+ All Categories
Home > Documents > ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rel. Mencattini; ric. Bompressi

ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rel. Mencattini; ric. Bompressi

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: vuliem
View: 215 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
4
ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rel. Mencattini; ric. Bompressi Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 5 (MAGGIO 2002), pp. 311/312-315/316 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198384 . Accessed: 28/06/2014 16:26 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 16:26:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rel. Mencattini; ric. Bompressi

ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rel. Mencattini; ric. BompressiSource: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 5 (MAGGIO 2002), pp. 311/312-315/316Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198384 .

Accessed: 28/06/2014 16:26

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 16:26:27 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rel. Mencattini; ric. Bompressi

PARTE SECONDA

guatamente seguito dalle infermerie o dai c.d.t. dell'ammini

strazione penitenziaria.

Comunque la ripercussione della malattia sulla vita quotidia na del detenuto è pesante, essendo oramai il Veshaj dipendente da terzi; per tale motivo gli è stato assegnato un piantone a per manenza. Peraltro ha conservato una certa autonomia nelle fun

zioni fisiologiche e nell'igiene personale».

Questa la descrizione, invero perspicua, dell'attuale quadro clinico dell'interessato: alla stessa, peraltro, il perito fa seguire, «in riferimento allo stato di salute del condannato nell'ottica del

regime di detenzione carceraria», «due tipi di considerazioni,

quali elementi tecnici di giudizio», che si ritiene opportuno ri

portare. Il primo tipo di considerazioni è il seguente: «E possibile ri

tenere che la patologia da cui è affetto Veshaj Arjan non rappre senti una condizione d'incompatibilità con il regime di deten zione carceraria, sia dal punto di vista delle implicazioni dirette,

che ben possono essere ovviate dall'ausilio di un piantone a

permanenza, sia da quello dell'adeguatezza dell'assistenza sa

nitaria e terapeutica poiché, trattandosi di patologia incurabile e

ormai quasi giunta alle estreme conseguenze, essa non è suscet

tibile di miglioramento; peraltro il regime carcerario non può in

fluire negativamente sull'andamento della stessa».

Ecco, però, il secondo tipo di considerazioni: «E, peraltro, in

dubbio che la patologia da cui è affetto il Veshaj costituisce un

notevole pregiudizio dell'integrità psicofisica e determina già di

per sé, estrinsecandosi con la perdita della vista, una grave li

mitazione dell'autonomia personale, intesa non solo nelle ovvie

implicazioni (movimento nell'ambiente, ecc.) ma anche come

contatto sensorialmente percepibile con la realtà e quindi con il

mondo esterno che, nella detenzione carceraria, acquista un'im

portanza ancor maggiore (leggere, guardare la televisione, poter effettuare turni di lavoro costituiscono le principali occupazio

ni). Una parziale possibilità di ripresa del contatto con il mondo

esterno passa necessariamente attraverso il porre in essere di

misure riabilitative tra cui anche l'insegnamento del metodo

Braille. Infine, valutata sotto un altro aspetto, l'infermità del

Veshaj, riducendo gravemente il grado di autosufficienza della

persona, costituisce una sensibile diminuzione della pericolosità sociale del detenuto».

2. - Orbene, sulla base di quanto analiticamente ed approfon ditamente accertato dal perito medico-legale, ritiene il tribunale

che nel caso di specie possa farsi luogo all'invocato differi

mento dell'esecuzione della pena, ravvisandosi una «grave in

fermità fisica» ai sensi dell'art. 147, 1° comma, n. 2, c.p.

Infatti, deve intendersi come tale, secondo un consolidato

orientamento giurisprudenziale, quello stato patologico la cui

gravità faccia apparire l'esecuzione della pena detentiva come

contrastante con il senso di umanità cui si ispira la norma co

stituzionale dell'art. 27, 3° comma (così, Cass., sez. I, 13 di

cembre 1988, Napoli, Foro it., Rep. 1989, voce Esecuzione pe

nale, n. 18): per cui il rinvio dell'esecuzione della pena per gra ve infermità fisica si pone in rapporto alla necessità di evitare

che l'esecuzione della pena si risolva in un inutile aggravio di

sofferenza per il condannato (Cass., sez. I, 27 gennaio 1992,

Viola, id., Rep. 1992, voce cit., n. 17). D'altra parte, è stato pure precisato

— il punto non è pacifico in giurisprudenza

— che ai fini del rinvio facoltativo dell'ese

cuzione della pena, nel caso previsto dall'art. 147, 1° comma, n.

2, c.p., deve farsi riferimento soltanto all'oggettiva «gravità» dell'infermità fisica, la quale sia tale da dar luogo, cumulata al

l'ordinaria afflittività della restrizione della libertà, ad un «trat tamento contrario al senso di umanità» e ad una sostanziale elu

sione del diritto individuale, costituzionalmente garantito, alla

tutela della salute da parte dell'ordinamento, nulla rilevando,

per converso, l'eventuale compatibilità dello stato patologico con la permanenza in carcere (cfr. Cass., sez. I, 29 aprile 1997,

Martini, id., Rep. 1997, voce cit., n. 81). Quest'ultimo indirizzo interpretativo è condiviso dal collegio,

anche in forza di un argomento testuale ricavabile dal raffronto

fra l'ipotesi normativa in esame e quella di cui all'art. 146, 1°

comma, n. 3, c.p. (come modificato dall'art. 6 1. 231/99): laddo ve è prevista come ipotesi di rinvio obbligatorio dell'esecuzione

della pena quella relativa a persona affetta da «altra malattia

particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di

salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione» (di tal

II Foro Italiano — 2002.

ché, se il requisito dell'incompatibilità con lo stato di detenzio

ne integra un'ipotesi di rinvio obbligatorio, non può integrarne anche una di rinvio facoltativo).

Allora, se veramente la ratio della disposizione dell'art. 147,

1° comma, n. 2, c.p. è quella di evitare al condannato tratta

menti inumani e la sua sottomissione ad una pena di fatto più

grave di quella irrogatagli, in quanto espiata in uno stato di me

nomazione fisica di tale rilevanza da implicare necessariamente,

oltre alla preoccupazione legata ad un eventuale giudizio d'ina

deguatezza dell'assistenza sanitaria, istituzionalmente garantita, anche il profondo disagio morale prodotto dal particolare tipo di

vita imposta dal carcere a chi non solo non può approfittare delle opportunità offertegli per la sua rieducazione, ma vede

amplificarsi senza rimedio gli aspetti negativi (così, Cass., sez.

I, 27 novembre 1996, Calzolaio, ibid., n. 83), non pai e dubbio che tale situazione ricorra nel caso di cui ci si occupa di persona affetta da malattia comportante uno stato di «pressoché totale

cecità», non sucettibile di alcun miglioramento, nei confronti

della quale non esistono al momento adeguate terapie, a nulla

rilevando, in senso contrario, che detta malattia sia di per sé

compatibile con il regime di detenzione carceraria (attraverso

l'assegnazione permanente di un piantone). 3. - Una volta accertata la sussistenza di una «grave infermità

fisica» che consente il rinvio dell'esecuzione della pena, deve

ulteriormente esaminarsi la questione dell'applicabilità o meno

al caso di specie della detenzione domiciliare «sostitutiva» del

rinvio dell'esecuzione, di cui all'art. 47 ter, comma 1 ter, ord.

penit. (come sostituito dall'art. 4 1. 165/98). Orbene, tenuto conto che risulta dagli atti la disponibilità di

Veshaj Edmond, fratello dell'interessato, ad ospitarlo nella sua

abitazione in Borgo San Lorenzo, che tale fratello è titolare di

regolare permesso di soggiorno e vive insieme alla madre, che

la possibilità di ricevere un sostegno familiare è verosimilmente

molto importante per lo stato patologico di Veshaj Arjan, si ri

tiene opportuno applicare, in luogo del differimento dell'esecu

zione della pena, la misura della detenzione domiciliare, non

apparendo quest'ultima contraria al senso di umanità (cfr. Cass., sez. I, 12 giugno 2000, Sibio, id., Rep. 2000, voce Ordinamento

penitenziario, n. 118) e rispondendo per converso all'esigenza di effettività dell'espiazione della pena: il termine di durata che

appare, allo stato, congruo è quello di un anno, considerate le

caratteristiche della patologia in oggetto.

I

TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI GENOVA; ordinan za 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rei. Mencattini; ric.

Bompressi.

TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI GENOVA;

Esecuzione penale — Pena detentiva — Grave infermità fi

sica — Pericolo di grave pregiudizio — Insussistenza in atto dell'infermità — Differimento dell'esecuzione —

Esclusione (Cod. pen., art. 147; cod. proc. pen., art. 684).

Va negato il differimento dell 'esecuzione, e deve di conseguen za ripristinarsi la privazione della libertà, nei confronti del

condannato a pena detentiva che non presenti in atto uno

stato di grave infermità fìsica, pur avendo avuto pregresse

patologie di natura reattiva delle quali non si esclude — in

termini di mera possibilità — il ripetersi, a seguito del ritorno

in ambiente carcerario. (1)

(1-2) L'ormai lunga storia dell'esecuzione della pena detentiva nei confronti di Ovidio Bompressi, condannato a ventidue anni di reclusio

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 16:26:27 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rel. Mencattini; ric. Bompressi

GIURISPRUDENZA PENALE

II

MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA DI PISA; decreto 21 febbraio 2002; Giud. Boni; ric. Bompressi.

Esecuzione penale — Pena detentiva — Grave infermità fi

sica — Pericolo di grave pregiudizio —

Magistrato di sor

veglianza — Differimento provvisorio (Cod. pen., art. 147; cod. proc. pen., art. 684).

Il detenuto che — per effetto di un 'accentuata forma depressiva

e reattiva tale da impedire un 'adeguata alimentazione — si

trova in condizioni di salute gravemente compromesse e

quindi incompatibili con il regime carcerario, avendo subito

in breve tempo una perdita ponderale di tredici chilogrammi e un forte calo pressorio, atti a determinare in soggetto già

affetto da crisi ischemiche recidivanti un elevato rìschio per la vita, è ammesso dal magistrato di sorveglianza al differi mento provvisorio dell'esecuzione penale, in attesa della de

cisione del tribunale di sorveglianza. (2)

I

Motivi della decisione. — La normativa vigente richiede ai fini della sospensione dell'esecuzione della pena detentiva per motivi di salute la sussistenza di una «grave infermità fisica».

ne per l'omicidio del commissario di pubblica sicurezza Calabresi e per reati connessi, ha già avuto un capitolo del tutto analogo a quello risul

tante dal secondo provvedimento riportato. In data 20 aprile 1998, infatti, il Magistrato di sorveglianza di Pisa

ritenne la sussistenza di una grave infermità fisica e differì l'esecuzione

della pena, con motivazione analoga all'attuale (Foro it., 1998, II, 447, con nota di richiami).

In seguito la Corte di cassazione ha statuito che: ai fini del differi

mento si deve fare riferimento soltanto all'oggettiva gravità dell'infer

mità per stabilire se essa sia tale da dar luogo, cumulata all'ordinaria

afflittività della restrizione della libertà, ad un trattamento contrario al

senso di umanità e ad una sostanziale elusione del diritto individuale

costituzionalmente garantito alla tutela della salute, nulla rilevando l'e

ventuale incompatibilità dello stato patologico con la permanenza in

carcere sotto il profilo della possibilità di apprestamento delle opportu ne terapie, come nel caso di grave patologia della vista, per glaucoma bilaterale congenito con scompenso corneale e intorbidimento della

camera anteriore, associata ad altrettanto grave patologia psichiatrica (Cass., sez. I, 14 gennaio 1999, Nirta, id., Rep. 1999, voce Pena, n. 16); è necessario che le condizioni patologiche siano tali da rendere obietti

vamente impossibile fronteggiarle in ambiente carcerario, nulla rile

vando che esse, indipendentemente dal tipo di malattia che le ha deter

minate, possano essere trattate meglio in ambiente extracarcerario

(Cass., sez. I, 31 gennaio 2000, Carriera, id., Rep. 2000, voce Esecu

zione penale, n. 91); deve essere accertata la sussistenza di un quadro

patologico di gravità tale da far risultare ictu oculi la possibilità che es

so, nonostante la fruibilità di adeguate cure anche in stato di detenzio

ne, dia luogo ad una sofferenza aggiuntiva, derivante proprio dalla pri vazione di libertà in sé e per sé considerata, in conseguenza della quale l'esecuzione della pena risulti incompatibile con i principi costituzio

nali in tema di diritto alla salute e di divieto dei trattamenti contrari al

senso di umanità (Cass., sez. I, 28 ottobre 1999, Ira, ibid., 92).

All'impostazione risultante dai precedenti richiamati aderisce pie namente il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Genova, che

a sua volta ne cita di ulteriori, parimenti conformi. La difformità del

decisum rispetto a quello del Magistrato di sorveglianza di Pisa è de

terminata dal rilievo che al momento del giudizio il condannato non

presentava alcuna patologia in corso, non potendo rilevare in favore del

differimento il fatto che la positiva condizione fisica si fosse determi

nata a seguito di un biennio trascorso in libertà, né che la patologia po tesse in ipotesi ripresentarsi per effetto della ripresa della carcerazio

ne.

Sulla vicenda processuale riguardante la condanna, della cui esecu

zione si discute, cfr., da ultimo, Cass., sez. V, 27 maggio 1999, Bom

pressi e altri, id., 1999, II, 481, con nota di-richiami, la quale ha stabi

lito che l'ordinanza d'inammissibilità della richiesta di revisione pro nunciata dalla corte d'appello è, nell'assenza di ogni previsione nor

mativa in senso contrario, insuscettibile di revoca; in merito, cfr. anche

Cass., sez. V, 27 maggio 1999, Bompressi e altri, ibid., 482.

Il Foro Italiano — 2002 — Parte II-9.

L'art. 147, 1° comma, n. 2, c.p. consente all'autorità giudizia ria di disporre il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena, nel caso in cui il condannato sia affetto da una grave patologia, tale da implicare un serio pericolo di vita o comunque rilevanti

conseguenze dannose in caso di prosecuzione della detenzione.

La giurisprudenza, con numerose pronunce in materia, ha si

no ad oggi sempre affermato che per legittimare il rinvio del

l'esecuzione della pena per grave infermità fisica «non è suffi

ciente che una o più infermità fisiche menomino in maniera più o meno rilevante la salute del condannato, ma è necessario che

ci si trovi in presenza o di una prognosi infausta quoad vitam,

oppure che si profili la sussistenza di un quadro patologico di

tale gravità da richiedere cure o trattamenti che non possono es

sere adeguatamente prestati in regime carcerario, neppure me

diante il ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cu ra ai sensi dell'art. 11 1. 354/75, e successive modificazioni. In

fatti, quando ricorrono le predette condizioni l'esecuzione della

pena si svolgerebbe, a causa delle eccessive sofferenze da essa

derivanti, secondo modalità incompatibili con il senso di uma nità e risulterebbe inoltre inidonea a favorire la risocializzazione

del condannato in conseguenza dell'impossibilità, determinata

dall'incapacità del detenuto di avvertire l'effetto rieducativo

connesso al trattamento penitenziario, di proiettare i suoi effetti

nel futuro» (v. Cass., sez. I, 29 settembre 1995, Adilardi, Foro

it., Rep. 1996, voce Esecuzione penale, n. 90). Sul concetto di grave infermità fisica, la corte di legittimità

ha in più occasioni chiarito che detto elemento «non concerne in

alcun modo ogni altro disturbo, quale quello di natura psichica, non comportante vera e propria malattia fisica» (v. Cass., sez. I, 28 marzo 1995, Ronzulli, id., Rep. 1995, voce cit., n. 16). Né del resto, a parere della Suprema corte «lo stato di grave debili

tazione fisica conseguente a patologia anoressica» rientra tra le

gravi infermità fisiche, per le quali l'art. 147, 1° comma, n. 2,

c.p. consente all'autorità giudiziaria il rinvio facoltativo del

l'esecuzione della pena (v. Cass., sez. I, 2 luglio 1997, Pratico,

id., Rep. 1997, voce cit., n. 80). Peraltro, come noto, le patologie di carattere psichiatrico, so

pravvenute nel corso dell'esecuzione delle sentenze di condan

na, sono disciplinate dall'art. 148 c.p. Tale norma attribuisce in

fatti al giudice il potere di ordinare il ricovero del detenuto in

ospedale psichiatrico giudiziario in caso di sopravvenuta infer

mità psichica, tale da impedire l'esecuzione della pena (all'esito del periodo di osservazione ai sensi dell'art. 112, 2° comma,

d.p.r. 230/00). Nel caso di specie la situazione medica del Bompressi, valu

tata allo stato attuale (così come richiede la legge), non presenta alcuna grave malattia. Non sussiste alcuna oggettiva patologia in corso. I parametri vitali risultano ad oggi ampiamente nella

norma. Non solo, anche la condizione psicologica attuale non

presenta un disturbo depressivo in atto, bensì una «deflessione

del tono dell'umore in senso depressivo». Ovviamente il collegio ha presente che detta situazione di

equilibrio psico-fisico è stata raggiunta dal condannato in se

guito a circa due anni di decorso delle pregresse patologie in

ambiente extramurario. Dall'esame degli atti emerge infatti che

durante il periodo di sospensione della pena (anche nella forma

della detenzione domiciliare) il Bompressi ha senza dubbio ri

cevuto le cure necessarie ed i supporti psicoterapeutici richiesti

dal grave disturbo depressivo seguito alle note vicende del pro cesso di revisione, alla latitanza ed alla successiva costituzione

in carcere.

Ad oggi possiamo senza ragionevole dubbio sostenere che i

rinvii dell'esecuzione della pena concessi dall'autorità giudizia ria hanno consentito al Bompressi di superare con esiti soddi

sfacenti le conseguenze organiche della grave crisi nutrizionale

e psicologica del marzo 2000. Proprio grazie alle adeguate cure

effettuate ed ai supporti terapeutici ricevuti, non sono ad oggi residuati postumi permanenti sul piano strettamente organico dei gravi episodi citati in premessa (i valori epatici sono rien trati nella norma).

I periti del tribunale, nel segnalare le attuali buone condizioni di salute dell'interessato, hanno altresì illustrato analiticamente

la struttura personologica del Bompressi, allo scopo di chiarire

le cause psicologiche delle crisi anoressiche. Ne è emersa una

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 16:26:27 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: ordinanza 22 gennaio 2002; Pres. Monteverde, Rel. Mencattini; ric. Bompressi

PARTE SECONDA

personalità con aspetti senz'altro disturbati, caratterizzata da

tratti molto rigidi, e perciò maladattivi, contrassegnata da turbe

dell'identità associate a disturbi dell'immagine corporea (con conseguente tendenza a porre in essere condotte anoressiche). Tale peculiare personalità, che peraltro non presenta alterazioni

sul piano delle funzioni psichiche, è dunque la causa delle crisi

psico-fisiche del Bompressi seguenti ai periodi di detenzione. Tali episodi trovano pertanto la loro ragione, secondo le condi

visibili osservazioni dei periti, nella caratteropatia del condan nato, che rifiuta decisamente la struttura carceraria e le sue re

gole. Nel corso del colloquio con i periti il Bompressi afferma:

«il carcere è insostenibile sul piano umano, è una struttura al

l'interno della quale i diritti umani sono zero ... in carcere non

vi è inserimento possibile ... non vi è recupero del senso del

sé». Ed a proposito delle precedenti esperienze detentive lo stes

so sostiene: «il fatto di dover vivere in un ambiente in cui lo

stato di umanità non riesce ad informare i comportamenti delle

persone non è umanamente sopportabile». Alla luce dunque della rigidità della struttura caratteriale del

Bompressi ed al deciso rifiuto manifestato dallo stesso nei con

fronti dell'istituzione «carcere», i periti giustamente concludono

il loro esame facendo presente al collegio la sussistenza del ri

schio concreto che la ripresa dell'esecuzione della pena possa nuovamente «scompensare» sul piano psicologico il Bompressi, favorendo in tal modo la ripresa di condotte ipoanoressiche, che

condurrebbero l'interessato ad un nuovo stato di grave decadi

mento organico. Al riguardo il tribunale, valutate nel complesso le risultanze

dell'esame peritale, ritiene che, in assenza di un'attuale grave infermità fisica del Bompressi, la possibile

— e non certa — ri

caduta in condotte autolesive del condannato — dovute alla

struttura personologica dello stesso — non consenta, allo stato

della normativa, di concedere una nuova sospensione dell'ese

cuzione della pena. Il rischio concreto di recidiva degli episodi di collasso nutri

zionale non può tradursi, a parere del collegio, in un giudizio di

certezza, bensì di mera possibilità. Ed a tal fine dobbiamo nuo

vamente osservare che il Bompressi ha fruito di circa due anni

di cure e terapie, che ben possono (anzi è ragionevole sostener

lo) aver rafforzato l'equilibrio della persona ed aver conse

guentemente migliorato la sua «tenuta» psicologica rispetto alla

vicenda dell'esecuzione della sentenza penale di condanna di

cui in epigrafe.

Il

Vista la relazione sanitaria in data 20 febbraio 2002 inviata

dalla direzione della casa circondariale di Pisa a questo ufficio

in ordine al detenuto Bompressi Ovidio, nato a Massa il 16 gen naio 1947, ristretto presso la casa circondariale di Pisa, condan nato con sentenza 11 novembre 1995 della Corte di assise d'ap

pello di Milano (ordine di esecuzione n. 47/97 reg. esec. procura

generale della repubblica di Milano). Ritenuto che vi sia fondato motivo per riconoscere la sussi

stenza dei presupposti per il rinvio dell'esecuzione, così come

previsto dagli art. 146 e 147 c.p., stante le attuali condizioni di

salute del detenuto si presentano gravemente e seriamente com

promesse e quindi tali da risultare, così come specificato nella

relazione sanitaria, «assolutamente incompatibili con il regime carcerario».

Al riguardo si precisa che irrilevante calo ponderale (oltre tredici chilogrammi) in soggetto già affetto dà crisi ischemiche recidivanti determina una condizione di alto rischio quoad vitam

per l'elevata possibilità di un rilevante danno miocardico.

Inoltre l'instaurarsi di un disordine dell'equilibrio elettroliti co rende concreto il rischio di un collasso cardiocircolatorio. Al

quadro sopra delineato, caratterizzato da un profondo stato di

astenia, dovuto presumibilmente ad un'accentuata forma de

pressiva e reattiva che impedisce al soggetto una congrua ali

mentazione, si è aggiunto in data 20 febbraio 2002 un allar

mante calo pressorio. In questo momento lo stato generale del Bompressi non sem

bra suscettibile di essere fronteggiato adeguatamente in ambito

intramurario — anche per la forte componente depressiva ed il

Il Foro Italiano — 2002.

protrarsi della permanenza in ambito carcerario — così come si

dice espressamente nella relazione sanitaria «deve essere rite

nuto la causa di danni non reversibili alla salute».

Ritenuto, pertanto, di poter accogliere l'istanza;

per questi motivi, visto l'art. 684, 2° comma, c.p.p., ordina il

differimento provvisorio dell'esecuzione della pena, di cui in

motivazione, nei confronti di Bompressi Ovidio ed ordina

l'immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa.

I

TRIBUNALE DI CUNEO; sentenza 17 settembre 2001; Giud.

Perlo; imp. Basso e altri.

TRIBUNALE DI CUNEO;

Alimenti e bevande (igiene e commercio) — Somministra zione di sostanze ad azione anabolizzante — Detenzione

per la vendita di animali trattati — Disciplina (L. 30 aprile 1962 n. 283, disciplina igienica della produzione e della ven dita delle sostanze alimentari e delle bevande, art. 5; 1. 24 no

vembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 9; d.leg. 27 gennaio 1992 n. 118, attuazione delle direttive 81/602/Cee, 85/358/Cee, 86/469/Cee, 88/146/Cee e 88/299/Cee relative al divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica

e ad azione tireostatica nelle produzioni animali, nonché alla

ricerca di residui negli animali e nelle carni fresche, art. 3;

d.leg. 4 agosto 1999 n. 336, attuazione delle direttive

96/22/Ce e 96/23/Ce concernenti il divieto di utilizzazione di alcune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle so

stanze (3-agoniste nella produzione di animali e le misure di

controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali

vivi e nei loro prodotti, art. 3, 34; d.leg. 30 dicembre 1999 n. 507, depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1 1. 25 giugno 1999 n. 205, art. 1).

In materia di detenzione per la vendita di animali-sostanze ali

mentari trattati con sostanze illecite, il rapporto tra la legge

speciale (art. 3, 1° comma, lett. b, d.leg. 336/99) e quella ge nerale (art. 5, lett. a, /. 283/62) non si prospetta in termini di

abrogazione, ma di concorso apparente di norme coesistenti:

infatti, premesso che con l'entrata in vigore del d.leg. 336/99, che sanzionava penalmente la detenzione in azienda di ani

mali trattati con sostanze (3-agoniste e ad effetto anaboliz

zante, tali fatti venivano regolati da quest'ultima norma, in

quanto speciale rispetto alla generale disposizione di cui al

l'art. 5, lett. &), l. 283/62, a seguito della trasformazione in

illecito amministrativo del reato previsto dalla norma spe ciale (ex art. 1 d.leg. 507/99), la norma generale, previgente a quella speciale, continua a trovare applicazione anche alla

luce dell'art. 9, 3° comma, l. 689/81 (come modificato dal

l'art. 95 d.leg. n. 507) che contiene una previsione derogato ria specificamente riferita ai fatti previsti come reato dalla I.

n. 283 del 1962 (nella specie, sì trattava della somministra

zione a bovini di sostanze ad azione anabolizzante denomi

nata clenbuterolo). (1)

(1-2) Sulle questioni affrontate nelle sentenze in epigrafe, v. Cass. 21 ottobre 1999, Rubiolo, Foro it., 2000, II, 540, con nota di richiami e osservazioni di Paone, Novità e puntualizzazioni in tema di illecito im

piego di sostanze ad azione anabolizzante. Per l'affermazione che gli animali vivi, pur non potendo considerar

si, sotto un profilo strettamente fisiologico, «sostanze alimentari», tali

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 16:26:27 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended