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ordinanza 21 ottobre 1998, n. 360 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 ottobre 1998, n. 43);Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; D'Amico c. Min. poste e telecomunicazioni e altra; interv. Pres.cons. ministri. Ord. Tar Sicilia, sez. Catania, 5 marzo 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 38 del 1997)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 413/414-419/420Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192810 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
minato l'avvio dell'indagine giudiziaria, della quale si duole la
regione, ritenendola invasiva delle prerogative garantite ai com
ponenti del consiglio regionale dall'art. 122, 4° comma, Cost., nonché, in via mediata, delle attribuzioni in materia di organiz zazione e di funzioni degli organi, riconosciute alla regione da
gli art. 121 e 123 Cost, stessa.
2. - Il ricorso è fondato.
3. - Dispone l'art. 122, 4° comma, Cost, che i consiglieri
regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinio ni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Come rammenta anche la regione Veneto, la giurisprudenza
costituzionale, nel delineare l'ambito delle guarentigie di cui go dono i consiglieri stessi, ai sensi della menzionata disposizione, ha da tempo rilevato (sentenza n. 81 del 1975, Foro it., 1975,
I, 1623) che le loro attribuzioni si inquadrano nell'esplicazione di autonomie che, benché non attinenti a profili di sovranità, sono da considerare costituzionalmente garantite. In argomento è stato, inoltre, precisato (sentenze n. 69 del 1985, id., 1985,
I, 1274, e n. 70 del 1985, id., 1986, I, 58) che l'esonero da
responsabilità dei componenti dell'organo va visto come preor dinato alla tutela delle funzioni di rappresentanza politica, in
primis quella legislativa, il cui esercizio si è ritenuto di sottrarre
al controllo giudiziario, al fine di garantire da qualsiasi interfe
renza la libera formazione della volontà politica. In relazione
a tali principi la corte ha considerato ricomprese nel cennato
ambito, come risulta delimitato dalla Costituzione e dalle leggi statali, anche le funzioni di indirizzo e quelle che, comunque, si traducono in comportamenti preordinati al controllo politico
(sentenze n. 209 del 1994, id., Rep. 1994, voce Responsabilità
contabile, n. 1029, e n. 29 del 1966, id., 1966, I, 947), fra i quali senza dubbio rientrano anche le interrogazioni e le inter
pellanze, quali atti consiliari tipici, strumentali — per l'appunto — al sindacato esercitato dal consiglio nei confronti della giun ta (sentenza n. 274 del 1995, id., 1996, I, 1190).
4. - Per quanto più specificamente attiene all'interferenza po sta in essere, nel caso concreto, dall'iniziativa dell'autorità giu diziaria in ordine all'esercizio delle funzioni consiliari, vero è
che i fatti oggetto di indagine non riguardano strettamente i
voti dati e le opinioni espresse, bensì elementi di conoscenza
di fatti penalmente rilevanti, che il componente dell'organo re
gionale, secondo l'autorità procedente, avrebbe avuto l'obbligo di denunciare. Tuttavia è da ritenere che, se alla sfera di garan zia ex art. 122 restano estranei i comportamenti del consigliere che non possono considerarsi espressione delle attribuzioni pro
prie della carica (sentenza n. 432 del 1994, id., 1995, I, 1076),
sarebbe, peraltro, riduttivo ritenere che la funzione di rappre sentanza politica, garantita dalla citata disposizione, si risolva
negli atti tipici. In tal senso depone l'orientamento espresso, recentemente, da questa corte in tema di immunità parlamenta re, evidenziando il nesso funzionale che, in presenza di attività
oggetto di indagine penale, rende operante la prerogativa del
l'art. 68 Cost, (sentenza n. 289 del 1998, id., 1998, I, 2634). Tale orientamento, nonostante la diversa posizione dei compo nenti delle camere rispetto ai componenti dei consigli regionali, appare estensibile al caso qui in esame, a fronte dell'analogo tenore, per entrambe le categorie, della disposizione sull'irre
sponsabilità per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio
delle funzioni. Il che porta conclusivamente a ritenere che, nel
l'ambito dell'art. 122, 4° comma, Cost., rientrino non solo le
attività nelle quali si estrinseca il diritto di interrogazione o di
interpellanza, ma, altresì, gli elementi conoscitivi utilizzati ai
fini dell'esercizio di quel diritto e che si pongono in funzionale
connessione con il medesimo.
L'interpellanza, infatti, non è che una domanda, rivolta all'e
secutivo in sede di sindacato ispettivo-politico, per conoscere
i motivi o gli intendimenti della condotta del medesimo, sulla
scorta anche di circostanze delle quali il rappresentante venga a conoscenza, e per trarne eventuali conseguenze politiche.
È, perciò, palese che la procura della repubblica presso la
Pretura di Venezia con la sua iniziativa — pur facendo riferi
mento, formalmente, non già all'interpellanza presentata, ma
ad elementi di conoscenza ad essa preesistenti e da essa risultan
ti (e senza che sia necessario affrontare qui il problema della
qualificazione del consigliere regionale come pubblico ufficiale,
quando acquisisca notizie di reato al di fuori dell'esercizio delle
Il Foro Italiano — 1999.
sue funzioni pubbliche) — ha in sostanza sottoposto a sindaca
to, indirettamente, proprio il contenuto dell'atto di esercizio, da parte del consigliere, della sua funzione di controllo politico.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non
spetta allo Stato, e per esso alla procura della repubblica presso la Pretura circondariale di Venezia, di emettere l'atto di invito a presentarsi, di cui in epigrafe, indirizzato al consigliere regio nale, indagato per il reato di cui all'art. 361 c.p., e, conseguen temente, annulla detto atto.
1
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 21 ottobre 1998, n. 360 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 ottobre 1998, n.
43); Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; D'Amico c. Min. po ste e telecomunicazioni e altra; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Sicilia, sez. Catania, 5 marzo 1997 (G.U., la s.s., n. 38 del 1997).
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Radiodiffusione tele
visiva in ambito locale — Concessione — Cauzione in misura fissa — Questione manifestamente infondata di costituziona lità (Cost., art. 3; 1. 6 agosto 1990 n. 223, disciplina del siste ma radiotelevisivo pubblico e privato, art. 16; d.l. 27 agosto 1993 n. 323, provvedimenti urgenti in materia radiotelevisiva, art. 1; 1. 27 ottobre 1993 n. 422, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 27 agosto 1993 n. 323).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costi: ■
zionale dell'art. 1, 5° comma, d.l. 27 agosto 1993 n. 32 j, convertito, con modificazioni, nella I. 27 ottobre 1993 n. 422, nella parte in cui prescrive, ai fini del rilascio della concessio ne per la radiodiffusione televisiva commerciale in ambito lo
cale, il previo versamento di una cauzione determinata in mi sura fissa, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 21 ottobre 1998, n. 358 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 ottobre 1998, n.
43); Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; Di Fazio c. Garante
per la radiodiffusione e l'editoria; interv. Pres. cons, mini
stri. Ord. Pret. Caltagirone-Mineo 13 marzo 1997 (G.U., la
s.s., n. 25 del 1997).
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Divieto di trasmissio ne di film — Sanzione amministrativa — Questione manife stamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 21, 24, 25; 1. 6 agosto 1990 n. 223, art. 15, 31).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale del combinato disposto degli art. 15, 11° comma, e
31, 3° comma, I. 6 agosto 1990 n. 223, che prevedono il di vieto della trasmissione televisiva di film che non abbiano ot
tenuto il nulla osta per la proiezione o che siano stati vietati
ai minori di diciotto anni e la relativa sanzione amministrati
va, in riferimento agli art. 3, 21, 24 e 25, 2° comma, Cost. (2)
(1-2) Con due provvedimenti coevi, redatti per mano dello stesso esten
sore, la Consulta interviene su aspetti marginali della disciplina del si stema radiotelevisivo, quale risultava dalla 1. 223/90 e dai successivi
provvedimenti legislativi, che prendevano atto della difficoltà di far de collare il meccanismo imperniato sulle concessioni e cercavano di tam
ponare l'emergenza. In entrambi i casi, le questioni sollevate dai giudici rimettenti sono state liquidate con la formula della manifesta infonda
tezza, segno evidente che la Corte costituzionale non ha avuto alcun
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PARTE PRIMA
I
Ritenuto che nel corso di un giudizio instaurato dal titolare
di un'emittente televisiva locale e diretto all'annullamento di
un provvedimento ministeriale di diniego di concessione per la
radiodiffusione televisiva commerciale, il Tar Sicilia-sezione stac
cata di Catania, con ordinanza 13 marzo 1997, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costitu
dubbio nel difendere le disposizioni sottoposte al suo esame dalle cen sure che erano state mosse nei loro confronti. Tra breve, peraltro, la corte sarà chiamata a pronunciarsi su uno dei profili caratterizzanti di quella che viene definita la «cristallizzazione» del sistema, vale a dire l'impossibilità di rilasciare la concessione per la radiodiffusione, sonora o televisiva, in ambito locale a soggetti diversi da quelli origina riamente autorizzati ex lege: la questione di legittimità costituzionale, in parte qua, della disciplina transitoria succedutasi dal 1990 al 1997
(ma occorre tener conto dell'ulteriore proroga disposta dall'art. 1 1.
122/98) è stata sollevata da Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, ord. 9 dicembre 1997, n. 1019, Foro it., 1998, III, 257; per l'interpretazione restrittiva seguita sul punto dalla giurisprudenza amministrativa, v. Cons.
Stato, sez. VI, 28 aprile 1998, n. 566, Giust. civ., 1998, I, 2360; 21 febbraio 1997, n. 315, Foro it., Rep. 1997, voce Radiotelevisione, n.
25; 23 dicembre 1996, n. 1756, id., 1997, III, 393. Tra le questioni esaminate dalla Consulta, è quella concernente il
versamento della cauzione in misura fissa a toccare più da vicino il funzionamento del sistema concessorio. Era stato P8° comma dell'art. 16 1. 223/90 ad imporre alle persone fisiche, associazioni o fondazioni, che aspiravano ad ottenere la concessione per la radiodiffusione televi siva in ambito locale, l'obbligo del versamento di una cauzione stabilita
nell'importo di trecento milioni (laddove per le società era richiesto un
capitale sociale non inferiore a trecento milioni: sulla tassatività di que sto presupposto, v. Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 36). Tale somma era ridotta a cento milioni dal 9° comma, ove fosse stata richiesta dai citati soggetti la concessione
per la radiodiffusione sonora in ambito locale a carattere comunitario. Nessun versamento era previsto, invece, per le emittenti radiofoniche a carattere commerciale. La disciplina testé descritta veniva sostanzial mente ribadita dal d.l. 407/92 (per le emittenti radiofoniche) e dal d.l. 323/93 (per le emittenti televisive), con riferimento alle condizioni ne cessarie per ottenere le c.d. concessioni provvisorie, da rilasciare in fa vore dei soggetti già autorizzati a proseguire nell'esercizio degli impian ti ai sensi dell'art. 32 1. 223/90. La corte, nel ribadire la funzione di
«garanzia» della cauzione, non ha esitazioni nel ritenere sorrette da una valida giustificazione sia le differenziazioni tra le varie categorie di emittenti considerate (che rappresentano realtà tecniche ed economi che obiettivamente diverse), sia l'uniformità di trattamento, quanto alla misura della cauzione, all'interno della stessa categoria.
Quanto all'ordinanza sub II, essa si occupa di uno degli obblighi imposti ai concessionari dall'art. 15 1. 223/90, e cioè quello, contempla to dall'11° comma, di non trasmettere film che non abbiano ottenuto il nulla osta per la proiezione o che siano stati vietati ai minori di di ciotto anni (in argomento, v. Battaglia, La diffusione televisiva di
film vietati ai minori degli anni diciotto, in Riv. polizia, 1990, 610); la violazione del divieto fa scattare due sanzioni: quella prevista dal l'art. 15 1. 161/62 in materia di «censura cinematografica» (norma alla
quale rinvia il 12° comma dell'art. 15 1. 223/90, che consente all'autori tà giudiziaria di disporre la disattivazione dell'impianto del trasgresso re) e quella prevista dall'art. 31, 3° comma, 1. 223/90 (sui problemi di coordinamento tra queste disposizioni, v. Zaccaria, in II sistema radiotelevisivo pubblico e privato a cura di Roppo e Zaccaria, Milano, 1991, 348 ss.; Valastro, La tutela dei minori, in Radiotelevisione a cura di Zaccaria, Padova, 1996, 671 ss.). La questione sollevata, in realtà, si soffermava soltanto di scorcio sulla ragionevolezza in sé del divieto, per incentrarsi piuttosto sulle incongruenze che deriverebbero
dall'impossibilità, per il giudice competente a decidere sull'opposizione alla sanzione amministrativa irrogata dal garante (si tratta di uno dei casi in cui non occorre una previa diffida: sulle competenze del garante in materia sanzionatoria, v. Brighina, Le sanzioni amministrative, in
Radiotelevisione, cit., 688 ss.), di vagliare il contenuto dell'opera cine
matografica di cui è vietata la diffusione. Anche in questo caso la Con sulta riesce a superare le argomentazioni addotte dal pretore rimettente, evidenziando, in particolare, il fatto che esse potevano se mai sorregge re censure da rivolgere nei confronti della disciplina sulla revisione dei film; d'altro canto, il giudizio di opposizione promosso da chi è stato
colpito dalla sanzione per aver trasmesso il film vietato (e quindi per una violazione di carattere «formale») non era nemmeno la sede idonea
per valutazioni che coinvolgono posizioni soggettive facenti capo ai pro duttori dei film e spettano al giudice amministrativo eventualmente adi to da questi ultimi (tra i casi recentemente affrontati dalla giustizia am ministrativa, quelli relativi ai film «Arancia meccanica» [Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 1998, n. 583, Foro it., 1998, III, 302] e «Ritorno dal nulla» [Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 1998, n. 584, Giust. civ., 1998, I, 2367]).
Il Foro Italiano — 1999.
zionale dell'art. 1, 5° comma, d.l. 27 agosto 1993 n. 323 (prov vedimenti urgenti in materia radiotelevisiva), convertito in 1. 27
ottobre 1993 n. 422, nella parte in cui prescrive, ai fini del rila
scio della concessione per la radiodiffusione televisiva commer
ciale in ambito locale, il previo versamento di una cauzione de
terminata in misura fissa; che ad avviso del giudice rimettente la norma impugnata si
pone in contrasto con l'art. 3 Cost., per violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza, sotto un duplice aspetto;
che, per un primo profilo, la prescrizione del versamento di
una cauzione nella misura di trecento milioni di lire (ex art.
16, 8° comma, 1. 6 agosto 1990 n. 223) sarebbe irragionevole, in quanto non consente di graduare l'importo richiesto all'am
bito territoriale di diffusione dell'emittente ovvero alle poten zialità strutturali dell'impianto, specie avuto riguardo alla mol
teplicità di criteri di carattere oggettivo previsti dalla vigente normativa (art. 16, 17° comma, 1. n. 223 del 1990) ai fini del
rilascio della concessione;
che, per un secondo e collegato profilo, la norma impugnata sarebbe altresì lesiva del principio di uguaglianza, alla stregua del raffronto tra la norma che prescrive il versamento della cau
zione in vista dell'attività di emissione televisiva in ambito loca
le e la disciplina prevista, rispettivamente, a) per le emittenti
di radiodiffusione sonora di carattere «comunitario», per le quali è espressamente escluso qualsiasi obbligo di cauzione ai fini del
rilascio della concessione (art. 16, 5° comma, 1. n. 223 del 1990), e b) per le emittenti esclusivamente radiofoniche, alle quali è
comunque consentito di versare la cauzione fino al momento
del rilascio della concessione; che la parte privata, ricorrente nel processo principale, ha
depositato fuori termine atto di costituzione in giudizio formu
lando argomentazioni a sostegno dell'accoglimento della que stione sollevata nonché deducendo — in una successiva memo
ria — l'ammissibilità della propria costituzione, per essere il
ritardo nel deposito dell'atto ascrivibile a disservizi postali; che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Considerato che, preliminarmente, deve essere dichiarata inam
missibile la costituzione della parte privata, poiché essa è avve
nuta oltre i termini, di carattere perentorio, stabiliti dagli art.
25, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 3 delle norme integrati ve per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale (tra molte, or
dinanza n. 142 del 1996, Foro it., 1996, I, 2306; sentenza n.
208 del 1995, id., 1995, I, 3042); che, nel merito, la previsione del versamento di una cauzione
da parte di soggetti i quali, già autorizzati provvisoriamente a
proseguire nell'esercizio degli impianti a norma dell'art. 32 1.
n. 223 del 1990, presentano domanda di concessione per l'eser
cizio della diffusione televisiva in ambito locale, risponde all'e
sigenza di garantire che i privati che aspirano ad operare nel
settore dispongano di mezzi economici e finanziari adeguati al
l'esercizio dell'impresa; che è alla stregua di tale esigenza che sono richiesti, ai fini
del rilascio del provvedimento abilitativo, determinati requisiti minimi, quali, per le società commerciali, un capitale sociale
non inferiore a lire trecento milioni e, per le persone fisiche e giuridiche, la cauzione di cui è questione (art. 16, 8° comma, 1. n. 223 del 1990, in relazione all'art. 1, 5° comma, lett. b, d.l. 27 agosto 1993 n. 323, convertito in 1. 27 ottobre 1993 n.
422), secondo una scelta legislativa atta a prefissare in modo
obiettivo e imparziale le condizioni, anche di ordine patrimo niale, per l'ingresso e la permanenza dei privati nel sistema ra
diotelevisivo;
che, alla luce delle osservazioni che precedono, le censure di
irragionevolezza proposte dal giudice a quo risultano prive di
fondamento, anche per l'ulteriore rilievo dell'incidenza dell'o
nere patrimoniale su soggetti che già da tempo svolgono — pro
prio in quanto autorizzati — l'esercizio degli impianti radiotele visivi e che possono costituire la cauzione mediante fideiussione
bancaria o polizza assicurativa (art. 28 d.p.r. 27 marzo 1992 n. 255);
che pertanto la prescrizione di una cauzione di importo pre determinato e uguale per ogni soggetto aspirante risulta coeren
te con la riferita ratio della previsione impugnata, alla quale sono invece estranei i criteri contenuti nell'art. 16, 17° comma,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
1. n. 223 del 1990, che attengono solo al fine della selezione
dei soggetti richiedenti e non a una funzione di garanzia;
che, relativamente al profilo di violazione del principio di ugua
glianza, prospettato dal giudice a quo sul rilievo della differen
za tra la disciplina concernente le emittenti televisive in ambito
locale e quella apprestata per le emittenti radiofoniche, valendo
solo per queste ultime e non per le prime la possibilità di versa
re la cauzione «fino al momento del rilascio della concessione»
(ex art. 1, comma 3 quinquies, d.l. 19 ottobre 1992 n. 407, con
vertito in 1. 17 dicembre 1992 n. 482), va osservato che in en
trambi i casi, conformemente alla funzione di garanzia dell'isti
tuto, è comunque prescritto che la cauzione preceda, e non se
gua, il provvedimento concessorio;
che, per lo stesso profilo, più in generale è da rilevare che
non può utilmente essere posta a raffronto con la norma impu
gnata una disciplina concernente il settore della radiodiffusione
sonora (di carattere commerciale e in ambito locale), il cui eser
cizio richiede diverse e minori componenti di ordine economico
finanziario rispetto alla radiodiffusione televisiva, come è reso
evidente dalla previsione, per esso, della riduzione a un terzo
dell'importo della cauzione (art. 16, 9° comma) e dal connesso
minore importo dei canoni concessori (art. 22, 1° comma, lett.
a e b, 1. n. 223 del 1990); che il rilievo che precede vale, a maggior ragione, per l'ulte
riore profilo della censura di disparità di trattamento rispetto
alle emittenti radiofoniche «comunitarie», la cui peculiare ca
ratterizzazione, incentrata su contenuti culturali, politici, reli
giosi e sull'assenza dello scopo di lucro (art. 16, 5° comma,
1. n. 223 del 1990) giustifica la determinazione legislativa dell'e
senzione dall'obbligo della cauzione e non impone la medesima
disciplina per tali emittenti e per quelle di carattere commercia
le, come è reso manifesto nello stesso sistema della 1. n. 223
del 1990, che vieta (art. 16, 6° comma) ogni passaggio dall'una
all'altra categoria; che la questione sollevata deve, pertanto, essere dichiarata
manifestamente infondata, sotto ogni profilo. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del
l'art. 1, 5° comma, d.l. 27 agosto 1993 n. 323 (provvedimenti
urgenti in materia radiotelevisiva), convertito in 1. 27 ottobre
1993 n. 422, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tar
Sicilia-sezione staccata di Catania, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
II
Ritenuto che con ordinanza 13 marzo 1997, emessa nel corso
di un giudizio di opposizione avverso un'ordinanza-ingiunzione
del garante per la radiodiffusione e l'editoria, il Pretore di Cal
tagirone, sezione distaccata di Mineo, ha sollevato, in riferi
mento agli art. 3, 21, 24 e 25, 2° comma, Cost., questione di
legittimità costituzionale degli art. 15, 11° comma, e 31, 3° com
ma, 1. 6 agosto 1990 n. 223 (disciplina del sistema radiotelevisi
vo pubblico e privato); che ad avviso del rimettente le norme impugnate, che preve
dono rispettivamente il divieto — tra altre ipotesi — della tra
smissione televisiva di film che non abbiano ottenuto il nulla
osta per la proiezione o che siano stati vietati ai minori di di
ciotto anni, e la relativa sanzione amministrativa per il caso
di violazione del divieto di trasmissione, sarebbero in contrasto
con gli indicati parametri costituzionali, sotto vari profili;
che per un primo profilo vi sarebbe contrasto con il principio
generale di legalità (art. 25 Cost., in relazione all'art. 1 1. 24
novembre 1981 n. 689) e con i parametri costituzionali di ragio
nevolezza delle norme e del diritto di difesa (art. 3 e 24 Cost.),
ad esso sottesi, perché la disciplina dell'illecito sarebbe integra
ta da un atto amministrativo — il diniego del nulla osta o il
provvedimento che esclude i minori dalla visione di un film —
sul quale il giudice dell'opposizione può effettuare una verifica
puramente formale, non essendogli consentita un'indagine né
sui contenuti dell'opera cinematografica né sulla congruità della
limitazione disposta; una irragionevolezza che risulterebbe ulte
riormente sottolineata dalla indeterminatezza e dalla possibile
Il Foro Italiano — 1999.
variabilità nel tempo dei parametri di giudizio che conducono
le istanze amministrative alla determinazione di escludere i mi
nori dalla visione di un film;
che, per un secondo profilo, sarebbe da ravvisare una viola
zione del principio di uguaglianza, alla stregua del raffronto
con la diversa disciplina prevista nell'ipotesi del 10° comma del
l'art. 15 1. n. 223 del 1990, nella quale ricade anche il caso
di un film che ottenga il nulla osta attraverso il silenzio-assenso,
disciplina in base alla quale è invece consentito al giudice un
sindacato «sostanziale» sull'opera e sui suoi contenuti;
che ulteriore lesione dei principi di uguaglianza e di ragione volezza deriverebbe dal rilievo che alla disciplina impugnata po trebbe sottrarsi un'opera composta da parti di film vietati ai
minori o da scene montate in modo da comporre un program ma ma non un film;
che infine sarebbe individuabile, secondo il rimettente, anche
la violazione del principio costituzionale di libertà di manifesta
zione del pensiero per l'impossibilità di verificare in sede giuris
dizionale la conformità dell'opera al limite del buon costume
(art. 21 Cost.); che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione sotto
ogni profilo. Considerato che il giudice rimettente, in sede di opposizione
al provvedimento sanzionatorio del garante per la radiodiffu
sione e l'editoria, preso a norma dell'art. 31, 3° comma, 1. 6
agosto 1990 n. 223, dubita della legittimità costituzionale, in
riferimento agli art. 3, 21, 24 e 25, 2° comma, Cost., dell'art.
15, 11° comma, e dello stesso art. 31, 3° comma, 1. n. 223
del 1990, i quali fanno divieto di trasmissione televisiva dei film
cui sia stato negato il nulla osta per la proiezione in pubblico
oppure che siano stati vietati ai minori di diciotto anni, preve dendo la relativa sanzione, per il caso di violazione del divieto;
che il giudice rimettente — sull'assunto che il pretore, chia
mato a pronunciarsi in sede di opposizione all'ordinanza
ingiunzione con la quale la sanzione suddetta è stata irrogata,
possa effettuare una verifica di legittimità meramente formale
circa i presupposti di fatto dell'illecito ma gli sia preclusa l'in
dagine circa il contenuto del film ai fini della valutazione della
validità del provvedimento amministrativo che nega il nulla osta
o impone il divieto ai minori di diciotto anni — ritiene che l'individuazione in concreto dell'illecito amministrativo previsto dall'art. 15, 11° comma, 1. n. 223 del 1990 finisca così per esse
re rimessa alle determinazioni meramente discrezionali della pub blica amministrazione, in assenza di un sindacato di merito presso il giudice dell'opposizione;
che il giudice rimettente, inoltre, ritiene che la disciplina della
revisione dei film stabilita con la 1. 21 aprile 1962 n. 161 —
relativamente, in particolare, al potere di negare il nulla osta
e di escludere la visione ai minori di diciotto anni — per la
genericità, l'elasticità e la mutevolezza nel tempo dei parametri di giudizio forniti dalla legge alle speciali commissioni di primo e secondo grado chiamate ad esprimere al ministro per il turi
smo e lo spettacolo il parere previsto dall'art. 1, 2° comma, della legge stessa, sia tale da comportare lesione dei sopra indi
cati articoli della Costituzione, anche sotto il profilo dell'irra
gionevole diversità di trattamento cui sarebbero assoggettati i
film che ottengono il nulla osta per silenzio-assenso (art. 6 1.
n. 161 del 1962) nonché le opere filmiche risultanti dal montag
gio di sequenze di altri film o di altre registrazioni visive;
che, tuttavia, i dubbi di costituzionalità sollevati sulle norme
sottoposte al giudizio sono destinati ad apparire palesemente
privi di fondamento, non appena si consideri a) che il giudice
rimettente — come anch'egli riconosce nell'ordinanza di rimes
sione — è chiamato a pronunciarsi, in applicazione dell'art. 23
1. n. 689 del 1981, esclusivamente sull'opposizione contro il prov
vedimento del garante per la radiodiffusione e l'editoria che
irroga la sanzione amministrativa a norma dell'art. 31,3° com
ma, 1. n. 223 del 1990, a carico del titolare di un'emittente tele
visiva che abbia violato il divieto «formale» previsto dall'art.
15, 11° comma, della medesima legge; b) che le diverse questio
ni che possono porsi circa i poteri dell'autorità amministrativa
sulla programmazione dei film, a norma degli art. 1-7 1. n. 161
del 1962, e circa la difesa delle posizioni soggettive che possono
venire in considerazione a tale proposito — posizioni, sia ogget
tivamente che soggettivamente, del tutto diverse da quelle che
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PARTE PRIMA
possono essere vantate da chi il film non produce ma successi
vamente diffonde — sono dalla legge assegnate alla giurisdizio ne amministrativa, chiamata a pronunciarsi, su ricorso degli in
teressati, anche nel merito (art. 8 1. n. 161 del 1962); c) che
i principi invocati dal giudice rimettente hanno tutti a che vede
re con la disciplina della revisione dei film e non invece con
la distinta e diversa disciplina degli obblighi dei titolari di sta zioni emittenti televisive e con la tutela delle loro posizioni sog
gettive; che pertanto le norme costituzionali invocate a parametro nel
presente incidente di costituzionalità risultano radicalmente ini-, donee ad argomentare l'illegittimità costituzionale delle norme
sottoposte al giudizio di questa corte.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale de
gli art. 15, 11° comma, e 31, 3° comma, 1. 6 agosto 1990 n.
223 (disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato),
sollevata, in riferimento agli art. 3, 21, 24 e 25, 2° comma,
Cost., dal Pretore di Caltagirone, sezione distaccata di Mineo,
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 ottobre 1998, n. 354
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 ottobre 1998, n. 43); Pres. Mirabelli, Est. Zagrebelsky; De Rosa c. Prefetto di
Napoli; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Campania 24
giugno 1997 (G.U., la s.s., n. 42 del 1997).
Circolazione stradale — Patente di guida — Revoca — Persona
già sottoposta a misura di sicurezza personale — Incostitu
zionalità (Cost., art. 76; 1. 13 giugno 1991 n. 190, delega al
governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale, art. 2; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nuovo codice della strada, art. 120, 130).
Circolazione stradale — Patente di guida — Revoca — Persona
già sottoposta a misura di sicurezza personale — Nuova di
sciplina regolamentare — Questione inammissibile di costitu
zionalità (Cost., art. 3, 4, 76; 1. 13 giugno 1991 n. 190, art.
2; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, art. 120, 130). Circolazione stradale — Patente di guida — Ritiro, sospensione
e revoca — Delega al governo — Mancanza di principi e cri
teri direttivi — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 76; 1. 13 giugno 1991 n. 190, art. 2).
Sono incostituzionali, in relazione all'art. 2, lett. t), 1. 13 giu
gno 1991 n. 190, gli art. 120, 1 ° comma, e 130, 1 ° comma, lett. b), d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nel testo anteriore al
d.p.r. 19 aprile 1994 n. 575, nella parte in cui prevedono la
revoca della patente per coloro che sono stati sottoposti a
misure di sicurezza personali. (1)
(1-3) La corte dichiara l'incostituzionalità degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), del nuovo codice della strada, nella parte in cui contemplano, tra i «requisiti morali» la cui perdita preclude il rilascio della patente di guida o determina la revoca della patente già rilasciata, oltre al «non essere» (attualmente) sottoposti a misure di si curezza personali, anche il «non essere stati» (in passato) sottoposti a tali misure. La questione di legittimità costituzionale era stata solleva ta dal Tar Campania nel giudizio concernente la revoca di una patente di guida disposta dal prefetto in conseguenza di una precedente sotto
posizione del titolare alla misura di sicurezza della libertà vigilata; la revoca della patente era stata disposta dal prefetto quando la misura di sicurezza era già stata revocata dal magistrato di sorveglianza, per essere venuta meno la pericolosità sociale del soggetto.
In precedenza, lo stesso Tar Campania, dopo aver rilevato che la
Il Foro Italiano — 1999.
È inammissibile, in quanto irrilevante, la questione di legittimi tà costituzionale dell'art. 120, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992
n. 285, come sostituito dall'art. 5, 1° comma, d.p.r. 19 aprile 1994 n. 575, nella parte in cui prevede la revoca della patente
per coloro che sono stati sottoposti a misure di sicurezza per
sonali, in riferimento agli art. 3, 4 e 76 Cost. (2) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2, lett. t), l. 13 giugno 1991 n. 190, nella parte in cui, nel
delegare al governo il riesame della disciplina del ritiro, della
sospensione e della revoca della patente di guida anche con
riferimento a soggetti sottoposti a misure di sicurezza perso
nali, non indicherebbe i principi o criteri direttivi alla cui stre
gua tale revisione dovrebbe avvenire, in riferimento all'art.
76 Cost. (3)
Diritto. — 1. - Il Tar Campania, chiamato a decidere su un
ricorso per l'annullamento di un provvedimento prefettizio di
revoca della patente di guida, adottato nei confronti di persona
già sottoposta alla misura di sicurezza della libertà vigilata, mi
sura successivamente revocata prima del momento di adozione
del provvedimento, dubita sotto diversi aspetti della legittimità costituzionale della disciplina vigente in materia, dalla cui ap
plicazione dipende l'esito del giudizio innanzi a esso pendente.
Innanzitutto, il giudice rimettente solleva dubbi sulla confor
mità alle regole costituzionali concernenti la delegazione legisla tiva al governo (art. 76) del procedimento legislativo delegato che ha portato all'approvazione della norma che prevede la re
voca della patente di guida nei confronti di coloro che siano
revoca della misura di sicurezza, disposta ai sensi dell'art. 208 c.p. dal
magistrato di sorveglianza, non poteva essere equiparata a una pronun cia di riforma della stessa misura di sicurezza, aveva concluso che an che in presenza della revoca della misura di sicurezza doveva essere
sempre disposta o mantenuta la revoca della patente di guida (Tar Cam
pania, sez. Ili, 7 agosto 1996, n. 635, Foro it., Rep. 1997, voce Circo
lazione stradale, n. 171). Ai sensi dell'art. 120, 1° comma, del nuovo codice della strada, l'interessato avrebbe potuto ottenere una nuova pa tente di guida solo una volta intervenuta la riabilitazione in base all'art. 178 c.p.
Il previgente codice della strada (art. 82, 1° comma, e 91, 13° com
ma, n. 2, d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393) ammetteva la revoca della pa tente solo nei confronti di coloro che «fossero» (attualmente) sottoposti a misure di sicurezza personali, e non anche nei confronti di coloro che «fossero stati» (in precedenza) sottoposti alle stesse. Nella sentenza in rassegna la corte, seguendo l'indirizzo inaugurato da Corte cost. 24
luglio 1996, n. 305, id., 1997, I, 2360, afferma che la legge di delega (cfr. art. 1, 1° comma, 1. 190/91), nel conferire al governo il potere di adottare disposizioni legislative intese a «rivedere e riordinare» la
legislazione vigente in materia di disciplina della circolazione stradale, avrebbe identificato, quale «base» per l'esercizio della delega, il codice
previgente. Una modificazione sostanziale della disciplina precedente sarebbe stata possibile solo in presenza di specifici «principi e criteri direttivi» dettati nella legge di delega per il legislatore delegato (cfr. ancora art. 1,1° comma, 1. 190/91, cit.). Ma l'art. 2, lett. t), 1. 190/91, sulla delega in tema di revoca della patente, non detta alcun particolare «principio o criterio direttivo» tale da giustificare modifiche sostanziali; di conseguenza, in tema di revoca della patente per misure di sicurezza, non poteva essere adottata una disciplina sostanzialmente innovativa
rispetto a quella precedente. La dichiarazione di incostituzionalità si fonda quindi solo su ragioni
formali (cfr. art. 76 Cost.). La corte non si è pronunciata, invece, sulla
questione di legittimità costituzionale proposta dallo stesso Tar Campa nia e fondata sulla pretesa incompatibilità sostanziale tra le norme cita te del nuovo codice della strada e gli art. 3 e 4 Cost, (principio di
ragionevolezza; garanzia del diritto al lavoro, nel caso in cui la patente di guida risulti necessaria per il lavoro di una persona); tale altra que stione, infatti, è stata ritenuta «assorbita». La pronuncia di incostitu zionalità incide però oggettivamente sul quadro delle misure interdittive in materia di patente di guida: infatti oggi la revoca della patente non
può più avere fondamento nel fatto che l'interessato sia stato sottopo sto ad una misura di sicurezza, una volta che la misura di sicurezza sia venuta meno.
In argomento, cfr. anche Corte cost., ord. 16 giugno 1995, n. 253, id., Rep. 1995, voce cit., n. 145, che ha dichiarato manifestamente in
fondata, in riferimento agli art. 3, 4, 16 e 27 Cost., la questione di
legittimità costituzionale degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), del nuovo codice della strada, nella parte in cui non ammetto no che il magistrato di sorveglianza possa autorizzare, nei confronti delle persone sottoposte a misura di sicurezza personale, l'uso della pa tente per comprovate esigenze lavorative. [M. Cerini]
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