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ordinanza 17 giugno 2003; Giud. Colucci; Pecoraro c. Banca popolare di Salerno

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ordinanza 17 giugno 2003; Giud. Colucci; Pecoraro c. Banca popolare di Salerno Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 3 (MARZO 2004), pp. 933/934-937/938 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199498 . Accessed: 24/06/2014 22:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.47 on Tue, 24 Jun 2014 22:25:02 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 17 giugno 2003; Giud. Colucci; Pecoraro c. Banca popolare di SalernoSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 3 (MARZO 2004), pp. 933/934-937/938Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199498 .

Accessed: 24/06/2014 22:25

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

TRIBUNALE DI SALERNO; ordinanza 17 giugno 2003;

Giud. Colucci; Pecoraro c. Banca popolare di Salerno.

TRIBUNALE DI SALERNO;

Società — Fusione — Opposizione dei creditori — Autoriz

zazione alla fusione — Provvedimento del giudice istrutto

re — Disciplina (Cod. civ., art. 2503; cod. proc. civ., art. 669

bis). Società — Fusione — Opposizione dei creditori — Autoriz

zazione alla fusione — Oggetto del giudizio (Cod. civ., art.

2503).

Il ricorso per l'autorizzazione ad eseguire la fusione di società

in pendenza di opposizione ha natura di rimedio cautelare

che si inserisce nel procedimento contenzioso di opposizione

promosso dai creditori; ad esso sono quindi applicabili, salvo

il limite della compatibilità, le disposizioni dettate per i pro cedimenti cautelari dagli art. 669 bis ss. c.p.c. (1)

Al fine di decidere sul ricorso per l'autorizzazione alla fusione di società in pendenza di opposizione, il giudice deve compie re una valutazione almeno sommaria delle ragioni delle parti nel giudizio di merito. (2)

(1-2) I. - Il provvedimento in epigrafe affronta un tema, l'opposizio ne dei creditori alla fusione e l'autorizzazione disposta nelle more del

giudizio di merito, solitamente poco dibattuto nelle aule di giustizia

(cfr. Trib. Prato 8 gennaio 1986, Foro it., 1986, I, 1417, con nota di

Pagano, Spunti in tema di opposizione alla fusione di società da parte del creditore sequestrante; Cass. 5 marzo 1991, n. 2321, id., 1991, I,

1801, con nota di Niccolini, Note minime in tema di giudice territo

rialmente competente a pronunciarsi sulla opposizione dei creditori

alla fusione', Trib. Milano 16 marzo 1996, id.. Rep. 1997, voce Società, n. 886, e Giur. it., 1997, I, 2, 36, con nota di Scozia, Società con parte

cipazione pubblica, società in accomandita per azioni, società a re

sponsabilità limitata. Trasformazione e fusione di società, società este

re; Trib. Lamezia Terme 6 marzo 1998, Foro it., Rep. 2000, voce cit., nn. 963-969, e Giur. comm., 1999, II, 660, con nota di Guidotti, Oppo sizione dei creditori alla fusione e autorizzazione giudiziale a procede re alla fusione nonostante opposizione).

In dottrina, in generale, sulla fusione delle società, cfr. Tantini, Tra

sformazione e fusione delle società, in Trattato dir. comm. e dir. pubbl. economia diretto da Galgano, Bologna, 1985, Vili, 275; Scardulla, La trasformazione e la fusione delle società, in Trattato fondato da Ci

cli e Messineo e continuato da Mengoni, Milano, 1989; Manzini, Tra

sformazione, fusione, scissione di società, Padova, 1998.

Sulla natura contenziosa dell'opposizione proposta dai creditori, da

introdursi nelle forme del rito ordinario con atto di citazione, cfr., per tutti, Pagano, op. cit.

In giurisprudenza, oltre ai precedenti richiamati da Pagano, op. cit., v. anche Cass. 5 marzo 1991, n. 2321, cit., per la quale l'opposizione

integra un'ipotesi di impugnazione della relativa delibera di fusione, il

cui principale effetto è quello di sospenderne l'esecuzione, da qui l'ac

costamento all'istituto dell'impugnazione delle delibere assembleari.

Ma v. anche Trib. Verona 10 ottobre 1991, Foro it., 1993, I, 275, che

ha ritenuto che l'opposizione abbia natura esclusivamente cautelare, avendo come scopo l'accertamento del pregiudizio ai diritti dei terzi —

potenzialmente derivante dalla confusione dei patrimoni sociali — e

come effetto la sospensione della fusione. Circa la natura del procedimento di autorizzazione promosso in pen

denza del giudizio di merito, il provvedimento in rassegna mostra di

condividere l'orientamento giurisprudenziale che è andato consolidan

dosi negli ultimi anni, nel senso di attribuire a tale procedimento natura

cautelare, piuttosto che camerale, con funzione anticipatoria rispetto alla decisione di merito (cfr. Trib. Prato 8 gennaio 1986, cit.; Trib. Mi

lano 16 marzo 1996, cit.; Trib. Lamezia Terme 6 marzo 1998, cit.). Da

qui l'applicabilità delle norme che disciplinano il procedimento caute

lare uniforme, in particolare dell'art. 669 quater c.p.c. salvo il limite

della compatibilità (cfr. già Trib. Milano 16 marzo 1996, cit.).

Diversamente, in dottrina, favorevole a considerare l'autorizzazione

«come un provvedimento di volontaria giurisdizione diretto a contem

perare, attraverso la determinazione di una idonea cauzione, l'interesse

del creditore opponente con quello delle società che si fondono», G.

Ferri, Questioni in tema di fusioni di società, in Riv. dir. comm., 1969,

II, 198; cui adde Cabras, Le opposizioni dei creditori nel diritto delle

società, Milano, 1978, 131, e Guidotti, op. cit., 678.

Per quanto concerne l'oggetto del giudizio demandato al giudice istruttore, anche in questo caso si confrontano due orientamenti diversi;

secondo una prima tesi, la domanda di autorizzazione alla fusione in

pendenza dell'opposizione imporrebbe al giudice una valutazione circa

la fondatezza nel merito dei motivi dell'opposizione, con particolare ri

ferimento alla gravità delle conseguenze che potrebbero derivare dal

l'attuazione della fusione (cfr. Trib. Lamezia Terme 6 marzo 1998,

Il Foro Italiano — 2004.

Il presente procedimento si inserisce nell'ambito del proce dimento n. 1555/03 ruolo generale; in quest'ultimo procedi mento l'attore Pecoraro Giovanni ha proposto (con atto di cita

zione notificato in data 21 maggio 2003 per l'udienza del 22

ottobre 2003) opposizione alla fusione fra la Banca popolare di

Salerno s.p.a. e la Banca popolare dell'Irpinia s.p.a. (fusione che dovrebbe portare alla costituzione di una nuova società de

nominata Banca della Campania s.p.a.) ai sensi dell'art. 2503

c.c. e ha chiesto, fra l'altro, dichiararsi nulla o comunque priva di ogni giuridico effetto la deliberazione di fusione assunta dal

l'assemblea della Banca popolare di Salerno s.p.a. in data 30

aprile 2003 e iscritta nel registro delle imprese in data 7 maggio 2003.

Nel procedimento n. 1555/03 ruolo generale, peraltro, la con

venuta Banca popolare di Salerno s.p.a. si è costituita (con

comparsa depositata in data 28 maggio 2003) concludendo, in

particolare, per l'inammissibilità e/o il rigetto della domanda

con condanna — in via riconvenzionale — del dott. Giovanni

Pecoraro al risarcimento dei danni, anche ex art. 96 c.p.c., nella

misura — allo stato — non inferiore ai cinque milioni di euro,

salva migliore quantificazione in corso di causa.

cit.); giurisprudenza di segno diverso ritiene invece che «l'esame del

tribunale verta non già sul fondamento dell'opposizione, ma sulla con

gruità della garanzia per eliminare gli effetti dell'opposizione» (cfr. Trib. Prato 8 gennaio 1986, cit.).

Il provvedimento che si riporta sembrerebbe aderire al primo orien

tamento, laddove osserva che la discrezionalità del giudice nell'acco

gliere o meno il ricorso comporta una valutazione almeno sommaria

delle ragioni delle parti nel giudizio di merito. In dottrina, favorevoli al

secondo degli orientamenti richiamati, Cabras. op. cit., 129, e Guidot

ti, op. cit., 675. Sulla garanzia prevista dall'ultimo comma dell'art. 2503 e sul requi

sito della sua «idoneità», cfr. Trib. Milano 14 marzo 1974, Foro it.,

Rep. 1974, voce cit., n. 438, secondo cui, una volta che il tribunale ab

bia autorizzato la fusione previa prestazione della garanzia, il creditore

opponente si soddisferà su questa con diritto di prelazione rispetto a

tutti gli altri creditori della società. Nel senso che al fine di stabilire l'idoneità della garanzia debba te

nersi conto dell'interesse del creditore opponente, cfr. Pagano, op. cit., 1421.

II. - La disciplina della fusione, già significativamente modificata per effetto del d.leg. 16 gennaio 1991 n. 22 (sul punto, cfr. Rordorf, La

nuova disciplina della fusione e della scissione di società, in Società,

1991, 411), ha subito solamente alcuni ritocchi con il d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, che hanno riguardato anche l'opposizione dei creditori. Ri

badito il diritto di ciascun creditore — il cui credito sia anteriore alla

pubblicazione del progetto di fusione — di proporre opposizione alla

stessa nel termine di due mesi, chiedendone la sospensione, per effetto

del richiamo fatto dall'art. 2503 novellato all'ultimo comma dell'art.

2445 si è previsto che il tribunale possa autorizzare la fusione nono

stante l'opposizione, «qualora ritenga infondato il pericolo di pregiudi zio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia». Simile previsione, che sembrerebbe tener conto di entrambe le tesi so

pra ricordate in ordine all'oggetto dei procedimento di autorizzazione,

dovrebbe contribuire, unitamente alle specifiche eccezioni che possono

impedire ai creditori di fare opposizione (v. art. 2503, 1° comma), al

dichiarato obiettivo di rendere maggiormente stabile la delibera di fu

sione (in questo senso, AA.VV., Il nuovo diritto delle società, Bologna, 2003, 356).

Il procedimento di opposizione alla fusione è stato preso in conside

razione anche dalla riforma del processo societario; l'art. 33 d.leg. 5/03, richiamando l'art. 2503, 2° comma, c.c., prevede infatti che a tale

procedimento siano applicabili le norme che regolano il rito camerale, così come disciplinato nel titolo IV d.leg. 5/03. I primi commenti hanno

subito posto in evidenza come — attraverso una complicata trama di ri

chiami normativi — in riferimento ad altre ipotesi di opposizione dei

creditori, lo stesso art. 33 d.leg. 5/03 faccia rinvio, tra l'altro, anche

agli art. 2482, 3° comma, e 2445, 4° comma, quest'ultimo a sua volta

richiamato dal novellato art. 2503, 2° comma. Una lettura sistematica

dell'art. 33 — si è osservato — porterebbe a ritenere che, in ciascuna di

queste ipotesi, l'oggetto del procedimento camerale sia circoscritto al

l'esecuzione della deliberazione in presenza dei presupposti sopra già ricordati (alternativamente, la mancata sussistenza del pregiudizio alla

garanzia patrimoniale dei creditori ovvero la prestazione di idonea cau

zione) e non esteso anche al fondamento dell'opposizione, che reste

rebbe quindi riservata alla cognizione piena del giudice in sede conten

ziosa (cfr., in questo senso, Costantino, Sull'udienza camerale decide

il giudice monocratico, in Guida al dir. dossier, 2003, fase. 4, 140;

contra, facendo leva sul dettato testuale, M. Fabiani, I limiti allo svi

luppo contenzioso all'interno del procedimento camerale societario, in

Foro it., 2003, V, 67, nota 11).

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PARTE PRIMA 936

Con ricorso depositato in data 28 maggio 2003, d'altra parte, la banca convenuta ha chiesto disporsi l'autorizzazione alla fu

sione in pendenza di opposizione, ai sensi dell'art. 2503, 3°

comma, c.c., allegando al ricorso copia di foglio di libretto no

minativo di deposito a risparmio intestato a Pecoraro Giovanni

con vincolo in favore del giudice del Tribunale di Salerno con

un importo versato di euro 125.000, alla data del 27 maggio 2003.

Il giudice, quindi, ha fissato la comparizione delle parti per l'udienza del 12 giugno 2003. La difesa del Pecoraro allegava, d'altra parte, memoria difensiva datata 11 giugno 2003.

All'udienza predetta le parti hanno sostanzialmente ribadito

le loro richieste e le loro ragioni già trasfuse nei rispettivi scritti.

Si deve, a questo punto, rilevare che dagli atti si evince che il

ricorso suddetto va accolto.

Il ricorso ex art. 2503, 3° comma, c.c. va, innanzi tutto, quali ficato come un rimedio di natura cautelare che va a inserirsi in

un procedimento di natura contenziosa. Questa affermazione,

sicuramente rispondente alla lettera della legge e alla struttura

dei procedimenti in questione, trova, peraltro, conforto nella

giurisprudenza di merito; si è affermato, ad esempio, che l'op

posizione proposta da un creditore ex art. 2503, 2° comma,

c.p.c. ha natura contenziosa ed è diretta all'accertamento del

l'incapienza patrimoniale della società e, quindi, della lesione

della garanzia patrimoniale dell'opponente, e che l'autorizza

zione alla fusione nonostante l'opposizione previa prestazione di idonea garanzia ex art. 2503, 3° comma, c.p.c.. non ha natura

camerale ai sensi dell'art. 737 c.p.c., ma è disposta dal giudice di merito sull'opposizione in sede di incidente e in funzione

cautelare rispetto al procedimento contenzioso di accertamento

dell'opposizione medesima (cfr. Trib. Prato 8 gennaio 1986,

Foro it.. 1986,1, 1417). La funzione cautelare del ricorso ex art. 2503, 3° comma, c.c.

si evince, d'altra parte, in maniera chiara dalla funzione antici

patoria di taluni effetti della decisione della causa di merito che

si realizza mediante il provvedimento che venga eventualmente

emesso appunto ai sensi dell'art. 2503, 3° comma, c.c. appena citato.

L'affermata natura cautelare del procedimento instauratosi ai

sensi dell'art. 2503, 3° comma, c.p.c., trova, inoltre, conferma

nella sostanziale rispondenza delle caratteristiche strutturali del

procedimento in questione con le caratteristiche generali dei

procedimenti cautelari quali delineate, ad esempio, in dottrina,

da A. Proto Pisani, La nuova disciplina dei procedimenti cau

telari in generale, id., 1991, V, 57 ss.

Il procedimento instauratosi ai sensi dell'art. 2503, 3° com

ma, c.p.c., in particolare, risulta senz'altro caratterizzato dalla

«rigida strumentalità rispetto al processo a cognizione piena gli effetti della cui sentenza definitiva di merito essi (scil. i provve dimenti cautelari) mirano ad assicurare attraverso la tecnica

della conservazione o dell'anticipazione» (cfr. A. Proto Pisani,

La nuova disciplina, cit., 94).

La disciplina di cui agli art. 669 bis ss., peraltro, sarà applica bile al procedimento in questione soltanto in quanto compatibile con le particolari caratteristiche di tale procedimento (cfr. art.

669 quaterdecies c.p.c.). 11 ricorso in questione, d'altra parte, viene chiaramente pro

posto, nel caso in esame, nella pendenza della causa di merito.

La lettera della norma dell'art. 2503, 3° comma, c.p.c. e la stes

sa funzione del procedimento che si instaura a seguito del rela

tivo ricorso depongono chiaramente nel senso che il ricorso

stesso non può che proporsi nella pendenza del giudizio di me

rito.

Si deve, a questo punto, precisare che la cognizione a decide

re in ordine al ricorso in questione spetta senz'altro al giudice istruttore non potendosi ravvisare alcuna competenza del colle

gio a conoscere di tale ricorso.

A prescindere dalla competenza in ordine alle domande for

mulate nel giudizio di merito, infatti, in ogni caso la natura

cautelare del ricorso ex art. 2503, 3° comma, c.p.c. comporta (anche a voler ammettere, in via meramente ipotetica, una

eventuale competenza del collegio in ordine alla causa di meri

to) l'applicabilità della norma di cui all'art. 669 quater, 2°

comma, c.p.c., ai sensi dell'art. 669 quaterdecies c.p.c.

Il Foro Italiano — 2004.

Non sussiste, poi, alcun ostacolo in ordine alla proponibilità del ricorso ex art. 2503, 3° comma, c.p.c. nell'attuale fase del

giudizio. La causa di merito, infatti, pende dalla data di notifi

cazione dell'atto di citazione e, quindi, dal 21 maggio 2003; il

ricorso ex art. 2503, 3° comma, c.p.c., invece, è stato depositato in data 28 maggio 2003. La norma di cui all'art. 2503, 3° com

ma, c.p.c., peraltro, non prevede alcuna preclusione alla propo sizione del ricorso una volta che sia stata proposta l'opposizio ne.

In relazione al merito del ricorso in questione, poi, va osser

vato che allo stato non occorre ovviamente che si accerti la fon

datezza o meno della proposta opposizione alla fusione, atteso

che la norma dell'art. 2503, 3° comma, c.c. svolge proprio la

funzione di anticipare taluni effetti della decisione di merito

prima che questa decisione sia adottata.

Sussiste, d'altra parte, una discrezionalità del giudice nell'ac

cogliere oppure no il ricorso in questione, atteso che la norma di

cui all'art. 2503, 3° comma, c.c. usa l'espressione «Il tribuna

le ... può disporre ...». Tale discrezionalità comporta inevita

bilmente una valutazione almeno sommaria delle ragioni delle

parti nel giudizio di merito. In tale giudizio, d'altra parte, l'atto

re Pecoraro Giovanni assume di vantare crediti nei confronti

della banca convenuta e assume che la fusione fra la Banca po

polare di Salerno s.p.a. e la Banca popolare dell'Irpinia s.p.a.

comporterebbe una diminuzione della possibilità per l'attore di

recuperare il suo presunto credito nei confronti della banca con

venuta in quanto la Banca popolare dell'Irpinia s.p.a. si trove

rebbe in una situazione patrimoniale «catastrofica». Queste as

serzioni dell'attore, peraltro, appaiono allo stato (e salva ogni ulteriore o diversa valutazione nel giudizio di merito) non ade

guatamente provate; si deve, sul punto, osservare che la fusione

è stata debitamente autorizzata dalla Banca d'Italia e che le due

banche fondende appartengono a un gruppo bancario (Banca

popolare dell'Emilia-Romagna) che allo stato degli atti non ri

sulta presentare problemi relativi a situazioni patrimoniali non

felici; va, d'altra parte, rilevato che nel giudizio di opposizione alla fusione ex art. 2503 c.c. grava sui creditore l'onere di forni

re la prova della lesione della garanzia apportata dalla fusione

(cfr., sul punto, Trib. Genova 13 luglio 1992, id., Rep. 1993,

voce Società, n. 835).

Va, quindi, ritenuta senz'altro l'opportunità di disporre che la

fusione in questione abbia luogo previa prestazione di un'ido

nea garanzia da parte della banca ricorrente, alla luce delle ri

sultanze degli atti.

In ordine, poi, all'entità della garanzia, va osservato che dal

l'atto di citazione notificato in data 21 maggio 2003 nell'inte

resse dell'attore Pecoraro Giovanni non si evince in maniera

precisa quale sarebbe l'importo dell'eventuale credito vantato

dal Pecoraro nei confronti della Banca popolare di Salerno

s.p.a., facendosi in citazione riferimento a una sola cifra preci samente determinata (e indicata dal Pecoraro quale suo credito

nei confronti della banca convenuta) e, in particolare, a quella di

euro 34.268,46; nell'atto dì opposizione a decreto ingiuntivo datato 28 ottobre 1998, poi, si fa riferimento a una domanda ri

convenzionale di lire 264.455.626, ma a fronte di un decreto in

giuntivo ottenuto dalla Banca popolare di Salerno per le somme

di lire 247.821.918 e di lire 110.551.205, oltre accessori; nel

l'atto di citazione notificato in data 26 settembre 2002, presu mibilmente relativo al giudizio civile n. 2353/02, quindi, si fa ri ferimento alla pretesa di restituzione in favore del Pecoraro

della somma di euro 36.151,98.

Non appare, d'altra parte, utile far riferimento alle cifre con

tenute nell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo datato 28

ottobre 1998, atteso che il confronto fra le cifre che le parti

contrapposte assumono di vantare appare elidere le ragioni vantate dal Pecoraro (le ragioni della banca risultano, d'altra

parte, già accolte con decreto ingiuntivo quantunque opposto).

Possono, invece, essere prese in considerazione la cifra di euro

34.268,46 (di cui all'atto di citazione notificato in data 21 mag

gio 2003) e la cifra di euro 36.151,98 (di cui all'atto di citazione

notificato in data 26 settembre 2002). Sommando tali cifre, pe

raltro, si ottiene l'importo di euro 70.420,44. Le ulteriori indicazioni fatte nell'interesse del Pecoraro,

d'altra parte, non appaiono sufficientemente precise e determi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nate o fondate su ragioni apparentemente suscettibili di acco

glimento da parte dei rispettivi giudicanti. Anche a voler assumere quale punto di riferimento (ai fini

della determinazione dei crediti che il Pecoraro assume di van

tare nei confronti della Banca popolare di Salerno s.p.a.) la cifra di euro 70.420,44 più sopra indicata, quindi, la cauzione offerta

dalla ricorrente Banca popolare di Salerno s.p.a. per l'importo di euro 125.000 appare senz'altro congrua.

Va, quindi, disposto che la fusione in questione abbia luogo nonostante l'opposizione previa prestazione di cauzione.

Da tutto quanto sopra esposto, peraltro, si evince che ogni contraria istanza, domanda o eccezione va ritenuta assorbita, di

sattesa o rigettata.

TRIBUNALE DI PADOVA; sentenza 6 giugno 2003; Pres. ed

est. Rasi Caldogno; C. (Avv. Fasolo) c. N. (Avv. Rizzo).

TRIBUNALE DI PADOVA;

Matrimonio — Divorzio — Domanda di assegnazione della

casa coniugale — Rigetto — Trascrizione dell'assegna

zione concordata in sede di separazione consensuale —

Domanda di cancellazione — Rigetto (Cod. civ., art. 2643,

2655; cod. proc. civ., art. 711; 1. 1° dicembre 1970 il 898, di

sciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, art. 6).

Nel caso in cui il giudice del divorzio rigetti la domanda di as

segnazione della casa coniugale, non può essere accolta la

domanda intesa ad ottenere l'ordine di cancellazione del

l'intervenuta trascrizione del verbale di separazione omolo

gato che tale assegnazione aveva previsto. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data

15 febbraio 2002, C.C. proponeva domanda di scioglimento del

matrimonio civile contratto con B.N. il 15 maggio 1991.

La ricorrente esponeva quanto segue: che dall'unione non

(1) Non constano precedenti editi in termini. La questione degli strumenti a disposizione del coniuge o dell'ex co

niuge proprietario interessato a dare pubblicità alle vicende modificati ve dei provvedimenti o degli accordi aventi, ad oggetto la casa coniu

gale, pur conosciuta nella pratica, risulta, infatti, affrontata essenzial mente dalla dottrina.

Dopo aver preso le mosse dall'equiparazione del provvedimento di

assegnazione alle sentenze che operano la costituzione di un diritto di locazione (potenzialmente) ultranovennale, trascrivibile ai sensi degli art. 2643, nn. 8 e 14, c.c. (secondo Cass., sez. un., 26 luglio 2002, n.

11096, Foro it., 2003, I, 183, con nota di richiami, appare chiaro che il richiamo dell'art. 6, 6° comma, 1. 898/70 all'art. 1599 c.c., comporta «la precisa volontà del legislatore di assimilare, ai meri fini della tra

scrizione, il diritto dell'assegnatario a quello del conduttore . ..»), si è

aggiunto che l'assegnazione è necessariamente a termine, essendo le

gata all'obbligo di mantenimento dei figli — che non è perpetuo — e

sottoposta alla condizione risolutiva della cessazione dell'affidamento, nonché, in caso di separazione, della riconciliazione, con la conseguen za che, il venir meno del provvedimento, per scadenza del termine o avveramento della condizione, dovrebbe risultare da annotazione del

provvedimento giudiziale di modifica a margine della trascrizione, ai sensi dell'art. 2655 c.c. (Gazzoni, La trascrizione, in Commentario

Schlesinger, Milano, 1991, 345, il quale, nel prosieguo della trattazio

ne, ricorda che, in generale, il provvedimento di assegnazione della ca sa coniugale è costituito in prima battuta dall'ordinanza presidenziale, destinata ad essere trascritta ex art. 2645 c.c.; la successiva sentenza andrà annotata a margine della trascrizione e, a sua volta, autonoma mente trascritta ex art. 2643, n. 14. Nello stesso senso, v. Giacobbe

Frezza, Ipotesi di disciplina comune nella separazione e nel divorzio, in Famìglia e matrimonio, I, 2, in Trattato di diritto di famiglia diretto da Zatti, Milano, 2002, 1362).

Il Foro Italiano — 2004.

erano nati figli; che i coniugi si erano consensualmente separati con omologazione del Tribunale di Padova intervenuta in data 5

giugno 1998; che la casa coniugale di Vigonza, assegnata in se

de di separazione al marito, era in comproprietà di entrambi i

coniugi. La C. deduceva che, in mancanza di figli e di un accordo dei

coniugi in ordine all'assegnazione della casa coniugale in sede

divorzile, essa doveva risultare non assegnata e rimanere nella

disponibilità di entrambi i coniugi. Chiedeva, pertanto, al tribu

nale di ordinare al conservatore dei registri immobiliari di Pa

dova di cancellare la trascrizione del verbale di separazione consensuale in cui risultava assegnata al N. la casa coniugale e,

per la sola ipotesi in cui il marito avesse avanzato domanda di

assegnazione della casa, un identico provvedimento di assegna zione a proprio favore.

Si costituiva in giudizio il N., il quale nulla opponeva alla

domanda di scioglimento del matrimonio; il resistente deduceva che il tribunale non si sarebbe potuto pronunciare sulle doman

de avanzate dalla moglie in ordine alla casa coniugale e chiede

va, pertanto, la conferma delle condizioni di separazione. All'udienza del 29 maggio 2002, i coniugi comparivano per

sonalmente davanti al presidente del tribunale, il quale confer

mava, in via provvisoria, le condizioni della separazione. All'udienza del 28 novembre 2002, la causa veniva rimessa

alla decisione del collegio sulle conclusioni indicate in epigrafe, con concessione dei termini di legge per il deposito delle com

parse conclusionali e di replica. Motivi della decisione. — Va dichiarato lo scioglimento del

matrimonio civile contratto in Vigonza (Padova) il 15 maggio 1991 tra C.C. e B.N.

Bisogna, infatti, rilevare che i coniugi si sono separati con

sensualmente con verbale del 20 maggio 1998, omologato dal

Tribunale di Padova in data 5 giugno 1998. Dagli atti di causa

risulta che, fin dalla comparizione dei coniugi davanti al presi dente, essi vivono separati e che da allora la separazione si è

protratta ininterrottamente, senza che sia intervenuta alcuna ri

conciliazione. Considerato anche che il N. sostanzialmente non

si è opposto alla domanda di scioglimento del matrimonio avan

zata dalla moglie, bisogna ritenere che sia cessata ogni comu

nione materiale o spirituale tra i coniugi. Sussistono, pertanto, i presupposti di cui all'art. 3, n. 2, lett.

b), 1. 898/70, per dichiarare lo scioglimento del matrimonio tra

le parti in causa, con i conseguenti effetti di legge. Nulla dispone il tribunale in ordine all'assegnazione della ca

sa coniugale, non sussistendo i presupposti normativi per una

pronuncia sul punto. 11 giudicante ritiene, infatti, di conformarsi all'orientamento

giurisprudenziale secondo cui l'assegnazione della casa coniu

gale è finalizzata fondamentalmente alla protezione della prole. Pertanto, in mancanza di figli conviventi, come è nel caso in

esame, non sussistono i presupposti di legge perché il giudice del divorzio possa provvedere all'assegnazione della casa co

niugale. Va rigettata la domanda della C. relativa all'ordine di can

cellazione della trascrizione del verbale di separazione che as

segnava al N. la casa coniugale. La cancellazione delle trascrizioni è attività amministrativa,

in merito alla quale il giudice può impartire degli ordini nelle

sole ipotesi previste dalla legge, tra cui non rientra il caso di

specie. Si deve, tuttavia, precisare che, se un lato, il N. ha legittima

mente trascritto il verbale di separazione con cui gli era stata as

segnata la casa coniugale, dall'altro, con tale trascrizione egli ha

semplicemente reso opponibile alla generalità dei terzi il proprio diritto derivantegli dalla predetta assegnazione. Assegnazione, tuttavia, che, essendo stata disposta in sede di separazione, con

tinua a produrre i propri effetti finché perdura lo stato di separa zione tra i coniugi ed è destinata, pertanto, a venir meno con la

cessazione di tale stato a seguito della pronuncia di sciogli mento del matrimonio.

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