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ordinanza 21 ottobre 1998, n. 360 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 28 ottobre 1998, n. 43);...

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ordinanza 21 ottobre 1998, n. 360 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 ottobre 1998, n. 43); Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; D'Amico c. Min. poste e telecomunicazioni e altra; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Tar Sicilia, sez. Catania, 5 marzo 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 38 del 1997) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 413/414-419/420 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192810 . Accessed: 28/06/2014 09:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.44 on Sat, 28 Jun 2014 09:19:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 21 ottobre 1998, n. 360 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 28 ottobre 1998, n. 43); Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; D'Amico c. Min. poste e telecomunicazioni e altra;

ordinanza 21 ottobre 1998, n. 360 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 ottobre 1998, n. 43);Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; D'Amico c. Min. poste e telecomunicazioni e altra; interv. Pres.cons. ministri. Ord. Tar Sicilia, sez. Catania, 5 marzo 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 38 del 1997)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 413/414-419/420Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192810 .

Accessed: 28/06/2014 09:19

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

minato l'avvio dell'indagine giudiziaria, della quale si duole la

regione, ritenendola invasiva delle prerogative garantite ai com

ponenti del consiglio regionale dall'art. 122, 4° comma, Cost., nonché, in via mediata, delle attribuzioni in materia di organiz zazione e di funzioni degli organi, riconosciute alla regione da

gli art. 121 e 123 Cost, stessa.

2. - Il ricorso è fondato.

3. - Dispone l'art. 122, 4° comma, Cost, che i consiglieri

regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinio ni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Come rammenta anche la regione Veneto, la giurisprudenza

costituzionale, nel delineare l'ambito delle guarentigie di cui go dono i consiglieri stessi, ai sensi della menzionata disposizione, ha da tempo rilevato (sentenza n. 81 del 1975, Foro it., 1975,

I, 1623) che le loro attribuzioni si inquadrano nell'esplicazione di autonomie che, benché non attinenti a profili di sovranità, sono da considerare costituzionalmente garantite. In argomento è stato, inoltre, precisato (sentenze n. 69 del 1985, id., 1985,

I, 1274, e n. 70 del 1985, id., 1986, I, 58) che l'esonero da

responsabilità dei componenti dell'organo va visto come preor dinato alla tutela delle funzioni di rappresentanza politica, in

primis quella legislativa, il cui esercizio si è ritenuto di sottrarre

al controllo giudiziario, al fine di garantire da qualsiasi interfe

renza la libera formazione della volontà politica. In relazione

a tali principi la corte ha considerato ricomprese nel cennato

ambito, come risulta delimitato dalla Costituzione e dalle leggi statali, anche le funzioni di indirizzo e quelle che, comunque, si traducono in comportamenti preordinati al controllo politico

(sentenze n. 209 del 1994, id., Rep. 1994, voce Responsabilità

contabile, n. 1029, e n. 29 del 1966, id., 1966, I, 947), fra i quali senza dubbio rientrano anche le interrogazioni e le inter

pellanze, quali atti consiliari tipici, strumentali — per l'appunto — al sindacato esercitato dal consiglio nei confronti della giun ta (sentenza n. 274 del 1995, id., 1996, I, 1190).

4. - Per quanto più specificamente attiene all'interferenza po sta in essere, nel caso concreto, dall'iniziativa dell'autorità giu diziaria in ordine all'esercizio delle funzioni consiliari, vero è

che i fatti oggetto di indagine non riguardano strettamente i

voti dati e le opinioni espresse, bensì elementi di conoscenza

di fatti penalmente rilevanti, che il componente dell'organo re

gionale, secondo l'autorità procedente, avrebbe avuto l'obbligo di denunciare. Tuttavia è da ritenere che, se alla sfera di garan zia ex art. 122 restano estranei i comportamenti del consigliere che non possono considerarsi espressione delle attribuzioni pro

prie della carica (sentenza n. 432 del 1994, id., 1995, I, 1076),

sarebbe, peraltro, riduttivo ritenere che la funzione di rappre sentanza politica, garantita dalla citata disposizione, si risolva

negli atti tipici. In tal senso depone l'orientamento espresso, recentemente, da questa corte in tema di immunità parlamenta re, evidenziando il nesso funzionale che, in presenza di attività

oggetto di indagine penale, rende operante la prerogativa del

l'art. 68 Cost, (sentenza n. 289 del 1998, id., 1998, I, 2634). Tale orientamento, nonostante la diversa posizione dei compo nenti delle camere rispetto ai componenti dei consigli regionali, appare estensibile al caso qui in esame, a fronte dell'analogo tenore, per entrambe le categorie, della disposizione sull'irre

sponsabilità per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio

delle funzioni. Il che porta conclusivamente a ritenere che, nel

l'ambito dell'art. 122, 4° comma, Cost., rientrino non solo le

attività nelle quali si estrinseca il diritto di interrogazione o di

interpellanza, ma, altresì, gli elementi conoscitivi utilizzati ai

fini dell'esercizio di quel diritto e che si pongono in funzionale

connessione con il medesimo.

L'interpellanza, infatti, non è che una domanda, rivolta all'e

secutivo in sede di sindacato ispettivo-politico, per conoscere

i motivi o gli intendimenti della condotta del medesimo, sulla

scorta anche di circostanze delle quali il rappresentante venga a conoscenza, e per trarne eventuali conseguenze politiche.

È, perciò, palese che la procura della repubblica presso la

Pretura di Venezia con la sua iniziativa — pur facendo riferi

mento, formalmente, non già all'interpellanza presentata, ma

ad elementi di conoscenza ad essa preesistenti e da essa risultan

ti (e senza che sia necessario affrontare qui il problema della

qualificazione del consigliere regionale come pubblico ufficiale,

quando acquisisca notizie di reato al di fuori dell'esercizio delle

Il Foro Italiano — 1999.

sue funzioni pubbliche) — ha in sostanza sottoposto a sindaca

to, indirettamente, proprio il contenuto dell'atto di esercizio, da parte del consigliere, della sua funzione di controllo politico.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non

spetta allo Stato, e per esso alla procura della repubblica presso la Pretura circondariale di Venezia, di emettere l'atto di invito a presentarsi, di cui in epigrafe, indirizzato al consigliere regio nale, indagato per il reato di cui all'art. 361 c.p., e, conseguen temente, annulla detto atto.

1

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 21 ottobre 1998, n. 360 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 ottobre 1998, n.

43); Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; D'Amico c. Min. po ste e telecomunicazioni e altra; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Sicilia, sez. Catania, 5 marzo 1997 (G.U., la s.s., n. 38 del 1997).

Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Radiodiffusione tele

visiva in ambito locale — Concessione — Cauzione in misura fissa — Questione manifestamente infondata di costituziona lità (Cost., art. 3; 1. 6 agosto 1990 n. 223, disciplina del siste ma radiotelevisivo pubblico e privato, art. 16; d.l. 27 agosto 1993 n. 323, provvedimenti urgenti in materia radiotelevisiva, art. 1; 1. 27 ottobre 1993 n. 422, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 27 agosto 1993 n. 323).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costi: ■

zionale dell'art. 1, 5° comma, d.l. 27 agosto 1993 n. 32 j, convertito, con modificazioni, nella I. 27 ottobre 1993 n. 422, nella parte in cui prescrive, ai fini del rilascio della concessio ne per la radiodiffusione televisiva commerciale in ambito lo

cale, il previo versamento di una cauzione determinata in mi sura fissa, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 21 ottobre 1998, n. 358 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 ottobre 1998, n.

43); Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; Di Fazio c. Garante

per la radiodiffusione e l'editoria; interv. Pres. cons, mini

stri. Ord. Pret. Caltagirone-Mineo 13 marzo 1997 (G.U., la

s.s., n. 25 del 1997).

Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Divieto di trasmissio ne di film — Sanzione amministrativa — Questione manife stamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 21, 24, 25; 1. 6 agosto 1990 n. 223, art. 15, 31).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale del combinato disposto degli art. 15, 11° comma, e

31, 3° comma, I. 6 agosto 1990 n. 223, che prevedono il di vieto della trasmissione televisiva di film che non abbiano ot

tenuto il nulla osta per la proiezione o che siano stati vietati

ai minori di diciotto anni e la relativa sanzione amministrati

va, in riferimento agli art. 3, 21, 24 e 25, 2° comma, Cost. (2)

(1-2) Con due provvedimenti coevi, redatti per mano dello stesso esten

sore, la Consulta interviene su aspetti marginali della disciplina del si stema radiotelevisivo, quale risultava dalla 1. 223/90 e dai successivi

provvedimenti legislativi, che prendevano atto della difficoltà di far de collare il meccanismo imperniato sulle concessioni e cercavano di tam

ponare l'emergenza. In entrambi i casi, le questioni sollevate dai giudici rimettenti sono state liquidate con la formula della manifesta infonda

tezza, segno evidente che la Corte costituzionale non ha avuto alcun

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PARTE PRIMA

I

Ritenuto che nel corso di un giudizio instaurato dal titolare

di un'emittente televisiva locale e diretto all'annullamento di

un provvedimento ministeriale di diniego di concessione per la

radiodiffusione televisiva commerciale, il Tar Sicilia-sezione stac

cata di Catania, con ordinanza 13 marzo 1997, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costitu

dubbio nel difendere le disposizioni sottoposte al suo esame dalle cen sure che erano state mosse nei loro confronti. Tra breve, peraltro, la corte sarà chiamata a pronunciarsi su uno dei profili caratterizzanti di quella che viene definita la «cristallizzazione» del sistema, vale a dire l'impossibilità di rilasciare la concessione per la radiodiffusione, sonora o televisiva, in ambito locale a soggetti diversi da quelli origina riamente autorizzati ex lege: la questione di legittimità costituzionale, in parte qua, della disciplina transitoria succedutasi dal 1990 al 1997

(ma occorre tener conto dell'ulteriore proroga disposta dall'art. 1 1.

122/98) è stata sollevata da Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, ord. 9 dicembre 1997, n. 1019, Foro it., 1998, III, 257; per l'interpretazione restrittiva seguita sul punto dalla giurisprudenza amministrativa, v. Cons.

Stato, sez. VI, 28 aprile 1998, n. 566, Giust. civ., 1998, I, 2360; 21 febbraio 1997, n. 315, Foro it., Rep. 1997, voce Radiotelevisione, n.

25; 23 dicembre 1996, n. 1756, id., 1997, III, 393. Tra le questioni esaminate dalla Consulta, è quella concernente il

versamento della cauzione in misura fissa a toccare più da vicino il funzionamento del sistema concessorio. Era stato P8° comma dell'art. 16 1. 223/90 ad imporre alle persone fisiche, associazioni o fondazioni, che aspiravano ad ottenere la concessione per la radiodiffusione televi siva in ambito locale, l'obbligo del versamento di una cauzione stabilita

nell'importo di trecento milioni (laddove per le società era richiesto un

capitale sociale non inferiore a trecento milioni: sulla tassatività di que sto presupposto, v. Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 36). Tale somma era ridotta a cento milioni dal 9° comma, ove fosse stata richiesta dai citati soggetti la concessione

per la radiodiffusione sonora in ambito locale a carattere comunitario. Nessun versamento era previsto, invece, per le emittenti radiofoniche a carattere commerciale. La disciplina testé descritta veniva sostanzial mente ribadita dal d.l. 407/92 (per le emittenti radiofoniche) e dal d.l. 323/93 (per le emittenti televisive), con riferimento alle condizioni ne cessarie per ottenere le c.d. concessioni provvisorie, da rilasciare in fa vore dei soggetti già autorizzati a proseguire nell'esercizio degli impian ti ai sensi dell'art. 32 1. 223/90. La corte, nel ribadire la funzione di

«garanzia» della cauzione, non ha esitazioni nel ritenere sorrette da una valida giustificazione sia le differenziazioni tra le varie categorie di emittenti considerate (che rappresentano realtà tecniche ed economi che obiettivamente diverse), sia l'uniformità di trattamento, quanto alla misura della cauzione, all'interno della stessa categoria.

Quanto all'ordinanza sub II, essa si occupa di uno degli obblighi imposti ai concessionari dall'art. 15 1. 223/90, e cioè quello, contempla to dall'11° comma, di non trasmettere film che non abbiano ottenuto il nulla osta per la proiezione o che siano stati vietati ai minori di di ciotto anni (in argomento, v. Battaglia, La diffusione televisiva di

film vietati ai minori degli anni diciotto, in Riv. polizia, 1990, 610); la violazione del divieto fa scattare due sanzioni: quella prevista dal l'art. 15 1. 161/62 in materia di «censura cinematografica» (norma alla

quale rinvia il 12° comma dell'art. 15 1. 223/90, che consente all'autori tà giudiziaria di disporre la disattivazione dell'impianto del trasgresso re) e quella prevista dall'art. 31, 3° comma, 1. 223/90 (sui problemi di coordinamento tra queste disposizioni, v. Zaccaria, in II sistema radiotelevisivo pubblico e privato a cura di Roppo e Zaccaria, Milano, 1991, 348 ss.; Valastro, La tutela dei minori, in Radiotelevisione a cura di Zaccaria, Padova, 1996, 671 ss.). La questione sollevata, in realtà, si soffermava soltanto di scorcio sulla ragionevolezza in sé del divieto, per incentrarsi piuttosto sulle incongruenze che deriverebbero

dall'impossibilità, per il giudice competente a decidere sull'opposizione alla sanzione amministrativa irrogata dal garante (si tratta di uno dei casi in cui non occorre una previa diffida: sulle competenze del garante in materia sanzionatoria, v. Brighina, Le sanzioni amministrative, in

Radiotelevisione, cit., 688 ss.), di vagliare il contenuto dell'opera cine

matografica di cui è vietata la diffusione. Anche in questo caso la Con sulta riesce a superare le argomentazioni addotte dal pretore rimettente, evidenziando, in particolare, il fatto che esse potevano se mai sorregge re censure da rivolgere nei confronti della disciplina sulla revisione dei film; d'altro canto, il giudizio di opposizione promosso da chi è stato

colpito dalla sanzione per aver trasmesso il film vietato (e quindi per una violazione di carattere «formale») non era nemmeno la sede idonea

per valutazioni che coinvolgono posizioni soggettive facenti capo ai pro duttori dei film e spettano al giudice amministrativo eventualmente adi to da questi ultimi (tra i casi recentemente affrontati dalla giustizia am ministrativa, quelli relativi ai film «Arancia meccanica» [Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 1998, n. 583, Foro it., 1998, III, 302] e «Ritorno dal nulla» [Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 1998, n. 584, Giust. civ., 1998, I, 2367]).

Il Foro Italiano — 1999.

zionale dell'art. 1, 5° comma, d.l. 27 agosto 1993 n. 323 (prov vedimenti urgenti in materia radiotelevisiva), convertito in 1. 27

ottobre 1993 n. 422, nella parte in cui prescrive, ai fini del rila

scio della concessione per la radiodiffusione televisiva commer

ciale in ambito locale, il previo versamento di una cauzione de

terminata in misura fissa; che ad avviso del giudice rimettente la norma impugnata si

pone in contrasto con l'art. 3 Cost., per violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza, sotto un duplice aspetto;

che, per un primo profilo, la prescrizione del versamento di

una cauzione nella misura di trecento milioni di lire (ex art.

16, 8° comma, 1. 6 agosto 1990 n. 223) sarebbe irragionevole, in quanto non consente di graduare l'importo richiesto all'am

bito territoriale di diffusione dell'emittente ovvero alle poten zialità strutturali dell'impianto, specie avuto riguardo alla mol

teplicità di criteri di carattere oggettivo previsti dalla vigente normativa (art. 16, 17° comma, 1. n. 223 del 1990) ai fini del

rilascio della concessione;

che, per un secondo e collegato profilo, la norma impugnata sarebbe altresì lesiva del principio di uguaglianza, alla stregua del raffronto tra la norma che prescrive il versamento della cau

zione in vista dell'attività di emissione televisiva in ambito loca

le e la disciplina prevista, rispettivamente, a) per le emittenti

di radiodiffusione sonora di carattere «comunitario», per le quali è espressamente escluso qualsiasi obbligo di cauzione ai fini del

rilascio della concessione (art. 16, 5° comma, 1. n. 223 del 1990), e b) per le emittenti esclusivamente radiofoniche, alle quali è

comunque consentito di versare la cauzione fino al momento

del rilascio della concessione; che la parte privata, ricorrente nel processo principale, ha

depositato fuori termine atto di costituzione in giudizio formu

lando argomentazioni a sostegno dell'accoglimento della que stione sollevata nonché deducendo — in una successiva memo

ria — l'ammissibilità della propria costituzione, per essere il

ritardo nel deposito dell'atto ascrivibile a disservizi postali; che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei

ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello

Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che, preliminarmente, deve essere dichiarata inam

missibile la costituzione della parte privata, poiché essa è avve

nuta oltre i termini, di carattere perentorio, stabiliti dagli art.

25, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 3 delle norme integrati ve per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale (tra molte, or

dinanza n. 142 del 1996, Foro it., 1996, I, 2306; sentenza n.

208 del 1995, id., 1995, I, 3042); che, nel merito, la previsione del versamento di una cauzione

da parte di soggetti i quali, già autorizzati provvisoriamente a

proseguire nell'esercizio degli impianti a norma dell'art. 32 1.

n. 223 del 1990, presentano domanda di concessione per l'eser

cizio della diffusione televisiva in ambito locale, risponde all'e

sigenza di garantire che i privati che aspirano ad operare nel

settore dispongano di mezzi economici e finanziari adeguati al

l'esercizio dell'impresa; che è alla stregua di tale esigenza che sono richiesti, ai fini

del rilascio del provvedimento abilitativo, determinati requisiti minimi, quali, per le società commerciali, un capitale sociale

non inferiore a lire trecento milioni e, per le persone fisiche e giuridiche, la cauzione di cui è questione (art. 16, 8° comma, 1. n. 223 del 1990, in relazione all'art. 1, 5° comma, lett. b, d.l. 27 agosto 1993 n. 323, convertito in 1. 27 ottobre 1993 n.

422), secondo una scelta legislativa atta a prefissare in modo

obiettivo e imparziale le condizioni, anche di ordine patrimo niale, per l'ingresso e la permanenza dei privati nel sistema ra

diotelevisivo;

che, alla luce delle osservazioni che precedono, le censure di

irragionevolezza proposte dal giudice a quo risultano prive di

fondamento, anche per l'ulteriore rilievo dell'incidenza dell'o

nere patrimoniale su soggetti che già da tempo svolgono — pro

prio in quanto autorizzati — l'esercizio degli impianti radiotele visivi e che possono costituire la cauzione mediante fideiussione

bancaria o polizza assicurativa (art. 28 d.p.r. 27 marzo 1992 n. 255);

che pertanto la prescrizione di una cauzione di importo pre determinato e uguale per ogni soggetto aspirante risulta coeren

te con la riferita ratio della previsione impugnata, alla quale sono invece estranei i criteri contenuti nell'art. 16, 17° comma,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1. n. 223 del 1990, che attengono solo al fine della selezione

dei soggetti richiedenti e non a una funzione di garanzia;

che, relativamente al profilo di violazione del principio di ugua

glianza, prospettato dal giudice a quo sul rilievo della differen

za tra la disciplina concernente le emittenti televisive in ambito

locale e quella apprestata per le emittenti radiofoniche, valendo

solo per queste ultime e non per le prime la possibilità di versa

re la cauzione «fino al momento del rilascio della concessione»

(ex art. 1, comma 3 quinquies, d.l. 19 ottobre 1992 n. 407, con

vertito in 1. 17 dicembre 1992 n. 482), va osservato che in en

trambi i casi, conformemente alla funzione di garanzia dell'isti

tuto, è comunque prescritto che la cauzione preceda, e non se

gua, il provvedimento concessorio;

che, per lo stesso profilo, più in generale è da rilevare che

non può utilmente essere posta a raffronto con la norma impu

gnata una disciplina concernente il settore della radiodiffusione

sonora (di carattere commerciale e in ambito locale), il cui eser

cizio richiede diverse e minori componenti di ordine economico

finanziario rispetto alla radiodiffusione televisiva, come è reso

evidente dalla previsione, per esso, della riduzione a un terzo

dell'importo della cauzione (art. 16, 9° comma) e dal connesso

minore importo dei canoni concessori (art. 22, 1° comma, lett.

a e b, 1. n. 223 del 1990); che il rilievo che precede vale, a maggior ragione, per l'ulte

riore profilo della censura di disparità di trattamento rispetto

alle emittenti radiofoniche «comunitarie», la cui peculiare ca

ratterizzazione, incentrata su contenuti culturali, politici, reli

giosi e sull'assenza dello scopo di lucro (art. 16, 5° comma,

1. n. 223 del 1990) giustifica la determinazione legislativa dell'e

senzione dall'obbligo della cauzione e non impone la medesima

disciplina per tali emittenti e per quelle di carattere commercia

le, come è reso manifesto nello stesso sistema della 1. n. 223

del 1990, che vieta (art. 16, 6° comma) ogni passaggio dall'una

all'altra categoria; che la questione sollevata deve, pertanto, essere dichiarata

manifestamente infondata, sotto ogni profilo. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife

sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del

l'art. 1, 5° comma, d.l. 27 agosto 1993 n. 323 (provvedimenti

urgenti in materia radiotelevisiva), convertito in 1. 27 ottobre

1993 n. 422, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tar

Sicilia-sezione staccata di Catania, con l'ordinanza indicata in

epigrafe.

II

Ritenuto che con ordinanza 13 marzo 1997, emessa nel corso

di un giudizio di opposizione avverso un'ordinanza-ingiunzione

del garante per la radiodiffusione e l'editoria, il Pretore di Cal

tagirone, sezione distaccata di Mineo, ha sollevato, in riferi

mento agli art. 3, 21, 24 e 25, 2° comma, Cost., questione di

legittimità costituzionale degli art. 15, 11° comma, e 31, 3° com

ma, 1. 6 agosto 1990 n. 223 (disciplina del sistema radiotelevisi

vo pubblico e privato); che ad avviso del rimettente le norme impugnate, che preve

dono rispettivamente il divieto — tra altre ipotesi — della tra

smissione televisiva di film che non abbiano ottenuto il nulla

osta per la proiezione o che siano stati vietati ai minori di di

ciotto anni, e la relativa sanzione amministrativa per il caso

di violazione del divieto di trasmissione, sarebbero in contrasto

con gli indicati parametri costituzionali, sotto vari profili;

che per un primo profilo vi sarebbe contrasto con il principio

generale di legalità (art. 25 Cost., in relazione all'art. 1 1. 24

novembre 1981 n. 689) e con i parametri costituzionali di ragio

nevolezza delle norme e del diritto di difesa (art. 3 e 24 Cost.),

ad esso sottesi, perché la disciplina dell'illecito sarebbe integra

ta da un atto amministrativo — il diniego del nulla osta o il

provvedimento che esclude i minori dalla visione di un film —

sul quale il giudice dell'opposizione può effettuare una verifica

puramente formale, non essendogli consentita un'indagine né

sui contenuti dell'opera cinematografica né sulla congruità della

limitazione disposta; una irragionevolezza che risulterebbe ulte

riormente sottolineata dalla indeterminatezza e dalla possibile

Il Foro Italiano — 1999.

variabilità nel tempo dei parametri di giudizio che conducono

le istanze amministrative alla determinazione di escludere i mi

nori dalla visione di un film;

che, per un secondo profilo, sarebbe da ravvisare una viola

zione del principio di uguaglianza, alla stregua del raffronto

con la diversa disciplina prevista nell'ipotesi del 10° comma del

l'art. 15 1. n. 223 del 1990, nella quale ricade anche il caso

di un film che ottenga il nulla osta attraverso il silenzio-assenso,

disciplina in base alla quale è invece consentito al giudice un

sindacato «sostanziale» sull'opera e sui suoi contenuti;

che ulteriore lesione dei principi di uguaglianza e di ragione volezza deriverebbe dal rilievo che alla disciplina impugnata po trebbe sottrarsi un'opera composta da parti di film vietati ai

minori o da scene montate in modo da comporre un program ma ma non un film;

che infine sarebbe individuabile, secondo il rimettente, anche

la violazione del principio costituzionale di libertà di manifesta

zione del pensiero per l'impossibilità di verificare in sede giuris

dizionale la conformità dell'opera al limite del buon costume

(art. 21 Cost.); che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei

ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello

Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione sotto

ogni profilo. Considerato che il giudice rimettente, in sede di opposizione

al provvedimento sanzionatorio del garante per la radiodiffu

sione e l'editoria, preso a norma dell'art. 31, 3° comma, 1. 6

agosto 1990 n. 223, dubita della legittimità costituzionale, in

riferimento agli art. 3, 21, 24 e 25, 2° comma, Cost., dell'art.

15, 11° comma, e dello stesso art. 31, 3° comma, 1. n. 223

del 1990, i quali fanno divieto di trasmissione televisiva dei film

cui sia stato negato il nulla osta per la proiezione in pubblico

oppure che siano stati vietati ai minori di diciotto anni, preve dendo la relativa sanzione, per il caso di violazione del divieto;

che il giudice rimettente — sull'assunto che il pretore, chia

mato a pronunciarsi in sede di opposizione all'ordinanza

ingiunzione con la quale la sanzione suddetta è stata irrogata,

possa effettuare una verifica di legittimità meramente formale

circa i presupposti di fatto dell'illecito ma gli sia preclusa l'in

dagine circa il contenuto del film ai fini della valutazione della

validità del provvedimento amministrativo che nega il nulla osta

o impone il divieto ai minori di diciotto anni — ritiene che l'individuazione in concreto dell'illecito amministrativo previsto dall'art. 15, 11° comma, 1. n. 223 del 1990 finisca così per esse

re rimessa alle determinazioni meramente discrezionali della pub blica amministrazione, in assenza di un sindacato di merito presso il giudice dell'opposizione;

che il giudice rimettente, inoltre, ritiene che la disciplina della

revisione dei film stabilita con la 1. 21 aprile 1962 n. 161 —

relativamente, in particolare, al potere di negare il nulla osta

e di escludere la visione ai minori di diciotto anni — per la

genericità, l'elasticità e la mutevolezza nel tempo dei parametri di giudizio forniti dalla legge alle speciali commissioni di primo e secondo grado chiamate ad esprimere al ministro per il turi

smo e lo spettacolo il parere previsto dall'art. 1, 2° comma, della legge stessa, sia tale da comportare lesione dei sopra indi

cati articoli della Costituzione, anche sotto il profilo dell'irra

gionevole diversità di trattamento cui sarebbero assoggettati i

film che ottengono il nulla osta per silenzio-assenso (art. 6 1.

n. 161 del 1962) nonché le opere filmiche risultanti dal montag

gio di sequenze di altri film o di altre registrazioni visive;

che, tuttavia, i dubbi di costituzionalità sollevati sulle norme

sottoposte al giudizio sono destinati ad apparire palesemente

privi di fondamento, non appena si consideri a) che il giudice

rimettente — come anch'egli riconosce nell'ordinanza di rimes

sione — è chiamato a pronunciarsi, in applicazione dell'art. 23

1. n. 689 del 1981, esclusivamente sull'opposizione contro il prov

vedimento del garante per la radiodiffusione e l'editoria che

irroga la sanzione amministrativa a norma dell'art. 31,3° com

ma, 1. n. 223 del 1990, a carico del titolare di un'emittente tele

visiva che abbia violato il divieto «formale» previsto dall'art.

15, 11° comma, della medesima legge; b) che le diverse questio

ni che possono porsi circa i poteri dell'autorità amministrativa

sulla programmazione dei film, a norma degli art. 1-7 1. n. 161

del 1962, e circa la difesa delle posizioni soggettive che possono

venire in considerazione a tale proposito — posizioni, sia ogget

tivamente che soggettivamente, del tutto diverse da quelle che

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Page 5: ordinanza 21 ottobre 1998, n. 360 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 28 ottobre 1998, n. 43); Pres. Vassalli, Est. Zagrebelsky; D'Amico c. Min. poste e telecomunicazioni e altra;

PARTE PRIMA

possono essere vantate da chi il film non produce ma successi

vamente diffonde — sono dalla legge assegnate alla giurisdizio ne amministrativa, chiamata a pronunciarsi, su ricorso degli in

teressati, anche nel merito (art. 8 1. n. 161 del 1962); c) che

i principi invocati dal giudice rimettente hanno tutti a che vede

re con la disciplina della revisione dei film e non invece con

la distinta e diversa disciplina degli obblighi dei titolari di sta zioni emittenti televisive e con la tutela delle loro posizioni sog

gettive; che pertanto le norme costituzionali invocate a parametro nel

presente incidente di costituzionalità risultano radicalmente ini-, donee ad argomentare l'illegittimità costituzionale delle norme

sottoposte al giudizio di questa corte.

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife

sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale de

gli art. 15, 11° comma, e 31, 3° comma, 1. 6 agosto 1990 n.

223 (disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato),

sollevata, in riferimento agli art. 3, 21, 24 e 25, 2° comma,

Cost., dal Pretore di Caltagirone, sezione distaccata di Mineo,

con l'ordinanza indicata in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 ottobre 1998, n. 354

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 ottobre 1998, n. 43); Pres. Mirabelli, Est. Zagrebelsky; De Rosa c. Prefetto di

Napoli; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Campania 24

giugno 1997 (G.U., la s.s., n. 42 del 1997).

Circolazione stradale — Patente di guida — Revoca — Persona

già sottoposta a misura di sicurezza personale — Incostitu

zionalità (Cost., art. 76; 1. 13 giugno 1991 n. 190, delega al

governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale, art. 2; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nuovo codice della strada, art. 120, 130).

Circolazione stradale — Patente di guida — Revoca — Persona

già sottoposta a misura di sicurezza personale — Nuova di

sciplina regolamentare — Questione inammissibile di costitu

zionalità (Cost., art. 3, 4, 76; 1. 13 giugno 1991 n. 190, art.

2; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, art. 120, 130). Circolazione stradale — Patente di guida — Ritiro, sospensione

e revoca — Delega al governo — Mancanza di principi e cri

teri direttivi — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 76; 1. 13 giugno 1991 n. 190, art. 2).

Sono incostituzionali, in relazione all'art. 2, lett. t), 1. 13 giu

gno 1991 n. 190, gli art. 120, 1 ° comma, e 130, 1 ° comma, lett. b), d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nel testo anteriore al

d.p.r. 19 aprile 1994 n. 575, nella parte in cui prevedono la

revoca della patente per coloro che sono stati sottoposti a

misure di sicurezza personali. (1)

(1-3) La corte dichiara l'incostituzionalità degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), del nuovo codice della strada, nella parte in cui contemplano, tra i «requisiti morali» la cui perdita preclude il rilascio della patente di guida o determina la revoca della patente già rilasciata, oltre al «non essere» (attualmente) sottoposti a misure di si curezza personali, anche il «non essere stati» (in passato) sottoposti a tali misure. La questione di legittimità costituzionale era stata solleva ta dal Tar Campania nel giudizio concernente la revoca di una patente di guida disposta dal prefetto in conseguenza di una precedente sotto

posizione del titolare alla misura di sicurezza della libertà vigilata; la revoca della patente era stata disposta dal prefetto quando la misura di sicurezza era già stata revocata dal magistrato di sorveglianza, per essere venuta meno la pericolosità sociale del soggetto.

In precedenza, lo stesso Tar Campania, dopo aver rilevato che la

Il Foro Italiano — 1999.

È inammissibile, in quanto irrilevante, la questione di legittimi tà costituzionale dell'art. 120, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992

n. 285, come sostituito dall'art. 5, 1° comma, d.p.r. 19 aprile 1994 n. 575, nella parte in cui prevede la revoca della patente

per coloro che sono stati sottoposti a misure di sicurezza per

sonali, in riferimento agli art. 3, 4 e 76 Cost. (2) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

2, lett. t), l. 13 giugno 1991 n. 190, nella parte in cui, nel

delegare al governo il riesame della disciplina del ritiro, della

sospensione e della revoca della patente di guida anche con

riferimento a soggetti sottoposti a misure di sicurezza perso

nali, non indicherebbe i principi o criteri direttivi alla cui stre

gua tale revisione dovrebbe avvenire, in riferimento all'art.

76 Cost. (3)

Diritto. — 1. - Il Tar Campania, chiamato a decidere su un

ricorso per l'annullamento di un provvedimento prefettizio di

revoca della patente di guida, adottato nei confronti di persona

già sottoposta alla misura di sicurezza della libertà vigilata, mi

sura successivamente revocata prima del momento di adozione

del provvedimento, dubita sotto diversi aspetti della legittimità costituzionale della disciplina vigente in materia, dalla cui ap

plicazione dipende l'esito del giudizio innanzi a esso pendente.

Innanzitutto, il giudice rimettente solleva dubbi sulla confor

mità alle regole costituzionali concernenti la delegazione legisla tiva al governo (art. 76) del procedimento legislativo delegato che ha portato all'approvazione della norma che prevede la re

voca della patente di guida nei confronti di coloro che siano

revoca della misura di sicurezza, disposta ai sensi dell'art. 208 c.p. dal

magistrato di sorveglianza, non poteva essere equiparata a una pronun cia di riforma della stessa misura di sicurezza, aveva concluso che an che in presenza della revoca della misura di sicurezza doveva essere

sempre disposta o mantenuta la revoca della patente di guida (Tar Cam

pania, sez. Ili, 7 agosto 1996, n. 635, Foro it., Rep. 1997, voce Circo

lazione stradale, n. 171). Ai sensi dell'art. 120, 1° comma, del nuovo codice della strada, l'interessato avrebbe potuto ottenere una nuova pa tente di guida solo una volta intervenuta la riabilitazione in base all'art. 178 c.p.

Il previgente codice della strada (art. 82, 1° comma, e 91, 13° com

ma, n. 2, d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393) ammetteva la revoca della pa tente solo nei confronti di coloro che «fossero» (attualmente) sottoposti a misure di sicurezza personali, e non anche nei confronti di coloro che «fossero stati» (in precedenza) sottoposti alle stesse. Nella sentenza in rassegna la corte, seguendo l'indirizzo inaugurato da Corte cost. 24

luglio 1996, n. 305, id., 1997, I, 2360, afferma che la legge di delega (cfr. art. 1, 1° comma, 1. 190/91), nel conferire al governo il potere di adottare disposizioni legislative intese a «rivedere e riordinare» la

legislazione vigente in materia di disciplina della circolazione stradale, avrebbe identificato, quale «base» per l'esercizio della delega, il codice

previgente. Una modificazione sostanziale della disciplina precedente sarebbe stata possibile solo in presenza di specifici «principi e criteri direttivi» dettati nella legge di delega per il legislatore delegato (cfr. ancora art. 1,1° comma, 1. 190/91, cit.). Ma l'art. 2, lett. t), 1. 190/91, sulla delega in tema di revoca della patente, non detta alcun particolare «principio o criterio direttivo» tale da giustificare modifiche sostanziali; di conseguenza, in tema di revoca della patente per misure di sicurezza, non poteva essere adottata una disciplina sostanzialmente innovativa

rispetto a quella precedente. La dichiarazione di incostituzionalità si fonda quindi solo su ragioni

formali (cfr. art. 76 Cost.). La corte non si è pronunciata, invece, sulla

questione di legittimità costituzionale proposta dallo stesso Tar Campa nia e fondata sulla pretesa incompatibilità sostanziale tra le norme cita te del nuovo codice della strada e gli art. 3 e 4 Cost, (principio di

ragionevolezza; garanzia del diritto al lavoro, nel caso in cui la patente di guida risulti necessaria per il lavoro di una persona); tale altra que stione, infatti, è stata ritenuta «assorbita». La pronuncia di incostitu zionalità incide però oggettivamente sul quadro delle misure interdittive in materia di patente di guida: infatti oggi la revoca della patente non

può più avere fondamento nel fatto che l'interessato sia stato sottopo sto ad una misura di sicurezza, una volta che la misura di sicurezza sia venuta meno.

In argomento, cfr. anche Corte cost., ord. 16 giugno 1995, n. 253, id., Rep. 1995, voce cit., n. 145, che ha dichiarato manifestamente in

fondata, in riferimento agli art. 3, 4, 16 e 27 Cost., la questione di

legittimità costituzionale degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), del nuovo codice della strada, nella parte in cui non ammetto no che il magistrato di sorveglianza possa autorizzare, nei confronti delle persone sottoposte a misura di sicurezza personale, l'uso della pa tente per comprovate esigenze lavorative. [M. Cerini]

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