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ordinanza 21 maggio 1998; Pres. ed est. Pisotti; Biagini (Avv. Dedoni, Ibba) c. Wolley (Avv....

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Page 1: ordinanza 21 maggio 1998; Pres. ed est. Pisotti; Biagini (Avv. Dedoni, Ibba) c. Wolley (Avv. Luminoso)

ordinanza 21 maggio 1998; Pres. ed est. Pisotti; Biagini (Avv. Dedoni, Ibba) c. Wolley (Avv.Luminoso)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1998), pp. 2285/2286-2289/2290Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193145 .

Accessed: 24/06/2014 21:02

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ica s.p.a. rimetteva al Banco Ambrosiano Veneto 324 cambiali

per 906.457.280 milioni. Va peraltro notato che proprio la com

plessiva messa a disposizione di effetti per 3.014.659.368 non

ha permesso di rinvenire alcuna sequenza obbligante Ica s.p.a. ad integrare con nuovi, propri, debitori quelli precedenti già

apparentemente costituiti in garanzia, esulando tra l'altro tale

dovere dal tenore letterale delle stesse due prime scritture. Il

criterio di collegamento invocato dall'opponente è infatti pro

grammaticamente indiretto ed aperto, in ciò del tutto estraneo

alla previsione normativa.

Ritenendo pertanto questo collegio che il requisito della data

certa debba essere assolto non solo dal formale scritto «conte

nitore» ma altresì dall'intera documentazione identificante i ti

toli dati in garanzia, tale omesso riscontro non permette di su

perare il radicale difetto di contestualità logico-temporale prete

so dall'art. 2787, 3° comma, c.c. Non sussistendo allora i

presupposti per affermare sorta (ed attualmente efficace contro

la massa dei creditori dell'originario debitore Ica s.p.a.) la cau

sa di prelazione che richiede tale specifico modo genetico, l'op

posizione allo stato passivo va respinta, con assorbimento di

ogni altro profilo dedotto.

I

TRIBUNALE DI CAGLIARI; ordinanza 21 maggio 1998; Pres. ed est. Pisotti; Biagini (Aw. Dedoni, Ibba) c. Wolley (Aw.

Luminoso).

TRIBUNALE DI CAGLIARI;

Separazione di coniugi — Procedimento — Sequestro autoriz

zato dall'istruttore — Reclamo — Ammissibilità (Cod. civ.,

art. 156; cod. proc. civ., art. 669 terdecies).

L'ordinanza con la quale il giudice istruttore del processo di

separazione autorizza il sequestro ex art. 156, 6° comma, c.c.

in danno di uno dei coniugi, è reclamabile al collegio ai sensi

dell'art. 669 terdecies c.p.c. (1)

II

TRIBUNALE DI AREZZO; ordinanza 11 giugno 1997; Pres.

Scutellari, Rei. Cappelli; Fabbri (Avv. Burali, Cappello,

Bosi, Raisi) c. Macrì (Aw. Brilli, Fanfani).

Separazione di coniugi — Procedimento — Provvedimento sul

la prole emanato dall'istruttore — Reclamo — Inammissibili

tà (Cod. proc. civ., art. 669 terdecies, 700, 708).

Il provvedimento sulla prole adottato dal giudice istruttore del

processo di separazione, ex art. 700 c.p.c. e, in subordine,

ex art. 708 c.p.c., non è reclamabile al collegio ai sensi del

l'art. 669 terdecies c.p.c. (2)

(1-2) Mentre il Tribunale di Cagliari, dando ragione a chi sostiene

che stiamo lentamente tornando al garantismo, prende le distanze da

quanti s'erano detti contrari alla natura cautelare e, soprattutto, alla

reclamabilità dei provvedimenti ex art. 156, 6° comma, c.c. (v. Trib.

Messina 7 maggio 1993, Foro it., 1993, I, 1989, con nota di richiami; Trib. Modena 13 aprile 1995, id., Rep. 1995, voce Separazione di co

niugi, n. 119, e Famiglia e dir., 1995, 367, con nota adesiva di Vih.Lo), il Tribunale di Arezzo, pur mostrando di sapere bene che la Cassazione

non dubita della natura cautelare dei provvedimenti ex art. 708 c.p.c.

(oltre le due sentenze ricordate in motivazione dal tribunale toscano,

v. le altre sei citate in Foro it., 1998, I, 232), si unisce al coro di quanti

ritengono che non sia proprio possibile ammettere che quei provvedi

li Foro Italiano — 1998.

I

Con ordinanza del 5 dicembre 1996, il giudice istruttore della

causa di separazione personale promossa da Lorenzo Biagini contro Cheryl Wolley ha autorizzato il sequestro conservativo, ex art. 156, 6° comma, c.c. sui beni del Biagini fino alla con

correnza di lire 500.000.000. Il provvedimento è stato concesso

sul duplice presupposto che l'attore aveva lasciato parzialmente

inadempiuta l'obbligazione di pagamento dell'assegno mensile

di lire 4.000.000, posto a suo carico a titolo di contributo per il mantenimento della moglie e dei figli; e che sussisteva il peri colo, per la Wolley, di perdere le garanzie del credito, come

si desumeva non soltanto dalla pregressa inadempienza del Bia

gini, del tutto ingiustificata, ma anche dalla sua condotta pro

cessuale, avendo egli contestato infondatamente il diritto della

moglie all'assegno, ed avendo prospettato in termini riduttivi

il valore del proprio patrimonio e la misura dei propri redditi.

Contro il provvedimento ha proposto reclamo il Biagini ex

art. 669 terdecies c.p.c., sostenendo che esso doveva qualificar si come sequestro conservativo ordinario ai sensi dell'art. 671

c.p.c. ed era pertanto impugnabile; e che era stato illegittima mente concesso con generico riferimento ai beni dell'obbligato, nonostante nella domanda fossero stati indicati dei beni deter

minati. Il reclamante ha poi dedotto che il provvedimento in

questione doveva essere revocato poiché: a) non poteva ravvi

sarsi, al momento della concessione del sequestro, alcun credito

inadempiuto; b) il sequestro era stato comunque concesso per una somma eccessiva.

La Wolley ha resistito, sostenendo l'irreclamabilità del seque stro e, per altro verso, l'irrilevanza della mancata indicazione, nel provvedimento, di beni determinati. Quanto alla non attua

lità del credito, dedotta dalla controparte, ha poi fatto riferi

mento alla peculiarità del provvedimento previsto dall'art. 156

c.c., sostenendone la finalità non cautelare, ma di coercizione

indiretta e di garanzia, tale da richiedere soltanto, per la sua

concessione, il verificarsi di un inadempimento. Un evento sif

fatto — ha soggiunto — doveva ravvisarsi nella specie, in rela

zione ai sistematici ritardi nel pagamento degli assegni mensili.

Differita inutilmente la decisione per tentare la conciliazione

delle parti, la questione torna ora davanti al collegio, che rileva

quanto segue. Il provvedimento reclamato appare concesso ai sensi dell'art.

156 c.c.: il giudice istruttore ha espressamente richiamato nella

motivazione tale norma, e non quella dell'art. 671 c.p.c., dal

che consegue l'irrilevanza del riferimento al presupposto del pe

riculum, che appare quale mera superfetazione, non incidente

sulla qualificazione del provvedimento medesimo.

È avviso del collegio che la concessione del sequestro ex art.

156, 6° comma, c.c. sia reclamabile ai sensi dell'art. 669 terdecies

c.p.c.

L'opposta opinione si fonda sulla tesi, sostenuta anche in se

di autorevolissime (v. Corte cost. n. 258 del 19 luglio 1996,

Foro it., 1996, I, 3603), della natura non cautelare dell'istituto

in esame, differenziantesi dal sequestro conservativo e finalizza

to «ad una funzione di coazione, anche psicologica, dell'adem pimento degli obblighi di mantenimento posti a carico di uno

dei coniugi».

menti, essendo emanabili d'ufficio e potendo sopravvivere all'estinzio

ne, siano impugnabili col reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., ma che

nel contempo non si preoccupano di precisare in quale altro modo quei

provvedimenti possono essere impugnati (da ultimo, Trib. Trani 26 no

vembre 1997, e Trib. Pavia 9 gennaio 1997, ibid., con nota di richia

mi). Proprio per questo, però, io direi, aumentano le probabilità che

da un momento all'altro un tribunale avrà la coerenza di ammettere

la reclamabilità delle ordinanze ex art. 708 c.p.c. e 4 1. div., che non

possono certo continuare ad essere gli unici provvedimenti «quasi cau

telari», ma non impugnabili del nostro ordinamento. Senza dire che

è pure molto probabile che prima o poi qualcuno si renderà conto che

non si può continuare a invocare l'ufficiosità e l'ultrattività per esclude

re la reclamabilità di provvedimenti che, come anche in questo caso, non sono stati emanati né d'ufficio, né dopo l'estinzione del processo. Sul problema, v. Cipriani, L'impugnazione dei provvedimenti «nell'in

teresse dei coniugi e della prole» e il lento ritorno al garantismo, in

Corriere giur., 1998, 211 ss., e, da ultimo, Balena, Provvedimenti som

mari esecutivi e garanzie costituzionali, in Foro it., 1998, I, 1541 ss.,

spec. 1556. [F. Cipriani]

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2287 PARTE PRIMA 2288

Non può certo dubitarsi delle peculiarità della misura di cui

l'art. 156 cit. rispetto al sequestro conservativo. Nella sentenza

sopra richiamata la Corte costituzionale ha specificamente rile

vato come il primo istituto presupponga non già il fumus ed

il periculum richiesti per il secondo, sibbene un credito già di

chiarato, sia pure in via provvisoria, ed il mero inadempimento

degli obblighi di mantenimento (potendosi peraltro osservare,

a tale ultimo riguardo, che l'inadempimento implica una sorta

di presunzione legale di pericolo). Meno condivisibile sembra l'affermazione, già a suo tempo

formulata dalla Corte di cassazione, secondo cui il fine dell'isti

tuto di cui all'art. 156 sarebbe essenzialmente quello di realizza

re una coazione psicologica nei confronti del soggetto obbliga to. Una funzione siffatta è ravvisabile sicuramente prima che

il sequestro venga concesso, potendosi ipotizzare che l'obbliga to adempia regolarmente proprio per evitare la misura in que stione. Ma, una volta che questa sia venuta a colpire il suo

patrimonio, il coniuge gravato di obblighi di mantenimento sa

rà indotto ad adempiere non per la presenza del sequestro, ma

per evitare che l'avente diritto agisca in via esecutiva, alla stessa

stregua del soggetto il quale non abbia subito il provvedimento ex art. 156 (e non abbia fatto ricorso all'espediente di spogliarsi dei propri beni).

Dunque, la funzione del sequestro in esame sembra piuttosto

quella, analoga alla funzione del sequestro conservativo ordina

rio, di evitare la sottrazione dei beni dell'obbligato alla soddi

sfazione dei crediti (sia pure futuri) dell'avente diritto.

Ciò posto, non può per altro verso prescindersi dall'orienta

mento, fermo anche in dottrina, secondo cui le norme sul pro cedimento cautelare uniforme sono applicabili soltanto ai rime

di cautelari in senso tecnico, caratterizzati dai requisiti della prov visorietà e della strumentalità, e non anche a quelli lato sensu

di garanzia in quanto genericamente tendenti ad evitare ad una

parte pregiudizi di natura patrimoniale.

Ebbene, non sembra dubbia la natura (potenzialmente) prov visoria del provvedimento ex art. 156, 6° comma, almeno quando esso sia emanato, come nella specie, dal giudice istruttore: si

tratterà necessariamente di una misura relativa ad assegni di

sposti provvisoriamente dal presidente e dallo stesso istruttore, e perciò suscettibili di essere revocati con la sentenza che defini

sce il giudizio ove si accerti che il diritto al mantenimento non

sussiste.

Per quanto concerne il requisito della strumentalità, deve poi rilevarsi che il provvedimento in esame tende ad assicurare pur

sempre gli effetti patrimoniali della sentenza, non parendo es

senziale il dato della mera eventualità della esecuzione. Non sem

bra, in particolare, decisiva la circostanza che, a differenza di

quanto accade per il sequestro conservativo ordinario, quello in questione, mancando l'attualità del credito, non si converta

in pignoramento, qualificante essendo in entrambi i casi la cir

costanza che il rimedio ha lo scopo di garantire l'effettività del

provvedimento definitivo.

È appena il caso di rilevare che la soluzione contraria a quel la qui accolta implica una grave carenza di tutela a danno dei

soggetti i quali siano destinatari del sequestro speciale in que stione in fase istruttoria (ovvero, a danno dei soggetti, cui quel

sequestro sia negato): contro la decisione dell'organo monocra

tico non vi sarebbe alcun rimedio, in contrasto con la disciplina delle situazioni (secondo questo tribunale, sostanzialmente e for

malmente analoghe, al di là delle non decisive peculiarità sopra

indicate) conseguenti alla concessione (o al diniego) del seque stro conservativo ordinario.

Una conclusione siffatta non si sottrarrebbe probabilmente ad una questione di costituzionalità, da evitarsi, peraltro, se

condo la giurisprudenza della corte, quando, come nella specie, è possibile un'interpretazione della legge ordinaria conforme ai

principi della carta fondamentale.

Venendo al merito, va anzitutto disattesa la censura del recla

mante secondo cui il provvedimento in questione sarebbe illegit timo a causa della mancata indicazione dei beni oggetto del se

questro. Una siffatta prescrizione non è contenuta nella norma, che prevede soltanto la limitazione del sequestro a «parte dei

beni» dell'obbligato, il che è concretamente avvenuto nella spe

cie, come è incontestato, sulla base del limite di somma posto dal giudice.

Il Foro Italiano — 1998.

Sussisteva poi il presupposto di un rilevante inadempimento da parte del Biagini, il quale, secondo la memoria difensiva

nel procedimento incidentale di sequestro, ha ammesso di dove

re alla moglie la somma di lire 11.455.000 (rispetto alla maggio re somma di lire 14.000.000, pretesa dalla Wolley): anche a pre scindere dalle specifiche questioni relative alla misura dell'ina

dempimento (obbligo di versare o meno l'intero assegno anche

durante il periodo di permanenza dei figli presso il padre), il

mancato pagamento della somma dovuta, pari a quasi tre men

silità, integra un inadempimento di non scarsa rilevanza, tale

da giustificare l'emissione del provvedimento cautelare in que stione.

Infine, la somma di lire 500.000.000 quale limite di seque strabilità dei beni appare congrua, proprio nella prospettiva cau

telare in questione, corrispondendo al debito relativo a circa

dieci anni, durante i quali presumibilmente si protrarrà, quanto

meno, il diritto al mantenimento dei figli minori dei coniugi. Per quanto fin qui esposto il reclamo va rigettato.

II

Premesso che con ordinanza del 27 settembre 1996 il giudice

istruttore, modificando il precedente proprio provvedimento del

16 luglio 1997, adottato durante la fase presidenziale, dispone va che i due figli minori dei separandi coniugi fossero affidati congiuntamente ad entrambi i genitori, con collocazione presso la madre nella casa familiare di Badia al Pino e che, con ricorso

del 14 febbraio 1997, la Fabbri chiedeva in via d'urgenza ex

art. 700 c.p.c. la modifica della predetta ordinanza, mediante

affidamento dei minori alla sola madre, facoltizzandola a sce

gliere, ove avesse ritenuto, la propria residenza, prospettando

l'urgenza di ovviare a un serio e irreparabile pregiudizio che

sarebbe derivato ai minori dal proseguire della grave e non più sostenibile situazione familiare, venutasi a creare in conseguen za dell'indicato provvedimento;

che l'ordinanza reclamata, come già rilevato, non si è limita

ta ad esaminare l'istanza sotto il profilo della sua ammissibilità,

negandola, ma è scesa alla valutazione anche del merito, esami

nando le richieste di modifica in base all'art. 708 c.p.c., così

come richiesto in via subordinata dalla ricorrente all'udienza

del 10 marzo 1997; che pertanto l'odierno reclamo investe il provvedimento, non

solo per la parte di esso che risolve la questione processuale, ma anche per la parte che — ai sensi dell'art. 708 c.p.c. —

ha confermato, sia pure con alcune modifiche, il provvedimen to inerente alle condizioni della separazione personale dei coniugi.

Osserva: 1. - L'art. 708 c.p.c. dispone che il presidente, an

che d'ufficio, deve dare con ordinanza, i provvedimenti «. . .

temporanei ed urgenti . . .» che reputa opportuni nell'interesse

dei coniugi e della prole. La natura giuridica di tali provvedi menti è stato motivo di ampia disputa, in parte ancora non

sopita, sebbene possa ritenersi acquisita, anche per effetto della

nuova regolamentazione legislativa, la natura contenziosa del

provvedimento. Il successivo aspetto della questione, che più direttamente in

cide sull'odierna controversia (esaminata sotto il primo profilo

dell'impugnazione), è quello dell'eventuale natura cautelare dei

provvedimenti in esame. È certo infatti che una risposta positi va al quesito risolverebbe in radice il problema dell'ammissibili

tà della tutela d'urgenza, atteso che l'incipit della norma ha

inteso imprimere al provvedimento ex art. 700 c.p.c. un caratte

re residuale, limitando la sua applicazione, non solo a quei casi

(«. . . regolati dalle precedenti sezioni di questo capo . . .») in

cui gli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice di rito non avrebbero potuto essere utilmente esperibili, ma anche alle

altre fattispecie disciplinate da provvedimenti cautelari tipici c.d.

estravaganti, non ricompresi nel codice di procedura civile. So

luzione questa che trova un fondamento sistematico nell'indivi

duazione e collocazione del provvedimento d'urgenza come mi

sura sussidiaria, che potrà operare solo quando nessun'altro ri

medio cautelare sarà esperibile. 2. - Tuttavia, nonostante autorevoli e non sporadiche decisio

ni (Cass. 6774/81, Foro it., Rep. 1981, voce Separazione di co

niugi, n. 47; 9728/91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 48), sembra

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

fondato dubitare della natura cautelare dell'ordinanza presiden ziale (e di quelle successive del g.i.) emessa in via provvisoria ai sensi dell'art. 708 c.p.c. nel procedimento di separazione per sonale dei coniugi.

Riservando al prosieguo una più approfondita disamina della

questione, si possono sistematicamente indicare nei seguenti i

motivi che portano ad escludere l'inserimento dei provvedimen ti in oggetto tra le forme proprie della tutela cautelare:

— la loro emanazione non è subordinata ad una richiesta

di parte («. . . il presidente, anche d'ufficio, dà . . .») e poiché essi concernono i coniugi e la prole e non vi è ipotesi in cui

il mantenimento o l'affidamento (con esclusivo riguardo ai fi

gli) non richieda necessariamente una regolamentazione, essi non

possono non essere adottati; — l'ordinanza presidenziale è revocabile o modificabile, con

iniziativa anche ufficiosa del giudice istruttore, anche se non

sopravvengono circostanze nuove, come il testo novellato dal

l'art. 4 1. div. (applicabile ai sensi dell'art. 23 1. 74/87 anche ai giudizi di separazione personale) consente;

— la disciplina dettata dall'art. 189 disp. att. c.p.c., che at

tribuisce ai provvedimenti efficacia di titolo esecutivo e la ca

ratteristica ultrattività all'eventuale estinzione del giudizio di

merito; — la mancanza di strumentalità, nel senso che i provvedi

menti non debbono necessariamente essere emessi in funzione

della situazione che verrà a crearsi al momento della sentenza

(tipico è il caso che la decisione sopraggiunga dopo il raggiungi mento della maggiore età del figlio), ma devono ovviare («. . .

provvedimenti temporanei e urgenti . . .») alle varie necessità

dei coniugi e della prole, indipendentemente dalla circostanza

che il difetto di immediata soddisfazione importi l'inutilità della sentenza.

3. - Escluso che i provvedimenti interinali possano classificar

si come cautelari, dovendosi invece loro riconoscere natura di

provvedimenti giurisdizionali, sommari, inidonei al giudicato e con funzione anticipatrice, resta ancora da esaminare la compa tibilità della tutela d'urgenza con il sistema previsto dall'art.

708 c.p.c.

Quella peculiarità del provvedimento d'urgenza, cui sopra si

faceva cenno, e che viene in generale definita come «sussidiarie

tà», costituisce la vera chiave di volta dell'istituto.

Ciò comporta che si deve ritenere inammissibile il ricorso a

questa forma di tutela, non solo tutte le volte in cui è possibile ottenere mediante provvedimenti sommari (non cautelari) un'ef

ficace tutela esecutiva, idonea ad evitare l'avverarsi del temuto

periculum, ciò che impedisce di qualificare il pericolo nel ritar

do come «irreparabile», ma più in generale, in tutti i casi —

quali i giudizi di separazione personale dei coniugi, di divorzio, di interdizione e di inabilitazione — in cui il legislatore stabili sca per situazioni e rapporti determinati un'organica e compiu

ta disciplina procedimentale, comprensiva anche dei provvedi menti provvisori e urgenti, designando il giudice competente ad

adottarli e così implicitamente escludendo il ricorso all'esperi mento di una via diversa da quella ordinaria.

La separazione giudiziale è pronunciata in un giudizio di co

gnizione che si svolge nelle forme di un procedimento speciale, culminante in una sentenza e con l'art. 708 c.p.c. che attribui

sce al presidente il potere di adottare i provvedimenti tempora

nei e urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole e al giudice

istruttore quello di modificarli o revocarli in ogni tempo (senza

dimenticare la possibilità di revisione delle condizioni della se

parazione col rito camerale, ex art. 710 c.p.c.), fino all'emana

zione della sentenza che sostituirà al regime provvisorio un regi

me definitivo (salva l'eventuale protrazione della loro efficacia

in caso di estinzione del giudizio), si garantisce una completa

ed esaustiva tutela dei diritti delle parti, che non lascia spazio

per ipotizzare una duplicazione della tutela cautelare e consente

a ciascuna delle parti di ottenere provvedimenti in grado di ri

muovere in tempo utile le cause del paventato pericolo e dun

que non sostanzialmente diversi da quelli emanabili ex art. 700

c.p.c.; prova ne è che nelle more tra il deposito del reclamo

e la celebrazione dell'odierna camera di consiglio la stessa recla

mante ha proposto al g.i. ulteriore istanza di modifica (in vista

delle imminenti ferie estive), ottenendo la fissazione dell'udien

za di comparizione delle parti e il relativo provvedimento.

Il Foro Italiano — 1998.

4. - Di più agevole soluzione è la questione della improponi bilità del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso l'ordinan

za del g.i. di modifica dell'originaria ordinanza presidenziale. Gli unici provvedimenti ai quali sia applicabile la c.d. disciplina cautelare uniforme sono quelli caratterizzati strutturalmente da

una decisione, non solo sommaria e provvisoria, ma anche rigi damente strumentale rispetto al procedimento di cognizione. Que st'ultimo requisito manca completamente nella regolamentazio ne dei provvedimenti emessi nel corso del giudizio di separazio

ne, volta che presentano necessariamente un contenuto

anticipatorio degli effetti della futura decisione di merito, lad

dove le misure cautelari mirano alla mera assicurazione di que

gli effetti. Il reclamo è pertanto totalmente da rigettare.

TRIBUNALE DI CATANIA; ordinanza 30 aprile 1998; Giud. istr. Lima; La Spina (Aw. La Vaccara) c. Leonardi (Avv. Magnano di San Lio).

TRIBUNALE DI CATANIA;

Separazione di coniugi — Procedimento di separazione — Fatti

sopravvenuti dopo la scadenza dei termini — Deducibilità —

Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 183, 184).

Nei giudizi di separazione e divorzio la scadenza dei termini

di cui agli art. 183 e 184 c.p.c. non preclude la deducibilità

di fatti sopravvenuti nell'ulteriore corso del processo (nella

specie, è stata allegata la scoperta di una malattia che modifi cherebbe le condizioni economiche del convenuto, diminuen

done le capacità economiche e richiedendo spese per cure). (1)

(1) Non sono stati rinvenuti precedenti editi nei termini di cui alla

massima, con riferimento al nuovo testo degli art. 183 e 184 c.p.c. Al giudizio di separazione giudiziale dei coniugi si applicano, in quanto

compatibili, le regole dettate dall'art. 4 1. 1° dicembre 1970 n. 898 (di

sciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), così come modificato

dall'art. 8 1. 6 marzo 1987 n. 74 (cfr. art. 23 1. 74/87). Per un esame

dei rapporti fra fase introduttiva, fase presidenziale e prosecuzione del

processo di separazione innanzi al giudice istruttore a seguito dell'en

trata in vigore della novella del 1990, v., tra i contributi specifici, F. P.

Luiso, Separazione e divorzio dopo la riforma del c.p.c., in Giur. it.,

1996, IV, 233 ss.; L. Salvaneschi, Iprocedimenti di separazione e di

vorzio dopo la novella del processo civile, in Riv. dir. proc., 1996, 31; E. De Francisco, I giudizi di cognizione ordinaria introdotti con ricor

so, dopo l'entrata in vigore della riforma del processo civile di cui alla

l. 353/90 e successive modificazioni: il procedimento possessorio, l'op

posizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi, i giudizi di separazione e divorzio, ecc., in Giur. it., 1995, IV, 342; G. Nappi, Iprocedimenti di separazione personale dopo il 30 aprile 1995, in Dir. famiglia, 1995,

1174; F. Tommaseo, Nuovo rito civile e procedimenti di separazione e di divorzio, in Famiglia e dir., 1994, 565.

* * *

L'ordinanza perviene ad una conclusione sostanzialmente corretta con

una motivazione non condivisibile. È corretto affermare che i fatti so

pravvenuti nel corso del processo non sono coperti dalle preclusioni

già maturate, ma non è condivisibile ritenere che ciò dipenda dalla «par ticolare disciplina del giudicato in materia di separazione e divorzio», che si ripercuoterebbe sul sistema delle preclusioni introdotto nel codice

di procedura civile con la novella del 1990, mentre nelle cause diverse

da quelle di separazione e divorzio tale sistema renderebbe irrilevanti

«gli eventuali fatti modificativi delle situazioni giuridiche dedotte in giu dizio che sopravvengano alla cristallizzazione dell'oggetto della contro

versia e degli strumenti di prova dei fatti dedotti in giudizio». In realtà, sono esigenze di economia dei giudizi ad imporre la deduci

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