+ All Categories
Home > Documents > ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rel. Miccinelli; Soc. Previdenza e Sicurtà c. De...

ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rel. Miccinelli; Soc. Previdenza e Sicurtà c. De...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: dinhthuan
View: 219 times
Download: 4 times
Share this document with a friend
4
ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rel. Miccinelli; Soc. Previdenza e Sicurtà c. De Paolis ed altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1995), pp. 2253/2254-2257/2258 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193363 . Accessed: 25/06/2014 00:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.12 on Wed, 25 Jun 2014 00:43:09 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rel. Miccinelli; Soc. Previdenza e Sicurtà c. De Paolis ed altri

ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rel. Miccinelli; Soc. Previdenza e Sicurtà c. DePaolis ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1995), pp. 2253/2254-2257/2258Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193363 .

Accessed: 25/06/2014 00:43

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 195.78.109.12 on Wed, 25 Jun 2014 00:43:09 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rel. Miccinelli; Soc. Previdenza e Sicurtà c. De Paolis ed altri

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

non previsto dalla convenzione regolarmente approvata, con la

conseguenza che non può esserle rimproverato, quale abuso di

posizione dominante, l'uso del proprio nome fatto quale gestio re Gsm.

Parimenti, non rappresenta abuso di posizione dominante l'uso

che la Telecom fa delle proprie reti o della propria rete com merciale o delle promozioni di vendita: ritenere il contrario equi varrebbe ritenere che configura abuso della posizione dominan

te della Omnitel l'uso eventuale che la stessa faccia dei punti di verifica operanti a favore delle sue partecipanti, o della tec

nologia raggiunta dalle stesse, nonché delle eventuali reti già

poste in essere all'estero per la gestione del telefono mobile. In regime di concorrenza ognuno è libero di servirsi delle ri

sorse e dell'organizzazione di cui già dispone, non essendovi

nessuna norma che imponga al soggetto che inizi una nuova

attività di porre in essere infrastrutture ed attrezzature, ed in

genere organizzazioni, diverse da quelle di cui eventualmente

già sia in possesso per l'espletamento di altre iniziative, anche se similari alla nuova.

Anche la doglianza in esame, conseguentemente, appare pri va di fondamento.

Per quanto, infine, concerne l'ultimo rilievo (mancata inter

connessione della Omnitel), ritiene la corte che non possa essere

seguita la tesi della resistente, secondo la quale il relativo accordo contratto avrebbe marginale rilevanza, essendo, tutte le condi

zioni (tecniche e tariffarie) della interconnessione, facilmente ri

cavabili dalla convenzione e dal presupposto disciplinare di gara. Tale affermazione si pone in stridente contrasto con il 2° com

ma dell'art. 13 della convenzione, secondo il quale «i livelli qua litativi e prestazionali e le interfacce tecniche per l'interconnes sione cosi come ogni altro aspetto tecnico, operativo, procedu rale ed economico dell'interconnessione sono concordati tra la

società e la concessionaria della rete telefonica pubblica com

mutata.

Fermo quanto previsto ai succesivi art. 27 e 28, tali accordi

saranno conclusi nel rispetto dei principi di non discriminazione e di equa concorrenza, e tempestivamente portati a conoscenza

del ministero».

Da tale previsione si evince chiaramente come i punti da chia

rire, con trattative preliminari al contratto di interconnessione, siano numerosi e rilevanti.

Conferma ulteriore si trae dall'art. 12, ultimo comma, della

stessa convenzione, laddove si prevede che sia il ministero ad

assumere le determinazioni del caso in ipotesi di disaccordo o

conflitti riguardanti l'interconnessione, previsione che di certo

sarebbe stata inutile, ove vi fosse, negli atti sopra menzionati, una integrale previsione delle relative condizioni.

Ove, peraltro, a tutto voler concedere, tale ultima afferma

zione, effettuata dalla Telecom, fosse esatta, bisognerebbe real

mente domandarsi perché, in assenza di qualsiasi punto oscuro

da chiarire e, di conseguenza, di trattative da condurre, la resi

stente non abbia ancora concesso l'interconnessione, avendo

provveduto ad inviare, solo nel corrente mese di marzo 1995,

una «proposta» di accordo. In relazione a questa, poi, la ricorrente lamenta l'esistenza

di clausole e difformi da quelle sottoscritte dalla Telecom (ge store Gsm) stessa, e idonee a suscitare non poche perplessità,

argomentando, in pratica, anche a questo ulteriore rilievo, il

sostenuto abuso di posizione dominante.

Tali conclusioni non possono essere condivise, per la sempli ce considerazione che, in fase di trattative, nessuno impediva alla Omnitel di fare controproposte ed obiezioni, e solo nel ca

so che giusti rilievi non fossero stati accettati, si sarebbe potuto ravvisare un abuso di posizione dominante (peraltro, solo even

tualmente, in quanto, si ricorda, per tali contestazioni valgono le «determinazioni» ministeriali).

Bisogna, conseguentemente, ritenere che vi debba essere una

trattativa intesa al raggiungimento dell'accordo, a completamento delle condizioni previste dalla convenzione e dal disciplinare di

gare. A tale esigenza di trattativa corrisponde un obbligo del gesto

re pubblico della rete commutata a trattare ed a raggiungere l'accordo di interconnessione «nel rispetto dei principi di non discriminazione e di equa concorrenza», principi che devono

ritenersi violati non solo quando le condizioni di interconnes

sione imposte dal gestore pubblico siano inaccettabili o meno

favorevoli a quelle riconosciute al primo gestore Gsm, ma an

II Foro Italiano — 1995.

che quando, con comportamento dilatorio, si ritardi il raggiun

gimento dell'accordo, cosi di fatto impedendo l'interconnessio

ne al secondo gestore. Si ritiene, quindi, che il ritardo nel raggiungimento dell'ac

cordo di interconnessione, ove addebitabile alla Telecom, fosse

pienamente idoneo a rappresentare un abuso di posizione do minante.

Come già accennato, però, sarebbe stato necessario dimostra

re che tale addebitabilità alla resistente sussista e l'onere di tale

prova, ovviamente, incombe su chi invochi l'inadempimento al

le previsioni convenzionali.

Occorreva, in altri termini, che l'Omnitel provasse di aver fatto domanda, o istanza di interconnessione, o che avesse sol

lecitato, a tal fine, trattative ed incontri con la Telecom. Che

avesse, cioè, richiesto l'interconnessione e posto in essere quel

l'attività, su di lei gravante, indispensabile al raggiungimento dello scopo.

Tale prova nella fattispecie è del tutto carente: l'Omnitel né ha provato, né ha dedotto di aver richiesto (inutilmente, per

l'inerzia, a questo punto colpevole, del gestore pubblico), la

interconnessione.

Non è, infatti, sufficiente lamentare che ancora oggi non sia

stato stipulato un accordo di interconnessione, ma è necessario

dimostrare che tale circostanza non sia dipesa dalla propria iner

zia, ma da quella della Telecom (che, a mò di esempio, ha la

sciato inevasa la relativa domanda avanzata dalla ricorrente, od ha procrastinato od ostacolato, in qualsiasi modo, il rag

giungimento dell'accordo di interconnessione). Essendo rimasta indimostrata qualsivoglia azione od omissio

ne addebitabile alla Telecom, anche la doglianza di cui trattasi, ai limitati fini sopra precisati, appare infondata.

L'insussistenza totale del fumus boni iuris, in relazione a tut

te le doglianze e conseguenti domande proposte in questa sede, esime il collegio dall'esame delle stesse sotto il profilo del peri culum in mora.

Ne deriva l'integrale reiezione del proposto ricorso, con inte

grale compensazione delle spese di lite, per la quale ricorrono

giusti motivi, stante la complessità e novità delle questioni trattate.

CORTE D'APPELLO DI MILANO; ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rei. Miccinelli; Soc. Previdenza e Si

curtà c. De Paolis ed altri.

CORTE D'APPELLO DI MILANO;

Procedimenti cautelari — Ordinanza cautelare resa dalla corte

d'appello in sede di appello — Competenza (Cod. proc. civ., art. 669 quatef).

Nel corso del giudizio di appello innanzi alla corte d'appello

spetta al collegio la competenza al rilascio del provvedimento cautelare. (1)

(1) Cfr. App. Lecce, ord. 14 giugno 1994, Foro it., 1995, I, 1336, con nota di richiami e nota di U. Volpe.

Giova sottolineare che trattasi di provvedimento reso nell'ambito di

un giudizio di appello ancora soggetto alla regola della trattazione mo

nocratica e decisione collegiale. In tal senso, è da ricordare che in dottrina è pacifica l'opinione favo

revole all'applicazione analogica della regola di competenza monocrati

ca posta dal 2° comma dell'art. 669 quater c.p.c. con riferimento ai

casi in cui la corte d'appello è giudice di primo ed unico grado ed il relativo giudizio è destinato a svolgersi nelle forme del processo ordi

nario di cognizione di cui agli art. 163 ss. c.p.c. (v. giudizi di delibazio

ne di sentenze straniere ai sensi degli art. 796 ss. c.p.c. ovvero contro

versie instaurate in base all'art. 33 1. 287/90 in tema di antitrust). Al contrario, con riferimento alle ipotesi in cui il giudizio innanzi

alla corte in veste di giudice d'appello è destinato a svolgersi secondo

la regola di trattazione e decisione collegiali ex nuovo art. 350 c.p.c.,

This content downloaded from 195.78.109.12 on Wed, 25 Jun 2014 00:43:09 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rel. Miccinelli; Soc. Previdenza e Sicurtà c. De Paolis ed altri

2255 PARTE PRIMA 2256

Con ricorso depositato il 5 gennaio 1995 il Commissario li

quidatore della s.m.a. Previdenza e Sicurtà in l.c.a. ha chiesto, in via principale di essere autorizzato ad eseguire sequestro con

servativo, sino alla concorrenza di lire 45 miliardi, dei beni ap partenenti ai sig.: 1) De Paolis Pietro; 2) Tiveron Alessandro;

3) Piccarreta Francesco; 4) Catalano Michele; 5) Di Benedetto

Antonio; 6) La Lumia Ferdinando; 7) Strazzeri Ennio; 8) Ama

ti Antonio; 9) Capasso Michele; 10) Granata Massimo; 11) Ere

di Patti Salvatore, in persona di Patti Liliana, Patti Lycia, Patti

Mario, Patti Massimo; 12) Voghera Maria Grazia; 13) Filippi Luca.

Ha esposto il commissario liquidatore di avere instaurato, a

suo tempo, azione di responsabilità nei confronti dei soggetti

sopra indicati, amministratori e sindaci della società posta in

liquidazione coatta amministrativa, dopo avere ottenuto ed ese

guito un sequestro conservativo, fino alla concorrenza della som

ma sopra indicata, dei beni mobili ed immobili di loro proprietà. II ricorrente ha precisato, inoltre, che:

a) il Tribunale di Milano, con sentenza in data 20 gennaio 1994-11 luglio 1994, in accoglimento dell'eccezione pregiudizia le dei convenuti aveva respinto l'azione di responsabilità per intervenuta prescrizione del diritto azionato, revocando di con

seguenza l'eseguito sequestro;

b) avverso la sentenza egli aveva interposto appello nei con

fronti di tutti i convenuti;

c) alcuni di questi avevano nelle more chiesto al tribunale

l'adozione di provvedimento ai sensi dell'art. 669 novies, 3° com

ma, c.p.c.;

d) pur ritenendo l'inapplicabilità al caso in esame della disci

plina di cui all'art. 669 novies c.p.c., allo scopo di contrastare le finalità perseguite dagli istanti di sottrarre alla eventuale e

futura esecuzione i cespiti immobiliari assoggettati alla misura

cautelare, era necessario ottenere una nuova misura cautelare

che vincolasse i beni, già a suo tempo sequestrati, allo scopo di non rendere inutile economicamente l'azione di responsabili tà proposta dal commissario liquidatore e che, pertanto, era

necessario disporre una nuova misura cautelare per l'importo

sopra indicato.

In subordine, il ricorrente ha domandato, ai sensi dell'art.

700 c.p.c. un provvedimento di «fermo provvisorio» per il tem

po necessario all'emissione della misura cautelare.

Di conseguenza, il ricorrente ha domandato all'istruttore, de

signato per la trattazione del giudizio di appello ritualmente ra

dicato, l'emissione dell'uno o dell'altro dei provvedimenti sopra

indicati, se del caso anche inaudita altera parte. Con provvedimento in data 10 gennaio 1995 il presidente,

ritenuta la competenza della corte a decidere in merito alle ri

chieste sopra indicate, ha disposto la comparizione davanti al

collegio delle parti per la decisione.

All'odierna udienza in camera di consiglio l'istante ha preci sato di avere notificato il proprio ricorso ed il provvedimento

presidenziale solo ad alcune delle parti nei cui confronti aveva

gli interpreti sostengono la tesi della competenza collegiale argomentan do da una parte sul principo di cui al 1° comma dell'art. 669 quater c.p.c. di coincidenza tra competenza cautelare e competenza sul merito e dall'altra sul disposto dell'art. 669 terdecies c.p.c. che attribuisce la

competenza a conoscere il reclamo avverso il provvedimento reso dalla corte d'appello ad altra sezione della stessa corte.

Cfr. C. Consolo (F. P. Luiso - B. Sassani), La riforma del processo civile, Milano, 1991, 447 ss.; F. Carpi - M. Tarutfo, Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 1995, 1330 ss.; A. Saletti, Appunti sulla nuova disciplina delle misure cautelari, in Riv. dir. proc., 1991, 361; G. Olivieri, I provvedimenti cautelari nel nuovo processo civile, ibid., 698; C. Rapisarda Sassoon, in Le riforme della giustizia civile. Commento alla l. 353 del 1990 e alla l. 374 del 1991 a cura di M. Tarutfo, Torino, 1993, 501 e 509; G. Guarnieri, in Provvedi menti urgenti per il processo civile. Commentario a cura di G. Tarzia e F. Cipriani, Padova, 1992, 304 ss.; G. Frus, in Le riforme del pro cesso civile a cura di S. Chiarloni, Bologna, 1992, 636 ss.; A. Attar

di, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, 231 ss. In senso favorevole alla competenza in ogni caso collegiale della cor

te d'appello, v. G. Verde (Di Nanni), Codice di procedura civile. Leg ge 29 marzo 1990 n. 353, Torino, 1991, 245 ss. e G. Mammone (E. Dini), I provvedimenti d'urgenza, Milano, 1993, 430 e 437.

Per l'affermazione della competenza cautelare del collegio, in ipotesi di giudizi integralmente collegiali anche innanzi al tribunale, v. Trib.

Milano, ord. 11 luglio 1994, Foro it., 1995, I, 327.

Il Foro Italiano — 1995.

riproposto la domanda cautelare ed in particolare agli eredi di

Patti Salvatore, ad Amati Giovanni, a Granata Massimo ed a

Capasso Michele ed ha, in principalità, domandato termine per

potere instaurare il contraddittorio anche nei confronti di tutti

gli altri soggetti indicati nel proprio ricorso. L'istante ha, tutta

via, insistito nella concessione di un provvedimento di urgenza, ai sensi dell'art. 700 c.p.c. senza convocare previamente le con

troparti, che disponga, in attesa di autorizzare la misura caute

lare, «il fermo provvisorio degli immobili». Si sono costituiti Granata Massimo e Giovanni Amati, Ca

passo Michele e gli eredi di Salvatore Patti i quali hanno con

cordemente chiesto o la dichiarazione di inammissibilità del ri

corso proposto o la sua reiezione per assoluta infondatezza nel

merito.

Le parti hanno oralmente svolto le proprie difese e la corte

si e riservata la decisione.

Sciogliendo la riserva la corte osserva.

Per quanto riguarda la competenza a decidere in merito va

rilevato che la richiesta di sequestro deve essere valutata nel

contesto di tutte le norme che regolano la materia cautelare.

Orbene, uno dei cardini di tale disciplina, ben diversa da quella

prima vigente che attribuiva all'istruttore la competenza, è la

reclamabilità del provvedimento ad altra sezione della corte di

appello o, in mancanza, ad altra corte di appello più vicina.

L'ipotesi diversa di una perdurante competenza dell'istruttore,

almeno fino all'entrata in vigore di tutte le norme del nuovo

codice di rito, avrebbe come sua conseguenza, inaccettabile sul

piano logico e giuridico, l'insindacabilità di questi provvedimenti. Argomenti a suffragio di questa tesi, ad avviso della corte,

possono evincersi dal testo dell'art. 4, 5° comma, d.l. 7 ottobre

1994 n. 572 (convertito in 1. 6 dicembre 1994 n. 673) il quale ha stabilito che le norme di cui all'art. 74 1. 26 novembre 1990

n. 353 «si applicano, in quanto compatibili, ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto». In presenza di questa esplicita disposizione normativa ritiene la corte, tenu

to conto della coincidenza tra giudice del merito e giudice della

misura cautelare (art. 671 c.p.c.), che sia il collegio ad essere

competente per le domande di sequestro, anche se non è ancora

entrata in vigore la normativa che stabilisce la trattazione colle

giale dell'appello. In altri termini, ai limitati fini che qui inte ressano, può ritenersi che la disciplina collegiale dell'appello (art. 350 c.p.c.) sia applicabile in tema di provvedimenti cautelari.

Non è contestabile, infatti, che, con l'inciso «in quanto applica

bili», il legislatore abbia voluto fare riferimento a questa parti colare trattazione del provvedimento di sequestro con effetti an

ticipatori rispetto alla generale vigenza della disposizione del

l'art. 350 codice di rito. Conclusivamente, sul punto osserva

la corte che il procedimento cautelare è caratterizzato da un

proprio iter organico, da autonomia marcata e addirittura da

uno strumento autonomo di impugnazione e deve essere, per

tanto, considerato giudizio distinto rispetto a quello di merito

e non già semplice fase di esso.

Per quanto riguarda le richieste formulate dal commissario

liquidatore osserva la corte che esse possono trovare acco

glimento. Ai fini della decisione non sembra superfluo richiamare le

seguenti circostanze:

a) i beni dei soggetti nei cui confronti è stata chiesta, in que sto grado, la misura cautelare furono a suo tempo già assogget tati a sequestro conservativo, per le medesime ragioni;

b) nei confronti di questi soggetti e di tutti gli altri menzio

nati nel provvedimento cautelare fu instaurato giudizio di meri

to (e di convalida della misura cautelare) avente ad oggetto la

supposta loro responsabilità per avere rivestito, nel corso degli

anni, le cariche di amministratori o sindaci della società Previ

denza e Sicurtà;

c) il giudizio si è concluso con la sentenza del Tribunale di

Milano n. 6889/91 che, in accoglimento dell'eccezione pregiudi ziale proposta, ha dichiarato prescritto il diritto fatto valere ed

ha revocato la misura cautelare a suo tempo ottenuta;

d) avverso questa decisione ha proposto appello il commissa

rio liquidatore chiedendo la totale riforma della decisione impu gnata e l'affermazione della responsabilità degli appellati con

loro conseguente condanna al risarcimento dei danni;

e) nel contempo alcuni degli appellati, precisamente quelli nei

cui confronti il commissario liquidatore ha notificato il ricorso

in esame, hanno chiesto al giudice di primo grado la pronuncia

This content downloaded from 195.78.109.12 on Wed, 25 Jun 2014 00:43:09 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: ordinanza 19 gennaio 1995; Pres. Martelengo, Rel. Miccinelli; Soc. Previdenza e Sicurtà c. De Paolis ed altri

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di un provvedimento ai sensi dell'art. 669 novìes, 3° comma,

c.p.c., atteso che, pur essendo stata revocata la misura cautela

re, non era stato loro possibile ottenere la liberazione degli im

mobili dalla trascrizione del sequestro per loro pregiudizievole. Tutto ciò premesso, osserva la corte che sostanzialmente, an

che se sotto differenti aspetti, la stessa questione è contestual mente proposta all'esame di due giudici diversi: quello di primo

grado — chiamato a decidere ai sensi dell'art. 669 novies, 3°

comma, c.p.c. — e quello di secondo grado chiamato a conce

dere la stessa misura cautelare oggetto della richiesta sopra in

dicata. La stretta interdipendenza delle due decisioni è un aspetto

fin troppo evidente sul piano logico e giuridico ed è stato am

piamente illustrato da tutte le parti nei loro scritti.

La corte ritiene che la soluzione della questione sottoposta al suo esame non possa prescindere dall'esame delle conseguen

ze, sulla sorte della misura cautelare, che derivano dalla deci

sione di rigetto della domanda del commissario liquidatore, con tenuta nella sentenza impugnata. Orbene, al riguardo occorre

richiamare la seconda parte dell'art. 4 d.l. 7 ottobre 1994 n.

571 (convertito in 1. 6 dicembre 1994 n. 673) che testualmente

stabilisce: «tutti i sequestri anteriormente autorizzati perdono la loro efficacia se con sentenza, anche non passata in giudica

to, è rigettata l'istanza di convalida ovvero è dichiarato inesi stente il diritto a cautela del quale erano stati concessi». Non

è contestabile che questa disposizione si applichi, stante l'espli cita dizione, anche al caso in decisione, infatti il sequestro è

stato concesso nella vigenza del precedente codice di rito e la

sentenza di primo grado, ancorché non passata in giudicato, ha dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale la misura cautelare era stata concessa.

A parere della corte l'inefficacia del sequestro discende ex

lege dalla dichiarazione di inesistenza del diritto fatto valere

e la misura cautelare non può essere nuovamente concessa non

potendosi applicare, in via analogica, il disposto dell'art.

669 septìes codice di rito che regola una fattispecie del tutto diversa da questa. Quest'ultima norma, infatti, consente la ri

proposizione della domanda per il provvedimento cautelare nel

l'ipotesi in cui esso sia stato respinto. Deve essere anche osservato, ad avviso della corte, che la de

cisione del tribunale, anche se gravata da appello, è stata presa a seguito di un giudizio di merito, a cognizione piena, le cui conclusioni non possono, a pena di una evidente intrinseca con

traddizione, essere modificate con un giudizio per sua stessa

natura sommario.

Ad avviso della corte l'insussistenza del diritto azionato dal

commissario liquidatore, accertata dalla decisione impugnata, dimostra l'insussistenza di uno dei presupposti per l'adozione

della misura cautelare richiesta, atteso che le conclusioni alle

quali è pervenuto il primo giudice potranno essere superate solo

a seguito di una valutazione piena delle questioni sottoposte all'esame del giudice di appello.

Le argomentazioni sopra svolte rendono evidente che nean

che sotto l'altro profilo, quello del ricorso all'art. 700 c.p.c., il ricorso del commissario liquidatore può trovare accoglimento.

La corte non deve provvedere alle spese di questo procedi mento atteso che, ai sensi dell'art. 669 septìes c.p.c., questa li

quidazione può avvenire solo nell'ipotesi in cui il provvedimen to di sequestro sia stato chiesto prima dell'inizio della causa

di merito.

Il Foro Italiano — 1995.

CORTE D'APPELLO DI PALERMO; sentenza 17 febbraio

1994; Pres. Librizzi, Est. Cottone; Campisi (Avv. Tommasi) c. Banco di Sicilia (Avv. Santangelo).

CORTE D'APPELLO DI PALERMO;

Credito agrario — Mutuo — Disciplina generale — Diminuzio

ne della garanzia patrimoniale — Decadenza dal termine (Cod. civ., art. 1186; r.d.l. 29 luglio 1927 n. 1509, provvedimenti

per l'ordinamento del credito agrario, art. 10, 11). Titoli di credito — Cambiale — Azione causale — Giudizio

di risoluzione — Offerta in restituzione e deposito della cam

biale — Necessità — Esclusione (R.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, modificazioni alle norme sulla cambiale e sul vaglia cam

biario, art. 66).

Posto che la disciplina generale delle obbligazioni si applica an

che alla materia del credito agrario, nell'ipotesi di notevole

diminuzione della garanzia patrimoniale del mutuatario, la

decadenza dal termine non è esclusa né dalla possibilità, per il mutuante, di richiedere la risoluzione del contratto, né dal

la particolare tutela concessa al creditore nella fase ese

cutiva. (1) L'offerta di restituzione ed il deposito delle cambiali da parte

del creditore che esercita l'azione causale non sono necessari

quando la condanna al pagamento venga richiesta all'interno di un giudizio di risoluzione. (2)

(1) La sentenza afferma l'applicabilità dell'art. 1186 c.c. alle singole obbligazioni solutorie nascenti dal contratto di mutuo agrario, esclu dendo che la legislazione speciale in tema di credito agrario contenga una disciplina esaustiva delle ragioni creditorie o derogativa in favore del debitore (essendo semmai vero il contrario: sull'esigenza di tutela

degli interessi degli istituti di credito, v. Zappulli, Credito agrario, vo ce del Novìssimo digesto, Torino, 1957, 1088 ss.).

La giurisprudenza di legittimità e di merito si è finora mostrata pres soché indifferente nei confronti del problema del rapporto tra le norme di diritto comune e la legislazione speciale in materia di credito agrario, sfiorando solo marginalmente il punto in Cass. 15 dicembre 1981, n.

6631, Foro it., Rep. 1982, voce Interessi, n. 6, e Giust. civ., 1982, I, 380; App. Catania 29 giugno 1982, Foro it., Rep. 1984, voce Credito

industriale, n. 8; Trib. Catania 16 luglio 1982, ibid., n. 9. Al riguardo, unico precedente degno di rilievo è costituito da una

recente pronunzia del Tribunale di Reggio Emilia che, affrontando l'ar

gomento con riferimento al contratto di conto corrente agrario, ha con cluso per la complementarità tra loro delle fonti normative speciali e comuni: v. Trib. Reggio Emilia 9 marzo 1992, id., Rep. 1993, voce Credito agrario, n. 3, e Giur. it., 1993, I, 2, 72, con nota adesiva di

Tarasconi, Conto corrente agrario, la cessazione del rapporto fra inte resse privato ed interesse pubblico. In particolare, tale decisione ha sta bilito l'applicabilità degli art. 1186 c.c. e 1845 c.c. al rapporto di conto corrente agrario, in quanto non in contrasto con i principi di diritto

pubblico che presiedono alla disciplina del credito agrario. In dottrina, a favore della prevalenza delle norme di diritto speciale

rispetto a quelle di diritto comune, v. Carpino, Credito agrario, voce

del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1982, II, 916 ss. Per un'am

pia disamina del «tasso di specialità» del credito agrario anche alla luce dei mutamenti legislativi intervenuti in materia, v. Jannarelli, Credito

agrario, voce del Digesto civ., Torino, 1989, V, 1 ss.

(2) La sentenza si inserisce all'interno di una copiosa giurisprudenza che individua la ratio dell'art. 66, 3° comma, l.c. nell'esigenza di evita re che in pendenza dell'azione causale, il titolo continui a circolare espo nendo il debitore al rischio di un duplice pagamento: v., per tutte, Cass., sez. un., 25 maggio 1984, n. 3221, Foro it., 1984, I, 2784 (che si segna la per aver risolto il conflitto giurisprudenziale in ordine alla natura delle formalità previste dall'art. 66 I.e., muovendo proprio dalla fun

zione della norma). La corte palermitana indica in quali casi il creditore è dispensato

dagli oneri in questione: in primo luogo, quando l'azione causale è eser

citata nel più ampio contesto di un giudizio di risoluzione, ipotesi poco

indagata finora dalla giurisprudenza (cfr. Cass. 11 febbraio 1993, n.

1744, id., Rep. 1993, voce Titoli di credito, n. 51, e Arch, civ., 1993, 405; 14 giugno 1950, n. 1503, Foro it., 1950, I, 1148); inoltre, quando l'azione causale e quella cambiaria sono esercitate cumulativamente (cfr. Trib. Milano 7 novembre 1991, id., Rep. 1993, voce cit., n. 52, e Ban

ca, borsa, ecc., 1993, II, 212; Cass. 3 dicembre 1988, n. 6554, Foro

it., Rep. 1988, voce cit., n. 70); infine, quando l'azione cambiaria è

prescritta (cfr. Cass. 3 dicembre 1988, n. 6556, ibid., n. 49; 13 novem

bre 1986, n. 6645, ibid., n. 50, e Banca, borsa, ecc., 1988, II, 444; 17 giugno 1985, n. 3643, Foro it., 1985, I, 3159, con nota di R. Lener,

Azione causale e prescrizione delle azioni cambiarie; ed analogamente

per l'assegno bancario, v. Trib. Milano 3 marzo 1988, id., Rep. 1989, voce cit., n. 58, e Banca, borsa, ecc., 1989, II, 460; Trib. Massa 23

febbraio 1988, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 71, e Arch, civ.,

This content downloaded from 195.78.109.12 on Wed, 25 Jun 2014 00:43:09 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended