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ordinanza 19 aprile 1996; Pres. Ferro, Rel. Sensale; Cassa rurale e artigiana di Amaseno e Banca di...

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ordinanza 19 aprile 1996; Pres. Ferro, Rel. Sensale; Cassa rurale e artigiana di Amaseno e Banca di credito cooperativo di Anagni (Avv. Gabrielli, Iadanza) c. Benedetti Panici (Avv. Romano), Silenzi (Avv. Valeri) e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 2515/2516-2523/2524 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190097 . Accessed: 25/06/2014 06:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 06:18:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 19 aprile 1996; Pres. Ferro, Rel. Sensale; Cassa rurale e artigiana di Amaseno e Banca di credito cooperativo di Anagni (Avv. Gabrielli, Iadanza) c. Benedetti Panici (Avv.

ordinanza 19 aprile 1996; Pres. Ferro, Rel. Sensale; Cassa rurale e artigiana di Amaseno e Bancadi credito cooperativo di Anagni (Avv. Gabrielli, Iadanza) c. Benedetti Panici (Avv. Romano),Silenzi (Avv. Valeri) e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 2515/2516-2523/2524Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190097 .

Accessed: 25/06/2014 06:18

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2515 PARTE PRIMA 2516

TRIBUNALE DI FROSINONE; ordinanza 19 aprile 1996; Pres.

Ferro, Rei. Sensale; Cassa rurale e artigiana di Amaseno

e Banca di credito cooperativo di Anagni (Avv. Gabrielli,

Iadanza) c. Benedetti Panici (Avv. Romano), Silenzi (Avv.

Valeri) e altri.

TRIBUNALE DI FROSINONE;

Sequestro conservativo, giudiziale e convenzionale — Reclamo — Produzione di nuovi documenti — Ammissibilità — Fatti

specie (Cod. proc. civ., art. 669 ter, 669 sexies, 671).

Banca, credito e risparmio — Banca — Liquidazione coatta am

ministrativa — Cessione delle attività e passività — Azione

di responsabilità verso amministratori e sindaci — Legittima zione processuale della banca cedente e di quella cessionaria

(Cod. civ., art. 2393, 2394; d.leg. 1° settembre 1993 n. 385,

testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, art.

84, 90). Sequestro conservativo, giudiziale e convenzionale — Banca —

Liquidazione coatta amministrativa — Sequestro conservati

vo — Accertamenti ispettivi della Banca d'Italia e degli accer

tamenti del commissario liquidatore — «Fumus boni iuris» — Fattispecie (Cod. civ., art. 2393, 2394; cod. proc. civ., art. 669 ter, 669 sexies, 671; d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, art. 4, 81, 84, 90).

Sequestro conservativo, giudiziale e convenzionale — Banca —

Liquidazione coatta amministrativa — Responsabilità di am

ministratori e sindaci — Sequestro conservativo — «Fumus

boni iuris» — Fattispecie (Cod. civ., art. 1218, 1223, 2392,

2393, 2394, 2403, 2407; cod. proc. civ., art. 671; d.leg. 1°

settembre 1993 n. 385, art. 84).

Banca, credito e risparmio — Banca — Liquidazione coatta am

ministrativa — Responsabilità di amministratori e sindaci —

Danno — Valutazione (Cod. civ., art. 1218, 1223, 2392, 2393,

2394, 2403, 2407; d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, art. 84).

La produzione di nuovi documenti nella fase di reclamo avver

so un provvedimento di sequestro non è affatto preclusa, in

quanto il collegio ritenga i nuovi mezzi di prova indispensabi li ai fini della decisione e purché venga rispettato il principio del contraddittorio, il quale postula che sui documenti pro dotti tutte le parti possano formulare deduzioni e contesta

zioni, non anche che le parti debbano avere cognizione di

tali documenti in entrambe le fasi del procedimento cau

telare. (1)

(1-2) L'ordinanza, che chiude il giudizio di reclamo avverso un se

questro conservativo (il provvedimento reclamato, dato inaudita altera

parte, è Trib. Frosinone 6 novembre 1995, Foro it., 1996, I, 298), ha la «sostanza», se pur non la forma, di una vera e propria sentenza, sia per l'accurata analisi che essa svolge anche dei profili teorici della

fattispecie, sia per il suo contenuto fortemente decisorio, sia perché dietro la veste del giudizio di urgenza si nasconde in realtà una «antici

pazione» del giudizio di merito. Ed è quindi proprio in tale prospettiva che l'ordinanza acquista una

significativa importanza, anche perché rappresenta la prima pronuncia che, successivamente all'entrata in vigore del nuovo t.u. bancario, af fronta con compiutezza di analisi e di svolgimenti argomentativi alcuni temi e problemi di maggior delicatezza della disciplina della liquidazio ne coatta amministrativa delle aziende di credito.

Lo svolgimento della vicenda giudiziaria (che si articola in ben quat tro reclami: tre proposti dagli ex amministratori ed uno dalla liquida zione coatta amministrativa e dalla banca cessionaria, con costituzione «incrociata» sia degli ex amministratori e sindaci, sia delle banche re

clamanti, e con conseguente riunione di tutti i reclami prima della di scussione congiunta dei medesimi dinnanzi al collegio) è accuratamente ricostruito nell'ordinanza in epigrafe, nella quale con altrettanta chia rezza vengono poste in rilievo le rispettive posizioni delle parti.

Le parti avevano sottoposto al tribunale una serie di quesiti comples si, riguardanti (i) la struttura e la funzione del negozio di cessione di attività e passività ex art. 90 t.u. bancario; (ii) l'esistenza, in ragione di quel negozio, di una legittimazione processuale concorrente di en trambe le banche (cedente e cessionaria); (iii) i profili teorici di respon sabilità degli amministratori e dei sindaci (soprattutto in punto di di stinzione tra responsabilità individuale e concorrente e di esistenza di un nesso di causalità tra le condotte attive e/o omissive degli uni e

degli altri, nonché in punto di prova del danno effettivo arrecato alla banca poi posta in liquidazione coatta e di onere della prova del dan

no). Quesiti tutti collocati nella particolare prospettiva dell'attività di amministrazione e di controllo delle società esercenti il credito.

Il Foro Italiano — 1996.

Alla luce del disposto dell'art. 84 d.leg. 385/93, il commissario

liquidatore ha il potere-dovere di promuovere, ricorrendone

i presupposti, l'azione di responsabilità sociale contro i mem

bri dei cessati organi amministrativi e di controllo, in virtù

di una legittimazione ex lege e nell'esercizio di una irrinuncia

bile e intrasferibile funzione pubblicistica; tale legittimazione

processuale del commissario liquidatore concorre con quella della banca cessionario in caso di cessione delle attività e pas sività e dell'azione di responsabilità medesima. (2)

Gli accertamenti e i verbali ispettivi della Banca d'Italia, non

ché gli accertamenti del commissario liquidatore — che ha

veste di pubblico ufficiale e che agisce quale titolare di un

irrinunciabile munus publicum — su cui si fonda la pretesa al risarcimento del danno vantata nei confronti dei cessati

organi di una banca sottoposta a liquidazione coatta ammini

strativa, risultano particolarmente attendibili per costituire il

fumus boni iuris necessario per la concessione della misura

cautelare del sequestro. (3) Nell'ambito della cognizione sommaria che è propria del giudi

zio cautelare il danno arrecato ad una banca in liquidazione coatta amministrativa dagli amministratori e dai sindaci deve

essere valutato unitariamente, non essendo possibile scorpo rare un danno direttamente imputabile a tali organi da un

ulteriore danno imputabile a fatti o a soggetti non individuati

(nella specie, il giudice di primo grado aveva distinto all'in

terno delle presumibili responsabilità dei cessati organi della

banca, al fine di escludere quella dei sindaci). (4) Gli accertamenti ispettivi della Banca d'Italia, e quelli successivi

degli organi della liquidazione coatta amministrativa, costi

tuiscono attendibili fonti di valutazione per desumere l'entità

del danno arrecato dai cessati organi alla banca posta in li

quidazione coatta. (5)

Motivi della decisione. — L'avvenuta riunione dei quattro

procedimenti di reclamo contro la stessa ordinanza consente l'e

same delle varie questioni in un unico contesto.

1. - È infondata l'eccezione di nullità del decreto di fissazione

di udienza ex art. 669 terdecies (Lauretti) in quanto non dispor rebbe la convocazione delle parti. Il decreto del 24 gennaio 1996

fissa l'udienza di comparizione delle parti nei venti giorni dal

deposito del reclamo e assegna un termine ai reclamanti per

I reclami hanno anche consentito al collegio una suggestiva ed origi nale ricostruzione de! rapporto tra provvedimenti di urgenza e solida rietà passiva, nel senso che «nell'obbligazione solidale non è possibile, in termini di tutela cautelare e, in quanto tale, preventiva della garanzia patrimoniale, operare (al fine di escludere il sequestro) una differenzia zione tra il comportamento diretto allo spoglio e alla dismissione del

proprio patrimonio posto in essere da alcuni debitori solidali ed il com

portamento di altri per i quali, allo stato, non risultano atti tendenti al depauperamento patrimoniale». La decisione del collegio modifica

quanto statuito dal giudice dell'urgenza, che aveva limitato gli effetti del provvedimento cautelare alla posizione degli ex amministratori, esclu dendo i cessati componenti del collegio sindacale.

Le difese dei cessati organi avevano cercato di contrastare le suddette

argomentazioni, principalmente nel tentativo di escludere l'esistenza di

rapporti di causalità tra attività svolta e danno conseguente, nonché di negare il valore probatorio degli accertamenti compiuti dagli ispetto ri della Banca d'Italia e dagli organi della liquidazione e di contestare i criteri di quantificazione delle voci di danno che erano stati individua ti ed indicati dalle banche attrici proprio al fine di far emergere sia l'esistenza della responsabilità e del danno, sia i relativi parametri di

quantificazione. Nella struttura del provvedimento è dato distinguere tra questioni di

natura processuale e questioni di natura sostanziale. Le prime si sostanziano principalmente nel giudizio sull'ammissibilità

di nuovi documenti nella fase del reclamo (sul punto, dopo Corte cost. 23 giugno 1994, n. 253, Foro it., 1994, I, 2005, con nota di Capponi; Corriere gìur., 1994, 948, con nota di Tommaseo, e Giur. it., 1994, I, 409, con nota di Consolo, cfr. Trib. Roma 13 aprile 1995, Foro

it., 1995, I, 3604; Trib. Bergamo 10 settembre 1994, Giur. it., 1995, I, 2, 660, per l'ammissibilità del reclamo incidentale nei confronti del l'ordinanza di parziale accoglimento della domanda cautelare; Trib. Ca tania 23 marzo 1995, Foro it., 1995, I, 2271, nel senso che il reclamo cautelare non può fondarsi né sy nuove circostanze di fatto preesistenti ma non dedotte, né su nuove prove relative a circostanze già dedotte),

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

la notifica di reclamo e decreto, in armonia col disposto norma

tivo e con il principio (pienamente rispettato) del contraddittorio.

2. - L'eccezione di nullità e inammissibilità del reclamo, in

quanto notificato ad uno soltanto dei due difensori costituiti

di Polidori e Giannetta, è infondata. Se è vero che «nell'ipotesi di più procuratori nominati dalla stessa parte» (nel nostro caso, Iafrate e Natalizio), «ognuno di essi, purché costituito, è legitti mato a ricevere gli atti del giudizio anche se la parte ha eletto

domicilio presso uno solo di essi», evidentemente è sufficiente

che uno qualsiasi di essi (anche se non domiciliatario) riceva

la notifica dell'atto perché la notifica si possa considerare rego larmente eseguita.

Proprio la natura impugnatoria del reclamo ex art.

669 terdecies comporta l'applicabilità dell'art. 330 c.p.c., e dun

que l'onere per il reclamante di notificare l'impugnazione alla

parte presso il procuratore costituito o nel domicilio eletto per il giudizio: nel caso in esame, risulta documentalmente che il

reclamo è stato notificato sia a Giannetta, sia a Polidori, nel

domicilio eletto in Frosinone (studio avv. Del Giudice), presso

gli avv. Iafrate e Natalizio. L'eccezione sollevata, col richiamo

all'art. 170, 2° comma, c.p.c. (di cui si afferma l'inapplicabili tà), sembra alludere piuttosto al caso — del tutto diverso —

in cui, avendo due parti distinte il medesimo procuratore, a

questi sia notificata una sola copia dell'impugnazione cumulati

vamente per entrambe le parti. Ma nel nostro caso, come si

è detto, il reclamo è stato notificato sia a Giannetta, sia a Po

lidori. 3. - Deve poi disattendersi l'eccezione di inammissibilità del

reclamo in quanto proposto dalle banche ricorrenti contro il

rigetto dell'istanza di sequestro nei confronti di Mastropietro e dei sindaci, alla luce della sentenza della Corte costituzionale

253/94 (Foro it., 1994, I, 2005), che, dichiarando l'illegittimità

e sul problema della legittimazione concorrente della banca cedente e

di quella cessionaria dell'insieme delle attività e delle passività della banca

posta in Le.a. e quindi anche dell'azione di responsabilità (sul quale non si rinvengono precedenti giurisprudenziali; in dottrina, v. Galanti, La crisi degli enti creditizi nella giurisprudenza: la liquidazione coatta

amministrativa, in Quaderni ricerca giur., 1991, fase. 24, 71; Boccuzzi

e R. Lener, Commento all'art. 84, in Capriglione (a cura di), Com

mentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Pa

dova, 1994, 441 ss.; Tusini Cottafavi, La cessione delle attività e pas sività nella gestione delle crisi bancarie, in AA.VV., La nuova discipli na dell'impresa bancaria, Milano, 1996, III, 53 ss.; Cercone, La

liquidazione dell'attivo, in Ferro-Luzzi e Castaldi (a cura di), La nuova

legge bancaria, Milano, 1996, II, 1420 ss.).

(3, 5) Sul piano dell'esistenza dei presupposti normativi (fumus boni

iuris e periculum in mora) richiesti per la concessione del sequestro con

servativo il tribunale si colloca nel solco di quella giurisprudenza che

si va sempre più consolidando nel senso di riconoscere (ormai anche

in sede di giudizio sulla responsabilità sociale degli esponenti della ban

ca posta in l.c.a., e non solo in sede di giudizio sulla dichiarazione

dello stato di insolvenza) ai documenti ispettivi della Banca d'Italia (e nel caso di specie anche dell'organo di controllo della federazione ban

caria di categoria, nonché degli organi della liquidazione coatta) il valo

re di elementi di prova (per la giurisprudenza sul punto, v. Trib. Poten

za 11 giugno 1994, Banca, borsa, ecc., 1995, II, 610; Trib. Benevento

14 dicembre 1994, Riv. dir. comm., 1995, II, 207; Trib. Sulmona 24

settembre 1993, Foro it., Rep. 1994, voce Società, n. 626; Trib. Bene

vento 8 gennaio 1992, id., Rep. 1992, voce Banca, n. 83, e Riv. dir.

comm., 1992, II, 333).

(4) Il tribunale ribadisce l'orientamento della Suprema corte (cfr. sent.

7 maggio 1993, n. 5263, Foro it., 1994, I, 130, con ampi richiami di

dottrina e giurisprudenza), secondo cui il ruolo dell'organo sociale di

controllo non può limitarsi ad un'attività meramente formale, ma si

estende anche al contenuto della gestione. Il giudice della cautela nel

l'ordinanza impugnata aveva, viceversa, preso spunto proprio da que sta sentenza per escludere la responsabilità dei sindaci. Il collegio si

è però allontanato da questa ricostruzione, dando ascolto alla difesa

delle banche ricorrenti, che — come si evince dall'ordinanza in epigrafe — ne aveva sottolineato la contraddittorietà (nel senso dell'ordinanza

v. anche App. Milano 21 gennaio 1994, id., 1995,1, 1001; ed in materia

creditizia, Trib. Genova 19 luglio 1993, id., Rep. 1994, voce Società,

nn. 664-666, e Giur. it., 1994, I, 2, 327; in dottrina, sulla responsabilità del collegio sindacale, cfr., di recente, Tedeschi, Il collegio sindacale, in II codice civile. Commentario, Milano, 1992, passim; Franzoni, La

responsabilità dei sindaci, in Trattato di diritto commerciale e diritto

pubblico dell'economia diretto da Galgano, Padova, 1994, 129 ss.).

Il Foro Italiano — 1996.

costituzionale dell'art. 669 terdecies, per contrasto con gli art.

3 e 24 Cost., nella parte in cui limitava il reclamo all'ipotesi di concessione della cautela, lo rende ora proponibile anche con

tro i provvedimenti di rigetto. 4. - Gli istituti di credito reclamanti hanno prodotto nuovi

documenti con l'atto di impugnazione, a sostegno delle richieste

già avanzate al giudice istruttore e da questi parzialmente disat

tese. I nuovi documenti non hanno comportato mutazione della

causa petendi o del petitum, essendo piuttosto intesi a fornire

ulteriori elementi di prova della dedotta fondatezza della prete sa risarcitoria e del pericolo nel ritardo a giustificazione del sol

lecitato sequestro. La produzione di nuovi documenti nella fase di impugnazio

ne non è affatto preclusa dal nostro ordinamento, né avendo

riguardo alla disciplina del procedimento cautelare (art. 669 bis

ss. c.p.c.), né alle regole generali (art. 345, 3° comma, c.p.c., in quanto il collegio ritenga i nuovi mezzi di prova indispensa bili ai fini della decisione). E, d'altronde, la giurisprudenza for

matasi sul processo del lavoro, caratterizzato com'è da un più

rigoroso meccanismo di decadenze e preclusioni, si è consolida

ta sul principio secondo cui i documenti, quali prove precosti

tuite, possono essere prodotti anche in appello senza incorrere

nelle preclusioni di cui agli art. 414, 416 e 437 c.p.c., applicabili alle sole prove costituende, come quelle testimoniali (tra le tan

te, Cass. 4 febbraio 1993, n. 1359 e 29 marzo 1993, n. 3759,

id., Rep. 1993, voce Lavoro e previdenza (controversie), nn.

214, 213; 17 novembre 1994, n. 9724, id., Rep. 1994, voce cit., n. 247).

A contrario, la possibilità che nuovi documenti siano prodot ti in appello trova conferma nel divieto di nuove produzioni nel giudizio di cassazione (art. 372 c.p.c.), divieto che si giusti fica non in ragione del principio del contraddittorio (e dunque di una presunta lesione della parte che non abbia avuto cogni zione dei nuovi documenti nelle anteriori fasi del processo), ma

in ossequio alla funzione del giudice di legittimità che, come

tale, non valuta il fatto, sì che dinanzi a tale giudice possono avere rilevanza (ad essere acquisiti) soltanto documenti che ri

guardino l'ammissibilità del ricorso e del controricorso, ovvero

nullità inficianti direttamente la sentenza impugnata (Cass. 11

dicembre 1993, n. 12217, id., Rep. 1993, voce Cassazione civi

le, n. 88; 17 gennaio 1994, n. 361, id., Rep. 1994, voce cit.,

n. 114; 2 marzo 1995, n. 2431, id., Rep. 1995, voce cit., n. 199).

Peraltro, il potere di acquisizione di nuovi documenti, in quan to ritenuti indispensabili o necessari ai fini del decidere, da par te del giudice dell'appello, è stato riconosciuto dalle sezioni uni

te della Cassazione (decisioni 11 ottobre 1993, n. 10045, id.,

Rep. 1993, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 212; e

28 novembre 1994, n. 10127, id., Rep. 1994, voce cit., n. 246)

come legittimo e sottratto, per la sua natura discrezionale, al

sindacato di legittimità, anche quando manchi un'espressa mo

tivazione al riguardo, dovendo ritenersi implicita, nell'ammis

sione della produzione del documento, la valutazione della sua

opportunità ai fini del processo. Nel procedimento cautelare, in cui il giudice dispone di ele

menti di valutazione ancora incompleti, ma su di essi deve fon

dare decisioni che possono avere un'incidenza pratica notevole

ed immediata (è al riguardo esemplare il caso in esame, in cui

si chiede che il patrimonio economico di diciassette persone sia

vincolato per un notevole importo pecuniario), l'opportunità, ed anzi la necessità, che il giudice acquisisca il maggiore nume

ro di elementi di valutazione possibile, e che perciò il principio enunciato dalle sezioni unite trovi piena applicazione, è quanto mai evidente. L'importante è che sia rispettato il principio del

contraddittorio, il quale postula che sui documenti prodotti tut

te le parti possano formulare deduzioni e contestazioni, non

anche che le parti debbano avere cognizione di tali documenti

in entrambe le fasi del procedimento. Le eccezioni di inammissibilità di nuove produzioni documen

tali in fase di reclamo vanno perciò respinte. 5. - Sono altresì infondate le eccezioni di carenza di legittima

zione attiva variamente formulate con riguardo al commissario

liquidatore della Cassa rurale e artigiana di Amaseno e/o alla

Banca di credito cooperativo di Anagni. La cessione dell'azione va considerata con riferimento alla

cedibilità dei diritti accessori e dei diritti potestativi ed è giuridi

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2519 PARTE PRIMA 2520

camente possibile in quanto trapassi anche il diritto principale, nel senso che, mentre questo è autonomamente cedibile senza

che sia ceduta anche la relativa azione, la cessione dell'azione

non può prescindere dalla cessione della situazione giuridica prin

cipale ad essa sottostante: ciò anche con riguardo all'azione di

retta a far valere un credito risarcitorio, ancorché non ancora

accertato nell'c« o non definito nel quantum, poiché un credito

siffatto è già suscettibile di valutazione economica e non si du

bita che un credito futuro (ed eventuale) possa formare oggetto di cessione.

Occorre, peraltro, stabilire, nei limiti della sommaria deliba

zione consentita in sede cautelare, se, nel caso concreto, la le

gittimazione a promuovere l'azione di responsabilità e quindi il procedimento cautelare, debba attribuirsi alla cedente, e per essa al commissario liquidatore, o alla cessionaria o ad entram

be, tenuto conto delle clausole della cessione e delle norme che

regolano la procedura di l.c.a., avente chiare connotazioni pub blicistiche.

Sotto quest'ultimo profilo, occorre tener conto dell'art. 84

d.leg. 385/93, che contempla i poteri degli organi liquidatori, ed il cui 5° comma attribuisce al commissario il potere/dovere di promuovere, ricorrendone i presupposti, l'azione di respon sabilità contro i membri dei cessati organi amministrativi e di

controllo a norma degli art. 2393 e 2394 c.c., in virtù di una

legittimazione ex lege e nell'esercizio di una irrinunciabile e in

trasferibile funzione pubblicistica. Alla luce dell'enunciato principio, e in una interpretazione

complessiva delle clausole dell'atto di cessione che di tale prin

cipio deve necessariamente tener conto, la legittimazione al com

missario non può essere negata, avendo egli, da un lato, ceduto

alla Banca di credito cooperativo di Anagni attività e passività con ogni altra sopravvenienza attiva e passiva (art. 2, 1° com

ma), nonché diritti ed azioni, comprese le azioni di responsabi lità e risarcitorie (art. 2, 2° comma), e, dall'altro, riservato a

sé l'esercizio, per legge irrinunciabile ed intrasferibile, e la con

duzione, «unitamente alla banca cessionaria», patrimonialmen te interessata al buon esito di esse, delle eventuali azioni di re

sponsabilità (art. 2, 3° comma), sottolineando che il suo potere di azione sarebbe cessato con l'esaurimento della l.c.a., appun to perché esercizio di funzione pubblica destinata a venir meno

con il cessare della procedura. Ciò non esclude — e in tal senso vanno lette le citate clausole

— che il credito risarcitorio, quale risultato economico/patri moniale del fruttuoso esercizio dell'azione da parte del commis

sario, potesse formare oggetto di cessione, dal che è agevole desumere l'interesse, giuridicamente apprezzabile e proprio del

la cessionaria, in quanto definitiva beneficiaria di quel risulta

to, che la legittima — a questo titolo — ad affiancare le inizia

tive del commissario a tutela della situazione sostanziale di cui

è titolare (in via autonoma) per effetto della cessione del credito.

In tal modo, il collegio ritiene di aver anche sciolto il dubbio

(formulato come eccezione da alcuni reclamanti) sulla qualifica zione giuridica dell'azione proposta dalle banche.

La cessione del credito risarcitorio, nel coacervo delle attività

passività della Cassa rurale e artigiana, risulta peraltro autoriz

zata con l'unico e complessivo provvedimento autorizzatorio della

Banca d'Italia del 6 maggio 1994, previo parere del comitato

di sorveglianza. Non importa, poi, che l'autorizzazione della Banca d'Italia

ad esercitare l'azione di responsabilità sia stata rilasciata soltan

to al commissario liquidatore, e non anche alla banca cessiona

ria, poiché tale autorizzazione è necessaria soltanto ai fini del

l'esercizio (doveroso) della funzione pubblica attribuita agli or

gani della liquidazione dall'art. 84, 5° comma, d.leg. 385/93, a tutela di un interesse pubblico. Non è invece necessaria (né avrebbe senso) ai fini della tutela (prettamente privatistica) del

l'interesse patrimoniale di cui sia portatore la banca cessionaria

in quanto acquirente (non dell'azione di responsabilità, ma) del

credito risarcitorio, e cioè del (solo) risultato economico

patrimoniale dell'esercizio dell'azione di responsabilità. Sotto altro profilo, se la legittimazione attiva della Banca di

credito cooperativo di Anagni si fonda sull'acquisto (e quindi sulla titolarità) del credito risarcitorio, più che dell'azione di

responsabilità in sé considerata, non ha pregio l'ulteriore ecce

zione, svolta da alcuni reclamanti, secondo cui la legittimazione

Il Foro Italiano — 1996.

della cessionaria resterebbe esclusa dal fatto che il paventato danno sarebbe conseguenza non della mala gestio di ammini

stratori e sindaci della Cassa rurale e artigiana di Amaseno,

ma dell'acquisto liberamente e consapevolmente trattato e sti

pulato dei crediti e debiti della cassa cedente.

6. - La Cassa rurale e artigiana di Amaseno, nel corso della

sua breve esistenza, fu sottoposta dapprima ad un'ispezione da

parte del servizio di vigilanza sulle aziende di credito della Ban

ca d'Italia dal 26 settembre al 30 novembre 1990; poi a due

ispezioni da parte dell'organo di controllo della federazione del

le casse rurali e artigiane del Lazio, Umbria e Sardegna dal

17 ottobre al 5 novembre 1991, e dal 15 al 16 aprile 1993; infi

ne, ad una nuova ispezione del servizio di vigilanza sulle azien

de di credito della Banca d'Italia dal 13 settembre al 12 novem

bre 1993. Le relazioni redatte a seguito di dette ispezioni, con

l'ampio corredo di documenti e carteggio fra gli organi di con

trollo e gli esponenti bancari (amministratori e sindaci) acquisiti alla procedura (documentazione alla quale, tutta, si rinvia per

quanto non esplicitamente riportato nella presente ordinanza), offrono sufficienti elementi dimostrativi del fumus boni iuris

dell'azione di responsabilità intrapresa del commissario liquida tore e dalla Banca di credito cooperativo di Anagni, e dunque della sussistenza del primo requisito della domanda cautelare

di sequestro conservativo. L'attendibilità delle relazioni ispetti ve è data dalla particolare affidabilità degli organi cui il potere

ispettivo è attribuito, nell'esercizio di una primaria funzione pub blicistica di tutela del credito e del risparmio, demandata in

particolare dalla legge proprio al servizio di vigilanza creditizia

e finanziaria della Banca d'Italia, quale organismo tecnico

istituzionale più qualificato nel settore. La funzione pubblica normativamente affidata all'organo di controllo della Banca d'I

talia pone questo super partes rispetto agli interessi in gioco, e conferisce ai suoi accertamenti un rilevantissimo grado di at

tendibilità, più che sufficiente al giudice della cautela, il quale, tenuto ad una delibazione soltanto sommaria delle prospetta zioni delle parti, non dovrà neppure prendere posizione sul pro blema del valore probatorio dei verbali ispettivi: se siano atti

pubblici, e come tali muniti della particolare efficacia probato ria loro conferita dagli art. 2699 e 2700 c.c.; se, indipendente mente dalla loro qualificazione come atti pubblici, abbiano co

munque un valore probatorio pieno; se, invece, offrano soltan

to il fumus di quanto in essi riferito, ciò che in quesa sede

è già sufficiente, in mancanza di puntuali elementi di segno con

trario, a fondarvi un provvedimento di sequestro. I verbali ispettivi trovano pieno riscontro nella documenta

zione in atti, e all'ultimo di essi si saldano coerentemente gli accertamenti compiuti dagli organi della l.c.a., aggiornati sino

al 5 maggio 1994, data in cui la Cassa rurale e artigiana di

Amaseno è stata posta, appunto, in liquidazione. D'altronde, anche il commissario liquidatore ha veste di pubblico ufficiale

e, come organo della l.c.a., è investito di una pubblica funzione

che lo pone, per quel che qui interessa, quanto meno su di un

piano di particolare attendibilità in ordine agli accertamenti ese

guiti sulla gestione societaria; attendibilità niente fatto sminuita

dalla sua contemporanea veste di parte nel giudizio di responsa

bilità, tanto più che, come si è chiarito, anche nell'esercizio del

l'azione di responsabilità il commissario liquidatore agisce qua le titolare di un irrinunciabile munus publicum, a tutela di un

pubblico interesse, che va doverosamente perseguito anche in

vista di un risultato economico-patrimoniale che, come appunto nel nostro caso, vada a beneficio di altri.

Orbene, le relazioni ispettive e gli accertamenti degli organi della liquidazione (che hanno pur indotto questo tribunale, in

sentenza del 3 novembre 1995, a ritenere «l'incapacità dell'isti

tuto di credito a proseguire in via autonoma l'attività azienda

le») offrono un quadro significativo e coerente non soltanto

di specifiche (ancorché numerose) irregolarità di gestione (alle

quali non si è posto rimedio, nonostante i reiterati solleciti degli enti di controllo), ma anche e soprattutto di una uniforme pras si aziendale, caratterizzata da una sistematica e pervicace elu

sione di norme di legge e di statuto, e di regole di buona ammi

nistrazione e di corretta contabilità. Una prassi uniforme alla

quale tutti gli amministratori e tutti i sindaci, che si sono avvi

cendati nella breve vita della cassa, si sono adeguati. Non pare necessario — per il carattere sommario della deli

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

bazione demandata al collegio nella sede cautelare — percorrere le singole tappe di una mala gestio che in pochi anni ha portato la Cassa rurale e artigiana di Amaseno al tracollo; tappe risul

tanti dalle relazioni ispettive, dai documenti allegati, dagli ac

certamenti degli organi della l.c.a. (a cui si rinvia); tappe detta

gliatamente indicate nell'atto di reclamo degli istituti ricorrenti

e mai analiticamente ed efficacemente confutate, nella loro sto

rica oggettività, dagli amministratori e sindaci resistenti e/o re

clamanti. I quali, al di là della partecipazione o meno a singoli atti deliberativi, facendosi scudo di sporadiche, minimali o ad

dirittura meramente simboliche prese di posizione contro singo li atti gestionali, in realtà si sono inseriti (o non sono stati capa ci di evitare di inserirsi) in una prassi uniforme più volte conte

stata non solo al direttore Eligio Ruggeri (che ne era il maggior

artefice), ma anche al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale. Esemplare è la vicenda di tale Pascucci, residente fuori

del territorio di competenza della cassa, protestato per 5 miliar

di, finanziato di 713 milioni a fronte di un limite di fido, fissa to dall'assemblea, di 250 milioni, senza che i sindaci abbiano

mosso un dito: soltanto a finanziamento avvenuto, Piroli espresse «forti perplessità», non seguite da doverose iniziative istituzio

nali, ma soltanto dalle proprie dimissioni. Si consideri anche

il verbale del consiglio di amministrazione, presenti i sindaci

Piroli e Giannetta, del 12 marzo 1991 di presa d'atto delle irre

golarità contestate a seguito della prima ispezione della Banca

d'Italia, e conseguente lettera di trasmissione alla Banca d'Ita

lia, con la quale si assicura «la rimozione della manchevolezza

non prontamente sanabili».

«Manchevolezze» (che Bankitalia e Federcasse preferiranno definire «perdite», «false appostazioni contabili», «false atte

stazioni», «sottocapitalizzazione» e «mancata ricapitalizzazione della società», «scarsa trasparenza e carenze nei controlli inter

ni», «omesse comunicazioni all'organo di vigilanza», «falso in

bilancio», affidamenti e rapporti di varia natura instaurati, sen

za adeguata istruttoria, con persone residenti fuori del territorio

di competenza in numero largamente eccedente i limiti di statu

to, e — tanto per gradire — finanche con clienti indagati dalla

direzione investigativa antimafia di Napoli, e via dicendo), «man

chevolezze» che in realtà non verranno affatto rimosse, poiché, come rilevato dalle successive ispezioni, il modus procederteli del disinvolto direttore non cambierà di una virgola, ricevendo

l'approvazione e l'avallo (e, nella migliore delle ipotesi, il col

pevole disinteresse) del consiglio di amministrazione e dei sinda

ci, e ciò fino al maggio 1994 (già la seconda relazione ispettiva di Bankitalia evidenzia irregolarità gestionali risalenti al solo

1993), con pieno coinvolgimento, perciò, non solo di chi faceva

parte della compagine sociale fin dai primi tempi (e magari ne

era poi uscito, come Giovanni Rinna e Antonio De Giuli), ma

anche di quesgli amministratori (es., Mastropietro) e sindaci (es.,

Silenzi) entrati in società in un secondo momento.

Le relazioni ispettive di Bankitalia e Federcasse, pur nel loro

carattere inevitabilmente generale e sintetico, non mancano di

individuare e distinguere (o comunque di dare all'interprete pun tuali indicazioni per individuare e distinguere, quanto meno con

riferimento alle rispettive competenze) le responsabilità del di

rettore, del consiglio di amministrazione, dei singoli ammini

stratori, dell'intero collegio sindacale ed esclusiva dei sindaci,

propria di questi e concorrente con quella degli amministratori.

E con riguardo alla responsabilità dei sindaci, anche il giudi

ce istruttore, nel provvedimento oggetto di reclamo, fa riferi

mento ad una giurisprudenza della Cassazione (ma senza trarne

le dovute conseguenze nei confronti dei componenti del collegio

sindacale, sul non condiviso presupposto che le relazioni ispetti

ve non evidenzino a loro carico profili specifici di responsabili

tà), una giurisprudenza (per tutte, Cass. 7 maggio 1993, n. 5263,

id., 1994, I, 130), secondo la quale — premesso che, ai sensi

dell'art. 2407 c.c., i sindaci sono solidalmente responsabili con

gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi, quando

il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in

conformità agli obblighi della loro carica — l'art. 2403 c.c. non

limita il ruolo del collegio sindacale allo svolgimento di compiti

di mero controllo contabile e formale, ma lo estende anche al

contenuto della gestione. Ciò in quanto la previsione della pri

ma parte del 1° comma dell'art. 2403 (che attribuisce ai sindaci

Il Foro Italiano — 1996.

l'obbligo di vigilare sull'amministrazione) dev'essere combinata

con quella del 3° e 4° comma, che valorizzano l'impegno di

controllo nel contesto della gestione, nel senso che il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie sull'andamento

delle operazioni sociali o su determinati fatti, il che forma og

getto non già di una mera facoltà rimessa alla scelta del collegio

sindacale, bensì di un potere-dovere, da esercitare in relazione

alle specifiche situazioni.

È evidente, pertanto, che in una situazione di gravi, variegate e reiterate irregolarità di gestione, una situazione incancrenita

in una prassi uniformemente illegale, produttiva di danno pro

gressivamente crescente (tanto che presto si arriverà alla deco

zione e alla liquidazione coatta amministrativa), una situazione

ripetutamente ed invano segnalata e contestata da Bankitalia

e Federcasse, il collegio sindacale ed i singoli componenti di

esso (anche nell'ultima parte della vita societaria) avrebbero do

vuto prendere misure ben più attive, incisive, sistematiche, per sottrarsi alla responsabilità concorrente con gli amministratori

e per assolvere in maniera passabile la loro funzione. Se cioè

il comportamento dei sandaci va commisurato all'andamento

e alla qualità della gestione societaria, quello dei sindaci della

Cassa rurale e artigiana appare gravemente omissivo, ridotto,

come ben evidenziato dagli istituti reclamanti, al compimento

sporadico di compiti ordinari e minimali, di routine, in una

situazione che era tutt'altro che di routine. Un conto è, infatti,

svolgere un compito, altro conto è la misura della diligenza che

vi si profonde. Il collegio ritiene perciò, difformemente dal primo giudice,

che il fumus boni iuris dell'azione di responsabilità ricorra nei

confronti di tutti i convenuti, amministratori e sindaci.

7. - L'entità del (probabile) danno subito dalla Cassa rurale

e artigiana di Amaseno in conseguenza del comportamento dei

suoi amministratori e sindaci dev'essere desunta, a sua volta,

dalle risultanze delle relazioni ispettive della Banca d'Italia e

dei successivi accertamenti degli organi della l.c.a., per le ragio ni per le quali tali risultanze (nemmeno sotto questo profilo analiticamente contestate da amministratori e sindaci) sono sta

te già considerate (allo stato) quale fonte più attendibile di va

lutazione (ancorché sommaria) dei presupposti (ed in tal caso

della misura) del sequestro. Quanto più sopra rilevato in merito

al fumus boni iuris, e cioè ad una prassi gestionale dissennata,

mai arginata dal collegio sindacale, sino a sfociare nella liqui dazione della cassa, porta a concludere che, nell'ambito della

cognizione sommaria che il tribunale assume in questa sede,

non è possibile scorporare, come sembra aver fatto il giudice di primo grado, un danno direttamente imputabile agli ammini

stratori e sindaci da un ulteriore danno imputabile non si sa

bene a chi o a che cosa. Deve invece ritenersi che una gestione corretta degli amministratori ed una vigilanza concreta e pun tuale dei sindaci, con la diligenza del buon padre di famiglia

(art. 2407, 1° comma, c.c.), avrebbero evitato il prodursi di

quelle perdite patrimoniali che in pochi anni, crescendo pro

gressivamente, hanno determinato, nel loro complesso, uno sta

to di dissesto irreversibile e la conseguente sottoposizione dell'i

stituto alla l.c.a.

Pertanto, il danno (allo stato, probabile), suscettibile di con

siderazione unitaria proprio in quanto esito finale di una gestio ne dissennata sviluppatasi nel tempo, ammonta a lire

4.607.612.850 e si compone delle perdite risultanti dal bilancio

1993 (lire 2.085.149.828); delle perdite contabilizzate per il pe riodo 1° gennaio/5 maggio 1994 (lire 922.463.022); della perdi

ta di avviamento commerciale nella misura di lire 1.600.000.000,

quest'ultima desumibile — nel quantum — in termini di note

vole probabilità e verosimiglianza, dalla combinazione di una

serie di fattori, quali il volume di affari facente capo alla Cassa

rurale e artigiana di Amaseno, l'entità delle perdite di esercizio

e il discredito presso la clientela derivato dal rapido tracollo,

dalla sottoposizione dell'istituto a l.c.a. e dalle particolari circo

stanze che hanno condotto a un esito così disastroso.

Non ha pregio l'eccezione secondo cui l'indicato valore del

l'avviamento commerciale costituirebbe non perdita, ma posta

attiva nell'atto di cessione dei crediti e debiti della Cassa rurale

e artigiana. Non rileva in questa sede quanto residui dall'origi

nario avviamento commerciale, quale componente del patrimo

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2523 PARTE PRIMA 2524

nio societario acquistata dalla Banca di credito cooperativo di

Anagni, atteso che la controversia in cui si inserisce la vicenda

cautelare non vede contrapposti cedente e cessionario, i quali

anzi concorrono, nella comune veste di attori, nell'azione risar

citoria. Ciò che rileva in questa sede è la misura oggettiva in

cui l'avviamento commerciale si è svalutato in conseguenza del

la condotta degli amministratori e sindaci della cassa. Ed è que sto un danno verificatosi indipendentemente da chi, tra cedente

e cessionario, se ne sia fatto carico, e a che prezzo, nell'atto

di cessione.

Analogamente, una volta affermata la legittimazione concor

rente di cedente e cessionario (e quindi la tutela cautelare di

entrambi), l'accollo dei debiti da parte del cessionario non esclude

affatto l'esperibilità dell'azione di risarcimento nei confronti di

chi, con la propria condotta lesiva, abbia esposto la società ce

dente ad una situazione debitoria.

8. - Secondo giurisprudenza consolidata, in tema di sequestro

conservativo, il periculum in mora può essere desunto, anche

alternativamente, sia da elementi obiettivi concernenti la capa cità patrimoniale del debitore (senza trascurare il rapporto di

proporzionalità tra l'ammontare del credito e gli elementi valu

tativi appresi), sia da elementi soggettivi evincibili dal suo com

portamento, tale da lasciar presumere che egli, al fine di sot

trarsi all'adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei

a provocare l'eventuale deprezzamento del suo patrimonio, sot

traendolo all'esecuzione forzata; pertanto, non è necessario che

il pericolo consista in un depauperamento in atto del patrimo nio del debitore, purché esso sia desumibile, quale rischio per

l'avvenire, alla stregua degli indizi innanzi indicati (tra le tante,

e con lievi sfumature, Cass. 9 febbraio 1990, n. 902, id., Rep.

1990, voce Sequestro conservativo, n. 12; 16 agosto 1988, n.

4955, id., Rep. 1988, voce cit., n. 28; 10 agosto 1988, n. 4906,

ibid., n. 30; 9 gennaio 1987, n. 69, id., Rep. 1987, voce cit., n. 24; 10 settembre 1986, n. 5541, id., Rep. 1986, voce cit., n. 14).

Ne consegue che il pericolo nel ritardo può essere ritenuto, nel nostro caso, non solo nei confronti di chi (come ad es.,

Antonello Benedetti Panici) ha di recente già esposto in essere

atti di dismissione patrimoniale, ma nei confronti di tutti indi

stintamente i convenuti, nessuno dei quali ha allegato, e tanto

meno documentato (e nei confronti di nessuno dei quali è dato

presumere) la titolarità di un patrimonio proporzionato all'enti

tà del (probabile) debito, e cioè un patrimonio di gran lunga

superiore ai 4,6 miliardi in cui è stato sommariamente apprez zato il danno subito dagli istituti che chiedono il sequestro: un

patrimonio così ingente che eventuali, singoli movimenti medio

tempore effettuati non riducano la garanzia dovuta ex art. 2740

c.c.

È appena il caso di ricordare che, di fronte all'eventuale de

bito risarcitorio, gli amministratori e sindaci convenuti sono le

gati da solidarietà passiva, sì da dover offrire garanzia per l'in

tero ammontare del debito.

Il collegio non condivide la tesi degli istituti reclamanti, se

condo cui la solidarietà passiva lega le sorti dei debitori fino

al punto che il periculum in mora verificatosi nei confronti di

uno di essi esponga anche gli altri al sequestro conservativo.

Il collegio ritiene piuttosto che la cautela debba essere assicura

ta soltanto dove la garanzia patrimoniale minacci di essere di

minuita e di scendere sotto la soglia del(l'intero) debito; non

anche verso quei condebitori solidali per i quali il pericolo, pre

supposto della cautela, non esista, e ciò per la semplice conside

razione che per costoro la garanzia patrimoniale non è minac

ciata e resta integra a fronte dell'eventuale escussione da parte del creditore. La solidarietà nel debito comporta infatti che ogni debitore garantisca l'intero debito (e subisca il sequestro ove

nei suoi confronti ne ricorrano i presupposti); non comporta invece la considerazione dei patrimoni dei debitori solidali come

un unico patrimonio che debba necessariamente risentire delle

vicende dei patrimoni individuali. La tesi contraria porterebbe

quasi a considerare ciascuno dei debitori in solido responsabile non per l'intero debito, ma, paradossalmente, per una somma

pari al debito moltiplicato per il numero dei condebitori.

Ritiene perciò il collegio che il sequestro possa essere autoriz

II Foro Italiano — 1996.

zato soltanto nei confronti di coloro per i quali sussista il peri

colo nel ritardo.

Ma la questione ha rilievo puramente astratto, una volta che

il pericolo nel ritardo sia stato ritenuto nei confronti di tutti

i debitori solidali, singolarmente considerati.

La solidarietà passiva implica che ciascun singolo condebito

re (al quale sia riferibile una quota del debito, e quindi, nell'ob

bligazione risarcitoria, sia addebitabile, idealmente o in concre

to, soltanto una porzione dei danno che ha concorso a causare)

tenga il proprio patrimonio a disposizione del creditore per l'in

tero ammontare del credito, salvo regresso per le somme sbor

sate in eccedenza alla propria quota di responsabilità. Ne deriva

che gli amministratori e sindaci rimasti in carica per un tempo

limitato, rispetto all'intero periodo della gestione scriteriata del

la Cassa rurale e artigiana, non possano addurre tale circostan

za per invocare una riduzione dell'entità del sequestro a loro

carico.

Infine, va osservato che la stipulazione di eventuali polizze assicurative per la responsabilità derivante dall'attività profes

sionale, quand'anche sia estesa (come nel caso di Silenzi) alla

condotta considerata in giudizio, non è idonea, in concreto, a

escludere o ridurre l'incidenza del periculum in mora. A parte il rilievo che tali polizze prevedono massimali ben lontani dal

l'ammontare del danno (probabilmente) subito dagli istituti re

clamanti (la polizza del sindaco Silenzi, con un massimale di

un miliardo, copre il rischio di ben cinque professionisti), pare assorbente la considerazione che la polizza assicurativa giova

all'assicurato, rivalendolo dal danno — nel nostro caso, dell'e

sborso — conseguito al fruttuoso esercizio (anche in executivis) dell'azione di responsabilità sempre che esborso vi sia. Non gio va invece al terzo creditore, che non ha azione diretta verso

l'assicuratore (a differenza di quanto previsto, specificamente, dalla 1. 990/69 soltanto per la responsabilità civile derivante dalla

circolazione dei veicoli). Sì che, se il debitore assicurato non

paga, in quanto abbia reso incapiente il proprio patrimonio o

lo abbia comunque occultato o altrimenti sottratto all'azione

del creditore (si pensi, tanto per fare un esempio, alla costitu

zione di un fondo patrimoniale ex art. 167 c.c.), non si vede

quale vantaggio il suo creditore possa ricavare dalla polizza as

sicurativa. Se invece il debitore paga, il creditore resterà indif

ferente alla sua rivalsa verso l'assicuratore.

Pertanto, per i motivi sin qui esposti, in accoglimento del

reclamo del commissario liquidatore della Cassa rurale e arti

giana di Amaseno e della Banca di credito cooperativo di Ana

gni, respinti gli altri reclami e ritenute le residue questioni as

sorbite nelle considerazioni svolte, può autorizzarsi il sequestro conservativo sui beni di tutti i convenuti sino a concorrenza

di lire 4.600.000.000.

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