ordinanza 16 aprile 2004; Giud. Montanaro; Soc. Tecnoservizi (Avv. Rossi) c. Soc. Alta ValleAterno (Avv. Baiocco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 6 (GIUGNO 2004), pp. 1921/1922-1929/1930Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199257 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
denza pagata a titolo di Iva, a norma dell'art. 30 d.p.r. 633/72
(differenza tra quanto pagato dalla cooperativa a quel titolo ai suoi fornitori di beni e di servizi — e posto quindi a suo credito — e la minor somma incassata dalla stessa cooperativa unita mente al prezzo degli alloggi assegnati ai soci — e posta quindi a suo debito nei confronti dell'amministrazione finanziaria), es sendo certo che un tale credito sorge nell'esercizio dell'attività di impresa, la quale fa capo esclusivamente alla cooperativa, e non è riferibile ai singoli soci.
Né — si rilevò — un diritto al ristorno dell'Iva potrebbe farsi derivare dallo scopo mutualistico in sé e per sé considerato, giac ché esso, pur dovendo sovrintendere all'attività sociale della coo
perativa influenzandone i singoli atti, non costituisce per il socio fonte di aspettative immediatamente tutelate, atteso che l'auto
nomia negoziale della cooperativa si esplica attraverso l'azione dei suoi amministratori, che ne rispondono all'assemblea.
In ogni caso la legge non riconosce al socio cooperatore un
diritto soggettivo al ristorno più di quanto non riconosca al so cio delle società di capitali un diritto alla distribuzione degli utili, subordinando nell'uno come nell'altro caso le aspettative del socio alle deliberazioni dell'assemblea, su proposta degli amministratori, in sede di approvazione del bilancio.
E da aggiungere che ancor meno potrebbe riconoscersi un di
ritto di tal sorta per le cooperative edilizie che operino conti
nuativamente nel tempo e non si sciolgano con la costruzione del singolo immobile.
Di conseguenza, una volta acquisita la somma al patrimonio sociale, gli amministratori potranno disporne per gli scopi so
ciali in conformità delle indicazioni dell'assemblea e nessuna
ragione d'illegittimità sarà ravvisabile in un bilancio, peraltro mai impugnato, che quei ristorni a favore dei soci non abbia
contemplato. Peraltro l'eventuale illegittimità di un tale bilancio potrebbe
astrattamente ipotizzarsi solo qualora lo statuto preveda un vero e proprio diritto soggettivo del socio almeno su una parte delle
eccedenze attive, laddove, invece, nel caso di specie, come si
diceva poc'anzi, lo statuto della cooperativa appellata non pre vede nulla di tutto ciò.
Questo naturalmente non esclude che una cooperativa, anche
in sede di liquidazione finale, possa attribuire ai soci i ristorni e
parte dei residui attivi dovuti a risparmi mutualistici, se ciò sia
consentito dallo statuto, ma pur sempre dopo che sia stata de
dotta la quota destinata a riserva e ai fondi mutualistici, e le spe se di amministrazione.
Questo orientamento ha poi ricevuto l'avallo anche della Su
prema corte di cassazione, sebbene essa abbia ritenuto che i ri
storni debbano pur sempre essere tenuti distinti dagli utili in
senso proprio, giacché, anche se hanno con questi in comune la
caratteristica dell' alcatorietà (in quanto la società può distri
buirli solo se la gestione mutualistica dell'impresa si chiuda con
un'eccedenza dei ricavi rispetto ai costi), i ristorni costituiscono
specificamente uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci
non già un dividendo quale remunerazione lucrativa del capita le, ma il c.d. vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o mag
giore retribuzione), il che li sottrarrebbe all'applicazione delle
limitazioni poste dalla legge alla distribuzione degli utili (Cass. 8 settembre 1999, n. 9513, id., 2000, I, 3280).
Dopo aver fatto tale distinguo, però, anche la Suprema corte
ha ritenuto che, sebbene i soci della cooperativa siano portatori di uno specifico interesse a che l'attività d'impresa sia orientata
al soddisfacimento delle loro richieste di prestazioni (c.d. presta zioni mutualistiche) ed alle condizioni più favorevoli consentite
dalle esigenze di economicità nella condotta dell'impresa so
ciale, tale interesse tuttavia possa essere realizzato soltanto azio
nando i mezzi di tutela predisposti dal diritto societario (impu
gnativa delle delibere assembleari, azione di responsabilità con
tro gli amministratori), qualora la gestione dell'impresa sociale
non sia improntata al rispetto dello scopo mutualistico, mentre i
soci non possano pretendere l'attribuzione diretta dei ristorni
come se la società fosse obbligata tout court a redistribuirli in lo
ro favore, tale obbligo non essendo rintracciabile in alcuna nor
ma che disciplini l'attività delle cooperative, e non potendo esse
re automaticamente desunto dallo scopo mutualistico.
Infatti le società cooperative, pur con le caratteristiche pecu liari che le distinguono, sono comunque soggetti di diritto, mu
niti di personalità giuridica, aventi specifiche esigenze organiz
zative, di efficienza e di conservazione dell'impresa, che impon
gono di demandare all'apprezzamento discrezionale dell'assent
ii. Foro Italiano — 2004.
blea ogni valutazione circa la destinazione da attribuire a tutte le eccedenze derivanti dalla gestione mutualistica, in esse compresi i rimborsi per ristorni di crediti Iva, non ravvisandosi elementi idonei a giustificare per questi un trattamento differenziato.
E se è vero che la discrezionalità della maggioranza assemble are è temperata dal principio generale di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto di società, sicché i soci, azionando
gli appositi strumenti di tutela, possono ottenere l'annullabilità della delibera che neghi il rimborso dei ristorni in presenza di
comportamenti abusivi della detta maggioranza; ciò non significa che i soci medesimi abbiano un vero e proprio diritto soggettivo al rimborso dei ristorni, cui corrisponda un obbligo giuridico del la società di provvedere al riguardo. Al contrario, la questione deve passare attraverso il vaglio degli organi sociali, cui compete di stabilire la sussistenza in concreto delle condizioni per far
luogo ai ristorni, salva la già rimarcata possibilità per i soci
d'impugnare le delibere di approvazione dei bilanci.
Nella specie non può condurre a diverse conclusioni l'obie
zione degli appellanti, secondo cui la delibera che infrangesse il
loro diritto sarebbe comunque nulla ex se, a prescindere dalla
sua impugnazione, visto che non solo, come si diceva poc'anzi, un diritto assoluto dei soci ad ottenere i ristorni non esiste, e
non potrebbe quindi ravvisarsene la violazione nella delibera
che lo negasse, ma anche perché nel presente giudizio non po trebbe pervenirsi ad una rilevazione ex officio della nullità di
tale delibera in supplenza di un'eccezione o domanda di parte mai prima tempestivamente dedotta, essendo tale possibilità di
rilevazione riservata solo ai casi in cui la validità dell'atto o del
negozio costituisca il presupposto della domanda proposta in
giudizio dall'attore, l'accoglimento della quale sia impedito ap
punto dal vizio della nullità, che ai fini del mero rigetto della
domanda stessa potrà quindi essere rilevato anche dal giudicante ex officio, e non quando invece — vertendosi nel caso esatta
mente opposto — si invochi dall'attore la nullità dell'atto o del
negozio per far discendere proprio da essa un diritto di credito,
perché in tale ipotesi sarà evidentemente necessaria la proposi zione rituale di un'apposita domanda volta alla declaratoria di
nullità. (Omissis)
TRIBUNALE DE L'AQUILA; ordinanza 16 aprile 2004; Giud. Montanaro; Soc. Tecnoservizi (Avv. Rossi) c. Soc.
Alta Valle Aterno (Avv. Baiocco).
TRIBUNALE DE L'AQUILA;
Ingiunzione (procedimento per) — Rapporto societario —
Opposizione — Rito ordinario — Entrata in vigore del ri
to societario — Notificazione della citazione — Mutamen
to di rito — Provvisoria esecuzione — Disciplina comune
(Cod. proc. civ., art. 643, 645, 648; d.leg. 17 gennaio 2003 n.
5, definizione dei procedimenti in materia di diritto societario
e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e
creditizia, in attuazione dell'art. 12 1. 3 ottobre 2001 n. 366, art. 1, 2).
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo ad un
rapporto societario, promosso nelle forme ordinarie con atto
di citazione notificato dopo l'entrata in vigore del d.leg. 5/03, il giudice può provvedere sulla provvisoria esecuzione del
decreto e quindi disporre il mutamento di rito e la cancella
zione della causa dal ruolo. (1)
(1)1. - Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale de L'Aquila ha rile vato che la controversia era relativa ad un rapporto societario di cui alla lett. a) del 1° comma dell'art. 1 d.leg. 17 gennaio 2003 n. 5; e, sul pre supposto che:
a) l'atto di citazione era stato notificato il 9 febbraio 2004, nel vigore del decreto 5/03 (ai sensi dell'art. 43 «il presente decreto entra in vigo re il 1° gennaio 2004»);
b) «il momento di instaurazione del giudizio, inteso come accerta
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PARTE PRIMA 1924
Rilevato: che con il ricorso ex art. 633 c.p.c. depositato in
data 22 dicembre 2003 la Ava - Alta Valle Aterno s.r.l. ha chie
sto che il Tribunale de L'Aquila ingiungesse alla Tecnoservizi
s.r.l. il pagamento dei decimi residui di capitale sociale, ad inte
grazione dei tre decimi versati al momento della costituzione
della società, per complessivi euro 3.615,20; che con decreto 397/03 emesso in data 24 dicembre 2003
questo tribunale ha concesso l'ingiunzione richiesta, condan
nando altresì la Tecnoservizi s.r.l. al pagamento delle spese del
procedimento monitorio per complessivi euro 342,94; che con atto di citazione ex art. 163 c.p.c. il debitore ingiunto
ha proposto opposizione al suddetto decreto e ha fissato l'u
mento nel contenzioso delle parti del diritto azionato in sede monitoria, è quello di notificazione dell'atto di citazione in opposizione», in osse
quio all'art. 643, 3° comma, c.p.c., secondo cui «la notificazione de termina la pendenza della lite»;
c) il giudizio era stato instaurato nelle forme ordinarie, ne ha disposto il mutamento del rito e la cancellazione della causa
dal ruolo, in applicazione del 5° comma dello stesso art. 1.
Sennonché, l'art. 643 c.p.c. si riferisce alla notificazione del ricorso e del decreto, non alla notificazione dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di opposizione: ai sensi del 2° comma, infatti, «il ricorso e il decreto sono notificati per copia autentica a norma degli art. 137 e
seguenti», e, ai sensi del 3° comma, tale «notificazione determina la
pendenza della lite». La notificazione dell'atto introduttivo è discipli nata dall'art. 645 c.p.c.
Nel caso di specie, il ricorso e il decreto erano stati notificati il 3
gennaio 2004. Il che, ai sensi dell'art. 643, 3° comma, c.p.c., richia mato in motivazione, avrebbe giustificato comunque l'applicazione della nuova disciplina ed il conseguente mutamento di rito.
Peraltro, bisogna considerare che, secondo un consolidato orienta
mento, la notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo costituisco no attività funzionali esclusivamente alla «costituzione del contraddit torio ed agli effetti sostanziali e processuali, nell'eventualità dell'oppo sizione», mentre, ai fini dell'individuazione del giudice competente, deve farsi riferimento alla data del deposito del ricorso introduttivo,
perché la fase dell'opposizione è meramente eventuale. In tal senso, v., in motivazione, Cass. 18 marzo 2003, n. 3978, Foro it., 2003,1, 3067, con nota di G. Sbaraglio, Procedimento di ingiunzione e continenza: un opportuno intervento correttivo della Suprema corte, a cui si rinvia
per ulteriori riferimenti; 27 luglio 1999, n. 8118, id., Rep. 1999, voce
Ingiunzione (procedimento), n. 29; 15 maggio 1998, n. 4904, id., 1998, I, 2423. Invece, nel senso che nel procedimento per ingiunzione la
competenza si determina in relazione al momento della pendenza della
lite, e quindi della notifica del decreto ingiuntivo, e non a quello del
deposito del ricorso, v. Trib. Latina 12 dicembre 1996, id., 1997, I, 1986, con nota di A. Scala, ove ulteriori riferimenti; Trib. Roma 18 settembre 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 28, e Giur. it., 1997, I, 2, 438, con nota di B. Ghittoni, La disciplina transitoria della competen za nel procedimento monitorio.
Nella fattispecie esaminata dal provvedimento in epigrafe, il ricorso
per decreto ingiuntivo era stato depositato il 22 dicembre 2003; il che, secondo il diffuso orientamento appena richiamato e in applicazione dell'art. 5 c.p.c., avrebbe determinato la legge applicabile per l'indivi duazione del giudice competente, vuoi per il procedimento monitorio, vuoi per l'opposizione. Avrebbe potuto dubitarsi della legge applicabile per l'individuazione del rito: tale individuazione rileva, infatti, soltanto ai fini del giudizio di opposizione, che è meramente eventuale, e non anche della fase monitoria, retta da un procedimento sommario ad hoc. In questa prospettiva, la portata precettiva dell'art. 643, ultimo comma,
c.p.c., funzionale alla prevenzione [v., sul punto, G. Costantino, Il
processo incivile nel 1995 (note sulla applicazione dimezzata delle ri
forma), in Foro it., 1995, V, 235, e in Scritti sulla riformò della giusti zia civile (1982 - 1995), Torino, 1996, § 4.3] — e pertanto alla produ zione degli effetti sostanziali e processuali della domanda giudiziale —
avrebbe potuto essere estesa anche alla determinazione del rito.
Sennonché, la questione dell'individuazione del rito si intreccia con l'indicazione del giudice competente: basti pensare, ad esempio, al caso in cui un ricorso per decreto ingiuntivo sia stato proposto, prima del l'entrata in vigore della nuova disciplina, al giudice di pace, ma sia stato notificato, insieme al decreto, successivamente. Per un verso, il
giudizio di opposizione non potrebbe che proseguire innanzi al giudice di pace, la competenza del quale è determinata dalla legge vigente al momento del deposito del ricorso; per altro verso, l'applicabilità del nuovo rito societario, in forza dell'art. 643, 3° comma, c.p.c., impliche rebbe l'attribuzione della cognizione del giudizio di opposizione al tri
bunale, secondo l'art. 1, 3° comma, d.leg. 5/03. Ma la competenza del
giudice dell'opposizione ha carattere funzionale ed inderogabile; spetta all'ufficio di appartenenza del giudice che ha emesso il decreto ingiun tivo: v. Cass. 14 luglio 2003, n. 10981, Foro it., Mass., 1000; 23 mag gio 2003, n. 8165, ibid., 742; ord. 21 gennaio 2003, n. 861, ibid., 97; 21
gennaio 2003, n. 854, ibid.; 17 gennaio 2003, n. 629, ibid., 71; sez. un. 18 luglio 2001, n. 9770, e 23 luglio 2001, n. 10011, id., 2001, I, 3613; 18 luglio 2001, n. 9769, id., Rep. 2002, voce cit., n. 48, e Resp. civ., 2002, 747, con nota di S. Marinucci, Opposizione a decreto ingiuntivo,
Il Foro Italiano — 2004.
dienza del 24 maggio 2004 per la prima comparizione delle
parti ai sensi dell'art. 180 c.p.c.; che la società opposta, nel costituirsi in data 30 marzo 2004,
ha contestualmente presentato motivata istanza di anticipazione di udienza ai sensi dell'art. 163 bis c.p.c.;
che con decreto in data 31 marzo 2004 è stata fissata per la
prima comparizione delle parti ai sensi dell'art. 180 c.p.c. l'o
dierna udienza del 16 aprile 2004, in cui l'opposta ha chiesto
che venisse concessa la provvisoria esecuzione del decreto ai
sensi dell'art. 648 c.p.c. e che, comunque, venisse fissata l'u
dienza per la precisazione delle conclusioni; Ritenuto: 1. - Il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo
riconvenzionale e competenza del giudice adito; nel senso che la fase
dell'opposizione si connota come prosecuzione di quella relativa alla
pronuncia del decreto stesso, secondo quanto si desume dal 2° comma dell'art. 645 c.p.c., v., tra le altre, Cass. 13 dicembre 1999, n. 13950, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 56, e Arch, civ., 2000, 284, e Giust.
civ., 2000,1, 687.
Qualora, invece, il ricorso sia stato proposto al tribunale competente prima dell'entrata in vigore del d.leg. 5/03, ma sia stato notificato suc
cessivamente, la questione relativa all'individuazione del rito applica bile non avrebbe alcuna rilevanza ai fini della competenza: il richiamo dell'art. 643, 3° comma, c.p.c. in funzione dell'applicazione del nuovo rito societario, non implicherebbe alcuna deroga al principio della per
petuatio iurisdictionis di cui all'art. 5 c.p.c., perché comunque la causa sarebbe radicata innanzi al tribunale.
Non appare, tuttavia, corretto applicare una diversa disciplina sol tanto in considerazione della diversità del giudice. Sembra, invece, ra
gionevole ritenere che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per una controversia relativa ad un rapporto societario, debba farsi rife rimento alla data del deposito del ricorso, non soltanto ai fini dell'indi viduazione del giudice competente, ma anche del rito applicabile. In
questa prospettiva, nella specie, il deposito del ricorso il 22 dicembre 2003 avrebbe determinato l'applicazione dell'art. 41 d.leg. 5/03, ai sen si del quale «ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del pre sente decreto si applicano le disposizioni anteriormente vigenti».
In generale, sulla disciplina prevista dall'art. 1, 5° comma, d.leg. 17
gennaio 2003 n. 5, per il mutamento di rito (la disposizione, non pre sente nello schema di decreto legislativo approvato dal consiglio dei ministri nella seduta del 30 settembre 2002, è stata aggiunta con il
d.leg. 5/03), cfr. A. Carratta, in II nuovo processo societario diretto da S. Chiarloni, Bologna, 2004, sub art. 1, 68 ss.; G. Gioia, in La ri
forma delle società. Il processo a cura di B. Sassani, Torino, 2003, sub art. 1, 22 s.; L. Rubino, in La riforma del diritto societario. I pro cedimenti (d.leg. 17 gennaio 2003 n. 5) a cura di G. Lo Cascio, Mila
no, 2003, sub art. 1, 24 s.; G. Arieta-F. De Santis, Diritto processuale societario, Padova, 2004, 65 ss.; C. Mandrioli, Corso di diritto pro cessuale civile l5, Torino, 2003, III, 292; M. Fabiani, La partecipazio ne del giudice al processo societario, in Riv. dir. proc., 2004, 202 ss.; D. Dalfino, Sub art. 1. Ambito di applicazione, in D.leg. 17 febbraio 2003 n. 5, in corso di pubblicazione in Nuove leggi civ.-, G. Trisorio
Liuzzi, Il nuovo rito societario: il procedimento di primo grado da vanti al tribunale, in <http://www.judicium.it/focus/focus_glo.html>, 7 ss.; C. Cecchella, Il nuovo rito ordinario per le liti societarie:
un'anticipazione della riforma del processo civile, in
<http://www.judicium.it/news_file/news_glo.html>, 4 s.; Giorgetti, Fase introduttiva e fissazione dell'udienza nel processo societario, ibid. ; D. Buoncristiani, Profili sistematici e problemi pratici del nuo vo rito speciale societario, ibid. ; con particolare riguardo alla discipli na transitoria, v., da ultimo, E. Dalmotto, La disciplina transitoria delle norme processuali della riforma del diritto societario, ibid.
II. - L'ordinanza in epigrafe dispone vuoi il mutamento di rito, vuoi la cancellazione della causa dal ruolo, secondo quanto disposto dall'art. 1 d.leg. 5/03.
Sull'opportunità di ordinare la cancellazione della causa dal ruolo, v., in senso negativo, G. Trisorio Liuzzi, Il nuovo rito societario, cit., § 4.3, dal momento che, a norma dell'art. 3, 1° comma, d.leg. 5/03, l'at
tore, a seguito della notificazione dell'atto di citazione, deve, in ogni caso, iscrivere la causa al ruolo; M.C. Giorgetti, Fase introduttiva e
fissazione dell'udienza nel processo societario, cit., § 4; D. Buoncri
stiani, Profili sistematici e problemi pratici del nuovo rito speciale so
cietario, cit., § 4; D. Dalfino, Ambito di applicazione, cit.; v. E. Dal
motto, La disciplina transitoria, cit., per il quale, «una previsione di
questo tipo sarebbe stata logica se il legislatore avesse lasciato fuori dal circuito giudiziario l'intera fase preparatoria prevedendo che l'iscrizio ne a ruolo avvenga col deposito dell'istanza di fissazione dell'udienza
[. . .]: in quest'ipotesi sarebbe stato inevitabile cancellare la causa dal ruolo per riportarla al suo corretto stato di avanzamento»; M. Fabiani, La partecipazione del giudice al processo societario, cit., 203; v., pe raltro, G. Arieta-F. De Santis, Diritto processuale societario, cit., 66, secondo cui «la necessità di disporre la cancellazione della causa dal ruolo risponde alle caratteristiche ed alla struttura del rito societario di
cognizione ordinaria [. . .]. Pertanto, l'uso dell'espressione 'cancella zione della causa dal ruolo' si deve interpretare nel senso che il proces so deve essere proseguito nelle forme del rito societario, cioè con la
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
397/03 emesso da questo tribunale in data 24 dicembre 2003, avendo ad oggetto uno dei rapporti di cui all'art. 1 d.leg. 17
gennaio 2003 n. 5 (definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'art. 12 1. 3 otto bre 2001 n. 366) — in particolare, la controversia in esame, at tenendo ad un rapporto societario, rientra nella previsione di cui alla lett. a) — ed essendo stato introdotto successivamente al 10
gennaio 2004, data di entrata in vigore del suddetto decreto (art. 43), doveva essere proposto nelle forme ivi previste.
Benché nelle cause ex art. 645 c.p.c. la domanda giudiziale sia quella proposta dall'opposto con il ricorso ai sensi dell'art.
notifica degli atti difensivi indicati dalla norma stessa, e che tale notifi ca deve avvenire nei termini fissati dalle norme del d.leg. n. 5 del 2003 che rispettivamente li prevedono, pena l'estinzione del giudizio ai sensi del 3° comma dell'art. 307 c.p.c.»; C. Cecchella, Il nuovo rito ordina rio per le liti societarie, cit., § 3, per il quale «la profonda diversità della trattazione del rito delle controversie sociali [. . .] impone quando si converte verso il rito speciale societario che il processo si liberi dal
'governo' del giudice e perciò viene cancellato dal ruolo». III. - Nel caso di specie, il giudice ha altresì provveduto sulla provvi
soria esecuzione del decreto ingiuntivo. Sul piano pratico, il provvedimento potrebbe giustificarsi al fine di
sventare tentativi dilatori: una diversa soluzione lascerebbe spazio a
opposizioni consapevolmente proposte secondo un rito sbagliato, all'e sclusivo fine di differire l'esame delle questioni relative all'esecuzione
provvisoria del decreto opposto. Nel processo societario, la designazione di un giudice che provveda
su tale incombente è prevista soltanto nel caso in cui sia espressamente chiesta ai sensi dell'art. 2, 3° comma, ultima parte, introdotto dall'art.
4, 2° comma, lett. b), d.leg. 6 febbraio 2004 n. 37, per il quale «ciascu na delle parti, al momento della costituzione, ovvero successivamente, può chiedere con ricorso che sia designato il magistrato per l'adozione, previa convocazione delle parti, dei provvedimenti di cui agli art. 648 e 649 c.p.c.». Altrimenti, il contatto tra le parti ed il giudice è differito alla proposizione dell'istanza di fissazione d'udienza di cui all'art. 8
d.leg. 5/03 ovvero alla comparizione delle parti innanzi al collegio ai sensi del successivo art. 16. In ogni caso, dopo la notificazione della citazione «a rispondere» e non «a comparire», l'opponente è tenuto a chiedere l'iscrizione della causa a ruolo al fine di instaurare la fase pre paratoria del processo, dedicata allo scambio delle memorie difensive; e solo dopo tale adempimento, potrà chiedere la designazione di un
giudice che provveda sull'esecuzione provvisoria del decreto opposto. L'iter, dunque, è comunque diverso da quello previsto per l'opposi
zione secondo il rito ordinario. Tale iter, invece, è alterato, qualora, come nel caso di specie, il magistrato erroneamente adito nelle forme
ordinarie, conceda l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo a norma dell'art. 648, 1° comma, c.p.c., prima di disporre il mutamento di rito: tale provvedimento, infatti, è funzionale a rendere applicabile l'intero corpus delle regole processuali speciali, non soltanto alcune di
queste. IV. - Per ulteriori rilievi sul procedimento per ingiunzione previsto
dal codice di rito nelle controversie di cui all'art. 1 d.leg. 17 gennaio 2003 n. 5, e sulle differenze con il procedimento sommario di cui al l'art. 19, in relazione ai presupposti di ammissibilità, alle tecniche
procedimentali, nonché all'ambito di applicazione, v. A. Tedoldi, Ap punti in tema di opposizione a decreto ingiuntivo e nuovo rito societa rio, in <http://www.judicium.it/news_file/news_glo.html>; R. Tiscini, Il procedimento sommario di cognizione nelle liti societarie, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2004, 266; B. Capponi, Il procedimento somma rio di cognizione nelle controversie societarie (art. 19 d.leg. 17 gen naio 2003 n. 5), in Giur. it., 2004, 443 ss.; A. Saletti, Il procedimento sommario nelle controversie societarie, in Riv. dir. proc., 2003, 467
ss.; C. Consolo, Esercizi imminenti sul c.p.c.: metodi asistematici e
penombre, in Corriere giur., 2002, 1543; A. Ronco, in II nuovo pro cesso societario diretto da S. Chiarloni, cit., sub art. 19, 551 ss.; G. Arieta-F. De Santis, Diritto processuale societario, cit., 354 ss.; E.
Picaroni, in La riforma del diritto societario. I procedimenti a cura di G. Lo Cascio, cit., sub art. 19, 199 ss.; M. Cataldi, La riforma del di ritto societario: il procedimento sommario di cognizione, in Giust.
civ., 2003, II, 385; C. Cavallini, Il procedimento sommario di cogni zione nelle controversie societarie, ibid., 445; A. Briguglio, Il rito sommario di cognizione nel nuovo processo societario, in
<http://www.judicium.it/news_file/news_gIo.html>; S. Menchini, Il
giudizio sommario per le controversie societarie, finanziarie e banca
rie, ibid. V. - Ai sensi del 2° e 3° comma dell'art. 2 d.leg. 5/03, aggiunti dal
decreto correttivo 37/04, cit., «tutti i termini del procedimento possono essere ridotti alla metà con provvedimento reso a norma dell'art. 163
bis, 2° comma, c.p.c. I termini sono ridotti alla metà nel caso di opposi zione a norma dell'art. 645 c.p.c.».
Per il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la giurisprudenza prevalente è nel senso di ritenere che, in primo luogo, la riduzione dei termini di comparizione alla metà di cui all'art. 645, 2° comma, c.p.c., ha carattere facoltativo, in quanto l'opponente può assegnare al conve
II Foro Italiano — 2004.
633 c.p.c. (cfr., solo tra le ultime, Cass. 22 aprile 2003, n. 6421, Foro it., Mass., 549; 18 marzo 2003, n. 3984, ibid., 339), ciò nondimeno il momento d'instaurazione del giudizio, inteso co me accertamento nel contenzioso delle parti del diritto azionato in sede monitoria, è quello di notificazione dell'atto di citazione in opposizione, come espressamente sancisce l'ultimo comma dell'art. 643. Orbene, premesso che a seguito dell'aggiunta del 3° comma dell'art. 2 d.leg. 5/03 ad opera dell'art. 4, 1° comma, lett. c), d.leg. 6 febbraio 2004 n. 37 (che ha previsto la riduzione a metà dei termini nei giudizi di opposizione ai sensi dell'art. 645 c.p.c. e ha disciplinato la modalità di adozione dei provve dimenti ai sensi degli art. 648 e 649 c.p.c.) non vi possono esse
nuto il termine ordinario di comparizione o anche uno maggiore (nel senso, tuttavia, che il termine dimidiato si sostituisce ipso iure a quello ordinario di cui all'art. 163 bis c.p.c., cosicché anche nell'ipotesi in cui
l'opponente non dichiari di voler usufruire della riduzione, il termine di
comparizione è automaticamente ridotto alla metà, v. E. Garbagnati, Il
procedimento d'ingiunzione, Milano, 1991, 151 s.); in secondo luogo, qualora l'opponente si sia effettivamente avvalso di tale facoltà, anche i termini di costituzione sono automaticamente ridotti alla metà; in ogni caso, il fatto obiettivo della concessione all'opposto di un termine di
comparizione inferiore a sessanta giorni comporta l'automatica abbre viazione del termine di costituzione dell'attore, perché è irrilevante che la concessione di quel termine sia dipesa da una scelta consapevole ov vero da un errore di calcolo: v. Cass. 20 novembre 2002, n. 16332, Fo ro it., Rep. 2002, voce cit., n. 39, e Arch, civ., 2003, 979; 15 marzo 2001, n. 3752, Foro it., 2002,1, 193, e Giur. it., 2002, 1626, con nota di E. Dalmotto, Costituzionalità della tempistica per la costituzione del l'attore in opposizione a decreto ingiuntivo ed iscrizione a ruolo ante riore alla notificazione della citazione', 30 marzo 1998, n. 3316, Foro
it., 1998, I, 2161, e Giur. it., 1999, 952, con nota di L. Tarantola, Mancata o tardiva costituzione dell'attore, improcedibilità ed effettiva conoscenza dell'inizio del decorso del termine di costituzione. Cfr., inoltre, Corte cost. 23 giugno 2000, n. 239, Foro it., Rep. 2001, voce
cit., n. 38, e Giur. costit., 2000, 1823, che ha dichiarato la manifesta in
fondatezza, con riferimento agli art. 3 e 24 Cost., della questione di le
gittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 645, 2° com
ma, 647 e 165, 1° comma, c.p.c., nella parte in cui fa decorrere il ter mine per la costituzione dell'opponente a decreto ingiuntivo dalla noti ficazione dell'opposizione anziché dalla restituzione dell'originale no tificato o da altro atto cui possa ricollegarsi la conoscenza dell'inizio del decorso del termine, sia perché la dedotta disparità di trattamento
rispetto alla disciplina dell'inosservanza del termine di costituzione nel
processo ordinario non sussiste per l'incomparabilità delle situazioni messe a raffronto, sia perché nel procedimento monitorio è lo stesso
opponente a porre le premesse per la sua costituzione nel termine ri
dotto, avvalendosi della facoltà di dimidiare il termine di comparizione. Nel senso che, allorché l'opponente non abbia espressamente chiesto di usufruire della riduzione alla metà dei termini di comparizione, pur as
segnandone uno inferiore a quello previsto dalla legge, l'atto introdut tivo è nullo per inosservanza del termine minimo a comparire, v. Trib.
Lecce, ord. 12 gennaio 1996, Foro it., 1997, I, 2706, e Corriere giur., 1997, 934, con osservazioni critiche di B. Poliseno, Il termine a com
parire nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Sono altresì noti i diversi effetti processuali che conseguono alla co
stituzione tardiva dell'opponente, rispetto a quelli prodotti dalla inos servanza dei termini di comparizione: in applicazione della disciplina prevista per la nullità dell'atto di citazione per vizi inerenti la vocatio in ius di cui all'art. 164, 1° e 2° comma, c.p.c., l'assegnazione di un termine a comparire inferiore rispetto a quello indicato può, infatti, ri solversi con la sanatoria degli effetti ex tunc-, la mancata costituzione nel termine automaticamente dimidiato è, invece, causa di improcedi bilità ex art. 647 c.p.c. Tale seconda conseguenza, nelle controversie di cui all'art. 1 d.leg. 5/03, è ora direttamente deducibile dall'art. 2, 3°
comma, che si riferisce indistintamente a tutti i termini.
Sennonché, si è ritenuto che la dimidiatio prevista non sia circoscritta ai termini di «comparizione» e, conseguentemente, di costituzione in
giudizio delle parti, ma si estenda, invece a tutti i termini del procedi mento societario, sul presupposto che ai sensi del 2° comma dell'art. 2
d.leg. 5/03 la riduzione sino alla metà concessa dal giudice nei casi di
urgenza si estende a tutti i termini del procedimento, nessuno escluso; «a fortiori si potrebbe argomentare che, quando l'opponente si sia av valso della facoltà di ridurre a trenta giorni il termine assegnato al con
venuto, come è consentito dal 3° comma dell'art. 2 d.leg. cit., tutti i successivi termini siano conseguentemente ridotti alla metà»: A. Te
doldi, Appunti in tema di opposizione a decreto ingiuntivo e nuovo rito
societario, cit.; per l'eventualità che l'opponente avanzi al presidente del tribunale la richiesta di ulteriore dimidiazione di tutti i termini del
procedimento in applicazione del 2° comma dell'art. 2, in ragione del
l'esigenza di pronta spedizione della controversia, v. A. Carratta, in II nuovo processo, cit., 150.
Nella motivazione del provvedimento qui riportato, tuttavia, si rileva che tale disposizione non trova applicazione nella fattispecie conside
rata, ma soltanto nelle controversie introdotte nelle forme del nuovo ri to societario. [B. Poliseno]
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1927 PARTE PRIMA 1928
re dubbi che il rito disegnato dal legislatore delegato del 2003
debba trovare applicazione anche nei giudizi di opposizione a
decreto ingiuntivo relativi ai rapporti di cui all'art. 1 d.leg. 5/03, e ritenuto che in mancanza di espressa previsione in senso con
trario da parte del legislatore delegato debbano trovare applica zione le disposizioni del codice di procedura civile («in quanto
compatibili»: art. 1, 4° comma, d.leg. 5/03), anche il presente
giudizio deve intendersi introdotto con la notificazione dell'atto
di citazione (art. 643, ultimo comma, c.p.c.).
Conseguentemente, essendo stato notificato in data 9 febbraio
2004 l'atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo 397/03, non possono esservi dubbi che il presente giudizio do
vesse essere instaurato con il rito disciplinato dagli art. 2 ss.
d.leg. 5/03. 2. - Il primo periodo del 3° comma dell'art. 2 d.leg. 5/03, in
trodotto dal d.leg. 37/04, prevede poi che «I termini sono ridotti
alla metà nel caso di opposizione a norma dell'art. 645 c.p.c.». Tale norma — della cui utilità, peraltro, può dubitarsi laddove
non si tratti di termini massimi — trova applicazione con tutta
evidenza solo laddove la causa sia stata correttamente introdotta
con le forme del c.d. rito societario. In particolare, l'inosservan
za dei termini ridotti non è rilevabile d'ufficio, ma su eccezione
della parte che vi abbia interesse, ai sensi dell'art. 13, 4° com
ma, d.leg. 5/03.
Orbene, nel caso all'esame di questo giudice, l'introduzione
del giudizio con il rito ordinario di cognizione determina l'i
napplicabilità agli atti compiuti secondo la disciplina dettata dal
libro II del codice di rito delle disposizioni dettate dal c.d. nuo
vo rito societario e volti a disciplinare quelli che dovrebbero es
sere gli atti «corrispondenti» (ossia, in buona sostanza, l'atto di
citazione e la comparsa di costituzione e risposta, poiché co
munque, ossia anche laddove il mutamento di rito non venga di
sposto alla prima udienza, questi sono gli atti che in ogni caso le
parti avranno compiuto). In particolare, non potrà trovare appli cazione quella sopra riportata di cui al primo periodo del 3°
comma dell'art. 2, salvo dover ritenere che l'opponente, pur er
roneamente individuando la disciplina processuale applicabile, sia però vincolato ad una singola disposizione di quella corret
tamente applicabile. Anche laddove si dovesse ritenere che co
munque i termini siano ex lege — e non facoltativamente, come
nel rito ordinario di cognizione — ridotti alla metà, e quindi che
anche il termine di costituzione dell'opponente sia automatica
mente dimezzato, allora dovrebbe anche ritenersi che — con
formemente a quanto prevede la nuova disciplina con previsione di carattere generale
— la rilevabilità del mancato rispetto dello
stesso (e, quindi, in buona sostanza la mancata costituzione ai
sensi dell'art. 647, 1° comma, c.p.c.) sia comunque rilevabile
esclusivamente su eccezione di parte. 3. - In base a quanto prescrive l'art. 2, 5° comma, d.leg. 5/03,
questo magistrato, quale giudice istruttore designato dal presi dente del tribunale ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c. in relazione al
presente giudizio ordinario di cognizione, rilevato che la causa
in esame, benché relativa ad uno dei rapporti elencati dal 1° comma dell'art. 1 d.leg. 5/03, sia stata proposta in forme diverse
da quelle previste da detto decreto, dovrebbe limitarsi all'udien
za di prima comparizione delle parti a disporre con ordinanza (e
quindi — deve ritenersi — a seguito della instaurazione del
contraddittorio tra le parti) il mutamento di rito e la cancellazio
ne della causa dal ruolo. Dalla comunicazione di tale ordinanza
decorrono i termini di cui all'art. 6 d.leg. 5/03, vale a dire i ter
mini per la memoria di replica dell'attore.
In base ad una prima lettura della disciplina del nuovo rito
societario sembrerebbe, quindi, che nella presente fase proces suale il giudice
— ovviamente ove tempestivamente si avveda
dell'errore processuale da parte dell'opponente — non avrebbe
il potere di provvedere sull'istanza di provvisoria esecuzione ai
sensi dell'art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto (così
come, parimenti, non potrebbe provvedere sulla revoca della
provvisoria esecuzione ai sensi dell'art. 649 c.p.c.). Per quanto non si verta in ipotesi di difetto di competenza del giudice adito, rientrando anche i giudizi in materia societaria di cui all'art. 1
d.leg. 5/03 tra quelli di competenza del tribunale, il giudice istruttore del tribunale non ha in quanto tale il potere di decidere
sulla provvisoria esecuzione del decreto opposto (ovvero sulla
sospensione della stessa), poiché il suddetto 5° comma dell'art.
I espressamente limita a tale organo erroneamente investito di
siffatta controversia ed in sede di prima udienza il solo potere di
disporre il mutamento di rito e, quindi, la cancellazione della
causa dal ruolo.
E la disciplina del rito societario che disciplina, invece,
II Foro Italiano — 2004.
l'adozione del provvedimento di provvisoria esecuzione ex art.
648 c.p.c. (ovvero di quello ex art. 649). Il secondo periodo del
3° comma dell'art. 2 d.leg. 5/03 (così come integrato dall'art. 4, 1° comma, lett. b, d.leg. 6 febbraio 2004 n. 37) dispone, infatti, che «Ciascuna delle parti al momento della costituzione, ovvero
successivamente, può chiedere con ricorso che sia designato il
magistrato per l'adozione, previa comparizione personale delle
parti, dei provvedimenti di cui agli art. 648 e 649 c.p.c.». Sembrerebbe così che l'opposto-convenuto in senso formale,
pur essendo comunque tenuto, nonostante l'errore dell'attore
circa il rito, a costituirsi nei venti giorni prima rispetto all'u
dienza indicata in atto di citazione, depositando la propria com
parsa di costituzione ai sensi dell'art. 167 c.p.c., come appare chiaro anche in considerazione dell'inciso del 5° comma per cui
«restano ferme le decadenze già maturate», non potrebbe però chiedere nel costituirsi (ovvero all'udienza di prima compari zione delle parti, ovviamente prima che venga disposta la can
cellazione della causa dal ruolo) i provvedimenti ai sensi del
l'art. 648 c.p.c. Secondo quella che sembrerebbe essere la
struttura delineata dal d.leg. 5/03 (e successive modificazioni ed
integrazioni), quindi, l'opposto potrà formulare l'istanza di
provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto solo nel
costituirsi (o dopo essersi costituito) nell'ambito del giudizio ri assunto con le forme del rito societario. Ciò vorrebbe dire che
l'opposto-convenuto in senso formale dovrebbe attendere che
l'attore replichi ai sensi dell'art. 6 d.leg. 5/03, ovvero che co
munque spiri il termine di cui al 1° comma di detto art. 6 (ossia il termine che è assegnato all'attore ai sensi dell'art. 4, 2° com
ma, quindi non inferiore a quindici giorni, considerato il sud
detto dimezzamento dei termini ai sensi del 3° comma dell'art.
2 d.leg. 5/03, introdotto dal d.leg. 37/04), per potersi a sua volta
costituire depositando memoria di ulteriore replica ai sensi del
l'art. 7, 1° comma — e così eventualmente, in caso di inerzia
dell'opponente, riassumere la causa (anche se, a ben vedere,
questi non ne avrebbe interesse, proprio perché si tratta di giu dizio di opposizione a decreto ingiuntivo)
— per poter formula
re istanza ai sensi del 3° comma dell'art. 2 d.leg. 5/03.
Orbene, così ricostruendo la struttura processuale che derive
rebbe dall'erroneo utilizzo del rito ordinario di cognizione da
parte dell'opponente — che, con tutta evidenza, non ha alcun
interesse che possa essere concessa l'esecuzione del decreto op
posto e che, pertanto, potrebbe scientemente introdurre un'op
posizione (anche meramente pretestuosa) nelle forme del giudi zio ordinario di cognizione al solo fine di ritardare l'adozione
del provvedimento ex art. 648 c.p.c. — si finirebbe per impedire
per un lasso di tempo anche significativo che l'opposto possa
conseguire la provvisoria esecuzione e, quindi, agire esecutiva
mente avverso il proprio debitore.
E — come si è accennato sopra — alla stessa sorte sarebbe
soggetto l'opponente che volesse conseguire la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto concessa a norma del
l'art. 642 c.p.c., che dovrebbe almeno attendere la cancellazione
e, quindi, riassumere la causa con la memoria di replica ai sensi
dell'art. 6 d.leg. 5/03 per poter formulare detta istanza.
4. - Ad avviso di questo giudice, a ben vedere, quella sopra delineata non è l'unica lettura possibile del nuovo tessuto nor
mativo risultante dal raccordo tra la disciplina dettata dal capo I
del titolo I del libro IV del codice di procedura civile e quella introdotta dal d.leg. 5/03. E, soprattutto, non appare quella più aderente alla ratio stessa della disciplina di cui al 5° comma
dell'art. 1 d.leg. 5/03.
Laddove il giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c. relativo
ad un rapporto compreso tra quelli di cui all'art. 1 d.leg. 5/03
sia stato erroneamente introdotto nelle forme del rito ordinario
di cognizione, la designazione del giudice istruttore ai sensi del
l'art. 168 bis c.p.c. da parte del presidente del tribunale (ovvero del presidente di sezione) deve intendersi anche come designa zione dello stesso quale «magistrato» che, disposto il muta
mento di rito, provveda su eventuali istanze ai sensi degli art.
648 e 649 c.p.c. che le parti abbiano a richiedere nella fase che
si celebra innanzi allo stesso della causa, ovvero ancora che ab
biano già richiesto nel costituirsi.
A ben vedere, infatti, la necessità della previsione di un ricor
so al presidente perché venga nominato un «magistrato per l'adozione dei provvedimenti di cui agli art. 648 e 649 c.p.c.»,
previa instaurazione del contraddittorio tra le parti, trova giusti ficazione nella struttura stessa del rito disegnato dal legislatore
delegato del 2003, in cui, fino a che una delle parti non depositi l'istanza di fissazione d'udienza ai sensi dell'art. 8 d.leg. 5/03, non vi è un magistrato designato, anche solo quale giudice re
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
latore (e, quindi, con i poteri decisori tassativamente previsti dalla disciplina in parola), in relazione a detto giudizio. Conse
guentemente, laddove invece un magistrato sia stato già desi
gnato per detta causa, sebbene ciò sia dovuto all'errore ciirca la scelta del rito da parte dell'opponente e sebbene ciò sia avve nuto sulla scorta non dell'art. 2, 3° comma, d.leg. 5/03, bensì dell'art. 168 bis c.p.c., tale designazione deve intendersi anche
per l'adozione dei provvedimenti di concessione della provviso ria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto (ovvero di revoca della stessa).
L'interpretazione prospettata è resa possibile anche dalla cir costanza che la previsione del 3° comma dell'art. 2 fa riferi mento alla designazione di un «magistrato» per provvedere sul l'istanza ai sensi dell'art. 648 c.p.c. (ovvero dell'art. 649). Il le
gislatore del 2004 ha così opportunamente tenuta distinta la fi
gura del giudice chiamato a statuire sulla provvisoria esecuzione del decreto opposto (o sulla revoca della provvisoria esecuzione concessa ai sensi dell'art. 642 c.p.c.) da quella del giudice rela
tore, invero non privo di rilevanti poteri decisionali, ma che nella struttura del rito societario viene in rilievo solo successi vamente alla proposizione dell'istanza di fissazione di udienza. In altri termini, il potere di adottare i provvedimenti in questio ne spetta ad un giudice monocratico che non si identifica fun zionalmente con il giudice relatore da designarsi ai sensi del l'art. 12, 2° comma, d.leg. 5/03, per cui non vi sono ostacoli a ritenere che lo stesso possa essere individuato anche nel magi strato designato ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c. e che, proprio perché una designazione da parte del presidente del tribunale v'è già stata, non sia necessaria un'istanza di parte (ed una con
seguente designazione) ad hoc.
Conseguentemente, deve ritenersi che questo giudice, dispo sto preliminarmente il mutamento del rito, assunta così la diver sa veste di magistrato designato nell'ambito del rito societario,
possa provvedere circa l'adozione del provvedimento di provvi soria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto ai sensi dell'art. 648 (così come di quello della sospensione della stessa ex art.
649). Per mera completezza deve anche rilevarsi come ciò renda ir
rilevante la questione, sorta in relazione al rito ordinario di co
gnizione a seguito della novella del 1990-1995, se la richiesta di
provvisoria esecuzione del decreto opposto possa essere va
gliata in sede di prima comparizione delle parti ai sensi dell'art.
180 c.p.c. ovvero se debba attendersi la definizione del thema
decidendum a seguito dell'udienza ex art. 183.
5. - Passando così all'esame della richiesta di provvisoria esecuzione, deve rilevarsi come l'art. 648 c.p.c. sancisca la ne cessità che il giudice proceda a un'ulteriore valutazione concer
nente la prova del fatto costitutivo del diritto del ricorrente
creditore, e soltanto nell'ipotesi in cui tale valutazione, operata alla stregua degli ordinari criteri propri dell'ordinario processo di cognizione, dia esito positivo, potrà concedere la provvisoria esecuzione del provvedimento monitorio. Sennonché nel caso in
esame l'opponente non contesta la sussistenza del debito relati
vo al versamento dei decimi residui del capitale sociale a suo
tempo sottoscritto ad integrazione dei tre decimi versati ex lege al momento della costituzione della società, ma deduce esclusi
vamente che in relazione a detto credito non possa utilizzarsi il
procedimento monitorio, poiché gli amministratori — e non la
società — avrebbero dovuto procedere alla vendita delle quote del socio moroso soltanto dopo aver diffidato lo stesso nelle
forme e nei termini di cui all'art. 2477 c.c.
Orbene, rilevato che il credito azionato dalla società opposta non è contestato dall'opponente, contestandosi appunto soltanto
l'aver azionato il procedimento monitorio, considerato altresì
che — seppure in sede di valutazione sommaria propedeutica
all'assunzione del provvedimento in parola — si ritiene che sia
ben possibile agire in confronto del socio moroso nel versa
mento dei decimi residui pretendendo l'adempimento, nelle
forme del giudizio ordinario di cognizione o per decreto ingiun tivo, senza avvalersi della facoltà loro attribuita dall'art. 2477
c.c. (cfr. Trib. Nocera Inferiore 28 marzo 2002; Trib. Bari 19
marzo 1979, id., Rep. 1980, voce Fallimento, n. 542), questo
giudice ritiene conseguentemente che debba essere concessa
l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo 397/03 emesso
da questo tribunale in data 24 dicembre 2003.
6. - E appena il caso di rilevare, infine, come la richiesta di
fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, for
mulata dall'opposta Tecnoservizi s.r.l. all'odierna udienza, non
possa essere intesa come istanza di fissazione di udienza ai sensi
dell'art. 8, 2° comma, lett. c), d.leg. 5/03.
Il Foro Italiano — 2004.
TRIBUNALE DI BARI; sentenza 16 marzo 2004; Giud. Sal
vatore; Soc. L. e altri c. Fall. soc. Nuova trasporti meridio nali e altri.
TRIBUNALE DI BARI;
Notaio — Trasferimento immobiliare — Atto pubblico —
Indagini nei registri immobiliari — Obblighi del notaio (Cod. civ., art. 1176, 2230, 2236).
Notaio — Responsabilità professionale — Visure ipocata stali — Omissione — Danno risarcibile (Cod. civ., art. 1218).
Posto che l'acquisizione delle visure ipocatastali da parte del notaio è un 'attività complementare e accessoria, indispensa bile per la realizzazione della destinazione finale dell'atto, non è necessario a tal fine un espresso incarico; perché il lo ro mancato compimento non comporti responsabilità, occorre che il professionista, dopo aver richiamato l'attenzione del cliente sulla gravità delle possibili conseguenze, ne ottenga un espresso esonero, salvo comunque l'obbligo di disattende re le indicazioni del cliente, sulla base di un 'attenta pondera zione delle ragioni che le sostengono, allorquando sospetti l'esistenza di vincoli o gravami sul bene oggetto di compra vendita. (1)
In tema di responsabilità del notaio per omesse visure, il danno
risarcibile deve essere identificato con la lesione dell'interes
se negativo. (2)
(1-2) Fanno rientrare l'obbligo di acquisizione delle visure ipotecarie e catastali fra gli obblighi del notaio che derivano dal contratto d'opera professionale, da ultimo, Cass. 26 gennaio 2004, n. 1330, Foro it., 2004,1, 1065; 12 maggio 2003, n. 7261, id., Mass., 645; Trib. Verbania 20 dicembre 2002, Riv. not., 2003, 471, con nota di G. Casu, Ancora in tema di obbligo di visure ipotecarie da parte del notaio; Cass. 13 giu gno 2002, n. 8470, Foro it., 2002, I, 2310, con nota di E. Bucciante. Sottolineano l'obbligo contrattuale del notaio di compiere tutte le atti vità accessorie, preparatorie e successive, ulteriori rispetto al mero ac certamento della volontà delle parti e alla direzione della compilazione del rogito, finalizzate ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico del negozio divisato dalle parti, Cass. 28 gennaio 2003, n. 1228, id., Mass., 128 (fattispecie relativa all'omessa verifica, da parte del notaio, dell'autenticità di una procura speciale a vendere); 18 gennaio 2002, n.
547, id., Rep. 2002, voce Notaio, n. 83; 6 aprile 2001, n. 5158, id., Rep. 2001, voce cit., n. 44; Trib. Ivrea 29 marzo 2001, id., 2001,1, 3409, con nota di richiami. In dottrina, v. F. Parente, Attività «strafunzionale» e
responsabilità civile del notaio, in Riv. not., 2004, 131, che inserisce l'intera attività preparatoria dei trasferimenti immobiliari tra le attività «strafunzionali» ed individua il fondamento dell'obbligo del notaio di effettuare le visure ipotecarie e catastali nell'esistenza di un uso nego ziale richiamato nel contratto di prestazione d'opera professionale gra zie al disposto dell'art. 1340 c.c.; nello stesso senso, v. G. Petrelli, Vi sure ipotecarie. Responsabilità civile del notaio. Limiti del danno ri
sarcibile, Milano, 1994; G. Trapani, I limiti dell'obbligo di eseguire le visure ipocatastali e la clausola di dispensa, in Notariato, 1997, 252; F. Taccini, Responsabilità del notaio in caso di dispensa dalle visure da parte del solo acquirente, id., 2003, 28. Sostiene invece l'esistenza di un uso normativo, A.D. Candian, La responsabilità civile del notaio nella fase preparatoria dell'atto di trasferimento immobiliare, in Resp. civ., 1984, 263; riconducono l'obbligo di effettuare le visure ai principi di correttezza e di buona fede nell'esecuzione del contratto, insieme alla prevalente giurisprudenza, M. Porcari, Notaio: garante della le
galità o mero certificatore?, in Giur. it., 1995, I, 1, 1755; E. Conio, Effetti dell' applicazione deI principio generale di correttezza e buona
fede sull 'estensione dei doveri professionali del notaio, con particolare riferimento all'obbligo di procedere alle visure ipocatastali, in Nuova
giur. civ., 1995, I, 575; A. Sorgato, La diligenza del notaio nella fase preparatoria dell'atto di trasferimento immobiliare, in Riv. not., 1974, 136. Ulteriori recenti contributi sono forniti da G. Casu, Ancora in te ma di obbligo di visure ipotecarie da parte del notaio, cit.; S. Tondo, Dovere per il notaio di informazione e consulenza, in Foro it., 2002, V, 8; C. Coppola, La figura professionale del notaio e la responsabilità civile per omesso accertamento dei registri immobiliari e catastali, in
Resp. civ., 2001, 400; G. Ferri jr., Profili di responsabilità notarile, in Riv. società, 2001, 1422; V. Santarsiere, Vendita di immobile per scrittura privata. Accertamento dello stato giuridico e materiale presso i registri ed il catasto, in Arch, civ., 2001, 614; M. Patuelli, Arretrati
ipotecari dell'ufficio e responsabilità del notaio rogante, in Notariato, 2001, 266; V. Roppo-A.M. Benedetti, La responsabilità professionale del notaio, in Danno e resp., 2000, 801.
Con riferimento alla limitazione del risarcimento al solo interesse
negativo, non constano precedenti in termini. Il tribunale barese si pone in aperto e voluto contrasto con Cass. 18 febbraio 1981, n. 982, Foro
it.. Rep. 1982, voce cit., nn. 35, 36, ed in linea con considerazioni già espresse in dottrina da G. Petrelli, Visure ipotecarie. Responsabilità civile del notaio. Limiti del danno risarcibile, cit., 53 ss. In tema di
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