, la corte ritiene
equo contenere la pena nei 2/3 del massimo di quella pecunia
ria, che, con le concesse e prevalenti generiche, si riduce a cin
quecentomila lire di multa.
Alla conferma della condanna penale segue quella civile, il
cui importo va dimezzato, atteso che il tribunale ha determina
to il danno — non patrimoniale — in due milioni di lire, rife rendolo ad entrambi i reati per cui pronunciava condanna.
TRIBUNALE PER I MINORENNI DE L'AQUILA; ordinan za 15 maggio 2000; G.i.p. Eramo; F. D. e altri.
TRIBUNALE PER I MINORENNI DE L'AQUILA;
Incidente probatorio — Violenza sessuale di gruppo compiuta
da minorenni — Persona offesa infrasedicenne — Audizione
eseguita dal giudice minorile — Forma «protetta» — Ammis
sibilità (Cod. proc. pen., art. 392, 398, 498).
Quando si procede per il reato di violenza sessuale di gruppo,
può disporsi l'incidente probatorio a norma dell'art. 392, com
ma 1 bis, c.p.p. ed eseguirsi l'audizione della persona offesa
infrasedicenne nella forma «protetta» prevista dagli art. 398,
comma 5 bis, e 498, 4° comma, c.p.p., anche se il fatto è
stato commesso da minore degli anni diciotto e l'esame viene
quindi eseguito dal giudice minorile. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. L'ordinanza si fonda sulla
premessa che la normativa richiamata è di applicazione generale e sul
rilievo che la qualificata composizione dell'organo specializzato e le par ticolarità del suo modus procedendi, pur concepite per adeguare l'inter
vento penale alla personalità del minore imputato, non sono tali da
corrispondere a quelle esigenze di tutela dell'infrasedicenne vittima del
reato e di preservazione della genuinità della prova che hanno ispirato la speciale disciplina dell'incidente probatorio e dell'audizione «protet
ta», prevista in relazione ai reati di abuso sessuale.
Circa l'estensione della disciplina, v. Corte cost. 9 luglio 1998, n.
262 (Foro it., 1999, I, 63, con osservazioni di G. Di Chiara, commen
tata altresì da R. Bricchetti, Incidente probatorio «su misura» in caso
di corruzione di minorenne. Si estendono le garanzie processuali: così
la Consulta difende i più deboli, in Guida al dir., 1998, fase. 29, 62), che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 398, comma 5 bis, c.p.p., nella
Il Foro Italiano — 2000.
Con richiesta datata 17 aprile 2000, il p.m. chiedeva che que sto g.i.p. disponesse incidente" probatorio per l'assunzione delle
testimonianze di CN. S. e C. C. con le forme dell'audizione
«protetta», a proposito delle sommarie informazioni rese al p.m. sul rapporto che avevano avuto con alcuni indagati. La richie
sta si fondava sull'esigenza di tutela delle ragazze che avrebbero
potuto subire un nuovo trauma da un confronto diretto con
le parti. Dalla lettura degli atti e dalle indagini successive era
emerso che C. E. aveva raccontato la verità sulle continue at
tenzioni subite dai ragazzi. La stessa aveva taciuto alcune circo
stanze relative all'amica CN. S., che glielo aveva chiesto espres samente. Dalle intercettazioni ambientali presso l'istituto peni tenziario minorile de L'Aquila, era emerso che gli indagati avevano concordato tra loro le risposte da dare al g.i.p., in
sede di interrogatorio di garanzia, ed al p.m. Essi, inoltre, ave
vano negato di aver avuto qualsiasi rapporto con C. E., senza
fornire alcuna buona spiegazione sulle accuse formulate contro
di loro. Il V. A. aveva in ogni modo confermato l'episodio di novem
bre avvenuto a C. E. Egli, pur fornendo una versione diversa,
aveva anche dichiarato di essere stato deriso dagli amici per essersi rifiutato di toccare la minore. Le successive indagini ave
vano portato ad una ricostruzione dei fatti completamente di
versa da quella da loro fornita. Le minori, infatti, dopo aver
parlato tra loro e con il prof. Co., consulente del p.m., aveva
no deciso di raccontare tutta la verità su quanto avvenuto, spie
gando che tutte e tre erano state vittime di violenze. C. C. (so rella minore di E.) aveva voluto raccontare quanto accadutole,
in particolare del tentativo di rapporto orale da parte di D. F.
e DN. F., ma non aveva voluto sporgere querela per quei fatti.
CN. S., superato un primo momento di paura e di chiusura,
parte in cui non prevedeva l'ipotesi di reato di cui all'art. 609 quinquies
c.p. (corruzione di minorenne) fra quelle in presenza delle quali il giudi ce può stabilire l'audizione «protetta», ove si debba ascoltare un mino
re di anni sedici.
La letteratura relativa alle 1. 66/96, contro la violenza sessuale, e
269/98, contro lo sfruttamento sessuale dei minori, che hanno modifi
cato e integrato la disciplina del codice penale e del codice di procedu ra penale, é molto ampia. Tra quanto è più vicino alla specifica pro
blematica, cfr. A. Cadoppi (a cura di), Commentario delle norme con
tro la violenza sessuale e della legge contro la pedofilia, 2a ed., Padova,
1999; M. R. Dominici, Appunti di lezioni su abusi e molestie sessuali
in danno di bambini, in Minori giustizia, 1998, fase. 2, 23; G. Flora, La legge contro lo sfruttamento sessuale dei bambini. Profili di diritto
penale sostanziale, in Studium iuris, 1999, 729; P. Forno, La nuova
legge contro la violenza sessuale. Valutazioni e osservazioni critiche
con riferimento alla tutela dei minori, in Minori giustizia, 1995, fase.
4, 13; C. Foti, La valutazione psicologica dell'attendibilità del minore
presunta vittima di abuso sessuale, id., 1998, fase. 2, 107; M. Minec
cia, La tutela penale della riservatezza del minore, in Critica pen.,
1996, fase. 3-4, 47; G. Pisapia, Un nuovo «business»: sfruttamento sessuale e del lavoro minorile - La legislazione in materia, in Dir.
uomo, 1998, fase. 3, 9; P. Pittaro, Le norme contro la pedofilia: le norme di diritto penale sostanziale (commento alla I. 3 agosto 1998 n. 269), in Dir. pen. e proc., 1998, 1219; M. Politi, La legge contro
lo sfruttamento sessuale dei minori. Commento giuridico e indirizzi
operativi per le forze di polizia, Roma, 1999; M. Pontin, Riferimenti normativi per la testimonianza del minore vittima di abuso sessuale, in Critica del diritto, 1997, 69; C. Riviezzo, Commento alla I. 3 ago sto 1998 n. 269, norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove
forme di riduzione in schiavitù, in Gazzetta giur., 1998, fase. 33, 6; B. Romano, Profili penalistici dell'abuso sessuale sui minori, in Dir.
famiglia, 1998, 1133; Id., Repressione della pedofilia e tutela del mi
nore sessualmente sfruttato nella I. n. 269 del 1998, ibid., 1543; G.
Scardaccione e A.C. Baldry, Tipologia dell'abuso sessuale e modali
tà dell'intervento giudiziario, in Rass. it. criminologia, 1997, 127; G.
Sergio, Rapporti sessuali tra minorenni, in Dir. famiglia, 1998, 371; G. Spangher, Le norme contro la pedofilia: le norme di diritto pro cessuale penale (commento alta I. 3 agosto 1998 n. 269), in Dir. pen. e proc., 1998, 1219; G. Umani Ronchi, G. Bolino e L. Bonaccorso,
La tutela penalistica dei minori contro la violenza e lo sfruttamento sessuale (I. 66/96 e 269/98), in Riv. it. medicina legale, 1999, 845;
G. Valvo, L'ascolto giudiziario del minore vittima di abuso sessuale, in Minori giustizia, 1999, fase. 2, 84; P. Zangani, L'accertamento
medico legale sul minore vittima di presunta violenza sessuale, in Giust.
pen., 1997, I, 445.
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PARTE SECONDA
aveva dichiarato che anche lei era stata vittima di quei ragazzi, al punto di sentire la loro presenza come oppressiva e di avere
paura di incontrarli quando usciva.
11 difensore di M.A. si opponeva alla richiesta del p.m. Le
preoccupazioni del p.m. non avevano alcun fondamento, essen
do il procedimento penale avanti il tribunale per i minorenni
già di per sé una forma di tutela per il minore. Appariva incon
cepibile che la competenza del tribunale e le forme processuali studiate per la personalità dei minori imputati non potessero soddisfare ogni esigenza per i soggetti che vivono il procedi mento nella più comoda posizione di testimoni. Per giunta, in
dagati e testimoni vivevano tutti nello stesso quartiere e nella
stessa via. Dopo i fatti, inoltre, non erano accaduti episodi tali
da giustificare le preoccupazioni della procura. Il richiamo al
l'art. 392, 1° comma, lett. a), c.p.p. non era pertinente, perché non ricorreva alcuna delle ipotesi contemplate. Altren: ro era
a dirsi dell'art. 392, comma 1 bis, norma che si riferiva « proce dimenti riguardanti adulti imputati, con parti offese minori de
gli anni sedici. Le ragioni di cautela, in quel caso, risiedevano
nella necessità di contemperare le esigenze di tutela della perso na del minore, attratta nel processo come teste, di fronte alla
presenza degli adulti, questi ultimi nelle posizioni tipiche pro cessuali. Nel procedimento minorile, tuttavia, e soprattutto nel
caso di specie, tali esigenze apparivano completamente assenti
per la completa omogeneità dei soggetti coinvolti. L'esperienza e la composizione specialistica del tribunale minorile offrivano
le più ampie garanzie, nel dibattimento, tanto da consentire di
cogliere direttamente l'essenza della prova. L'audizione protet
ta, invece, avrebbe modificato in modo decisivo il contenuto
stesso del risultato probatorio. Le eventuali esigenze di chiari
menti, ossia di confronto, derivanti dal divenire processuale, sarebbero state vanificate in caso d'incidente probatorio, con
nocumento per l'accertamento della verità.
La richiesta del p.m. può accogliersi, perché la situazione con
siglia di procedere all'audizione «protetta», a causa dello stato
psicologico da loro vissuto. Le contestazioni e le perplessità avan
zate dalla difesa non possono, invece, condividersi, perché at
tengono ad aspetti non attinenti alla questione. L'art. 392, com
ma 1 bis, c.p.p. non si riferisce soltanto al procedimento degli
adulti, nel quale la vittima è un minore, perché è una norma
di carattere generale, che si applica, quindi, anche al processo minorile. Quest'ultimo, a sua volta, non è un procedimento spe ciale, ma specializzato, come emerge chiaramente dall'art. 1 d.p.r. 22 settembre 1988 n. 448, che stabilisce l'applicabilità delle nor
me del codice di procedura comune, salvo che si disponga di
versamente. Nell'ambito di quel d.p.r., o di altre disposizioni
speciali, quest'ultima ipotesi non ricorre. L'art. 392, comma 1
bis, non limita l'audizione «protetta» della vittima minore di
età, nel caso in cui anche l'imputato è minorenne, né questa
possibilità si desume dalle norme generali di tutela. Con il nuo
vo comma 1 bis dell'art. 392 c.p.p., si prevede che il p.m. o
l'indagato possano chiedere che si proceda con incidente proba torio all'assunzione della testimonianza di persona minore di
anni sedici, anche al di fuori d'una situazione di impossibilità di rinvio della prova. Per alcuni, lo scopo della norma è quello di «tutelare il minore evitando che sia nuovamente sentito nella
fase dibattimentale» (relazione alla camera dell'on. Vignari in
data 18 luglio 1995). In realtà questa giustificazione, pur essen
do esatta, non è completa, perché attiene all'aspetto puramente
processuale della tutela del minore e pone l'accento più sugli effetti che sulle cause. L'aspetto sostanziale si individua nella
necessità di non dispersione della prova, che in caso di reati
compiuti contro minorenni può dissolversi nel tempo. In questi casi si ha il fenomeno della «amnesia retrograda», per il quale il minore che ha subito violenza sessuale tende a rimuovere il
ricordo, che però resta latente nel corso degli anni, per esplode re, in futuro, sotto altre forme. È importante precisare che, nel dibattimento penale contro gli autori di abusi sui minori, sono necessarie particolari cautele nell'audizione dei minori vit
time di violenze. Per evitare loro altri traumi, oltre a quelli già subiti dal reato, è necessario ricorrere alla testimonianza assisti
ta, nella forma consentita dall'art. 498, 4° comma, c.p.p. In tal modo, si preservano i fini rieducativi e la genuinità della
Il Foro Italiano — 2000.
sua deposizione. L'incidente probatorio è un'anticipazione del
dibattimento, perché con esso si permette al minore di rilasciare
una sola volta la testimonianza, senza pregiudizio per le esigen ze della difesa e dell'accertamento della verità e del contraddit
torio, anche alla luce della recente riforma dell'art. Ill Cost.
Quelle eccezioni si giustificano quando c'è il rischio di disper sione della prova, tanto che le ipotesi nelle quali si può utilizza
re quello strumento sono tassativamente elencate. La previsione dell'art. 392, comma 1 bis, c.p.p. è soltanto all'apparenza gene
rica, perché il legislatore ha ritenuto, molto opportunamente, sulla scorta degli studi psicologici citati, che quel rischio fosse
in re ipsa. Eventuali eccezioni ai principi generali, in tema di
prova, troverebbero, in ogni caso, copertura nell'art. 31 Cost.,
che impone una tutela speciale dell'infanzia e della gioventù, con prevalenza, quindi, sullo stesso art. Ili cit., di carattere
generale. Il richiamo alla struttura e alla composizione del tribunale
per i minorenni, da parte della difesa a sostegno delle sue argo mentazioni è pertinente, ma esula dall'oggetto specifico della
questione. È vero che il dibattimento nel processo minorile è
diverso da quello ordinario, ma nel caso di specie i motivi del
l'anticipazione della prova non sono quelli indicati dalla difesa.
L'incidente probatorio si richiede per anticipare la raccolta di
una prova decisiva, che rischia di dissolversi, se si aspetta il
dibattimento. Quest'ultimo, addirittura, potrebbe anche non ce
lebrarsi, in seguito alle nuove disposizioni sul giudizio abbrevia
to, che l'imputato può richiedere senza il consenso del p.m. e addirittura senza che il procedimento possa definirsi allo stato
degli atti. In quest'ultimo caso il g.u.p. sarebbe costretto a com
piere indagini suppletive e quindi anche una nuova audizione
delle minori, con evidenti ricadute psicologiche su di loro. La
rivelazione fatta soltanto al prof. Co. e il timore di presentare la querela costituiscono altre conferme della fragilità della prova.
L'omogeneità dei soggetti coinvolti, vittime ed autori del rea
to, non è un argomento convincente. Essa non crea alcuna com
pensazione, idonea a far venire meno l'eccezione. La tutela del
minore imputato agisce su altri piani, che non si confondono
con quelli della protezione della vittima, non essendoci né inter
ferenza né conflitto fra le due necessità. L'art. 392, comma 1
bis, infatti, è stato introdotto per proteggere il minore, vittima
di violenza, dai traumi e dai postumi della violenza stessa, da
qualunque parte e persona proveniente, e per preservare la ge nuinità della prova. Gli intendimenti palesati con la 1. 15 feb
braio 1996 n. 66 sono stati confermati dalla nuova 1. 3 agosto 1998 n. 269 sulla prostituzione minorile, nella quale il minore
è al centro della tutela e le norme processuali assumono una
funzione strumentale a tale scopo. L'art. 13, 3° e 4° comma, ha esteso il ricorso all'incidente probatorio, ai sensi dell'art.
392, comma 1 bis, c.p.p., per i reati previsti dagli art. 600 bis, 600 ter, 600 quinquies c.p.
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