ordinanza 19 gennaio 1998; Pres. Leo; Soc. Holst Italia (Avv. Colapinto) c. Ente autonomoacquedotto puglieseSource: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 3 (MARZO 1998), pp. 173/174-175/176Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192357 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
perciò non come una generica quanto astratta indicazione pro veniente dall'interessato, dei requisiti richiesti, bensì come una
puntuale precisazione da parte sua degli elementi concreti in
grado di dare ad essa effettiva consistenza in conformità alle
finalità perseguite dalla legge.
Quanto al requisito da provare esso è soltanto quello relativo allo stato invalidante, come è detto nella circolare.
III. - Con riferimento al terzo quesito, motivi di conformità
ai principi costituzionali inducono a ritenere che il riferimento alla 1. 482/68 abbia una portata meramente esemplificativa, in
quanto la ratio della disposizione è di pretendere la dichiarazio
ne di cui al comma 257 da parte di tutti coloro che siano stati assunti con disposizioni di favore evitando in tal modo dispari tà di trattamento tra i veri beneficiari.
IV. - Con riferimento al quarto quesito va detto che le for
malità da osservare sono correttamente riassunte al punto 4) della relazione dell'amministrazione riferente.
V. - Con riferimento a quesiti posti al punto 5) della relazio
ne, la sezione rileva che al primo di essi si è già data risposta con le considerazioni in precedenza svolte.
Per quanto riguarda, invece, l'altro quesito deve tenersi con
to del fatto, in precedenza evidenziato, che l'autodichiarazione
è esaustiva solo allorché è in grado di assolvere alle finalità
perseguite dalla norma, sia cioè in grado di per sé di provare la sussistenza della menomazione all'epoca della assunzione.
La dichiarazione falsa o mendace equivale a mancanza asso
luta di dichiarazione, così da giustificare gli accertamenti neces
sari per la corretta ricostruzione della realtà con tutte le conse
guenze di legge. Per questi motivi, nelle esposte dichiarazioni è il parere della
sezione.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; ordinanza 19 gennaio 1998; Pres. Leo; Soc.
Holst Italia (Avv. Colapinto) c. Ente autonomo acquedotto
pugliese.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; ordinanza 19 gennaio 1998; Pres. Leo; Soc.
Giustizia amministrativa — Provvedimenti di urgenza — Inam
missibilità (Cod. proc. civ., art. 700; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21).
L'art. 700 c.p.c. è estraneo al processo amministrativo e non
è adattabile ad esso neppure in via interpretativa. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA
LOMBARDIA, sezione III; decreto 14 novembre 1997, n. 758; Pres. Maiuuzzo; Soc. La Rinascente (Aw. Sica) c. Comune
di Viterbo.
Giustizia amministrativa — Provvedimenti di urgenza — Am
missibilità — Limiti (Cod. proc. civ., art. 700; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 21).
Anche il giudice amministrativo può emettere provvedimenti cau
telari ex art. 700 c.p.c., con provvedimenti presidenziali emessi
inaudita altera parte, con efficacia limitata al tempo necessa
rio per la notifica del ricorso contro il provvedimento impu
gnato e per la conseguente camera di consiglio nella quale sarà esaminata la domanda di misura cautelare da formularsi
col ricorso medesimo. (2)
(1-2) I due provvedimenti del medesimo Tar riflettono soluzioni dia
metralmente opposte circa l'applicabilità dell'art. 700 c.p.c. e della re lativa procedura al processo amministrativo. Come è ben noto, Corte
cost. 28 giugno 1985, n. 190, Foro it., 1985,1, 1881, con nota di Proto
Pisani, e 2491, con nota di A. Romano, ha introdotto nel processo amministrativo il rimedio previsto dall'art. 700 c.p.c. solo rispetto alle
Il Foro Italiano — 1998.
I
Visto il ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato in data odierna
davanti a questo Tar ed ivi protocollato al n. 187/98, con il
quale ricorso l'istante Holst Italia s.p.a. con sede in Roma ha
chiesto i provvedimenti cautelari d'urgenza necessari ad impedi re che venga portato a compimento l'atto di diffida, emesso
dall'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese e notificato in data
controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego; il riferimento al pubblico impiego (come emerge anche da Corte cost. 23 aprile 1987, n. 146, id., 1987,1, 1349, con nota di richiami) ha carattere pregnante, perchè l'intervento della Corte costituzionale si basava proprio sulla
disparità di tutela che si configurava nel processo amministrativo per il rapporto di pubblico impiego rispetto al processo civile per il rappor to di lavoro. Sull'applicazione dell'art. 700 c.p.c. nel processo ammini
strativo, in linea con quanto sancito dalla Corte costituzionale, cfr. Tar Valle d'Aosta, ord. 21 novembre 1985, n. 27, id., 1986, III, 192, con nota di Andre is; Tar Lazio, sez. II, ord. 24 settembre 1985, n. 670, id., 1985, III, 469; la medesima posizione è riflessa nella seconda delle due ordinanze sopra riportate. In argomento, più in generale, cfr. an che Cons. Stato, sez. VI, ord. 1° giugno 1990, n. 718, id., 1992, III, 163; sez. IV, ord. 11 febbraio 1986, n. 63, id., 1986, III, 191.
La sentenza della Corte costituzionale è stata interpretata nel senso che nel processo amministrativo, anche per l'istanza cautelare ex art. 700 c.p.c., restasse ferma la procedura prevista per la domanda di so
spensione del provvedimento impugnato dall'art. 21, ultimo comma, 1. 1034/71; nel processo amministrativo (con riferimento alle vertenze di ordine propriamente patrimoniale in materia di pubblico impiego) è introdotto un nuovo tipo di misure cautelari (corrispondente all'art. 700 c.p.c.), ma lo svolgimento del processo cautelare rimane disciplina to dalle regole già vigenti. Cfr., nel senso che nel processo amministra tivo non siano ammesse istanze di misure cautelari avanzate in via auto noma o prima della notifica del ricorso introduttivo del giudizio di me
rito, Tar Lazio, sez. II, 3 marzo 1995, n. 319, id., Rep. 1995, voce
Giustizia amministrativa, n. 632 (che ribadisce, fra l'altro, che nel giu dizio amministrativo, «a differenza del giudizio civile, la tutela cautela re è ammessa solo dopo il radicamento del processo principale, nelle forme all'uopo previste dall'art. 211. 6 dicembre 1971 n. 1034, in modo che il giudizio cautelare si presenti sempre come incidentale rispetto al primo, nel quale devono essere illustrate le ragioni ed i motivi invo
cati dal ricorrente a fondamento della pretesa azionata in giudizio»); con riferimento specifico a misure cautelari ex art. 700 c.p.c., cfr. Tar
Puglia, sez. Lecce, 26 luglio 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 463. Alle esigenze di particolare celerità che sono state invocate per ammet tere anche nel processo amministrativo una tutela cautelare anticipata rispetto all'instaurazione del giudizio di merito, Tar Sicilia, sez. Cata
nia, ord. 29 settembre 1993, n. 929, id., Rep. 1993, voce cit., n. 701, ha replicato rilevando l'idoneità, per assicurare una sollecita pronuncia sull'istanza cautelare, del potere riconosciuto al presidente del Tar di
abbreviare il termine di dieci giorni dalla notifica del ricorso, prescritto dall'art. 36 r.d. 17 agosto 1907 n. 642 (regolamento per la procedura dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale) per consentire la
presentazione delle difese da parte delle amministrazioni e dei controin teressati intimati, nonché di fissare una camera di consiglio straordina ria per la trattazione dell'istanza cautelare.
Il decreto presidenziale della sez. Ili del Tar Lombardia (preceduta e seguita da altre analoghe della medesima sezione) presenta vari profili di singolarità. Oltre all'applicazione dell'art. 700 c.p.c. in ipotesi non
certo riconducibili a Corte cost. 28 giugno 1985, n. 190, cit., e all'ado zione della misura cautelare sulla base di una istanza depositata prima della notifica del ricorso giurisdizionale, è da segnalare l'adozione del
provvedimento con decreto presidenziale inaudita altera parte: il pro cesso amministrativo, però, non riconosce al presidente del collegio al
cuna competenza ad adottare provvedimenti cautelari, neppure in caso
di somma urgenza, e più in generale non gli riconosce alcun potere 'decisorio' (né per quanto riguarda il merito, né per quanto riguarda la fase cautelare). Il decreto richiama in motivazione la circostanza che
la vertenza, riguardante un provvedimento comunale in tema di orari
dei negozi, inerirebbe a diritti soggettivi: questa tesi appare puntual mente smentita da Cass., sez. un., 8 marzo 1996, n. 1833, id., 1996,
I, 1636, con nota di Cipriani, ma la qualificazione dell'interesse fatto
valere in giudizio come diritto soggettivo o interesse legittimo non sem
bra in realtà determinante per l'indirizzo della sez. Ili del Tar Lombar
dia, che ha concesso misure cautelari ex art. 700 c.p.c., secondo il me
desimo schema accolto nel provvedimento sopra riportato, anche a tu
tela di interessi legittimi. Con provvedimento presidenziale della sez.
Ili del Tar Lombardia risultano emesse, infatti, fra l'altro, sempre con
riferimento a ricorsi proposti ex art. 700 c.p.c. e alla procedura prevista dal codice di rito per i provvedimenti cautelari, misure cautelari in rela
zione a provvedimenti di sospensione di licenza commerciale (ordinanza 27 ottobre 1997, n. 727), ad aggiudicazioni di gare d'appalto (decreto
presidenziale 30 dicembre 1997, n. 814), ad esclusioni da gare d'appalto
(decreto 28 gennaio 1998), a chiamata al servizio militare di leva (decre to 3 febbraio 1998). [A. Travi]
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PARTE TERZA
17 gennaio 1998, con cui — in pendenza del giudizio per l'accer
tamento della conclusione, ai sensi dell'art. 441. n. 724 del 1994, dell'art. 1326 e dell'art. 1339 c.c., del contratto per la gestione, nel periodo 1998-2000, del servizio di conduzione, manutenzione
e controllo di tutte le opere ricadenti nell'area dell'impianto di po tabilizzazione del Sinni — l'ente intimato ha disposto la conse
gna dell'impianto stesso da effettuarsi il 21 gennaio 1998; visto l'art. 700 c.p.c.; ritenuto che il procedimento d'urgenza ex citato art. 700 c.p.c.
sia estraneo al processo amministrativo e non adattabile ad esso
in via interpretativa; rilevato comunque che, nel caso in esame, per il combinato
disposto degli art. 701, 688, 2° comma, e 673, 1° comma, c.p.c., essendovi già causa pendente nel merito davanti al Tar Puglia, la competenza a decidere in ordine al qui proposto ricorso sa
rebbe in ogni caso riservata a quel giudice;
per questi motivi respinge la suindicata istanza della ricorrente.
II
Considerato: che l'art. 700 c.p.c. invocato dalla ricorrente
società pare direttamente applicabile anche nel processo dinanzi
al giudice amministrativo, ogni volta che il pregiudizio temuto
ed al quale non possa diversamente ovviarsi concerna le lesione di un diritto soggettivo, qual è quello che discende direttamente
secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazio
ne, dal previo rilascio dell'autorizzazione ad aprire un esercizio
commerciale; che detta conclusione pare trovare concorrente giustificazione
negli art. 24 e 113 Cost., nonché nell'art. 13 della convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, che tutela la
pretesa ad un giusto processo; che diversamente opinando non si configurerebbe alcuna pos
sibile ed effettiva tutela cautelare in sede giurisdizionale ammi
nistrativa anteriormente alla pronuncia da parte del collegio sulla
richiesta sospensiva; ritenuto: che l'ordinanza sindacale impugnata sembra con
fliggere con il divieto di differenziazione dell'apertura dei sin goli esercizi nel territorio comunale;
che il potere di deroga all'obbligo di chiusura infrasettimana
le, domenicale e festiva, cui consegue la facoltà (e non già l'ob
bligo) di apertura degli esercizi, è esclusivamente subordinato alla reputata sussistenza del prevedibile flusso turistico, inter
detta restando ogni ulteriore valutazione in ordine all'interesse
alla stessa apertura, che non può competere ai relativi gestori nel quadro di un apprezzamento di natura imprenditoriale;
che l'ordinanza impugnata pare conseguentemente illegittima nella parte in cui non consente l'apertura in deroga anche degli esercizi commerciali diversi da quelli espressamente autorizzati;
rilevato: che in base al costante orientamento della sezione
l'art. 30, ultimo comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 va interpre tato nel senso che l'incompetenza per territorio del giudice adi
to non preclude, pur in presenza di istanza di regolamento, l'e
same della domanda di sospensione del provvedimento im
pugnato; che detta disposizione pare estensivamente applicabile anche
nel procedimento qui introdotto dall'istante; che il presente decreto viene emesso inaudita altera parte, in
quanto il rispetto del rito ordinario pare nella specie tradursi in un danno grave ed irreparabile con incisione del diritto all'a
pertura degli esercizi di proprietà della ricorrente in Viterbo, il cui termine scade il 13 dicembre 1997;
che la sospensione di seguito accordata resta risolutivamente
condizionata ex art. 669 octies c.p.c. alla notifica del ricorso in sede giurisdizionale nel termine di decadenza stabilito dagli art. 19, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 e 36, 1° comma, t.u. 26 giugno 1924 n. 1054;
che la stessa sospensione resta temporalmente limitata ex art. 669 sexies c.p.c. sino alla data della camera di consiglio che sarà fissata in esito alla produzione del ricorso introduttivo e della contestuale domanda incidentale.
Per questi motivi, in accoglimento del prodotto ricorso so
spende nei limiti di cui in motivazione l'ordinanza del sindaco di Viterbo 30 ottobre 1997, n. 297 nella parte in cui esclude dalla disposta deroga gli esercizi collegati alla grande distribu zione e quelli risultanti dal concentramento previsto dalla 1. n. 121 del 1987.
Il Foro Italiano — 1998.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione II; sentenza 13 dicembre 1997, n. 2199; Pres. Filippi, Est. Spadavecchia; Cerri c. Azienda Usi n.
41 di Milano.
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Dirìgenti — Rap
porto di lavoro a tempo parziale — Trasformazione — Diritto
(D.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionalizzazione dell'organizza zione delle amministrazioni pubbliche e revisione della discipli na in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 21. 23 ot tobre 1992 n. 421; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di razio nalizzazione della finanza pubblica, art. 1, commi 57, 58).
Anche il personale dirigente della pubblica amministrazione (nella specie: direttore sanitario di azienda Usi) ha diritto alla tra sformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo
parziale, ai sensi dell'art. 1, commi 57 e 58, l. 23 dicembre 1996 n. 662, a fronte dei quali è illegittima la limitazione in serita nelle circolari della presidenza del consiglio dei ministri
19 febbraio 1997, n. 3/97 e 18 luglio 1997, n. 6/97. (1)
(1) La sentenza, nel ritenere illegittima ogni limitazione alla applica zione del nuovo regime del rapporto a tempo parziale nel pubblico im piego, stante la generalità del disposto della finanziaria 1996 in argo mento, esprime la sua portata innovativa sotto due profili, sostanziale e processuale; quanto al primo, con una interpretazione delle nuove
disposizioni di cui all'art. 1, commi 57 e 58,1. 662/96 in termini contra stanti con l'orientamento prevalso in precedenza, nel vigore del d.p.c.m. 117/89, emesso in forza della delega conferita dall'art. 7 1. 554/88, che disponeva espressamente l'inapplicabilità del part-time ai dirigenti dello Stato ed equiparati ma che era stato interpretato in senso estensi vo fino a comprendere anche dirigenti degli enti locali (Cons. Stato, sez. IV, ord. 17 ottobre 1995, n. 1496, Foro it., Rep. 1996, voce Impie gato delio Stato, n. 263) e dirigenti sanitari (Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 1996, n. 1159, ibid., voce Regione, n. 312), oltre che tutte le posizioni che comportassero esercizio di funzioni ispettive, di direzio ne e coordinamento (secondo l'orientamento dello stesso Tar Lombar dia 16 maggio 1996, n. 693, ibid., voce Sanitario, n. 340; nello stesso senso v. anche Tar Sicilia, sez. I, 25 febbraio 1994, n. 172, id., Rep. 1994, voce Impiegato dello Stato, n. 550). Sul piano processuale la sen tenza odierna si segnala per l'adozione della decisione di accoglimento del ricorso e del conseguente annullamento dell'atto impugnato senza il previo annullamento delle circolari della presidenza del consiglio in troducenti quella limitazione giudicata illegittima perché contra legem e, quindi, in tacita disapplicazione delle stesse, indipendentemente dalla loro espressa impugnazione; con tale decisione si superano i canoni classici del processo amministrativo (che impongono a pena di decadenza l'im
pugnazione di tutti gli atti, anche generali, presupposti al fine di poter pervenire all'annullamento dell'atto amministrativo esecutivo o applica tivo degli stessi) ormai inadeguati alla nuova natura del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione, come già evidenziato da Tar Sicilia, sez. Catania, 7 giugno 1997, n. 1288, id., 1997, III, 537, con nota di richiami cui si rimanda per ogni riferimento sul rapporto di
pubblico impiego privatizzato dal d.leg. 29/93 e sul cambiamento di
prospettiva fra vizi di legittimità dell'atto amministrativo autoritativo e vizi di nullità o di annullabilità del contratto di lavoro di cui agli art. 1422 e 1442 c.c. La potestà generale di disapplicazione in capo ai giudici amministrativi è comunemente limitata agli atti di normazio ne secondaria, in forza del principio della gerarchia delle fonti, ma è
negata in riferimento agli atti amministrativi illegittimi non impugnati espressamente, nonostante la valenza incondizionata del principio del
l'assoggettamento dei giudici (compresi quelli amministrativi) solo alla
legge (art. 101, 2° comma, Cost.): fra le numerose pronunzie che am mettono la disapplicazione di una norma regolamentare contra legem, Cons, giust. amm. sic. 20 marzo 1996, n. 75, e 25 ottobre 1996, n. 326, id., Rep. 1996, voce Giustizia amministrativa, nn. 711, 712; Tar Umbria 23 aprile 1996, n. 176, ibid., n. 713; Tar Lombardia 18 gennaio 1995, n. 64, id., Rep. 1995, voce Atto amministrativo, n. 312; Cons.
Stato, sez., V, 19 settembre 1995, n. 1332, ibid., voce Giustizia ammi nistrativa, n. 726; 7 aprile 1995, n. 531, ibid., n. 729; 24 luglio 1993, n. 799, id., 1994, III, 332; per la disapplicazione di una circolare che incida su diritti soggettivi perfetti, Tar Abruzzo, sez. Pescara, 12 no vembre 1994, n. 583, id., Rep. 1995, voce cit., n. 728, e di un decreto del presidente della regione di natura regolamentare, Tar Sicilia, sez. Catania, 31 agosto 1995, n. 2087, ibid., voce Sicilia, n. 399; per la
negazione della potestà di disapplicazione degli atti amministrativi au toritativi, ancorché generali, fra le tante, Tar Veneto 16 febbraio 1995, n. 300, ibid., voce Atto amministrativo, n. 385; Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 1995, n. 1612, id., Rep. 1996, voce Impiegato dello Stato, n. 176 (in riferimento ad atti deliberativi di costituzione e di estinzione di un rapporto di lavoro pubblico); 24 maggio 1996, n. 597, ibid., voce Sanitario, n. 149 (in riferimento ad atto di conferimento di mansioni
superiori con esclusione di ogni indennità aggiuntiva), e 2 febbraio 1995,
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