ordinanza 2 aprile 1986, n. 80 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 aprile 1986, n. 15); Pres.Paladin, Rel. Pescatore; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Comm. trib. I grado Modena 2 marzo1982 (G.U. n. 308 del 1983) + 63Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1153/1154-1167/1168Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187244 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
una regolamentazione riconducibile alla normativa comune, do
vendosi, per contro, ravvisare la reintroduzione di una nuova
proroga, pur essendo stato inequivocabilmente riconosciuto duran
te i lavori preparatori, come già s'è ricordato, che il ricorso ad
essa sarebbe stato costituzionalmente illegittimo. 8. - Ciò detto, ritiene la corte di dovere formulare due ulteriori
considerazioni.
Da qualche parte si è affermato, peraltro in modo generico e
assiomatico, che una disciplina come quella impugnata avrebbe
impedito l'aggravarsi della disoccupazione che, altrimenti, si sa
rebbe verificata nell'ambito delle varie attività d'impresa e profes sionali.
Per contro, costituisce comune dato di esperienza che negli anni successivi a quello di emanazione della legge sull'equo canone (1978) vi è stato un notevolissimo aumento dell'attività
imprenditoriale relativa alla fornitura di servizi, nuovi o tradizio
nali, resi dal mercato (e la diminuzione di quelli prestati dallo Stato e dagli enti pubblici) con il continuo sviluppo del settore
economico cosiddetto terziario: il che ha comportato necessaria
mente l'esigenza di prendere in locazione gli immobili necessari
per F esercizio delle relative attività (locazioni stipulate sulla base
del canone di mercato, secondo la citata 1. n. 392 del 1978), senza che ciò abbia ostacolato ovvero costituito remora al ricor
dato sviluppo imprenditoriale.
Va inoltre rilevato che due ampie categorie di conduttori già
operano con il canone corrente di mercato. Oltre a tutti quelli (e non sono pochi, in relazione a quanto ora detto) che hanno
stipulato i contratti in questi ultimi otto anni, ossia successiva mente all'entra in vigore della 1. n. 392 del 1978, si tratta altresì' di coloro che, in numero niente affatto trascurabile, a seguito di
tale legge hanno raggiunto accordi con i locatori, sicché i relativi contratti sono ora assoggettati al regime ordinario.
Pertanto, la disciplina denunciata, lungi dal sacrificare legitti mamente il diritto di proprietà per la tutela di interessi generali, si risolve obiettivamente, e di sicuro contro l'intenzione del
legislatore, nell'attribuzione di un lucro ad esclusivo favore del
limitato numero di conduttori a cui essa si applica.
9. - Da tutte le osservazioni ora formulate discende chiaramen
te come le proroghe disposte dalle norme censurate non possano
più trovare giustificazione in un quadro normativo che, superato il lungo periodo di emergenza, dal quale era scaturita l'esigenza della legislazione eccezionale vincolistica, aveva riportato dopo vari decenni (con la 1. n. 392 del 1978) la materia nel regime ordinario.
Il periodo transitorio stabilito dagli art. 67 (con il successivo
ampliamento di cui all'art. 15 bis 1. n. 94 del 1982) e 71 era stato
fissato con dimensioni tali da permettere un'ulteriore durata, eccezionalmente ampia, della disciplina vincolistica. Sicché le
ulteriori proroghe, e in particolare quella ex art. 1, comma 9 bis, in effetti si risolvono nell'irrazionale ripristino della legislazione eccezionale e temporanea e perciò offendono la coerenza dell'or
dinamento, di cui la nuova legge del 1978 forma ormai parte
integrante, in sostituzione della corrispondente normativa codici
stica: ne risulta violato il diritto che la Costituzione, nell'art. 42,
ha inteso riconoscere e proteggere da interferenze non giustificate da quella necessità di tutelare un interesse generale, che integra il
limite della funzione sociale della proprietà stessa.
Non è, per contro, pertinente alla materia qui esaminata la
tutela dell'iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), che pure è
stata invocata, giacché — come la corte ha più volte osservato
(sent. n. 252 del 1983, id., 1983, I, 2628; 89 del 1984, cit., ord. n.
87 del 1985) — non è ravvisabile alcuna attività di impresa del
locatore.
10. - D'altronde, non può la corte esimersi dal rilevare che la
disciplina impugnata risulta anche in contrasto con l'art. 3 Cost.
Valgono in proposito le considerazioni svolte nel precedente § n.
8 e si deve inoltre aggiungere che tale disciplina pone una
proroga generalizzata ed indifferenziata, senza una previa valuta
zione comparativa delle condizioni economiche del conduttore e
del locatore: valutazione la quale sarebbe stata invece indispen
sabile per intuitive ragioni di giustizia sociale, del resto espressa
mente richiamate dalla corte all'attenzione del legislatore (cfr., in
particolare la sent. n. 3 del 1976). Dalle norme in esame può
infatti conseguire, con evidente frattura del più elementare crite
rio logico, che, in mancanza di elementi discriminatori, categorie
di conduttori economicamente più forti si arricchiscano ai danni
di categorie di locatori i quali si trovano in una posizione economica più debole: e ciò risulta in stridente contrasto con il
principio di eguaglianza tutelato dal ricordato precetto costituzio
II Foro Italiano — 1986.
naie, che non consente sovvertimenti del genere, i quali si
appalesano senza dubbio macroscopicamente irrazionali e contrari
ai principi della nostra Costituzione.
11. - Va quindi dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma impugnata dal Pretore di Bettola, illegittimità che, in
applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, si estende anche all'art. 1, commi 8° e 9°, d.l. 7 febbraio 1985 n. 12 convertito nella 1. 5 aprile 1985 n. 118, il quale ha ampliato la previsione normativa denunciata e conseguentemente risulta parimenti viziato.
Deve poi essere dichiarata, in base alle precedenti osservazioni,
l'illegittimità costituzionale del comma 9 bis dell'art. 1 ora ricor
dato, nonché dei commi 9 ter, quater e quinquies, pure impugnati dalle ordinanze di rimessione, i quali trovano il necessario
presupposto nella disposizione viziata. La caducazione del comma 9 bis, espressamente abrogativo
dell'art. 69 1. n. 392/78, importa, secondo la giurisprudenza di
questa corte (cfr. sent. n. 107 del 1074, id., 1974, I, 1274), il
ripristino della norma precedentemente abrogata, dalla quale saranno di conseguenza regolati i rapporti giuridici in essa considerati. È probabile che, nell'applicazione di tale norma, possano sorgere incertezze interpretative, essenzialmente derivanti dalla temporanea vigenza di quella attualmente annullata: in
particolare, in materia di termini di decadenza, potrebbe profilarsi il pericolo di un pregiudizio della parte che non abbia fatto
valere tempestivamente (nei termini stabiliti nel testo originario del cit. art. ora ripristinato) le proprie ragioni, scusabilmente fondandosi sulla efficacia della norma ora dichiarata incostituzio
nale; pregiudizio che contrasterebbe certamente con lo spirito della presente pronuncia perché lesivo delle posizioni soggettive, costituzionalmente rilevanti, qui considerate e tutelate. A tutto ciò
non può ovviare questa corte, con la sua posizione istituzionale, ma deve provvedere la giurisprudenza ordinaria, come già ha
fatto recentemente in casi simili, salvo che se ne occupi il
legislatore per adeguare in via normativa il sistema vigente alla
presente decisione.
12. - La pronuncia di illegittimità costituzionale non si estende
ai commi 9 sexies, septies et octies del cit. art. 1, in quanto essi
contengono disposizioni che non si riferiscono affatto alle innova
zioni dallo stesso apportate ma concernono la regolamentazione ordinaria della locazione di immobili urbani per uso non abitati
vo. Precisamente, con il primo dei commi ora detti sono discipli nate diversamente le modalità di revisione del canone, in sostitu
zione di quelle previste dall'art. 32 1. n. 392 del 1978, mentre con
gli altri due il legislatore ha inteso eliminare le incertezze
ermeneutiche relative al criterio discriminatore, in tema di attività
alberghiera, tra locazione di immobile, al quale si applica la
ricordata 1. n. 392 del 1978, e affitto di azienda, a cui invece
detta disciplina non sarebbe riferibile (sul punto, com'è noto, è
stata peraltro eccepita da vari giudici una ingiustificata disparità di trattamento): e ha fornito la definizione dei due tipi contrat
tuali, statuendo che « si ha locazione di immobile e non affitto di
azienda, in tutti i casi in cui l'attività alberghiera sia stata
iniziata dal conduttore ». Tale norma, insieme a quella del com
ma 9 octies, che detta la disciplina transitoria della medesima
materia, è chiaramente estranea all'oggetto di questo giudizio e
pertanto non rimane coinvolta nella presente pronuncia. Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: 1)
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, 1" comma, 1. 25
luglio 1984 n. 377; 2) in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo
1953 n. 87, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi
8" e 9°, d.l. 7 febbraio 1985 n. 12 convertito nella 1. 5 aprile 1985
n. 118; 3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi
9 bis, 9 ter e 9 quater e 9 quinquies, del cit. d.l. 7 febbraio 1985
n. 12 convertito nella 1. 5 aprile 1985 n. 118.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 2 aprile 1986, n. 80
(Gazzetta ufficiale, 1' serie speciale, 16 aprile 1986, n. 15);
Pres. Paladin, Rei. Pescatore; interv. Pres. cons, ministri.
Ord. Comm. trib. I grado Modena 2 marzo 1982 (G.U. n. 308
del 1983) + 63.
Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Redditi soggetti a
tassazione separata — Indennità di buonuscita — Questioni di
costituzionalità — « Ius superveniens » — Restituzione degli atti
al giudice «a quo» (Cost., art. 3, 38, 53, 76, 77; d.p.r. 29
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1155 PARTE PRIMA 1156
gennaio 1958 n. 645, t.u. delle imposte dirette, art. 87, 89, 140;
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, istituzione e disciplina dell'im
posta sul reddito delle persone fisiche, art. 12, 14, 46; d.p.r. 29
settembre 1973 n. 600, disposizioni comuni in materia di
accertamento delle imposte sui redditi, art. 23; d.p.r. 29
settembre 1973 n. 601, disciplina delle agevolazioni tributarie, art. 34; 1. 26 settembre 1985 n. 482, modificazioni del tratta
mento tributario delle indennità di fine rapporto e dei capitali
corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, art. 1, 2).
Vanno restituiti al giudice a quo, per il riesame della rilevanza a
seguito dell'entrata in vigore della l. 26 settembre 1985 n. 482,
gli atti relativi alle questioni di legittimità costituzionale degli art. 87, 89 e 140 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, degli art. 12, 14
e 46 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, dell'art. 23 d.p.r. 29
settembre 1973 n. 600 e dell'art. 34 d.p.r. 29 settembre 1973 n.
601, nella parte in cui assoggettano a tassazione, ai fini i.r.p.e.f., l'indennità di buonuscita, in riferimento agli art. 3, 38, 53, 76 e
77 Cost. (1)
(1-4) Nel nutrito gruppo — da Guinness dei primati — di ordinanze di rimessione risultano edite: Pret. Cagliari 5 maggio 1983, Foro it., Rep. 1984, voce Reddito delle persone fisiche (imposta sul), n.
199; Comm. trib. I grado Imperia 23 febbraio 1983, ibid., vo ce Ricchezza mobile (imposta), n. 24; Comm. trib. I grado Foggia 30 aprile 1983, ibid., n. 22 (e ibid., voce Reddito delle persone fisiche (imposta sul), n. 210); Comm. trib. I grado Roma 20 apri le 1983, Ciur. costit., 1984, II, 220; Comm. trib. I grado Roma 16 aprile 1983, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 211 (e ibid., voce Ricchezza mobile (imposta), n. 23); Comm. trib. II grado Ascoli Piceno 31 maggio 1983, ibid., voce Reddito delle persone fisiche (imposta sul), n. 201; Comm. trib. I grado Palermo 24 gennaio 1983, ibid., voce Ricchezza mobile (imposta), n. 25; Comm. trib. I
grado Termini Imerese 9 maggio il983, ibid., voce Reddito delle persone fisiche (imposta sul), n. 209; Comm. trib. I grado Mi lano 19 gennaio 1983, ibid., n. 206; Comm. trib. I grado di Piacenza 27 aprile 1983, ibid., n. 207; Comm. trib. II grado Alessan dria 13 ottobre 1982, ibid., n. 203; Comm. trib. I grado Cagliari 9
maggio 1983, ibid., n. 208; Comm. trib. II grado Alessandria 13 dicembre 1983, Giur. costit., 1984, II, 1197; Comm. trib. I grado Sanremo 30 novembre 1983, ibid., 1205; Comm. trib. I grado Trieste 20 ottobre 1983, ibid., 1194; Comm. trib. I grado Piacenza 28 aprile 1983 e 26 maggio 1983, ibid., 1199; Comm. trib. I grado Livorno 24
giugno 1983, ibid., 1748; Comm. trib. I grado Firenze 30 dicembre
1983, ibid.; Comm. trib. I grado Rimini 26 maggio 1982, ibid., 1745; Trib. Trani 12 aprile 1984, ibid., 1752; Comm. trib. II grado Ascoli Piceno 28 febbraio 1984, id., 1985, II, 110; Comm. trib. II
grado Gorizia 15 novembre 1983, ibid., Ill; Comm. trib. I grado Paler mo .20 febbraio 1984, ibid.; Comm. trib. II grado Forlì 6 febbraio 1984, ibid., 390; Comm. trib. I grado Termini Imerese 19 dicembre 1983, ibid., 392; Comm. trib. II grado Palermo 9 giugno 1984, ibid., 113; Comm. trib. II grado Ascoli Piceno 27 marzo 1984, ibid., 392; Comm. trib. I grado Venezia 11 ottobre 1983, ibid., 391; Comm. trib. I grado Roma 22 marzo 1984, ibid., 660; 8 marzo 1984 e 29 marzo 1984, ibid., 661; 2 febbraio 1984, ibid., 658; Comm. trib. I grado Pinerolo 16 marzo 1984, ibid., 840; Comm. trib. I grado Termini Imerese 4 luglio 1984, ibid., 662; Comm. trib. I grado Novara 30 novembre 1983, ibid., 842; Comm. trib. I grado Termini Imerese 10 dicembre 1984, ibid., 990; Corte cost., ord. 20 giugno 1984, n. 179, Foro it., 1984, I, 1761, con nota di richiami di Tardella; Cass., ord. 27 marzo 1985, n. 189, id., 1985, I, 2004, con nota di richiami; Comm. trib. I grado Genova 22 luglio 1981, id., Rep. 1984, voce cit., n. 204; Comm. trib. II grado Palermo 8 marzo 1984, Giur. costit., 1985, II, 391; Comm. trib. I
grado Napoli 15 maggio 1982, ibid., 841; Comm. trib. I grado Roma 18 e 24 novembre 1983, ibid., 840.
Mentre l'elenco dei dubbi di legittimità costituzionale relativi alla
disciplina dettata dal d.p.r. 597/73 segna ancora qualche incremento
(cfr. Comm. trib. I grado Genova 2 marzo 1982, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 205; Comm. trib. centrale 26 febbraio 1985, n. 2762, Comm. trib. centr., 1985, I, 172, e Giust. trib., 1985, 712), ecco che con le ordinanze su riportate anche la recente disciplina di modifica del trattamento tributario delle « liquidazioni » (1. 26 settembre 1985 n. 482, riportata su Le leggi, 1985, 1840; per alcuni commenti ' a caldo '
v. Lamedica, in Corriere giur., 1985, 997; Palmerini e Petrachi, Liquidazioni; indennità di fine rapporto-Il nuovo trattamento tributario, in Fisco, 1985, 4470) entra nell'occhio del ciclone. Il legislatore, di fronte alla minaccia della Corte costituzionale — adombrata nell'ordinanza 179/84 — di far saltare l'intero sistema di tassazione separata delle indennità di fine rapporto (v. al riguardo le osservazioni di Tardella, cit.) attraverso la proposizione innanzi a se stessa della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 d.p.r. 597/73 (la corte rilevava « che la soluzione dei problemi concernenti l'imposizione [delle indennità considerate dall'art. 12, fett. e] con riferimento ai principi di capacità contributiva e di eguaglianza tributaria, non può esser data dalla corte senza investire l'art. 13 nella parte in cui concerne le indennità dell'art. 12, lett. e»), si era affrettato a presentare il 24 luglio 1984 un disegno di legge che fosse
Il Foro Italiano — 1986.
II
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 17 dicembre 1985, n. 351
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 gennaio 1986, n. 1); Pres. Paladin, Rei. Roehrssen; interv. Pres. cons, ministri
(Avv. dello Stato Laporta). Ord. Comm. trib. I grado Genova
22 luglio 1981 (G.U. n. 288 del 1983); Corte cost. 20 giugno 1984 (G.U. n. 341 del 1984); Comm. trib. 11 grado Palermo 8
marzo 1984 (G.U. n. 97 bis del 1985); Comm. trib. I grado
Napoli 15 maggio 1982 (G.U. n. 179 bis del 1985); Comm. trib.
I grado Roma 18 novembre 1983 e 24 novembre 1983 (G. U. n.
202 bis del 1985); Cass. 21 dicembre 1984 (G.U. n. 220 bis del
1985).
Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Redditi soggetti a
tassazione separata — Indennità di fine rapporto — Criteri di
tassazione — « Ius superveniens » — Questione manifestamente
inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; d.p.r. 29
settembre 1973 n. 597, art. 13; 1. 26 settembre 1985 n. 482, art. 1).
Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Redditi soggetti a
tassazione separata — Indennità di fine rapporto ed altre
indennità equipollenti — Criteri di tassazione — Questione di
costituzionalità — « Ius superveniens » — Restituzione degli atti al giudice « a quo » (Cost., art. 3, 38, 53, 76; d.p.r. 29
gennaio 1958 n. 645, art. 87, 140; d.p.r. 29 settembre 1973 n.
597, art. 12, 13, 14, 46, 83; 1. 26 settembre 1985 n. 482, art.
1, 2, 4, 5, 6).
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costi tuzionale dell'art. 13 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, nella parte in cui prevede i criteri per la tassazione separata, ai fini
dell'i.r.p.e.f., delle indennità di fine rapporto e di tutte le altre indennità previste dall'art. 12, lett. e), dello stesso d.p.r., in
riferimento agli art. 3 e 53 Cost., dal momento che con l'art. 1 l. 26 settembre 1985 n. 482 l'art. 13 suddetto è stato modificato escludendo, dalla disciplina dettata con esso, tutte le indennità di fine rapporto. (2)
Vanno restituiti al giudice a quo, per il riesame della rilevanza a
seguito dell'entrata in vigore della l. 26 settembre 1985 n. 482,
gli atti relativi alle questioni di legittimità costituzionale degli art. 12, lett. e), 14, 46 e 83 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597,
degli art. 87 e 140 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, nella parte in cui prevedono l'assoggettamento a tassazione, ai fini i.r.p.e.f., dell'indennità di buonuscita, in riferimento agli art. 3, 38, 53 e 76 Cost.(3)
in grado di superare le critiche mosse dai giudici della Consulta. L'operazione non s'iscrive, di certo, tra quelle successfull (cfr. Zoppis, Il trattamento tributario delle indennità di «.fine rapporto». La l. n. 482/85 e gli insoluti problemi d'incostituzionalità, in Comm. trib. centrale, 1985, II, 835): è vero che Corte cost. 351/85 ha riconosciuto la manifesta inammissibilità della questione ora ricordata per aver il nuovo testo legislativo escluso dalla tecnica impositiva dell'art. 13 (id est, agganciamento delle indennità con il reddito complessivo netto del contribuente) le indennità di cui all'art. 12, lett. e); ma è anche vero che l'ordinanza si è preoccupata di rinviare gli atti ai giudici a quibus per valutare la rilevanza delle questioni sollevate in rapporto alla nuova normativa (contenuta nell'art. 14 d.p.r. 597/73), non senza sottolineare le novità (favorevoli, questa volta) introdotte per la tassazione dei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita. Ma c'è chi non ha perso tempo: Comm. trib. II grado Matera 30 novembre 1985, in questo fascicolo, III, con nota di richiami, aveva già sollevato questione di legit timità costituzionale della nuova disciplina prima dell'intervento di Corte cost. 351/85, cui ha fatto seguito l'elaborata ordinanza della Cassazione 48/86 (sulla quale v. i commenti di Palmerini e Petrachi, Tassazione delle indennità di fine rapporto di lavoro dipendente. Dubbi di legittimità sollevati dalla Cassazione, in Fisco, 1986, 587; De
Mita, Natura reddituale e fine previdenziale nell'indennità di buonu
scita, in Bollettino trib., 1986, 357; nonché l'anonimo commento, Per
l'i.r.p.e.f. sulle liquidazioni si torna al punto di partenza, in Economia e tributi, 1986, fase. 3, 5).
Se, però, i giudici di legittimità e la Corte costituzionale hanno attaccato con decisione l'operato del legislatore, non sono mancate voci intese a denunciare, con fervore critico, la « tendenza delle due corti a scaricarsi delle proprie responsabilità » (cosi De Mita, cit.).
Si è detto che tanto la Cassazione quanto la Corte costituzionale, interrogate sulla tassabilità dell'indennità di buonuscita, hanno saltato l'ostacolo rovesciando i termini della questione col chiedersi se i criteri
impositivi adottati dal legislatore — nelle due versioni — rispondesse ro, o no, ai dettami costituzionali sanciti negli art. 3, 38 e 53 Cost. In altri termini, anziché risolvere pregiudizialmente la questione relativa aW'an, si è messo in discussione direttamente il metodo adottato per stabilire il quantum.
Tanta violenza verbale non sembra del tutto giustificata, anche se le
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ill
CORTE DJ CASSAZIONE; sezione I civile; ordinanza 31 gen naio 1986, n. 48; Pres. Granata, Rei. R. Sgroi, P.M. Dettosi
(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Laporta) c.
Cordova (Avv. Pascasio).
Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Redditi soggetti a
tassazione separata — Indennità di buonuscita — Criteri di
tassazione — Questione non manifestamente infondata di costi
tuzionalità (Cost., art. 3, 38, 53; d.p.r. 29 settembre 1973 n.
597, art. 12, 13; 1. 26 settembre 1985 n. 482, art. 1, 2, 4, 6).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 1 l. 26 settembre 1985 n. 482, nella parte in
cui modifica l'art. 12, lett. e), d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, e
degli art. 2 e 4 della stessa legge nella parte in cui a) consentono la tassazione dell'indennità di buonuscita, ai fini
i.r.p.e.f., con criteri diversi da quelli dettati per i capitali riscossi in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita-,
b) assoggettano all'i.r.p.e.f. l'indennità di buonuscita senza tene
re conto della natura previdenziale di questa indennità-, c) utilizzano identici criteri d'imposizione per le indennità dei
dipendenti pubblici, alla cui formazione contribuiscono i lavo
ratori, e dei dipendenti privati, che invece non sopportano alcun onere, in riferimento agli art. 3, 38 e 53 Cost. (4)
critiche riposano su un fondo di verità. Come già accennato, Corte
cost. 179/84 era stata interpellata da un gruppo di ordinanze di
rimessione circa la legittimità dell'inserimento, tra i cespiti che costi
tuiscono il reddito imponibile, dell'indennità di buonuscita. Ugualmen te, Cass. 48/86 doveva chiarire se fosse corretta la tesi, sostenuta con
decisione dalla giurisprudenza tributaria, secondo cui l'indennità di
buonuscita non ha natura di reddito e non è quindi soggetta a
tassazione (cfr. Comm. trib. centrale 14 luglio 1984, nn. 7554 e 7555, Foro it., 1985, III, 82, con nota di richiami, cui hanno fatto
seguito Comm. trib. centrale 20 ottobre 1984, n. 8941 (decisione
impugnata dinanzi alla corte di legittimità), in Bollettino trib., 1985,
168; Rass. tributaria, 1985, II, 305; Fisco, 1985, 674; 16 luglio 1985, n. 6693, id., 1986, 75; Bollettino trib., 1985, 1687; nonché Comm.
trib. I grado Milano 10 settembre 1984, ibid., 500). Sul piano formale
non vi sono dubbi: la Corte costituzionale non ha detto se la
tassazione dell'indennità — a prescindere dalla tipologia dei criteri
impositivi — è costituzionalmente legittima. Anzi, nell'ordinanza
351/85 continua a metter sullo stesso piano le questioni sull'art, sul
quomodo e sul quantum, ribadendo che « il giudizio sul rispetto dei
principi di capacità contributiva e di uguaglianza tributaria richiede
che si valutino in concreto le forme ed i criteri della imposizione ».
La Cassazione, da parte sua, s'impegna nel sottolineare come la nuova
legislazione non abbia innovato rispetto all'imponibilità (e conferma
autorevole giunge dalla circolare del ministero delle finanze 5 febbraio
1986, n. 2, regime tributario delle indennità di fine rapporto di lavoro
dipendente. L. 26 settembre 1985, n. 482, Le leggi, 1986, 410, ove viene ricompresa, nelle « indennità equipollenti » di cui all'art. 14
d.p.r. 597/73 come modificato dall'art. 2 1. 482/85, l'indennità di
buonuscita); non solo, si cimenta anche nell'arduo compito di stabilire una nozione generale di reddito che sia atta a ricomprendere in essa tutte le entrate che vanno assoggettate ad imposta ((chi voglia seguire i
giudici di legittimità lungo questa direttrice potrà servirsi delle os
servazioni di Berliri, L'imposta sul reddito delle persone fisiche, Milano, 1977, 14 ss.; per ulteriori riflessioni sul concetto di reddito cfr. — a titolo dì primissima indicazione — Steve, Lezioni di scienza delle
finanze, Padova, 1976, 294 ss.; Micheli, Corso di diritto tributario,
Torino, 1984, 359 ss.), individuandola in quella di « ricchezza nuova
[che] si aggiunga ad una preesistente, determinando un aumento di
valore nel patrimonio del soggetto, all'infuori — quindi — del risarcimento di un danno subito o della reintegrazione di una perdita sofferta»: ed in questa definizione l'indennità di buonuscita — come
percezione di una somma in collegamento alla cessazione del rapporto di lavoro — rientra tranquillamente.
Tutto risolto, dunque, per ciò che riguarda l'astratta tassabilità delle somme percepite dai dipendenti pubblici, con buona pace delle critiche che riferivamo più sopra. Ma la Cassazione, riprendendo considerazioni
già svolte rispetto all'indennità di anzianità ed al premio di fedeltà
nell'ordinanza 189/85 (in una battuta: ciò che conta non è la natura
di queste somme rispetto al collegamento col rapporto di lavoro,
quanto la loro funzione previdenziale), finisce col rimettere tutto in
discussione sul piano dell 'an. Data la natura previdenziale dell'indenni
tà di buonuscita — affermano i giudici di legittimità — non si può dubitare della lesione dell'art. 38 Cost, per la tassazione di somme che
dovrebbero essere destinate a fronteggiare la particolare situazione del
passaggio dalla condizione lavorativa a quella di particolare bisogno
legata alla cessazione del servizio (ma « con tale ragionamento dovreb bero essere dichiarate incostituzionali tutte le tassazioni del reddito di
lavoro, nonché le borse di studio » : cosi, ironicamente, De Mita, cit., 359); e, a ben pensare, l'indennità in parola non è sicuramente
qualificabile come reddito, anzi si configura proprio come ipotesi tipica di reintegrazione di una perdita sofferta (costituita nel nostro caso
Il Foro Italiano — 1986.
I
Ritenuto che con le ordinanze di cui in epigrafe sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale degli art. 12, lett.
e), 14 e 46, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 (« istitu zione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche »), 23, 2° comma, lett. c), d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 (« disposi zioni comuni in materia di accertamenti delle imposte sui reddi
ti »), 34 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601 («disciplina delle
agevolazioni tributarie »), 87, 89 e 140 ult. comma, d.p.r. 29
gennaio 1958 n. 645 (« testo unico delle leggi sulle imposte dirette »), in riferimento agli art. 3, 38, 53, 76 e 77 Cost., sostenendosi la intassabilità delle indennità di buonuscita erogate
dall'E.n.p.a.s. e di altre consimili indennità di fine rapporto,
perchè aventi carattere previdenziale e inidonee a costituire
indice di capacità contributiva; in quanto la legge di delegazione 9 ottobre 1971 n. 825 non consentiva di tassare tali indennità;
per la irragionevole differenza di trattamento fiscale rispetto alle
indennità percepite in relazione a contratti di assicurazione sulla
vita, ai sussidi erogati dallo Stato e alle indennità di fine
rapporto erogate dall'I.n.p.s.; nonché per la irragionevolezza dei
criteri di tassazione; Rilevato che, trattandosi di questioni analoghe, i giudizi vanno
riuniti; Considerato che come è stato affermato nella ordinanza n. 351
del 1985 (Foro it., 1986, I, 1156), di questa corte il giudizio sul
rispetto dei principi di capacità contributiva e di uguaglianza tributaria richiede che si valutino in concreto le forme ed i
criteri dell'imposizione; Rilevato che, per assicurare la tutela voluta dall'art. 38 Cost,
occorre evitare che risorse specificamente destinate a scopo previ denziale siano assunte ad indice di capacità contributiva e fatte
oggetto di prelievo fiscale senza la adozione di criteri che, pur nell'ambito della discrezionalità legislativa, siano tali da salva
guardare l'interesse costituzionalmente protetto; Che, nell'ambito di questo quadro, occorre procedere all'esame
di costituzionalità delle impugnate disposizioni di legge che, attraverso il tempo, hanno disciplinato il regime tributario degli emolumenti in parola, al fine di stabilire se tale disciplina sotto tutti i vari profili che sono stati prospettati (e cioè non solo per 1 'an ma altresì per il quomodo e per il quantum) si presenti conforme o meno alla normativa costituzionale;
Che con la 1. 26 settembre 1985 n. 482 la regolamentazione della materia è stata profondamente modificata in molti aspetti;
Che, in particolare, con l'art. 1 di tale legge sono stati modificati tanto l'art. 12, lett. a), d.p.r. n. 597 del 1973 (prenden do in considerazione e sottoponendo ad identica tassazione tutte le indennità, comunque denominate, commisurate alla durata del
rapporto di lavoro dipendente e le somme percepite una tantum in dipendenza della cessazione del rapporto stesso) quanto l'art.
13, 1° comma (escludendo tutte le predette indennità dall'aggan ciamento con il reddito complessivo netto del contribuente);
Che l'art. 2 della stessa legge, poi, ha sostituito integralmente l'art. 14 d.p.r. n. 597 ed ha dato una nuova disciplina fiscale al
trattamento di fine rapporto ed alle indennità equipollenti, in modo da tenere conto della durata del rapporto di lavoro e delle sue caratteristiche;
Che contemporaneamente ha dettato una diversa disciplina anche per altre indennità e somme di cui all'art. 12, lett. e);
Che l'art. 6 ha, poi, sottoposto a tassazione i capitali che
vengono corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita;
Che d'altro canto il legislatore ha avuto anche cura di dare alle
nuove disposizioni effetto retroattivo con le norme contenute
negli art. 4 e 5, imponendo il secondo la riliquidazione (a
domanda) delle indennità e delle altre somme percepite a decor
rere dal 1" gennaio 1980; mentre l'art. 4 contiene, a sua volta, una disciplina dettagliata e particolareggiata per l'applicazione
dalla cessazione dal servizio con quanto ne consegue in relazione ai
profili patrimoniali). Non c'è che dire: l'incertezza regna sovrana. Di sicuro v'è la
proposizione di una complessa questione di legittimità costituzionale, in relazione ai nuovi criteri dettati dal legislatore, che lascia intravedere
(in un nugolo di argomentazioni contraddittorie e ' traballanti ') una
qualche uniformità di vedute circa la necessità di sottoporre anche l'indennità di buonuscita all'imposizione sul reddito (e la sensazione era stata già avvertita quando Corte cost., ord. 179/84 sollevò innanzi a sé la questione di legittimità costituzionale dei criteri di tassazione, lasciando intendere che era stata risolta positivamente la questione rispetto all'ari). Restiamo in attesa di indicazioni meno nebulose. [S. Di Paola]
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1159 PARTE PRIMA 1160
delle nuove disposizioni sia nei giudizi in corso alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 482 sia negli altri casi nei quali, pur non essendovi state impugnazioni, non sia decorso il termine per la proposizione dei ricorsi a norma dell'art. 37
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602; Che con queste ed altre disposizioni contenute nella 1. n. 482
tutto il meccanismo di tassazione delle indennità, in generale, dovute per la cessazione dei rapporti di lavoro dipendente, è stato modificato sulla base di nuovi criteri, con la conseguenza che le varie prospettazioni di illegittimità costituzionale fatte con le ordinanze di cui in epigrafe non trovano più nella legislazione nuova tutti gli agganciamenti che esse avevano posto in luce ed
occorre procedere ex novo alla indagine sulla rilevanza delle
prospettazioni medesime da parte dei giudici a quibus;
Per questi motivi, la Corte costituzionale ordina la restituzione
degli atti alla Commissione tributaria di I grado di Modena, alla
Commissione tributaria di I grado di Sanremo, alla Commissione tributaria di I grado di Rimini, alla Commissione tributaria di I
grado di Palermo, alla Commissione tributaria di II grado di
Ascoli Piceno, alla Commissione tributaria di II grado di Forlì, alla Commissione tributaria di I grado di Novara, al Pretore di
Cagliari, alla Commissione tributaria di I grado di Milano, alla
Commissione tributaria di II grado di Alessandria, alla Commis sione tributaria di I grado di Cagliari, alla Commissione tributaria
di I grado di Trieste, alla Commissione tributaria di I grado di
Livorno, al Tribunale di Trani, alla Commissione tributaria di II grado di Gorizia, alla Commissione tributaria di I grado di
Pinerolo, alla Commissione tributaria di I grado di Roma, alla Commissione tributaria di I grado di Termini Imerese, alla Commissione tributaria di I grado di Firenze, alla Commissione tributaria di II grado di Palermo, alla Commissione tributaria di I grado di Piacenza, alla Commissione tributaria di I grado di
Venezia, alla Commissione tributaria di I grado di Imperia, alla Commissione tributaria di I grado di Foggia, alla Commissione tributaria di I grado di Como, perché riesaminino la rilevanza delle questioni sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe.
II
Ritenuto che questa corte, con ordinanza 19 giugno 1984 (n. 1104 del registro ordinanze 1984), ha sollevato dinanzi a sé
questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3, 1°
comma, Cost., dell'art. 13 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, nella
parte concernente le indennità considerate nell'art. 12, lett. e), dello stesso d.p.r.;
che tale questione è stata sollevata dalla corte nel corso dei giudizi di legittimità costituzionale degli art. 12, lett. e), 14, 46, 2° comma, e 83 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 (« istituzione e
disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche »; 34 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601 (« disciplina delle agevolazioni tributa rie»); 85, 87, 89, ult. comma, e 140, ult. comma, d.p.r. 29
gennaio 1958 n. 645 (« testo unico delle leggi sulle imposte dirette »), promossi con ordinanze di varie commissioni tributarie, nelle quali si denunciava il constrasto delle norme impugnate con gli art. 3, 38, 53 e 76 Cost., sostenendosi la intassabilità della indennità di buonuscita siccome avente carattere previdenziale, ritenendo che la 1. 9 ottobre 1971 n. 825, non consentisse di tassare tale indennità in quanto in essa non prevista, e denun ciando la irragionevolezza del sistema di tassazione di cui alle citate leggi;
che questa corte ha sollevato la su menzionata questione di
legittimità costituzionale dell'art. 13 d.p.r. n. 597/73, in quanto la soluzione dei problemi concernenti la imposizione suddetta, con riferimento ai principi di capacità contributiva e di uguaglianza tributaria, non poteva essere data senza investire l'art. 13, nella
parte concernente le indennità considerate nell'art. 12, lett. e), ed in quanto la disciplina stabilita dall'art. 13 suscitava dubbi di
legittimità costituzionale, poiché non teneva conto delle caratteri stiche proprie delle indennità in discussione e non prendeva in considerazione l'arco di tempo in cui fossero andati maturando i diritti alle indennità medesime;
che unitamente a tale questione all'udienza del 19 novembre 1985 sono state discusse anche le questioni di legittimità costitu zionale degli art. 12, lett. e), 14 e 46 d.p.r. n. 597/73, sollevate in riferimento agli art. 3, 38, 53 e 76 Cost, con ordinanza 22 luglio 1981 dalla Commissione tributaria di I grado di Genova (n. 418 r.o. del 1983), con ordinanza 8 marzo 1984 dalla Commissione tributaria di I grado di Palermo (n. 1349 r.o. del 1984), con ordinanza 15 maggio 1982 dalla Commissione tributaria di I
grado di Napoli (n. 210 r.o. del 1985), con ordinanze 12 c 24
II Foro Italiano — 1986.
novembre 1983 dalla Commissione tributaria di I grado di Roma
(nn. 243 e 244 r.o. del 1985);
che, parimenti, alla stessa udienza, è stata discussa la questione di legittimità costituzionale degli art. 87, 2° comma, e 40, ult.
comma, d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, sollevata, in riferimento
agli art. 38, 2° comma, e 53, 1° comma, Cost., con ordinanza 21
dicembre 1984 della Corte di cassazione (n. 313 r.o. del 1985). Considerato che tutti tali giudizi riguardano questioni stret
tamente connesse, per cui vanno riuniti; che per quanto riguarda la questione di legittimità costituziona
le dell'art. 13 d.p.r. n. 597/73, sollevata da questa corte con
ordinanza 19 giugno 1984, si deve osservare che con l'art. 1, 2°
comma, 1. 26 settembre 1985 n. 482, l'art. 13 suddetto è stato
modificato proprio nella parte della cui legittimità costituzionale
si era dubitato, escludendo dalla disciplina dettata con esso tutte
le indennità di fine rapporto. Pertanto, essendo venuto meno
l'oggetto della questione incidentale sollevata, la corte non trova
più luogo a pronunciare sulla questione stessa e deve dichiararne
la manifesta inammissibilità; che per quanto riguarda le altre ordinanze di cui in epigrafe,
ritiene la corte di dover prendere le mosse dalla osservazione
formulata da essa medesima nella citata ordinanza 19 giugno 1984, secondo cui il giudizio sul rispetto dei principi di capacità contributiva e di uguaglianza tributaria richiede che si valutino in
concreto le forme ed i criteri della imposizione: concetto, questo, al quale si è richiamata la Corte di cassazione nella ordinanza 21
dicembre 1984, rilevando che per assicurare la tutela voluta
dall'art. 38 Cost, occorre evitare che risorse specificamente desti
nate a scopo previdenziale siano assunte ad indice di capacità contributiva e fatte oggetto di prelievo fiscale senza l'adozione di criteri che, pur nell'ambito della discrezionalità legislativa, siano tali da salvaguardare l'interesse costituzionalmente protetto;
che nell'ambito di questo quadro occorre procedere all'esame di costituzionalità delle disposizioni di legge che, attraverso il tempo, hanno disciplinato il regime tributario degli emolumenti in parola al fine di stabilire se tale disciplina sotto tutti i vari profili che sono stati prospettati (e cioè non solo per l'ari ma altresì per il
quomodo e per il quantum) si presenti conforme o meno alla normativa costituzionale;
che con la citata 1. n. 482/85 la regolamentazione della materia è stata profondamente modificata in molti aspetti;
che in particolare con l'art. 1 di tale legge sono stati modificati tanto l'art. 13, lett. a), d.p.r. n. 597/73 (prendendo in considera zione e sottoponendo ad identica tassazione tutte le indennità,
comunque denominate, commisurate alla durata del rapporto di lavoro dipendente e le somme percepite una tantum in dipenden za della cessazione dal rapporto stesso) quanto l'art. 13, 1° comma (escludendo le predette indennità dell'agganciamento con il reddito complessivo netto del contribuente);
che l'art. 2 della stessa legge, poi, ha sostituito integralmente l'art. 14 d.p.r. n. 597 ed ha dato una nuova disciplina fiscale al
trattamento di fine rapporto ed alle indennità equipollenti, in modo da tenere conto della durata del rapporto di lavoro e delle
sue caratteristiche; che contemporaneamente ha dettato una diversa disciplina
anche per le altre indennità e somme di cui all'art. 12, lett. e), come modificata;
che l'art. 6 ha, poi, sottoposto a tassazione i capitali che
vengono corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita;
che d'altro canto il legislatore ha avuto anche cura di dare alle
nuove disposizioni effetto retroattivo con le norme contenute
negli art. 4 e 5, imponendo il secondo la riliquidazione (a
domanda) delle indennità e delle altre somme percepite a decor
rere dal 1° gennaio 1980, mentre l'art. 4 contiene, a sua volta, una disciplina dettagliata e particolareggiata per l'applicazione delle nuove disposizioni sia nei giudizi in corso alla data di
entrata in vigore della medesima 1. n. 482 sia negli altri casi nei
quali, pur non essendovi state impugnazioni, non sia decorso il
termine per la proposizione dei ricorsi a norma dell'art. 37 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602;
che con queste ed altre disposizioni contenute nella 1. 482 tutto il meccanismo di tassazione delle indennità, in generale, dovute
per la cessazione dei rapporti di lavoro dipendente, è stato
notevolmente modificato sulla base di nuovi criteri, con la conse
guenza che le varie prospettazioni di illegittimità costituzionale
fatte con le ordinanze di cui in epigrafe (le quali investivano la
legittimità costituzionale della normativa allora vigente sotto mol
teplici aspetti) certamente non trovano più nella legislazione nuova (ma con effetto retroattivo) tutti gli agganciamenti che esse
avevano posto in luce ed occorre procedere ex novo alla indagine
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
sulla rilevanza delle prospettazioni medesime da parte dei giudici a quibus.
Per questi motivi, la Corte costituzionale 1) dichiara manife
stamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 13 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 (« istituzione e
disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche »), nella
parte concernente le indennità considerate nell'art. 12, lett. e), dello stesso decreto, da essa medesima sollevata con ordinanza 19
giugno 1984, in riferimento agli art. 3, 1° comma, e 53, 1°
comma, Cost.; 2) ordina la restituzione degli atti alla Commissio
ne tributaria di I grado di Genova, alla Commissione tributaria
di II grado di Palermo, alla Commissione tributaria di I grado di
Napoli, alla Commissione tributaria di I grado di Roma ed alla
Corte di cassazione, perché riesaminino la rilevanza delle
questioni sollevate con le rimanenti ordinanze indicate in epigrafe.
III
Con i ricorsi del 1980 rivolti all'intendenza di finanza di
Siracusa il dott. Francesco Cordova, magistrato collocato a riposo, chiedeva il rimborso delle ritenute a titolo di i.r.p.e.f. operate sull'indennità di buonuscita erogatagli dall'E.n.p.a.s., con tassazio
ne separata per l'anno 1977. Decorso il termine per la formazione
del silenzio sulle predette istanze, il Cordova adiva la Commis
sione tributaria di I grado di Siracusa, che con decisione 5
febbraio 1981 accoglieva il ricorso. Rigettato l'appello dell'ufficio
finanziario (con decisione 21 aprile 1982 della Commissione di II
grado), la Commissione centrale rigettava il ricorso del predetto
ufficio, con decisione depositata il 28 ottobre 1984, con la quale si osservava quanto segue:
— presupposto essenziale dell'i.r.p.e.f. è, secondo l'art. 1 d.p.r. n. 597/73, il possesso di un reddito proveniente da qualsiasi
fonte, per cui le successive norme vanno intese nel senso restrit
tivo che le indennità, gli emolumenti, le somme e gli assegni ivi
specificati sono assoggettati all'imposta, in quanto costituiscano
reddito e vanno esclusi dall'imposizione quando hanno caratteri
stiche che escludono la natura del reddito;
— gli art. 12, lett. e) e 46, 1° comma, d.p.r. n. 597/73 dichiarano che le indennità di anzianità, di previdenza, di preav viso e le altre somme percepite una volta tanto per la cessazione
di rapporti di lavoro dipendente costituiscono reddito derivante
dal lavoro prestato alle dipendenze e sotto la direzione altrui (v.
anche l'art. 14 d.p.r. n. 597); — deve trattarsi, pertanto, di indennità e somme inquadrabili
nella cat. C dell'art. 6 d.p.r. n. 597, il che avviene soltanto
quando le predette possono essere considerate stipendio differito
che ii datore di lavoro accantona durante il rapporto e corrispon de poi al lavoratore, in una sola attribuzione, alla fine del rap
porto; — tale qualifica non può essere attribuita alle indennità di
carattere previdenziale ed assistenziale che sono formate ed
attribuite — come l'indennità di buonuscita in questione — sulla
base del contributo obbligatorio non solo dell'amministrazione, ma anche del dipendente e non possono essere considerate
corrispettivo del lavoro prestato (anche perché suscettibili di
accrescimento a seguito dell'impiego fruttifero che il fondo riten
ga di farne); — infatti, i contributi che il dipendente corrisponde non sono
rimborsabili, anche se non venga erogata l'indennità di buonusci
ta, la quale ha un ammontare che non corrisponde in maniera
certa al coacervo delle contribuzioni del dipendente e dell'ammi
nistrazione; — tenuto conto degli elementi di alcatorietà inerenti al rappor
to, sembra trattarsi di una forma particolare di assicurazione
sociale obbligatoria a sfondo mutualistico, in cui le contribuzioni
sono assimilabili a premi assicurativi e l'indennità finale, se e
quando venga corrisposta, ha scopi assistenziali e previdenziali, ma si atteggia come un capitale corrisposto al verificarsi di un
evento attinente alla vita umana (e va ricordato che l'art. 15 1. 13
aprile 1977 n. 114 stabilisce che i capitali percepiti in dipenden za dei contratti di assicurazione sulla vita sono esenti dal
l'i.r.p.e.f.); — l'art. 48 d.p.r. n. 597 stabilisce un nesso di dipendenza fra i
compensi e gli emolumenti ed il servizio prestato, per cui fra tali
compensi non può essere compresa l'indennità di buonuscita che,
oltre ad essere alimentata anche dai contributi del lavoratore,
viene corrisposta in base a criteri autonomi rispetto a quelli che
presiedono alla retribuzione ed in concomitanza con la cessazione
del rapporto, ma non in dipendenza del lavoro prestato; — l'indennità di buonuscita non è retribuzione accantonata o
Il Foro Italiano — 1986 — Parte 1-76.
differita, bensì un capitale che non può essere assoggettato ad
imposta sul reddito; — infatti, i contributi del lavoratore sono esclusi ai sensi del
l'art. 48, 2° comma, d.p.r. n. 597 dalla composizione del reddito
imponibile, e non può essere considerata reddito l'indennità di
buonuscita a cui i contributi sono preordinati; — poiché non vi è coincidenza specifica e diretta fra indennità
e contributi, i quali sono impiegati per i vari fini dell'E.n.p.a.s., e
neppure coincidenza fra il coacervo dei contributi e dei frutti e
l'ammontare dell'indennità, non esiste una ragione tecnica di
evitare una doppia imposizione, che spieghi il disposto dell'art.
48, 2° comma, cit.; — in conclusione, l'indennità di buonuscita non concorre a
formare il reddito e non è assoggettata ad i.r.p.e.f.
Avverso la suddetta decisione l'amministrazione finanziaria del
lo Stato ha proposto ricorso per cassazione, a cui ha resistito con
controricorso il Cordova. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
L'amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione
degli art. 1, 12, lett. e), 46 e 48 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, oltre che dell'art. 2, n. 19, lett. b), 1. 9 ottobre 1971 n. 825, in
relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., osservando che l'indennità di
buonuscita erogata dall'E.n.p.a.s. va ricompresa fra le « somme
percepite una volta tanto per la cessazione di rapporti di lavoro
dipendente », definite testualmente « reddito » dalle norme citate.
A fronte del genetico collegamento della buonuscita alla presta zione lavorativa espletata, perde rilievo la circostanza della sua
erogazione da parte di un soggetto diverso dal datore di lavoro, e
cioè da un fondo di previdenza (gestito dall'E.n.p.a.s.) che in
origine era amministrato da una direzione generale del ministero
del tesoro e cioè da un organo appartenente alla p.a., unitaria
mente intesa, datrice di lavoro; fondo alimentato essenzialmente
dai contributi versati dalle amministrazioni statali datrici di
lavoro. La contribuzione obbligatoriamente a carico degli iscritti
(tenuti a rivalere in minima parte quanto anticipato dalle singole
amministrazioni) non va ad alimentare un monte nominativamen
te individuato e di pertinenza dell'iscritto, ma refluisce in una
massa indistinta deputata ad una serie di prestazioni, fra le quali la buonuscita è solo la principale; e poiché i contributi non sono
rimborsabili, ancorché non siano state erogate prestazioni, si
tratta di versamenti a fondo perduto, rispondenti a criteri di
mutualità, di guisa che sarebbe infruttuoso ogni tentativo di
identificare anche una sola quota-parte della buonuscita come
costituita dai versamenti dell'avente diritto; considerazione che
toglie attendibilità all'assimilazione fra buonuscita e capitale assi
curativo, sia per l'inesistenza di un rapporto di sinallagmaticità fra contributi dell'iscritto e buonuscita, sia perché la prevista esenzione da imposta del capitale assicurativo testimonia dell'a
stratta inclusione dello stesso nell'area imponibile, posto che —
in difetto di espressa disposizione esonerativa — anche il capitale
erogato in dipendenza di contratto di assicurazione sarebbe stato
assoggettabile all'imposizione sul reddito.
In definitiva, secondo l'amministrazione, la buonuscita si ricol
lega — come a sua causa genetica — al rapporto d'impiego e la
stessa rappresenta una retribuzione (differita) in rapporto di
sinallagmaticità con la prestazione lavorativa, cosi da costituire
reddito per il percipiente e da integrare il presupposto impositivo
dell'i.r.p.e.f. a norma degli art. 1, 12, lett. e), e 46 d.p.r. n.
597/73. La corte uditi, all'odierna udienza del 24 gennaio 1986, i
difensori delle parti ed il sostituto procuratore generale, osserva:
1) Dopo la proposizione del ricorso è entrata in vigore la 1. 26
settembre 1985 n. 482 ed il primo problema che si deve affronta
re è quello riguardante la sua applicabilità al presente giudizio. La risposta è positiva, in base all'espresso dettato del 1° comma
dell'art. 4; né si potrebbe obiettare che il 5° comma dello stes
so art. 4 dispone: « la riliquidazione dell'imposta ai sensi dei
commi precedenti deve essere richiesta » per inferirne che anche
l'applicabilità in giudizio della nuova legge è condizionata a detta
richiesta. Invero, a parte il singolare e contraddittorio risultato
che detta richiesta comporta la rinuncia ai giudizi, che pertanto si concluderebbero con una declaratoria di estinzione e non con
l'applicazione della nuova normativa, è da sottolineare che l'ulti
mo inciso del 5° comma dispone: « l'istanza può (non ' deve ')
essere presentata anche nel caso di giudizi... pendenti e compor ta la rinuncia ad essi ». La legge conferisce, al soggetto che sia
parte in uno di tali giudizi, l'alternativa fra il continuarlo ed il
farlo estinguere. Nel primo caso, il giudizio resta fermo con tutto
il suo contenuto, in relazione alle domande proposte ed alle
questioni sollevate (che possono andare dalla richiesta dell'assolu
ta intassabilità, anche a tenore della nuova legge, alla questione
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1163 PARTE PRIMA
di legittimità costituzionale, alle questioni processuali di carattere
preclusivo, ecc.) e comprende anche la possibilità che il giudice riconosca applicabile la nuova normativa, il che comporta —
come è bene sottolineare subito — la necessità in ogni caso di
verificare la legittimità dell'originario rifiuto dell'amministrazione
di restituire la ritenuta d'imposta operata a suo tempo, alla
stregua di detta normativa, con conseguente modifica di dispositi vi di decisioni (ancora soggetti ad impugnazione) che abbiano
deciso in senso diverso, sia nella direzione dell'assoluta e totale
illegittimità di quel rifiuto, sia nell'altra opposta di conferma
della legittimità di esso.
Nel secondo caso, invece, chiuso il giudizio, si dà luogo alla
riliquidazione in via amministrativa, salvi i rimedi autonomi
contro tale atto (che potranno essere esperiti). Poiché la scelta è devoluta alla volontà delle parti, nonostante
che per essa sia posto un termine (28 febbraio) anche nell'ipotesi di cui all'ultimo inciso del 5° comma dell'art. 4, e poiché essa è
valutata dal giudice in termini di « rinuncia al giudizio », dato
atto che l'istanza che comporterebbe tale rinuncia, allo stato, non
solo non è stata provata, ma è stata esclusa dalle parti, si deve
quindi procedere nell'esame della controversia che — si ripete —
potrà avere uno degli esiti suindicati ed almeno (come risultato
alternativo e residuale rispetto a tutti gli altri possibili) l'applica zione giudiziale della riliquidazione, sia pure in via di declarato
ria dell'obbligo della p.a. di compierla (con la clausola di
salvaguardia dell'ultimo inciso del 1° comma: « in nessun caso si
fa luogo ad applicazione di maggiore imposta), senza necessità di
un'istanza ai sensi del 5° comma, ma in relazione alle domande
giudiziali delle parti, valutate alla stregua della nuova normativa.
2) Nelle considerazioni che precedono è contenuta la risposta — da un lato — alla richiesta della difesa dell'amministrazione di
rinviare la trattazione del ricorso a data successiva al 28 febbraio
1986 (in quanto si deve prender atto che non esiste una richiesta
della parte interessata, la quale tuttavia conserva il suo diritto di
scelta fino al termine stabilito, con le conseguenze di legge che si
ripercuotono sul prosieguo del presente giudizio; ma, se non
presenterà l'istanza all'intendenza di finanza, non verrà pregiudi
cato, comunque, il suo diritto alla riliquidazione ai sensi della
nuova legge, se ed in quanto esistente); e, dall'altro lato, la
risposta all'avviso espresso nell'ultima memoria dalla difesa del
Cordova, secondo cui il caso dovrebbe essere regolato interamen
te dalle norme anteriori.
3) La lett. e) dell'art. 12 d.p.r. n. 597 è sostituita dalla seguente: « trattamento di fine rapporto di cui all'art. 2120 c.c.; indennità
equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata del
rapporto di lavoro dipendente .. .; altre indennità e somme per
cepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predet ti rapporti ». Di fronte a tale testo il collegio non ritiene
seriamente discutibile la ricomprensione nella normativa dell'in
dennità « E.n.p.a.s. » di cui è causa, perché la lettera è cosi
evidente che la dimostrazione dell'assunto costituirebbe un puro e
semplice elenco delle caratteristiche dell'indennità di buonuscita
a favore degli statali e nel riscontro di tali caratteristiche nella
dizione della legge. Si deve soltanto sottolineare: a) che non è possibile dubitare
che il legislatore abbia tenuto presente l'esistenza del contenzioso
in proposito, per cui la volontà di escludere ora l'indennità di cui
è causa dalla tassazione con l'i.r.p.e.f. avrebbe dovuto essere
espressa; b) che non si può seriamente attribuire al legislatore —
proprio nella prospettiva delle ben note vicende nelle quali si è
inserita la legge — l'intenzione di ricomprendere (e con effetto
retroattivo anche sui giudizi pendenti, in relazione all'interpreta zione del 1° comma dell'art. 4 che si è data nel 1° paragrafo e
quindi anche per le indennità già riscosse negli anni passati) nella
tassazione l'indennità predetta, che invece per l'innanzi sarebbe
stata esclusa dall'i.r.p.e.f. La verità è che il ragionamento seguito dalla Commissione
centrale è inesatto in primo luogo dal punto di vista metodologico. Di fronte ad una legge fiscale che si inserisce in un vasto
disegno di riforma, non si può procedere all'interpretazione fissando una nozione di « reddito » con riguardo all'ipotesi più evidente (retribuzione in corrispettivo di un lavoro prestato) e
negare che il legislatore abbia voluto « assimilare » a questa
ipotesi altre che — nell'ambito di quel vasto disegno — ha ritenuto di sottoporre al medesimo trattamento tributario (sia
pure con i corrispettivi della tassazione separata e dell'allora
vigente testo dell'art. 13 d.p.r. n. 597). Si vuol dire che, anche ammesso che l'indennità di cui è causa non sia « retribuzione differita », questo elemento non ha alcun valore decisivo, perché potrebbe costituire reddito a diverso titolo. Ed anche ammesso che non sia « reddito », ma « capitale », niente vieterebbe al
Il Foro Italiano — 1986.
legislatore di sottoporla a tassazione sul reddito {salvi i controlli
di legittimità costituzionale di cui si dirà). Esattamente la difesa
dell'amministrazione rileva che i « capitali » riscossi in dipenden za di un'assicurazione sulla vita non erano escludibili dall'imposi zione in base al testo originario del d.p.r. n. 597; ma furono esentati
soltanto (e significativamente al di fuori della delega di cui alla 1.
n. 825/71) con la 1. 13 aprile 1977 n. 114, art. 15, avente effetto
dal 1° gennaio 1974 (art. 23 1. del 1977), con norma di esenzione
aggiunta all'art. 34 d.p.r. n. 601, che presuppone l'astratta impo nibilità. E, del resto, nell'ambito del medesimo art. 12, lett. e),
d.p.r. n. 597 erano fin dall'origine incluse le somme derivanti da
« capitalizzazioni » di pensioni.
La verità è che il legislatore delegante del 1971 e quello
delegato del 1973 non sono partiti da una nozione di reddito
delle persone fisiche in termini unitari ed omogenei, ma si sono
limitati ad attribuire ad esso il significato di una unità onnicom
prensiva (risultante dalla somma di singoli cespiti) e cioè di una
base imponibile che comprende ogni entità o ricchezza « nuova »
che aumenti la capacità contributiva. Ne deriva l'impossibilità di
dare una nozione « legislativa » di reddito in termini rigorosamen te omogenei: si vuole colpire il reddito « complessivo » che
risulta dalla somma di singoli redditi. Ma il concetto di reddito
non risulta dalla definizione legale del presupposto dell'imposta, essendo necessario esaminare il contenuto delle norme che indivi
duano le componenti positive e negative di ogni categoria di
reddito (che concorre a formare quello complessivo) allo scopo di
individuare la latitudine attribuita ad ogni categoria. Il criterio per la determinazione del presupposto dell'i.r.p.e.f.
consiste nell'imputabilità al soggetto di redditi provenienti da
qualsiasi fonte, mentre manca la considerazione unitaria del
reddito complessivo e la legge « enumera » le componenti reddi
tuali; ma neppure nell'ambito di ogni categoria vengono utilizzati
criteri omogenei. Una significativa riprova del modo di procedere del legislatore è dato da quel passo della relazione al disegno di
legge-delega dove si dice che la nozione di reddito, anche nella
futura legislazione, continuerà ad essere conforme alla nozione
economica ed ai criteri del t.u. n. 645/58, ma si dice contestual
mente che si chiarisce che concorrono a formare il reddito
complessivo anche le sopravvenienze attive e le plusvalenze, per evitare dubbi insorti circa il carattere di reddito di tali plusvalen ze e sopravvenienze, e per evitare altresì di impedire che in
mancanza di una generale imposizione sugli incrementi patrimo niali, le suddette si trovassero esenti da ogni imposizione.
Il collegio osserva che la medesima preoccupazione di rendere
tassabile con l'unica forma di imposizione prevista (quella sul
reddito, in mancanza della previsione di una generale imposta patrimoniale) le entità che sono considerate « ricchezze nuove », ma non sono puri « redditi », potrebbe avere avuto il suo peso nella disciplina del trattamento fiscale delle indennità di fine
rapporto di lavoro, compresa quella di cui è causa. La presa d'atto del carattere enumerato delle singole componenti dei reddi ti (vedi la formula « costituiscono reddito di lavoro dipendente anche le pensioni o gli assegni ad esse equiparati e le indenni
tà e le altre somme di cui alla lett. e dell'art. 12 », usata dall'art. 46 d.p.r. n. 597; nonché le varie forme di « assimilazio ne » di cui all'art. 47) rende evidente che il legislatore ricom
prende in un'unica categoria un « tipo » di reddito nel quale si riscontrano indefettibilmente le caratteristiche proprie della no
zione, anche in senso economico, del reddito considerato (per esempio: la retribuzione, per il reddito di lavoro dipendente) e
poi estende la medesima disciplina ad altre forme di ricchezza che possono ricomprendersi (per qualche elemento di identità o di assimilazione) nella stessa categoria. La determinazione dei
requisiti necessari per l'appartenenza alla categoria, con riferimen to al tipo fondamentale di reddito che vi appartiene (nella
fattispecie: la retribuzione, ai sensi del 1° comma dell'art. 48
d.p.r. n. 597) non svolge un ruolo decisivo per interpretare la
legge allo scopo di conoscere se un'altra ricchezza è sottoposta alla medesima disciplina quando, come nel caso, l'interpretazione della legge è univoca nel senso che la suddetta altra ricchezza è
ricompresa nella categoria considerata; infatti, qualunque rilievo della « diversità » rispetto al tipo fondamentale non potrebbe mai condurre ad un'interpretazione abrogante della norma (quale è
quella che ha compiuto la Commissione centrale). Invece, il suddetto esame è indispensabile allo scopo di verificare se la
ricomprensione nella medesima disciplina di entità economiche che presentano elementi di diversificazione rispetti i limiti posti dalle norme della Costituzione che il legislatore deve osservare, per non oltrepassare la sfera della sua potestà discrezionale.
4) Sotto questo diverso profilo (che la Commissione centrale ha ritenuto espressamente di non dover esaminare, ritenendo che si
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
potesse immediatamente privilegiare un'interpretazione « conforme alla Costituzione », che invece, lo si ripete, è un'interpretazione abrogante e quindi inesatta) è necessario, in primo luogo, osser vare che il tipo fondamentale di reddito rientrante nella categoria (reddito di lavoro, nella sua sottospecie di lavoro dipendente) presenta senza dubbio il requisito economico del « reddito », inteso come ricchezza nuova e riproducibile in rapporto di
causalità con la sua fonte produttiva. Ma si deve osservare subito che l'elemento della riproducibilità non è essenziale, perché è sufficiente che una ricchezza nuova si aggiunga ad una preesisten te, determinando un aumento di valore nel patrimonio del sogget to, all'infuori — quindi — del risarcimento di un danno subito o
della reintegrazione di una perdita sofferta. È poi sufficiente
che, rispetto alla fonte produttiva (nella specie del lavoro:
l'impiego di determinate energie) vi sia un nesso anche indiretto, in quanto sia necessario un ulteriore atto o evento che determina l'afflusso di nuova ricchezza a favore del soggetto (per esempio, la cessazione del rapporto di lavoro che, occasionalmente, fa
sorgere il diritto alla percezione di una somma che deriva dal
precedente rapporto e quindi dalla stessa fonte produttiva). La disciplina concreta dell'indennità di buonuscita regolata, per
1 dipendenti statali, dal d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032 e succ.
mod., presenta però degli elementi peculiari di distinzione, in
forza dei quali si caratterizza in maniera diversa dal reddito (sia
pure occasionale) collegato alla stessa fonte del rapporto di
lavoro, e differito al momento della sua cessazione.
Si tratta di accertare se tali caratteristiche siano cosi prevalenti da rendere possibile l'applicazione di esclusioni o limitazioni alla
imponibilità con un'imposta sul reddito, in forza della tutela
costituzionale delle caratteristiche medesime. L'indagine (in questa sede ovviamente limitata alla delibazione della non manifesta
infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale) deve
svolgersi su due livelli diversi, per qualche aspetto collegati e per altri versi l'uno subordinato all'altro: quello della necessità di
una completa esclusione dalla tassazione e quello, più gradato, della illegittimità costituzionale del concreto sistema attuale di
tassazione sotto l'aspetto quantitativo e cioè della misura concreta
di prelievo fiscale che tale sistema consente. La corte osserva che il carattere « previdenziale » dell'indennità
non può essere contestata alla luce della propria — ben nota —
precedente giurisprudenza e di quella della Corte cost. (sent. n.
82/73, Foro it., 1973, I, 2372, fra le altre). Parimenti, è da
rilevare l'esistenza, nel sistema di cui al d.p.r. n. 1032/73, di
caratteristiche proprie di un'assicurazione (sociale ed obbligatoria) su base mutualistica, attraverso la quale si attua la funzione
previdenziale. Si intende fornire al dipendente (assicurato) una tutela contro
il verificarsi di determinati eventi futuri ed incerti (per lo meno
circa il momento del loro verificarsi) assicurandogli una presta zione destinata a sopperire alla necessità o ai bisogni che in quel momento verranno ad esistenza, e cioè ad indennizzare il danno
causato dall'avveramento del rischio. La circostanza che il contri
buto sia — per la maggior parte — versato dal datore di lavoro
(p.a.), che se ne rivale solo in parte sul lavoratore (art. 37 d.p.r. n. 1032/73) non allontana l'istituto in esame dal campo delle
assicurazioni, nel quale si presenta una dicotomia di rapporti: o
quello nascente da un contratto sinallagmatico; ovvero quello nascente dalla partecipazione ad una società mutua assicuratrice.
A questo secondo tipo si può avvicinare il « fondo » di cui all'art. 32 d.p.r. n. 1032/73, pur non sottacendosi che esso ha
finalità diverse (ma quella attinente al credito è alimentata da un
contributo distinto: 2° comma dell'art. 37). La struttura mutuali
stica spiega perché non esista una puntuale corrispondenza fra i
contributi del singolo iscritto — mai rimborsabili — e l'indennità
pagata. Si tratta di un sistema previdenziale sociale (obbligatorio) fondato sul meccanismo della ripartizione o retributivo anziché su
quello della contribuzione o capitalizzazione. È stato notato, del resto, che anche nel campo delle assicura
zioni private esiste un principio di solidarietà collettiva, in
quanto la collettività degli assicurati per un determinato rischio
finisce col fornire i mezzi necessari all'assicuratore per indenniz
zare i sinistri.
5) Sulla base della suddetta premessa, appare non manifesta
mente infondata, sotto molteplici aspetti, la questione di illegitti mità costituzionale del sistema derivante dagli art. 1 1. n. 482/85
(nella parte in cui mod. l'art. 12, lett. e, d.p.r. n. 597) e dagli art.
2 e 4 della stessa legge, che si dovrebbero applicare alla pre sente controversia, e cioè in correlazione con la loro applicabi lità all'indennità di buonuscita regolata dall'art. 3 d.p.r. 29
settembre 1973 n. 1032 (mod. dall'art. 7 1. 29 aprile 1976 n. 177).
A) L'appartenenza al medesimo genus dell'assicurazione sulla
Il Foro Italiano — 1986.
vita in ragione della sussistenza di un'operazione (obbligatoria) di
risparmio previdenziale, che pure è sottesa a quell'istituto, pone in evidenza la diversità di trattamento fiscale dei capitali riscossi in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, sotto due
profili, uno specifico per il presente caso ed uno generale. Si potrebbe subito obiettare che l'incostituzionalità per viola
zione dell'art. 3 Cost, in correlazione con l'art. 53, 1° comma, Cost, non è neppure proponibile, per l'evidente diversità di elementi differenziatori in primo luogo il carico contributivo posto prevalentemente a carico dello Stato dei due istituti, pur nell'ap partenenza ad uno stesso amplissimo genus; ma l'obiezione deve tener conto del sistema legislativo. Proprio con riguardo alla
modifica del trattamento fiscale dell'indennità di buonuscita la
medesima 1. n. 482/85 ha modificato (art. 6) il trattamento fiscale dei capitali riscossi in dipendenza dei contratti di assicurazione sulla vita — esclusi quelli corrisposti a seguito di decesso
dell'assicurato — con evidenti intenti perequativi (considerata l'occasione della legge, determinata anche dalla prospettazione in
più sedi del dubbio della disparità di trattamento). È lo stesso
legislatore che autorizza il compimento di una valutazione com
parativa fra i due trattamenti, allo scopo di stabilire se sono stati
rispettati gli art. 3 e 53 Cost. E la risposta, per il passato, non
potrebbe essere che negativa. Infatti, poiché l'art. 6 non ha
effetto che per il futuro a decorrere dal 1° ottobre 1985, con
riguardo invece all'indennità percepita dal Cordova nel 1977 si
renderebbe, ora, applicabile, la tassazione di cui all'art. 2 1. n. 482, mentre ai capitali riscossi nello stesso anno passato, in
dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, continuano a
godere dell'esonero di cui alla 1. 13 aprile 1977 n. 114.
D'altra parte, indipendentemente da tale valutazione specifica del caso concreto, questo dovrebbe essere esaminato, in ogni caso, comparando il trattamento derivante dall'art. 2 1. n. 482
con quello stabilito dall'art. 6 della stessa legge, che non è dubbio essere più favorevole del primo. In altri termini, ben si
può partire da un sistema che prevede la tassazione dell'uno
(capitale assicurato) e dell'altro cespite (indennità di buonuscita), in dipendenza della circostanza che (a parte la componente del rimborso dei premi versati, non a caso detratti dalla base
imponibile nell'art. 6) anche il capitale assicurato può qualificarsi economicamente e fiscalmente reddito. Ma un tale sistema deve
rispettare la parità di trattamento tributario, che nella specie non
esiste, posto che la ritenuta in una percentuale fissa (art. 6 1. 482) del 12,5 % è indubbiamente minore di una ritenuta calcolata con l'aliquota variabile di cui all'art. 2, dato che le tabelle delle aliquote, dal 1" gennaio 1976 al 31 dicembre 1982, fissano una progressione, nella quale la percentuale del 13 % è
superata subito col superamento dei quattro milioni di reddito; e
posteriormente al 31 dicembre 1982, presenta come primo sca
glione il 18 %, mentre il meccanismo della riduzione di lire
500.000 per ciascun anno (art. 2) potrebbe trovare un riscontro nella detrazione dei premi riscossi (art. 6). È quindi da dubitare fondatamente che — volendo anche superare il primo rilievo valido
per il passato e quindi per il presente caso — la nuova legge abbia attuato una effettiva perequazione, impingendo quindi nel
dubbio di violazione dell'art. 3 Cost, in rapporto con l'art. 53
Cost., perché analoghe capacità contributive sono trattate diver
samente.
Il primo dubbio concerne il « se » dell'imposizione esclusa in
un'ipotesi per una esenzione che avrebbe dovuto invece estendersi all'altra ipotesi, economicamente assai simile; il secondo dubbio
riguarda il quantum dell'imposizione, assai diversa nei due casi.
B) Considerando (secondo una ricostruzione sistematica risalen
te, ma tuttora seguita da una parte della dottrina) la natura indennitaria dell'assicurazione previdenziale sulla vita (natura che in base ai rilievi posti si riscontra anche nell'indennità di buonuscita E.n.p.a.s.) si dovrebbe in radice escludere il carattere di « ricchezza nuova » che giustifica l'imposizione su un reddito, anche a voler includere (come indubbiamente il legislatore, a certe condizioni, può fare) la riscossione di un capitale una tantum nel sistema di un'imposizione sul reddito, posto che l'assenza di un'imposizione patrimoniale farebbe altrimenti sfuggi re a qualsiasi imposizione una manifestazione di capacità contri butiva. Per altro verso, infatti, non si avrebbe una ricchezza nuova e quindi una manifestazione di capacità contributiva, con violazione dell'art. 53, 1° comma, Cost., quando si ottiene la
reintegrazione di una perdita sofferta; perdita che consiste nel verificarsi dell'evento (cessazione dal servizio) con le conseguenze dannose previste (cessazione della capacità di guadagno, anche in
dipendenza dell'età normalmente raggiunta all'atto della cessazio ne dal servizio; perdita dei miglioramenti retributivi collegati con la permanenza in sei-vizio, non compensata dall'ammontare ten
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denzialmente e notoriamente minore della pensione). Secondo
questa veduta, il carattere indennitario si coglie in relazione al
proposito del soggetto di disporre di una determinata rendita ad
un dato momento della vita ed al risarcimento del mancato
conseguimento di quel profitto sperato.
C) Ma, a prescindere dagli esposti rilievi, il carattere (anche se — secondo la prevalente opinione dottrinaria — non totalmente)
previdenziale dell'indennità E.n.p.a.s. comporta il riscontro della
conformità della nuova disciplina agli art. 38, 2° comma, 53, 1°
comma, e 3 Cost, (sotto un aspetto diverso da quello già considerato).
L'indennità è destinata a far fronte ad una situazione di
bisogno, che ha un carattere non ricorrente, ma fissato nel tempo successivo alla cessazione del servizio attivo col contestuale
raggiungimento di una certa età a cui si accompagna una
normale invalidità, nonché l'aumentato rischio di malattie e di
spese. Si tende a rendere meno difficile il passaggio da una
situazione all'altra, con una indennità che per il suo scopo
previdenziale rientra nella tutela del 2° comma dell'art. 38 Cost., circa l'adeguatezza dei mezzi rispetto alle esigenze di vita, in caso
di invalidità e vecchiaia. La difesa dell'amministrazione osserva che il problema della verifica della legittimità costituzionale si
riduce a quello della verifica della quantità dei mezzi disponibili, non potendo desumersi dall'invocato precetto costituzionale una
garanzia di assoluta intangibilità — o indistraibilità — del
complesso dei mezzi somministrati al lavoratore alla cessazione
del rapporto.
Il problema però — senza escludere quello del se dell'imposi zione — riguarda essenzialmente le forme ed i criteri dell'imposi zione (art. 2 della nuova legge), come ha già ribadito la Corte cost, con le ordinanze 20 giugno 1984, n, 179 (id., 1984, I, 1761) e 17 dicembre 1985, n. 351 (id., 1986, I, 1156), per cui si tratta
di accertare se il nuovo meccanismo ha tenuto conto delle caratteri stiche proprie dell'indennità di buonuscita E.n.p.a.s. nonché dell'ar co di tempo in cui si è maturata, tramite l'esclusione operata (con la modifica dell'art. 13, 1° comma, d.p.r. n. 597/73) dall'aggancia mento col reddito complessivo netto del contribuente.
È convincimento di questa corte che l'accorgimento non sia stato sufficiente ad eliminare i dubbi di legittimità costituzionale.
Invero, la precedente normativa si caratterizzava (art. 13) per la determinazione dell'imposta con applicazione dell'aliquota cor
rispondente alla metà del reddito complessivo netto del contri buente nel biennio anteriore all'anno in cui è sorto il diritto alla
percezione dell'indennità; il suddetto agganciamento ad un reddi to complessivo netto che poteva comprendere altri redditi non di lavoro dipendente del soggetto e che, per essere riferito al biennio anteriore, rifletteva la misura più elevata delle retribuzio ni normalmente percepite in tale periodo, comportava la fissazio ne di aliquote elevate, alcune volte non aventi alcun riferimento con l'indennità in questione, e comunque in ogni caso fissate senza tener conto della caratteristica previdenziale (e quindi « diversa ») dell'indennità stessa, nonché dell'arco di tempo che necessariamente era dovuto trascorrere per raggiungere quel de terminato ammontare di essa.
Non è possibile ritenere che il nuovo sistema comporti sempre un miglioramento e cioè un sostanziale alleggerimento della
precedente tassazione, perché anzi il legislatore ha preso in
considerazione ipotesi di tassazione pari o più elevate, se ha
disposto che l'operazione di riliquidazione in nessun caso darà
luogo ad applicazione di maggiore imposta (ultimo inciso del 1° comma dell'art. 4). In questi casi, dunque, che non risulta affatto che siano sporadici ed eccezionali (benché questa non sia la sede
per fare esemplificazioni) la nuova legge non porta alcun sostan
ziale beneficio al contribuente, per cui anche il nuovo meccani smo non sembra aver tenuto conto della caratteristica previden ziale dell'indennità e della sua commisurazione alla durata del
rapporto di lavoro.
Sotto il primo profilo risulta seriamente prospettabile la viola zione degli art. 38, 2° comma, e 53, 1° comma, Cost, perché viene
permesso che risorse specificamente destinate ad uno scopo pre videnziale siano fatte oggetto di prelievo fiscale senza l'adozioni di efficaci accorgimenti che — pur nell'ambito della discrezionali tà legislativa — siano tali da salvaguardare in maniera effettiva la destinazione previdenziale dell'indennità. Viene altresì' fissato co me indice di capacità contributiva un importo che sia pure col meccanismo macchinoso dei calcoli di cui all'art. 2, nonché delle detrazioni ivi fissate (peraltro ridotte, per il caso che è oggetto della presente causa, ai sensi del 4° comma dell'art. 4) è pur sempre soggetto ad un'aliquota progressiva che anche ai livelli
più bassi è di rilevante ammontare, laddove la capacità contribu
ii, Foro Italiano — 1986.
tiva rivelata da quell'introito è limitata naturalmente dall'occasio
nalità una tantum dello stesso, dalla sua destinazione al soddisfa
cimento di bisogni specifici costituzionalmente protetti, dal con
temporaneo venir meno (per altro verso) di altri introiti derivanti
dal rapporto di lavoro non più in atto.
Sotto il secondo profilo, esiste il dubbio della violazione degli art. 3 e 53 Cost., perché i rapporti di minor durata vengono
penalizzati rispetto agli altri.
Infine e in terzo luogo vi è una specifica lesione del principio di uguaglianza tributaria fissato dagli articoli da ultimo citati, con
riguardo all'indennità di cui è causa, alla cui formazione hanno
concorso i contributi dei dipendenti (art. 37 d.p.r. n. 1032/73).
Infatti, tali indennità sono trattate fiscalmente nella stessa manie
ra di quelle di cui all'art. 2120 c.c., in ordine alle quali bisogna considerare la disciplina prima e dopo l'introduzione del nuovo
sistema di cui alla 1. 29 maggio 1982 n. 297 (e nel caso presente la comparazione va fatta col sistema precedente, nel quale nessun
onere era posto a carico dei lavoratori dipendenti, come del resto
con la nuova legge).
Non aver tenuto conto, internamente alla disciplina della legge del 1985, delle suddette diversità, può prospettarsi come lesione, sotto un diverso profilo, dei principi di uguaglianza tributaria cui
agli art. 3 e 53 Cost. IÈ vero, infatti, che come giustificazione interna alla tassabilità della parte di indennità che può conside
rarsi corrispondente ai contributi versati dai lavoratori, si può addurre la circostanza che i contributi (intassabili, ex art. 48, 2°
comma, e 10, lett. i, d.p.r. n. 597/73 e succ. mod., al momento del loro versamento) diventano tassabili al momento della loro
considerazione nell'ambito dell'indennità percepita, per evitare tanto una doppia tassazione che una completa evasione (cfr. Cass. 2 giugno 1981, n. 3548, id., Rep. 1981, voce Ricchezza mobile, n.
17). Tuttavia la giustificazione tecnica non supera i dubbi di
incostituzionalità, sia perché tale situazione non si riscontra per i
lavoratori privati, mentre i dipendenti dello Stato (pur detraendo
ogni anno l'importo dei contributi dal reddito complessivo) alla
cessazione del rapporto d'impiego saranno soggetti all'imposizione senza tener conto che tali contributi sono stati versati da loro
stessi; e sia perché la legge del 1985, in un caso analogo, ha
disposto invece la detrazione dei premi pagati dall'assicurato, pur mantenendo ferma la detrazione annuale di cui all'art. 10, lett. /),
d.p.r. n. 597 dei premi medesimi (art. 6).
Si tratta, quanto a quest'ultimo, di un rilievo diverso ed
indipendente rispetto alla comparazione, già fatta supra sub A), col citato art. 6.
Per questi motivi, la Corte di cassazione, sez. I civile, visto l'art. 1 1. Cost. n. 1/48, visto l'art. 23 1. 11 marzo 1953 n. 1, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione sulla legittimità costituzionale dell'art. 1 1. 26 settembre 1985 n.
482, nella parte in cui modifica l'art. 12, lett. e), d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 e degli art. 2 e 4 stessa legge n. 482, in
quanto applicabili all'indennità di buonuscita di cui all'art. 3
d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032, mod. dall'art. 7 1. 29 aprile 1976 n. 177, per constrasto con gli art. 3, 38, 2° comma, e 53
Cost.; (omissis)
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 marzo 1986, n. 55
<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 marzo 1986, n. 12); Pres. Paladin, Rei. Andrioli; Banca agricola cooperativa di Cerea c. Corato ed altri; Cassa rurale ed artigiana di Cerea c. Corato e Tonetti; Banca cattolica del Veneto c. Corato. Ord. Cass. 7 novembre 1984 (G. U. n. 279 bis del 1985); 7 novembre 1984 (G.U. n. 287 bis del 1985); 15 gennaio 1985 (G. U. n. 293 bis del 1985).
Amministrazione controllata — Giudice delegato — Decreti deci sori — Reclamo — Termine — Decorrenza dalla data del
provvedimento — Incostituzionalità (Cost., art. 24; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 23, 26, 164, 167, 188).
È illegittimo, per violazione dell'art. 24 Cost., l'art. 26 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 in relazione agli art. 23, 1° comma, 188, 2" e 3° comma, 167, 2" comma, e 164 l. fall, nella parte in cui
assoggetta al reclamo al tribunale, nel termine di tre giorni decorrente dalla data del decreto anziché dalla data della comunicazione dello stesso debitamente eseguita, i provvedi
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— Competenze — Urbanistica — Limite — Tutela del paesaggio —
Esclusione (id.). I, 1196 (con nota di M. R. Cozzuto Quadri). — Competenza in materia di tutela del paesaggio — Delega — Poteri concorrenti dello Stato (id.). I, 1196 {con nota di M. R. Gozzuto Qua dri). — Competenze delegate in materia di tutela del paesaggio — Pretesa dello Stato ad informazioni — Ammissibilità (id.). I, 1196 (con nota di M. R. Cozzuto Quadri). — Elenchi di beni soggetti a vincolo — Decreto ministeriale — Con flitto di attribuzione — Sopravvenuta imposizione legislativa — Inam missibilità (Corte cost. 21 dicembre 1985, n. 358). I, 1197 (con nota di M. R. Cozzuto Quadri). — Dichiarazione di notevole interesse pubblico —- Vincolo di inedifica bilità a termine — Decreto ministeriale — Conflitto di attribuzione —
Sopravvenuta imposizione per legge — Inammissibilità (id.). I, 1197
(con nota di M. R. Cozzuto Quadri). — Emilia-Romagna — Finanza regionale — Contabilità intestate alle unità sanitarie locali •— Disposizioni ministeriali — Conflitto di attribu zioni — Inammissibilità (Corte cost. 29 ottobre 1985, m. 245). I, 1228.
Registro (imposta di) — Toscana e Umbria — Finanza regionale —
Giacenze presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato — Limite del quattro per cento — Computo dei titoli di Stato e non — Previsione
già stabilita da precedente decreto — Conflitto di attribuzione — Inam missibilità (Corte cost. 29 ottobre 1985, n. 244). I, 1230. — Toscana e Umbria — Finanza regionale — Giacenze presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato — Spettanza alle regioni della piena ed immediata disponibilità (id.). I, 1230. — Finanza regionale — Interessi sulle disponibilità eccedenti il limite stabilito — Determinazione delle modalità di pagamento — Spettanza allo Stato (id.). I, 1230. — Finanza regionale — Giacenze presso le sezioni di tesoreria provin ciale dello Stato — Limite del quattro per cento — Computo dei man dati in corso non ancora pagati — Spettanza allo Stato (id.). I, 1230. — Toscana e Umbria — Finanza regionale — Versamento delle dispo nibilità eccedenti il limite del quattro per cento — Fissazione del ter mine — Spettanza allo Stato (id.). I, 1231. V. Contabilità e bilancio dello Stato — Cfr. d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 (primo risvolto di copertina).
Responsabilità contabile e amministrativa — Direttore didattico — Isti tuzione di prima classe elementare con alunni di età inferiore a quella richiesta per l'iscrizione — Non utilizzazione di insegnante titolare di classe differenziale — Sussistenza (Corte conti, sez. I, 10 luglio 1985, n. 153). III, 225. — Smarrimento di corrispondenza assicurata — Impiegati postali —
Responsabilità contabile — Difetto di prova liberatoria — Sussistenza (Corte conti, sez. II, 27 maggio 1985, n. 111). III, 229.
Riscossione delle imposte — Pignoramento di mobili nella casa di abi tazione del debitore d'imposta — Opposizione di terzo — Esclusione del coniuge, dei parenti e affini fino al terzo grado — Questione mani festamente infondata di costituzionalità anche in relazione al nuovo dirit to di famiglia (Corte cost. 30 aprile 1986, n. 123). I, 1475 (con osservaz. di A. Proto Pisani). — Pignoramento di mobili nella casa di abitazione del debitore d'im
posta — Opposizione di terzo — Esclusione del coniuge, dei parenti e affini fino al terzo grado del contribuente ancorché abbiano rinunciato all'eredità e siano solo succeduti nel contratto di locazione — Que stione manifestamente infondata di costituzionalità (Corte cost. 30 aprile 1986, n. 121). I, 1476 (con osservaz. di A. Proto Pisani). — Pignoramento di mobili nella casa di abitazione del debitore d'im posta — Opposizione di terzo — Esclusione del coniuge, dei parenti e affini fino al terzo grado — Questione manifestamente infondata di costituzionalità — Opposizione di terzo — Limiti alla prova testimo niale — Questione manifestamente inammissibile di costituzionalità (Corte cost. 12 dicembre 1984, n. 283). I, 1476 (con osservaz. di A. Proto Pisani). — Pignoramento di mobili nella casa di abitazione del debitore d'im posta — Opposizione di terzo — Esclusione del coniuge e dei parenti e affini fino al terzo grado — Questione non manifestamente infondata di costituzionalità (Trib. Cosenza 14 novembre 1984). I, 1476 (con osservaz. di A. Proto Pisani).
Separazione di coniugi — Provvedimento provvisorio presidenziale ante riore alla riforma del diritto di famiglia — Assegnazione della casa fa miliare a favore del coniuge non proprietario — Opponibilità dell'as
segnazione al terzo acquirente l'immobile — Esclusione (Cass. 31 gen naio 1986, n. 624). I, 1317 (con nota di A. Jannarelli). — Provvedimento provvisorio presidenziale — Assegnazione della casa familiare a favore del coniuge non proprietario — Opponibilità del
l'assegnazione al terzo acquirente l'immobile — Esclusione (Cass. 16 ottobre 1985, n. 5082). I, 1317 (con nota di A. Jannarelli). V. Provvedimenti d'urgenza
Sfratto (procedimento per la convalida di) — Sospensione del giudizio — Ordinanza provvisoria di rilascio — Ammissibilità (Pret. Milano 19 dicembre 1984). I, 1409. — Ordinanza di rilascio con riserva di eccezioni — Natura ed effetti — Estinzione del processo per mancata riassunzione — Conseguenze (Pret. Verona 13 novembre 1985). I, 1457.
Sindacati — Unica r.s.a. per più stabilimenti — Locale per riunioni unico (Cass. 1° marzo 1986, n. 1321). I, 1486.
Società — Società a responsabilità limitata — Amministratore-rappre sentante — Cessazione dall'ufficio — Opponibilità ai terzi — Condizioni (Cass. 5 dicembre 1985, n. 6095). I, 1364. — Società per azioni — Amministratori — Revoca per giusta causa — Nozione (Cass. 22 giugno 1985, n. 3768). I, 1364. — Società a responsabilità limitata — Durata annuale dell'esercizio so ciale — Termine di chiusura — Rinvio — Illegittimità (Trib. Udine 23 gennaio 1986). I, 1415. — Società per azioni — Delibera assembleare — Omologazione par ziale — Inammissibilità (id.). I, 1415. — Società per azioni — Durata annuale dell'esercizio sociale — Termi ne di chiusura — Rinvio — Illegittimità (Trib. Udine 13 dicembre 1984). I, 1415. — Fusione — Opposizione dei creditori — Natura contenziosa — Og getto (Trib. Prato 8 gennaio 1986). I, 1417 (con nota di M. Pagano). — Fusione — Opposizione dei creditori — Autorizzazione alla fusione previa prestazione di garanzia — Provvedimento del tribunale — Na tura (id.). I, 1417 (con nota di M. Pagano). — Cfr. I. 7 maggio 1986, n. 150 (primo risvolto di copertina).
Sport — Calcio — Federazione italiana gioco calcio — Ruoli arbitrali — Giovane di sesso femminile — Diniego d'inclusione — Previsione regolamentare — Domanda di annullamento — Giurisdizione ammi nistrativa — Fattispecie (Cass. 9 maggio 1986, n. 3092). I, 1251. — Federazione italiana pallacanestro — Giocatore proveniente da fe derazione straniera — Mancato tesseramento — Domanda di rilascio del cartellino — Giurisdizione amministrativa — Azione risarcitoria —- Limiti di proponibilità — Giurisdizione ordinaria — Fattispecie (Cass. 9 maggio 1986, n. 3091). I, 1257. — Cfr. d.p.r. 28 marzo 1986, n. 157 (primo risvolto di copertina).
Straniero — Espulsione per difetto di mezzi di sostentamento — Con danna penale non defintiva — Legittimità (T.A.R. Umbria 11 marzo 1985, n. 27). Ili, 235. — Espulsione per difetto di mezzi di sostentamento — Mancata con siderazione della condizione di rifugiato politico — Legittimità —
Fattispecie (id.). IH. 235. — Espulsione per difetto di mezzi di sostentamento — Accertamenti — Legittimità (id.). Ili, 235.
Successione ereditaria — V. Riscossione delle imposte.
Telefono — V. Giustizia amministrativa.
Toscana — V. Contabilità e bilancio dello Stato — Regione.
Trentino-Alto Adige — Agricoltura — Prelazione e riscatto — Proprie tario confinante — Maso chiuso — Inapplicabilità (Cass. 21 gennaio 1986, n. 391). I, 1334 (con osservaz. di D. Bellantuono).
— Consigliere provinciale — Espressioni ingiuriose — Insindacabilità — Fattispecie (Pret. Trento 18 novembre 1985). II, 327.
Tributi in genere — Commissioni tributarie — Regolamento di com petenza d'ufficio — Ammissibilità —
Fattispecie (Cass. 16 gennaio 1986, n. 210). I, 1342 (con osservaz. di G. Albenzio). — Condono —- Soggetti tassabili in base a bilancio — Definizione rela tiva all'esercizio 1973 — Aumento del 10% sull'imponibile relativo al l'esercizio 1972 — Nozione (Cass. 8 luglio 1985, n. 4085). I, 1394. V. Amnistia, indulto e grazia — Cfr. I. 15 maggio 1986, n. 191 (primo risvolto di copertina).
Truffa — V. Giuoco proibito.
Umbria — V. Regione.
Valle d'Aosta — V. Contabilità e bilancio dello Stato.
Vendita — V. Provvedimenti d'urgenza.
ERRATA CORRIGE
Commissione tributaria di II grado di Matera, ord. 30 novembre 1985, citata al rigo 16 della nota in parte I, col. 1156, non è, come prean nunciato, inserita in questo fascicolo, parte III.
Autorizzazione del Tribunale di Perugia con decreto n. 30 del 23 dicembre 1952 « Pubblicità inferiore al 70 % »
Città di Castello - Tipografia « Grafica 10 » - 1986
Prezzo del presente fascicolo Lit. 16.900 (...) [Italia] - Lit. 21.000 [Estero] Prezzo dei fascicoli arretrati: Il doppio del prezzo in vigore per i fascicoli dell'annata in corso.
Disponibili soltanto fascicoli delle cinque annate precedenti quella in corso I fascicoli non pervenuti all'abbonato devono essere reclamati subito dopo il ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine,
si spediscono solo alle condizioni per i fascicoli arretrati
I.V.A. a cura dell'Editore ai sensi dell'art. 74 - lettera C del D.P.R. n. 633 del 26/10/1972.
ERRATA CORRIGE
Commissione tributaria di II grado di Matera, ord. 30 novembre 1985, citata al rigo 16 della nota in parte I, col. 1156, non è, come prean nunciato, inserita in questo fascicolo, parte III.
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