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ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Febbraro, Rel. Ortore; Soc. Grtn-Gestore della rete di trasmissione...

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ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Febbraro, Rel. Ortore; Soc. Grtn-Gestore della rete di trasmissione nazionale (Avv. Zaffaroni), Soc. Terna-Trasmissione elettricità rete nazionale e altra (Avv. Cantoni) c. Bertoldo e altri (Avv. Panebianco) Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 5 (MAGGIO 2003), pp. 1605/1606-1623/1624 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198605 . Accessed: 25/06/2014 03:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.14 on Wed, 25 Jun 2014 03:20:16 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Febbraro, Rel. Ortore; Soc. Grtn-Gestore della rete di trasmissione nazionale (Avv. Zaffaroni), Soc. Terna-Trasmissione elettricità rete nazionale

ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Febbraro, Rel. Ortore; Soc. Grtn-Gestore della rete ditrasmissione nazionale (Avv. Zaffaroni), Soc. Terna-Trasmissione elettricità rete nazionale ealtra (Avv. Cantoni) c. Bertoldo e altri (Avv. Panebianco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 5 (MAGGIO 2003), pp. 1605/1606-1623/1624Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198605 .

Accessed: 25/06/2014 03:20

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

conseguenza che alla clausola contrattuale con la quale le parti hanno fissato un canone superiore a quello legale va ricono

sciuta piena operatività per il periodo in cui sia esclusa la sua

sostituzione ex art. 79 1. 392/78 e 1419 c.c. (per tale orienta

mento, v., in giurisprudenza, Trib. Palermo-Carini 20 febbraio

2001; Trib. Milano, ord. 4 aprile 2000, id., Rep. 2000, voce cit., n. 204).

Una terza possibile opzione interpretativa, invece, pone l'ac

cento sulla volontà delle parti valutata all'epoca in cui è inter

venuta la rinnovazione del contratto di locazione ai sensi della

nuova disciplina e sul momento in cui è stato proposto l'even

tuale ricorso per determinazione del canone.

Sotto il vigore della 1. 392/78 il canone pattiziamente conve

nuto dalle parti non poteva che ritenersi dovuto fino a quando non fosse intervenuta pronuncia giudiziale che ne accertasse la

nullità con riferimento agli art. 12 ss. legge medesima. Invero, la giurisprudenza della Suprema corte ha sempre pacificamente

interpretato l'art. 45, ultimo comma, 1. 392/78 nel senso di rite

nere illegittima la corresponsione del canone nella misura non

contestata in data antecedente della proposizione del ricorso ex

art. 79, 2° comma, 1. 392/78.

A giudizio di questo tribunale ciò è spiegabile non già, come

pure è stato sostenuto in dottrina, per l'efficacia costitutiva e

non di mero accertamento che in questa specifica ipotesi avreb

be la pronuncia di nullità parziale, ma più in generale per il fatto

che l'automatica sostituzione della clausola pattizia colpita da

nullità relativa con la clausola legale opera —

sempre con effi

cacia retroattiva — solo allorquando la nullità venga giudizial mente accertata.

È stato, infatti, autorevolmente sostenuto che «la legge non

opera in modo automatico, non appena viene posto in essere il

contratto affetto da una clausola nulla. La legge opera tramite

l'intermediazione del fatto, configurato dalla pronunzia giudi ziale, la quale accerta l'esistenza della nullità parziale e indivi

dua la norma imperativa, che alla clausola nulla si sostituisce di

diritto. Affinché la norma imperativa si sostituisca di diritto alla

clausola nulla, non è sufficiente che le parti pongano in essere

un contratto viziato da nullità parziale: occorre la pronunzia

giudiziale, la quale accerti e la sussistenza della nullità parziale e, ad un tempo, determini la norma imperativa, che si sostituisce

di diritto alla clausola nulla» (così, in motivazione, Cass. 12

giugno 1998, n. 5870, id., Rep. 1999, voce Contratto in genere, n. 552).

Se tale impostazione è condivisa, allora non può dubitarsi che

qualora non sia stata proposta azione di determinazione del ca

none legale, il contratto originariamente stipulato ai sensi degli art. 1 ss. 1. 392/78 si rinnova tacitamente ai sensi dell'art. 2 1.

431/98 alle condizioni originariamente pattuite dalle parti e pre suntivamente rispettose del dettato normativo.

Invero, deve ritenersi che le parti siano addivenute ad un ta

cito e consapevole accordo di rinnovazione del rapporto (così dovendo qualificarsi il mancato tempestivo invio della lettera di

disdetta idoneo a determinare la cessazione del contratto ai sensi

dell'art. 3 1. 392/78) sulla base del canone espressamente pat tuito e ritenuto equo. Ed è ragionevole presumere che, quanto meno il locatore, non sarebbe addivenuto ad analogo convinci

mento in ordine all'opportunità di proseguire nel rapporto di lo

cazione per un canone ridotto in applicazione degli art. 12 ss. 1.

392/78. Differentemente, nel caso in cui il ricorso per determinazione

del canone sia stato proposto prima della rinnovazione del con

tratto di locazione ai sensi dell'art. 2 1. 431/98, devono distin

guersi due ipotesi. La prima ipotesi è quella in cui l'azione di

determinazione del canone di locazione sia stata proposta in

data antecedente alla scadenza del termine semestrale di cui al

l'art. 3 1. 392/78. In questo caso il locatore è stato sicuramente

in grado di valutare il rischio di rinnovazione del contratto ad un

canone determinato ai sensi degli art. 12 ss. 1. 392/78 e, conse

guentemente, di decidere se determinare o meno la cessazione

del rapporto di locazione con l'invio della disdetta; e nel caso in

cui la disdetta non venga tempestivamente inviata (pur avendo

ne il locatore avuto la possibilità), deve ritenersi che il contratto

si sia rinnovato per il corrispettivo giudizialmente determinato, sostanzialmente accettato dal locatore.

La seconda ipotesi è quella in cui l'azione di determinazione

del canone di locazione sia stata proposta in data successiva alla

scadenza del termine semestrale di cui all'art. 3 1. 392/78. In

questo caso, essendosi il rapporto già rinnovato secondo il ca

none pattiziamente convenuto, l'accertamento giudiziale della

Il Foro Italiano — 2003.

nullità relativa della clausola inerente al prezzo del contratto

non potrebbe avere alcuna influenza sul canone del contratto di

locazione rinnovatosi ai sensi della nuova disciplina. Ragionare diversamente condurrebbe ad uno stridente contrasto con la ra

tio normativa di abrogazione dell'art. 79 1. 392/78 operata dal

l'art. 14 1. 431/98, atteso che consentirebbe di fatto l'esercizio

dell'azione di determinazione del canone locatizio anche in co

stanza di un rapporto rinnovatosi ai sensi della nuova disciplina. A giudizio di questo tribunale quest'ultima tesi è sicuramente

preferibile perché garantisce al contempo la corretta applicazio ne dei principi generali, sostanziali e processuali, dettati in ma

teria di nullità (esigenza sottesa alla prima delle interpretazioni

sopra indicate) e il rispetto della scelta negoziale delle parti nonché della ratio legis, volta al superamento della disciplina

dell'equo canone (esigenza sottesa alla seconda delle interpreta zioni sopra indicate).

Orbene, poiché nel caso di specie il contratto di locazione si è

rinnovato tacitamente a far data dal gennaio 2000 ai sensi della

nuova disciplina delle locazioni ad uso abitativo e la domanda

di determinazione del canone di locazione è stata proposta solo

in data 2 dicembre 1999, successivamente alla scadenza del

termine semestrale utile per dare disdetta del rapporto di loca

zione, può senz'altro ritenersi che il canone di locazione dovuto

da gennaio 2000 non sia soggetto all'azione di determinazione

del canone di locazione.

La domanda di determinazione del canone locativo formulata

da parte resistente va, pertanto, esaminata unicamente con rife

rimento al periodo gennaio 1990 - dicembre 1999, essendo sicu

ramente legittimo il canone di lire 300.000 mensili corrisposto dal conduttore a far data dal 1° gennaio 2000.

Occorre quindi procedere alla determinazione dell'ammonta

re del canone legale e della somma che il convenuto deve

eventualmente restituire al ricorrente in quanto percepita inde

bitamente ai sensi dell'art. 79 1. 392/78. Com'è noto, infatti, la

clausola che indica il prezzo del contratto di locazione in misura

superiore a quello legale viene colpita da nullità relativa (art. 1419 c.c.), con conseguente sostituzione automatica, ex art.

1339 c.c., di analoga clausola indicante l'ammontare del canone

calcolato secondo la legge c.d. dell'equo canone.

Possono all'uopo essere utilizzati i parametri forniti dal c.t.u., le cui conclusioni sono quasi interamente condivise da questo

giudicante. (Omissis)

I

TRIBUNALE DI COMO; ordinanza 22 gennaio 2002; Pres.

Febbraro, Rei. Ortore; Soc. Grtn-Gestore della rete di tra

smissione nazionale (Avv. Zaffaroni), Soc. Terna-Trasmis

sione elettricità rete nazionale e altra (Avv. Cantoni) c. Ber

toldo e altri (Avv. Panebianco).

TRIBUNALE DI COMO;

Giurisdizione civile — Elettrodotto — Immissioni — Supe ramento della normale tollerabilità — Giurisdizione del

giudice ordinario (Cod. civ., art. 844; d.leg. 31 marzo 1998

n. 80, nuove disposizioni in materia di organizzazione e di

rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giuris dizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione ammi

nistrativa, emanate in attuazione dell'art. 11,4° comma, 1. 15

marzo 1997 n. 59, art. 33).

Proprietà — Immissioni intollerabili — Limiti di ammissi bilità — Differenza (D.p.c.m. 23 aprile 1992, limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla

frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitati

vi e nell'ambiente esterno; 1. 22 febbraio 2001 n. 36, legge

quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici,

magnetici ed elettromagnetici, art. 3, 4). Consulente tecnico — Valutazione della tollerabilità delle

immissioni — Interferenza con competenze statali —

Esclusione (Cod. civ., art. 844).

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PARTE PRIMA 1608

Proprietà — Elettrodotto — Immissioni —

Legittimazione

passiva (Cod. civ., art. 844).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia

avente ad oggetto l'inibizione delle immissioni provenienti da

elettrodotto che superino i limiti della normale tollerabilità,

atteso che tale azione è diretta a prevenire un danno illecito

ad un bene immobile e, quindi, «a cose» (ovvero, quando il

danno si sia già verificato, presuppone il pericolo che l'ille

cito sia reiterato): trova pertanto applicazione l'art. 33, 2°

comma, lett. e), d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, che esclude la

giurisdizione del giudice amministrativo per le «controversie

meramente risarcitone che riguardano il danno alla persona o a cose». ( 1 )

/ «limiti di ammissibilità» stabiliti dal d.p.c.m. 23 aprile 1992 e

dalla l. 22 febbraio 2001 n. 36 mirano a tutelare la salute

pubblica della collettività e sono quindi destinati a regolare i

rapporti tra i privati e la pubblica amministrazione ma non i

rapporti di natura patrimoniale tra privati o quelli concer

nenti la lesione della salute itidividuale. (2) / «valori di attenzione», ove normativamente previsti, hanno un

effetto meramente indicativo (cioè presuntivo ma non vinco

lante) ai fini della determinazione della conformità di una

propagazione ai livelli di «normale tollerabilità» previsti dall'art. 844 c.c., atteso che in quest'ultima ipotesi oggetto del giudizio sono beni e diritti differenti da quelli tutelati

dalla l. 36/01 e, pertanto, la valutazione del c.t.u. non interfe risce sulle prerogative statali di fissare tempi e modalità dei

piani di risanamento, essendo diretta a determinare un crite

rio oggettivo per stabilire la normale tollerabilità delle im

missioni. (3) L'azione riconducibile all'art. 844 c.c. diretta a provocare mo

difiche al tracciato di un elettrodotto in corrispondenza delle

abitazioni private può essere condotta soltanto nei confronti della società proprietaria dell'impianto e non verso la con

cessionaria del relativo servizio pubblico. (4)

(1-7) I. - Le ordinanze in epigrafe affermano la giurisdizione del

giudice ordinario in ordine alle controversie aventi ad oggetto l'inibi zione delle immissioni provenienti da elettrodotto che superino i limiti della normale tollerabilità, mettendo in evidenza il fatto che esse non avrebbero ad oggetto le modalità di esecuzione del servizio di eroga zione di energia elettrica quanto piuttosto le conseguenze intollerabil mente lesive verso i fondi viciniori delle emissioni/immissioni prove nienti da un elettrodotto già esistente. Ne conseguirebbe natura emi nentemente risarcitoria della domanda delle parti atteso che nel con cetto di risarcimento dovrebbe ricomprendersi anche quello in forma

specifica rispetto al quale è preordinata e finalizzata la proposta do manda di tutela cautelare. In senso conforme, v. Trib. Lecco, ord. 20 novembre 2001 (inedita, ma citata da M.A. Mazzola, Inquinamento elettromagnetico, immissioni intollerabili, tutela preventiva delta salu

te, disapplicazione della normativa speciale, risarcimento dei danni,

giurisdizione del giudice ordinario: il contenzioso si fa «elettrico» . .., in <www.giust.it>, n. 1-2002). In senso contrario, tuttavia, sembra pre valere la giurisprudenza anteriore. V. Trib. Bergamo, ord. 8 ottobre 2001, giud. Gerosa, inedita; Trib. Avellino, ord. (in sede di reclamo) 14 settembre 2001, pres. Guglielmo, <www.giuffre.it/riviste/rga> (secon do la quale il giudizio avente ad oggetto la domanda di un soggetto, te sa ad inibire l'attivazione di un elettrodotto, rientrerebbe nella giurisdi zione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 33 d.leg. 80/98, così come modificato dalla 1. 205/00, atteso che in essa non sa rebbe ravvisabile una domanda di risarcimento del danno, bensì una ri chiesta di inibitoria e quindi di un ordine di non facere — non attuare l'elettrodotto realizzato — ovvero di facere — adottare tutti i provve dimenti necessari ad evitare il rischio del prodursi «del danno» —); Trib. Palermo, ord. 27 agosto 2001, giud. Nonno, ibid.; Trib. Treviso, ord. 3 agosto 2001, pres. Passatelli, ibid.', Trib. Aosta, ord. (in sede di

reclamo) 31 luglio 2001, pres. Garbellotto, ibid.; Trib. Aosta, ord. 29

giugno 2001, giud. De Paola, ibid. V. altresì Cass., sez. un., 15 ottobre

1998, n. 10186, Foro it., 1999, I, 922 (nel senso che spetterebbe al giu dice ordinario la cognizione della domanda diretta a far cessare il fatto illecito, configurato dalle immissioni intollerabili, ed a conseguire il ri sarcimento del danno in quanto con essa si deduce la lesione di diritti

soggettivi, senza investire alcun provvedimento amministrativo). In te

ma, v. M.A. Mazzola, Inquinamento elettromagnetico, tutela della sa lute e difetto di giurisdizione del giudice ordinario: inondazione o

esondazione?, in Riv. giur. ambiente, 2002, 98, al quale si rinvia anche

per un'ampia rassegna di giurisprudenza civile in tema.

Il Foro Italiano — 2003.

II

TRIBUNALE DI COMO; ordinanza 30 novembre 2001; Giud.

Croci; Bertoldo e altri (Avv. Mazzola) c. Soc. Terna

Trasmissione elettricità rete nazionale (Avv. De Vergottini,

Caturani, Cantoni), Soc. Grtn-Gestore della rete di trasmis

sione nazionale (Avv. Gentile, Scuricini, Fedel, Zaffaroni).

Giurisdizione civile — Elettrodotto — Immissioni — Supe ramento della normale tollerabilità — Giurisdizione del

giudice ordinario (Cod. civ., art. 844; d.leg. 31 marzo 1998

n. 80, art. 33). Proprietà — Immissioni intollerabili — Rischio di lesione —

Rilevanza (Cod. civ., art. 844; d.p.c.m. 23 aprile 1992, art. 4;

1. 22 febbraio 2001 n. 36, art. 3, 4).

Proprietà — Immissioni provenienti da elettrodotto — In

tollerabilità — Fattispecie (Cod. civ., art. 844).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia

avente ad oggetto l'inibizione delle immissioni provenienti da

elettrodotto che superino i limiti della normale tollerabilità

atteso che tale azione è diretta a prevenire un danno illecito

ad un bene immobile e, quindi, «a cose» (ovvero, quando il

danno si sia già verificato, presuppone il pericolo che l'ille

cito sia reiterato): trova pertanto applicazione l'art. 33, 2°

comma, lett. e), d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, che esclude la

giurisdizione del giudice amministrativo per le «controversie

meramente risarcitone che riguardano il danno alla persona o a cose». (5)

Rientrano nella previsione dell'art. 844 c.c. anche le immissio

ni che, pur non producendo un'immediata lesione all'essere

umano, comportino comunque un pericolo concreto attuale

che, in futuro, si estrinsechi, perfezionandosi, in una lesione,

anche se si ignora chi verrà colpito e quando. (6) Le immissioni elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto so

no intollerabili ai sensi dell'art. 844 c.c. ove superino il pa rametro di 0,3-0,4 microtesla di campo magnetico. (7)

II. - Per ciò che concerne la rilevanza civilistica da attribuirsi ai li miti di esposizione ed ai valori di attenzione fissati dalle singole leggi di settore, deve evidenziarsi che neppure l'entrata in vigore nelle more del giudizio della legge quadro sull'elettrosmog 22 febbraio 2001 n. 36 — che, tra l'altro, ne prevede la determinazione (riservata allo Stato ai sensi dell'art. 4, 1° comma, lett. a) — ha chiarito esplicitamente la que stione. In merito, l'ordinanza comasca del 22 gennaio 2002, confer mando sostanzialmente la precedente del 30 novembre 2001 ed alline

andosi alla giurisprudenza già affermatasi in materia di inquinamento acustico, chiarisce come i «limiti di ammissibilità» mirino a «tutelare la salute pubblica della collettività e siano quindi destinati a regolare i

rapporti tra i privati e la pubblica amministrazione» ma «non i rapporti di natura patrimoniale tra privati o quelli concernenti la lesione della salute individuale». L'autonomia dei limiti di «accettabilità» di natura

pubblicistica, destinati a operare nei rapporti tra amministrazione e pri vati, da quelli di tollerabilità contemplati dall'art. 844 c.c. ed applica bili nei rapporti tra proprietari di fondi vicini, era già stata affermata in

giurisprudenza in materia di inquinamento elettromagnetico: v. Cass. 27 luglio 2000, n. 9893, Foro it., 2001, I, 141, con nota di R. Falco

(secondo la quale rientra nei poteri del giudice ordinario accertare se, sulla base delle conoscenze scientifiche acquisite al momento in cui si tratta di decidere sul caso concreto, vi sia pericolo per la salute dalla

esposizione alla sorgente inquinante, ancorché tale esposizione avvenga nel rispetto dei limiti imposti dalla disciplina di rango secondario vi

gente al momento della decisione); v. altresì Trib. Catania 12 giugno 2001, giud. Lima, inedita, secondo la quale le emissioni di campi elet

trici, magnetici ed elettromagnetici che violino le prescrizioni di cui al la 1. 36/01 sono illegittime e, dunque, quando danneggino posizioni giuridiche aventi natura di diritti soggettivi, i titolari di queste possono avvalersi delle tutele risarcitone e inibitorie ordinarie. Ancora in mate ria di emissioni elettromagnetiche, ma sul diverso problema dei rap porti tra tutela del diritto alla salute e art. 872, 2° comma, c.c., v. Trib. Roma 4 dicembre 2002, in questo fascicolo, I, 1574, con nota di S. Ro dolfo Masera.

Da segnalarsi, sul punto, importanti novità in arrivo sul fronte della fissazione dei limiti di campo elettromagnetico emesso dagli elettro dotti e dagli impianti ad aita frequenza (stazioni di telefonia mobile, radio e televisive). Nel consiglio dei ministri n. 95 del 21 febbraio 2003 è stata infatti adottata, su proposta del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, una deliberazione motivata che consente ulteriore corso ai decreti del presidente del consiglio dei ministri concernenti la

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1609 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1610

I

Le società ricorrenti, Grtn e Terna, hanno reclamato la stessa ordinanza con cui il giudice designato, in accoglimento del ri corso ex art. 700 c.p.c. dei proprietari degli immobili, ad uso di

abitazione, ubicati in prossimità di due linee di elettrodotto (di 132 kV e 220 kV), aveva disposto gli opportuni interventi per ridurre l'intensità dei campi magnetici nei limiti della normale

tollerabilità, anche in funzione della tutela del diritto alla salute. 1. - Sull'eccezione di carenza di giurisdizione del giudice or

dinario per la prospettata controversia di merito, dev'essere

preliminarmente rilevata l'ammissibilità del presente reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. (Cass., sez. un., 191/97, Foro it.,

Rep. 1997, voce Giurisdizione civile, n. 125; 2465/96, id., 1996, I, 1635), correttamente neppure messa in dubbio dai resistenti.

Con il ricorso ex art. 700 c.p.c. i proprietari immobiliari han no evidenziato che le immissioni, provenienti dai due elettro

dotti, superavano i limiti della normale tollerabilità con conse

fissazione dei limiti di esposizione, i valori di attenzione, gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dall'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (<www.palazzochigi.it>). Tale deliberazione è oggi al vaglio del Consiglio di Stato.

L'autonomia dell'accertamento del rispetto della normale tollerabi lità ai sensi dell'art. 844 c.c. dal rispetto dei limiti previsti da discipline pubblicistiche è stato affermato, altresì, sia in materia di inquinamento atmosferico: v. Cass. 6 giugno 2000, n. 7545, Foro it., Rep. 2000, voce

Proprietà, n. 31 (specifica che il giudice di merito, cui è rimessa la re lativa indagine, tenuto conto, in concreto, della condizione dei luoghi e, eventualmente, anche delle esigenze della produzione, da contemperare con quelle della proprietà, può ritenere che le immissioni superino il limite della normale tollerabilità nonostante il mancato superamento dei limiti massimi di inquinamento atmosferico fissati dal d.p.c.m. 28 mar zo 1983); sia, soprattutto, in materia di inquinamento acustico: v. Cass. 3 agosto 2001, n. 10735, id., Rep. 2001, voce cit., n. 33 (che, estenden do i limiti di tollerabilità previsti dal d.p.c.m. 1° marzo 1991 anche ai

rapporti tra privati disciplinati dall'art. 844 c.c., ha ritenuto corretta mente motivata la decisione della corte di merito che aveva fissato in tre dB il limite accettabile di incremento del rumore anche nelle ore di urne, superato dal suono proveniente dai pianoforti utilizzati dal ricor rente per ragioni di studio e di insegnamento); 18 aprile 2001, n. 5697, ibid., n. 34; 13 settembre 2000, n. 12080, id., Rep. 2000, voce cit., n. 22

(afferma la necessità dell'accertamento caso per caso circa la liceità o illiceità delle immissioni); 13 ottobre 2000, Piccoli, id., 2001, li, 213, con nota di richiami. Cfr. anche Trib. Catania, ord. 13 dicembre 2001, id., 2003, I. 673, con nota di S. Cimini (a tale nota si rinvia anche per l'ampia disamina dei criteri di verifica della «normale tollerabilità» delle immissioni da rumore); Trib. Catania-Mascalucia, ord. 30 settem bre 2002, ibid., 945, con nota di S. Cimini, in riferimento alla tutela de

gli ambienti lavorativi. In dottrina, con specifico riferimento all'applicazione dell'art. 844

c.c. alla tutela dell'ambiente in generale, v. A. Cosentino, L'inquina mento elettromagnetico nella giurisprudenza civile, in Questione giu stizia, 2002, 1315; A. Andronio, Le regole tecniche a tutela dell'am biente nell'ordinamento italiano, tra sistema delle fonti e giurisdizione civile, in Dir. e gestione ambiente, 2002, fase. 2, 559 ss.; M.R. Mauge ri. Violazione delle norme contro l'inquinamento ambientale e tutela inibitoria, Milano, 1997; T. Montecchiari, La tutela dell'ambiente e l'art. 844 c.c.: divieto di immissioni e attività inquinanti, in Riv. giur. ambiente, 1996, 247 ss. Sull'applicazione dell'art. 844 c.c. in materia di inquinamento acustico, v. R. Miccichè, Rassegna di giurisprudenza in materia di inquinamento acustico, id., 2001, 875; G. De Paola, L'applicazione dei regolamenti pubblicistici non esclude l'operatività del codice civile, in Guida al dir., 2001, fase. 34, 45 ss.; A.L. De Cesa ris, Immissioni: secondo le sezioni unite della Cassazione per la tutela del diritto alta salute l'azione inibitoria di cui all'art. 844 c.c. da sola non basta, in Riv. giur. ambiente, 1999, 503.

III. - Per quanto riguarda il principio secondo il quale l'azione che mira all'adozione delle modifiche del tracciato di un elettrodotto al fine di ridurre le immissioni entro la normale tollerabilità può essere diretta soltanto nei confronti del proprietario del bene, v., conformemente, Cass. 23 marzo 1996, n. 2598, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 24; sez. un. 29 luglio 1995, n. 8300, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 29 (ai sensi della quale non esiste litisconsorzio necessario tra il concessionario,

gestore del servizio pubblico causa dell'immissione, ed il comune, pro prietario dell'impianto immittente allo scadere della concessione, frui tore del servizio offerto); 22 dicembre 1995, n. 13069, id., 1996,1, 533, con nota di richiami.

IV. - In materia, infine, cfr. Corte cost. 6 febbraio 2003, n. 44, id., 2003, I, 995, con osservazioni di Romboli, che ha dichiarato legittima la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della servitù coattiva di elettrodotto prevista dall'art. 119 t.u. delle disposizioni di

legge sulle acque e gli impianti elettrici (r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775) e dall'art. 1056 c.c. [C. Videtta]

Il Foro Italiano — 2003.

guente pregiudizio dei rispettivi diritti, di proprietà e della sa

lute, di cui hanno chiesto la tutela, in via immediata d'urgenza. E già stato evidenziato nella prima fase del procedimento che,

in materia di pubblici servizi, trova applicazione l'art. 33, 2°

comma, lett. e), d.leg. 80/98, dove viene esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo per le «controversie meramente ri sarcitone che riguardano il danno alla persona o a cose».

L'azione inibitoria ex art. 844 c.c. ha contenuto di azione reale negatoria, è diretta a prevenire un danno illecito ad un be ne immobile o, qualora il danno si sia già verificato, presuppone il pericolo che l'illecito sia reiterato.

Rientra pertanto, nella generale azione di risarcimento del danno in forma specifica (art. 2058, 1° comma, c.c.) che infatti, consiste nell'eliminazione dell'illecito, che sia fonte esclusiva o concorrente di un danno attuale, continuo e destinato a protrarsi con certezza nel tempo (Cass. 9728/93, id., Rep. 1993, voce Danni civili, n. 158; 2472/88, id., 1990, I, 239) e che, quando consiste in un'opera, è la normale forma di risarcimento (c.d. riduzione in pristino) conseguente all'esercizio di un'azione

reale, il cui carattere assoluto non è conciliabile con qualsiasi forma di reintegrazione del diritto leso, che non sia quella in

forma specifica (Cass. 6035/95, id., Rep. 1995, voce cit., n. 213;

10932/93, id., Rep. 1994, voce cit., n. 190). Per la tutela del diritto alla salute infine, trova applicazione

l'ordinaria azione risarcitoria ex art. 2043 c.c.

I proprietari immobiliari pertanto, facendo valere entrambe le

azioni, in definitiva hanno svolto esclusivamente delle azioni ri

sarcitorie, seppur a tutela di diritti diversi, come tali non sot

tratte alla giurisdizione ordinaria.

2. - Nell'ordinanza reclamata ha trovato accoglimento la tesi dei proprietari immobiliari, secondo cui il livello della loro

esposizione al campo elettrico e magnetico è tale da rendere

concreto e fondato il timore di poter subire, in futuro, un danno

irreparabile alla persona. Di eventuali danni materiali ai beni immobili, nulla è stato

precisato né tantomeno indicato.

Come evidenziato da Cass. 10186/98 (id., 1999, I, 922), l'a

zione inibitoria ex art. 844 c.c. (che prescinde dal dolo o dalla

colpa) — distinta da quella risarcitoria ex art. 2043 c.c. (che è

subordinata alla prova del dolo o della colpa di colui che provo ca le immissioni, dell'esistenza del danno e del nesso di causa lità tra questo e le immissioni) —

può esser diretta alla tutela, oltre che dei tipici e soliti interessi o facoltà connessi alla titola rità di un diritto reale, anche della «possibilità di godere nel modo più pieno e pacifico della propria casa... [in cui] si ri

scontra un momento soggettivo, che indubbiamente è rilevante

per il diritto». Di conseguenza, «il disagio personale del titolare

si considera come un'oggettiva privazione della facoltà d'uso».

Pertanto, un danno alla salute, causato da immissioni ecce

denti la normale tollerabilità, costituisce allo stesso tempo,

un'oggettiva privazione della facoltà d'uso delle abitazioni, da

parte dei rispettivi proprietari, rilevante ai sensi dell'art. 844

c.c., oltre che una lesione di un diritto fondamentale della per sona, costituzionalmente garantito.

Nel presente procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. (in cui

è sufficiente dimostrare un serio rischio di un danno imminente ed irreparabile), occorre verificare se le immissioni, a cui i pro

prietari sono abitualmente e continuamente esposti per il solo fatto di vivere in case vicine agli elettrodotti, eccedano i limiti della normale tollerabilità, costituiscano cioè un fondato peri colo per la loro salute.

L'affermazione di un diritto individuale alla salute (ed al

l'ambiente naturale, sempreché collegato alla disponibilità esclusiva di un bene), tutelabile anche nei confronti della pub blica amministrazione (sottraendosi al meccanismo dell'affie

volimento), risale a Cass., sez. un., 1463/79 (id., 1979,1, 939) e

5172/79 (ibid., 2302). Come delineato dalla giurisprudenza, il diritto alla salute de

v'essere tutelato nella sua globalità, al fine del suo manteni

mento e conservazione.

La tutela del diritto alla salute comprende pertanto, la difesa

giudiziale contro ogni lesione alla proprietà, idonea anche a ca

gionare un (od un pericolo di) danno alla salute vera e propria.

Dopo il deposito del ricorso ex art. 700 c.p.c. è stata emanata

la legge quadro (36/01) sulla protezione dalle esposizioni a

campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. L'art. 1 individua, come finalità principali della legge, la tu

tela del lavoro, della salute, dell'ambiente e del paesaggio.

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1611 PARTE PRIMA

L'art. 3, 1° comma, lett. b), nel definire il 'limite di esposizio ne, tiene conto dell'esigenza di tutelare la salute dagli effetti

acuti dei campi elettrici.

Il valore di attenzione (art. 3, 1° comma, lett. c), anch'esso

non superabile, è limitato a determinate aree (ambienti abitativi, scolastici ed in genere, i luoghi adibiti a permanenze prolunga te) e «costituisce misura di cautela ai fini della protezione da

possibili effetti a lungo termine e dev'essere raggiunto nei tem

pi e nei modi previsti dalla legge». La determinazione dei limiti di esposizione e dei valori di at

tenzione è riservata dalla legge allo Stato, secondo le modalità

ed i tempi previsti dall'art. 4, pur restando validi, nella fase

transitoria, i limiti vigenti, fissati dai d.p.c.m. 23 aprile 1992 e

28 settembre 1995 (art. 16). La legge tuttavia, non chiarisce né affronta la controversa

questione della rilevanza civilistica del limite di esposizione e

del valore di attenzione.

In mancanza di un'espressa previsione contraria, non vi sono

elementi per discostarsi dalla consolidata giurisprudenza in

materia di immissioni dannose alla salute individuale, secondo

cui le norme che ne disciplinano, in via generale, i limiti di am

missibilità, mirano a tutelare la salute pubblica della collettività

e sono quindi, destinate a regolare i rapporti tra i privati e la

pubblica amministrazione e non i rapporti di natura patrimoniale tra privati (Cass. 1565/00, id., Rep. 2000, voce Proprietà, n. 25;

5398/99, ibid., n. 27; 11118/97, id., Rep. 1998, voce cit., n. 21, per i rumori; 7545/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 31; 1226/93,

id., 1993, I, 1452, per l'inquinamento atmosferico) o quelli con

cernenti la lesione della salute individuale.

Di conseguenza, dev'essere «esclusa la possibilità, in sede di

applicazione dell'art. 844 c.c., di far riferimento ai rigidi para metri eventualmente fissati da leggi speciali al fine di discipli nare determinate attività produttive, ancorché assimilabili a

quella che nel caso concreto ha determinato la controversia,

quando il campo di applicazione e l'oggetto delle leggi speciali siano diversi da quelli che caratterizzano le disposizioni dettate

dall'art. 844 c.c.» (Cass. 11118/97). Così circoscritto e delimitato il campo di applicazione della

legge quadro 36/01, appare evidente come, per verificare la li

ceità delle immissioni non sia affatto necessario far riferimento

ai limiti di esposizione ed alle distanze di rispetto indicate nel

d.p.c.m. 23 aprile 1992 (richiamato per la fase transitoria) ma

solo al criterio della «normale tollerabilità», che ha carattere relativo e non assoluto, da stabilire con riferimento al caso con

creto (Cass. 5157/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 37). L'ordinanza impugnata ha ritenuto non adeguato il limite di

esposizione di 100 microtesla (ampiamente rispettati) di cui al

l'art. 4 d.p.c.m. 23 aprile 1992 — in quanto riferibile ai soli ef

fetti acuti (a medio termine, consistenti ad es. nella stimolazione di muscoli e nervi periferici, scosse, ustioni, aumento di tempe ratura) ma non agli effetti cronici (a lungo termine, ad es. alte

razioni ematologiche, cromosomiche e della capacità riprodutti va), come espressamente precisato anche nel relativo disegno di

legge (n. 4816, presentato il 24 aprile 1998) — e, in base alla c.t.u. medica, ha stabilito che la soglia di pericolosità per la sa lute umana dovesse esser fissata in 0.3 microtesla.

L'insufficienza dei livelli attualmente vigenti a tutelare nel

lungo periodo la salute individuale in particolare, è indiretta mente dimostrata dall'essere il limite di 100 microtesla (riferi bile comunque alla tutela della salute collettiva in genere) un

parametro del tutto inadeguato, essendo anche in conflitto, per ché assai meno restrittivo, con il rispetto delle distanze, imposto dal successivo art. 5 d.p.c.m. 23 aprile 1992, non operante per gli elettrodotti già in funzione.

Dell'esigenza di una più ampia ed efficace tutela della salute

pubblica si sono fatte peraltro carico diverse regioni, ancor pri ma dell'entrata in vigore della 1. 36/01, che hanno imposto li miti più rigorosi (v. 1. reg. Veneto 9 luglio 1993 n. 29).

D'altra parte anche la 1. 36/01 recepisce le perplessità ed i dubbi della comunità scientifica in ordine alla completa sicurez za dei limiti riferibili agli effetti acuti prevedendo, proprio per i luoghi adibiti a permanenze prolungate, la determinazione ed il

rispetto, oltre che del limite di esposizione, anche del valore di

attenzione, seppur da raggiungere nei modi e tempi indicati. Lo Stato non ha ancora fissato detto valore. Da tale omissione non discende tuttavia, l'inesistenza di ef

fetti pregiudizievoli per la salute umana, dall'esposizione conti nuativa a campi elettrici e magnetici, ribadita dalla stessa I.

Il Foro Italiano — 2003.

36/01 e dai lavori preparatori, non esclusa neppure dalla docu

mentazione prodotta delle parti, di contenuto contrastante e

quindi, non significativa in un senso o nell'altro.

A fronte di tale incertezza, il c.t.u. è stato incaricato di stabili

re, in pratica, quale debba esser il valore soglia, oltre il quale aumentino, in modo rilevante, le possibilità che si verifichino, nel lungo periodo, dei danni alla salute.

Non sembra che la disposta c.t.u. realizzi un'illegittima inter

ferenza nelle attribuzioni del potere esecutivo.

Infatti, ove anche il valore di attenzione fosse stato stabilito, avrebbe avuto solo un effetto indicativo (presuntivo, non vin

colante) nel presente giudizio, che ha per oggetto beni e diritti

diversi da quelli tutelati dalla 1. 36/01, né la valutazione del

c.t.u. avrebbe potuto interferire in alcun modo sulle prerogative statali di fissare tempi e modalità dei piani di risanamento, avendo avuto, come unica finalità, la determinazione di un crite

rio oggettivo per stabilire la normale tollerabilità delle immis

sioni. D'altra parte, proprio per le modalità richieste per il concreto

accertamento del criterio della «normale tollerabilità», il c.t.u. si

è dovuto necessariamente basare su studi generali, per giungere a stabilire il limite oltre il quale, le immissioni del campo elet

trico (non percepibili dai normali organi sensoriali e quindi, non

avvertibili in concreto, neppure oltre una certa soglia) risultino

capaci di causare, oggettivamente, ad un essere umano altera

zioni fisiche e fenomeni patologici. Nel merito, la valutazione, fondata su studi e dati statistici

oggi complessivamente disponibili, ha preso in considerazione

gli effetti dell'esposizione a campi magnetici sull'uomo e sui

bambini in particolare, prescindendo da considerazioni attinenti

ai singoli soggetti in concreto esposti alle immissioni in oggetto. Le conclusioni del c.t.u. evidenziano come un livello di cam

po elettrico o magnetico superiore a 0,3 microtesla aumenti il ri

schio di leucemie infantili del settanta per cento, che arriva al

cento per cento (cioè il doppio), nel caso di livelli superiori a

0,4 microtesla.

Il pericolo temuto dai proprietari non è quindi solo psicologi co, ipotetico od astratto, trovando concreto riscontro negli studi

scientifici presi in esame dal c.t.u.

Seppur non ancora certo, sul piano scientifico, il meccanismo

eziologico tra l'esposizione a campi elettrici ed effetti cronici (a

lungo termine) per la salute umana, appare comunque evidente

che i valori riscontrati in concreto, espongono i proprietari delle

abitazioni ad una determinata e specifica situazione di rischio

(come indirettamente confermato dall'indagine epidemiologica della dr. Taioli), che comporta un qualificato e (ragionevol mente) rilevante grado di probabilità di contrarre una patologia

grave, comunque significativamente superiore a quella di chi si

trovi invece, a vivere in luoghi dove i livelli di campo elettrico

siano inferiori a 0,3 microtesla.

Tale maggior rischio costituisce quindi, già di per sé, una sorta di «attentato» al mantenimento e conservazione dell'at

tuale stato di salute dei ricorrenti ex art. 700 c.p.c., come tale le

sivo del diritto sancito dall'art. 32 Cost.

La particolarità di tale bene — il cui risarcimento in termini

monetari, una volta che sia stato compromesso in modo signifi cativo, appare comunque inadeguato ed insufficiente a ripristi narlo nel suo stato originario

— implica la necessità, ove possi

bile, di anticipare la soglia della tutela, minimizzando alla fonte,

l'impatto che ogni iniziativa industriale ha sulla salute umana

dei soggetti che vivono nelle immediate vicinanze (v. Cass.

9893/00, id., 2001,1, 141). Dal momento che le immissioni risultano in concreto, peri

colose per la salute, essendo in grado di alterarla, devono quali ficarsi come intollerabili.

Dall'esser la salute un bene primario ed assoluto dell'indivi duo consegue la sua non compromettibilità in vista della tutela di beni ed interessi dì livello inferiore, quali la produzione.

D'altra parte un problema di comparazione e bilanciamento

tra i diritti vantati dai proprietari e le esigenze produttive e

commerciali delle due società, non sembra concretamente pro spettabile alla luce del più recente indirizzo giurisprudenziale (Cass. 13334/99, id., Rep. 2000, voce cit., n. 26; 1156/95, id., Rep. 1995, voce cit., n. 32), secondo cui solo nel caso in cui le

immissioni rimangano nell'ambito della normale tollerabilità, il

giudice può astenersi, nella riconosciuta preminenza dell'inte

resse dell'impresa, dall'adozione di misure inibitorie e disporre

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

invece, con il sacrificio della piena tutela della proprietà, la pro secuzione dell'attività industriale, dietro il pagamento di un

equo indennizzo, perché solo in questo caso la suddetta attività,

seppur dannosa, si può ritenere lecita.

La colpa, evidenziata dal superamento della soglia della nor

male tollerabilità delle immissioni (Cass. 740/77, id., 1977, I, 1144), consente anche la tutela in via diretta, ex art. 2043 c.c., del diritto alla salute.

Il ricorso alla tutela cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c. tro

va pertanto fondamento nel timore dei proprietari che un pre

giudizio alla propria salute risulti, seppur con un giudizio di

probabilità, oltre che imminente (o meglio, essendo già stato in

parte subito, suscettibile di ulteriore aggravamento), anche irre

versibile o di difficile risarcibilità. 3. - La Grtn ha escluso di esser titolare, nel lato passivo, del

l'obbligo di adottare le misure di cautela, fissate nell'ordinanza

reclamata, non essendo proprietaria delle linee elettriche né ti

tolare della servitù di elettrodotto. Infatti, ai sensi del d.leg. 79/99, ha come compito istituzionale solo quello di provvedere alla gestione unificata delle reti elettriche altrui, per l'utilizzo

delle quali corrisponde ai rispettivi proprietari, in base ad appo sita convenzione, un'adeguata remunerazione.

La Grtn, in quanto società concessionaria dallo Stato delle at

tività di trasmissione e dispacciamento, gestisce i flussi di ener

gia elettrica e la rete elettrica delle società convenzionate.

La sua posizione può quindi venir assimilata a quella di un af

fittuario. L'azione ex art. 844 c.c. può assumere anche un carattere

personale, rientrante nell'azione generale ex art. 2043 ss. c.c., nel caso in cui miri ad ottenere il divieto del comportamento il

lecito dell'autore materiale delle immissioni (privo di alcun di

ritto reale), che abbia la giuridica possibilità di eliminarle, senza

bisogno dell'intervento del proprietario (Cass. 647/76, id., 1976,

1,2421). In particolare, può anche esser proposta contro il detentore (il

locatario, in Cass. 15392/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 28;

4086/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 23) quando a questi, oltre

al risarcimento del danno, debba esser imposto anche un obbli

go di fare o di non fare, suscettibile, in caso di diniego, di ese

cuzione forzata.

Ha invece, carattere reale se proposta contro il proprietario del bene per ottenere modifiche strutturali del bene, indispensa bili al fine di ridurre le immissioni entro la normale tollerabilità

(Cass. 647/76). Le diverse caratteristiche delle due azioni, riconducibili en

trambe all'art. 844 c.c., non comportano però, anche la scindi

bilità, nel lato passivo, delle obbligazioni facenti carico al pro

prietario ed al detentore del bene, quando oltre alla riduzione

delle immissioni, venga chiesto anche il risarcimento del danno

cagionato (Cass. 1058/78, id., 1978,1, 2532). I proprietari delle case hanno ribadito, nell'escludere la ri

conducibilità della causa di merito ad una controversia in mate

ria di pubblici servizi, di non voler chiedere alcuna interruzione

del servizio pubblico gestito dalla Grtn, né il suo espletamento in modo diverso o migliore, ma solo il rispetto della normale

tollerabilità, intesa come cautela sanitaria.

Appare pertanto evidente come non sia affatto in discussione

l'attività di trasmissione, alla potenza attuale, di energia elettri

ca sulle due linee, gestita dalla Grtn (concessionaria del relativo

servizio pubblico), cioè le modalità di attuazione di questo, ma

solo l'adozione delle opportune modifiche del tracciato degli elettrodotti, in corrispondenza delle abitazioni private, attività

che può venir concretamente eseguita (od imposta coattiva

mente) solo alla Terna, proprietaria degli stessi.

L'ordine di cui all'ordinanza impugnata dev'esser pertanto rivolto e limitato solo alla Terna, società commerciale di diritto

privato. Ne consegue la revoca dell'ordinanza 30 novembre 2001 nei

confronti della Grtn s.p.a. Essendo comunque la sua presenza nel giudizio ex art. 700

c.p.c., giustificata dall'opportunità di estenderle, quale litiscon

sorte necessaria nel successivo giudizio risarcitorio di merito,

tutti gli accertamenti svolti nella fase cautelare circa l'intollera

bilità delle immissioni, appare equa ed opportuna la compensa zione delle spese dell'intero procedimento cautelare, per en

trambe le fasi in cui si è articolato.

Dalla parziale modifica del provvedimento reclamato, nel

senso richiesto dalla Grtn, deriva conseguentemente la super

II Foro Italiano — 2003.

fluita dell'esame dell'ulteriore domanda subordinata di imposi zione di adeguata cauzione (formulata dalla sola Grtn), per il ri

sarcimento dei danni, nel caso in cui, nel giudizio di merito, fosse stata riconosciuta invece, la legittimità delle immissioni (e

quindi, l'inutilità delle modifiche delle due linee), trattandosi di

opere che dovranno venir realizzate solo ed esclusivamente

dalla Terna.

4. - Nella discussione orale, la Grtn ha eccepito la sopravve nuta inefficacia del provvedimento reclamato, essendole stato

notificato l'atto di citazione, introduttivo della causa di merito, oltre il termine fissato nell'ordinanza 30 novembre 2001.

La disposta revoca del provvedimento rende del tutto irrile

vante l'esame della questione. 5. - Dev'essere infine dichiarata l'inammissibilità del reclamo

incidentale (tardivo) dei soggetti lesi dalle immissioni, proposto con memoria depositata il !4 gennaio 2002, oltre il termine pe rentorio di decadenza (dieci giorni ex art. 739, 2° comma, c.p.c., richiamato dall'art. 669 terdecies c.p.c.) dalla comunicazione

dell'ordinanza ex art. 700 c.p.c. (avvenuta il 30 novembre

2001), non essendo applicabile ai reclami di provvedimenti cautelari (non suscettibili di acquistare efficacia di giudicato), in

via analogica, l'art. 334 c.p.c., previsto in caso di appello di una

sentenza.

II

1. - Va premesso che i ricorrenti Bertoldo Losanna e altri e

interventori (nessuna considerazione ostando a tale intervento, non foss'altro che per motivi di economia processuale, e nessun

diritto di difesa risultando leso in danno della parte resistente,

quantomeno nella presente fattispecie procedi mentale, in danno

delle parti resistenti) hanno, come in molti degli analoghi casi

risolti (in via cautelare e di merito) nelle numerose pronunce

giurisprudenziali (invocate da parte ricorrente così come resi

stente), lamentato la presenza di immissioni costituite da campi

elettromagnetici (di qui in poi, Cem) in particolare a bassa fre

quenza (di qui in poi, Elf — extremely low frequency) asserita

mente — e del resto, incontestatamente e pertanto pacificamen te, quantomeno per i fini cautelari che qui rilevano —

prodotti da due linee di elettrodotti «ad alta tensione», rispettivamente di

132 kV e 220 kV, posizionati a poca distanza dalle loro abita

zioni, con conseguente richiesta, in via e sede cautelare, di

emissione di ordinanza che imponga all'Enel s.p.a. (ora, per tali

questioni. Terna s.p.a.) e all'ente gestore della rete (Grtn s.p.a.)

ogni misura idonea a ricondurre dette immissioni nell'ambito

della «normale tollerabilità», in prospettiva di articolate — ed

esplicitamente espresse in ricorso — domande principali risar

citorie (solo in via di subordine richiedendo indennizzo per il

deprezzamento dei rispettivi immobili). 2. - Occorre in primo luogo dare soluzione alla questione

(comunque elevabile d'ufficio) preliminare, ampiamente assor

bente, ove accolta l'eccezione del difetto di giurisdizione, posta, se pur tardivamente, da parte resistente, in particolare Terna che

ha invocato l'applicazione dell'art. 33, 1° comma (e 2°, lett. e),

d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, così come modificato dalla 1. 21 lu

glio 2000 n. 205.

2.1. - La questione è infondata: va ritenuta infatti sussistere la

competenza giurisdizionale dell'autorità giudiziaria ordinaria (e

quindi di questo tribunale) a conoscere della presente controver

sia.

Quest'ultima appare certamente, da un lato, riconducibile al

l'ipotesi escludente di cui alla seconda parte della lett. e) del 2°

comma di detto art. 33, e, d'altro canto, non sussumibile nella

previsione di cui alla prima parte della medesima lett. e). Sotto

tale ultimo aspetto, va osservato che qui non si controverte di

modalità di esecuzione (generale o financo particolare) del ser

vizio di erogazione e distribuzione di energia elettrica in quanto tale e in particolare sotto il profilo, per così dire, «ontologico» della natura e finalità (collettive e/o contrattuali) del servizio

stesso, bensì piuttosto dalle accertande conseguenze intollera

bilmente lesive verso i fondi viciniori di emissioni-immissioni provenienti da già esistenti impianti di elettrodotto, il che ha

condotto parte ricorrente a prospettare, appunto (con riferimento

e a riscontro del primo aspetto di cui sopra) una domanda emi

nentemente risarcitoria (in subordine, indennitaria), nel concetto

di risarcimento ridondando certamente anche quello in forma

specifica, rispetto a cui è palesemente preordinata e finalizzata

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PARTE PRIMA

la soprarichiamata domanda di tutela cautelare (v. Cass., sez.

un., 15 ottobre 1998, n. 10186, Foro it., 1999, I, 922, sul punto della correlazione tra richiesta di ordine di cessazione delle im

missioni e richieste risarcitorie, nonché Cass. 27 luglio 2000, n.

9893, id., 2001,1, 141). 2.2. - Chiarito ciò, prima di addentrarsi nell'esame del merito

della presente vicenda cautelare, è altresì opportuno premettere che, almeno nell'attuale fase storica le norme giuridiche abbiso

gnano ancora di un'operazione eminentemente umana, quella

dell'«interpretazione» similmente a ciò che avviene — mutatis

mutandis — per uno spartito musicale ove le note altro non sono

che segni cartacei, che diventano suono nel modo scelto dal

l'esecutore, il quale non potrà in alcun caso modificare tali note, ma ne darà la sua «lettura» (sono ben conosciute anche notevoli

differenze di significato —

pur restando nei predetti invalicabili

limiti — che possono assumere le diverse versioni del medesi

mo brano musicale, ma ciò del resto vale anche per altri campi artistici, come il teatro, la danza, ecc.).

3. - E proprio nel vasto ambito di problematiche interpretative a vario titolo inerenti l'art. 844 c.c., cui del resto esplicitamente i ricorrenti (e gli interventori) hanno ancorato la propria inizia

tiva cautelare, va innanzitutto puntualizzato che è ormai da tem

po consolidato il principio secondo cui il concetto di «simili

propagazioni» (superanti la normale tollerabilità) non può esse

re ristretto alle sole immissioni immediatamente avvertibili su

un piano «organolettico», con i cinque sensi dell'essere umano

(ma va esteso anche a quelle idonee, comunque, anche solo in

prospettiva, purché reale, e non solo putativa), ad influire —

evidentemente, in modo lesivo — sull'organismo umano.

Basti considerare, che così non orientandosi, si perverrebbe alla conseguenza

— anche secondo il senso comune palese mente incongrua

— che, sancita ex art. 844 c.c. un'attività del

fondo vicino la cui unica nocività si riassuma nel rumore (ecce dente il limite, consolidato in giurisprudenza, del «supero» di 3

dB rispetto al «fondo»), resterebbe invece indenne sotto il me

desimo profilo l'emanazione verso il fondo «protetto» di fortis

sime radiazioni nucleari, com'è noto non avvertibili immedia

tamente ma dalle altrettanto di comune conoscenza micidiali

conseguenze (v., per tutte, Cass. 1404/79, id., Rep. 1979, voce

Proprietà, n. 10). 4. - Nel caso di specie, si ha a che fare con un'entità che, pur

pacificamente non certo immaginaria (anche secondo la pur vi

gorosa impostazione difensiva dei due resistenti, Terna e Grtn) si presenta comunque come, in senso stretto, «eterea», poiché, e

anche ciò rientra ormai in massima di comune sentire, i campi

elettromagnetici (tra cui anche quelli Elf), o meglio le loro

conseguenze non necessitano di un particolare vettore (quale aria, terra, acqua, o altro).

5. - Conseguente sviluppo di quanto sopra è che l'immissione

sussumibile nella previsione dell'art. 844 c.c. è non soltanto

quella che lede immediatamente, che produce subito un vulnus

all'essere umano, ma è anche quella che comporti elementi di

«rischio», nel senso di cui qui appresso. 5.1. - Premesso che per «rischio» deve intendersi, sempre se

condo l'accezione universalmente accettata, la possibilità del

verificarsi di un evento a vario titolo pregiudiziale (possibilità che può essere più o meno intensa, purché esistente: ad esempio si può assicurare un immobile, purché non venuto meno, contro

rischi che per essere assolutamente remoti non cessano per ciò di essere tali), va affermato in linea generale (e salvo, ovvia

mente, le verifiche che qui in motivazione seguiranno in ordine

alla sussistenza di tutti gli altri necessari presupposti) che può trovare tutela nell'ambito dell'art. 844 c.c., anche la fattispecie, come quella qui in esame, in cui si verte non tanto di lesione già in atto all'attualità, quanto di rischio —

purché esistente e, si vedrà poi qui di seguito, oltre una certa soglia

— che determi

nati fattori (i campi Elf) siano produttivi, già oggi, di concreto pericolo che, domani, si verifichi, o meglio si estrinsechi perfe zionandosi, una lesione.

Traducendo tutto quanto sopra in termini soggettivi, può dirsi

allora che il soggetto protetto dall'art. 844 c.c. ha diritto di esse re esente non solo da propagazioni immediatamente-avverti

bilmente dannose, ma anche da propagazioni «rischiose», e ciò

sia sotto il profilo del diritto soggettivo della persona e sia del

diritto soggettivo dominicale (il fondo gravato da un tale rischio è oggettivamente e indebitamente menomato per causa imputa bile non al suo proprietario, ma al vicino).

II. Foro Italiano — 2003.

5.1.1. - Occorre tuttavia verificare se il «rischio» sia esistente

e concreto. Premettendo che anche nei casi di conclamata pre

gnanza di determinati fattori rispetto a gravi patologie umane

(in particolare, neoplastiche, con inquadramento secondo i crite

ri, più volte menzionati in atti, dell'Iarc, in classe 1), sempre e

comunque di «rischio», e mai di certezza, si tratta (per esempio, è noto ed esperienza comune di ognuno che vi sono accaniti fu

matori che pervengono ad anche tardissima età e decedono poi

per tutt'altre cause che tumori polmonari, così come essi ven

gono contratti anche da individui assolutamente esenti da sem

pre dal vizio del fumo), in linea generale, così come con riferi

mento alla specifica fattispecie qui in esame, può formularsi il

seguente paradigma graduale: a) il rischio non esiste in assoluto, è puramente immaginario

e psicologico: pur essendovi comunque una «lesione» (seppur non al «soma», ma alla «psiche») non può esservi tutela;

b) il rischio esiste, ma resta nettamente al di sotto di una ra

gionevole soglia, con valori che eventualmente accomunano una

determinata fattispecie con una serie indefinita di altre (ad

esempio, non vi è porzione della superficie terrestre che sia

esente dal rischio della caduta di aeromobili): anche in tal caso

non troverebbe giustificazione la tutela ex art. 844 c.c.;

c) il rischio esiste, e supera una soglia la cui «ragionevolez za», trattandosi tra l'altro, come nel caso in esame, appunto di

immissioni non organoletticamente avvertibili, deve essere de

terminata scientificamente (c.t.u. dr. Berrino). In tale ultima ipotesi, deve concludersi che il danno, sotto

forma di rischio, è già in atto, ed allora esso va prevenuto — ri

sarcito (risarcimento in forma specifica), anche se si tratta, co

me del resto sempre nel caso di «rischio», di un'ipotesi, per così

dire, «ambulatoria», nel senso che non si sa quando e chi l'e

vento materialmente lesivo colpirà (ma invece si sa che quando esso colpirà sarà giuridicamente «troppo tardi», nel senso che

un evento lesivo che si poteva prevenire si è invece già verifi

cato, il che costituisce di per sé una rottura dell'ordine giuridi co, il quale è improntato al privilegio

— come si evince dalla

normativa nei più svariati settori — verso la prevenzione, e in

subordine la riduzione, del danno rispetto al suo risarcimento

per equivalente monetario, «ultima thule» tra i vari rimedi giu ridici).

Esclusa a priori la sussumibilità della fattispecie in esame

nell'ipotesi di cui qui sopra sub a) (neppure le due parti resi

stenti, in nessun atto, hanno financo soltanto ipotizzato trattarsi

di ossessioni psicopatologiche dei ricorrenti), occorre invece,

qui e ora, optare tra le altre due possibilità, quella sub b) (ri schio esistente ma sotto la soglia) ovvero quella sub c) (rischio oltre la soglia), anche (ma non solo e soprattutto non meccani

camente, trattandosi di categoria concettuale che vige nell'am

bito di normative precipuamente pubblicistiche, i cui destinatari,

più che i cives, appaiono essere le pubbliche autorità), alla luce

del noto principio (del resto non coincidente ma contiguo con il

concetto di «cautela» sotto ogni profilo considerato) di «precau zione».

Ove si consideri inverata l'ipotesi di cui sopra sub c), e sussi

stendo tutti gli altri presupposti di legge, dovrà allora rinvenirsi

quale sia il rimedio giuridicamente e tecnicamente esperibile (c.t.u. prof. Berizzi).

6. - Come riferito anche dal c.t.u. dr. Berrino, nella «comunità

scientifica» si indaga sulla possibile correlazione tra esposizione umana e campi Elf e insorgenza di «diverse patologie, in parti colare ... neoplastiche» «fin dalla fine degli anni settanta».

6.1. - In proposito, va innanzitutto osservato che non è evi

dentemente pensabile che così numerosi scenziati e/o gruppi di

scienziati via via succedutisi nel tempo e nelle varie nazioni

della terra si siano cimentati a verificare tali possibili correla zioni per pura ed astratta curiosità speculativa (non è dato di sa

pere che siano mai state iniziate indagini epidemiologiche in or

dine a nessi causali tra fattori palesemente innocui o addirittura

anti-patogeni e malattie), mentre è da ritenere che essi si siano

dipartiti, se non da concreti indizi in senso, quantomeno da serie

ipotesi di lavoro.

6.2. - E ovvio che ciò non è certamente sufficiente neppure in termini di mera precauzione (per quanto non sarebbe irragione vole che taluno, agendo sul «proprio», si atteggi in modo da evitare fattori rispetto a cui vi sia mero lieve sospetto di perico iosità-lesività).

Occorre invece formulare valutazioni eziologiche, in positivo o al contrario in negativo, in ordine alla relazione tra tali fattori

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

(nella fattispecie, esposizione cronica a campi Elf e le eventua

lità lesive (nella fattispecie, patologie umane, in particolare

neoplastiche). 6.2.1. - Non ci si può esimere tuttavia dal menzionare, seppur

sommariamente, il «tormento» interpretativo che, in materia di

nesso di causalità, ha, pressoché da sempre, attanagliato giudici e giuristi (e non solo: «A saldare questo circolo, per cui non si

dà tecnica se non come esercizio della ragione, e non si dà ra

gione se non come procedura tecnica, è la previsione, l'attributo

di Promoteo che 'vede in anticipo' e, anticipando l'evento, può stabilire nessi consequenziali tra ciò che viene prima e ciò che

viene dopo. In questi nessi si esprime la nozione di causalità, nata in Occidente come difesa dall'angoscia di fronte all'impre vedibilità dell'accadere degli eventi a cui gli uomini soccombo

no per volere del destino.

Conoscere la causa significa prevedere l'effetto, prepararsi al

suo evento, sottrarsi all'accadimento imprevisto, ridurre il timo

re, placare l'angoscia in un sapere che sa di sé del corso immu

tabile delle cose»: U. Galimberti, Psiche e Techne; «è indi

spensabile acquisire la scienza delle cause prime: infatti diciamo

di conoscere una cosa quanto riteniamo di conoscere la causa

prima»; Aristotele, Metafisica, libro I). Più concretamente, e più attualmente, non può non tenersi

conto in particolare che, da tempo, la Suprema corte, sia civile

sia penale, di questo paese ha accolto nell'alveo della tematica

del nesso eziologico il concetto di possibilità-probabilità mera

mente statistica.

Per il penale: «il giudice, avvalendosi del metodo della sus

sunzione sotto leggi statistiche ove non disponga di leggi uni

versali, dirà che è probabile che la condotta dell'agente costitui

sca una condizione necessaria dell'evento, probabilità che altro

non significa se non probabilità logica o credibilità razionale

che deve essere di alto grado, nel senso che il giudice dovrà ac

certare che senza il comportamento dell'agente l'evento non si

sarebbe verificato appunto con alto grado di probabilità (Cass. 6

dicembre 1990, Bonetti, Foro it., 1992, II, 36, nonché Cass. 20

gennaio 1999, Hautmann; 19 gennaio 1999, Montagner, id.,

Rep. 1999, voce Omicidio e lesioni personali colpose, n. 45; 4

agosto 1998, Ferrari; 19 gennaio 1998, Ferraglia; 4 febbraio

1987, Zucchi). Per il civile: «nel caso di malattia ad eziologia multifattoriale,

il nesso di causalità relativo all'origine professionale della ma

lattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da

ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una con

creta e specifica dimostrazione; e, se questa può essere data an

che in termini di probabilità sulla base delle particolarità della

fattispecie (essendo impossibile, nella maggior parte dei casi, ottenere la certezza dell'eziologia), è necessario pur sempre che

si tratti di «probabilità qualificata», da verificarsi attraverso ul

teriori elementi (come ad esempio i dati epidemiologici), idonei a tradurre la conclusione probalistica in certezza giudiziale»

(Cass. 29 settembre 2000, n. 12909, id., Rep. 2000, voce Infor tuni sul lavoro, n. 115, nonché 6388/98, id., Rep. 1998, voce

cit., n. 130) e, nello stesso senso, «in materia di assicurazione

obbligatoria contro le malattie professionali, l'accertamento

dell'eziologia professionale di una malattia neoplastica è cor

rettamente effettuato sulla base della rilevante probabilità del

l'incidenza causale o concausale dei fattori nocivi professiona li» (nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza

impugnata che aveva ritenuto la natura professionale anche del

tumore polmonare da cui era risultato affetto il lavoratore, sof

ferente di broncopneumopatia non contestatamente professio nale, il quale aveva assunto nel corso di molti anni notevoli

quantità di sostanze nocive provviste, secondo le attuali cono

scenze in materia, anche di potenzialità cancerogene) (Cass. 7

aprile 1998, n. 3602, ibid., n. 132). 6.3. - Da quanto sopra è scaturita l'opportunità di esperire una

c.t.u. che consentisse a questa autorità giudiziaria di operare una

ricognizione critica delle conoscenze scientifiche in ordine al

nesso in questione. La scelta del perito non è stata effettuata secondo i criteri ca

suali, ma individuando un soggetto che non solo per crediti e

accreditamenti tecnico-scientifici, ma soprattutto per specifica

professionalità consentisse di pervenire a valutazioni il più pos sibile attendibili: il c.t.u. (nominato previa specifica autorizza

zione presidenziale, in atti) dr. Berrino, non è infatti un financo

prestigioso, e financo specializzato in determinate patologie,

semplice medico, bensì è il direttore dell'unità epidemiologica

Il Foro Italiano — 2003 — Parte 7-31.

dell'Istituto dei tumori di Milano (e non paiono recepibili in

proposito le riserve avanzate da parte resistente in ordine alla

considerazione che egli, come scienziato, abbia potuto nel pas sato esprimere valutazioni anche sue proprie, poiché, a tale stre

gua, anche i giudicanti che abbiano emesso decisioni di un de

terminato segno teorico in analoga materia dovrebbero essere

ricusati, col risultato che ogni giudice, in tali materie, potrebbe emettere una sola sentenza, la prima in senso cronologico, in

tutta la sua carriera). 6.3.1. - Orbene, il c.t.u. ha dato risposta nel modo che segue

al quesito, che qui, per maggior comodità di lettura, si riporta:

«a) Dica il c.t.u., se sulla base di dati e valutazioni accreditati

nella comunità scientifica i livelli di campi elettrici denunciati

da parte ricorrente e interventrice e di cui all'analisi repertata come doc. 1 del fascicolo di parte ricorrente (superamento dei

parametri di 0,2 nonché 0,5 nonché 1 microtesla nei punti ivi

descritti) in rapporto alle specifiche condizioni abitative possa no o meno costituire concreto rischio per la salute, specificando, nell'affermativa natura, entità e grado di tale rischio.

b) Dica il c.t.u., sulla stessa base di cui sopra, quali siano i

valori al di sotto dei quali anche sotto il profilo del 'principio di

precauzione', non sia ragionevolmente ipotizzabile il rischio di

cui sopra o quantomeno al di sotto dei quali non risulti segna lato alcun eccesso di rischio sanitario».

6.3.2. - Premettendo che il già menzionato lare (agenzia in

ternazionale per la ricerca sul cancro) di Lione aveva a suo tem

po classificato «i campi Elf nella categoria» 2 B (possibili can

cerogeni, categoria di cui peraltro fanno parte non soltanto, co

me veritieramente ma suggestivamente ricordato negli atti delle

due parti resistenti, «la saccarina e il caffè», ma anche DDT e

piombo) ed elencando in apposite tavole sinottiche un'esau

riente serie di specifici studi di settore a livello internazionale, il

c.t.u. ha convincentemente dato rilievo a due studi che si diffe

renziano sostanzialmente dagli altri per essere, in sostanza, di

essi la sintesi e al tempo stesso l'ampliamento (non è necessaria

una particolare conoscenza di epidemiologia e scienze statisti

che in generale per comprendere che più ampio e numeroso è il

materiale esaminato più attendibile è il risultato e al tempo stes

so meno significativa l'incidenza di fattori estranei alla ricerca

e/o in generale gli eventuali errori e causalità). Ci si riferisce qui a due studi che costituiscono entrambi

«meta-analisi» (realizzate, tra gli altri, da «alcuni dei più stimati

metodologi in campo epidemiologico») ossia rianalisi e sintesi

di numerosi altri precedenti studi nella medesima materia, ed

entrambi pubblicati nell'anno 2000 (effettivamente, quindi, suc

cessivamente ad almeno parte dei provvedimenti dei giudici di

merito invocati da parte resistente, che comunque di essi non

fanno menzione alcuna). In particolare, dallo studio di Ahlbon Et Al si desume argo

mentatamente l'esistenza di un R.R. (cioè: la traduzione in ter

mini matematici dell'aumento — o diminuzione, se sotto l'unità — della possibilità ammalarsi) di 2,00 (con «intervallo di confi

denza», cioè, in sostanza, probabilità che il dato sia esatto, del

novantacinque per cento) con riferimento alle specifiche patolo

gie costituite dalle leucemie infantili per i soggetti che siano

esposti a campo Elf «uguali o maggiori di 0,4 microtesla» (valo re di misura dell'intensità di tali campi).

Sempre con lo stesso, rassicurante, «intervallo di confidenza»

del novantacinque per cento ad analoghe conclusioni (R.R. =

2,06) è pervenuta anche l'altra «metanalisi» valorizzata, di

Grenland Et Al, sempre dell'anno 2000, come si è detto e sem

pre con esclusivo riferimento alla leucemia.

Ben motivatamente quindi, il c.t.u., scettica o quantomeno non altrettanto univoca essendo la valutazione nell'elaborato per

quanto riguarda altre patologie, perviene, dopo aver anche rife

rito (elemento questo che suscita particolare attenzione nell'o

peratore giuridico del campo civilistico, permeato dall'esistenza

e attribuzione degli oneri probatori) dell'assenza — implicita

mente riconosciuta del resto poi anche dai c.t.p. delle due parti resistenti — di «studi che vanno inequivocabilmente nell'altra

direzione (ossia che non si limitino a ritenere non sufficiente

mente dimostrato il nesso eziologico — statistico —

epidemio

logico), che «nei bambini esposti a livelli superiori a 0,4 mi crotesla il rischio di leucemia» (infantile, evidentemente) «è

aumentato del settanta per cento» (R.R. = 1,7) e che «nei bam

bini esposti a livelli superiori a 0,4 microtesla il rischio è au

mentato del cento per cento» (cioè, raddoppiato). Pure documentatamente il c.t.u. ha dato conto di come «le se

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PARTE PRIMA 1620

gnalazioni di rischio per livelli inferiori» superiori a 0,3 micro tesla «non possono essere considerate che ipotesi» (ipotesi che

peraltro, subito appresso valuta come comunque da seriamente

considerare, seppur non utilmente ai fini che qui rilevano).

6.3.3. - Le risultanze di detta c.t.u. del dr. Berrino sono state

sottoposte a vivace critica da parte delle due società resistenti, e

cioè dai relativi difensori e c.t.p. (prof. Carlo La Vecchia e prof. Enrico Pira).

Parimenti convincente è risultata la replica contenuta nella

successiva nota 13 settembre 2001 in atti del c.t.u. le cui consi

derazioni appaiono pregnanti ed assorbenti.

In particolare, è opportuno richiamare qui la corretta (e utile

anche in ordine a quanto qui, oltre al punto 7.3.4) e argomentata considerazione ivi contenuta, secondo cui «il fatto che l'esposi zione a campi magnetici di intensità tale da poter causare un

aumento di rischio significativo di leucemie infantili riguardi solo una piccola frazione della popolazione generale (dell'ordi ne dell'uno per cento) non toglie nulla al fatto che per quella frazione sussista un concreto rischio per la salute».

Pure congruo appare il rilievo che «mentre nella consulenza

tecnica» (10 aprile 2001) «si è fornito un quadro complessivo

degli studi disponibili, mostrando come nel loro insieme rag

giungano una massa di informazioni sufficiente a raggiungere una relazione di causa-effetto, i commenti del dr. La Vecchia

(come pure quelli del dr. Pira alla relazione della dott. Taioli)

contengono una serie di citazioni da singoli studi i cui autori si

preoccupavano giustamente di sottolineare che le loro osserva

zioni non potevano essere considerate individualmente conclu

sive, 'laddove il quesito, come opportunamente sottolineato dal

c.t.u.', non riguardava la conclusività dei singoli studi, bensì

dell'insieme dei dati e valutazioni accreditati nella 'comunità

scientifica'».

Espressione, quest'ultima certamente ampia e, per certi

aspetti, metaforica — non esiste né un tempo né uno spazio co

mune a tutti gli «scienziati» — ma comunque certamente non

coincidente col concetto autoritativo espresso dalle parti resi

stenti (v. in particolare memoria 24 ottobre 2001 di parte Terna) secondo cui alle sole «istituzioni scientifiche» (che peraltro so

no sfere «contaminate» da valutazioni, opportunità, priorità, e, last but not least, soggettività politiche ed economiche) «è de

mandato il compito di accertare la pericolosità o meno dei cam

pi elettromagnetici per la salute umana», non sopportando inve

ce la scienza — perlomeno da quando si è affermato, dopo il

medioevo il metodo empirico e sperimentale — altra gerarchia

e autorità se non quella degli argomenti nella loro validità.

6.4. - Conclusivamente su questo, peraltro essenziale, punto, ritiene questo giudice della cautela, anche e in particolare con

riferimento agli indefettibili requisiti del fumus boni iuris ed al

tresì anche del periculum in mora (poiché se, come qui si rileva, il rischio nel senso sopra richiamato esiste, i tempi necessaria

mente assai più prolungati del giudizio di piena cognizione ap

paiono incompatibili con l'urgenza della tutela anche in ordine

alla problematica dell'irreparabilità), che l'impostazione sopra

sunteggiata del c.t.u. debba essere recepita. E ciò non (sol) tanto perché formulata da personalità non solo

notoriamente accreditata proprio nella branca specialistica oc

corrente alla bisogna, ma operante nella presente sede come

soggetto super partes, ausiliario del giudice e come quest'ulti mo «ontologicamente» terzo rispetto alle parti ed altresì vinco

lato dal giuramento (a differenza dei c.t.p., altrettanto per defi

nizione «partigiani», e che la fisiologia quotidiana del processo civile anche in questioni che dovrebbero essere estremamente

più semplici e quindi meno controvertibili — come le valuta

zioni medico-legali sulla singola persona — mostra come por

tatori di tesi anche e spesso diametralmente opposte a quelle del

c.t.u., così come del resto altrettanto fisiologico — ancorché

non certo obbligato — è il grado di maggiore attendibilità che in

genere le corti attribuiscono alle elaborazioni tecnico

scientifiche dei consulenti dalle stesse nominati), bensì sulla ba

se della valutazione critica di cui sopra del percorso logico

argomentativo che ha condotto il c.t.u. (dr. Berrino) alle conclu

sioni così come qui recepite. Deve quindi ritenersi, alla luce di tutto quanto sopra, che con

valori di intensità superiori a 0,3 microtesla dei campi Elf in

oggetto, e quindi in tutte e nelle sole situazioni — non conte

state da parte resistente — interessanti le parti ricorrenti e/o in

tervenienti, sussista il concreto rischio in oggetto, da inquadrarsi

quindi nell'ipotesi, favorevole alla necessità di intervento giu

II Foro Italiano — 2003.

risdizionale, sunteggiata alla lett. c) del punto 5.1.1 di cui sopra della presente ordinanza.

6.5. - Non può nel caso in esame farsi ricorso al criterio, pe raltro pacificamente sussidiario e invocato dalle pur «agguerri te» difese delle parti resistenti con non particolare intensità,

della priorità d'uso, e ciò proprio alla luce di quanto sopra rife

rito dal c.t.u., dr. Berrino, ossia che solo in epoca recente sono

iniziati i primi studi scientifici (non necessariamente noti a per sone di media cultura) sulla possibile nocività dei campi ma

gnetici. 6.6. -

Neppure rileva, in particolare tenuto conto che, come

testé richiamato, ci si muove nell'ambito normativo dell'art.

844 c.c., se nelle abitazioni dei ricorrenti e/o interventori in cui i

campi Elf indotti dagli elettrodotti in questione superino la sud

detta soglia abitino o meno bambini, perché, a parte che ciò è

comunque irrilevante sotto il profilo della tutela dominicale (in

ordine all'integrità del fondo e del suo valore, d'uso e di scam

bio), in ogni caso non si vede come tale eventualità (figli, nipo

ti, ecc.) possa essere a priori, «malthusianamente», esclusa.

7. - Quanto al profilo già sopra al punto 6.4 accennato, va

considerato che le parti resistenti, posta in dubbio la possibilità di cognizione del giudice ordinario civile sotto un profilo pro cessuale nel senso di cui sopra al punto 2.1 (difetto di giurisdi

zione), hanno «poi» (in senso logico-giuridico) dedotto che, in

realtà, a nessuna valutazione sostanziale della fattispecie potes se addivenire tale giudice civile ordinario, se non nei limiti, o

meglio, ove non superati (come pacificamente non lo sono in

nessuna delle situazioni lamentate dai ricorrenti e interventori) i

limiti (in concreto, di 100 microtesla) stabiliti dalla normativa

pubblicistica, in particolare di cui al d.p.c.m. 23 aprile 1992 e

poi dalla 1. 22 febbraio 2001 n. 36 (il cui art. 16, peraltro rein troduce in gioco, seppur in via meramente interinale, ma co

munque con applicabilità, ratione temporis, alla fattispecie in

esame, il limite di cui al detto d.p.c.m. 23 aprile 1992). 7.1. - Prima di affrontare e risolvere direttamente tali legitti

me, ma infondate, obiezioni, è opportuno tracciare qui di se

guito le seguenti linee generali interpretative. 7.1.1. - Non è, evidentemente, compito del giudice civile (e

della giurisdizione in generale) dare soluzione a problemi di or

dine precipuamente collettivo, e comunque diversi e al di là —

anche se eventualmente almeno in parte coincidenti — di quelli

posti da chi agisce (e quindi, anche di chi ricorra in via di ur genza in vista di successiva azione) in giudizio, anche se l'in

terprete non deve trascurare, quantomeno ai fini delle determi

nazioni concettuali (ad esempio, in tal senso può anche tenersi

conto, per puntualizzare il concetto di «principio di precauzio ne», delle risultanze di momenti di confronto internazionale e/o

interstatuale come quelli menzionati in ricorso introduttivo:

trattato di Maastricht, conferenza di Rio de Janeiro), più vasti

elementi.

7.1.2. - Così, in fattispecie, processual-sostanziali in cui, co

me nella presente, vengono prospettate problematiche e diritti

individuali che si inquadrano e/o comunque interagiscono con

questioni di ordine collettivo (per esempio, è possibile che ven

ga adita l'autorità giudiziaria ordinaria eventualmente con rife

rimento proprio all'art. 844 c.c., in ordine a questioni inerenti

rifiuti speciali o tossici-nocivi che interferiscono nella sfera dei

diritti individuali di taluno/i, il che non toglie la rilevanza gene rale, sotto altro, appunto pubblico-pubblicistico, profilo, della

questione dello smaltimento dei rifiuti). E pertanto, quanto all'energia elettrica, non è qui in discus

sione e neppure in esame (se non ai limitati fini di cui qui oltre

al punto 8.1), la necessità di approvvigionamento di energia, in

particolare elettrica, così come è pacifico e indiscusso che per essere distribuita (salvo che in un ipotetico futuro il progresso scientifico individui diverse modalità, oggi probabilmente im possibili, come del resto altre soluzioni oggi di diffusione anche popolare apparivano inconcepibili anche solo pochi anni addie

tro) tale energia necessiti di una rete territoriale.

Se questi sono i fini, ciò non comporta la loro eterogenesi, nel

senso in particolare che, per raggiungere tali scopi, non necessa

riamente debbono del tutto obliterarsi diritti soggettivi indivi

duali (delle persone così come dominicali), facendo così inde

bitamente assurgere la pur indiscutibile e la pur generale collet

tiva esigenza di approvvigionamento energetico a dignità di in

discutibile e, per così dire (le espressioni solo apparentemente

appaiono incompatibili) religioso-scientifico dogma in forza del

quale sia possibile e lecito colpire chicchessia «alla cieca».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Occorre invece un approccio, per così dire «laico», ai vari

nodi e snodi di questioni, che, quanto al caso in esame potrebbe ro rappresentarsi come tre cerchi di diversa dimensione, non

concentrici e solo parzialmente coincidenti:

il tutto con la puntualizzazione che il terzo, più piccolo dei tre

cerchi, a differenza degli altri due non può tollerare discrimina

zioni territoriali (per esempio, ben possono diversamente deter

minarsi due diverse regioni nella programmazione delle politi che nel territorio, ma non potrebbe il cittadino di una delle due

soffrire di limitazioni di diritti soggettivi individuali che com petono ai cìves dello Stato italiano).

7.2. - Occorre ora premettere come sia indiscutibile che l'idea

stessa di una disapplicazione non già di un mero provvedimento amministrativo (incidenter tantum, giusta i principi di riparti zione dei poteri di cui in particolare alla legge abolitiva del

contenzioso amministrativo del 1865) bensì di una legge o co

munque di un atto normativo da parte del giudice costituisca un

autentico ossimoro, poiché è chiaro che compito del giudice è

proprio quello di applicare la legge. La questione è invece verificare, caso per caso in esame, se la

fattispecie sottoposta al giudice rientri o meno nella sfera di ap

plicazione di questo o quell'atto normativo, con quella opera zione d'interpretazione (ossia di messa in relazione di astrazio

ne e concretezza) di cui si è detto sopra al punto 2.

7.3. - In proposito non può essere condivisa né la tesi di parte resistente secondo cui l'applicabilità in via esclusiva degli alti

limiti di cui al d.p.c.m. del 1992 sarebbe risolutiva (nel senso

della negazione della tutela invocata da ricorrenti e interventori) di ogni questione, né la, contigua, tesi sempre dei resistenti se

condo cui «l'azione non può prescindere dai piani di risana

mento, contro i quali soltanto dovrebbero in ipotesi, essere indi

rizzate le eventuali critiche e doglianze» (v. memoria 3 maggio 2001 di Grtn) con riferimento alla già richiamata 1. 36/01, che

tali piani (in graduati termini pluriennali) contempla. Tale automatismo giuridico, infatti, anche alla luce delle

enunciazioni generali di cui sopra ai punti 7.1.1 e 7.1.2, non può essere accettato (anche perché, portato alle estreme, ma non in

congrue, conseguenze, sottrarrebbero alla tutela le situazioni

non normate). 7.3.1. -

Valgono in proposito, e devono essere qui integral mente recepite, anche tenuto conto della funzione nomofilatti

ca della corte di legittimità le seguenti considerazioni, contenute

nella sentenza 27 luglio 2000, n. 9893 della Suprema corte, cit.,

dopo la premessa secondo cui:

«Contrariamente a quanto ha affermato la corte d'appello, non è necessario che il danno si sia verificato, perché il titolare

del diritto possa reagire contro la condotta altrui, se esso si ma

nifesta in atti suscettibili di provocarlo. In termini generali, può dirsi che la protezione apprestata dal

l'ordinamento al titolare di un diritto si estrinseca prima nel

vietare agli altri consociati di tenere comportamenti che con

traddicano il diritto e poi nel sanzionare gli effetti lesivi della condotta illecita, obbligando il responsabile al risarcimento del

danno.

Con specifico riferimento al diritto alla salute, sarebbe con

traddittorio affermare che esso non tollera interferenze esterne

che ne mettano in discussione l'integrità e ammettere che alla

persona sia data la sola tutela del risarcimento del danno e non

anche quella preventiva». La corte conclude, tra l'altro che «l'ordinamento non manca

Il Foro Italiano — 2003.

di una disciplina specifica circa i limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti: essa è

stata dettata con il d.p.c.m. 23 aprile 1992, emanato in base al

l'art. 4, 2° comma, 1. 23 dicembre 1978 n. 833.

Che una disciplina di questo tipo ci sia mostra che, allo stato

delle conoscenze scientifiche, l'esposizione ai campi elettrici e

magnetici generati da elettrodotti, se siano superati determinati

limiti massimi, è considerata fonte di possibili effetti negativi sulla conservazione dello stato di salute.

Essa costituisce d'altro canto espressione di uno degli obiet

tivi del sistema sanitario, la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita, oltre che di lavoro (art. 2 1. n.

833 del 1978). Dato il presupposto che è alla loro base, e data la natura di

normazione secondaria che è loro propria, discipline di questo

tipo hanno il valore di impedire che possa essere tenuta una

condotta che vi contrasti.

Non hanno quello di rendere per sé lecita la condotta che vi si

uniformi».

7.3.2. - È evidente che il principio interpretativo di diritto di

cui sopra vale in ogni caso anche con riferimento ai piani di ri

sanamento di cui a detta 1. 36/01 (che peraltro reintroduce, come

già accennato, in via provvisoria il noto d.p.c.m. del 1992). 7.3.3. -

Analogamente del resto, in sede penale, è pacifica mente acquisito che l'art. 659 c.p. («disturbo delle occupazioni o del riposo» della generalità delle persone, norma penale, in

quanto tale quindi a tutela della collettività) trova applicazione nei soli casi in cui siffatta lesione interessi appunto tale indi

stinta generalità, laddove qualora solo il singolo ne sia investito

egli può esser tutelato solo in sede civile, con riferimento ap

punto, quantomeno anche, all'art. 844 c.p. 7.3.4. - Pertanto, per tornare nell'ambito afferente il caso in

esame, e anche e con riferimento alle deduzioni (cui, come si è

visto, il c.t.u. dr. Berrino ha congruamente replicato) di parte re

sistente in ordine alla limitatezza della porzione di popolazione

esposta al rischio di cui qui è procedimento, ben (o male, a se

conda dei punti di vista, che qui peraltro in nessun modo rileva

no) potrebbe il potere legislativo ed esecutivo decidere, in fun

zione di ciò, di omettere qualsiasi misura preventiva, ma ciò non

potrebbe far venir meno il diritto del singolo alla tutela della

singola situazione di lesività-rischio. 7.3.5. - Del resto è invece condivisibile l'impostazione se

condo cui la tematica delle situazioni quali quella in esame è as

solutamente analoga a quella inerente le immissioni rumorose:

giurisprudenza ampiamente consolidata della Suprema corte, la

quale, anzi ha recepito il criterio, di «invenzione» giurispruden ziale, del supero del valore di fondo nella misura di 3 dB (che, trattandosi di valori logaritmici, corrisponde al raddoppio del

l'intensità del rumore) ha distinto i limiti di «accettabilità», di

natura pubblicistica, da quelli di «tollerabilità», da questi ultimi

del tutto indipendenti, di natura privatistica, sempre con riferi

mento all'art. 844 c.c.

8. - Rilevato, chiarito e considerato tutto quanto sopra, e ac

certato quindi il vulnus inquadrabile nella fattispecie di cui al 1°

comma dell'art. 844 c.c., occorre ora esaminare quali ne possa no essere i rimedi risarcitori, e ciò anche tenuto conto della ne

cessità di contemperamento imposta dal 2° comma di detto arti

colo di legge ai fini dell'invocata cautela e della causa di meri

to.

8.1. - Proprio per tale scopo (v. ordinanza riservata 16 maggio

2001 qui in atti) era stata disposta la seconda c.t.u., demandata

al prof. Alberto Berizzi, docente di «sistemi elettrici per l'ener

gia» presso il dipartimento di elettrotecnica del politecnico di

Milano, assegnandogli i due quesiti che seguono: «Esaminati atti e documenti di causa, disposti gli opportuni

sopralluoghi, verifiche, esperimenti ed ogni altro accertamento

che riterrà utile, ivi compreso l'accesso ad uffici anche pubblici, avvalendosi anche, se strettamente necessario, dell'apporto di

altri specialisti e/o coadiutori.

Dica il c.t.u.:

1) se la presenza dei campi magnetici così come denunciata

da parte ricorrente e interventrice sia o meno riconducibile alla

presenza delle condutture elettriche di cui è procedimento, al

netto dell'inquinamento proveniente dall'interno delle abitazio

ni stesse;

2) nell'ipotesi affermativa, dica il c.t.u. quali siano i possibili interventi su dette condutture idonei a ricondurre i campi ma

gnetici all'interno degli immobili di detti ricorrenti e intervento

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Page 11: ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Febbraro, Rel. Ortore; Soc. Grtn-Gestore della rete di trasmissione nazionale (Avv. Zaffaroni), Soc. Terna-Trasmissione elettricità rete nazionale

PARTE PRIMA 1624

ri originari al di sotto del limite di 0,5 microtesla nonché di 0,4

microtesla, compatibilmente con la necessità di non produrre un'interruzione definitiva dell'approvvigionamento di corrente

elettrica con riferimento alle condutture in oggetto specifican done, almeno in linea di massima, modalità esecutive e costi.

Ai fini dell'accertamento di cui sopra, ai punti 1 e 2, tenga conto il c.t.u. delle distanze metriche tra ogni singola abitazione

di cui è causa e le linee elettriche in oggetto». 8.1.1. - Quanto al primo quesito il c.t.u., previa rigorosi e pre

cisi accertamenti di fatto e tecnico-scientifici, da cui è emerso

tra l'altro il pressoché costante superamento del limite (come

sopra ritenuto di tollerabilità) di 0,4 microtesla nelle abitazioni e

pertinenze in oggetto, e che il relativo piano-terra delle stesse si

trova, rispetto al conduttore più basso, a distanza tra la minima

di metri 8 e la massima di metri 31 (con prevalenza di valori

intorno ai metri 12) quanto agli elettrodotti n. 265 e 266 Cisla

go-Sondrio da 220 kV e tra metri 12 e metri 19 quanto all'elet

trodotto n. 532 Cucciago-Novedrate da 132 kV, è pervenuto alla

seguente, recisa conclusione: «Nonostante le discrepanze rile

vate, è comunque possibile concludere che i valori misurati so

no nella grande maggioranza compatibili con le correnti circo

lanti nelle fasi degli elettrodotti, e quindi che la presenza dei

campi magnetici così come denunciata da parte ricorrente e in

terventrice è riconducibile alla presenza delle condutture elettri

che».

Tale conclusione non è stata in alcun modo avversata da al

cuna delle parti in causa, e può quindi ritenersi definitivamente

acquisita. 8.1.2. - Il secondo quesito demandato al c.t.u. prof. Berizzi

era quello più strettamente inerente alla necessità del predetto

contemperamento ex art. 844, 2° comma, c.c. Soltanto un ac

certamento e un'indicazione tecnico-scientifica, infatti, poteva dar conto delle possibili variabili in ordine al rimedio risarcimento rispetto all'illecito civile come sopra accertato, ri

spetto a cui, per esempio, una risposta totalmente negativa ov

vero contemplante come unica opzione concretamente pratica bile lo smantellamento delle intere linee di elettrodotti con con

seguente definitiva interruzione dell'importante asse di approv

vigionamento e distribuzione elettrica avrebbe potuto risultare

pregnante ai fini di cui al predetto 2° comma dell'art. 844 c.c.

Rilevato che, anche in tal caso nessuna parte in causa ha po sto in discussione le risultanze dell'elaborato peritale, anzi

esplicitamente valutato come attendibile, va dato atto che pure al secondo quesito il c.t.u. ha dato, sempre previa e sulla base di

vigorose e argomentate considerazioni scientifiche, precisa ri

sposta; quanto al carico indotto dall'elettrodotto Cislago Sondrio da 220 kV:

«L'unica soluzione al secondo quesito della c.t.u., sia consi

derando il carico massimo dell'elettrodotto, sia prendendo in

considerazione il valore medio, consiste nell'interramento in

cavo del tratto compreso tra i tralicci 293 e 296, con un costo

complessivo dell'intervento quantificabile in 4.368 milioni di lire» e, quanto al carico indotto invece dall'altro elettrodotto

Cucciago-Novedrate, da 132 kV:

«Se invece si ritiene necessario che l'intera abitazione sia sog getta a valori di induzione inferiore a 0,4 microtesla, è necessa rio innalzare di metri 10 l'intero tratto di linea compreso tra il traliccio 14 e il traliccio 18 e adottare per i conduttori la confi

gurazione ST, con costo dell'intervento stimabile in circa 625 milioni di lire».

Da quanto sopra si desume che il rimedio risarcitorio è con cretamente praticabile senza in alcun modo porre in discussione il servizio di erogazione dell'energia elettrica, ed anzi senza

neppure modifica del tracciato dei due elettrodotti, e con costi

certamente consistenti (in particolare quanto al primo, da 220

kV) in assoluto, ma la cui rilevanza non può non essere para metrata alle —

ampiamente notorie — dimensioni economiche

oggettive del servizio e soggettive delle parti resistenti, ditalché non si presenta certamente come irrealistico e/o gravatorio l'or dine di ottemperare tali indicazioni come meglio specificato qui oltre in dispositivo.

In ogni caso, si è qui optato per le soluzioni chiaramente pre sentate dal detto c.t.u. come le più idonee allo scopo e al tempo stesso per quelle meno gravose economicamente (in ispecie quanto all'elettrodotto da 132 kV Cucciago-Novedrate), perché ciò era dovuto, sulla base delle risultanze procedimentali (anche se, trattandosi di controversia di tipo privatistico, come fin qui

Il Foro Italiano — 2003.

ben evidenziato, restano ovviamente libere le parti di addivenire

a qualsivoglia altra soluzione in via transattiva).

Ragionevole appare, in relazione agli interessi delle parti e ai

presumibili tempi di concreta realizzabilità tecnica il termine di

esecuzione di quindici mesi di cui in dispositivo. Infine, non trovando applicazione, per le medesime conside

razioni ampiamente formulate sopra, nella presente controversia

civile l'invocato art. 9 predetta 1. 36/01, non rileva qui, all'in

terno della solidarietà passiva dei due soggetti resistenti, la ri

partizione dei costi.

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Istruzione pubblica — Esami di idoneità presso scuole le

galmente riconosciute o pareggiate — Condizioni e limiti

— Questione manifestamente infondata di costituzionalità

(Cost., art. 33; d.leg. 16 aprile 1994 n. 297, approvazione del

t.u. delle disposizioni legislative vigenti in materia di istru

zione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, art. 192,

193; 1. 10 dicembre 1997 n. 425, disposizioni per la riforma

degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione

secondaria superiore, art. 7).

E manifestamente infondata la questione di legittimità costi

tuzionale dell'art. 7 1. 10 dicembre 1997 n. 425, nella parte in

cui, disciplinando lo svolgimento degli esami di idoneità alle

varie classi dei corsi di studio nelle scuole pareggiate o legal mente riconosciute, consente al candidato esterno di presentarsi

agli esami di idoneità solo per la classe immediatamente supe riore a quella successiva alla classe cui dà accesso il titolo di li

cenza o promozione dal candidato stesso posseduto, limite que sto non applicabile invece alle scuole statali, in riferimento al

l'art. 33, 4° comma, Cost. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 18 ottobre 2002, n. 423

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 ottobre 2002, n. 42); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Federazione italiana istituti non

statali di educazione e istruzione e altri c. Min. pubblica istru

zione; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Lazio 22 gennaio 2001 (G.U., la s.s., n. 43 del 2001).

(1) La Corte costituzionale compie una ricostruzione della disciplina della materia, giungendo alla conclusione che i criteri ed i limiti fissati dall'art. 7 1. 425/97 rientrano pienamente nel quadro normativo dettato in materia di abilitazione all'anticipazione delle classi scolastiche e non creano alcuna disparità di trattamento. La corte osserva inoltre come l'effetto denunciato dal giudice è invece riconducibile ad altra disposi zione (ignorata dal tribunale rimettente), vale a dire l'art. 193, 2° com

ma, d.leg. 16 aprile 1994 n. 297, il quale consente ai candidati privatisti di anticipare più di un anno scolastico, con riferimento esclusivo (a se

guito dell'art. 7 1. 425/97) agli esami di abilitazione sostenuti presso istituti o scuole statali.

La questione viene dichiarata manifestamente infondata in base alle osservazioni secondo cui la piena parità tra istituzioni scolastiche statali e private non è un dato, ma un obiettivo, che riguarda scuole private idonee ad adempiere precise condizioni, previste appunto per il ricono scimento della piena parità e la disposizione impugnata lega la discipli na che essa dispone all'«attesa dell'entrata in vigore delle disposizioni di attuazione dell'art. 33, 4° comma, Cost.», cioè al perfezionamento di un processo normativo di parificazione che, nei limiti della ragionevo lezza, rientra nella competenza del legislatore.

L'ordinanza di rinvio, Tar Lazio 22 gennaio 2001, è massimata in Foro it., 2002, III. 159, con nota di richiami e osservazioni di Campa nelli.

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