ordinanza 15 ottobre 1999, n. 938; Pres. Carboni, Est. Tommasini; Lega nazionale dilettantidella Figc (Avv. Persichelli, Medugno, Raimondi) c. N.f.c. Orlandina (Avv. Saitta) e altra.Annulla Tar Sicilia, sede Catania, sez. III, ord. 16 settembre 1999, n. 1949Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 581/582-595/596Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195271 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
e nei limiti della presente cognizione, non priva di fondamento
la pretesa dell'Ina, riconosciuta dalla ordinanza impugnata, di
non considerarsi vincolata, fino al momento su indicato, alla
c.d. passivity rule e che, a tutela di tale pretesa ed al fine di
evitarne nelle more del giudizio di merito l'irreparabile, grave
pregiudizio, è necessario sospendere così gli effetti, ritenuti dal
la Consob, dell'art. 35, lett. c), del regolamento come gli effetti
della comunicazione Consob 2 ottobre 1999, n. 990715 nei soli
limiti in cui vincolano ai comportamenti di cui all'art. 104, 1°
comma, d.leg. 24 febbraio 1998 n. 58 anteriormente alla pre sentazione dell'offerta «completa» di cui all'art. 37, 2° comma, del regolamento e all'art. 102 del decreto legislativo;
considerato che, pur attese le valutazioni dei vari interessi
coinvolti, che le parti hanno sottolineato, queste non sono ido
nee a sovrapporsi alla valutazione, effettuati con forza ed effi
cacia di legge, nella sede costituzionalmente competente, nei sensi
sopra indicati; considerato che per quanto sopra può invece escludersi, allo
stato, la natura lesiva dell'art. 37, 1° comma, del regolamento
Consob, comunque inidoneo, di per sé, a produrre il danno
di cui all'art. 21 1. 6 dicembre 1971 n. 1034; considerato che debbono essere riservate al merito del giudi
zio i necessari approfondimenti anche delle ulteriori argomenta zioni esposte dalle parti.
Per questi motivi, accoglie in parte, con le precisazioni e nei
limiti in motivazione, gli appelli proposti ed a tal fine conferma
la sospensione dell'efficacia del solo art. 35, lett. c), del regola mento Consob 14 maggio 1999, n. 11971 nonché della comuni
cazione Consob 2 ottobre 1999, n. 990715.
II
Ritenuto che l'eccezione di difetto di giurisdizione non sem
bra fondata ben potendo intendersi l'espressione «pubblici ser
vizi. . . afferenti. . . al mercato mobiliare» di cui all'art. 33 d.leg. n. 80 del 1998 come riferita anche all'ampia funzione regolatri ce spettante alla Consob;
— che non appare condivisibile la tesi del difetto di legitti mazione degli amministratori in quanto gli stessi rappresentano a tutti gli effetti la società;
— che la nota della Consob del 2 ottobre 1999, fornendo
una interpretazione autentica del regolamento 14 maggio 1999, n. 11971 emanato dalla stessa Consob, che è anche competente a verificarne l'osservanza, pur non integrando la figura tipica del provvedimento amministrativo, costituisce un pronunciamento idoneo a vincolare la condotta della società ricorrente, la quale,
pertanto, anche in relazione agli inevitabili riflessi immediati
sulla propria posizione nel mercato, è titolare di una posizione
soggettiva qualificata per chiederne il sindacato in sede giurisdi
zionale; — che, pertanto, assume rilievo la censura di illegittimità de
rivata mossa alla nota predetta a causa dell'allegata illegittimità del citato regolamento;
— che non appare, ad un primo esame, infondata la dedotta
violazione degli art. da 102 a 104 del testo unico finanziario, da parte del combinato disposto degli art. 35, lett. c), e 37, 1° comma, del regolamento, nella parte in cui istituisce la co
municazione preventiva dell'intenzione di presentare l'offerta (co siddetta prima comunicazione), indipendentemente dalla formu
lazione del documento di offerta di cui all'art. 102, 2° comma, del testo unico finanziario in quanto, così disponendo, le nor
me regolamentari di cui sopra, secondo la corretta interpreta zione della stessa Consob, riconnettono le limitazioni di cui al
l'art. 104 ad atti privi de «le informazioni necessarie per con
sentire ai destinatari di pervenire a un fondato giudizio sul
l'offerta»; — che la potestà regolamentare conferita dall'art. 103 non
sembra consentire una modifica del procedimento di offerta nella
parte direttamente disciplinata dalla legge; — che sussiste un danno grave ed irreparabile, e che, pertan
to, ricorrono i presupposti per l'accoglimento dell'istanza cau
telare con riguardo sia al regolamento in parte qua e sia, per
conseguenza alla nota del 2 ottobre 1999.
Per questi motivi, il Tribunale amministrativo regionale del
Lazio, sezione I, accoglie la suindicata domanda incidentale di
sospensione e, per l'effetto, sospende l'efficacia del regolamen to Consob 14 maggio 1999, n. 11971, nei limiti indicati in moti vazione, nonché della nota Consob 2 ottobre 1999.
Il Foro Italiano — 1999.
I
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA; ordinanza 15 ottobre 1999, n. 938; Pres. Carboni, Est. Tommasini; Lega nazionale dilettanti del
la Figc (Avv. Persichelli, Medugno, Raimondi) c. N.f.c.
Orlandina (Avv. Saitta) e altra. Annulla Tar Sicilia, sede
Catania, sez■ III, ord. 16 settembre 1999, n. 1949.
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA; ordinanza 15 ottobre 1999, n. 938;
Sport — Federazioni nazionali sportive — Lega dilettanti Figc — Esclusione di società dal campionato — Sospensione del
provvedimento — Esclusione (L. 23 marzo 1981 n. 91, norme
in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti).
Va annullata, per carenza del fumus, l'ordinanza cautelare con
la quale è stata disposta l'ammissione, con riserva, della N.f.c. Orlandino al campionato nazionale dilettanti. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI CILIA; sede di Catania; sezione III; ordinanza 7 ottobre 1999, n. 2147; Pres. Campanella, Est. Anastasi; N.f.c. Orlandina
(Avv. Librizzi) c. Comitato nazionale per l'attività interre
gionale, Lega nazionale dilettanti della Figc (Aw. Persichel
li, Medugno, Tamburello) e altra.
Sport — Federazioni nazionali sportive — Lega dilettanti Figc — Esclusione di società dal campionato — Sospensione del
provvedimento ed ammissione con riserva al campionato —
Inottemperanza — Nomina di commissari «ad acta» (L. 23
marzo 1981 n. 91).
Va rinnovato l'ordine già impartito con precedente ordinanza
cautelare ineseguita con la quale è stata disposta l'ammissio
ne, con riserva, della N.f.c. Orlandina al campionato nazio
nale dilettanti e, perdurando l'inottemperanza da parte della
Lega nazionale dilettanti, vanno nominati commissari ad acta
che provvedano a modificare il calendario del campionato con
l'inserimento della suddetta società come diciannovesima squa dra e la previsione delle necessarie giornate di recupero. (2)
III
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI CILIA; sede di Catania; sezione III; ordinanza 16 settembre
1999, n. 1949; Pres. Campanella, Est. Messina; N.f.c. Or
landina (Aw. Librizzi) c. Comitato nazionale per l'attività
interregionale, Lega nazionale dilettanti della Figc (Aw. Per
sichelli, Medugno, Tamburello) e altra.
Sport — Federazioni nazionali sportive — Lega dilettanti Figc — Esclusione di società dal campionato — Sospensione del
provvedimento ed ammissione con riserva al campionato (L. 23 marzo 1981 n. 91).
Va ordinata in via d'urgenza l'ammissione, con riserva, della
N.f.c. Orlandina al campionato nazionale dilettanti, anche in
eccedenza rispetto all'organico prefissato. (3)
(1-3) Di nuovo alla ribalta delle cronache giuridiche la querelle sulla
impugnabilità dinanzi all'autorità giudiziaria dei provvedimenti emessi
dalle federazioni sportive nei confronti dei propri iscritti; non si discute
più sulla giurisdizione (riservata al giudice amministrativo finché non
interverrà la privatizzazione anche in questo campo) ma continua il brac
cio di ferro sulla carenza assoluta di potestà giurisdizionale (che è que stione attinente al merito, secondo Cass. 21 luglio 1998, n. 7132, Foro
it., Rep. 1998, voce Sport, n. 47; 29 settembre 1997, n. 9550, id., Rep.
1997, voce cit., n. 28) in presenza delle clausole compromissorie che
affidano ad organi interni alle federazioni il compito di dirimere le con
troversie con gli iscritti: come si evince dalla ord. n. 2147 in epigrafe, la Figc e la sua lega dilettanti de plano si rifiutano di dare esecuzione
ai provvedimenti giurisdizionali cautelari mandando avanti il campio nato e rendendo praticamente impossibile la realizzazione del diritto
della società ricorrente che fosse riconosciuto in sede giurisdizionale. Per ogni riferimento sulle problematiche relative all'assoggettamento
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PARTE TERZA
I
Ritenuto che le ragioni del mancato accoglimento della istan
za della N.f.c. Orlandina possono ben desumersi nel contesto
delle valutazioni svolte nei comunicati ufficiali n. 4 del 6 agosto 1999 e n. 9 del 3 settembre 1999;
— che in quest'ultimo comunicato emerge altresì il criterio
ispiratore delle determinazioni della Lega nazionale dilettanti
con il richiamo alla «necessità di assicurare l'equilibrio geogra fico nell'ambito del girone 'primo'»;
— che nel ricorso introduttivo di primo grado non esistono
specifiche censure sui criteri adottati dalla Lega nella scelta ope rata a favore della polisportiva Torretta, anche alla luce di quanto contenuto nel comunicato ufficiale n. 10 pubblicato il 6 agosto 1998.
Per questi motivi, il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana in sede giurisdizionale accoglie l'appello in
epigrafe e per l'effetto annulla l'ordinanza impugnata.
II
1. - Ritenuto che — in considerazione delle perduranti incer
tezze e distorsioni interpretative in ordine alla sussistenza della
giurisdizione amministrativa nella materia in questione, nono
stante la puntuale e reiterata ricostruzione del sistema effettuata
essenzialmente con le ben note sentenze di Cass., sez. un., 26
ottobre 1989, n. 4399 (Foro it., 1990, I, 899); 9 maggio 1986, nn. 3091 e 3092 (id., 1986, I, 1257 e 1251), nonché di Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 1995, n. 1050 (id., 1996, III, 275), che ha confermato l'orientamento di questa terza sezione for
mulato con le ordinanze cautelari n. 802 del 1993 (id., Rep. 1993, voce Giustizia amministrativa, nn. 697, 707, 955 e voce
Sport, n. 24) e n. 929 del 1993 (id., 1994, III, 512), a sua volta confermata da Cass., sez. un., 29 settembre 1997, n. 9550 (id., Rep. 1998, voce Giustizia amministrativa, n. 945) — appare necessario precisare ancora una volta, ed in parte approfondire, le molteplici e correlate ragioni di tale consolidato orientamento
giurisprudenziale e dottrinario, che, negli stretti limiti che qui rilevano, possono sintetizzarsi nei seguenti enunciati motivatori.
delle federazioni sportive alla potestà giurisdizionale allorché si contro verta sui diritti soggettivi e gli interessi legittimi incisi dai provvedimenti adottati, si vedano, oltre alle citazioni in motivazione dell'ord. n. 2147, Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 1995, n. 1050, id., 1996, III, 275, con nota di G. Vronu; nonché Tar Toscana, sez. I, 13 maggio 1999, n. 293, inedita (che ritiene sussistere la competenza delle commissioni
disciplinari federali per le sanzioni disciplinari a carico del procuratore sportivo); Tar Emilia-Romagna, sez. I, 4 maggio 1998, n. 178, Foro it., Rep. 1998, voce Giuoco e scommessa, n. 9 (per i provvedimenti disciplinari inflitti dall'ente nazionale corse ippiche che si ritengono ri servati alla cognizione del giudice amministrativo); Cons. Stato, sez. VI, 18 marzo 1998, n. 313, ibid., voce Sport, n. 45, e Pret. Roma 19 settembre 1997, ibid., n. 46 (che ribadiscono la doppia natura pub blica e privata delle federazioni affiliate al Coni); Tar Marche 30 gen naio 1998, n. 87, ibid., n. 48 (che ritiene non soggetta alla giurisdizione amministrativa la vertenza sulla distribuzione delle cariche interne); Trib. Roma 20 settembre 1996, ibid., n. 65, e Riv. dir. sport, 1997, 546, con nota di Naccarato (che, parimenti, ritiene non soggetta alla giuri sdizione ordinaria la questione concernente le condizioni di regolarità delle competizioni sportive); Cons. Stato, sez. VI, 16 settembre 1998, n. 1257, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 68; Trib. Roma 21 luglio 1997, ibid., n. 69; Tar Valle d'Aosta 27 maggio 1997, n. 70, id., Rep. 1997, voce cit., n. 43 (che ritengono soggetto alla giurisdizione ammini strativa l'esame del provvedimento di esclusione di società dal campio nato e di revoca dell'affiliazione alla federazione); in dottrina, R. Ca prioli, L'autonomia normativa delle federazioni sportive, Napoli, 1997; C. Persichelli, Le materie arbitrabili all'interno delle competenze della giurisdizione sportiva, in Riv. dir. sport, 1996, 702; C. Sica, Caso Ca tania: la giurisprudenza fa «pressing», ibid., 124.
L'ordinanza n. 2147 in epigrafe si segnala, oltre che per la puntuale disamina di tutte le problematiche in discussione e l'ampia rassegna della giurisprudenza in materia, anche per la determinazione dei poteri dei commissari ad acta nominati per l'esecuzione del provvedimento cautelare, argomento sul quale cfr. G. Albenzio, L'esecuzione delle sentenze del giudice del lavoro nei confronti della pubblica amministra zione, in questo fascicolo, I, 3475.
Il Foro Italiano — 1999.
A) Costituiscono, innanzi tutto, ius receptum i principi giuris
prudenziali, variamente formulati, secondo cui: 1) le federazio
ni sportive, pur avendo natura e struttura di associazioni priva te, partecipano tuttavia della natura pubblicistica del Coni, per ché di questo sono «organi», secondo il testuale disposto dell'art.
5 1. 16 febbraio 1942 n. 426, dell'art. 2 d.p.r. 2 agosto 1978
n. 530, e dell'art. 2 d.p.r. 28 marzo 1986 n. 157 (c.d. tesi della
«doppia natura»), come risulta anche comprovato dall'attribu
zione alle stesse dell'autonomia normativa che si estrinseca nel
l'emanazione di norme regolamentari di carattere organizzato
rio, tendenti ad un fine coincidente con quello istituzionale del
Coni; 2) di guisa che, nell'applicazione di tali norme regola
mentari, possono adottare provvedimenti idonei anche a pro durre modificazioni nelle posizioni soggettive nel settore di com
petenza, affievolendo tali posizioni in interessi legittimi, posto che non può negarsi rilevanza per l'ordinamento generale a sif
fatte disposizioni delle federazioni sportive che disciplinano il
conferimento ai privati dello status di soggetti dell'organizza zione sportiva, o la compressione di esso, ed in particolare alle
disposizioni che regolano la soggezione degli affiliati e dei tesse
rati alle sanzioni disciplinari che su tale status vengono ad inci
dere; 3) con la conseguenza che il controllo sul corretto eserci
zio di tale potere rientra nella giurisdizione del giudice ammini strativo (fra le numerose pronunzie che, pur con qualche diversità
di accenti o con marginali differenze di ricostruzione dogmati ca, hanno costantemente affermato i principi sopra riassunti, si vedano: Cons. Stato, sez. VI, 6 marzo 1973, n. 80, id., Rep. 1973, voce Sport, n. 10; Cass., sez. un., 26 ottobre 1989, n.
4399, cit.; Tar Lazio, sez. Ili, 13 ottobre 1980, n. 882, id.,
1981, III, 459; 23 agosto 1985, n. 1286, id., Rep. 1986, voce
cit., n. 39; 18 gennaio 1986, n. 103, id., 1987, III, 174; 20 ago sto 1987, n. 1449, id., Rep. 1988, voce cit., n. 44; 25 maggio 1989, n. 1079, id., Rep. 1989, voce cit., nn. 41-43; 6 maggio 1991, n. 651, id., Rep. 1992, voce cit., n. 49; 16 luglio 1991, n. 986, ibid., nn. 42, 43; Trib. Trani 17 aprile 1981, id., 1982, I, 1419, confermata da App. Bari 8 febbraio 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 20; Pret. Novara 15 dicembre 1979, id., 1980,
I, 2341). B) Allo stesso modo delle federazioni sportive, che struttural
mente nascono come associazioni di secondo grado non ricono
sciute (art. 36 ss. c.c.) acquisendo quindi, come si è detto, la
qualità di organi del Coni, anche le leghe, previste e disciplinate dalle norme regolamentari organizzative di qualche federazione
(come la Figc, ed altre), sono strutturalmente delle associazioni
(di secondo grado), non riconosciute, in quanto raggruppano in forma privatistica le società sportive, affiliate ad una federa
zione, che partecipano ai campionati di una determinata serie
(mentre le federazioni, in base ai loro statuti ed all'art. 14, 1°
comma, I. 91/81, costituiscono associazioni di secondo grado più ampie, in quanto raggruppano tutte le società, le associa zioni e gli altri organismi vari ad esse affiliati). Tuttavia, non
può disconoscersi alle varie leghe (così come per le federazioni, ed alla stregua degli stessi principi cui si è accennato) anche la natura di organi dei più ampi organi complessi costituiti dalle
Federazioni, come tali, quindi, assistiti dal particolare rapporto di immedesimazione organica che rende imputabili all'organo complesso «federazioni» i loro atti, e ciò in base agli stessi dati testuali delle varie normative regolamentari delle singole federa zioni (c.d. «carte federali»). La tesi della «doppia natura» an che delle leghe (che appare del tutto condivisibile, anche tenuto conto che il nostro ordinamento conosce molteplici figure di
organi complessi, vale a dire risultanti da una pluralità di orga ni coordinati in vista di un determinato fine: c.d. «organi di
organi») è stata affermata da Tar Lazio, sez. Ili, 12 dicembre
1987, n. 2126, id., 1989, III, 40 (punto 8 della motivazione), con riferimento in particolare alle leghe calcistiche, ed è stata recentemente ribadita da questa terza sezione del Tar Sicilia Catania con ordinanza n. 802 del 13-14 settembre 1993, cit.
(che ha ordinato la riammissione, con riserva, del «Club calcio Catania s.p.a.» al campionato di calcio di serie CI dal quale era stato escluso dalla Lega professionisti serie C).
C) Più recentemente, con la menzionata sentenza 1050/95 della VI sezione del Consiglio di Stato (punto 2b della motivazione) la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di provve dimenti di diniego (espliciti o impliciti) dell'iscrizione (o del rin
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
novo dell'iscrizione), e quindi di esclusione, di società sportive
dalla categoria dei partecipanti ad un determinato campionato
sportivo è stata riaffermata nei termini che seguono: (omissis).
D) Ma in realtà, come tutti i provvedimenti negativi di esclu
sione da concorsi e gare contrattuali, anche siffatte esclusioni
da un campionato sportivo si carica essenzialmente di una pe culiare valenza sanzionatoria.
Che tutti i provvedimenti di esclusione di cui trattasi costitui
scano dei provvedimenti sanzionatori, in quanto riconducibili
nell'ampio genus della categoria giuridica della sanzione, non
sembra possa revocarsi in dubbio, ove si consideri che, in sede
di teoria generale, la figura della sanzione viene comunemente
delineata come un generico o più ampio (rispetto alla «coercibi
lità» ed alla «coazione») atteggiamento od effetto di reazione
dell'ordinamento giuridico nei confronti della trasgressione o
violazione di una norma. In particolare, secondo un orienta
mento presente nella dottrina ed assolutamente prevalente nella
giurisprudenza, la nozione di sanzione amministrativa in senso
ampio sarebbe caratterizzata, rispetto ad ogni altro strumento
dell'amministrazione, da due elementi: il primo attinente al con
tenuto, e rappresentato dall'incidenza sfavorevole rispetto ad
un interesse del destinatario; il secondo di ordine funzionale,
e costituito dalla relazione con la violazione di un precetto da
parte di un soggetto privato. Di guisa che il provvedimento san
zionatorio, per quanto concerne l'ordine degli effetti, sarebbe
un provvedimento con contenuto ablatorio che, rispetto ai prov
vedimenti ablatori tipici, si differenzierebbe per la relazione con
l'accertamento di una infrazione.
Proseguendo in quest'ordine di idee, deve poi ritenersi, in
particolare che il provvedimento di rifiuto o di diniego di iscri
zione (o di rinnovo di iscrizione) ad un campionato sportivo
(o, più semplicemente, provvedimento di esclusione da un cam
pionato) si connoti ulteriormente quale sanzione disciplinare
espulsiva. Non si può, invero, disconoscere che l'esclusione di cui si
discute costituisca anche espressione del potere disciplinare, e
cioè del potere dell'amministrazione di colpire con sanzioni de
terminate la violazione da parte di soggetti privati degli obbli
ghi assunti al momento di essere ammessi a far parte di una
istituzione, alla quale, quindi, essi sono legati da un particolare
rapporto cui accede un rapporto di speciale supremazia nei loro
confronti, ed in particolare allorché tale comportamento possa
pregiudicare la buona attuazione del rapporto amministrativo
principale. Ove si consideri, poi, che nell'ambito delle sanzioni discipli
nari occorre distinguere tra quelle c.d. «d'ordine» e quelle c.d.
«espulsive», a seconda che non producano ovvero producano
la cessazione del rapporto principale al quale il potere discipli
nare accede, in quanto si risolvono nell'esclusione del soggetto
dall'organizzazione o istituzione di appartenenza (destituzione
dei pubblici dipendenti, espulsione degli studenti dalle scuole
pubbliche, esclusione dalle pubbliche biblioteche, ecc.), non sem
bra che possano configurarsi argomenti validi per impedire la
sussunzione del provvedimento di esclusione da un campionato
nel novero delle sanzioni disciplinari di tipo espulsivo.
Così come, invero, la misura della revoca dell'affiliazione di
una società sportiva costituisce la tipica sanzione espulsiva dal
l'ordinamento sportivo, l'esclusione da un campionato, pur ri
vestendo una gravità minore rispetto al venir meno dello stesso
inserimento della società sportiva in quell'ordinamento, e quin
di all'estinzione del rapporto (generico) di appartenenza a que
sto, costituisce pur sempre una misura sanzionatoria espulsiva — marcatamente affine alla revoca dell'affiliazione — in quan
to implica la cessazione del rapporto (specifico) di appartenenza
della stessa società alla peculiare e più ristretta organizzazione
costituita di tutte le altre società sportive partecipanti a quel
determinato campionato (e quindi anche la cessazione dell'ap
partenenza alla lega eventualmente costituita in seno alla fede
razione sportiva per raggruppare, organizzare e disciplinare le
società sportive partecipanti ad un determinato campionato).
E) Le conclusioni alle quali si è fin qui pervenuti in ordine
alla natura della esclusione dai campionati come sanzione disci
plinare espulsiva non possono, poi, essere rimesse in discussio
ne argomentando sulla base dell'espresso riconoscimento nor
II Foro Italiano — 1999.
mativo alle federazioni sportive — effettuato con l'art. 14, 2°
comma, 1. 91/81 — dell'«autonomia tecnica, organizzativa e
di gestione, sotto la vigilanza del Coni»; autonomia nell'ambito
della quale si vorrebbero attrarre gli atti di esclusione di cui
trattasi, nel tentativo (in realtà realizzabile soltanto, come si
vedrà, riconducendo la materia nell'ambito dell'autonomia tec
nica) di eliminarne ogni rilevanza esterna sul piano dell'ordina
mento giuridico generale.
L'inconsistenza, invero, di siffatta prospettazione emerge con
evidenza dai rilievi che seguono.
E\) Appare indubbiamente impensabile una configurazione o qualificazione degli atti di esclusione di cui trattasi come atti
rientranti nella sfera dell'autonomia tecnica delle federazioni stes
se (che costituisce un fenomeno ed una categoria giuridica on
tologicamente diversi da quelli dell'autonomia organizzativa),
privi, quindi, di rilevanza esterna sul piano giuridico, e sottrat
ti, come tali, alla giurisdizione statale.
Per confutare un simile assunto — frequentemente affiorante
anche in dichiarazioni più o meno ufficiali od ufficiose di espo nenti delle federazioni ed in scritti difensivi, nell'ambito delle
sempre più frequenti controversie in materia — appare suffi
ciente, invero, procedere ad una riassuntiva rilevazione e rico
gnizione dei principi alla stregua dei quali è possibile definire,
innanzitutto, l'area concettuale dell'autonomia tecnica delle fe
derazioni (nella quale soltanto, come si specificherà meglio ap
presso, deve ravvisarsi la vera e propria autonomia sportiva), e quindi l'area residuale della loro autonomia organizzativa e
gestionale. Per delineare la nozione di autonomia tecnica occorre preli
minarmente osservare che l'ordinamento sportivo, nella parte in cui non è costituito da normazione statale o regionale (per la quale, ovviamente, non si pone alcun problema peculiare), consta di un'articolazione di disposizioni dirette a regolamenta re sia l'aspetto autorganizzativo dei soggetti pubblici preposti allo specifico settore (statuti, regolamenti organici); sia i rap
porti di tali soggetti con gli altri soggetti privati facenti parte
dell'organizzazione sportiva (norme disciplinanti le modalità di
ammissione delle persone fisiche e giuridiche all'organizzazione e di esclusione dalla stessa, i diritti e i doveri di tali soggetti, la relazione di supremazia speciale e di correlata soggezione);
sia i rapporti intersoggettivi tra privati associati nelle federazio
ni (trasferimenti di atleti; cosiddetto vincolo; rapporti patrimo
niali); sia aspetti tecnici dell'attività agonistica (svolgimento delle
gare; omologazione dei risultanti; designazioni arbitrali; in defi
nitiva tutto l'apprestamento indispensabile per effettuare quella
comparazione ed esaltazione dei valori che è l'essenza del feno
meno sportivo agonistico). Un gruppo a sé è costituito, infine, dalle norme volte a disci
plinare gli strumenti interni di risoluzione delle controversie, in
sorgenti nell'applicazione del complesso regolamentare di cui
si è fatto cenno (norme che pongono ulteriori peculiari proble
mi, ma che qui non rilevano).
Ora, nell'ambito dell'ordinamento sportivo, non appare ac
quistare rilevanza per l'ordinamento generale, in quanto desti
nato ad operare solo all'interno dello specifico settore al quale
si riferisce, quel complesso di regole di carattere tecnico preor dinato a disciplinare il modo di essere dell'attività agonistica, e cioè, ad apprestare i parametri strumentali e logici per proce dere a quelle verifiche comparative dei valori individuali e col
lettivi, che costituiscono il fine della competizione sportiva (così
Tar Lazio, sez. Ili, 15 luglio 1985, n. 1099, id., Rep. 1986,
voce cit., n. 30). Tali regole si atteggiano, in realtà, come vere e proprie nor
me interne, destinate a restare circoscritte, quanto alla loro ope
ratività diretta, non solo al settore sportivo, in senso generale,
ma addirittura alle singole sezioni nelle quali si articola tale set
tore, a seconda della specifica materia agonistica, essendo ogni
federazione, in cui si organizza il Coni, depositaria del potere
di dettare le norme tecniche e sportive per l'esercizio dello sport
controllato (art. 5 1. 16 febbraio 1942 n. 426).
Tale produzione regolamentare, destinata a porre criteri di
identificazione o di valutazione della gara sportiva, si inquadra
agevolmente in tutto quel complesso di disposizioni interne, ben
conosciute anche in altri settori della pubblica amministrazione,
che non assumono il carattere di norme giuridiche per l'ordina
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PARTE TERZA
mento generale e la cui violazione non dà, quindi, luogo a ri
corso alla giustizia amministrativa ai sensi dell'art. 26 r.d. 26
giugno 1924 n. 1054, e degli art. 2 e 3 1. 6 dicembre 1971 n. 1034.
«Regolamenti interni» li qualifica la stessa norma dell'art.
5 1. 426/42 e l'aggettivazione non è senza significato, ove raf
frontata con la potestà regolamentare di cui godono tutte le
persone giuridiche pubbliche e che è fonte secondaria di produ
zione normativa (così, ancora, Tar Lazio, sez. Ili, 1099/85, cit.).
Alla stregua dei suesposti principi, dunque, non può non co
gliersi la differenza di fondo che vi è, in realtà, tra tutela del
l'attività sportiva in sé considerata (da riguardarsi quest'ultima
come interesse primario tutelabile attraverso la salvaguardia de
gli status soggettivi che consentono l'accesso a tale attività) e
tutela dei semplici risultati dell'attività medesima (risultati nel
cui novero rientrano, naturalmente, anche le classifiche di set
tore).
Questa seconda forma di tutela, in particolare, si attua, come
si è detto, attraverso una serie di regole tecniche, di fatto indif
ferenti per l'ordinamento generale e, perciò, sostanzialmente pri
ve, a tale livello, di «giuridicità», dotate di un carattere di di
screzionalità eccezionalmente ampio e costituenti, in effetti, sol
tanto uno schema comportamentale interno per il conseguimento di semplici interessi specifici di settore (cfr. Tar Lazio, sez. Ili,
20 agosto 1987, n. 1449, cit.; nello stesso senso, come si è visto,
la precedente sentenza 1099/85 della stessa sezione).
Ora, tra queste norme, per così dire paragiuridiche, rientra
no, appunto, tutte quelle che incidono sul solo risultato dell'at
tività sportiva (e quindi, come si è detto, anche sulle classifi
che), mirando essenzialmente a salvaguardare, anche in prospet
tiva, la semplice regolarità e correttezza di tali risultati, cioè
della mera vicenda sportiva in sé e per sé considerata.
L'autonomia sportiva, quindi, acquisisce la sua consistenza
e la sua specifica valenza soltanto con riferimento alle cennate
norme o regole tecniche (che stabiliscono, con comandi e divie
ti, il modo di svolgimento delle gare e quindi di porre in essere
i molteplici gesti atletici dei vari sport, nonché le punizioni spor
tive immediatamente applicabili dagli arbitri alle squadre e/o
agli atleti per singole infrazioni di tali regole), ed altri atti appli cativi delle stesse regole (designazioni arbitrali, applicazione delle
predette punizioni per infrazioni o falli di gioco, verbali e refer
ti di gara, omologazione dei risultanti, classifiche, ecc.), sicché
soltanto in tale ambito si manifesta l'irrilevanza (o «rilevanza
negativa») di siffatta autonomia rispetto all'ordinamento giuri
dico generale (si veda, sul punto, Tar Sicilia, sede Catania, sez.
Ili, ord. 929/93, cit.). Non si vede, quindi, come si possa immaginare di ricondurre
gli atti di esclusione da un campionato nell'ambito della disci
plina tecnica delle attività ludiche, dettata con i cennati regola menti sportivi non già per la tutela dell'attività sportiva in sé
considerata, ma esclusivamente per quella dei semplici risultati
dell'attività medesima.
E2) Né, poi, l'irrilevanza sul piano giuridico di siffatta esclu
sione potrebbe essere in alcun modo sostenuta qualificando tale
misura sanzionatoria come esplicazione dell'autonomia organiz zativa delle federazioni (e, ove esistenti, delle leghe).
Ed invero, premesso che tale autonomia organizzativa è stata
ontologicamente diversa da quella tecnica (nella quale non può
dissolversi) e che la figura generale dell'autonomia giuridica de
gli enti pubblici si estrinseca in una pluralità di forme (normati
va, istituzionale, organizzatoria gestionale, contabile, finanzia
ria, ecc.) e costituisce indice e misura della capacità degli enti
di agire nel mondo giuridico, per il raggiungimento delle pro
prie finalità, con un margine di libertà più o meno ampio, oc
corre in sintesi rilevare, sul filo dei principi generali, che col
termine autonomia organizzativa (in senso stretto o proprio) si
designa la peculiare potestà attribuita alle varie figure soggetti ve pubblicistiche (enti, e, come si è precedentemente accennato,
organi-soggetti, ovvero organi-enti, come le federazioni sporti
ve) al fine di provvedere ad ordinare i propri uffici, a discipli nare l'attività, a procurarsi e ad organizzare i beni e i servizi
di cui hanno bisogno per il raggiungimento delle proprie finalità.
Conseguentemente, se è vero che la determinazione degli or
ganici, l'organizzazione di campionati, gare e manifestazioni spor
tive, nonché l'iscrizione agli stessi, costituisce materia ricompre
li Foro Italiano — 1999.
sa nell'ambito dell'autonomia organizzativa pubblicistica (in
quanto organi del Coni) delle varie federazioni sportive, è al
trettanto vero che, non solo i provvedimenti di revoca dell'affi
liazione di una società sportiva a federazione e quelli di radia
zione di tesserati, ma anche gli atti di esclusione da un determi
nato campionato esulano, oltre che dall'area concettuale e
dall'ambito ontologico e contenutistico dell'autonomia tecnica
o sportiva, anche da quelli propri dell'autonomia organizzativa
pubblicistica delle federazioni; e ciò per la semplice quanto de
cisiva ragione che trattasi di provvedimenti sanzionatori che,
in quanto privano di gran parte del suo contenuto il rapporto
giuridico amministrativo di affiliazione, estinguendo diritti o fa
coltà ricompresi nella sfera giuridica generale delle società spor
tive, ed impedendo loro lo svolgimento ed il raggiungimento
dell'oggetto sociale fissato nello statuto, incidono per definizio
ne, e quindi necessariamente ed incontestabilmente, sul piano
dell'ordinamento giuridico generale e non su quello interno del
l'ordinamento sportivo (in tal senso, ancora, Tar Sicilia, sede
Catania, sez. Ili, ord. 929/93, cit.). Non si può, quindi, seriamente sostenere che escludere una
società sportiva da un campionato costituisca funzionalmente
la stessa cosa di ammetterla od iscriverla, e che, per ciò stesso,
costituisca attività di organizzazione del campionato.
£3) Né, infine, la natura sanzionatoria dell'atto di esclusione
da un campionato potrebbe contestarsi qualificando tale figura
come mera esplicazione dell'autonomia di gestione e quindi del
la capacità di diritto privato delle federazioni e delle leghe.
Se, infatti, costituisce principio generale del nostro ordina
mento quello in base al quale la pubblica amministrazione ha
la potestà di avvalersi, al pari di ogni altro soggetto giuridico, dei mezzi giuridici posti a disposizione dal diritto privato, e ciò
anche per la realizzazione indiretta di alcuni (non certamente
di tutti) interessi pubblici, pretermettendo i mezzi pubblicistici
corrispondenti, tuttavia è da tener presente che, in tal caso, es
sa, per il solo fatto che ricorre a mezzi privatistici (che sono
fondamentalmente predisposti per la realizzazione di interessi
secondari di carattere patrimoniale), deve collocare in primo pia
no nella sua considerazione, allorché si determina all'azione,
un interesse soggettivo (come soggetto giuridico a sé stante),
secondario, patrimoniale, lasciando nello sfondo l'interesse pub blico generale. Non si può, quindi, ammettere, nei casi dubbi,
una configurabilità come rapporto privatistico di rapporti ai quali
dia luogo l'attività amministrativa avente in primo piano ed in
diretta ed immediata considerazione l'interesse pubblico genera
le, senza diretta considerazione di un eventuale interesse sogget tivo patrimoniale. E ciò in quanto la normalità è rappresentata dal fatto che l'amministrazione agisca come centro di poteri
pubblicistici e non come soggetto giuridico pari ad ogni altro soggetto giuridico, e quindi utilizzando mezzi pubblicistici che,
per definizione, sono collocati dall'ordinamento in posizione di
supremazia o prevalenza, sia pure potenziale, rispetto ai sogget ti privati.
In altri termini, dunque, la facoltà dell'amministrazione di
scegliere se agire con i mezzi del diritto privato può essere eser
citata solo quando si tratti di attività strumentale o accessoria
rispetto alle finalità pubbliche.
Deve, quindi, ritenersi preclusa alla pubblica amministrazio
ne la possibilità di operare con strumenti privatistici nell'eserci
zio di funzioni naturalmente amministrative, qual è indubbia
mente il mantenimento della disciplina all'interno della propria
organizzazione. Come si è già accennato, invero, il potere disci
plinare si fonda, nel diritto pubblico, sul rapporto di suprema zia speciale intercorrente fra la pubblica amministrazione ed i
soggetti privati che ad essa risultano legati da un particolare
rapporto giuridico amministrativo che genera un nesso di «ap
partenenza» all'organizzazione. E quando sussiste un tale rap
porto di supremazia speciale non può farsi luogo, ovviamente, ad atti di diritto privato.
Conseguentemente, una volta riconosciuta alle federazioni spor tive natura (anche) pubblicistica quali organi (organi-enti) del
Coni (ed alle leghe natura di organi dei più ampi organi com
plessi costituiti dalle federazioni), non si vede come si possa
negare agli atti con i quali i predetti enti irrogano sanzioni di
sciplinari espulsive (quindi, non soltanto le revoche di affilia
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
zioni e le radiazioni, ma, anche le esclusioni da campionati, nonché le altre sanzioni espulsive per così dire «minori» che non sono oggetto della presente indagine) natura di provvedi menti soggettivamente ed oggettivamente amministrativi, non
potendosi in realtà, per quanti sforzi dialettici si faccia, conte stare che trattasi di esplicazioni del potere disciplinare, il quale
proprio perché fondato sul rapporto di supremazia di cui si è
detto, non può mai concretizzarsi in atti di diritto privato.
F) L'affermata rilevanza, anche al di fuori dell'ordinamento
sportivo delle norme regolamentari delle federazioni sportive che
disciplinano il conferimento ai privati dello status di soggetti
dell'organizzazione sportiva e la sua compressione, e quindi la
piena rilevanza sul piano dell'ordinamento giuridico generale
(del quale costituiscono, quindi, fonti di produzione, a norma
dell'art. 2, 2° comma, disp. prel. c.c.), deriva dalla loro intrin
seca giuridicità per così dire «esterna», in quanto sorretta sui
principi fondamentali del nostro ordinamento che assume fra
i compiti principali dello Stato quello di riconoscere e garantire «i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle forma
zioni sociali ove si svolge la sua personalità» (art. 2 Cost.) (la
spiegazione in tali termini della rilevanza esterna delle norme
regolamentari delle federazioni sportive è costante nella giuris
prudenza amministrativa: si vedano, fra le altre, Tar Lazio, sez.
Ili, 25 maggio 1989, n. 1079, cit., e 26 aprile 1986, n. 1641, ibid., nn. 31, 41-43). (Omissis)
Il diritto di associazione si manifesta, infatti, non solo come
libertà dell'associazione, bensì anche come libertà nell'associa
zione, e quindi in altri termini, non solo come libertà di asso
ciarsi, bensì anche come libertà di entrare e permanere nell'as
sociazione (in presenza dei prescritti requisiti) posto che è lo
stesso art. 2 Cost, a riconoscere e garantire tutti i diritti inviola
bili anche alle «formazioni sociali».
Non si deve dimenticare, infatti, che l'ordinamento giuridico
statale, in quanto ordinamento sovraordinato agli ordinamenti
minori esistenti nel suo ambito, nel riconoscere la loro esistenza
(attribuendo loro, in alcuni casi, la qualifica di soggetto), ha
consentito, implicitamente o esplicitamente, ai soggetti privati di farne parte, e nel far ciò li ha garantiti circa la correttezza
dell'azione dell'ordinamento minore. Di fronte ad una attività
«scorretta» dell'ordinamento minore, l'ordinamento giuridico sta
tale, sovraordinato, è quindi tenuto anche ad offrire ai soggetti che fanno parte di tale ordinamento minore (ma che sono, pri ma di tutto, soggetti dell'ordinamento giuridico statale), i rime
di giurisdizionali necessari per rendere effettiva la garanzia dei
diritti inviolabili contenuta nell'art. 2 Cost. Conseguentemente, non si può non riconoscere in capo ai soggetti appartenenti an
che ad un ordinamento giuridico minore o particolare uno spe cifico interesse alla legittimità dell'azione di tale ordinamento
e quindi il diritto di invocare l'intervento dell'ordinamento sta
tale sovraordinato (diritto, che l'art. 24, 1° comma, Cost, non
limita o circoscrive in alcun modo) affinché il proprio interesse
riceva una specifica tutela (in tal senso, Tar Lazio, sez. Ili, 8 marzo 1982, n. 311, id., 1983, III, 117, punto 2.2.2. della
motivazione). Del resto, tale principio riceve attuazione in vari dati testuali
del nostro ordinamento. Basti pensare, infatti, all'art. 23 c.c.
che prevede la possibilità degli associati di ottenere l'annulla
mento delle deliberazioni dell'assemblea dell'associazione con
trarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto; agli art. 1107
e 1109 c.c., che attribuiscono ai partecipanti alla comunione,
dissenzienti, il diritto di impugnare sia il regolamento che, in
alcuni casi, le deliberazioni della maggioranza; all'art. 1137 c.c.,
che prevede l'impugnativa, da parte dei condomini dissenzienti, delle deliberazioni dell'assemblea condominiale; all'art. 2377 c.c.,
che consente ai soci assenti o dissenzienti delle società per azio
ni di impugnare le deliberazioni assembleari contrarie alla legge o all'atto costitutivo; e così via.
Con riferimento specifico, poi, alla già rilevata e peculiare circostanza che ciascuna federazione sportiva determina la crea
zione di un particolare ordinamento sportivo, deve ancora os
servarsi che la presenza di ordinamenti particolari nell'ambito
più generale dell'ordinamento giuridico statale non è certamen
te fenomeno eccezionale (basti pensare, ad esempio, all'ordina
mento militare o all'ordinamento scolastico), e che Papparte
li. Foro Italiano — 1999.
nenza ad uno di essi non può mai provocare la caducazione
della tutela giurisdizionale statale (giurisprudenza assolutamen
te pacifica: cfr., fra altre, Tar Lazio, sez. Ili, 22 ottobre 1979, n. 680, id., 1981, III, 52).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, dunque, le
questioni che non possono assolutamente restare confinate nel
l'ordinamento sportivo e nell'ambito dei rimedi propri della giu stizia sportiva, e che non possono, quindi, mai sfuggire alla
cognizione della giurisdizione statale, sono quelle che coinvol
gono il diritto di associazione nella sua duplice estrinsecazione
di libertà della associazione e quindi libertà di associarsi, e di
libertà nell'associazione, e quindi di permanere nell'associazio
ne; vale a dire, per quanto qui rileva, l'ingresso e la legittima
permanenza non soltanto nell'ordinamento sportivo incentrato
sulla specifica associazione o formazione sociale costituita da
una determinata federazione sportiva, ma anche — oltre tutto
per l'evidente analogia con l'affiliazione e la revoca dell'affilia
zione, rispettivamente previste dal 3° e 6° comma dell'art. 10
1. 91/81 — in quelle ulteriori associazioni o formazioni sociali
di secondo grado (leghe) a loro volta associate alla più ampia associazione complessa costituita da una determinata federazio
ne, vale a dire in organizzazioni (strutturalmente più ristrette
delle federazioni ma, ove previste, qualitativamente più rilevan
ti rispetto all'inserimento nell'orbita più ampia e generica ma
per così dire «neutra» dell'ordinamento sportivo, in quanto co
stituiscono la misura ed il contenuto concreto di tale inserimen
to e lo qualificano) composte da tutte le società sportive parte
cipanti ad un determinato campionato. Per quanto concerne, in particolare, le esclusioni dai campio
nati, non si può in alcun modo disconoscere, invero, che, allo
stesso modo dell'affiliazione delle società sportive ad un ordi
namento sportivo, nonché della sanzione espulsiva della revoca
di tale affiliazione, anche le iscrizioni delle stesse società ad un
determinato campionato (e, ove esistente, alla relativa lega) non
ché le sanzioni espulsive dell'esclusione da tale campionato (va riamente qualificabili e denominate anche come diniego o rifiu
to di iscrizione) attengono non alla disciplina dell'attività spor tiva ma alla ben diversa disciplina dell'accesso a tale attività
che non può tollerare altri criteri e principi se non quelli valo
rizzati a livello costituzionale (art. 2, 18 e 24 Cost.), tenuto
conto soprattutto della circostanza che le federazioni sportive, come risulta espressamente dagli stessi statuti e dalle altre «car
te federali», agiscono non in regime di concorrenza ma di mo
nopolio, in quanto sono le uniche associazioni abilitate ad or
ganizzare, su tutto il territorio nazionale e con il previsto rico
noscimento ufficiale, una determinata attività sportiva ed i relativi
campionati. Sotto altro aspetto, poi, non va trascurato che l'obiettiva e
concreta portata di tali sanzioni espulsive da campionati, e le
ghe relative, assume un rilievo sostanziale anche con riguardo allo status soggettivo di affiliato, in quanto paralizza tutte le
facoltà ad esso inerenti in misura tale da determinare una effet
tiva e grave cesura o perdita di contenuti del rapporto stesso, con conseguente lesione del bene della vita ad esso correlato
(in tal senso, in generale, Tar Lazio, sez. III, 20 agosto 1987, n. 1449, cit.).
A conclusione di tutto l'itinerario argomentativo sin qui per
corso, si può, dunque, affermare che anche gli interessi sostan
ziali connessi all'iscrizione ed alla legittima permanenza delle
società sportive in un campionato ed in una lega assurgono alla
consistenza di interessi tutelati dalla giurisdizione statale, e più
precisamente (atteso il non contestabile potere di supremazia
speciale attribuito dall'ordinamento alle federazioni) di interessi
legittimi, come tali rientranti nella giurisdizione del giudice am
ministrativo.
Non sembra potersi dubitare, invero, che, allorché il regime delle esclusioni o dei dinieghi di iscrizione si estrinseca attraver
so atti autoritativi in grado di recidere o alterare stabilmente
il rapporto sottostante, instaurato a tutela dell'interesse prima rio all'esercizio dell'attività sportiva nell'ambito degli assetti or
dinamentali, allora ci si trova di fronte a veri e propri provvedi menti amministrativi lesivi della sfera giuridica degli interessati e, perciò, sottoposti al sindacato del giudice amministrativo (così,
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PARTE TERZA
ancora fra le tante, Tar Lazio, sez. Ili, 20 agosto 1987, n. 1449,
cit.). 2. - Ritenuto altresì, a cagione della pervicace reiterazione
di simili eccezioni da parte delle federazioni sportive e delle le ghe, di dover nuovamente riaffermare l'assoluta inconfigurabi lità ed infondatezza dell'asserito difetto assoluto di giurisdizio ne in forza delle clausole compromissorie stabilite dai vari sta
tuti federali (c.d. vincolo di giustizia: nella specie quello di cui
all'art. 24, 2° comma, dello statuto della Figc), essendo palese la loro illegittimità ove si consideri: a) che l'ordinamento spor tivo nazionale, pur essendo dotato di ampi poteri di autono
mia, di autarchia e di autodichia, è derivato da quello generale dello Stato, per cui il citato «vincolo di giustizia» può libera
mente operare o nell'ambito strettamente tecnico-sportivo, co
me tale irrilevante per l'ordinamento dello Stato, ovvero nel
l'ambito in cui ciò sia consentito dall'ordinamento dello Stato, e cioè in quello dei diritti disponibili; b) e che tale vincolo non
può, invece, operare nell'ambito degli interessi legittimi proprio
perché, a causa del loro intrinseco collegamento con un interes
se pubblico e in forza dei principi sanciti dall'art. 113 Cost., tali situazioni soggettive sono insuscettibili di formare oggetto di una rinunzia preventiva generale e temporalmente illimitata
alla tutela giurisdizionale (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez.
VI, 1050/95, cit.; Cass., sez. un., 3091/86, cit.; Tar Lazio, sez.
Ili, 18 gennaio 1989, n. 43, id., Rep. 1989, voce cit., n. 40; 8 febbraio 1988, n. 135, id., Rep. 1988, voce cit., nn. 43, 48,
52; 26 aprile 1986, n. 1641, cit.). 3. - Ritenuto che la predetta domanda di esecuzione della
menzionata ordinanza di questa sezione n. 1949 del 16 settem
bre 1999, in epigrafe (con la quale era stata accolta la domanda
di sospensione dell'efficacia del provvedimento negativo impu
gnato) risulta fondata, non avendo l'intimata Lega nazionale
dilettanti della Figc ottemperato a tutt'oggi alla predetta ordi
nanza di sospensione, la cui esecuzione doveva essere ovvia
mente effettuata mediante la predisposizione di un nuovo ed
idoneo calendario del girone primo del campionato nazionale
dilettanti di calcio, in modo da rendere integralmente ed imme
diatamente operativa la disposta ammissione, con riserva della
ricorrente società sportiva al predetto campionato per la corren
te stagione 1999/2000, anche in eccedenza, eventualmente, ri
spetto all'organico prefissato di diciotto squadre. (Omissis) 11. - Ritenuto, inoltre, che nei casi in cui l'ordinanza di so
spensione del provvedimento o del silenzio-rifiuto impugnato non sia di per sé «autoesecutiva» e cioè sufficiente a garantire l'effettività della tutela dell'interesse fatto valere dal ricorrente, ovvero nei casi in cui (come nella fattispecie) l'amministrazione
rifiuti o eluda l'esecuzione dell'ordinanza cautelare, l'interessa
to ben può adire nuovamente il giudice amministrativo chieden
do l'emanazione (come nella specie) dei provvedimenti ritenuti
idonei (e consentiti dal sistema) per assicurare l'esecuzione della
sospensione, con le forme stabilite per l'ordinario giudizio di
sospensione del quale la domanda stessa rappresenta nulla più che una fase integrativa (cfr., fra altre: Cons. Stato, ad. plen., 27 aprile 1982, n. 6, id., 1982, III, 229, punto 6 della motiva
zione; ord. 1° giugno 1983, n. 14, id., 1984, III, 72; ad. plen. 5 settembre 1984, n. 17, id., 1985, III, 51, punto 1 della moti
vazione; sez. VI 3 aprile 1985, n. 119, id., Rep. 1985, voce
Giustizia amministrativa, n. 497); e considerato che ben può il giudice amministrativo, in sede di giudizio di ottemperanza ex art. 37 1. n. 1034 del 1971, direttamente o per mezzo di com
missario ad acta da lui nominato, porre in essere provvedimenti di vario tipo (costitutivi, certificativi, dichiarativi di obblighi a carico dell'amministrazione, ecc.) e adempimenti vari che sia
no strumentalmente necessari per realizzare concretamente gli effetti scaturenti dalla ordinanza cautelare da eseguire (cfr., an
cora, ad. plen. 6/82, cit., che estende alle ordinanze cautelari
la possibilità di adottare tali provvedimenti già affermata per le sentenze di ottemperanza dalla stessa adunanza plenaria con
sentenza n. 23 del 14 luglio 1978, id., 1978, III, 449) sicché
l'effettività della tutela interinale può essere realizzata mediante
strumenti diversi e ampiamente eccedenti la pura e semplice pa ralisi degli effetti del provvedimento o del silenzio-rifiuto, im
pugnato, e quindi anche imponendo all'autorità amministrativa
la tenuta di determinati comportamenti considerati necessari per
Il Foro Italiano — 1999.
la realizzazione della tutela giurisdizionale, e quindi degli effetti
sostanziali della pronuncia cautelare (cfr., ad. plen., ord. 14/83,
cit., e le ordinanze di questo Tar sopra indicate sub 4). 12. - Precisato ulteriormente, al riguardo, che la predetta ese
cuzione delle ordinanze di sospensione di provvedimenti negati vi o di comportamenti omissivi deve necessariamente realizzar
si, per definizione, in forma specifica e non generica, dato che,
come si è succintamente accennato, consiste nell'emanazione delle
statuizioni giurisdizionali necessarie per assicurare coattivamen
te, e quindi concretamente l'ordine di sospensione non eseguito
spontaneamente dall'amministrazione, che avrebbe dovuto ot
temperare all'ordinanza mediante una nuova e provvisoria effu
sione di attività amministrativa finalizzata alla realizzazione (con altri atti) del c.d. effetto conformativo (od obbligo di confor
marsi) alla pronunzia del giudice amministrativo; e che in sede
dogmatica e sistematica, il delineato meccanismo di esecuzione
in forma specifica delle ordinanze cautelari in genere e, in parti
colare, di quelle di sospensione di provvedimenti negativi o di
silenzi-rifiuti (e quindi concernenti interessi legittimi pretensivi) trova la sua base giuridica essenzialmente in un duplice ordine
di argomentazioni:
A) il dovere della pubblica amministrazione di provvedere re
golando (ex novo o per la prima volta) interinalmente la situa
zione oggetto dell'assetto di interessi disposto con il provvedi mento negativo od il comportamento omissivo sospeso con re
mand — dovere la cui reviviscenza o riaffermazione, come già detto sub 5, ha «titolo» nel provvedimento cautelare del giudice amministrativo che, in un certo senso, viene a trovare la preesi stente potestà attribuita all'autorità amministrativa — non può che avere per contenuto un obbligo di fare la cui esecuzione
coattiva ad opera (esclusiva) del giudice amministrativo, stante
l'analogia con gli obblighi contrattuali di fare, o di non fare, coercibili in forma specifica, e cioè attraverso la consecuzione
dello stesso oggetto dedotto in obbligazione (art. 2931 e 2933
c.c.; art. 612 ss. c.p.c.), deve necessariamente realizzarsi in for
ma anch'essa specifica e cioè mediante la sostituzione di prov vedimenti cautelari di esecuzione del giudice amministrativo (di rettamente o a mezzo di commissari ad acta) a quelli che la
pubblica amministrazione inadempiente avrebbe dovuto emana
re, stante la già ricordata esecutività immediata delle ordinanze
cautelari;
B) ed invero, la giurisdizione del giudice amministrativo in
sede cautelare, ed in particolare quella esercitata nella fase di
esecuzione delle ordinanze di sospensione alle quali l'autorità
amministrativa non ha ottemperato, ha caratteri del tutto ana
loghi a quelli del giudizio di ottemperanza o di esecuzione del
giudicato previsto e disciplinato dall'art. 27, n. 4, t.u. Cons.
Stato approvato con r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, e dall'art. 37 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei Tar. E poiché, co
m'è noto, il giudizio di ottemperanza o di esecuzione del giudi cato costituisce, per espressa previsione normativa del predetto art. 27, n. 4, una delle ipotesi tipiche (ed anzi, com'è altresì
risaputo, la più importante) nelle quali il giudice amministrati
vo ha giurisdizione di legittimità estesa al merito, anche la giu risdizione cautelare deve ricondursi nell'ambito della giurisdi zione di merito, caratterizzata, com'è altresì risaputo, dal pote re del giudice amministrativo di riformare o sostituire i
provvedimenti impugnati (art. 26, 2° comma, 1. 6 dicembre 1971
n. 1034; si veda anche l'art. 45, 2° comma, ultimo inciso, r.d.
26 giugno 1924 n. 1054). Su tale ricostruzione del sistema in
materia la giurisprudenza amministrativa si è ormai assoluta
mente consolidata dopo la già ricordata fondamentale pronun zia dell'ad. plen. 6/82 (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. VI,
350/87, id., 1988, III, 16, e 701/89, id., Rep. 1989, voce Istru
zione pubblica, n. 182), con l'adesione della più autorevole
dottrina.
13. - Ritenuto, inoltre, che non può condividersi l'ulteriore
assunto, formulato nell'ambito di una corrente di pensiero, per così dire, intermedia od eclettica (recentemente delineatasi sia
in dottrina che in giurisprudenza), secondo cui, pur afferman
dosi in linea di principio la sospendibilità dei provvedimenti ne gativi e dei silenzi-rifiuti, il potere del giudice amministrativo in materia dovrebbe essere subordinato a varie condizioni nega tive (fra le quali quelle, sopra cennate e confutate, della esclu
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
sione dell'attribuzione in sede cautelare di una utilità eguale o
superiore rispetto a quella conseguibile con la sentenza di acco
glimento del ricorso, e della imprescindibile mancanza di irre
versibilità degli effetti della pronunzia cautelare sulla situazione
controversa e quindi sugli interessi pubblici sottesi e coinvolti), mentre l'operatività dell'obbligo dell'amministrazione di esegui re l'ordinanza di sospensione e quindi di provvedere nuovamen
te ed interinalmente, nonché la stessa ammissibilità della even
tuale ulteriore fase cautelare di esecuzione coattiva in primo
grado, pur riconosciute in limiti così ristretti, resterebbero ulte
riormente subordinate alla condicio iuris risolutiva della propo sizione dell'appello avverso l'ordinanza cautelare di primo gra
do; e ciò perché, come pure incisivamente affermato da un'au
torevole dottrina, se perfino la pronunzia cognitoria del Tar
è dichiarata esecutiva, cioè immediatamente efficace, dall'art.
33 1. 1034/71, senza che la proposizione dell'appello possa inci
dere su tale efficacia (a meno che il Consiglio di Stato non
sospenda con ordinanza l'esecutività della sentenza), tanto più ciò dovrà ritenersi per le misure cautelari il cui fondamento stesso
risiede nel modificare subito il regime giuridico delle parti, te
nuto conto, oltretutto, che alla pubblica amministrazione non
può consentirsi la scelta tra l'ottemperanza immediata e l'attesa
dell'esito dell'appello già proposto o da proporre, in quanto
una simile facoltà equivarrebbe a dire che per una larga parte
degli interessi pretensivi la cautela è tanto attenuata da risulta
re, quando contrastata da una difesa accanita dell'amministra
zione, in parte inesistente, e ciò in violazione dell'art. 113, 1°
e 2° comma, Cost. (Omissis)
15.1. - Precisato ancora in proposito che secondo un recente
orientamento giurisprudenziale sostenuto dalla V sezione del Con
siglio di Stato (si veda l'ordinanza n. 1210 del 21 giugno 1996,
id., Rep. 1997, voce Giustizia amministrativa, n. 761) la tutela
degli interessi pretensivi che si assumono lesi da provvedimenti amministrativi di rigetto può essere efficacemente realizzata in
sede cautelare non già con ordinanze propulsive, bensì «me
diante l'adozione di misure d'urgenza di contenuto positivo, de
terminate autonomamente dal giudice, intese ad anticipare in
via meramente interinale, la produzione degli effetti del provve
dimento richiesto dall'interessato e negato dall'amministrazio
ne». (Omissis) 15.3. - Rilevato che, alla stregua di tale recente orientamento
del Consiglio di Stato, le predette «misure d'urgenza di conte
nuto positivo determinate autonomamente dal giudice» sareb
bero le uniche ammissibili per la tutela cautelare nei confronti
dei provvedimenti negativi, nonostante eliminino direttamente
e totalmente (anche se provvisoriamente) ogni residuo margine
di discrezionalità dell'amministrazione, e siano quindi molto più
incisive delle misure «propulsive» (c.d. remand: rinvio) che si
limitano ad ordinare all'autorità amministrativa il riesame della
situazione controversa tenendo conto dei motivi del ricorso rite
nuti fondati ad un primo esame.
15.4. - Considerato, altresì, che la Corte di giustizia delle Co
munità europee, con sentenza del 9 novembre 1995 emessa nella
causa C-465/93 (c.d. caso «Atlanta»), id., Rep. 1996, voce Unio
ne europea, nn. 842, 843, ha affermato (in sintesi) che l'art.
189 del trattato Ce consente al giudice nazionale di concedere
provvedimenti cautelari che modifichino o disciplinino i rap
porti giuridici controversi in ordine a provvedimenti ammini
strativi nazionali fondati su regolamenti comunitari, e che con
seguentemente, come pure affermato da autorevole dottrina, la
tutela cautelare avverso provvedimenti negativi basati sul diritto
interno non può risultare diversa e meno incisiva rispetto a quella
ammessa nei confronti dei predetti provvedimenti amministrati
vi attuativi di atti comunitari, e ciò in applicazione dell'art. 113,
2° comma, Cost, che riconosce solennemente la tutela giurisdi
zionale senza alcuna esclusione o limitazione a particolari mezzi
di impugnazione o per determinate categorie di atti ammini
strativi. 16. - Ricordato che i suesposti principi ed in particolare quel
lo della eseguibilità, anche con mezzi coercitivi, quale «conno
tato proprio e indefettibile del tipo di tutela richiesto con la
domanda cautelare» (così testualmente, Cons. Stato, ad. plen.,
17/84, cit., punto 1 della motivazione), sono stati recentemente
affermati ed ulteriormente precisati anche dalla Corte costitu
ii Foro Italiano — 1999.
zionale con le sentenze n. 419 dell'8 settembre 1995 (id., 1995,
I, 2641), e n. 435 del 15 settembre 1995 (ibid.). (Omissis) 18. - Considerato che — pur dovendo ritenersi in linea di
principio, che, in mancanza (come nella specie) di un termine
giudiziale espressamente assegnato dal giudice amministrativo
per l'esecuzione delle ordinanze cautelari, l'amministrazione de
ve ottemperare a tali pronunzie giurisdizionali, in relazione alla
maggiore o minore urgenza delle varie situazioni, o immediata
mente, o, comunque, entro e non oltre il termine — implicito — di trenta giorni dalla loro comunicazione o notificazione, e ciò in applicazione analogica dell'art. 2, 3° comma, 1. 7 ago sto 1990 n. 241, e dell'art. 2, 3° comma, 1. reg. 30 aprile 1991
n. 10 — appare tuttavia opportuno in tali casi di mancata asse
gnazione di un termine preciso procedere espressamente all'as
segnazione all'autorità amministrativa inadempiente di un nuo
vo termine per l'ottemperanza, la cui decorrenza infruttuosa de
terminerà automaticamente l'inizio del procedimento di
esecuzione giudiziale a mezzo di commissario ad acta, così co
me appresso specificato. 19. - Rilevata, pertanto, la necessità di nominare, per la pre
detta ipotesi di ulteriore inottemperanza della pubblica ammini
strazione, due commissari ad acta col mandato (meglio specifi cato nel dispositivo che segue) di provvedere all'esecuzione del
la predetta ordinanza cautelare 1949/99, precisandosi che a
seguito della acquisizione di efficacia della nomina dei commis
sari (che si verificherà non appena scaduto infruttuosamente il
nuovo brevissimo termine assegnato all'autorità amministrativa
con il dispositivo della presente ordinanza), gli organi dell'am
ministrazione verranno esautorati ope iudicis dalle loro normali
attribuzioni, nei limiti strettamente necessari per l'adempimento della pronunzia cautelare non eseguita spontaneamente, in quanto viene a determinarsi una vera e propria carenza sopravvenuta di potestà dell'amministrazione inadempiente, che, nei limiti cen
nati, non può più validamente disporre degli interessi conside
rati (Cons, giust. amm. sic. 21 dicembre 1982, n. 92, id., Rep.
1983, voce Giustizia amministrativa, nn. 207, 343, 713, 768,
784, 796, 804, punto 3 della motivazione; Cons. Stato, sez. VI,
19 gennaio 1995, n. 41, id., 1995, III, 129). 20. - Considerato che l'inottemperanza della Lega nazionale
dilettanti della Figc alla predetta ordinanza cautelare 1949/99
ha reso ancor più difficile sul piano della realizzazione pratica e più onerosa per le altre società partecipanti al campionato nazionale dilettanti, girone primo — essendo ormai trascorse
a tutt'oggi cinque giornate di campionato (5, 12, 19 e 26 set
tembre, e 3 ottobre 1999) e non soltanto le prime due giornate
(5 e 12 settembre 1999) di gare già effettuate al momento della
decisione e del deposito della ripetuta ordinanza n. 1949 del
15-16 settembre 1999) — anche la soluzione meno drastica, adot
tata dal tribunale con tale pronunzia cautelare, della ammissio
ne della società sportiva ricorrente al campionato in questione anche in soprannumero o in eccedenza rispetto all'organico del
le squadre prefissato; di guisa che si rende a questo punto ne
cessario disporre che l'ammissione o inserimento della società
sportiva ricorrente nel predetto girone primo del campionato
nazionale dilettanti venga concretamente realizzata mediante la
predisposizione di un separato calendario aggiuntivo ed integra
tivo che fermo restando il calendario ufficiale originario predi
sposto dalla Lega nazionale dilettanti della Figc, tenga conto
soltanto delle partite che la ricorrente N.f.c. Orlandina dovrà
disputare, in turni infrasettimanali, con tutte le diciotto squadre delle società sportive già iscritte al predetto girone primo del
campionato nazionale dilettanti, secondo i criteri e le modalità
operative specificati nel dispositivo che segue. (Omissis)
22. - Considerato altresì che la mancata esecuzione, da parte
della Lega nazionale dilettanti della Figc, integrerebbe gli estre
mi del reato previsto e punito dall'art. 328 c.p. (rifiuto di atti
d'ufficio. Omissione) o, quantomeno, gli estremi materiali del
reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità, previsto
e punito dall'art. 650 c.p., e/o degli altri reati che il giudice
penale riterrà di ravvisare.
23. - Ritenuto ancora, in proposito, che tale reato assumereb
be una connotazione di particolare gravità in quanto, attraverso
il disconoscimento (sia pure implicito) del valore e della autori
tà delle pronunzie giurisdizionali, verrebbe ad essere vulnerato
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PARTE TERZA
e calpestato non soltanto il principio del primato della funzione
giurisdizionale nel momento interpretativo ed applicativo delle
norme dell'ordinamento ma lo stesso fondamento dello Stato
di diritto, e verrebbe conseguentemente ad essere leso, in modo
intollerabile, anche il prestigio di tutta la magistratura ammini
strativa.
24. - Considerato, pertanto, che dinanzi ad un eventuale com
portamento omissivo della resistente Lega nazionale dilettanti
della Figc, il tribunale — e per esso i commissari ad acta —
non potrebbe sottrarsi all'obbligo, stabilito dall'art. 331, 4° com
ma, nuovo c.p.p., di inviare denunzia di reato al competente
procuratore della repubblica, trasmettendogli copia autentica della
presente ordinanza e della precedente ordinanza 1949/99 non
eseguita dalla predetta amministrazione.
25. - Considerato, infine, che il tribunale non potrebbe altresì
esimersi, a norma dell'art. 53 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, dal
l'obbligo di inviare rapporto alla procura generale della Corte
dei conti, trasmettendole copia dei predetti atti, dato che l'inse
diamento dei commissari ad acta comporterà una responsabilità amministrativa (ai sensi dell'art. 52 citato r.d. 1214/34 e degli art. 82 e 83 r.d. 18 novembre 1923 n. 2440) per il danno deri
vante all'amministrazione intimata dall'onere finanziario per il
pagamento ai predetti commissari del compenso e delle spese
per la loro attività, così come stabilito nel dispositivo che segue. 26. - Considerato, poi, che nei casi più gravi di mancato adem
pimento dell'amministrazione all'obbligo di ottemperare alla pro nunzia cautelare, il giudice amministrativo può e deve disporre l'intervento della forza pubblica per superare opposizioni mate
riali all'esecuzione dell'ordinanza cautelare (cfr., fra le altre, Tar Lombardia, sez. Ili, ord. n. 11 del 10-13 ottobre 1986,
id., Rep. 1987, voce cit., n. 715, e Tar Sicilia, sede Catania, sez. Ili, ord. 929/93, cit., punto 13 della motivazione; nello
stesso senso, Pret. Roma 25 febbraio 1980, id., Rep. 1981, voce
Provvedimenti di urgenza, n. 171, e Pret. Parma 13 febbraio
1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 125) e ciò anche in applica zione analogica dell'art. 613 c.p.c. che autorizza l'ufficiale giu diziario a «farsi assistere dalla forza pubblica» nel procedimen to di esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare.
27. - Precisato infine che, come già sopra accennato, la do
manda di esecuzione coattiva dell'ordinanza di sospensione apre una mera fase «integrativa» dell'unico giudizio cautelare, essen
do incontestabile la compenetrazione o identità sostanziale di
tale fase di esecuzione dell'ordinanza cautelare e di quella, pre
cedente, di emanazione della stessa ordinanza non eseguita spon taneamente (e doverosamente) dall'amministrazione, atteso il ca
rattere rigorosamente unitario del giudizio cautelare nel quale non sono indentificabili procedimenti distinti di cognizione e
di esecuzione, in quanto il potere cautelare implica anche la
capacità del giudice di assicurare l'attuazione della misura cau telare con gli ordinari rimedi (cfr., fra altre, ad. plen. 6/82,
punto 6 della motivazione; 17/84, punto 1 della motivazione; sez. VI 119/85; Tar Lazio, sez. I, 823/85; Cass., sez. un.,
2149/95, id., Rep. 1997, voce Giustizia amministrativa, n. 773, e Corte cost. n. 419 e n. 435 del 1995, tutte già citate nei para
grafi precedenti); e che, conseguentemente, la presente ordinan za cautelare integra a tutti gli effetti la precedente ordinanza
cautelare di questa sezione 1949/99, cit., non soltanto, ed ov
viamente, per l'emanazione delle idonee misure coercitive del
l'intervento sostitutivo disposto con la prima ordinanza, bensì
anche per l'ulteriore conferma di tale statuizione con l'attribu
zione di un nuovo brevissimo termine per l'esecuzione sponta nea (così come specificato in dispositivo), di guisa che, quanto meno in relazione a quest'ultima statuizione la presente ordi nanza assume una valenza giuridica autonoma dalla precedente
per tutti gli effetti sostanziali e processuali. Per questi motivi, (omissis)
III
Ritenuto che appare destituita di fondamento l'eccezione di
difetto assoluto di giurisdizione, come già statuito da Cons. Stato, sez. VI, 1050/95 (Foro it., 1996, III, 275), confermata da Cass.,
Il Foro Italiano — 1999.
sez. un., 9550/97 (id., Rep. 1998, voce Giustizia amministrati
va, n. 945); visto l'art. 21 1. 1034/71; rilevato che da un lato non è stato impugnato soltanto il «si
lenzio», ma anche il «verbale e/o provvedimento» di non am
missione;
considerato che nella produzione documentale della lega na
zionale dilettanti non si rinviene il provvedimento della giunta esecutiva della lega con il quale sono state esaminate le doman
de e accertati i requisiti per le ammissioni al campionato nazio
nale dilettanti (l'esistenza di tale provvedimento si ricava dal
l'ultimo capoverso del comunicato ufficiale n. 10, che espressa mente prevede «l'esame delle domande e l'accertamento dei
requisiti» da parte di detta giunta esecutiva); ritenuto che il diritto di ogni soggetto ad ottenere la risposta
da parte della pubblica amministrazione alle proprie istanze non
può in alcun caso essere disconosciuto; ritenuto che l'atto con cui si esamina e si rigetta un'istanza
— e che va in questo caso identificato con il predetto atto non
prodotto — deve essere comunicato ai destinatari dell'atto, se
condo principi giurisprudenziali elaborati già da epoca anterio
re all'emanazione della 1. 241/90, e che, comunque, questo atto
doveva essere prodotto in giudizio per illuminare il decidente; ritenuto che l'omessa produzione del ripetuto atto costituisce
comportamento processuale valutabile ex art. 116, 2° comma,
c.p.c.;
ritenuto, in definitiva, che il ricorso è fondato sotto il profilo del difetto di motivazione e dell'omesso doveroso riscontro del
l'istanza presentata dalla N.f.c. Orlandina; ritenuto che sussiste, altresì, il periculum in mora, delineato
a p. 4 del ricorso, e che, pertanto, deve essere accolta l'istanza
cautelare in esame, con conseguente ammissione con riserva della
N.f.c. Orlandina al campionato nazionale dilettanti, anche even
tualmente in eccedenza rispetto all'organico prefissato. Per questi motivi, il Tribunale amministrativo regionale della
Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. Ili, accoglie la doman
da di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato con il ricorso descritto in epigrafe, come precisato in motivazione.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA; sezione di Reggio Calabria; sentenza 28 ottobre
1999, n. 1374; Pres. ed est. Ravalli; Cananzi e altri (Avv. Barrile, Serranò) c. Comune di Gioia Tauro (Aw. Macino).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA; sezione di Reggio Calabria; sentenza 28 ottobre
Comune e provincia — Consiglieri comunali — Dimissioni di almeno la metà — Condizioni per lo scioglimento — Esclu sione —
Surroga dei dimissionari (L. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, art. 31, 39; 1. 15 maggio 1997 n. 127, misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo, art. 5).
Le dimissioni di almeno la metà dei consiglieri comunali non danno luogo ad un 'ipotesi di scioglimento del consiglio quan do non siano contestuali né contemporanee ed è pertanto le
gittima la surroga dei consiglieri stessi. (1)
(1) Nella sentenza in epigrafe, il Tar Calabria, sezione di Reggio Ca labria, affronta il tema, già oggetto di numerose pronunce giurisdizio nali e di alcuni interventi legislativi, relativo alle dimissioni ultra dimi dium dei consiglieri comunali ed ai rapporti tra l'istituto della surroga dei consiglieri dimessisi e lo scioglimento del consiglio comunale.
Il testo originario dell'art. 39, 1° comma, lett. b), n. 2, 1. 142/90 indicava, quale ipotesi di scioglimento del consiglio comunale per im
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