ordinanza 18 aprile 2006; Pres. Lipani, Rel. Casaburi; Soc. Salernitana sport (Avv. Fimmanò,Traversa, Di Nola) c. Soc. Salernitana calcio 1919 (Avv. Giordano, Sica, Meoli, Manzione),Federazione italiana giuoco calcio (Avv. Gallavotti, Medugno, Di Amato)Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2006), pp. 2225/2226-2231/2232Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23202128 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
TRIBUNALE DI NAPOLI; ordinanza 18 aprile 2006; Pres. Lipani, Rei. Casaburi; Soc. Salernitana sport (Avv. Fimmanò,
Traversa, Di Nola) c. Soc. Salernitana calcio 1919 (Avv.
Giordano, Sica, Meoli, Manzione), Federazione italiana
giuoco calcio (Avv. Gallavotti, Medugno, Di Amato).
TRIBUNALE DI NAPOLI:
Proprietà industriale — Marchio — Salernitana sport e Sa
lernitana calcio 1919 — Confondibilità — Esclusione —
Fattispecie (D.leg. 10 febbraio 2005 n. 30, codice della pro
prietà industriale, a norma dell'art. 15 1. 12 dicembre 2002 n.
273, art. 13).
I marchi Salernitana sport e Salernitana calcio 1919 e le corri
spondenti denominazioni sociali, pur se usati entrambi per società calcistiche, non sono confondibili, in quanto deboli,
perché esplicitamente riferiti alla città ove le società stesse
operano, e pertanto sufficientemente differenziati, specie per il pubblico di riferimento, i «tifosi», atteso che il secondo se
gno, adottato successivamente, porta anche l'indicazione della data di fondazione del primo sodalizio calcistico citta
dino. (1)
In fatto. — Con atto notificato ritualmente la società ora re
clamante citava in giudizio la Salernitana calcio 1919 s.p.a. e la
Figc - Federazione italiana giuoco calcio, per sentir accertare:
— che la denominazione Salernitana 1919, il marchio Saler
nitana 1919, i colori sociali granata, i relativi segni distintivi, le
opere dell'ingegno, l'immagine e tutti i valori aziendali connes
si, compreso l'avviamento e la clientela, appartengono ad essa
attrice; —
l'appropriazione indebita di quanto sopra da parte della
società convenuta; — la condotta illecita consistente nello storno dei dipendenti
della Salernitana 1919 (calciatori, staff, tecnico, impiegati), sen
za riconoscere il corrispettivo alla società attrice della cessione
dei contratti; — l'illiceità della condotta della convenuta anche ex art.
2598 c.c., ivi compresa la disputa delle partite di calcio di cam
pionato utilizzando lo stadio Arechi, come ulteriore mezzo ido
neo, unitamente agli altri, a creare confusione e/o danneggiare l'attrice;
— l'illiceità della condotta della Figc per i fatti di cui sopra, in quanto lesiva dei diritti soggettivi dell'attrice.
Chiedeva ancora pronunciarsi, ex art. 124 cod. proprietà in
dustriale, l'inibitoria di tutto quanto costituisca violazione dei
propri diritti, fissando se del caso una somma per ogni violazio
ne ed inosservanza.
Infine chiedeva condannarsi la società convenuta al risarci
mento dei danni, anche ex art. 125 cod. proprietà industriale, nella misura di euro 23.000.000 (di cui euro 4.000.000 per lo
storno dei dipendenti e 4.000.000 per la svalutazione degli im
( 1 ) L'ordinanza in rassegna del Tribunale di Napoli, adottata ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., in sede di reclamo avverso un provvedi mento cautelare adottato ante causam, modifica, in motivazione, il
provvedimento di prime cure, escludendo la confodibilità tra i marchi — e le denominazioni sociali — delle due società calcistiche operanti nella città di Salerno, la Salernitana sport e la Salernitana calcio 1919.
La prima è quella «storica» ma che, in quanto vicina al dissesto, è ormai al di fuori dalle gare organizzate dalla Figc, mentre la seconda è di recente costituzione.
Da qui il contenzioso tra le parti, anche per la titolarità del titolo
sportivo e per profili di concorrenza sleale; l'applicazione del c.d. lodo
Petrucci, e l'ampiezza della giurisdizione amministrativa in materia,
comunque, ha — in concreto — condotto il tribunale ad escludere ogni profilo di concorrenza sleale; v. anche Trib. Napoli 31 agosto 2004, Fallimento, 2005, 659, con nota di Antonioli, espressamente richia mata dall'ordinanza in rassegna, nonché Tar Lazio, sez. Ili, 22 settem bre 2004, n. 9668, Foro it., 2004, voce Sport, nn. 99, 100 (entrambe relative al «caso Napoli»).
Con specifico riferimento ai segni distintivi in contestazione, il tri
bunale ne ha escluso la confondibilità, come accennato, sostanzial mente negando l'ammissibilità del monopolio sul termine «Salernita
na». Ciò alla stregua di un'ampia applicazione del concetto di marchio debole (non senza richiamare la stessa disciplina del marchio geografi co). Sulla distinzione tra marchi deboli e forti, v. nota a Cass. 27 feb
braio 2004, n. 3984, id., 2004, I, 2117; sul marchio geografico, v. Trib.
Napoli 13 marzo 2003, id., 2003,1, 3185. Il tribunale fonda espressamente la propria decisione su una conce
zione marcatamente proconcorrenziale dei diritti di proprietà indu
striale; v. Cass. 26 gennaio 2006, n. 1636, id., 2006,1, 687.
Il Foro Italiano — 2006.
mobili), nonché la Figc nella misura di euro 27.700.000 (di cui 12.700.000 per la perdita conseguente allo svincolo illegittimo dei calciatori), con pubblicazione della sentenza.
Il giudizio veniva introdotto ai sensi del d.leg. 5/03, che trova
applicazione per i giudizi in materia di proprietà industriale ex
art. 134, 1 °
comma, cod. proprietà industriale.
La soc. Salernitana sport, con ricorso cautelare del 13 gennaio 2006, proposto anche ex art. 700 c.p.c., chiedeva:
— inibirsi alla società resistente, ex art. 131 cod. proprietà industriale, l'uso dei segni distintivi, della ditta, della denomi
nazione, del marchio Salernitana 1919, delle opere dell'inge
gno, dell'immagine, nonché dei colori sociali granata, in quanto
appartenenti ad essa istante; — autorizzarsi ex art. 129 cod. proprietà industriale il seque
stro di tutto l'abbigliamento tecnico della resistente, pure anali
ticamente indicato, e comunque del materiale tecnico (es. pallo ni, guidoncini), dei gadgets (bandiere, sciarpe, cappelli) della
resistente, recanti i segni distintivi o i colori sociali di essa ri
corrente; — fissarsi una somma per ogni inadempienza successiva
mente constatata, e pubblicazione del provvedimento sui gior nali, ex art. 126 cod. proprietà industriale;
— disporsi (da parte del presidente della sezione specializ
zata) la descrizione di quanto oggetto di causa); — inibirsi alla resistente l'utilizzo dello stadio Arechi di Sa
lerno, ordinandosi alla stessa di disputare le gare presso una so
cietà sportiva non riconducibile alla ricorrente; — ordinarsi alla resistente di utilizzare diversi colori sociali
e di utilizzare una diversa denominazione sociale, non ricondu
cibile alla Salernitana o a Salerno; — inibire l'utilizzo nelle gare ufficiali dei sei giocatori pro
fessionisti oggetto di storno da parte della resistente a proprio danno;
— inibire alla Figc di utilizzare nei calendari, negli atti ed in
ogni manifestazione esterna la denominazione Salernitana; — inibirsi alle resistenti di utilizzare o sfruttare l'attuale
immagine della squadra dei suoi calciatori, e non nell'attuale
configurazione complessiva. I resistenti si costituivano ed eccepivano il difetto di giurisdi
zione, comunque chiedendo il rigetto della domanda.
II giudice designato, con ordinanza del 15 febbraio 2006, ri
gettava il ricorso.
Da qui il reclamo della Salernitana sport, con atto del 22 feb
braio 2005, per le ragioni esaminate in parte motiva, con reite
razione delle domande originarie. I resistenti chiedevano il rigetto del reclamo.
II collegio, all'esito dell'udienza del 6 aprile 2006, se ne ri
servava la decisione.
In diritto. — 1. - Il reclamo è infondato e va rigettato, pur se
la motivazione del giudice di prime cure va modificata ed inte
grata nei termini che seguono. 2. - In primo luogo deve rilevarsi — come segnalato dalle re
sistenti — che effettivamente non è affatto chiaro il tenore e l'e
stensione stessa del reclamo, vale a dire se la Salernitana sport abbia inteso o meno contestare il provvedimento di prime cure
nella parte in cui, in motivazione, si afferma il difetto di giuris dizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.
Non è certo assorbente, al riguardo, la considerazione che
l'atto di reclamo reiteri, in conclusione, puramente e semplice mente le domande già contenute nel ricorso introduttivo.
D'altro canto, in motivazione la Salernitana sport svolge ri
lievi che attengono essenzialmente alla parte della domanda su
cui il giudice designato ha provveduto nel merito (sia pure ac
certando il difetto di periculum in mora), svolgendo altresì pre cisazioni sui lamentati profili di concorrenza sleale.
Per il resto il reclamo lascia «alla fase di merito ... l'articola
zione delle ragioni che giustificano la giurisdizione dell'autorità
giudiziaria ordinaria» (ma di tali argomentazioni, agli atti al
l'esame del collegio, non vi è traccia; sono del tutto inconferen
ti, ovvero relativi a circostanze incontroverse, i rilievi attinenti
alle residue ipotesi legislative di giurisdizione ordinaria). La società resistente ha però brillantemente cercato di rico
struire la prospettazione del reclamo (invero molto più oscuro), rilevando che —
appunto secondo Salernitana sport — la giuris
dizione dell'autorità giudiziaria ordinaria opererebbe perché la
Figc avrebbe colposamente permesso che la nuova società at
tuasse pratiche lesive dei diritti di privativa della stessa recla
mante.
In ogni caso va qui ribadito — con il giudice di prime cure (e,
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2227 PARTE PRIMA 2228
beninteso, nell'ambito del presente procedimento cautelare) che
la giurisdizione ordinaria può sussistere esclusivamente per i
profili industrialistici, e con i limiti che saranno esposti in pro
sieguo. Per ogni altro profilo, ed in particolare per tutto ciò che attie
ne all'operato della Figc, vi è invece difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, sussistendo quella esclusiva
del giudice amministrativo (inerente, quindi, anche a diritti sog
gettivi): ovviamente, vertendosi in materia di giurisdizione, non
può porsi alcuna questione di connessione, come pure già osser
vato dal provvedimento reclamato.
In particolare, per quanto interessa in questa sede cautelare, rientra nella giurisdizione amministrativa ogni domanda (anche risarcitoria e di reintegra in forma specifica) fondata sulla prete sa violazione da parte della Figc del divieto di neminem laedere, così come ogni questione attinente al trasferimento (se pure un
trasferimento sia configurabile) del c.d. titolo sportivo e, infine, alla validità del c.d. lodo Petrucci.
Ciò in forza della 1. 280/03, ben nota alle parti, su cui è dav
vero inutile soffermarsi.
Il provvedimento reclamato svolge sul punto considerazioni
che possono senz'altro condividersi, cui si rinvia, anche quanto ai precedenti giurisprudenziali.
Può però in questa sede richiamarsi nuovamente Trib. Napoli 31 agosto 2004, conosciuta alla difesa di parte reclamante (che
però, come osservato dal giudice di prime cure, si è ben guar data di farne cenno, a differenza dei precedenti provvedimenti inter partes, pur caducati da quello surrichiamato), ove pure è
espressamente affermato, con ampiezza di motivazione, che
ogni controversia attinente all'ammissione e all'affiliazione alle
federazioni di società sportive rientra senz'altro nella giurisdi zione amministrativa.
Nel caso di specie, oltretutto, il giudice amministrativo ha già avuto modo di pronunciarsi, in termini negativi per la recla
mante.
3. - Ne consegue, in primo luogo, il rigetto delle domande
cautelari presupponenti l'accertamento di condotte di concor
renza sleale da parte della società resistente (alcune delle quali addirittura proposte nei confronti della Figc).
Tutte tali condotte — ai fini di un giudizio in termini di illi ceità ex art. 2598 c.c. — infatti, presuppongono, quanto meno, l'accertamento della illiceità del c.d. trasferimento del titolo
sportivo, su cui — come detto — questo giudice ordinario non
può pronunciarsi. Tanto, in particolare, con riferimento alla domanda di inibito
ria dall'uso, nelle competizioni, dei giocatori che sarebbero og
getto di storno da parte della società resistente.
Infatti il passaggio dei giocatori in questione alla nuova for
mazione è avvenuta in forza (e successivamente) allo svincolo
da parte della Figc, atto pure, ovviamente, devoluto alla cogni zione del giudice amministrativo.
Non può infine trascurarsi, in termini strettamente civilistici, che la reclamante non ha ritenuto neanche di richiamare — an
corché offrire di provare — i requisiti richiesti dalla giurispru denza per il riscontro della concorrenza sleale per storno di di
pendenti. >- -
Il richiamo all'acquisizione, da parte della società resistente, di «conoscenze tecniche acquisite nell'azienda di provenienza»,
quale condotta concretante lo storno, è difficilmente comprensi bile in termini fattuali, con riferimento al gioco del calcio (di
quali conoscenze tecniche sono portatori i giocatori?), ancor
prima che giuridici (in sostanza la reclamante mostra di confon
dersi con la concorrenza sleale per appropriazione di pregi ed
attività di un concorrente, che è fattispecie del tutto diversa). Considerazioni non diverse riguardano la domanda di inibito
ria dall'uso dello stadio Arechi, di cui la resistente è concessio naria (in forza di atto, quindi, pure non censurabile in questa se
de); né la Salernitana sport può limitarsi ad affermare (ma solo
in sede di reclamo) che in realtà la domanda in questione non
incide in alcun modo sull'atto amministrativo di concessione, in
quanto rivolta solo a controparte. Resta — ineludibile — il rilievo che non vi è alcuna possibi
lità di colorire in termini di illiceità concorrenziale la condotta
delle resistenti, come più volte detto del tutto conforme ad atti
amministrativi, anche di carattere generale, e comunque all'or
dinamento sportivo (fino a diversa pronuncia del giudice ammi
nistrativo). Anzi, più in generale, è estremamente difficile configurare lo
Il Foro Italiano — 2006.
stesso rapporto concorrenziale tra le società in causa, anche po tenziale. se si considera che il liquidatore della reclamante ha ri
chiesto alla Figc la stessa revoca dell'affiliazione della Salerni
tana sport, disposta con atto 169/A del 7 febbraio 2006 (mentre nulla le parti hanno dedotto in ordine all'esito dell'udienza in
camera di consiglio del 6 febbraio 2006, presso il Tribunale di
Salerno, disposta su istanza del p.m. per la dichiarazione dello
stato di insolvenza, rectius fallimento).
Quest'ultima, quindi, è ormai al di fuori delle competizioni
sportive che fanno capo alla Figc, nell'ambito delle quali — tra
le società sportive partecipanti — avrebbe appunto potuto con
figurarsi il rapporto concorrenziale.
In altri termini la possibilità di ripresa dell'attività economica
della ricorrente, e la progressione della «vecchia» Salernitana
verso le serie calcistiche superiori, di cui si fa menzione nel
provvedimento reclamato, appaiono ormai estremamente im
probabili, ben oltre i limiti del fumus boni iuris (e del pericu lum, v. infra).
Quanto precede vale, come accennato, per tutte le altre con
dotte rapportabili alla concorrenza sleale, confusamente lamen
tate dalla reclamante.
In particolare il riferimento è alle doglianze relative al colore
sociale (granata), all'emblema (ippocampo; ma la resistente fa
uso della raffigurazione di un pallone da calcio), in genere al
l'oggettistica promozionale. Il granata, oltretutto, come correttamente dedotto dalla società
resistente, è il colore anche di altre (e ben più note) squadre di
calcio, sicché mai la reclamante potrebbe pretenderne il mono
polio. 4. - Quanto poi ai segni distintivi della Salernitana sport (in
particolare denominazione sociale e marchio) il collegio rileva
che il giudice designato ha effettivamente affermato la fonda
tezza della pretesa della ricorrente, ora reclamante, in termini di
fumus boni iuris.
Tali rilievi — peraltro
— hanno il limitato valore di obiter
dicta, in quanto il ricorso è stato rigettato, per carenza di peri culum in mora (il che, invero, rendeva del tutto superflua la
motivazione sul fumus). Il reclamo, e soprattutto le difese delle resistenti, investono
anche tali profili, su cui quindi occorre pronunciarsi. Il collegio
— dissentendo radicalmente dalle valutazioni del
giudice designato —
reputa invece che non sussista affatto il
fumus boni iuris della pretesa della Salernitana sport circa i se
gni distintivi in questione. Questi ultimi saranno valutati unitariamente, atteso il valore
archetipale del marchio d'impresa registrato, in punto di disci
plina, rispetto agli altri segni distintivi, anche non titolati, alla
stregua del codice della proprietà industriale.
È poi irrilevante il carattere registrato o meno dei marchi in
contestazione (la reclamante nulla ha documentato al riguardo), stante la tendenziale parificazione del marchio di fatto a quello
registrato di cui al codice surrichiamato; v. Trib. Napoli 5 mag gio 2005, Foro it., 2005, I, 2191.
5. - Va però premesso, già su un piano «metodologico», che
deve respingersi in foto l'impostazione in termini meramente
proprietari dei diritti di proprietà industriale (non a caso la re
clamante avanza paragoni anche con la tutela possessoria). Una tale impostazione
— già fortemente criticata in passato
(un illustre autore ha già avuto modo di condannare la configu razione dei diritti di proprietà industriale in termini «gretta mente» dominicali) — è ormai insostenibile all'indomani del
codice della proprietà industriale.
Quest'ultimo infatti, pur non incidendo direttamente sull'art.
2598 c.c., che resta immodificato, da un lato ha ristretto le fatti
specie riconducibili a tale disposizione, dall'altro ha esteso i
valori sottesi al principio di libertà di concorrenza.
Tali profili, in apparenza confliggenti, trovano attuazione nel
processo: da qui un'ulteriore conferma dell'assoluta centralità, nell'economia del codice, del capo III.
La relazione illustrativa al codice afferma così che le norme
sulla concorrenza sleale «costituiscono il fondamento di un di
ritto alla lealtà della concorrenza che. nei suoi tratti essenziali e nel corredo sanzionatorio, non differisce né punto né poco dai
diritti di proprietà industriale».
. La novità sta nella struttura stessa del codice, che «ricostrui sce in un quadro nuovo e moderno i nessi sistematici che colle
gano i molteplici diritti di proprietà industriale», alla stregua sia
di «una più rigorosa impostazione dogmatica dei rapporti inter
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
correnti fra proprietà industriale e concorrenza sleale, sia (delle) indicazioni che provengono dai TRIPS» (così ancora la relazio
ne). La relazione tra proprietà industriale ed intellettuale e tutela
della concorrenza si pone anzi, come autorevolmente affermato, in termini di «interfaccia».
La concorrenzialità del mercato, quindi, non è un valore anta
gonistico rispetto alle restrizioni derivanti dai diritti esclusivi
ma — in un'ottica di complementarietà — costituisce «un vero
e proprio fattore interno di definizione non soltanto dello scopo ma anche delle limitazioni da assegnare alle proprietà intellet
tuali».
Così il codice respinge, come superata, ogni contrapposizione tra diritti di monopolio, posti dalle privative industrialistiche e
principio di libertà/lealtà di concorrenza.
E ripudiata, in particolare, l'idea che nella tutela contro la
concorrenza sleale abbiano rilevanza interessi diversi ed anta
gonistici rispetto a quello del titolare del diritto (come l'interes
se dei consumatori) e che tale rilevanza possa segnare una di
stinzione rispetto all'impostazione dominicale della proprietà industriale.
La profonda omogeneità tra diritto della concorrenza e diritti
di proprietà industriale ha rilevantissime conseguenze, sistema
tiche e operative: ne discende, in primo luogo, la necessità di
una lettura pro-concorrenziale delle norme sulle privative. 6.a. - Tanto premesso, deve subito segnalarsi che i segni di
stintivi della Salernitana sport, coincidenti con l'elemento de
nominativo Salernitana, presentano un livello di distintività
estremamente basso, specie se «letto» in termini pro-concorren ziali, come sopra evidenziato.
La denominazione in parola, infatti, è esplicitamente riferita
alla città di Salerno, di cui la società ricorrente è (era) titolare
della locale squadra calcistica.
Si tratta, anzi, proprio della parola che indica la cittadinanza
della città campana. Gli elementi figurativi
— neanche ben indicati — sono sicu
ramente secondari, in una percezione d'insieme, rispetto a
quello denominativo suindicato.
È allora agevole l'affermazione che Salernitana presenta tutte
le caratteristiche del marchio debole (considerazioni non diver
se, come accennate, possono svolgersi quanto alla denomina
zione sociale): né la reclamante ha anche solo prospettato la
possibilità di un rafforzamento per secondary meaning. Ciò d'altronde va affermato per tutti i (non pochi) marchi e le
denominazioni di ambito sportivo coincidenti con la località
(non solo città) di riferimento.
La distinzione giurisprudenziale tra marchi forti e deboli è
notissima, sicché può semplicemente accennarsi che questi ul
timi sono quelli non contenenti particolari requisiti di originalità
rispetto ai segni distintivi adottati comunemente in un determi
nato settore, e comunque quelli caratterizzati da un'attenuata
attitudine distintiva, in quanto tendenzialmente descrittivi dei
prodotti, dei servizi o della loro natura.
Qualora poi il segno sia meramente descrittivo del prodotto o
del servizio di riferimento, non è in grado radicalmente di as
solvere la funzione distintiva e di indicazione di provenienza che gli è propria, sicché è radicalmente nullo.
La denominazione Salernitana, contraddistinguendo la squa dra di calcio della città di Salerno, esprime allora in modo di
retto, senza alcuna elaborazione creativa, lo strettissimo legame (tanto più forte in ambito sportivo) tra la società, la squadra e
quella città.
Vi è — in altri termini — una profonda interazione tra la de
nominazione, la squadra di calcio e la città, percepita fortemente — si tratta di un dato notorio —
proprio dal pubblico di riferi
mento, i «tifosi». Ed è proprio qui la radice del marchio debole.
6.b. - Per altro verso (ogni ulteriore approfondimento è riser
vato al giudizio di merito) appare anche corretto il richiamo —
avanzato dalla società resistente — al marchio geografico, vie
tati espressamente dall'art. 13, 1° comma, cod. proprietà indu
striale (già art. 18, 1° comma, lett. b, 1. marchi). La giurisprudenza in materia di capacità distintiva del segno,
e in particolare di marchi geografici, è amplissima. Si afferma così che non è ammissibile una privativa sulla de
scrizione o sulla provenienza di un prodotto o di un servizio: né
può trascurarsi che all'interesse della generalità alla libera ap
propriabilità di un'indicazione geografica si aggiunge una intui
bile esigenza di tutela dell'affidamento.
Il Foro Italiano — 2006.
La legge mira ad evitare l'appropriazione di segni che defini
scono in astratto «quel» prodotto o servizio.
Un toponimo può però avere anche altre funzioni semantiche, indicare qualcosa di diverso dal dato geografico. In tal caso può costituire valido marchio.
In altri termini il toponimo, quando non sia usato come de
scrizione delle caratteristiche del prodotto o dell'origine, può costituire un marchio di fantasia; v., ampiamente, Trib. Napoli 13 marzo 2003, id., 2003,1, 3185.
Si consideri poi che sia i giudici di merito che la Suprema corte hanno affermato che il marchio «Capri», usato per con
traddistinguere sigarette, è valido in quanto non è marchio geo
grafico; ciò perché Capri non è notoriamente luogo di produzio ne del tabacco, sicché il collegamento con il prodotto è del tutto
di fantasia (Trib. Roma 2 marzo 1993, id., Rep. 1995, voce
Marchio, n. 93; Cass. 20 dicembre 2000, n. 16022, id., Rep. 2001, voce cit., n. 107).
Ed ancora: «Il nome geografico può essere assunto come
marchio cioè indicatore della provenienza del prodotto da una
determinata impresa, se sia 'insignificante' della qualità del
prodotto, ossia non descrittivo»; v. Cass. 28 novembre 1996, n.
10587 (caso Pilsner Urquell), id.. Rep. 1997, voce cit., n. 47.
Per la giurisprudenza di merito, di recente, App. Bologna 23
marzo 2002, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 60, ha ritenuto — sem
pre alla stregua dell'art. 18, lett. b), cit., che «deve ritenersi che
il segno costituito da un quadrato nel quale è iscritto un cerchio
di colore azzurro ove compare la scritta 'mortadella di Bologna due torri' ovvero 'mortadella due torri di Bologna' con le torri
Garisenda e Asinelli stilizzate sul fondo indica al contempo la
provenienza del prodotto e la sua qualità e di conseguenza non
possiede per sé stesso la capacità distintiva necessaria per co
stituire valido marchio».
In termini, v. anche Commiss, ricorsi materia brevetti 7 otto
bre 1994, n. 78/91, id., Rep. 1995, voce cit., n. 73: «Non è regi strabile come marchio per contraddistinguere prodotti cosmetici
fabbricati utilizzando materiali delle terme che si trovano in tale
località il nome 'Saturnia' che indica lapalissianamente la pro venienza o la localizzazione dei prodotti o del servizio fornito».
Cfr., sul domain name, Trib. Siracusa-Lentini, ord. 23 marzo
2001, id., 2001, I, 3705: «Il nome di una località può costituire
oggetto di marchio solo ove, lungi dal rivelare particolari carat
teristiche del prodotto o far riferimento alla sua origine, assuma
un significato fantastico con funzione meramente individualiz
zante»; nella specie è stata negata la tutela inibitoria (cautelare) al marchio di servizio Sicily on line con riferimento ad un omo
nimo domain name.
7. - Può allora agevolmente concludersi, nella specie, che gli elementi differenziali presenti nel marchio/denominazione della
società resistente sono idonei a distinguerli in modo significati vo dai segni della reclamante.
Il riferimento, in particolare, è all'ulteriore espressione «cal
cio 1919» presente nei segni della nuova società (in luogo di
sport, presente invece nella denominazione della reclamante). Per la differenziazione dei marchi deboli, infatti, sono suffi
cienti varianti anche secondarie, non potendo per essi operare il
giudizio di comparazione fondato sul «cuore» del segno, proprio dei marchi forti, come invece operato dal provvedimento recla
mato.
La vicinanza semantica tra i marchi delle parti, allora, può es
sere suggestiva, ma non è in alcun modo fonte di (rischio di) confusione. A parte il rilievo che la suggestione, di per sé, non è
tutelata, deve rimarcarsi che i nomi delle squadre sportive, spe cie di calcio, coincidono o comunque richiamano la cit
tà/regione di riferimento (Milan, Fiorentina, Lazio, Napoli...), con poche eccezioni (Juventus, Inter ...), sicché anche da que sto punto di vista alcuna squadra (rectius, società di riferimento)
può pretendere il monopolio su quella denominazione.
La reclamante richiama il carattere meramente descrittivo
delle parole aggiunte al marchio della resistente (calcio 1919;
peraltro la società resistente ha dedotto — senza contestazioni
della reclamante — che il riferimento al 1919 allude non all'an
no di fondazione della Salernitana sport, ma alla costituzione
del primo sodalizio calcistico in Salerno). Ciò al fine di escluderne il carattere di novità rispetto al pro
prio (ma anche, in prospettiva, la stessa validità, pur se si tratta
di doglianza non proposta nel giudizio di merito). Deve però rilevarsi, incidentalmente, che il marchio Salerni
tana calcio 1919, pur essendo composto da due parole di cui una
di per sé priva di portata individualizzante (calcio), in quanto
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PARTE PRIMA 2232
prensibile — attese appunto le precarissime condizioni della re
clamante — ma giuridicamente del tutto infondata.
Da qui anche l'assoluta inconferenza della «sopravvenienza» dedotta dalla reclamante, l'offerta d'acquisto dei propri segni distintivi da parte di altra società (la «cartula» esibita al riguar do, a firma «Sapri calcio s.p.a.», ed attestante in ogni caso una
mera inizialissima manifestazione d'interesse, non ha però al
cun valore probatorio, anche meramente indiziario, attesa l'as
soluta incertezza circa la provenienza e la data). Né può trascurarsi, infine, che la decisione di merito — come
dedotto nel corso del procedimento di reclamo — è ormai im
minente (e certo non compete al collegio valutare gli eventuali
vizi processuali deducibili solo in quella sede), il che pure con
corre ad escludere il periculum.
descrittiva del servizio reso, assume per la composizione dei
due termini una caratterizzazione autonoma che imprime al
marchio una novità e una capacità distintiva tali da renderlo si
curamente registrabile, sicuramente in misura maggiore rispetto al marchio contenente la sola parola Salernitana.
La portata di originalità e di capacità distintiva del marchio in
oggetto deriva non soltanto dall'aver posto in sequenza logica due parole tra di loro non collegate, oltre un numero chiara
mente riferito ad un anno, ma anche dall'aver creato una se
quenza anomala rispetto all'uso corrente della lingua italiana.
Può richiamarsi, per profili di affinità, Trib. Napoli 16 marzo 2004, nonché Corte giust. 20 settembre 2001, causa C-383/99 P, caso Baby-dry, id., Rep. 2002, voce Unione europea, nn. 1542, 1543. Quest'ultima sentenza ha affermato la registrabilità quale marchio comunitario del sintagma Baby Dry, composto, non di
versamente che nel caso in esame, di termini inidonei di per sé
soli a poter costituire un valido marchio registrabile. La corte ha ritenuto che proprio la combinazione tra i due
lemmi, la loro collocazione grammaticale in maniera anomala
rispetto all'utilizzo normalmente fatto nella lingua corrente di
provenienza delle parole, fossero idonee a conferire quel carat
tere di novità ed originalità tale da legittimare il riconoscimento
quale valido marchio.
Pertanto anche sotto tale profilo le difese della reclamante
vanno respinte (mentre non ha alcun pregio, né richiede parti colare confutazione, il richiamo alle indicazioni geografiche).
8. - Quanto precede è sufficiente per il rigetto della domanda
cautelare.
Per completezza deve però ribadirsi che non si riscontra, nella
specie, neanche il periculum in mora, il danno da ritardo del
processo a cognizione piena, che costituisce — con il fumus —
l'indefettibile presupposto della tutela cautelare.
In particolare, in diritto, va ribadito che l'accertamento del
periculum in mora è necessario anche per i procedimenti tipici e
atipici industrialistici (che oltretutto sono tra i più rilevanti pro cedimenti cautelari previsti dall'ordinamento), oltretutto per la
tutela atipica, invocata anche nella specie, trova diretta applica zione l'art. 700 c.p.c., che richiede espressamente il riscontro di
un pregiudizio imminente ed irreparabile. La teoria del periculum in re ipsa è infatti ormai quasi del
tutto superata in giurisprudenza; v. — quanto a questo tribunale
— Trib. Napoli 20 aprile 2004, id., 2005, I, 924, e (in motiva zione) 17 dicembre 2003, id., 2004,1, 615.
Così anche la dottrina, ivi compreso l'illustre autore non pre cisamente richiamato dal reclamante, il quale (peraltro discuti
bilmente) reputa che il periculum sia presunto dalla legge solo
per i procedimenti di descrizione, non certo per inibitoria e se
questro.
Beninteso, il periculum industrialistico si fonda su di una va
lutazione comparativa degli interessi contrapposti delle parti, e
ben può indentificarsi — nel rischio di un pregiudizio anche solo patrimoniale per l'istante, purché significativo e suscetti bile di sviluppi imprevedibili o incontrollabili, ovvero nella dif
ficoltà probatoria di quantificare il dannò nel successivo giudi zio di merito.
Nel caso di specie, in punto di fatto, possono essere richia mate le ampie deduzioni al riguardo del provvedimento recla
mato, che appunto ha risolutamente escluso la configurabilità del periculum in mora, atteso che nulla ha concretamente repli cato al riguardo la reclamante.
Merita però osservare che, a ben guardare, Salernitana sport non deduce affatto un rischio di infruttuosità o da tardività (così richiamandosi una nota tipizzazione), e tantomeno un danno su
scettibile di espansione incontrollabile.
Deve ricordarsi, infatti, che la reclamante è titolare — ormai — di una squadra calcistica non più federata alla Fgci, che mi lita nel girone dilettanti, sostanzialmente priva di patrimonio, di cui è concretamente prospettato il fallimento.
A fronte di tale gravissima situazione patrimoniale (e non
solo) la domanda cautelare è funzionale, essenzialmente, ad at tribuire un plusvalore economico ai propri segni distintivi (di cui la reclamante offre una quantificazione su basi non meglio precisate, comunque palesemente del tutto eccessiva). Ciò però a mezzo della sostanziale paralizzazione dei segni distintivi
della società resistente (peraltro società patrimonialmente ca
piente, titolare di una squadra militante nel girone CI). Si tratta di un'operazione complessa economicamente com
II Foro Italiano — 2006.
TRIBUNALE DI NAPOLI; sentenza 25 gennaio 2006; Giud. Mole; Prudente (Avv. Marsiglia) c. Min. giustizia (Avv. dello Stato).
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Direttore di
cancelleria — Reggenza — Diritto alle differenze retribu
tive (D.leg. 30 marzo 2001 n. 165, norme generali sull'ordi
namento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche, art. 52).
Posto che l'istituto della reggenza differisce dalla sostituzione, il direttore di cancelleria che sia stato adibito a reggere un
ufficio dirigenziale per un congruo periodo di tempo ha di
ritto alla corresponsione delle relative differenze retributi
ve. (1)
(1) I. - La sentenza in epigrafe applica il principio affermato in sede
d'interpretazione del contratto collettivo per il comparto «ministeri» da Cass. 17 marzo 2005, n. 5892, Foro it., Mass., 370, secondo cui la
posizione economica C3 non comprende l'espletamento delle funzioni di reggenza della superiore posizione lavorativa di dirigente di unità
organizzativa complessa per vacanza del relativo posto. L'incarico di
reggenza svolto dal direttore di cancelleria (il cui profilo afferisce alla
posizione economica C3) concreta, di conseguenza, l'esercizio delle mansioni superiori di dirigente. Contra, in relazione al regolamento della dirigenza adottato dall'Inps, Trib. Milano 24 luglio 2003, id..
Rep. 2004, voce Impiegato dello Stato, n. 571 (e Informazione prev., 2003, 1170), secondo cui la mera reggenza non concreta esercizio,di mansioni dirigenziali e trova adeguata remunerazione nella specifica indennità di funzione: in termini, più in generale, Trib. Rimini 10
giugno 2004, Foro it., Rep. 2004, voce cit., n. 784 (e Lavoro nelle p.a.. 2004, 904, con nota di M. Ferretti).
II. - La sentenza individua il presupposto della reggenza nella vacanza della titolarità dell'ufficio dirigenziale, là dove la sostituzione
postula l'assenza o l'impedimento del titolare. In base a questa distinzione, il giudicante ha ravvisato da parte del
direttore di cancelleria ricorrente l'espletamento in modo prevalente —
sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale — delle mansioni
corrispondenti alla superiore qualifica di dirigente di struttura
complessa ed ha richiamato l'applicazione dell'art. 52 d.leg. n. 165 del
2001, che connette rilevanza economica alle mansioni più pregiate. Va, tuttavia, rilevato che l'art. 52 d.leg. 165/01 riconosce il diritto al
trattamento previsto per la qualifica superiore anche «nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata dell'as senza» (art. 52, 2° comma, lett. b).
Sulla remunerabilità delle mansioni superiori svolte dal pubblico dipendente, v. A.M. Perrino, nota a Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo 2006, n. 3, in questo fascicolo, III, 385.
III. - La reggenza, unitamente al conferimento di posizioni orga nizzative e all'istituto della vicedirigenza, sembra rispondere all'esi
genza, di dare sistemazióne a funzioni, poteri e attività che si collocano nell'area che separa i dirigenti dagli altri lavoratori pubblici.
In argomento, sull'esclusione della necessaria previsione, ad opera della contrattazione collettiva del lavoro pubblico, di una categoria distinta dal personale delle aree e dai dirigenti ai fini del ricono scimento della qualifica di quadro, v. Cass. 5 luglio 2005, n. 14193, Foro it., 2006,1, 155.
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