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ordinanza 19 dicembre 1986; Giud. Fiore; Pepe c. Comune di Roma e A.t.a.c

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ordinanza 19 dicembre 1986; Giud. Fiore; Pepe c. Comune di Roma e A.t.a.c. Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 967/968-973/974 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179428 . Accessed: 28/06/2014 09:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.160 on Sat, 28 Jun 2014 09:21:46 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 19 dicembre 1986; Giud. Fiore; Pepe c. Comune di Roma e A.t.a.c

ordinanza 19 dicembre 1986; Giud. Fiore; Pepe c. Comune di Roma e A.t.a.c.Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 967/968-973/974Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179428 .

Accessed: 28/06/2014 09:21

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE PRIMA

Fatto. — La s.r.l. cooperativa Isontina maiscoltori chiedeva

l'ammissione al passivo del fallimento di Della Piana Luigi del

proprio credito di complessive lire 42.410.053 con il privilegio

previsto dall'art. 2751 bis, n. 5, c.c.

Il giudice delegato ammetteva il credito suddetto in via chiro

grafaria contestando il privilegio perché non dovuto.

Avverso detto provvedimento proponeva tempestiva opposizio ne la cooperativa sostenendo la natura privilegiata del suo credi

to, dovendo essa considerarsi cooperativa di produzione e di la

voro e riguardando il credito la vendita del proprio prodotto. Chiedeva conseguentemente l'ammissione dell'importo dovuto

con il richiesto privilegio e con vittoria di spese e onorari di lite.

Costituitosi il contraddittorio il fallimento resisteva all'opposi zione eccependo che l'invocato privilegio riguarda esclusivamente

le cooperative di produzione e di lavoro e che tra queste non

può includersi la cooperativa agricola come è appunto l'oppo nente. Chiedeva il rigetto dell'opposizione. (Omissis)

Diritto. — Osserva il collegio come l'opposizione si ravvisi giu ridicamente fondata e meriti pertanto favorevole accoglimento. L'art. 2751 bis, n. 5, ha istituito una nuova categoria di crediti

privilegiati prima ignorata, e precisamente «i crediti dell'impresa

artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di

lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e per la vendita dei

manufatti». Anche se, per quanto riguarda le cooperative, non

risulta che la norma sia stata sottoposta ad approfondita analisi, ritiene il collegio come la disposizione in esame delimiti l'applica bilità del privilegio alle sole società od enti di produzione e di

lavoro, con esclusione, quindi, delle associazioni per la gestione del credito, quelle assicurative o fornitrici di capitali e, in breve, di tutte le società od enti nelle quali il socio non presti la propria

opera volta in modo diretto alla produzione di servizi o alla rea

lizzazione e vendita di manufatti. Nel caso di specie, il collegio è chiamato a decidere se la cooperativa agricola che, come risulta

dall'atto costitutivo in atti, ha come soci coltivatori diretti e agri coltori ed ha come scopo «raccolta, essiccazione, conservazione

e commercializzazione dei prodotti cerealicoli dei soci» debba o

non includersi nella previsione legislativa di cui sopra. Il problema nasce, a parere del collegio, dall'infelice uso del

termine «manufatto» al quale è legata la concessione del privile

gio. Secondo l'etimologia della parola, infatti, si tratta di «arti

colo lavorato a mano», ovvero di «opera eseguita mediante lavo

ro umano» con tutte le complicazioni di ordine interpretativo che

queste espressioni comportano. Basti pensare alle tecniche indu

striali moderne nelle quali il lavoro manuale puro è completa mente assente o del tutto marginale per rendersi conto delle diffi

coltà che il giudice deve risolvere quando è chiamato ad interpre tare la portata di tale disposizione di legge.

duplice presupposto della estraneità alla categoria delle cooperative di

produzione e lavoro della cooperativa agricola (diversamente cfr. Bassi, Le cooperative di consumo, in Cooperazione e cooperative, Napoli, 1977, 155) e della non riconducibilità del prodotto agricolo nel concetto di ma nufatto ha ritenuto decisiva la formulazione letterale della norma.

In effetti, ove si condividano tali presupposti, non potrebbe giungersi a diversa determinazione atteso che la natura eccezionale della disciplina dei privilegi non ne consentirebbe l'applicazione analogica, in ossequio al disposto dell'art. 14 disp. prel. (conformemente v. Cass. 21 ottobre

1980, n. 5640, Foro it., Rep. 1980, voce Privilegio, n. 15; Trib. Torino 7 gennaio 1979, ibid., n. 19; Cass. 7 gennaio 1971, n. 2, id., 1971, I, 29).

Ancora in senso negativo v. App. Roma 30 aprile 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 15 e Trib. Reggio Emilia 21 novembre 1980, ibid., n. 17, che hanno negato il privilegio ai crediti di cooperative aventi per oggetto la trasformazione di prodotti agricoli forniti dai soci.

Conformemente alla riportata sentenza, seppur in via marginale in quanto il thema decidendum principale era rappresentato dal trattamento norma tivo delle società cooperative straniere, nell'ordinamento italiano, v. Trib. Roma 11 ottobre 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 17, che ha riconosciu to assistiti dal privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 5, c.c., i crediti di una cooperativa agricola straniera.

In dottrina v. Miola, Questioni in tema di ammissione al passivo di

spese legali e di privilegio per i crediti di cooperativa agricola, in Dir. e giur., 1983, 416; Calandra Bonaura, Crediti di società cooperative e privilegio generale sui mobili, in Giur. comm., 1981, II, 351; Leccese, Consorzi tra cooperative e privilegi mobiliari, id., 1982, II, 828. Più in

generale, sull'argomento, v. Ciccarello, Privilegio (dir. priv.), voce del

VEnciclopedia del diritto, XXXV, 728 ss.; Toscano, L'art. 2751 bis, n. 5, c.c.: una «novella» dettata con generale riguardo alle società coopera tive, in Giust. civ., 1984, II, 142; Ruisi, C. e A. Palermo, I privilegi, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1980, 368 ss.; Pratis, Dei privilegi, in Commentario Utet, Torino, 1976, II, 1.

Il Foro Italiano — 1987.

Dovrà, conseguentemente, limitarsi a valutare il termine « ma

nufatto » nel suo stretto significato etimologico sopra riferito (ri ducendo così l'applicabilità della norma a pochissimi casi), o do

vrà, invece, intenderlo in senso più ampio e aderente alla realtà

attuale estendendolo a tutte quelle realizzazioni in cui il lavoro

umano è prevalente o uguale a quello della macchina in contrap

posizione a quelle completamente automatizzate? E non basta an

cora perché questa norma che, nel chiaro intento del legislatore, ha voluto premiare il lavoro dell'uomo nel suo significato più

proprio, si è riferita soltanto alle cooperative di produzione e

lavoro indirizzate alla produzione dei servizi e all'attività mani

fatturiera, oppure deve intendersi estesa anche a quelle cooperati ve di produzione e lavoro che (come quella che ha proposto l'op

posizione in esame) operano nel campo dell'agricoltura in cui il

socio coltivatore diretto o agricoltore o mezzadro lavora perso nalmente per ottenere quel prodotto che verrà successivamente

venduto alle migliori condizioni possibili dall'ente cooperativo? Secondo il parere del tribunale, la via da seguire è certamente

la seconda, quella cioè dell'interpretazione estensiva della norma

in esame perché, diversamente opinando, si finirebbe con l'esclu

dere dalle cooperative di produzione e lavoro, che la legge vuole

privilegiare, proprio una di quelle che ha i requisiti più validi

per rientrarvi; e ciò per la semplice considerazione che proprio nell'attività diretta alla coltivazione della terra il lavoro dell'uo

mo conserva una incidenza maggiore rispetto alle attività volte

alla «produzione di servizi o alla realizzazione e vendita dei ma

nufatti» contemplate specificatamente dal n. 5 dell'art. 2751 bis

c.c. In base a quanto accennato prima c'è, poi, da considerare

che, con il cit. art. 2751 bis in esame, il legislatore ha tenuto

in particolare considerazione le attività direttamente collegate con

il lavoro umano e tra queste ha espressamente indicato al n. 4

«i crediti del coltivatore diretto, sia proprietario che affittuario,

mezzadro, colono, soccidario o comunque compartecipe, per i

corrispettivi della vendita dei prodotti», ed allora sarebbe vera

mente assurdo e contrario ad ogni regola di ermeneutica ricono

scere il privilegio al lavoratore agricolo individualmente conside

rato e negarlo, invece, quando lo stesso identico lavoro viene svolto

dal lavoratore quale socio di una cooperativa agricola. Ciò posto, e riaffermato che, come detto in premessa, nell'in

tento del legislatore sfuggono alla previsione di legge soltanto le

cooperative nelle quali l'opera dell'uomo non sia prestata in mo

do diretto, c'è da rilevare, come considerazione finale, che una

interpretazione restrittiva della norma, che negasse ai crediti delle

cooperative agricole il privilegio oggetto di esame, dovrebbe fon

datamente considerarsi costituzionalmente illegittima per l'ingiu sta discriminazione che colpirebbe i soci di dette cooperative ri

spetto a quelli delle cooperative che operano nel campo dei servi

zi e dell'attività manifatturiera in genere. Per le svolte considerazioni, il credito oggetto di lite va ammes

so al passivo del fallimento con il richiesto privilegio. (Omissis)

I PRETURA DI ROMA; ordinanza 19 dicembre 1986; Giud. Fio

re; Pepe c. Comune di Roma e A.t.a.c.

PRETURA DI ROMA;

Provvedimenti di urgenza — Inquinamento atmosferico ed acu

stico determinato dal traffico di autoveicoli — Danno alla sa

lute — Richiesta di chiusura al traffico di via pubblica — Inam

missibilità (Cost., art. 32; cod. proc. civ., art. 700; 1. 20 marzo

1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 4).

Va respinta la richiesta di provvedimento d'urgenza contro la p.a.

avanzata da chi, lamentando la lesione del proprio diritto alla

salute a causa dell'alto tasso di inquinamento atmosferico ed

acustico esistente nella via ove è sita la propria abitazione, ne

chieda la chiusura al traffico. (1)

(1-2) Non constano precedenti in termini. Le due ordinanze, nel rigettare la richiesta di provvedimento d'urgen

za, motivano entrambe richiamando il tradizionale divieto imposto al

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

PRETURA DI TORINO; ordinanza 3 dicembre 1986; Giud. Mar

tinetto; Salio e altri c. Comune di Torino.

Provvedimenti di urgenza — Inquinamento atmosferico determi nato dal traffico di autoveicoli — Danno alla salute — Richie sta di chiusura al traffico del centro urbano — Inammissibilità

(Cost., art. 32, 113; cod. proc. civ., art. 700; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, art. 4).

Va respinta la richiesta di provvedimento d'urgenza contro la p.a. avanzata da chi, lamentando la lesione del proprio diritto alla salute a causa dell'alto tasso di inquinamento atmosferico esi stente nel centro cittadino, ne chieda la chiusura al traffico. (2)

l

I

La domanda di provvedimento d'urgenza, proposta dalla ri corrente Pepe ex art. 700 c.p.c. nei confronti del comune di Ro ma e dell'A.t.a.c., a tutela del proprio diritto soggettivo alla salute, che vuole minacciato e leso dall'inquinamento atmosferico ed acu

stico, esistente nella via di Ripetta, ove abita con la propria fami

glia, non risulta accoglibile, non già per l'eccepito difetto di

giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria in materia, bensì

per la verosimile non riconducibilità eziologica dell'inquinamento dedotto a specifiche condotte omissive o commissive del comune di Roma e dell'A.t.a.c. e, altresì' perché nella specie non paiono consentiti nei confronti della p.a. quei provvedimenti di condan na a comportamenti positivi, invocati dalla ricorrente.

Invero, della giurisdizione della magistratura ordinaria in ipo tesi di denunce di lesione della salute del privato ad opera della

p.a., qual è quella in esame, non può dubitarsi allorquando si evidenzi che questo aspetto della personalità umana — la salute, appunto — è tutelato dallo stesso ordinamento costituzionale co me diritto fondamentale dell'individuo (art. 32 Cost.), e si evi denzi ancora, nel solco della giurisprudenza espressa dal Supremo

l'a.g.o. di condannare la p.a. ad un facere nell'ambito della propria atti vità pubblicistica (v., in tema di provvedimenti ex art. 700 c.p.c., Cass. 9 dicembre 1985, n. 6193, Foro it., Rep. 1985, voce Provvedimenti d'ur

genza, n. 29; 9 dicembre 1985, n. 6192, ibid., n. 28; Pret. Roma 26 marzo 1985, id., 1985, I, 2137). Qualche perplessità suscita l'altra argo mentazione, sostenuta dal solo Pretore di Roma, circa l'assenza di nesso di causalità tra la decisione del comune capitolino con cui, ordinandosi la chiusura al traffico del centro storico, si convogliava lo stesso lungo la direttrice della via di abitazione dell'istante, e l'effetto di aumento del tasso di inquinamento in quella zona. Palese è il senso delle decisioni: a fronte delle lungaggini burocratiche nel trovare una soddisfacente solu zione al difficile problema del traffico nelle città densamente popolate, l'invocato intervento dell'autorità giudiziaria ordinaria, nei termini richiesti, non può essere in grado di fornire alcun effetto utile (cfr., sul tema del

rapporto tra provvedimento d'urgenza e tutela della salute, E. A. Demi La giustiziabilità ex art. 700 c.p.c. del diritto alla salute, in Lavoro '80, 1984, 642; v. pure, sui problemi specifici dell'inquinamento atmosferico, P. Giampietro, I limiti relativi agli inquinamenti dell'aria nell'ambiente esterno (note minime at decreto del presidente de! consiglio dei ministri 28 marzo 1983), in Foro it., 1985, III, 178, e N. Greco, Problemi e

prospettive della riforma italiana sull'inquinamento dell'aria - Gli apporti delle esperienze straniere, in Rass. giur. energia elettrica, 1985, 3, non ché, sui profili istituzionali, R. Fuzio, L'assetto delle competenze in ma teria di inquinamento atmosferico dopo il d.p.r. n. 616 del 1977 e la legge di riforma sanitaria, in Giur. merito, 1984, 224).

Nulla esclude — si afferma nell'ordinanza del Pretore di Torino —

l'eventualità di agire sia in sede penale, contro i funzionari competenti quando il loro comportamento omissivo sia riconducibile ad una fattispe cie criminosa (sulla responsabilità penale nei reati ambientali, v. A. Àbrami e B. Castagnoli, Guida all'ambiente, Padova, 1986, 157-168), sia in sede civile, con la richiesta di risarcimento del danno ex art. 2043 (v. Respon sabilità in tema di tutela ambientale, Atti del convegno C.I.D.I.S., Pado va, 1986).

A quest'ultimo proposito non possono però tacersi le difficoltà — spesso insormontabili — che il danneggiato incontra sul piano del nesso di cau salità tra l'esistente inquinamento atmosferico ed il danno alla propria salute: in proposito non prive di interesse sono le proposte avanzate nella dottrina statunitense (da J. R. Burcat, Uncompensated Victims of Low Level Radiation: Unnecessary Hostages of the Price-Anderson Act Deba te, in 15 The Forum (1980) 847 ss.) per venire incontro alle esigenze di tutela dei danneggiati da immisioni nell'atmosfera di piccole dosi di ra diazioni nucleari. [O. Troiano]

collegio e da questa Pretura di Roma (v. Cass. n. 5172/79, Foro

it., 1979, I, 2302, e Pret. Roma, ord. 4 giugno 1980, id., 1980, I, 2920), che questo diritto — per la natura propria di diritto fondamentale della persona e, quindi, incomprimibile — è azio nabile davanti al giudice ordinario anche e soprattutto con ri

guardo alle aggressioni che dovesse subire dalla p.a., priva al

riguardo di poteri compressivi od ablatori. Nella specie, però, l'aggressione denunciata dalla ricorrente al

proprio diritto alla salute non pare imputabile alla p.a., convenu ta in giudizio, nei dovuti termini di causa ad effetto, quale conse

guenza della condotta di questa. In effetti, l'inquinamento acustico ed atmosferico, esistente nella

città di Roma, e, più specificamente, nel suo centro storico, di cui la via di Ripetta è parte, si presenta verosimilmente — al

pari di quanto accade nelle altre grandi città italiane — quale conseguenza diretta ed immediata dei nuovi modelli di vita, spon taneamente emergenti nell'epoca attuale; modelli — questi — di affermazione sempre più incalzante delle esigenze di progresso industriale e di consumo sulle esigenze particolari e più schietta mente umane dell'individuo, che soltanto in parte la p.a. capito lina è in condizione di controllare e disciplinare, e nei dovuti limiti

dell'equo contemperamento degli interessi collettivi ed individuali in conflitto.

In altri termini, e con riguardo al caso di specie, si vuole signi ficare che la questione di inquinamento e di danno alla propria salute, proposta dalla ricorrente, non già è questione insussisten te perché irrisolvibile, bensì è questione non generata da specifi che condotte omissive o commissive della p.a. capitolina, e che la colpevole mancanza di un efficace intervento della stessa p.a. nella soluzione del problema inquinamento — mancanza verosi mile alla stregua delle informazioni correnti — assume un aspetto marginale al riguardo, tale da non consentire un collegamento in termini di causa efficiente col medesimo problema, anche nei limiti più modesti del collegamento indiretto e mediato, secondo criterio di adeguatezza oggettiva o di tipicità causale.

A questo rilievo, di per sé preclusivo all'accoglimento della do manda in oggetto, ne va affiancato altro, anch'esso decisivo in via autonoma: l'impronunciabilità della richiesta condanna della

p.a. capitolina a comportamenti positivi, quali — appunto —

la chiusura al traffico veicolare della via di Ripetta, gli unici ef fettivamente idonei alla salvaguardia del diritto alla salute azio nato dalla ricorrente.

Nella specie, infatti, non si versa in ipotesi di «attività privati stica» o di «attività materiale» della p.a., né pare ricorrere l'ipo tesi di «attività del tutto arbitraria» della stessa p.a., perché caratterizzata da carenza di potere, per le quali la giurisprudenza va ormai affermando da circa un ventennio l'inapplicabilità del noto divieto dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E (Cass. n. 1457/77, id., 1977, I, 1407; n. 5132/77, id., 1978, I, 37; n. 5838/83, id., 1983, I, 2366; n. 1469/82, id., Rep. 1982, voce Giu risdizione civile, n. 100; n. 6363/82, ibid., n. 101; n. 1637/70, id., Rep. 1971, voce cit., n. 119; n. 1578/76, id., Rep. 1976, voce cit., n. 115; n. 3380/82, id., 1982, I, 1548).

Ed invero, le ipotesi di attività privatistica o materiale della

p.a. vanno qui escluse, all'evidenza, per la palese mancanza dei relativi presupposti. L'ipotesi dell'attività del tutto arbitraria va, invece, verosimilmente esclusa per quanto innanzi esposto in or dine all'equo contemperamento degli interessi collettivi ed indivi duali in conflitto, cui non si dubita debba essere informata l'attività della p.a.

Non pare, appunto, del tutto arbitraria la mancata chiusura al traffico veicolare della via di Ripetta ovvero, specularmente, l'avere destinato questa stessa via a direttrice unica di traffico veicolare notevole, tale da elevare il tasso di inquinamento acusti co e atmosferico del luogo oltre i livelli di tollerabilità, allorquan do si evidenzi che una scelta siffatta è in tesi volta a salvaguardare altri interessi collettivi ed individuali di particolare rilevanza, quali la libertà di circolazione e di iniziativa economica, pubblica e

privata. È questa ponderazione comparativa degli interessi in conflitto,

del diritto alla salute di alcuni e della libertà di circolazione e di iniziativa economica di altri, a rendere non già condivisibile od apprezzabile la scelta operata al riguardo dalla p.a. capitolina e qui contestata (il che non ha rilevanza particolare in questa sede), bensì a precludere che si versi in situazione caratterizzata

dalla mancanza di quasivoglia facultas agendi discrezionale della

p.a., in cui si sostanzia l'ipotesi di carenza di potere, per la quale

Il Foro Italiano — 1987.

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PARTE PRIMA

— s'è detto — non opera il limite che il citato art. 4 1. n. 2248/1865

pone al fine di evitare l'ingerenza dell'ordine giudiziario nel set

tore riservato all'esecutivo, quand'anche quest'ultimo si presenti

inadempiente nell'esercizio delle potestà attribuitegli dall'ordina

mento per la tutela di interessi pubblici (si ricorda che la salute

è diritto fondamentale dell'individuo nonché interesse della stessa

collettività, art. 32 Cost.).

Pertanto, conclusivamente, senza necessità delle indagini tecni

che richieste sul grado d'inquinamento esistente nella zona de qua e secondo il giudizio di verosimiglianza che si è chiamati ad espri mere in questa sede cautelare, non è consentito a questo pretore di concedere il provvedimento d'urgenza richiesto. (Omissis)

II

Con ricorso depositato il 20 novembre 1986, integrato con me

moria 28 novembre 1986, Salio Giovanni, Di Mauro Carmelo, Francone Marco, Vernetti Gianni e Cardillo Giuseppina adivano

questo pretore ed esponevano che: a) da una relazione presentata dal dr. Paolo Natale del servizio rilevamento atmosferico del

l'U.s.l. 1-23 sulla qualità dell'aria in Torino nell'anno 1985 e da

alcuni articoli di giornale apparsi dopo tale relazione emergeva che gli inquinamenti dell'aria di Torino, soprattutto piombo, os

sido di carbonio, ossido e biossido di azoto, di prevalente origine

veicolare, superavano quasi permanentemente i limiti di tollerabi

lità per l'organismo umano stabiliti dalle vigenti disposizioni sa

nitarie; b) il grado di inquinamento atmosferico era destinato a

crescere, specialmente nel centro cittadino, a causa del sicuro au

mento del traffico automobilistico privato, durante le festività

natalizie, creando cosi una minaccia di pregiudizio imminente e

irreparibile per il diritto alla salute degli abitanti della città e di

essi ricorrenti, tutti cittadini di Torino ed alcuni, come il Salio

e la Cardillo, abitanti nella zona centrale della città. Ritenevano

pertanto necessaria, stante l'inerzia del comune di Torino, ente

proprietario delle vie cittadine e, come loro «custode», obbligato ex art. 2051 c.c. a mantenerle «in condizioni non nocive», l'ado

zione di un provvedimento giudiziario urgente ai sensi dell'art.

700 c.p.c. tendente a porre riparo alla suddetta situazione di peri colo e, correlativamente, chiedevano che venisse ordinato «al co

mune di Torino, in persona del sindaco, di vietare l'accesso al

traffico automobilistico privato, esclusa l'accessibilità per motivi

di servizio, nella 'zona blu' della città da lunedi 1° dicembre a

mercoledì 24, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15,30 alle 19,30, concedendo libero accesso ai residenti che, sulla base della nor

mativa vigente, ne faranno richiesta».

Il comune di Torino, a cui il ricorso veniva tempestivamente

notificato, nel costituirsi in giudizio, eccepiva, come prima cosa, il difetto di giurisdizione del giudice adito, in quanto il provvedi mento richiesto era diretto ad ottenere l'imposizione all'autorità

amministrativa di un facere, vietato dalla 1. 20 marzo 1865 n.

2248, ali. E. Contestava poi che sussistessero i presupposti del

fumus boni iuris e del pregiudizio imminente e irreparabile neces

sari per l'adozione di un provvedimento ex art. 700 c.p.c. Con

comparsa 28 novembre 1986 invocava altresì' la non integrità del

contraddittorio, per il caso di riconosciuta giurisdizione dell'a.g.o. dal momento che il provvedimento domandato, implicando di

sposizioni sulla circolazione viaria non rientranti nella competen za del sindaco, ma spettanti ad altre autorità amministrative

(prefetto), in quanto collegate alla tutela della sanità ed igiene

pubblica ed estranee alle finalità previste dagli art. 3 e 4 del codi

ce della strada, esigeva la presenza in giudizio anche di tali autorità.

Instava, quindi, per una pronuncia di inammissibilità del ricor

so e, in subordine, di rigetto, col favore delle spese di causa.

Le parti venivano ascoltate all'udienza del 28 novembre 1986, nella quale, dopo scambio di memorie, confermavano le conclu

sioni dianzi riferite. Di fronte al tenore letterale dell'art. 32, 1° comma, Cost., ed

alla solenne proclamazione ivi contenuta, si fa sempre più fre

quente l'affermazione secondo cui il bene afferente alla salute

si configura non soltanto come un interesse della collettività, che

questa deve tutelare, ma anche come un diritto soggettivo del

singolo (Corte cost. 26 luglio 1979, n. 88, Foro it., 1979, I, 2542;

Cass., sez. un., 6 ottobre 1975,- n. 3164, id., 1976, I, 385; 9 mar

zo 1979, n. 1463, id., 1979, I, 2909; 6 ottobre 1979, n. 5172,

ibid., 2302), talvolta ulteriormente specificato, nel suo contenu

to, «come diritto all'ambiente salubre» (Cass., sez. un., 6 ottobre

Il Foro Italiano — 1987.

1979, n. 5172, cit.). Correlativa a tale affermazione è l'altra se

condo la quale tale diritto, in quanto diritto primario costituzio

nalmente garantito, non può essere affievolito o compresso,

neppure per motivi di interesse pubblico, dalla p.a. e, in caso

di violazione, la sua tutela compete all'a.g.o. Tutto ciò peraltro non significa, ad avviso del giudicante, che

— né si rintracciano affermazioni contrarie nella giurisprudenza costituzionale o di legittimità — l'autorità giudiziaria ordinaria, adita per la tutela in concreto del diritto alla salute del singolo, che si affermi violato da un atto o da un comportamento della

p.a., possa trasgredire il principio enunciato nell'art. 4 1. 20 mar

zo 1865 n. 2248, ali. E, in base al quale, «quando la contestazio

ne cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità

amministrativa», è vietato al giudice non solo di annullare o di

revocare tale atto, ma anche di sostituirsi nella volontà dell'auto

rità amministrativa e, quindi, di imporre a questa l'emanazione

di un determinato provvedimento. Il principio in esame trova del

resto conferma nell'art. 113, 3° comma, Cost, il quale, come è

stato autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale (sent, n. 150 del 1981, id., 1981, I, 2085, e n. 70 del 1985, id., 1986, I, 58), «rinviando alla legge la determinazione degli organi giudi ziari abilitati ad annullare gli atti della p.a.» con ciò stesso «esclude

che spetti alle autorità giudiziarie ordinarie di annullare gli atti

amministrativi in mancanza di una previsione di legge; ed a più forte ragione comporta che tali autorità non possano contrappor si o sovrapporsi alle autorità amministrative, arrogandosi poteri che per legge vadano esercitati dall'esecutivo, in forme e con pro cedimenti prefissati». Ora, proprio in tema di inquinamento at

mosferico, il decreto del presidente del consiglio 28 marzo 1983

(pubblicato nella G.U. n. 145 del 28 maggio 1983), fissati i limiti

massimi di accettabilità delle concentrazioni e di esposizione rela

tivi ad inquinamenti dell'aria nell'ambiente esterno, affida alle

regioni, «ove le concentrazioni superino o rischino di superare i predetti limiti», il compito di predisporre secondo determinate

modalità ed entro dieci anni dalla data di entrata in vigore del

decreto «appositi piani di risanamento per il miglioramento pro

gressivo della qualità dell'aria in modo da consentire il rispetto dei limiti stessi» (art. 3).

Alla stregua dei menzionati principi, anche supponendo che l'au

mento del traffico automobilistico privato nel centro di Torino

durante le feste natalizie comporti una crescita del grado di in

quinamento dell'aria tale non solo da superare i limiti di tolleran

za stabiliti nel dianzi ricordato decreto, ma addirittura da creare

una minaccia di pregiudizio irreparabile per il diritto alla salute

dei ricorrenti (unico diritto tutelabile ex art. 700 c.p.c., in quanto né rientrano nella previsione dell'articolo suddetto, come traspa re dalla semplice lettura di esso, situazioni di interesse collettivo

diffuso, né esiste in subiecta materia una actio popularis, di cui

i ricorrenti possano farsi portatori), va escluso che l'a.g.o. sia

legittimata ad emettere la invocata pronuncia di chiusura del traf

fico automobilistico nel centro cittadino (c.d. «zona blu»), in man

canza di una legge che le attribuisca poteri al riguardo e, anzi, di fronte ad una inequivocabile normativa giuridica che affida

alle autorità amministrative la regolamentazione viaria (art. 3-4

codice della strada) e della lotta all'inquinamento atmosferico (de creto presidente del consiglio 28 marzo 1983). D'altro lato non

ha pregio l'affermazione dei ricorrenti secondo cui l'«inazione»

del comune, sul quale graverebbe, come ente proprietario, l'ob

bligo ex art. 2051 c.c. di mantenere le vie cittadine «in condizioni

non nocive» dovrebbe essere considerata, in quanto lesiva del di

ritto alla salute dei ricorrenti stessi, alla stregua di un comporta mento senza potere, di guisa che non sussisterebbe per il giudice il divieto sancito dall'art. 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E.

Ed infatti, a parte il discutibile richiamo dell'art. 2051 c.c. quale fonte di un obbligo giuridico del comune di conservare le strade

cittadine «in condizioni non nocive», il divieto di cui all'art. 4

della legge abolitiva del contenzioso amministrativo si applica an

che quando la p.a. abbia agito sine titulo, cioè in carenza assolu

ta di potere, o abbia tenuto un comportamento materiale eccedente

i limiti temporali o spaziali fissati in un precedente provvedimen to e la pronuncia chiesta al giudice sia diretta ad imporre alla

p.a. (come certamente accadrebbe nella presente fattispecie) un

obbligo di fare, il cui adempimento non si risolve in un semplice fatto materiale ma implica l'esercizio di poteri pubblicistici attri

buiti alla p.a., giacché una simile pronuncia costituirebbe pur sem

pre una violazione del dovere di non ingerenza del giudice nell'esercizio dell'attività amministrativa, dovere che costituisce

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Page 5: ordinanza 19 dicembre 1986; Giud. Fiore; Pepe c. Comune di Roma e A.t.a.c

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

la ragion d'essere del divieto sancito nell'art. 4 1. 20 marzo 1865

n. 2248, ali. E, ed è conseguenza diretta della separazione, oggi costituzionalmente garantita (cfr. art. 97, 1° e 2° comma, 102, 1° comma, 104, 1° comma, 113, ult. comma, Cost., nonché in

proposito Corte cost., 20 marzo 1985, n. 70, precedentemente

richiamata), della funzione giurisdizionale dalla funzione ammi

nistrativa.

È appena il caso di aggiungere che l'inammissibilità della tutela

invocata dai ricorrenti non esclude né un'azione risarcitoria ex

art. 2043 c.c. qualora sia in concreto dimostrato che il loro dirit

to alla salute ha subito un pregiudizio a causa dell'inquinamento atmosferico e del mancato intervento dell'autorità amministrati

va, né la responsabilità penale dei competenti funzionari, il cui

comportamento omissivo fosse riconducibile nell'ambito di un fatto

criminoso.

II difetto di giurisdizione ad emettere il provvedimento d'ur

genza chiesto dai ricorrenti preclude l'esame sia dell'eccezione del

comune di Torino relativa alla mancata integrità del contraddit

torio (eccezione peraltro subordinata dallo stesso comune alla sus

sistenza della giurisdizione), sia dei motivi addotti a fondamento

del ricorso.

Secondo l'orientamento giurisprudenziale più recente il rigetto della richiesta del provvedimento d'urgenza comporta la condan

na del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento pro mosso ex art. 700 (Cass. 8 aprile 1986, n. 2439, id., Mass., 422; sez. un. 17 ottobre 1983, n. 6066, id., 1984, I, 159). Non diversa

può essere la conclusione nel caso in cui tale procedimento si

concluda con la dichiarazione di difetto di giurisdizione. (Omissis)

PRETURA DI ROMA; ordinanza 15 novembre 1986; Giud. Lo

refice; Baglioni c. Soc. Colgate-Palmolive.

Provvedimenti di urgenza — Diritti della personalità — Discredito

del nome e dell'immagine — Ammissibilità — Fattispecie (Cod.

proc. civ., art. 700).

Va accolta la richiesta di provvedimento cautelare urgente avanza

ta da chi (nella specie, Claudio Baglioni) lamenti il discredito del

nome e dell'immagine derivante da una campagna pubblicitaria, svolta dalla società convenuta senza l'autorizzazione dell'interes

sato, consistente nell'inserimento di cassette magnetiche riprodu centi note canzoni del ricorrente nei fustini di un detersivo di nuova

produzione. (1)

(1) Claudio Baglioni al centro dell'attenzione, e non soltanto quella dei suoi fans', infatti il provvedimento in epigrafe è il terzo — per gli altri due, v. Pret. Roma, ord. 18 febbraio 1986, Dir. informazione e

informatica, 1986, 549 (cui, del resto, rinvia la motivazione della nostra

ordinanza per quel che attiene alla dimostrazione della sua tutelabilità, per sé, della notorietà; e Pret. Roma, ord. 15 novembre 1985, Giur. meri

to, 1986, 547, con nota di A. Figone) — richiesto ed ottenuto, in un torno di tempo relativamente breve, dal noto cantautore (che per questa volta, però, deve far a mezzo con altro e prestigioso collega: provvedi mento affatto analogo è stato reso, in pari data, in favore di Riccardo

Cocciante). L'itinerario seguito dal pretore capitolino non è privo di vischiosità.

Si prospetta, in prima battuta, una possibile violazione — epperò, «in via mediata e riflessa», e quindi piuttosto lontana dalla sensibilità matu rata in Italia sul punto: cfr. a mo' di primo riscontro, R. Pardolesi, in Foro it., 1977, IV, 323 — del diritto morale d'autore. Violazione che

poi trascolora nella lesione del diritto al nome e all'immagine: non, però, nella dimensione di cui è parola in App. Roma 8 settembre 1986 [e relati va nota di R. Moccia], in questo fascicolo, I, 919, posto che il tutto

è destinato a risolversi nel pregiudizio all'identità personale che al ricor

rente deriverebbe dalla non voluta — ma, agli occhi del pubblico, sospet ta — associazione con un genere di prodotto che mal si accorda col pollice verde. Per questa via, e sia pure con qualche forzatura, si fa capo all'af fidante autorità di precedenti di peso: in primis, l'annotatissima Cass.

22 giugno 1985, n. 3769 (Foro it., 1985, I, 2211); per il più recente «bi

lancio» — ma il settore è decisamente inflazionato — sulla problematica dell'identità personale, cfr. V. Zeno-Zencovich, in La responsabilità ci

vile. Una rassegna di dottrina e giurisprudenza, diretta da Alpa e Besso

ne, Torino, 1987, III, 45, 68 ss. [R. Pardolesi]

Il Foro Italiano — 1987 — Parte 1-63.

Fatto. — Con ricorso ex art. 700 c.p.c. Bagliori Claudio premesso di svolgere attività di cantautore e di avere eseguito per conto della

casa discografica R.C.A. alcune sue composizioni da questa river

sate in nastri fonografici, riferiva che la Colgate Palmolive s.p.a. aveva iniziato a distribuire, nei circuiti di vendita al dettaglio, un

nuovo detersivo, denominato «Dinamo 2», confezionato in fustini

di cartone all'interno di ciascuno dei quali era stata inserita, a sco

pi promozionali e pubblicitari, una «cassetta» contenente talune note

canzoni di esso ricorrente, aquistata dalla R.C.A. All'esterno del

fustino appariva poi, con toni evidenti, la dicitura «Concerto nel

fustino - All'interno le canzoni più belle di Claudio Bagliori». Espo neva quindi che tale iniziativa pubblicitaria, ampiamente parteci

pata al pubblico attraverso spots e depliants, non solo non era stata

in alcun modo autorizzata dal ricorrente, ma addirittura risultava

in aperto contrasto con le sue opinioni di assoluta contrarietà a pro dotti chimici, quali quelli in questione, ritenuti dai più dannosi al

l'equilibrio ecologico. Il ricorrente affermava, dunque, che

l'iniziativa promozionale della Colgate Palmolive, ed in particola re lo stabile abbinamento operato tra la persona di esso istante ed

il prodotto reclamizzato, si palesava gravemente lesiva del suo no

me e della sua immagine ed identità personale, arrecando grave of

fesa alla reputazione, onore, dignità e decoro; la stessa inoltre

risultava in aperta violazione del suo diritto d'autore, quale confi

gurato dall'art. 20 1. n. 633/41. Il ricorrente, perciò, chiedeva l'a

dozione in via cautelare atipica ex art. 700 c.p.c. dei provvedimenti

opportuni per la tutela dei suoi diritti: in particolare che fosse ini

bita l'ulteriore vendita dei prodotti in oggetto, con la distruzione

del materiale pubblicitario all'uopo utilizzato dalla società produt trice e che fosse altresì' disposta la pubblicazione sugli organi di stam

pa dell'emanando provvedimento. Costituitosi il contraddittorio, la Colgate Palmolive, innanzitut

to, contestava l'asserito legame, nel quadro della campagna pro mozionale in discorso, tra la figura del ricorrente ed il prodotto reclamizzato: affermando al riguardo che, in realtà, il nome del ri

corrente era usato all'unico scopo di consentire l'identificazione del

contenuto di quanto offerto in omaggio alla clientela. Quindi so

steneva che, dovendosi escludere qualsiasi possibilità non solo di

confusione, ma anche di abbinamento tra il ricorrente ed il prodot

to, l'impiego siffatto era pienamente lecito e comunque non in gra do di arrecare alcuna lesione al nome ed all'immagine del ricorrente

e, neppure, per altro verso, all'identità personale dello stesso stan

te, altresì, l'affermazione indimostrata, di quest'ultimo di essere un

«noto» ecologista. Aggiungeva inoltre che, in considerazione del

fatto che la società aveva regolarmente acquistato le «cassette» in

oggetto dalla R.C.A., preventivamente autorizzata dal ricorrente

alla commercializzazione delle stesse, era da escludere, nella spe

cie, la lamentata verificazione di alcuna lesione del diritto d'auto

re. Concludeva, infine, rilevando che la campagna di vendita in

questione si era ormai praticamente esaurita, per cui veniva in con

creto a difettare anche il requisito del periculum in mora, necessa

rio per l'emanazione del provvedimento ex art. 700 c.p.c. Diritto. — Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Al fine di delimitare correttamente le problematiche di ordine giu

ridico che vengono in evidenza nella presente fattispecie e la cui va

lutazione impone di addivenire alla conclusione testé accennata, è

necessario verificare, preliminarmente, se possa ritenersi effettiva

mente concretata quella lesione del diritto d'autore, che viene an

ch'essa paventata dalla difesa del ricorrente.

In tal senso va, dunque, subito rilevato che tale pregiudizio può, nella specie, venire in evidenza solo in via diretta e non già, invece,

quale immediata lesione del substrato morale, ovvero economico

del diritto in parola. Se infatti si ha riguardo alla fattispecie, quale lamentata dal ricorrente nella sua obiettiva consistenza (inserimen to di cassette riproducenti talune note canzoni del ricorrente nei fu

stini contenenti detersivo, divulgata con l'apposizone, all'esterno

dei fustini stessi, della dicitura «Concerto nel fustino - All'interno

le canzoni più belle di Claudio Bagliori»), si desume chiaramente

l'impossibilità di ravvisare, nei fatti indicati, sia una lesione del di

ritto morale dell'autore (atteso che non è stata certo negata la pa ternità dell'opera, né si è fatto luogo ad alcuna diretta deformazione,

mutilazione o modificazione della stessa), che una lesione, almeno

in via immediata, dei diritti di utilizzazione economica dell'opera stessa. A tale ultimo riguardo va, infatti, segnalato che il ricorrente

aveva già esercitato, nella specie, il suo diritto di commercializzare

l'opera a scopo di lucro (la c.d. facoltà di smercio di cui all'art.

17 1. n. 633/41 sulla protezione del diritto d'autore), cedendo alla

casa discografica R.C.A., naturalmente dietro compenso, il diritto

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