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ordinanza 16 gennaio 1997; Pres. ed est. Pica; Basilio ed altri c. Soc. Siuca

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Page 1: ordinanza 16 gennaio 1997; Pres. ed est. Pica; Basilio ed altri c. Soc. Siuca

ordinanza 16 gennaio 1997; Pres. ed est. Pica; Basilio ed altri c. Soc. SiucaSource: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 2017/2018-2019/2020Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192673 .

Accessed: 24/06/2014 20:51

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

del trust, il giudice cercherà di realizzare gli obiettivi del trust

con altri mezzi giuridici». La conseguenza è che il legittimario, su tale presupposto, non

può sostenere che il testamento, siccome incentrato sul trust,

sia nullo (in tutto o in parte), bensì e semplicemente può agire in riduzione delle disposizioni testamentarie che, ponendo i beni

ereditari sotto il controllo esclusivo del trustee, si siano distinte

come lesive della quota. Di contro, una simile azione non è stata proposta dall'attrice,

che — come accennato — ha concluso per la declaratoria di

nullità (totale o parziale) della scheda, a questa subordinando

l'accertamento della qualità di erede. Cosa che al tribunale pare

evidente sol che si consideri che nessun accenno l'attrice ha po sto in essere alla somma globale del valore netto dell'eredità

sulla quale calcolare la legittimità; così dimostrando — avuto

riguardo al criterio che identifica il diritto di legittima come un diritto sul patrimonio ereditario (la massa), non necessaria

mente coincidente con la quota di eredità (tecnicamente intesa,

quale complesso delle posizioni attive e passive facenti capo al

defunto al momento della morte — di non aver avuto neppure in mente l'eventualità di una riduzione delle dispozioni lesive.

Né vale il richiamo alla citata sentenza della corte milanese.

La statuizione non è pertinente al caso di specie, posto che

lì ebbe a trattarsi dell'efficacia nell'ordinamento interno di un

testamento lesivo della quota di legittima redatto da un cittadi

no canadese in conformità al principio dell'assoluta libertà di

testare previsto dall'art. 831 del codice territoriale. Cosicché,

anche condividendone l'assunto della corte di Milano, atto a

ritenere la norma di cui all'art. 536 c.c. alla stessa stregua di

una disposizione di ordine pubblico (siccome incentrata sulle

esigenze inderogabili di solidarietà all'interno della famiglia nu

cleare), resta il fatto che in quella sede non venne per nulla

in questione l'istituto — riconosciuto dallo Stato italiano —

di cui qui si controverte.

Laddove deve convenirsi che proprio la circostanza dell'inter

venuta ratifica della citata convenzione internazionale si palesa ostativa al trasferimento in questa materia delle conclusioni del

la corte milanese.

Per quanto esposto allora la domanda di Angela Casani Luc

chesi, finalizzata ad ottenere la declaratoria di nullità — totale

o parziale — del testamento predisposto da Riccardo Casani,

e, in conseguenza di tale declaratoria, il riconoscimento della

qualità di erede, dev'essere disattesa.

TRIBUNALE DI TRANI; ordinanza 16 gennaio 1997; Pres.

ed est. Pica; Basilio ed altri c. Soc. Siuca. TRIBUNALE DI TRANI;

Procedimenti cautelari — Ricorso introduttivo — Genericità —

Nullità — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 125, 669 bis, 669 terdecies).

Va accolto il reclamo proposto avverso il provvedimento caute

lare di rigetto che abbia ritenuto la nullità del ricorso intro

duttivo per genericità dello stesso, pur sussistendone i requisi

ti essenziali e l'idoneità al raggiungimento dello scopo. (1)

(1) I. - Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Trani accoglie il reclamo esperito avverso il provvedimento cautelare di rigetto che

aveva dichiarato la nullità del ricorso cautelare introduttivo, a causa

della ritenuta genericità del contenuto.

Secondo il tribunale, la concisa esposizione dei fatti su cui si basa

la domanda e la sintetica enunciazione degli elementi di diritto, non

costituiscono ragioni sufficienti a rendere invalido l'atto, se questo con

chiarezza contiene l'indicazione delle parti, del petitum e della causa

petendi e, comunque, raggiunge lo scopo al quale è destinato, ai sensi

dell'art. 156, 3° comma, c.p.c.

Il Foro Italiano — 1998.

Rilevato che il provvedimento cautelare richiesto dall'istante

è stato rigettato dal primo giudice sulla base della nullità del

ricorso per genericità dello stesso; rilevato che non appare ravvisabile la genericità e la nullità

del ricorso eccepite dal resistente e rilevate dal primo giudice, in quanto l'atto introduttivo del giudizio cautelare reca in sé

sufficienti elementi idonei ad identificare le parti, il petitum e

la causa petendi, contenendo, come richiesto dall'art. 414 c.p.c.:

a) l'indicazione dell'oggetto della domanda, consistente nella

richiesta di adozione di provvedimento sospensivo dell'efficacia

dei licenziamenti adottati dalla società resistente;

In particolare, si afferma in motivazione, «sussiste un principio gene rale nell'ordinamento, applicabile sia agli atti sostanziali che processua li, quale il principio di conservazione dell'atto (di cui è espressione l'art.

156, 2° e 3° comma, c.p.c.), che impone comunque di ricercare ogni strada, possibile per legge, per salvare l'utilizzabilità della manifestazio

ne di volontà: attraverso l'integrazione degli atti incompleti, o l'utiliz

zazione per la finalità diversa cui siano comunque idonei, ovvero la

rinnovazione delle attività non esperite ritualmente».

Peraltro, la domanda cautelare conteneva l'esplicita richiesta di ado

zione di provvedimento sospensivo dell'efficacia dei licenziamenti adot

tati dalla società resistente, nonché il richiamo alla normativa sui licen

ziamenti collettivi.

II. - L'art. 669 bis c.p.c. tace sul contenuto del ricorso contenente

la domanda cautelare: occorre, pertanto, far riferimento all'art. 125

c.p.c., che individua il contenuto comune a tutti gli atti di parte nell'in

dicazione dell'ufficio giudiziario, delle parti, dell'oggetto delle ragioni della domanda e delle conclusioni, nonché nella sottoscrizione (l'ordi nanza odierna, invece, fa esplicito riferimento all'art. 414 c.p.c.): cfr., tra gli altri, Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Torino, 1997,

III, 314; Consolo (Luiso, Sassani), Commentario alla riforma del pro cesso civile, Milano, 1996, 576; Tarzia, Il nuovo processo cautelare,

Padova, 1993, 245; Frus, Commento all'art. 74/669 bis, in Le riforme del processo civile a cura di Chiarloni, Bologna, 1992, 612; Tomma

seo, Commento alla l. 26 novembre 1990 n. 353. Provvedimenti urgenti

per il processo civile, articoli da 73 a 77, in Corriere giur., 1991, 97; Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, Napoli, 1991, 338.

In giurisprudenza, v. Trib. Catania, ord. 6 aprile 1994, Foro it., Rep. 1995, voce Procedimenti cautelari, n. 90, e Giur. it., 1995, I, 2, 28, con nota di Ratti, Inammissibilità del ricorso cautelare «ante causam»

per insufficienti elementi di individuazione del merito cautelare: una

surrettizia pronuncia «non liquet»?; Pret. Alessandria, ord. 16 marzo

1993, Foro it., Rep. 1993, voce cit., nn. 24, 51, e Giur. it., 1993, I,

2, 775, con nota di Dalmotto, Sul contenuto del ricorso cautelare nel

procedimento uniforme, e postilla di Chiarloni, Contro il formalismo in ordine al contenuto del ricorso cautelare nel procedimento uniforme.

III. - L'istanza, ove proposta ante causam, deve contenere anche gli elementi identificativi della domanda di merito in funzione della quale è richiesta la misura d'urgenza, al fine di permettere, nella fase cautela

re, la verifica della competenza del giudice e della strumentalità del

giudizio cautelare rispetto al giudizio di merito: cfr., tra le tante, Trib.

Napoli, ord. 30 aprile 1997, id., 1998, 270, con nota di Dalmotto; Trib. Milano, ord. 25 marzo 1996, Corriere giur., 1997, 216, con nota

di Rizzuto, «Nova» nel reclamo cautelare?-, Pret. Vigevano, ord. 1°

agosto 1995, Foro it., 1996, I, 1864, con nota di Gambineri; Trib. Po

tenza, ord. 29 marzo 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 92, e Giur.

merito, 1995, 405, con nota di Masoni, Alcuni problemi processuali sul contenuto del ricorso cautelare e indefettibilità del contraddittorio; Trib. Catania, ord. 6 aprile 1994, cit.; Trib. Verona, ord. 22 dicembre

1993, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 76, e Giur. it., 1994, I, 2, 1121, con nota di D'Ascola; Trib. Cagliari, ord. 23 settembre 1993, Foro

it., Rep. 1994, voce cit., n. 70, e Giust. civ., 1994, I, 3310; Pret. Ales

sandria, ord. 16 marzo 1993, cit.; Pret. Monza, ord. 3 febbraio 1993, Foro it., 1993, I, 1693.

Nel senso che è ammissibile il ricorso cautelare nel quale sia suffi

cientemente precisata l'azione di merito in funzione della quale si ri

chiede il provvedimento, e ciò anche se non sia indicata con precisione l'entità del credito per il quale si agisce, v. Trib. Napoli, ord. 6 maggio

1997, Gius, 1998, 637. V., inoltre, Trib. Nocera Inferiore, ord. 1° ago sto 1995, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 69, e Giur. it., 1996, I,

2, 238, secondo cui è sufficiente che il ricorso introduttivo contenga un'idonea descrizione della posizione di diritto sostanziale cautelanda.

In dottrina, v. Consolo, Il nuovo processo cautelare. Problemi e ca

si, Torino, 1998, 110; Id., Commentario alla riforma, cit., 577; Cec

chella, Il processo cautelare, Torino, 1997, 2; Tarzia, op. cit., 246

s.; Tommaseo, op. loc. cit. (si noti che gli autori appena richiamati

fondano la necessità che il ricorso cautelare contenga l'indicazione della

futura domanda di merito anche sulla previsione particolare dell'art.

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2019 PARTE PRIMA 2020

ti) la chiara indicazione delle parti in causa, con precisazione della qualifica dei ricorrenti;

c) l'esposizione dei fatti su cui si basa la domanda, benché

concisa per qualche aspetto che però appare marginale ai fini

della richiesta cautelare;

d) l'indicazione degli elementi di diritto in base ai quali si pone la domanda, consistenti nel richiamo alla normativa sui

licenziamenti individuali ed a quella sui licenziamenti collettivi, anche se indubbiamente gli elementi di diritto sono stati enun

ciati in maniera assai sintetica; ritenuto che in ogni caso sussiste un principio generale nel

l'ordinamento, applicabile sia agli atti sostanziali che proces

suali, quale il principio di conservazione dell'atto (di cui è espres sione l'art. 156, 2° e 3° comma, c.p.c.), che impone comunque di ricercare ogni strada, possibile per legge, per salvare l'utiliz

zabilità della manifestazione di volontà: attraverso l'integrazio

693, 3° comma, c.p.c.; ragione sistematica, questa, ritenuta, al contra

rio, debole e controproducente da Chiarloni, op. cit., 785, in quanto disposizione relativa specificamente alla domanda di istruzione preven

tiva); Merlin, Procedimenti cautelari ed urgenti in generale, voce del

Digesto civ., 1996, XIV, 402; Salvaneschi, in Nuove leggi civ., 1992, 298; Frus, op. cit., 613; Proto Pisani, op. loc. cit.-, Olivieri, Iprov vedimenti cautelari nel nuovo processo civile, in Riv. dir. proc., 1991, 700 ss.

IV. - Il profilo più dibattuto, peraltro, concerne l'individuazione del le conseguenze derivanti dalla mancanza (di uno) dei requisiti necessari del ricorso cautelare.

In giurisprudenza, nel senso della nullità insanabile dell'atto, cfr. Trib.

Napoli, ord. 30 aprile 1997, cit., che, in particolare, esclude l'applica zione analogica dell'art. 164 c.p.c., in quanto tale norma, dettata per l'ordinario processo di cognizione, non è compatibile con la rapidità e la semplicità che caratterizzano il processo cautelare; Pret. Alessan

dria, ord. 16 marzo 1993, cit.; Pret. Monza, ord. 3 febbraio 1993, cit. In dottrina, v. Frus, op. cit., 615 ss.; Dalmotto, op. ult. cit., 270.

Contra, Rizzuto, op. cit., 1219; Gambineri, cit., 1866; Merlin, op. cit., 403; Salvaneschi, op. cit., 298; Proto Pisani, op. cit., 339; Tom

maseo, op. cit., 97 s.; Consolo, Il nuovo processo cautelare, cit., 110, il quale sostiene la possibilità di sanatoria attraverso un ordine del giu dice di integrazione della domanda più che altro per ragioni di econo mia processuale.

Nel senso, invece, che l'insufficienza degli elementi necessari all'iden

tificazione della domanda di merito comporta l'inammissibilità del ri

corso, v. Trib. Potenza, ord. 29 marzo 1995, cit.; Trib. Catania, ord. 26 agosto 1993, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 72, e Giur. it., 1994, I, 2, 675, e 6 aprile 1994, cit.

Contra, espressamente, Consolo, Commentario alla riforma, cit., 579, secondo cui «per l'ipotesi qui considerata, non è previsto che l'irregola re esercizio del potere ne precluda il perfezionamento, eventualmente anche per impulso del giudice, come è argomentabile anche dall'art. 640 c.p.c.».

Cfr., peraltro, l'ordinanza in epigrafe, secondo cui «gli unici limiti alla conservazione degli atti giuridici sono ravvisabili in quelle norme che testualmente prevedono sanzioni di nullità assolute, o inammissibi lità ovvero termini perentori di decadenza, e quindi testualmente tolgo no efficacia agli atti o alle attività compiute».

Esclude che «nel proporre ante causam una domanda di tutela caute

lare, il ricorrente sia tenuto ad indicare (o nominare, o descrivere, o

magari evocare) la propria futura domanda di merito», v. Chiarloni, op. cit., 786, il quale, sulla base di tale premessa, nega anche che la mancanza di tale indicazione provochi la nullità del ricorso introduttivo e che tanto meno conduca all'assoluzione dall'osservanza del giudizio cautelare.

V. - Il ricorso deve poi contenere, oltre all'indicazione del pericolo nel ritardo e degli elementi che rendono plausibile la pretesa di merito, anche la prospettazione del provvedimento cautelare ricercato ed even tualmente (nelle ipotesi di tutela cautelare atipica) le specifiche misure

anticipatorie da concedere (cfr., in questo senso, Consolo, Commenta rio alla riforma, cit., 580).

Contra, Merlin, op. loc. cit., la quale non ritiene necessaria, né, ove presente, vincolante per il giudice l'indicazione del tipo di misura cautelare richiesto; occorrerebbe soltanto precisare lo scopo materiale che la parte si prefigge, lasciandosi poi al giudice di individuare precisa mente la tipologia giuridica del provvedimento cautelare corrisponden te; Verde (Di Nanni), Codice di procedura civile, Torino, 1993, 462, che propende per la fungibilità delle tipiche misure disciplinate dal legis latore, risolvendo gli oneri del ricorrente nell'allegazione del fumus bo ni iuris e del periculum in mora.

Il Foro Italiano — 1998.

ne degli atti incompleti, o l'utilizzazione per la finalità diversa

cui siano comunque idonei, ovvero la rinnovazione delle attività

non esperite ritualmente; ritenuto che gli unici limiti alla conservazione degli atti giuri

dici sono ravvisabili in quelle norme che testualmente prevedo no sanzioni di nullità assolute, o inammissibilità ovvero termini

perentori di decadenza, e quindi testualmente tolgono efficacia

agli atti o alle attività compiute; ritenuto che non appare quindi ravvisabile l'asserita nullità

del ricorso, ai sensi dell'art. 156, 1° comma, c.p.c., non difet

tando il medesimo dei requisiti essenziali, e comunque avendo

comunque raggiunto lo scopo ai sensi dell'art. 156, 2° comma,

c.p.c., di porre in grado la controparte, ed anche il primo giu

dice, come si evince dalla parte narrativa del provvedimento

reclamato, di avere chiara contezza dei fatti dedotti; ritenuto che pertanto erroneamente il primo giudice ha rite

nuto la nullità dell'atto introduttivo del giudizio cautelare, omet

tendo su tale presupposto di affrontare il petitum sostanziale

dei ricorrenti, e che tale esame va compiuto dal tribunale, il

quale, in sede di reclamo ha i medesimi poteri del giudice del

cautelare; (omissis)

TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE; senten

za 30 aprile 1996; Pres. Mazzocca, Est. Di Marzio; Lener

(Avv. Bizzarro) c. Vendemia.

TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE; i

Interdizione e inabilitazione — Giudizio — Impulso su istanza

di parti private o del p.m. — Proseguibilità d'ufficio (Cod.

civ., art. 414, 417, 419; cod. proc. civ., art. 71, 100, 712,

713, 714).

Iniziato il giudizio di interdizione su impulso delle parti private o del p.m., il processo prosegue d'ufficio e deve concludersi

con una pronuncia giurisdizionale idonea a tutelare gli inte

ressi coinvolti; pertanto, il p.m. non ha il potere di provocare l'estinzione del giudizio accettando la rinuncia agli atti pre sentata dal ricorrente. (1)

(1) In senso conforme, sull'inammissibilità della rinuncia nel giudizio di interdizione, cfr. Cass. 16 dicembre 1971, n. 3664, Foro it., 1972, I, 2139, e Riv. dir. proc., 1973, 315, con nota di Comoglio. Le sezioni unite della Suprema corte (10 dicembre 1970, n. 2621, Foro it., 1971, I, 61) hanno negato al p.m., che spiega intervento obbligatorio in cause che egli stesso non può proporre, il potere di non accettare la rinuncia

agli atti del giudizio fatta da una parte ed accettata dall'altra. Sul tema, cfr. Cass. 8 marzo 1995, n. 2704, id., Rep. 1995, voce

Interdizione, n. 11, e Giust. civ., 1995, I, 2775, con nota di Ranieri, secondo cui per il principio della domanda il giudice non può pronun ciare d'ufficio l'interdizione nel corso del giudizio diretto alla pronun cia dell'inabilitazione; cfr., altresì, Cass. 10 agosto 1979, n. 4650, Foro it., 1980, I, 1057, che ha ritenuto l'insufficienza della mancata compa rizione dell'interdicendo davanti al giudice istruttore, ai fini dell'ema nazione della pronuncia di interdizione senza l'esame dell'interdicendo stesso.

In dottrina, in senso conforme, cfr. Mandrioli, Corso di diritto pro cessuale civile, Torino, 1991, 250, che configura il giudizio in esame come avente «struttura tipicamente inquisitoria col conseguente operare dell'impulso d'ufficio».

Ancora in dottrina, sui poteri del p.m. che interviene nelle cause che avrebbe avuto il potere di proporre, cfr. Codice di procedura civile commentato a cura di Vaccarella, Verde, Torino, 1997, sub art. 72, secondo cui il p.m. che interviene ex art. 72.1 c.p.c. ha la facoltà «pro cessuale di rinunciare agli atti del giudizio o di accettare la rinuncia da altra parte interposta poiché da essa deriva unicamente l'effetto pro cessuale dell'estinzione del processo . . .».

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