ordinanza 19 aprile 1996; Pres. Ferro, Rel. Sensale; Cassa rurale e artigiana di Amaseno e Bancadi credito cooperativo di Anagni (Avv. Gabrielli, Iadanza) c. Benedetti Panici (Avv. Romano),Silenzi (Avv. Valeri) e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 2515/2516-2523/2524Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190097 .
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2515 PARTE PRIMA 2516
TRIBUNALE DI FROSINONE; ordinanza 19 aprile 1996; Pres.
Ferro, Rei. Sensale; Cassa rurale e artigiana di Amaseno
e Banca di credito cooperativo di Anagni (Avv. Gabrielli,
Iadanza) c. Benedetti Panici (Avv. Romano), Silenzi (Avv.
Valeri) e altri.
TRIBUNALE DI FROSINONE;
Sequestro conservativo, giudiziale e convenzionale — Reclamo — Produzione di nuovi documenti — Ammissibilità — Fatti
specie (Cod. proc. civ., art. 669 ter, 669 sexies, 671).
Banca, credito e risparmio — Banca — Liquidazione coatta am
ministrativa — Cessione delle attività e passività — Azione
di responsabilità verso amministratori e sindaci — Legittima zione processuale della banca cedente e di quella cessionaria
(Cod. civ., art. 2393, 2394; d.leg. 1° settembre 1993 n. 385,
testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, art.
84, 90). Sequestro conservativo, giudiziale e convenzionale — Banca —
Liquidazione coatta amministrativa — Sequestro conservati
vo — Accertamenti ispettivi della Banca d'Italia e degli accer
tamenti del commissario liquidatore — «Fumus boni iuris» — Fattispecie (Cod. civ., art. 2393, 2394; cod. proc. civ., art. 669 ter, 669 sexies, 671; d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, art. 4, 81, 84, 90).
Sequestro conservativo, giudiziale e convenzionale — Banca —
Liquidazione coatta amministrativa — Responsabilità di am
ministratori e sindaci — Sequestro conservativo — «Fumus
boni iuris» — Fattispecie (Cod. civ., art. 1218, 1223, 2392,
2393, 2394, 2403, 2407; cod. proc. civ., art. 671; d.leg. 1°
settembre 1993 n. 385, art. 84).
Banca, credito e risparmio — Banca — Liquidazione coatta am
ministrativa — Responsabilità di amministratori e sindaci —
Danno — Valutazione (Cod. civ., art. 1218, 1223, 2392, 2393,
2394, 2403, 2407; d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, art. 84).
La produzione di nuovi documenti nella fase di reclamo avver
so un provvedimento di sequestro non è affatto preclusa, in
quanto il collegio ritenga i nuovi mezzi di prova indispensabi li ai fini della decisione e purché venga rispettato il principio del contraddittorio, il quale postula che sui documenti pro dotti tutte le parti possano formulare deduzioni e contesta
zioni, non anche che le parti debbano avere cognizione di
tali documenti in entrambe le fasi del procedimento cau
telare. (1)
(1-2) L'ordinanza, che chiude il giudizio di reclamo avverso un se
questro conservativo (il provvedimento reclamato, dato inaudita altera
parte, è Trib. Frosinone 6 novembre 1995, Foro it., 1996, I, 298), ha la «sostanza», se pur non la forma, di una vera e propria sentenza, sia per l'accurata analisi che essa svolge anche dei profili teorici della
fattispecie, sia per il suo contenuto fortemente decisorio, sia perché dietro la veste del giudizio di urgenza si nasconde in realtà una «antici
pazione» del giudizio di merito. Ed è quindi proprio in tale prospettiva che l'ordinanza acquista una
significativa importanza, anche perché rappresenta la prima pronuncia che, successivamente all'entrata in vigore del nuovo t.u. bancario, af fronta con compiutezza di analisi e di svolgimenti argomentativi alcuni temi e problemi di maggior delicatezza della disciplina della liquidazio ne coatta amministrativa delle aziende di credito.
Lo svolgimento della vicenda giudiziaria (che si articola in ben quat tro reclami: tre proposti dagli ex amministratori ed uno dalla liquida zione coatta amministrativa e dalla banca cessionaria, con costituzione «incrociata» sia degli ex amministratori e sindaci, sia delle banche re
clamanti, e con conseguente riunione di tutti i reclami prima della di scussione congiunta dei medesimi dinnanzi al collegio) è accuratamente ricostruito nell'ordinanza in epigrafe, nella quale con altrettanta chia rezza vengono poste in rilievo le rispettive posizioni delle parti.
Le parti avevano sottoposto al tribunale una serie di quesiti comples si, riguardanti (i) la struttura e la funzione del negozio di cessione di attività e passività ex art. 90 t.u. bancario; (ii) l'esistenza, in ragione di quel negozio, di una legittimazione processuale concorrente di en trambe le banche (cedente e cessionaria); (iii) i profili teorici di respon sabilità degli amministratori e dei sindaci (soprattutto in punto di di stinzione tra responsabilità individuale e concorrente e di esistenza di un nesso di causalità tra le condotte attive e/o omissive degli uni e
degli altri, nonché in punto di prova del danno effettivo arrecato alla banca poi posta in liquidazione coatta e di onere della prova del dan
no). Quesiti tutti collocati nella particolare prospettiva dell'attività di amministrazione e di controllo delle società esercenti il credito.
Il Foro Italiano — 1996.
Alla luce del disposto dell'art. 84 d.leg. 385/93, il commissario
liquidatore ha il potere-dovere di promuovere, ricorrendone
i presupposti, l'azione di responsabilità sociale contro i mem
bri dei cessati organi amministrativi e di controllo, in virtù
di una legittimazione ex lege e nell'esercizio di una irrinuncia
bile e intrasferibile funzione pubblicistica; tale legittimazione
processuale del commissario liquidatore concorre con quella della banca cessionario in caso di cessione delle attività e pas sività e dell'azione di responsabilità medesima. (2)
Gli accertamenti e i verbali ispettivi della Banca d'Italia, non
ché gli accertamenti del commissario liquidatore — che ha
veste di pubblico ufficiale e che agisce quale titolare di un
irrinunciabile munus publicum — su cui si fonda la pretesa al risarcimento del danno vantata nei confronti dei cessati
organi di una banca sottoposta a liquidazione coatta ammini
strativa, risultano particolarmente attendibili per costituire il
fumus boni iuris necessario per la concessione della misura
cautelare del sequestro. (3) Nell'ambito della cognizione sommaria che è propria del giudi
zio cautelare il danno arrecato ad una banca in liquidazione coatta amministrativa dagli amministratori e dai sindaci deve
essere valutato unitariamente, non essendo possibile scorpo rare un danno direttamente imputabile a tali organi da un
ulteriore danno imputabile a fatti o a soggetti non individuati
(nella specie, il giudice di primo grado aveva distinto all'in
terno delle presumibili responsabilità dei cessati organi della
banca, al fine di escludere quella dei sindaci). (4) Gli accertamenti ispettivi della Banca d'Italia, e quelli successivi
degli organi della liquidazione coatta amministrativa, costi
tuiscono attendibili fonti di valutazione per desumere l'entità
del danno arrecato dai cessati organi alla banca posta in li
quidazione coatta. (5)
Motivi della decisione. — L'avvenuta riunione dei quattro
procedimenti di reclamo contro la stessa ordinanza consente l'e
same delle varie questioni in un unico contesto.
1. - È infondata l'eccezione di nullità del decreto di fissazione
di udienza ex art. 669 terdecies (Lauretti) in quanto non dispor rebbe la convocazione delle parti. Il decreto del 24 gennaio 1996
fissa l'udienza di comparizione delle parti nei venti giorni dal
deposito del reclamo e assegna un termine ai reclamanti per
I reclami hanno anche consentito al collegio una suggestiva ed origi nale ricostruzione de! rapporto tra provvedimenti di urgenza e solida rietà passiva, nel senso che «nell'obbligazione solidale non è possibile, in termini di tutela cautelare e, in quanto tale, preventiva della garanzia patrimoniale, operare (al fine di escludere il sequestro) una differenzia zione tra il comportamento diretto allo spoglio e alla dismissione del
proprio patrimonio posto in essere da alcuni debitori solidali ed il com
portamento di altri per i quali, allo stato, non risultano atti tendenti al depauperamento patrimoniale». La decisione del collegio modifica
quanto statuito dal giudice dell'urgenza, che aveva limitato gli effetti del provvedimento cautelare alla posizione degli ex amministratori, esclu dendo i cessati componenti del collegio sindacale.
Le difese dei cessati organi avevano cercato di contrastare le suddette
argomentazioni, principalmente nel tentativo di escludere l'esistenza di
rapporti di causalità tra attività svolta e danno conseguente, nonché di negare il valore probatorio degli accertamenti compiuti dagli ispetto ri della Banca d'Italia e dagli organi della liquidazione e di contestare i criteri di quantificazione delle voci di danno che erano stati individua ti ed indicati dalle banche attrici proprio al fine di far emergere sia l'esistenza della responsabilità e del danno, sia i relativi parametri di
quantificazione. Nella struttura del provvedimento è dato distinguere tra questioni di
natura processuale e questioni di natura sostanziale. Le prime si sostanziano principalmente nel giudizio sull'ammissibilità
di nuovi documenti nella fase del reclamo (sul punto, dopo Corte cost. 23 giugno 1994, n. 253, Foro it., 1994, I, 2005, con nota di Capponi; Corriere gìur., 1994, 948, con nota di Tommaseo, e Giur. it., 1994, I, 409, con nota di Consolo, cfr. Trib. Roma 13 aprile 1995, Foro
it., 1995, I, 3604; Trib. Bergamo 10 settembre 1994, Giur. it., 1995, I, 2, 660, per l'ammissibilità del reclamo incidentale nei confronti del l'ordinanza di parziale accoglimento della domanda cautelare; Trib. Ca tania 23 marzo 1995, Foro it., 1995, I, 2271, nel senso che il reclamo cautelare non può fondarsi né sy nuove circostanze di fatto preesistenti ma non dedotte, né su nuove prove relative a circostanze già dedotte),
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la notifica di reclamo e decreto, in armonia col disposto norma
tivo e con il principio (pienamente rispettato) del contraddittorio.
2. - L'eccezione di nullità e inammissibilità del reclamo, in
quanto notificato ad uno soltanto dei due difensori costituiti
di Polidori e Giannetta, è infondata. Se è vero che «nell'ipotesi di più procuratori nominati dalla stessa parte» (nel nostro caso, Iafrate e Natalizio), «ognuno di essi, purché costituito, è legitti mato a ricevere gli atti del giudizio anche se la parte ha eletto
domicilio presso uno solo di essi», evidentemente è sufficiente
che uno qualsiasi di essi (anche se non domiciliatario) riceva
la notifica dell'atto perché la notifica si possa considerare rego larmente eseguita.
Proprio la natura impugnatoria del reclamo ex art.
669 terdecies comporta l'applicabilità dell'art. 330 c.p.c., e dun
que l'onere per il reclamante di notificare l'impugnazione alla
parte presso il procuratore costituito o nel domicilio eletto per il giudizio: nel caso in esame, risulta documentalmente che il
reclamo è stato notificato sia a Giannetta, sia a Polidori, nel
domicilio eletto in Frosinone (studio avv. Del Giudice), presso
gli avv. Iafrate e Natalizio. L'eccezione sollevata, col richiamo
all'art. 170, 2° comma, c.p.c. (di cui si afferma l'inapplicabili tà), sembra alludere piuttosto al caso — del tutto diverso —
in cui, avendo due parti distinte il medesimo procuratore, a
questi sia notificata una sola copia dell'impugnazione cumulati
vamente per entrambe le parti. Ma nel nostro caso, come si
è detto, il reclamo è stato notificato sia a Giannetta, sia a Po
lidori. 3. - Deve poi disattendersi l'eccezione di inammissibilità del
reclamo in quanto proposto dalle banche ricorrenti contro il
rigetto dell'istanza di sequestro nei confronti di Mastropietro e dei sindaci, alla luce della sentenza della Corte costituzionale
253/94 (Foro it., 1994, I, 2005), che, dichiarando l'illegittimità
e sul problema della legittimazione concorrente della banca cedente e
di quella cessionaria dell'insieme delle attività e delle passività della banca
posta in Le.a. e quindi anche dell'azione di responsabilità (sul quale non si rinvengono precedenti giurisprudenziali; in dottrina, v. Galanti, La crisi degli enti creditizi nella giurisprudenza: la liquidazione coatta
amministrativa, in Quaderni ricerca giur., 1991, fase. 24, 71; Boccuzzi
e R. Lener, Commento all'art. 84, in Capriglione (a cura di), Com
mentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Pa
dova, 1994, 441 ss.; Tusini Cottafavi, La cessione delle attività e pas sività nella gestione delle crisi bancarie, in AA.VV., La nuova discipli na dell'impresa bancaria, Milano, 1996, III, 53 ss.; Cercone, La
liquidazione dell'attivo, in Ferro-Luzzi e Castaldi (a cura di), La nuova
legge bancaria, Milano, 1996, II, 1420 ss.).
(3, 5) Sul piano dell'esistenza dei presupposti normativi (fumus boni
iuris e periculum in mora) richiesti per la concessione del sequestro con
servativo il tribunale si colloca nel solco di quella giurisprudenza che
si va sempre più consolidando nel senso di riconoscere (ormai anche
in sede di giudizio sulla responsabilità sociale degli esponenti della ban
ca posta in l.c.a., e non solo in sede di giudizio sulla dichiarazione
dello stato di insolvenza) ai documenti ispettivi della Banca d'Italia (e nel caso di specie anche dell'organo di controllo della federazione ban
caria di categoria, nonché degli organi della liquidazione coatta) il valo
re di elementi di prova (per la giurisprudenza sul punto, v. Trib. Poten
za 11 giugno 1994, Banca, borsa, ecc., 1995, II, 610; Trib. Benevento
14 dicembre 1994, Riv. dir. comm., 1995, II, 207; Trib. Sulmona 24
settembre 1993, Foro it., Rep. 1994, voce Società, n. 626; Trib. Bene
vento 8 gennaio 1992, id., Rep. 1992, voce Banca, n. 83, e Riv. dir.
comm., 1992, II, 333).
(4) Il tribunale ribadisce l'orientamento della Suprema corte (cfr. sent.
7 maggio 1993, n. 5263, Foro it., 1994, I, 130, con ampi richiami di
dottrina e giurisprudenza), secondo cui il ruolo dell'organo sociale di
controllo non può limitarsi ad un'attività meramente formale, ma si
estende anche al contenuto della gestione. Il giudice della cautela nel
l'ordinanza impugnata aveva, viceversa, preso spunto proprio da que sta sentenza per escludere la responsabilità dei sindaci. Il collegio si
è però allontanato da questa ricostruzione, dando ascolto alla difesa
delle banche ricorrenti, che — come si evince dall'ordinanza in epigrafe — ne aveva sottolineato la contraddittorietà (nel senso dell'ordinanza
v. anche App. Milano 21 gennaio 1994, id., 1995,1, 1001; ed in materia
creditizia, Trib. Genova 19 luglio 1993, id., Rep. 1994, voce Società,
nn. 664-666, e Giur. it., 1994, I, 2, 327; in dottrina, sulla responsabilità del collegio sindacale, cfr., di recente, Tedeschi, Il collegio sindacale, in II codice civile. Commentario, Milano, 1992, passim; Franzoni, La
responsabilità dei sindaci, in Trattato di diritto commerciale e diritto
pubblico dell'economia diretto da Galgano, Padova, 1994, 129 ss.).
Il Foro Italiano — 1996.
costituzionale dell'art. 669 terdecies, per contrasto con gli art.
3 e 24 Cost., nella parte in cui limitava il reclamo all'ipotesi di concessione della cautela, lo rende ora proponibile anche con
tro i provvedimenti di rigetto. 4. - Gli istituti di credito reclamanti hanno prodotto nuovi
documenti con l'atto di impugnazione, a sostegno delle richieste
già avanzate al giudice istruttore e da questi parzialmente disat
tese. I nuovi documenti non hanno comportato mutazione della
causa petendi o del petitum, essendo piuttosto intesi a fornire
ulteriori elementi di prova della dedotta fondatezza della prete sa risarcitoria e del pericolo nel ritardo a giustificazione del sol
lecitato sequestro. La produzione di nuovi documenti nella fase di impugnazio
ne non è affatto preclusa dal nostro ordinamento, né avendo
riguardo alla disciplina del procedimento cautelare (art. 669 bis
ss. c.p.c.), né alle regole generali (art. 345, 3° comma, c.p.c., in quanto il collegio ritenga i nuovi mezzi di prova indispensa bili ai fini della decisione). E, d'altronde, la giurisprudenza for
matasi sul processo del lavoro, caratterizzato com'è da un più
rigoroso meccanismo di decadenze e preclusioni, si è consolida
ta sul principio secondo cui i documenti, quali prove precosti
tuite, possono essere prodotti anche in appello senza incorrere
nelle preclusioni di cui agli art. 414, 416 e 437 c.p.c., applicabili alle sole prove costituende, come quelle testimoniali (tra le tan
te, Cass. 4 febbraio 1993, n. 1359 e 29 marzo 1993, n. 3759,
id., Rep. 1993, voce Lavoro e previdenza (controversie), nn.
214, 213; 17 novembre 1994, n. 9724, id., Rep. 1994, voce cit., n. 247).
A contrario, la possibilità che nuovi documenti siano prodot ti in appello trova conferma nel divieto di nuove produzioni nel giudizio di cassazione (art. 372 c.p.c.), divieto che si giusti fica non in ragione del principio del contraddittorio (e dunque di una presunta lesione della parte che non abbia avuto cogni zione dei nuovi documenti nelle anteriori fasi del processo), ma
in ossequio alla funzione del giudice di legittimità che, come
tale, non valuta il fatto, sì che dinanzi a tale giudice possono avere rilevanza (ad essere acquisiti) soltanto documenti che ri
guardino l'ammissibilità del ricorso e del controricorso, ovvero
nullità inficianti direttamente la sentenza impugnata (Cass. 11
dicembre 1993, n. 12217, id., Rep. 1993, voce Cassazione civi
le, n. 88; 17 gennaio 1994, n. 361, id., Rep. 1994, voce cit.,
n. 114; 2 marzo 1995, n. 2431, id., Rep. 1995, voce cit., n. 199).
Peraltro, il potere di acquisizione di nuovi documenti, in quan to ritenuti indispensabili o necessari ai fini del decidere, da par te del giudice dell'appello, è stato riconosciuto dalle sezioni uni
te della Cassazione (decisioni 11 ottobre 1993, n. 10045, id.,
Rep. 1993, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 212; e
28 novembre 1994, n. 10127, id., Rep. 1994, voce cit., n. 246)
come legittimo e sottratto, per la sua natura discrezionale, al
sindacato di legittimità, anche quando manchi un'espressa mo
tivazione al riguardo, dovendo ritenersi implicita, nell'ammis
sione della produzione del documento, la valutazione della sua
opportunità ai fini del processo. Nel procedimento cautelare, in cui il giudice dispone di ele
menti di valutazione ancora incompleti, ma su di essi deve fon
dare decisioni che possono avere un'incidenza pratica notevole
ed immediata (è al riguardo esemplare il caso in esame, in cui
si chiede che il patrimonio economico di diciassette persone sia
vincolato per un notevole importo pecuniario), l'opportunità, ed anzi la necessità, che il giudice acquisisca il maggiore nume
ro di elementi di valutazione possibile, e che perciò il principio enunciato dalle sezioni unite trovi piena applicazione, è quanto mai evidente. L'importante è che sia rispettato il principio del
contraddittorio, il quale postula che sui documenti prodotti tut
te le parti possano formulare deduzioni e contestazioni, non
anche che le parti debbano avere cognizione di tali documenti
in entrambe le fasi del procedimento. Le eccezioni di inammissibilità di nuove produzioni documen
tali in fase di reclamo vanno perciò respinte. 5. - Sono altresì infondate le eccezioni di carenza di legittima
zione attiva variamente formulate con riguardo al commissario
liquidatore della Cassa rurale e artigiana di Amaseno e/o alla
Banca di credito cooperativo di Anagni. La cessione dell'azione va considerata con riferimento alla
cedibilità dei diritti accessori e dei diritti potestativi ed è giuridi
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2519 PARTE PRIMA 2520
camente possibile in quanto trapassi anche il diritto principale, nel senso che, mentre questo è autonomamente cedibile senza
che sia ceduta anche la relativa azione, la cessione dell'azione
non può prescindere dalla cessione della situazione giuridica prin
cipale ad essa sottostante: ciò anche con riguardo all'azione di
retta a far valere un credito risarcitorio, ancorché non ancora
accertato nell'c« o non definito nel quantum, poiché un credito
siffatto è già suscettibile di valutazione economica e non si du
bita che un credito futuro (ed eventuale) possa formare oggetto di cessione.
Occorre, peraltro, stabilire, nei limiti della sommaria deliba
zione consentita in sede cautelare, se, nel caso concreto, la le
gittimazione a promuovere l'azione di responsabilità e quindi il procedimento cautelare, debba attribuirsi alla cedente, e per essa al commissario liquidatore, o alla cessionaria o ad entram
be, tenuto conto delle clausole della cessione e delle norme che
regolano la procedura di l.c.a., avente chiare connotazioni pub blicistiche.
Sotto quest'ultimo profilo, occorre tener conto dell'art. 84
d.leg. 385/93, che contempla i poteri degli organi liquidatori, ed il cui 5° comma attribuisce al commissario il potere/dovere di promuovere, ricorrendone i presupposti, l'azione di respon sabilità contro i membri dei cessati organi amministrativi e di
controllo a norma degli art. 2393 e 2394 c.c., in virtù di una
legittimazione ex lege e nell'esercizio di una irrinunciabile e in
trasferibile funzione pubblicistica. Alla luce dell'enunciato principio, e in una interpretazione
complessiva delle clausole dell'atto di cessione che di tale prin
cipio deve necessariamente tener conto, la legittimazione al com
missario non può essere negata, avendo egli, da un lato, ceduto
alla Banca di credito cooperativo di Anagni attività e passività con ogni altra sopravvenienza attiva e passiva (art. 2, 1° com
ma), nonché diritti ed azioni, comprese le azioni di responsabi lità e risarcitorie (art. 2, 2° comma), e, dall'altro, riservato a
sé l'esercizio, per legge irrinunciabile ed intrasferibile, e la con
duzione, «unitamente alla banca cessionaria», patrimonialmen te interessata al buon esito di esse, delle eventuali azioni di re
sponsabilità (art. 2, 3° comma), sottolineando che il suo potere di azione sarebbe cessato con l'esaurimento della l.c.a., appun to perché esercizio di funzione pubblica destinata a venir meno
con il cessare della procedura. Ciò non esclude — e in tal senso vanno lette le citate clausole
— che il credito risarcitorio, quale risultato economico/patri moniale del fruttuoso esercizio dell'azione da parte del commis
sario, potesse formare oggetto di cessione, dal che è agevole desumere l'interesse, giuridicamente apprezzabile e proprio del
la cessionaria, in quanto definitiva beneficiaria di quel risulta
to, che la legittima — a questo titolo — ad affiancare le inizia
tive del commissario a tutela della situazione sostanziale di cui
è titolare (in via autonoma) per effetto della cessione del credito.
In tal modo, il collegio ritiene di aver anche sciolto il dubbio
(formulato come eccezione da alcuni reclamanti) sulla qualifica zione giuridica dell'azione proposta dalle banche.
La cessione del credito risarcitorio, nel coacervo delle attività
passività della Cassa rurale e artigiana, risulta peraltro autoriz
zata con l'unico e complessivo provvedimento autorizzatorio della
Banca d'Italia del 6 maggio 1994, previo parere del comitato
di sorveglianza. Non importa, poi, che l'autorizzazione della Banca d'Italia
ad esercitare l'azione di responsabilità sia stata rilasciata soltan
to al commissario liquidatore, e non anche alla banca cessiona
ria, poiché tale autorizzazione è necessaria soltanto ai fini del
l'esercizio (doveroso) della funzione pubblica attribuita agli or
gani della liquidazione dall'art. 84, 5° comma, d.leg. 385/93, a tutela di un interesse pubblico. Non è invece necessaria (né avrebbe senso) ai fini della tutela (prettamente privatistica) del
l'interesse patrimoniale di cui sia portatore la banca cessionaria
in quanto acquirente (non dell'azione di responsabilità, ma) del
credito risarcitorio, e cioè del (solo) risultato economico
patrimoniale dell'esercizio dell'azione di responsabilità. Sotto altro profilo, se la legittimazione attiva della Banca di
credito cooperativo di Anagni si fonda sull'acquisto (e quindi sulla titolarità) del credito risarcitorio, più che dell'azione di
responsabilità in sé considerata, non ha pregio l'ulteriore ecce
zione, svolta da alcuni reclamanti, secondo cui la legittimazione
Il Foro Italiano — 1996.
della cessionaria resterebbe esclusa dal fatto che il paventato danno sarebbe conseguenza non della mala gestio di ammini
stratori e sindaci della Cassa rurale e artigiana di Amaseno,
ma dell'acquisto liberamente e consapevolmente trattato e sti
pulato dei crediti e debiti della cassa cedente.
6. - La Cassa rurale e artigiana di Amaseno, nel corso della
sua breve esistenza, fu sottoposta dapprima ad un'ispezione da
parte del servizio di vigilanza sulle aziende di credito della Ban
ca d'Italia dal 26 settembre al 30 novembre 1990; poi a due
ispezioni da parte dell'organo di controllo della federazione del
le casse rurali e artigiane del Lazio, Umbria e Sardegna dal
17 ottobre al 5 novembre 1991, e dal 15 al 16 aprile 1993; infi
ne, ad una nuova ispezione del servizio di vigilanza sulle azien
de di credito della Banca d'Italia dal 13 settembre al 12 novem
bre 1993. Le relazioni redatte a seguito di dette ispezioni, con
l'ampio corredo di documenti e carteggio fra gli organi di con
trollo e gli esponenti bancari (amministratori e sindaci) acquisiti alla procedura (documentazione alla quale, tutta, si rinvia per
quanto non esplicitamente riportato nella presente ordinanza), offrono sufficienti elementi dimostrativi del fumus boni iuris
dell'azione di responsabilità intrapresa del commissario liquida tore e dalla Banca di credito cooperativo di Anagni, e dunque della sussistenza del primo requisito della domanda cautelare
di sequestro conservativo. L'attendibilità delle relazioni ispetti ve è data dalla particolare affidabilità degli organi cui il potere
ispettivo è attribuito, nell'esercizio di una primaria funzione pub blicistica di tutela del credito e del risparmio, demandata in
particolare dalla legge proprio al servizio di vigilanza creditizia
e finanziaria della Banca d'Italia, quale organismo tecnico
istituzionale più qualificato nel settore. La funzione pubblica normativamente affidata all'organo di controllo della Banca d'I
talia pone questo super partes rispetto agli interessi in gioco, e conferisce ai suoi accertamenti un rilevantissimo grado di at
tendibilità, più che sufficiente al giudice della cautela, il quale, tenuto ad una delibazione soltanto sommaria delle prospetta zioni delle parti, non dovrà neppure prendere posizione sul pro blema del valore probatorio dei verbali ispettivi: se siano atti
pubblici, e come tali muniti della particolare efficacia probato ria loro conferita dagli art. 2699 e 2700 c.c.; se, indipendente mente dalla loro qualificazione come atti pubblici, abbiano co
munque un valore probatorio pieno; se, invece, offrano soltan
to il fumus di quanto in essi riferito, ciò che in quesa sede
è già sufficiente, in mancanza di puntuali elementi di segno con
trario, a fondarvi un provvedimento di sequestro. I verbali ispettivi trovano pieno riscontro nella documenta
zione in atti, e all'ultimo di essi si saldano coerentemente gli accertamenti compiuti dagli organi della l.c.a., aggiornati sino
al 5 maggio 1994, data in cui la Cassa rurale e artigiana di
Amaseno è stata posta, appunto, in liquidazione. D'altronde, anche il commissario liquidatore ha veste di pubblico ufficiale
e, come organo della l.c.a., è investito di una pubblica funzione
che lo pone, per quel che qui interessa, quanto meno su di un
piano di particolare attendibilità in ordine agli accertamenti ese
guiti sulla gestione societaria; attendibilità niente fatto sminuita
dalla sua contemporanea veste di parte nel giudizio di responsa
bilità, tanto più che, come si è chiarito, anche nell'esercizio del
l'azione di responsabilità il commissario liquidatore agisce qua le titolare di un irrinunciabile munus publicum, a tutela di un
pubblico interesse, che va doverosamente perseguito anche in
vista di un risultato economico-patrimoniale che, come appunto nel nostro caso, vada a beneficio di altri.
Orbene, le relazioni ispettive e gli accertamenti degli organi della liquidazione (che hanno pur indotto questo tribunale, in
sentenza del 3 novembre 1995, a ritenere «l'incapacità dell'isti
tuto di credito a proseguire in via autonoma l'attività azienda
le») offrono un quadro significativo e coerente non soltanto
di specifiche (ancorché numerose) irregolarità di gestione (alle
quali non si è posto rimedio, nonostante i reiterati solleciti degli enti di controllo), ma anche e soprattutto di una uniforme pras si aziendale, caratterizzata da una sistematica e pervicace elu
sione di norme di legge e di statuto, e di regole di buona ammi
nistrazione e di corretta contabilità. Una prassi uniforme alla
quale tutti gli amministratori e tutti i sindaci, che si sono avvi
cendati nella breve vita della cassa, si sono adeguati. Non pare necessario — per il carattere sommario della deli
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
bazione demandata al collegio nella sede cautelare — percorrere le singole tappe di una mala gestio che in pochi anni ha portato la Cassa rurale e artigiana di Amaseno al tracollo; tappe risul
tanti dalle relazioni ispettive, dai documenti allegati, dagli ac
certamenti degli organi della l.c.a. (a cui si rinvia); tappe detta
gliatamente indicate nell'atto di reclamo degli istituti ricorrenti
e mai analiticamente ed efficacemente confutate, nella loro sto
rica oggettività, dagli amministratori e sindaci resistenti e/o re
clamanti. I quali, al di là della partecipazione o meno a singoli atti deliberativi, facendosi scudo di sporadiche, minimali o ad
dirittura meramente simboliche prese di posizione contro singo li atti gestionali, in realtà si sono inseriti (o non sono stati capa ci di evitare di inserirsi) in una prassi uniforme più volte conte
stata non solo al direttore Eligio Ruggeri (che ne era il maggior
artefice), ma anche al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale. Esemplare è la vicenda di tale Pascucci, residente fuori
del territorio di competenza della cassa, protestato per 5 miliar
di, finanziato di 713 milioni a fronte di un limite di fido, fissa to dall'assemblea, di 250 milioni, senza che i sindaci abbiano
mosso un dito: soltanto a finanziamento avvenuto, Piroli espresse «forti perplessità», non seguite da doverose iniziative istituzio
nali, ma soltanto dalle proprie dimissioni. Si consideri anche
il verbale del consiglio di amministrazione, presenti i sindaci
Piroli e Giannetta, del 12 marzo 1991 di presa d'atto delle irre
golarità contestate a seguito della prima ispezione della Banca
d'Italia, e conseguente lettera di trasmissione alla Banca d'Ita
lia, con la quale si assicura «la rimozione della manchevolezza
non prontamente sanabili».
«Manchevolezze» (che Bankitalia e Federcasse preferiranno definire «perdite», «false appostazioni contabili», «false atte
stazioni», «sottocapitalizzazione» e «mancata ricapitalizzazione della società», «scarsa trasparenza e carenze nei controlli inter
ni», «omesse comunicazioni all'organo di vigilanza», «falso in
bilancio», affidamenti e rapporti di varia natura instaurati, sen
za adeguata istruttoria, con persone residenti fuori del territorio
di competenza in numero largamente eccedente i limiti di statu
to, e — tanto per gradire — finanche con clienti indagati dalla
direzione investigativa antimafia di Napoli, e via dicendo), «man
chevolezze» che in realtà non verranno affatto rimosse, poiché, come rilevato dalle successive ispezioni, il modus procederteli del disinvolto direttore non cambierà di una virgola, ricevendo
l'approvazione e l'avallo (e, nella migliore delle ipotesi, il col
pevole disinteresse) del consiglio di amministrazione e dei sinda
ci, e ciò fino al maggio 1994 (già la seconda relazione ispettiva di Bankitalia evidenzia irregolarità gestionali risalenti al solo
1993), con pieno coinvolgimento, perciò, non solo di chi faceva
parte della compagine sociale fin dai primi tempi (e magari ne
era poi uscito, come Giovanni Rinna e Antonio De Giuli), ma
anche di quesgli amministratori (es., Mastropietro) e sindaci (es.,
Silenzi) entrati in società in un secondo momento.
Le relazioni ispettive di Bankitalia e Federcasse, pur nel loro
carattere inevitabilmente generale e sintetico, non mancano di
individuare e distinguere (o comunque di dare all'interprete pun tuali indicazioni per individuare e distinguere, quanto meno con
riferimento alle rispettive competenze) le responsabilità del di
rettore, del consiglio di amministrazione, dei singoli ammini
stratori, dell'intero collegio sindacale ed esclusiva dei sindaci,
propria di questi e concorrente con quella degli amministratori.
E con riguardo alla responsabilità dei sindaci, anche il giudi
ce istruttore, nel provvedimento oggetto di reclamo, fa riferi
mento ad una giurisprudenza della Cassazione (ma senza trarne
le dovute conseguenze nei confronti dei componenti del collegio
sindacale, sul non condiviso presupposto che le relazioni ispetti
ve non evidenzino a loro carico profili specifici di responsabili
tà), una giurisprudenza (per tutte, Cass. 7 maggio 1993, n. 5263,
id., 1994, I, 130), secondo la quale — premesso che, ai sensi
dell'art. 2407 c.c., i sindaci sono solidalmente responsabili con
gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi, quando
il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in
conformità agli obblighi della loro carica — l'art. 2403 c.c. non
limita il ruolo del collegio sindacale allo svolgimento di compiti
di mero controllo contabile e formale, ma lo estende anche al
contenuto della gestione. Ciò in quanto la previsione della pri
ma parte del 1° comma dell'art. 2403 (che attribuisce ai sindaci
Il Foro Italiano — 1996.
l'obbligo di vigilare sull'amministrazione) dev'essere combinata
con quella del 3° e 4° comma, che valorizzano l'impegno di
controllo nel contesto della gestione, nel senso che il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie sull'andamento
delle operazioni sociali o su determinati fatti, il che forma og
getto non già di una mera facoltà rimessa alla scelta del collegio
sindacale, bensì di un potere-dovere, da esercitare in relazione
alle specifiche situazioni.
È evidente, pertanto, che in una situazione di gravi, variegate e reiterate irregolarità di gestione, una situazione incancrenita
in una prassi uniformemente illegale, produttiva di danno pro
gressivamente crescente (tanto che presto si arriverà alla deco
zione e alla liquidazione coatta amministrativa), una situazione
ripetutamente ed invano segnalata e contestata da Bankitalia
e Federcasse, il collegio sindacale ed i singoli componenti di
esso (anche nell'ultima parte della vita societaria) avrebbero do
vuto prendere misure ben più attive, incisive, sistematiche, per sottrarsi alla responsabilità concorrente con gli amministratori
e per assolvere in maniera passabile la loro funzione. Se cioè
il comportamento dei sandaci va commisurato all'andamento
e alla qualità della gestione societaria, quello dei sindaci della
Cassa rurale e artigiana appare gravemente omissivo, ridotto,
come ben evidenziato dagli istituti reclamanti, al compimento
sporadico di compiti ordinari e minimali, di routine, in una
situazione che era tutt'altro che di routine. Un conto è, infatti,
svolgere un compito, altro conto è la misura della diligenza che
vi si profonde. Il collegio ritiene perciò, difformemente dal primo giudice,
che il fumus boni iuris dell'azione di responsabilità ricorra nei
confronti di tutti i convenuti, amministratori e sindaci.
7. - L'entità del (probabile) danno subito dalla Cassa rurale
e artigiana di Amaseno in conseguenza del comportamento dei
suoi amministratori e sindaci dev'essere desunta, a sua volta,
dalle risultanze delle relazioni ispettive della Banca d'Italia e
dei successivi accertamenti degli organi della l.c.a., per le ragio ni per le quali tali risultanze (nemmeno sotto questo profilo analiticamente contestate da amministratori e sindaci) sono sta
te già considerate (allo stato) quale fonte più attendibile di va
lutazione (ancorché sommaria) dei presupposti (ed in tal caso
della misura) del sequestro. Quanto più sopra rilevato in merito
al fumus boni iuris, e cioè ad una prassi gestionale dissennata,
mai arginata dal collegio sindacale, sino a sfociare nella liqui dazione della cassa, porta a concludere che, nell'ambito della
cognizione sommaria che il tribunale assume in questa sede,
non è possibile scorporare, come sembra aver fatto il giudice di primo grado, un danno direttamente imputabile agli ammini
stratori e sindaci da un ulteriore danno imputabile non si sa
bene a chi o a che cosa. Deve invece ritenersi che una gestione corretta degli amministratori ed una vigilanza concreta e pun tuale dei sindaci, con la diligenza del buon padre di famiglia
(art. 2407, 1° comma, c.c.), avrebbero evitato il prodursi di
quelle perdite patrimoniali che in pochi anni, crescendo pro
gressivamente, hanno determinato, nel loro complesso, uno sta
to di dissesto irreversibile e la conseguente sottoposizione dell'i
stituto alla l.c.a.
Pertanto, il danno (allo stato, probabile), suscettibile di con
siderazione unitaria proprio in quanto esito finale di una gestio ne dissennata sviluppatasi nel tempo, ammonta a lire
4.607.612.850 e si compone delle perdite risultanti dal bilancio
1993 (lire 2.085.149.828); delle perdite contabilizzate per il pe riodo 1° gennaio/5 maggio 1994 (lire 922.463.022); della perdi
ta di avviamento commerciale nella misura di lire 1.600.000.000,
quest'ultima desumibile — nel quantum — in termini di note
vole probabilità e verosimiglianza, dalla combinazione di una
serie di fattori, quali il volume di affari facente capo alla Cassa
rurale e artigiana di Amaseno, l'entità delle perdite di esercizio
e il discredito presso la clientela derivato dal rapido tracollo,
dalla sottoposizione dell'istituto a l.c.a. e dalle particolari circo
stanze che hanno condotto a un esito così disastroso.
Non ha pregio l'eccezione secondo cui l'indicato valore del
l'avviamento commerciale costituirebbe non perdita, ma posta
attiva nell'atto di cessione dei crediti e debiti della Cassa rurale
e artigiana. Non rileva in questa sede quanto residui dall'origi
nario avviamento commerciale, quale componente del patrimo
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2523 PARTE PRIMA 2524
nio societario acquistata dalla Banca di credito cooperativo di
Anagni, atteso che la controversia in cui si inserisce la vicenda
cautelare non vede contrapposti cedente e cessionario, i quali
anzi concorrono, nella comune veste di attori, nell'azione risar
citoria. Ciò che rileva in questa sede è la misura oggettiva in
cui l'avviamento commerciale si è svalutato in conseguenza del
la condotta degli amministratori e sindaci della cassa. Ed è que sto un danno verificatosi indipendentemente da chi, tra cedente
e cessionario, se ne sia fatto carico, e a che prezzo, nell'atto
di cessione.
Analogamente, una volta affermata la legittimazione concor
rente di cedente e cessionario (e quindi la tutela cautelare di
entrambi), l'accollo dei debiti da parte del cessionario non esclude
affatto l'esperibilità dell'azione di risarcimento nei confronti di
chi, con la propria condotta lesiva, abbia esposto la società ce
dente ad una situazione debitoria.
8. - Secondo giurisprudenza consolidata, in tema di sequestro
conservativo, il periculum in mora può essere desunto, anche
alternativamente, sia da elementi obiettivi concernenti la capa cità patrimoniale del debitore (senza trascurare il rapporto di
proporzionalità tra l'ammontare del credito e gli elementi valu
tativi appresi), sia da elementi soggettivi evincibili dal suo com
portamento, tale da lasciar presumere che egli, al fine di sot
trarsi all'adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei
a provocare l'eventuale deprezzamento del suo patrimonio, sot
traendolo all'esecuzione forzata; pertanto, non è necessario che
il pericolo consista in un depauperamento in atto del patrimo nio del debitore, purché esso sia desumibile, quale rischio per
l'avvenire, alla stregua degli indizi innanzi indicati (tra le tante,
e con lievi sfumature, Cass. 9 febbraio 1990, n. 902, id., Rep.
1990, voce Sequestro conservativo, n. 12; 16 agosto 1988, n.
4955, id., Rep. 1988, voce cit., n. 28; 10 agosto 1988, n. 4906,
ibid., n. 30; 9 gennaio 1987, n. 69, id., Rep. 1987, voce cit., n. 24; 10 settembre 1986, n. 5541, id., Rep. 1986, voce cit., n. 14).
Ne consegue che il pericolo nel ritardo può essere ritenuto, nel nostro caso, non solo nei confronti di chi (come ad es.,
Antonello Benedetti Panici) ha di recente già esposto in essere
atti di dismissione patrimoniale, ma nei confronti di tutti indi
stintamente i convenuti, nessuno dei quali ha allegato, e tanto
meno documentato (e nei confronti di nessuno dei quali è dato
presumere) la titolarità di un patrimonio proporzionato all'enti
tà del (probabile) debito, e cioè un patrimonio di gran lunga
superiore ai 4,6 miliardi in cui è stato sommariamente apprez zato il danno subito dagli istituti che chiedono il sequestro: un
patrimonio così ingente che eventuali, singoli movimenti medio
tempore effettuati non riducano la garanzia dovuta ex art. 2740
c.c.
È appena il caso di ricordare che, di fronte all'eventuale de
bito risarcitorio, gli amministratori e sindaci convenuti sono le
gati da solidarietà passiva, sì da dover offrire garanzia per l'in
tero ammontare del debito.
Il collegio non condivide la tesi degli istituti reclamanti, se
condo cui la solidarietà passiva lega le sorti dei debitori fino
al punto che il periculum in mora verificatosi nei confronti di
uno di essi esponga anche gli altri al sequestro conservativo.
Il collegio ritiene piuttosto che la cautela debba essere assicura
ta soltanto dove la garanzia patrimoniale minacci di essere di
minuita e di scendere sotto la soglia del(l'intero) debito; non
anche verso quei condebitori solidali per i quali il pericolo, pre
supposto della cautela, non esista, e ciò per la semplice conside
razione che per costoro la garanzia patrimoniale non è minac
ciata e resta integra a fronte dell'eventuale escussione da parte del creditore. La solidarietà nel debito comporta infatti che ogni debitore garantisca l'intero debito (e subisca il sequestro ove
nei suoi confronti ne ricorrano i presupposti); non comporta invece la considerazione dei patrimoni dei debitori solidali come
un unico patrimonio che debba necessariamente risentire delle
vicende dei patrimoni individuali. La tesi contraria porterebbe
quasi a considerare ciascuno dei debitori in solido responsabile non per l'intero debito, ma, paradossalmente, per una somma
pari al debito moltiplicato per il numero dei condebitori.
Ritiene perciò il collegio che il sequestro possa essere autoriz
II Foro Italiano — 1996.
zato soltanto nei confronti di coloro per i quali sussista il peri
colo nel ritardo.
Ma la questione ha rilievo puramente astratto, una volta che
il pericolo nel ritardo sia stato ritenuto nei confronti di tutti
i debitori solidali, singolarmente considerati.
La solidarietà passiva implica che ciascun singolo condebito
re (al quale sia riferibile una quota del debito, e quindi, nell'ob
bligazione risarcitoria, sia addebitabile, idealmente o in concre
to, soltanto una porzione dei danno che ha concorso a causare)
tenga il proprio patrimonio a disposizione del creditore per l'in
tero ammontare del credito, salvo regresso per le somme sbor
sate in eccedenza alla propria quota di responsabilità. Ne deriva
che gli amministratori e sindaci rimasti in carica per un tempo
limitato, rispetto all'intero periodo della gestione scriteriata del
la Cassa rurale e artigiana, non possano addurre tale circostan
za per invocare una riduzione dell'entità del sequestro a loro
carico.
Infine, va osservato che la stipulazione di eventuali polizze assicurative per la responsabilità derivante dall'attività profes
sionale, quand'anche sia estesa (come nel caso di Silenzi) alla
condotta considerata in giudizio, non è idonea, in concreto, a
escludere o ridurre l'incidenza del periculum in mora. A parte il rilievo che tali polizze prevedono massimali ben lontani dal
l'ammontare del danno (probabilmente) subito dagli istituti re
clamanti (la polizza del sindaco Silenzi, con un massimale di
un miliardo, copre il rischio di ben cinque professionisti), pare assorbente la considerazione che la polizza assicurativa giova
all'assicurato, rivalendolo dal danno — nel nostro caso, dell'e
sborso — conseguito al fruttuoso esercizio (anche in executivis) dell'azione di responsabilità sempre che esborso vi sia. Non gio va invece al terzo creditore, che non ha azione diretta verso
l'assicuratore (a differenza di quanto previsto, specificamente, dalla 1. 990/69 soltanto per la responsabilità civile derivante dalla
circolazione dei veicoli). Sì che, se il debitore assicurato non
paga, in quanto abbia reso incapiente il proprio patrimonio o
lo abbia comunque occultato o altrimenti sottratto all'azione
del creditore (si pensi, tanto per fare un esempio, alla costitu
zione di un fondo patrimoniale ex art. 167 c.c.), non si vede
quale vantaggio il suo creditore possa ricavare dalla polizza as
sicurativa. Se invece il debitore paga, il creditore resterà indif
ferente alla sua rivalsa verso l'assicuratore.
Pertanto, per i motivi sin qui esposti, in accoglimento del
reclamo del commissario liquidatore della Cassa rurale e arti
giana di Amaseno e della Banca di credito cooperativo di Ana
gni, respinti gli altri reclami e ritenute le residue questioni as
sorbite nelle considerazioni svolte, può autorizzarsi il sequestro conservativo sui beni di tutti i convenuti sino a concorrenza
di lire 4.600.000.000.
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