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ordinanza 17 luglio 2002, n. 357 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 luglio 2002, n. 29);Pres. Ruperto, Est. Mezzanotte. Ord. App. Milano 14 ottobre 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 46 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 (OTTOBRE 2002), pp. 2549/2550-2551/2552Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196816 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
l'attore («appalto di servizi di trasporti») e, genericamente, la contestazione del convenuto;
che difetta, pertanto, la rilevanza della questione quanto alla causa tra la D'Ambrogio s.r.l. e la F.lli Elia s.r.l., così come de ve ritenersi del tutto inadeguato l'esame della rilevanza com
piuto dal rimettente quanto alla causa D'Ambrogio-Step s.r.l., essendo evidente che la denunciata incostituzionalità della nor
ma interpretativa presuppone la certa applicabilità nel giudizio a
quo della norma interpretata; che, conseguentemente, le questioni di legittimità costituzio
nale vanno dichiarate manifestamente inammissibili, quanto alla
prima causa, per la sua palese irrilevanza e, quanto alla seconda
causa, per difetto assoluto di motivazione circa la rilevanza. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifesta
mente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
dell'art. 3 d.l. 3 luglio 2001 n. 256 (interventi urgenti nel settore
dei trasporti), convertito, con modificazioni, dalla 1. 20 agosto 2001 n. 334, sollevate, in relazione agli art. 3 e 77 Cost., dal
Tribunale di Torino con l'ordinanza in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 17 luglio 2002, n. 357 (Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 24 luglio 2002, n. 29); Pres. Ruperto, Est. Mezzanotte. Orci. App. Milano 14
ottobre 1997 (G.U., la s.s., n. 46 del 2001).
Servitù — Servitù coattive — Condotti per la fornitura di
gas metano — Obbligo di dare passaggio
— Omessa pre visione — Questione manifestamente infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 3, 42; cod. civ., art. 1033).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 1033 c.c., nella parte in cui non prevede
l'obbligo di dare passaggio, analogo a quello dovuto alle
condotte di acque, a tubi o ad altri condotti per la fornitura di
gas metano, in riferimento agli art. 3 e 42 Cost. ( 1 )
(1) La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata da
App. Milano, ord. 14 ottobre 1997, massimata (con la data 12 dicembre
1997) in Foro it.. Rep. 1998, voce Servitù, n. 14 (e annotata da A. Ca
ruso, Sulla servitù di metanodotto, in Corriere giur., 1998, 1063). La corte ambrosiana si pronunciava in sede di rinvio, nel procedi
mento in cui Cass. 13 ottobre 1992, n. 11130, Foro it., Rep. 1993, voce
cit., n. 10 (per esteso, Riv. giur. edilizia, 1993, I, 238), sul presupposto che le norme relative alle servitù coattive hanno carattere di diritto sin
golare e non sono pertanto suscettibili di interpretazione analogica, aveva cassato la pronuncia di merito con cui era stata costituita una servitù di metanodotto. L'applicazione estensiva dell'art. 1033 c.c., in tema di servitù di acquedotto, al passaggio di tubi per la fornitura di gas metano è stata esclusa da Cass. 25 gennaio 1992, n. 820, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 3 (annotata da C. Marti, A proposito di interpreta zione estensiva e servitù di gasdotto, in Riv. dir. agr., 1992, li, 323). Dal canto-proprio, Cass. 16 gennaio 1986, n. 207, Foro it., Rep. 1986, voce Telefono, n. 5, ha escluso che la società concessionaria del servi zio telefonico, al fine dell'installazione sul fondo altrui di linee ed im
pianti, possa invocare la disciplina sulla costituzione di servitù coattive, trattandosi di disposizioni speciali, non estensibili all'infuori dei casi
espressamente considerati. Può segnalarsi altresì Cass. 23 marzo 1992, n. 3573, id., Rep. 1993,
voce Espropriazione per p.i., n. 378 (annotata da G. Chiné, Brevi cenni in tema di occupazione appropriativa: modo di acquisto anche di ser vitù pubbliche?, in Giust. civ., 1993, 1, 175), secondo cui, in caso di
mancata emanazione del decreto di espropriazione di un fondo nel cui sottosuolo sia stato installato un metanodotto, alla scadenza del biennio di occupazione legittima non può considerarsi costituita una servitù se condo i principi della c.d. occupazione appropriativa, i quali non risul
II Foro Italiano — 2002.
Ritenuto che, con ordinanza in data 14 ottobre 1997 (Foro it.,
Rep. 1998, voce Servitù, n. 14), pervenuta a questa corte l'8 no
vembre 2001, la Corte d'appello di Milano, quale giudice di
rinvio, ha sollevato, in riferimento agli art. 3, 1° comma, e 42, 2° comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art.
1033 c.c., nella parte in cui «non prevede anche l'obbligo di da re passaggio, analogo a quello dovuto alle condotte di acque, a
tubi o ad altri condotti per la fornitura di gas metano»; che il rimettente premette che la Corte di cassazione, con
sentenza n. 1 ! 130 del 1992 (id., Rep. 1993, voce cit., n. 10), nel
cassare, con rinvio, la sentenza con la quale era stata accolta la
domanda delle attrici ed era stata costituita una servitù coattiva
di «metanodotto» in favore del fondo delle stesse, ha affermato
il seguente principio di diritto: «qualora non ricorrano le speci fiche figure di servitù coattive previste dal codice civile, negli art. da 1033 a 1057, ovvero da leggi speciali
— e, nella specie, invocandosi una servitù di 'metanodotto', non legislativamente
prevista, si rientrava in tale ipotesi — non può essere invocata
la disciplina degli art. 1032 ss. c.c., trattandosi di disposizioni
speciali, non estensibili all'infuori dei casi espressamente con
siderati»; che, ad avviso del giudice a quo nell'interpretazione imposta
dalla Corte di cassazione, l'art. 1033 c.c. contrasterebbe, in pri mo luogo, con l'art. 3 Cost., in quanto, essendo identici i «biso
gni della vita» soddisfatti dall'acqua e dall'energia termica in
genere, essendo le esigenze di fruizione dell'una e dell'altra
egualmente diffuse nella popolazione, sussistendo identità di
interesse pubblico tra la fruizione in massa dell'acqua corrente
proveniente dal pubblico acquedotto e la fruizione del gas meta
no (energia pulita e meno costosa) attinto alla rete pubblica
(meglio controllabile e più idonea, rispetto agli impianti auto
nomi, a garantire l'incolumità dei singoli), non essendo dissi
mili le opere necessarie alla conduzione dell'acqua e del gas metano, e non potendosi ormai ravvisare una maggiore perico losità delle condutture del gas rispetto a quelle dell'acqua, attesa
l'avanzata tecnologia e le specifiche prescrizioni legislative di
sicurezza delle condutture del metano e dei relativi impianti, il
fatto che siano diversamente tutelate le esigenze di approvvi
gionamento dell'acqua e del metano sarebbe lesivo del principio di eguaglianza;
che la medesima disposizione contrasterebbe altresì con l'art.
42, 2° comma, Cost., giacché limiterebbe diversamente il diritto
di proprietà dei singoli, rendendolo coercibile ai fini di utilità
tano applicabili in materia di acquisto da parte dell'ente pubblico co struttore di un diritto reale parziario; sicché, a danno del proprietario del fondo asservito, si configura un illecito di tipo permanente, desti nato a perdurare fino a che non venga meno la situazione abusiva, con la rimozione dell'impianto, con la cessazione del suo esercizio, ovvero con la sopravvenienza di titolo idoneo all'insorgenza del diritto di ser vitù (contratto, provvedimento amministrativo, sentenza del giudice or
dinario); v., inoltre, Cass. 15 luglio 1986, n. 4567, Foro it., 1988, 1, 930, con nota di S. Afeltra, secondo cui l'emanazione in corso di cau sa del provvedimento impositivo della relativa servitù coattiva determi na l'improponibilità della domanda con la quale il proprietario del fon
do, occupato di fatto per installarvi condutture per la distribuzione di
gas per usi domestici, chiede la rimozione del manufatto. In materia di servitù, la Consulta è intervenuta per dichiarare l'inco
stituzionalità dell'art. 1052, 2° comma, c.c., nella parte in cui non pre vede che il passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso possa essere concesso dall'autorità giudiziaria quando riconosca che la do manda risponde alle esigenze di accessibilità (di cui alla legislazione relativa ai portatori di handicap) degli edifici destinati ad uso abitativo: v. Corte cost. 10 maggio 1999, n. 167, id., 1999,1, 2164 (annotata da F.
Gazzoni, Disabili e tutela reale, in Riv. not., 1999, 978; P. Perlingieri,
Principio «personalista», «funzione sociale della proprietà» e servitù coattiva di passaggio, in Rass. dir. civ., 1999, 688; P. Vitucci, Il pas saggio coattivo e le persone handicappate, in Giur. costit., 1999, 1615; G. Serges, Anacronismo legislativo, eguaglianza sostanziale e diritti
sociali, in Giur. it., 2000, 684; A. Palmieri, Accesso all'abitazione e
tutela dei disabili: nuovi orizzonti per l'art. 1052 c.c., in Corriere
giur., 2000, 177; M. Roberti, La servitù coattiva per fondo non inter cluso: nuove prospettive degli interessi generali, in Nuove leggi civ., 2000, 150; M. Rossetti, Tutela della salute e servitù coattive, in Riv.
giur. circolaz. e trasp., 1999, 687; B. Cavallo, Servitù coattiva di pas
saggio a favore di un fondo non intercluso ed esigenze dei portatori di
handicap, in Nuova giur. civ., 1999, 1, 822; A. Scarpa, Portatori di
handicap e passaggio coattivo: traguardo o punto di partenza?, in Rass. locazioni, 1999, 521).
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2551 '
PARTE PRIMA 2552
sociale solo nel caso dell'acqua e non anche nel caso del meta
no.
Considerato che il rimettente sollecita una pronuncia con la
quale l'ambito di operatività dell'art. 1033 c.c., che prevede la
costituzione coattiva della servitù di acquedotto, sia esteso a
comprendere la possibilità di costituire coattivamente la servitù
di metanodotto; che tale richiesta è formulata sulla base del rilievo che l'ener
gia termica costituirebbe oggi un bisogno della vita al pari del
l'acqua e della ritenuta insussistenza di qualsivoglia compo nente di maggior pericolosità nel trasporto attraverso condutture
del gas metano rispetto al trasporto dell'acqua; che le situazioni poste a raffronto dal giudice a quo non pos
sono essere ritenute a tal punto omogenee da imporre, quale soluzione costituzionalmente obbligata, l'estensione della pos sibilità di costituire coattivamente anche la servitù di gasdotto;
che, infatti, pur tenendo conto, come invita a fare il rimetten
te, del fatto che la distribuzione del gas metano tende ad intensi
ficarsi sempre più, anche per la molteplicità degli impieghi di cui tale fonte di energia è suscettibile, vale ad escludere la pro
spettata identità di situazioni il rilievo che le utilità conseguibili
dall'impiego del metano, a differenza di quelle connesse alla
utilizzazione dell'acqua, possono essere acquisite anche con al
tre fonti di energia; sicché non appare irragionevole la valuta
zione che il legislatore ha compiuto allorché ha previsto la co
stituzione coattiva della servitù di acquedotto e non anche di
metanodotto; che alla affermazione di un diritto alla costituzione di servitù
coattiva di metanodotto non può certo pervenirsi considerando
questa quale soluzione necessitata derivante dalla scelta del le
gislatore di favorire la diffusione del gas metano;
che, se tale indirizzo legislativo non può essere negato, ed è
anzi ravvisabile in molteplici atti normativi (v., in particolare, 1.
29 settembre 1964 n. 847; 1. 28 novembre 1980 n. 784, art. 11; d.l. 31 agosto 1987 n. 364, convertito, con modificazioni, dalla
1. 29 ottobre 1987 n. 205, art. 3; d.leg. 23 maggio 2000 n. 164), da esso non è possibile desumere anche la scelta di un modello
coercitivo nella disciplina dei rapporti tra fondi vicini che solo il
legislatore potrebbe introdurre (come fece a coronamento di un
programma di elettrificazione generalizzato del paese) e che non
può essere assunto da questa corte come costituzionalmente
vincolato proprio a causa dell'esistenza di fonti di energia alter
native, di modalità tecniche di approvvigionamento del gas me
tano diverse dal trasporto attraverso condutture e, infine, della
possibilità di giungere al medesimo risultato mediante atti di
esercizio dell'autonomia privata; che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifesta
mente infondata.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 1033 c.c., sollevata, in riferimento agli art. 3 e 42 Cost., dalla Corte d'appello di Milano, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
Il Foro Italiano — 2002.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 12 luglio 2002, n.
340 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 luglio 2002, n.
28); Pres. Ruperto, Est. Bile; Soc. Rete ferroviaria italiana;
interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. Firenze 10 maggio 2001, 18 giugno 2001 e Cass. 9 marzo 2001 (G.U., la s.s., nn.
33, 40 e 45 del 2001).
Giurisdizione civile — Urbanistica ed edilizia — D.leg. n. 80
del 1998 e 1. n. 205 del 2000 — Nuova ipotesi di giurisdi zione amministrativa esclusiva — Eccesso di delega legis lativa — «Ius superveniens»
— Applicabilità
— Mancata
verifica — Questioni manifestamente inammissibili di co
stituzionalità (Cost., art. 76, 77; 1. 15 marzo 1997 n. 59, de
lega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica ammini
strazione e per la semplificazione amministrativa, art. 11;
d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, nuove disposizioni in materia di
organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni
pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di
giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'art,
ì 1, 4° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59, art. 34, 35; 1. 21 luglio 2000 n. 205, disposizioni in materia di giustizia amministrati va, art. 7).
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli art. 34 e 35, 1° comma, d.leg. 31 marzo
1998 n. 80, per insufficiente motivazione sulla rilevanza de
terminata dalla mancata verifica della applicabilità del nuovo
testo delle disposizioni, come sostituito dall'art. 7 /. 21 luglio 2000 n. 205, ai giudizi di risarcimento in materia urbanistica
ed edilizia iniziati fra il 1° luglio 1998 ed il 9 agosto 2000, in
riferimento agli art. 76 e 77 Cost. (1)
(1) I. - Anche l'ordinanza delle sezioni unite (Cass., ord. 21 giugno 2001, n. 8506, Foro it., 2001, 1, 2472, con nota di Bf.nini-Gili), insieme a due ordinanze del Tribunale di Firenze, non è sfuggita alla dichiara zione di manifesta inammissibilità per insufficiente motivazione sulla rilevanza della questione di costituzionalità dell'art. 34 d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, per eccesso di delega, analogamente a quanto ritenuto con l'ord. 16 aprile 2002, n. 123, id., 2002, I, 1265, con nota di richiami e osservazioni di A. Barone, nonché Urbanistica e appalti, 2002, 648, con nota di Andreis, Danno e resp., 2002, 736, con nota di Palmieri, e Corriere giur., 2002, 876, con nota di Carbone.
La Consulta insiste sulla necessità di verificare la diversa opzione interpretativa dell'art. 34 d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall'art. 7 1. 21 luglio 2000 n. 205, ancorata allo scrutinio della pro spettabilità della incidenza della nuova disposizione, introdotta da leg ge ordinaria, sui giudizi in corso, in deroga all'art. 5 c.p.c.
In sede di commento dell'ordinanza n. 123 del 2002 si era sottoli neato come la pretesa della Corte costituzionale di suggerire (indican done anche le possibili basi argomentative) un'interpretazione delle di
sposizioni della 1. 205/00 in parte qua antitetica a quella propugnata dalle sezioni unite, con specifico riguardo ai giudizi astrattamente ri conducibili alla materia dei servizi pubblici, con indirizzo già allora
consolidato, costituisse «una singolare e, francamente, non consentita invasione di campo». Il rilievo vale a maggior ragione oggi rispetto alla
riportata ordinanza, nella quale la stessa pretesa della corte disvela contorni ancor più marcati.
II. - E perciò doveroso avvertire che, come ricordato sulle colonne di
questa ultracentenaria rivista da un autorevole ex presidente della Con sulta (R. Granata, Corte di cassazione e Corte costituzionale nella dialettica tra controllo ermeneutico e controllo di legittimità - Linee evolutive delta giurisprudenza costituzionale, in Foro it., 1998, I, 15), dopo un periodo di conflitto con la Cassazione iniziato nel 1965 — (pe riodo) durante il quale la Consulta rivendicò la titolarità di una funzio ne ermeneutica autonoma, esercitabile «indipendentemente da quello che era lo stato della giurisprudenza al riguardo» — i rapporti fra le due corti si composero a seguito della decisione della Corte costituzionale di far propria l'intuizione ascarelliana del «diritto vivente», come pa rametro del giudizio di costituzionalità.
Per Ascarelli (Giurisprudenza costituzionale e teoria dell'inter
pretazione, in Riv. dir. proc., 1957, 351 ss.), se la norma esiste come tale solo nel momento dell'applicazione — essendoci prima di essa so lamente un testo polisenso — allora la corte, chiamata a valutare la co stituzionalità della legge, si trova di fronte non un'astratta disposizione legislativa, bensì il fatto storico di una consolidata applicazione (giudi ziaria o amministrativa). In presenza di un «diritto vivente», dunque, il
giudice costituzionale non è più titolare di una libertà interpretativa della disposizione impugnata, ma deve assumerla nel suo significato applicato (Pugiotto, La problematica del «diritto vivente» nella giuris
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