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ordinanza 23 luglio 2003; Pres. Cortesani, Rel. Nunziata; Soc. Rai-Radiotelevisione italiana (Avv....

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ordinanza 23 luglio 2003; Pres. Cortesani, Rel. Nunziata; Soc. Rai-Radiotelevisione italiana (Avv. Dell'Olio, Scozzafava) c. Santoro (Avv. D. e N. d'Amati) Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2837/2838-2849/2850 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198723 . Accessed: 24/06/2014 22:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 22:30:51 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 23 luglio 2003; Pres. Cortesani, Rel. Nunziata; Soc. Rai-Radiotelevisione italiana (Avv.Dell'Olio, Scozzafava) c. Santoro (Avv. D. e N. d'Amati)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2837/2838-2849/2850Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198723 .

Accessed: 24/06/2014 22:30

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Analoga soluzione di contro non può accogliersi in relazione

all'utilizzo da parte del reclamante del tavolo a forma di bara,

oggetto di brevetto per modello ornamentale da parte della Ice

cold s.r.l., atteso che la distinta tutela brevettuale non consente

l'applicazione della normativa prevista dalla legge marchi e dal

codice civile in materia di preuso locale.

Ed invero, ritenuto che la normativa succitata è normativa

espressamente prevista esclusivamente per quel particolare se

gno distintivo che è il marchio, sì da doversi soddisfare l'esi

genza di una stretta applicazione e interpretazione della norma

tiva medesima, non può certo affermarsi che il preuso locale del

tavolo a forma di bara in epoca anteriore alla brevettazione dello

stesso come modello ornamentale valga a limitare la successiva

registrazione, imponendo eventualmente una coabitazione duo

polistica in un ambito territoriale delimitato, analoga a quella

prevista in materia di marchi.

In tal senso deve rilevarsi l'inconcludenza del riferimento —

effettuato a più riprese da parte reclamante in reclamo e nelle

successive memorie autorizzate — alle c.d. anteriorità distrutti

ve della novità del modello ornamentale registrato dalla Ice cold

s.r.l. Ciò in quanto, ove si faccia riferimento — in modo impre ciso e atecnico — al su esaminato istituto del preuso locale, il

richiamo della normativa sui marchi non sarebbe pertinente e

rilevante, non venendo — per i motivi dianzi evidenziati — in

considerazione la tutela di un marchio registrato, ma di un mo

dello ornamentale; laddove, poi, qualora si intenda il riferimento

in senso proprio (nel senso cioè della rivendicazione della nul

lità del brevetto per modello ornamentale di parte reclamata, siccome registrato in presenza di anteriorità distruttive del re

quisito della novità), dovrebbe comunque replicarsi che il preu so generalizzato, unico tipo di notorietà che si traduca in un di

fetto di novità del modello, ostativa alla validità di un nuovo

brevetto avente il medesimo contenuto (Cass. 20 ottobre 1983, n. 6382, id., Rep. 1984, voce Brevetto, n. 36), non è stato in al

cun modo dimostrato dal reclamante.

Ed invero, ribadendo che la circostanza del mero uso locale

presso il locale del Tognelli non può certo da sola rilevare alla

stregua dell'anteriorità distruttiva della novità richiesta dalla di

sciplina dei modelli ornamentali, va notato come la circostanza

del preuso generalizzato in varie parti d'Italia del medesimo

modello di tavolo a forma di bara in locali horror sia rimasta

sempre allo stadio di mera affermazione, priva di riscontro al

cuno. In tal senso, infatti, non depone alcuno dei documenti

prodotti dal Tognelli: — non l'articolo del quotidiano La Sicilia del 13 aprile 1994; — non la stampa delle pagine web di horror world; — non la dichiarazione della Profondo Rosso s.a.s. nella

quale si fa esclusivo riferimento all'uso sin dal 1993 presso l'I

guana pub del teschio quale oggetto di arredamento del locale; — non, infine, le pagine dei negozi/locali del sito <www.

erbadellastrega.it>, dalle quali, pur risultando l'esistenza alla

data del 13 marzo 2003 di una serie numerosa di locali in stile

horror, pulp, gothic e via dicendo, non è dato desumere alcuna

circostanza relativa all'uso generalizzato presso gli stessi del ta

volo a forma di bara.

Sostiene, infine, parte reclamante il difetto del periculum in

mora.

Ritiene il collegio che la doglianza sia infondata, avendo il

giudice della cautela compiutamente fornito adeguata motiva

zione sul punto tanto sotto il profilo giuridico che di fatto.

Ed invero, se non si può disconoscere che la formula giuris

prudenziale secondo la quale il periculum è in re ipsa nella ma

teria del diritto industriale si configura a volte come una for

mula acritica e stereotipata che copre un sostanziale difetto di

motivazione, resta il fatto che il pregiudizio per i segni distintivi

è in genere caratterizzato effettivamente da notevole ed ex ante

imprevedibile capacità espansiva, considerati anche i profili

probatori in quanto a posteriori è spesso impossibile fornire una

prova concreta ed analitica sull'effettiva dimensione del danno

(in termini, v. Trib. Napoli 5 maggio 2001, id.. Rep. 2002, voce

Marchio, n. 267). A tal riguardo allora si reputa di dovere, a tal

uopo, confermare l'indirizzo — costantemente espresso dalla

giurisprudenza e richiamato dal giudice della cautela — per cui

l'imminenza del periculum in mora sussiste allorquando l'atti

vità illecita è in atto e vi è il rischio fondato che essa possa esse

re ripresa o ripetuta, determinando un ulteriore aggravamento del danno, così come l'irreparabilità del danno si concreta nel

II Foro Italiano — 2003.

l'obiettiva difficoltà di recupero della quota di mercato even

tualmente perduta e dall'impossibilità di addivenire nel futuro

giudizio di merito ad un'esatta quantificazione del pregiudizio

patrimoniale arrecato all'immagine ed agli interessi dell'impre sa pregiudicata (cfr., ex plurimis, Trib. Napoli 5 ottobre 2001,

ibid., voce Concorrenza (disciplina), n. 262; Trib. Udine 19 di

cembre 1991, id., Rep. 1994, voce Marchio, n. 157; nonché

Trib. Monza 2 maggio 1994, id., Rep. 1996, voce Brevetti, n.

147; «Ai fini dell'emanazione di un provvedimento d'urgenza, l'esistenza del periculum in mora discende dalla difficoltà di

accertare e provare a distanza di tempo i danni da contraffazio

ne, suscettibili di continuo incremento ove non si intervenga

prima della pronuncia di merito. 11 g.i. chiamato a decidere un

provvedimento d'urgenza non è competente a disporre l'inibito

ria prevista dall'art. 83 I. brevetti, in quanto tale misura cautela

re non rientra tra quelle compatibili con la nuova disciplina in

trodotta dalla 1. n. 353 del 1990»). Sicché, venendo al caso in

esame, non sembra dubbio che l'eventuale mantenimento in ca

po al Tognelli della possibilità di continuare ad utilizzare il

detto marchio in ambito nazionale e il modello ornamentale im

plicherebbe un'inammissibile prosecuzione dell'attività illecita,

determinativa, da un lato, di un ulteriore aggravamento del dan

no, nonché, quanto al requisito dell'irreparabilità del danno,

della difficoltà, se non impossibilità, di addivenire nel futuro

giudizio di merito ad un'esatta quantificazione del pregiudizio

patrimoniale arrecato all'immagine ed agli interessi della Ice

cold s.r.l.

Alla luce delle superiori considerazioni, in parziale accogli mento del reclamo proposto da Tognelli Dario, devesi confer

mare il sequestro all'interno del locale Iguana horror pub club, sito in Catania, via Leopardi 24, del tavolo a forma di bara, nonché inibirsi a Tognelli Dario la pubblicità dell'Iguana Hor

ror Pub Club sul sito Internet <www.iguanapub.com> e su qual siasi giornale o volantino, limitatamente alla riproduzione sui

detti strumenti di pubblicità del tavolo a forma di bara.

Quanto, infine, agli oggetti contraddistinti dal teschio, pre senti sia nel locale del Tognelli sia nel sito Internet <www.

iguanapub.com> in parziale accoglimento del reclamo, deve af

fermarsi il diritto del Tognelli medesimo di usare gli stessi

esclusivamente nell'ambito locale entro il quale l'uso predetto deve ritenersi legittimo nonostante la posteriore registrazione del marchio avente il medesimo oggetto da parte della Ice cold

s.r.l.

I

TRIBUNALE DI ROMA; TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 23 luglio 2003; Pres.

Cortesani, Rei. Nunziata; Soc. Rai-Radiotelevisione italiana

(Avv. Dell'Olio, Scozzafava) c. Santoro (Avv. D. e N.

d'Amati).

Procedimenti cautelari — Modalità d'attuazione — Ordi

nanza — Reclamo — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art.

669 duodecies, 669 terdecies, 700). Procedimenti cautelari — Modalità d'attuazione — Ordi

nanza — Reclamo — Opposizione agli atti esecutivi —

Pregiudizialità — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 617, 669

duodecies, 669 terdecies, 700). Procedimenti cautelari — Giudice del reclamo — Cognizio

ne (Cod. proc. civ., art. 669 terdecies, 700). Procedimenti cautelari — Modalità d'attuazione — Ordi

nanza — Obblighi di fare infungibili — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 669 duodecies, 700).

Procedimenti cautelari — Giornalista televisivo — Mansioni — Modificazione peggiorativa

— Provvedimento di ur

genza — Modalità d'attuazione — Fattispecie (Cost., art.

41; cod. civ., art. 2103; cod. proc. civ., art. 669 duodecies.

700).

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2839 PARTE PRIMA 2840

Il provvedimento con cui, ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c.,

vengano disposte le modalità d'attuazione di un provvedi mento cautelare precedentemente adottato è suscettibile di

reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. ( 1 ) La proposizione, ai sensi dell'art. 617, 2° comma, c.p.c., di

un'opposizione agli atti esecutivi avverso un provvedimento, ex art. 669 duodecies c.p.c., di attuazione di provvedimento cautelare precedentemente emesso non pregiudica la cogni zione, da parte del giudice competente, del reclamo proposto, ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., avverso il provvedi mento attuativo. (2)

In pendenza di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., la compe tenza a conoscere di eventuali profili sopravvenuti e ad ap

portare modifiche al provvedimento reclamato (nella specie, ordinanza adottata ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c.)

spetta esclusivamente al giudice del reclamo, sicché l'inte

grazione del provvedimento cautelare da parte del giudice di

prima istanza, che intervenga successivamente alla proposi zione del reclamo, non osta alla pronunzia sul gravame. (3)

Posto che l'inidoneità del provvedimento cautelare ad essere

sottoposto ad esecuzione coattiva diretta non comporta il ve

nir meno dell'interesse della parte ad ottenerne la pronunzia, è ammissibile sia il ricorso teso ad ottenere un provvedimento cautelare avente ad oggetto obblighi di fare infungibili sia il

ricorso teso ad ottenere l'individuazione delle modalità di

relativa attuazione. (4)

(1-4) Con riferimento all'affermata ammissibilità del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso ordinanza di determinazione delle modalità di attuazione di provvedimento cautelare emessa ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c., in senso conforme alla pronunzia sopra riportata, v., con specifico riguardo a ordinanza ricettiva, Trib. Pisa 10 agosto 1994, Foro it., Rep. 1995, voce Procedimenti cautelari, n. 171, e Trib. Latina, ord. 5 dicembre 1997, id., 1999, I, 2117, con ampia nota di richiami,

nonché, con specifico riguardo a declaratoria d'inammissibilità del

provvedimento ex art. 669 duodecies c.p.c., Trib. Bari, ord. 29 febbraio

1996, id., 1996, I, 2914, con nota di richiami. Nel senso dell'inammis sibilità del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso il provvedi mento positivo emanato ai sensi dell'art. 669 duodecies in sede di de terminazione delle modalità di attuazione di misura cautelare (ordine di

reintegrazione) precedentemente concessa, v., invece, Trib. Roma 17

aprile 1997, id., Rep. 1998, voce cit., n. 76. In merito ai rapporti tra provvedimento ex art. 669 duodecies c.p.c. e

opposizione agli atti esecutivi, per l'opponibilità ex art. 617, 2° comma,

c.p.c. dell'ordinanza che si limiti a determinare le modalità di attuazio ne delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di fare o non fare, v. Trib. Brescia, ord. 11 giugno 1997, id., 1997, I, 3404, con nota di ri chiami, in cui si dà conto del contrario orientamento della dottrina. Mette conto, peraltro, segnalare che, con ordinanza 8 luglio 2003, ine

dita, il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Roma, investito del

l'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza ex art. 669 duode cies c.p.c. 3 giugno 2003, riportata in epigrafe, ha respinto l'istanza di

sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato sul presup posto dell'inopponibilità ex art. 617, 2° comma, c.p.c., dell'ordinanza resa ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c.

Sulla competenza a conoscere dell'istanza ex art. 669 duodecies

c.p.c., in ipotesi di provvedimento d'urgenza emesso per la prima volta o modificato dal giudice del reclamo, v., nel senso della competenza del giudice del primo grado cautelare, Trib. Piacenza 30 dicembre 1997, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 41, e Trib. Venezia, ord. 5 luglio 1997, id., 1999, I, 1668, con nota di richiami; nel senso della compe tenza del giudice del reclamo, Pret. Latina-Gaeta, ord. 14 gennaio 1999, ibid.. 1669; Trib. Messina 9 aprile 1998, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 35; Trib. Perugia 23 ottobre 1998, ibid., n. 65, nonché Trib. Padova, ord. 22 novembre 1996, id., 1997,1, 1264.

La pronunzia da ultimo richiamata ha, peraltro, affermato che l'at tuazione di misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di fare o non fa re deve avvenire nelle forme di cui all'art. 612 c.p.c.; in senso contrario sul punto, v., tuttavia, Pret. Brindisi-Mesagne, ord. 14 gennaio 1999, id., 1999, I, 1674, con nota di richiami e l'ulteriore giurisprudenza e la dottrina ivi menzionate.

Trib. Bari 12 febbraio 1997, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 55, ha pun tualizzato che, dal momento che ogni questione attinente alla fondatez za della domanda cautelare è rimessa dall'art. 669 duodecies c.p.c. al

giudizio di merito, il giudice adito ai sensi della menzionata disposizio ne non può revocare il provvedimento cautelare né sospenderne l'ese cuzione ex art. 624 c.p.c.

In ordine alla cognizione del giudice del reclamo, nel senso che il re clamo ex art. 669 terdecies c.p.c. è mezzo di impugnazione a struttura devolutiva-sostitutiva, piuttosto che a struttura meramente rescindente, e che, attraverso di esso è possibile far valere l'ingiustizia della deci

II Foro Italiano — 2003.

A fronte di un provvedimento d'urgenza con cui il giudice del

lavoro abbia ordinato ad un'emittente televisiva di riadibire

un giornalista alle mansioni demandategli in forza di un pre cedente contratto così come in passato effettivamente svolte

ed esercitate in concreto, l'ordinanza attuativa ex art. 669

duodecies c.p.c. è legittima, nella parte in cui, sulla scorta

della previsione contrattuale, disponga l'affidamento al gior nalista di un programma di approfondimento giornalistico

sull'informazione d'attualità e la sua realizzazione in puntate essenzialmente o tendenzialmente monotematiche ed è, inve

ce, illegittima, poiché indebitamente incidente sul diritto del

l'imprenditore di definire in via esclusiva i criteri di concreta

gestione dell'impresa garantito dall'art. 41 Cost., nella parte in cui disponga, ulteriormente, in merito alla collocazione

temporale del programma, alla durata complessiva del mede

simo, nel suo insieme e nelle singole puntate, nonché alla

dotazione di risorse umane, materiali e tecniche da impegna re ai fini della relativa realizzazione. (5)

II

TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 3 giugno 2003; Giud. Pa

gliarini; Santoro (Avv. D. e N. d'Amati) c. Soc. Rai-Ra

diotelevisione italiana (Avv. Dell'Olio, Scozzafava).

Procedimenti cautelari — Giornalista televisivo — Mansioni

sione del giudice di prime cure, adducendo sia fatti preesistenti sia fatti

sopravvenuti, rispetto al rilascio della misura cautelare, nonché alle

gando nuove produzioni documentali, v. Corte conti, sez. giur. reg. Pu

glia, ord. 10 marzo 1999, n. 13, id., Rep. 1999, voce cit., n. 83; Trib. Catanzaro 27 maggio 1997, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 68; Trib. Roma 15 marzo 1996, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 89.

Difformemente da quanto sostenuto dalla pronunzia sopra riportata, l'orientamento tradizionale è nel senso che l'attuazione del provvedi mento cautelare ha, non diversamente dall'esecuzione ai sensi dell'art. 612 c.p.c., un ambito di operatività circoscritto agli obblighi di fare

fungibili, giacché quelli infungibili, così come di esecuzione forzata, sono ritenuti, altresì, insuscettibili di attuazione cautelare (anche ai sen si dell'art. 669 duodecies c.p.c., che, in proposito, non ha introdotto al cuna innovazione); per tale orientamento, v. Trib. Roma 13 dicembre 1996, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 1770. Con riferimento all'indi cato criterio, in relazione al provvedimento d'urgenza che disponga la

reintegra del lavoratore illegittimamente licenziato, si è, in particolare, affermato che detto provvedimento è provvedimento, complesso e fra zionabile. suscettibile di attuazione forzata nella parte in cui, ricosti tuendo retroattivamente il rapporto di lavoro con tutte le conseguenze economiche, retributive e previdenziali, impone la reiscrizione nel libro

paga e matricola e consente l'ingresso del lavoratore in azienda per l'esercizio dei diritti sindacali, mentre è, invece, incoercibile, quanto all'obbligo del datore di lavoro di reinserirlo nell'attività dell'azienda,

offrendogli personale collaborazione per l'espletamento della presta zione lavorativa: v. Trib. Latina, ord. 5 dicembre 1997, cit., con ampia nota di richiami, cui si rinvia.

Secondo Trib. Roma, ord. 12 settembre 2002, id., 2002, I, 3207, con nota di A. Palmieri, inammissibile è la stessa istanza cautelare che per segua un provvedimento di condanna all'adempimento di un'obbliga zione avente ad oggetto un facere infungibile.

Per Pret. Catania-Acireale, ord. 2 agosto 1996, id., Rep. 1998, voce Procedimenti cautelari, n. 42, ove il datore di lavoro non abbia ottem

perato al provvedimento d'urgenza circa la riassegnazione del lavorato re a mansioni identiche o almeno equivalenti rispetto a quelle origina rie, il lavoratore non può chiedere l'attuazione coattiva ex art. 669 duo decies c.p.c., ma deve rivolgersi, con una nuova istanza, al giudice competente perché emetta, se del caso, nuova misura cautelare.

(5-6) Non si rinvengono precedenti in termini. L'ordinanza ex art. 700 c.p.c., Trib. Roma 9 dicembre 2002, del

quale i provvedimenti in epigrafe costituiscono attuazione ai sensi del l'art. 669 duodecies del codice di rito, è riportata in Foro it., 2003, I, 919, con nota di richiami. La misura cautelare — confermata in sede di reclamo dall'ordinanza collegiale Trib. Roma 20 febbraio 2003, pres. Cortesani, rei. Blasutto, inedita — aveva ritenuto l'illegittimo deman sionamento del giornalista Rai Michele Santoro ed aveva generica mente disposto, a carico dell'emittente, l'ordine di riadibire il giornali sta alle mansioni contrattualmente stabilite e già dallo stesso effettiva mente esercitate.

Con l'ordinanza 3 giugno 2003, riportata in epigrafe, il giudice del l'attuazione (incontrovertibilmente identificato nel giudice del primo grado cautelare), riscontrate nelle alternative attuative offerte dall'e mittente Rai le carenze indicate nella massima, ha esplicitato il conte nuto precettivo della misura cautelare, puntualizzandolo nell'affida

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

— Modificazione peggiorativa — Provvedimento di ur

genza — Modalità d'attuazione — Fattispecie (Cost., art.

41; cod. civ., art. 2103; cod. proc. civ., art. 669 duodecies,

700).

A fronte di un provvedimento di urgenza con cui il giudice del

lavoro abbia ordinato ad un'emittente televisiva di riadibire

un giornalista alle mansioni demandategli iti forza di un pre cedente contratto così come in passato effettivamente svolte

ed esercitate in concreto, non costituisce adeguata attuazione dell'ordine del giudice l'utilizzazione del giornalista ai fini di

un programma che, per collocazione in fascia oraria e in

giorni di minor ascolto, per minor durata di ogni singola tra

smissione e per mancanza di serialità e continuità si discosti

dal precedente impiego del giornalista e dalle modalità con

cui vengono trasmessi programmi di analoghe caratteristiche

e tipologia; ne consegue che, in sede di attuazione ex art. 669

duodecies c.p.c., il contenuto precettivo della misura cautela

re deve essere esplicitato, non solo con riferimento alla tipo

logia ed alla struttura del programma da assegnare al gior nalista (nella specie, programma di approfondimento giorna listico sull'informazione di attualità realizzato mediante

puntate essenzialmente o tendenzialmente monotematiche), ma, altresì, con specifico riguardo alla sua collocazione tem

porale, alla durata complessiva del programma medesimo, nel suo insieme e nelle singole puntate, nonché alla dotazione delle risorse umane, materiali e tecniche necessarie alla sua

buona riuscita. (6)

mento al giornalista della realizzazione e della conduzione di un pro gramma di approfondimento giornalistico sull'informazione di attualità realizzato mediante puntate essenzialmente o tendenzialmente mono

tematiche, collocato in prima o seconda serata, per la durata complessi va di non meno di otto mesi, con puntate settimanali tra i novanta e i

centocinquanta minuti ciascuna e con dotazione di risorse umane, mate riali e tecniche equivalenti a quelle già accordate per i programmi pre cedentemente realizzati.

Con ordine del giorno approvato in esito al provvedimento (con

quattro voti a favore ed il voto contrario del presidente), il consiglio di amministrazione della Rai (<http://rainet.tiscali.it/cronache/article/ 20030603/54583.html>) — preso «doverosamente atto della decisione del magistrato del lavoro», ma ritenutane l'illegittimità — ha dato «mandato al direttore generale di valutare e di intraprendere le oppor tune azioni a tutela della Rai», azioni, poi, concretatesi nella proposi zione avverso il provvedimento medesimo del reclamo ex art. 669 ter decies c.p.c. deciso con l'ordinanza collegiale 23 luglio 2003, pure so

pra riportata, e dell'opposizione agli atti esecutivi, di cui è cenno nella nota che precede.

A giustificazione della posizione assunta dall'ente, il richiamato or dine del giorno Rai ha, in primo luogo, riaffermato il contrasto della decisione contestata (già esplicitamente negato dal giudice dell'attua

zione) con «pronunciamento dell'Autorità per le garanzie nelle comu nicazioni al cui dettato è fatto obbligo alla Rai di ottemperare». Il rife rimento è alla delibera 15 maggio 2003, n. 91/03/CSP. con la quale l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni — ritenutasi investita dalla normativa in materia di pluralismo nell'informazione di compiti di «verifica della conformità alle prescrizioni di legge di tutti i servizi ed i prodotti forniti da operatori di comunicazione destinatari di con cessione o di autorizzazione» — ha dichiarato (analogamente a quanto effettuato, con delibera in pari data, in relazione ai telegiornali messi in onda dall'emittente privata Retequattro tra il 1° luglio ed il 31 dicem bre 2001) che il programma «Sciuscià edizione straordinaria», condotto da Michele Santoro e diffuso dalla Rai tra il gennaio ed il maggio 2002, non aveva assicurato le condizioni di pluralismo, obiettività, comple tezza ed imparzialità richieste dall'art. 1, 2° comma, 1. 6 agosto 1990 n.

223, richiamando la Rai al rispetto dei principi suddetti e, nel contem

po, segnalando al parlamento l'assenza di specifiche norme volte ad as sicurare la sanzionabilità delle previsioni contenute nella richiamata di

sposizione. In secondo luogo, l'ordine del giorno del consiglio di am ministrazione Rai ha riscontrato nel provvedimento attuativo un'inde

bita violazione della libertà di impresa sancita dall'art. 41 Cost. Intervenendo in sede di reclamo avverso il provvedimento attuativo

del 3 giugno 2003 (che la narrativa del provvedimento sul reclamo ri

vela, peraltro, esser stato integrato con ulteriori puntualizzazioni, dal

giudice di prima istanza, in data 16 luglio 2003, già in pendenza di gra vame), l'ordinanza collegiale Trib. Roma 23 luglio 2003 ha accolto le

doglianze della Rai con esclusivo riguardo al profilo della violazione

della libertà di impresa costituzionalmente garantita e limitatamente

alla determinazione giudiziale della collocazione temporale del pro gramma, della durata complessiva del medesimo, nel suo insieme e

nelle singole puntate, nonché alla specificazione delle risorse personali e strumentali da impiegarvi.

11. Foro Italiano — 2003.

I

Ritenuto che, in data 9 dicembre 2002 (Foro it., 2003,1, 919), il Tribunale di Roma, primo grado, ha emesso ordinanza ai sensi

dell'art. 700 c.p.c. con la quale ha ordinato alla Rai-Radiotele

visione italiana di adibire il dipendente Santoro Michele alle

mansioni di cui al contratto di lavoro del 14 aprile 1999, così

come effettivamente svolte in concreto, ovvero alla realizzazio

ne ed alla conduzione di programmi televisivi di approfondi mento dell'informazione di attualità;

che il Tribunale di Roma, in sede di reclamo, con ordinanza

del 13 febbraio 2003, ha confermato l'ordinanza nei sensi e nei

termini di cui in motivazione; che il Tribunale di Roma, primo grado, con ordinanza 3 giu

gno 2003 (che segue), ha disposto che il provvedimento cautela

re va applicato nel modo seguente: la Rai deve affidare a Santo

ro Michele la realizzazione e la conduzione di un programma; a) di approfondimento giornalistico sull'informazione di attua

lità; b) collocato in prima od in seconda serata; c) realizzato

mediante puntate essenzialmente o tendenzialmente monotema

tiche; d) che abbia la durata complessiva equivalente a quella —

tra novanta e centocinquanta minuti per puntata settimanale per non meno di otto mesi — dei programmi realizzati in preceden za dal medesimo; e) con dotazione di risorse — umane, mate

riali e tecniche — idonee ad assicurare la buona riuscita di esso, in misura equivalente a quella praticata per i programmi prece denti;

che avverso questo provvedimento la Rai ha proposto il pre sente reclamo;

che l'art. 669 duodecies c.p.c. stabilisce che: l'attuazione

delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro avvie

ne nelle forme di cui agli art. 491 ss. c.p.c., in quanto compati bili, mentre l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto

obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il

controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare

il quale ne determina le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti op

portuni, sentite le parti; ogni altra questione va proposta nel

giudizio di merito; che il Santoro ha dedotto che il provvedimento di attuazione

non è soggetto a reclamo; che la deduzione è priva di fondamento;

che, in particolare, dall'art. 669 duodecies c.p.c. sopra citato, si evince, in primo luogo, che la competenza a dettare le moda

lità di attuazione, nel caso di obblighi di fare, spetta al giudice del provvedimento cautelare;

che tale competenza funzionale è coerente con la natura del

l'attuazione prevista dalla suddetta norma, che costituisce una

fase dell'unico procedimento cautelare e non un procedimento autonomo, da cui la concentrazione in capo allo stesso giudice della cognizione e dell'attuazione della tutela;

La decisione è fondata sul convincimento che, nella prospettiva di cui all'art. 2103 c.c., il concetto di equivalenza delle mansioni cui adi bire il lavoratore non coincide con quello di identità delle medesime, sicché, ai fini dell'applicazione della norma, va riconosciuto al datore di lavoro, nel ristretto ambito dell'equivalenza, un persistente margine di ius variandi, da porre in relazione al suo diritto, espressione della li bertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost, (e, nei limiti in

dicati, destinato a prevalere, in ambito di equo bilanciamento sui diritti

garantiti al prestatore di lavoro dall'art. 4 Cost.), di definire in via esclusiva i criteri di concreta gestione dell'impresa. Nel senso che il concetto dell'equivalenza delle mansioni non coincide con quello del l'identità delle stesse, v. Cass. 15 febbraio 2003, n. 2328, id., Mass., 212: 1° settembre 2000, n. 11457, id., Rep. 2001, voce Lavoro (rap porto), n. 787, citata in motivazione; 17 luglio 1998, n. 7040, id., Rep. 1999, voce cit., n. 988; 21 ottobre 1997, n. 10333, id., Rep. 1998, voce

cit.. n. 846; 10 aprile 1996, n. 3340, id., Rep. 1996, voce cit., n. 769; 23

novembre 1995, n. 12121, ibid., n. 746; 19 marzo 1991, n. 2896, id..

Rep. 1991, voce cit., n. 736; 8 febbraio 1985, n. 1033, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 851; 19 novembre 1984, n. 5921, id., Rep. 1984, voce cit.. n. 597. Per Cass. 4 luglio 2002, n. 9709, id., 2003, I, 205, con nota di

richiami, in presenza di situazioni di eccezionale gravità connesse ad

obiettive e specifiche esigenze aziendali e con rigoroso riferimento alle

emergenze dalle stesse determinate, la previsione dell'art. 2103 c.c. non

osta nemmeno all'esercizio da parte del datore di lavoro di un margi nale ius variandi in peius. Sulla determinazione del risarcimento del

danno da demansionamento, v. Cass. 12 novembre 2002, n. 15868,

ibid., 480. [A. Cappabianca]

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2843 PARTE PRIMA 2844

che tale scelta legislativa rinviene il suo fondamento teorico

nel principio dell'unità del procedimento cautelare, elaborato

dalla dottrina, secondo cui non si può distinguere, nell'ambito

della tutela cautelare, un processo di cognizione ed un processo di esecuzione, trattandosi di fasi che si susseguono senza solu

zione di continuità in un unico procedimento, che, almeno nella

generalità dei casi, è un procedimento misto di cognizione ed

attuazione; che da tale scelta consegue che, di norma, il giudice designato

debba indicare le modalità di attuazione, ove possibile, conte

stualmente al provvedimento di accoglimento della domanda

cautelare, non essendovi ragioni per ritenere che il legislatore abbia imposto alle parti di ricorrere due volte a detto giudice (in un primo momento per chiedere la misura cautelare ed in un se

condo momento, in caso di esito positivo dell'istanza, per chie

dere la determinazione delle modalità attuati ve); che la disciplina dell'attuazione così interpretata, oltre ad es

sere coerente con la logica del sistema per i motivi esposti, è

anche in linea con il principio dell'economia dei giudizi, atteso

che evita il prolungamento dei tempi dell'esecuzione del prov vedimento cautelare, che, per volontà del legislatore, nasce ese

cutivo ex lege', che, pertanto, solo qualora il provvedimento cautelare difetti,

sin dalla formulazione iniziale, della determinazione delle mo

dalità attuative eventualmente necessarie per renderlo effettivo, è possibile utilizzare lo strumento previsto dall'art. 669 duode

cies c.p.c., il cui esito, lungi dal rappresentare qualcosa di nuovo

e diverso rispetto al contenuto della tutela cautelare, tende alla

sua mera integrazione; integrazione necessaria ogni qualvolta

rimangano indeterminate le modalità per la soddisfazione del di

ritto azionato; che l'art. 669 terdecies c.p.c. stabilisce che è ammesso il re

clamo avverso l'ordinanza con la quale, prima dell'inizio o nel

corso della causa, è stato concesso un provvedimento cautelare;

che, alla luce del principio dell'unità del procedimento cau

telare, la suddetta previsione non può che estendersi al provve dimento di attuazione, che non rappresenta un quid novi, ma

semplicemente una integrazione del provvedimento cautelare

nel caso in cui le modalità attuative non siano già state indicate

nella formulazione originaria dello stesso; che il Santoro deduce che la Rai ha anche proposto opposi

zione dinanzi al giudice dell'esecuzione per accertare che il

provvedimento di attuazione costituisce atto esecutivo, preclu dendosi in tal modo la possibilità di proporre reclamo avverso lo

stesso provvedimento, affermandone la natura cautelare; che la deduzione è infondata;

che, infatti, nessuna norma esclude la facoltà della parte di

sperimentare due procedimenti distinti per la tutela dei propri diritti, sempre che le relative azioni siano fondate su prospetta zioni diverse;

che l'instaurazione di opposizione agli atti esecutivi — oppo

sizione non ancora definita — non consente comunque di ritar

dare la pronuncia sul procedimento cautelare, per sua natura ur

gente e non differibile;

che, nelle more del reclamo, il Tribunale di Roma, primo grado, ha emesso, in data 16 luglio 2003, un'altra ordinanza con la quale ha disposto che, ad ulteriore specificazione del provve dimento di attuazione del 3 giugno 2003, la Rai deve affidare a

Santoro Michele la realizzazione e la conduzione del program ma indicato dal medesimo, a seguito di richiesta della società, come «idea numero due», così come definita e perfezionata con

successiva lettera del 7 luglio 2003 ed ha fissato come termine

per l'adempimento il 4 agosto 2003; che l'emissione del suddetto provvedimento non osta alla

pronuncia sul reclamo sottoposto all'esame del collegio; che, infatti, in pendenza del reclamo, la competenza ad esa

minare eventuali profili sopravvenuti e ad apportare eventuali modifiche al provvedimento reclamato spetta al giudice del re

clamo, come si evince: 1) dalla disposizione di cui all'art. 177

c.p.c., che stabilisce che non sono revocabili né modificabili dal

giudice che le ha pronunziate «le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo»; 2) dalla disposi zione di cui all'art. 669 terdecies, 4° comma, c.p.c., che stabili

sce che, in sede di reclamo, il collegio pronuncia ordinanza non

impugnabile con la quale «conferma, modifica o revoca il prov vedimento cautelare»;

che, peraltro, la stessa norma da ultimo citata, nell'ultimo

comma, attribuisce rilievo, in sede di reclamo, ai fatti sopravve nuti;

Il Foro Italiano — 2003.

che, sebbene la disposizione sia prevista nell'ambito dell'i

stituto dell'inibitoria, non è pensabile che i motivi che possono

giustificare la sospensione dell'esecuzione del provvedimento cautelare non possano essere conosciuti in sede di reclamo;

che, pertanto, l'ordinanza in esame non assume alcun rilievo

ai fini della presente decisione, essendo stata emessa in ambito

ormai riservato, dopo la proposizione del reclamo, alla piena ed

esclusiva competenza del tribunale in composizione collegiale, e non più a quella del giudice monocratico, la cui nuova pro nuncia non può, dunque, avere effetto privativo del potere giu risdizionale attribuito al collegio sul merito del provvedimento ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c., così come assunto con la

censurata ordinanza del 3 giugno 2003, non suscettibile, come

già evidenziato, né di revoca, né di modifica se non nella pre sente sede;

che, peraltro, le stesse parti, in sede di discussione, hanno

concordemente insistito per la decisione sul reclamo; che la Rai ha dedotto l'illegittimità del provvedimento di at

tuazione in quanto esso incide in materia di obblighi di fare in

fungibili, laddove l'art. 669 duodecies c.p.c. ha un ambito circo

scritto agli obblighi di fare fungibili; che la deduzione è infondata;

che, in particolare, costituisce un facere infungibile non solo

la prestazione obiettivamente non eseguibile ad opera di un ter

zo, ma anche quella che, postulando una specifica ed autonoma

determinazione dell'obbligato, si risolve in una sua condotta

strettamente personale e quindi non del tutto sostituibile;

che, nel caso in esame, senza la cooperazione dell'imprendi tore, a cui è istituzionalmente demandato il potere direttivo, or

ganizzativo e disciplinare, una prestazione di lavoro non è so

stanzialmente concepibile, essendo indispensabile che il datore

di lavoro, con una specifica determinazione di volontà, reinseri

sca il dipendente nella posizione a lui spettante nell'azienda e

gli impartisca i necessari ordini, così conformandone la presta zione all'interesse dell'impresa, che egli soltanto è in grado di

valutare, senza la possibilità di sostituzione del giudice o di ter

zi;

che, tuttavia, l'inidoneità del provvedimento cautelare ad es

sere sottoposto ad esecuzione coattiva diretta non comporta il

venir meno dell'interesse della parte ad ottenerne la pronuncia; che, in particolare, nella delineata prospettiva dell'unità del

procedimento cautelare, l'interesse ad agire in attuazione si

identifica tout court con l'interesse ad agire in sede cautelare; che la sussistenza di tale unitario interesse consegue al fatto

che l'ordinamento prevede altre utilità, diverse dall'esecuzione

coattiva, che traggono la loro fonte proprio nel provvedimento cautelare avente ad oggetto obblighi di fare infungibili ed in

quello eventuale di attuazione; che tali utilità vanno ravvisate in vari strumenti di coazione

indiretta, tendenti ad ottenere la cooperazione dello stesso ob

bligato nell'attuazione del diritto;

che, infatti: il comando giudiziale emesso in sede cautelare ha

in sé una forza persuasiva, tutt'altro che trascurabile, intrinseca nell'autorità stessa di ogni provvedimento giurisdizionale; il

provvedimento cautelare può essere oggetto di divulgazione con

la pubblicazione sulla stampa periodica ai sensi dell'art. 120

c.p.c.; l'inottemperanza al comando giudiziale è suscettibile di

conseguenze penali a carico della parte che ne è responsabile; tale inottemperanza ha rilievo anche nel giudizio di merito che

segue l'accoglimento dell'istanza cautelare, atteso che, in pre senza di pretese risarcitone, la mancata esecuzione può essere valutata ai fini della quantificazione dell'entità del danno;

che, alla luce delle considerazioni esposte, è del tutto ammis

sibile sia il ricorso per ottenere un provvedimento cautelare

avente ad oggetto obblighi di fare infungibili che quello (even

tuale) per ottenere l'individuazione delle modalità con le quali il

comando giudiziale ivi contenuto deve essere attuato; che la parte reclamata deduce che, in concreto, il provvedi

mento di attuazione, nell'imporre all'imprenditore la predispo sizione per il Santoro di un programma di contenuto, durata e

collocazione nel palinsesto predefiniti nonché l'assegnazione alla realizzazione di tale programma di risorse umane, tecniche, finanziarie stabilite per relationem rispetto ad altri programmi andati in onda in anni precedenti, lede la libertà di iniziativa

economica garantita dall'art. 41 Cost.; che la doglianza è fondata nei termini di seguito indicati; che riveste primaria importanza, ai fini della decisione, una

corretta interpretazione dell'art. 2103 c.c., che impone al datore

di lavoro di assegnare al lavoratore le mansioni per le quali è

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

stato assunto ovvero mansioni equivalenti alle ultime effettiva

mente svolte senza diminuzione della retribuzione;

che, già nell'ordinanza emessa dal collegio del 13 febbraio

2003 in sede di reclamo avverso il provvedimento cautelare del

9 dicembre 2002, si è evidenziato che il Santoro è stato assunto

per la realizzazione e conduzione di programmi di approfondi mento informativo;

che si è ivi altresì precisato che sono mansioni equivalenti,

per costante giurisprudenza, quelle che siano aderenti alla speci fica competenza del lavoratore, del quale va salvaguardato il li

vello professionale acquisito e garantito lo svolgimento e l'ac

crescimento delle capacità professionali; che la verifica della «equivalenza» va effettuata sia sul piano

oggettivo, e cioè sotto il profilo dell'inclusione nella stessa area

professionale delle mansioni iniziali e di quelle di destinazione, sia sul piano soggettivo, in relazione al quale è necessario che le

precedenti e le nuove mansioni siano professionalmente affini, nel senso che queste ultime si armonizzino con le capacità pro fessionali già acquisite dall'interessato durante il rapporto lavo

rativo, consentendo ulteriori affinamenti e sviluppi (Cass. 11457/00, id., Rep. 2001, voce Lavoro (rapporto), n. 787);

che, pertanto, il concetto di equivalenza delle mansioni è ben

distinto da quello di identità delle medesime, sicché la norma in

esame non prevede in alcun modo un diritto alla cristallizzazio

ne delle mansioni svolte; che della norma in esame va data un'interpretazione che attui

un equo contemperamento dei principi fondamentali stabiliti, da

una parte, nell'art. 4 Cost., che stabilisce che la Repubblica ri

conosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le con

dizioni che rendano effettivo questo diritto, e, dall'altra parte, nell'art. 41 Cost., che, nell'affermare che l'iniziativa economica

privata è libera, sancisce il diritto dei privati di disporre delle ri

sorse, materiali ed umane, e di organizzare l'attività produttiva, costituendo il fondamento del potere direttivo dell'imprendito re;

che, in questa ottica, il datore di lavoro ha senz'altro l'obbli

go di adibire il prestatore all'attività lavorativa, affidandogli le

mansioni per le quali è stato assunto o quelle equivalenti, ma

nessun ulteriore obbligo è posto a suo carico che possa influire

sulla scelta, che compete esclusivamente all'imprenditore, dei

criteri di gestione dell'impresa, scelta che — come si è detto —

è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dal

l'art. 41 Cost.;

che, nel caso in esame, il contenuto delle mansioni da consi

derare equivalenti è già stato delineato e delimitato nella citata

ordinanza collegiale del 13 febbraio 2003, ove si afferma che

tali mansioni vanno individuate nell'alveo descritto dall'art. 2

del contratto di servizio tra la Rai ed il governo e, segnatamente, nel «macrogenere televisivo» di cui alla lett. b) della clausola, così descritto: «Informazione: inchieste, rubriche, programmi di

attualità, costume e società, dibattiti. In questo ambito rientrano

anche le rubriche di approfondimento di rete e di testata e i pro

grammi informativi dedicati all'informazione sull'attività degli

organi istituzionali nonché delle regioni e delle autonomie locali

e all'informazione parlamentare»; che si è ivi specificato che tale macrogenere si qualifica per il

carattere essenzialmente monotematico del singolo programma e per il necessario connotato di approfondimento delle temati

che affrontate, che inseriscono all'attualità;

che, pertanto, il giudizio di congruità sulle mansioni da asse

gnare, che consenta di conservare e di non depauperare o svilire

la specifica professionalità e le capacità acquisite dal Santoro

nell'esercizio di quelle precedenti, va formulato con «esclusi

vo» riferimento (cfr. ordinanza collegiale cit.) all'alveo del

l'equivalenza segnato nell'art. 2, lett. b), del contratto di servi

zio tra la Rai e il governo, nel cui ambito si può esprimere lo ius

variandi dell'imprenditore; che, stando così le cose, è senz'altro in linea con il dettato

dell'art. 2103 c.c. la previsione, in sede di provvedimento di

attuazione, dell'affidamento di un programma di approfondi mento giornalistico sull'informazione di attualità e della sua

realizzazione in puntate essenzialmente o tendenzialmente mo

notematiche (punti a e c del dispositivo); che, invece, non rientrano nel campo di applicazione dell'art.

2103 c.c. le ulteriori disposizioni, contenute nel suddetto prov vedimento, inerenti alla collocazione temporale del programma, alla durata complessiva del medesimo nel suo insieme e nelle

singole puntate, alla dotazione di risorse idonee alla sua buona

riuscita (punti b, d ed e del dispositivo);

Il Foro Italiano — 2003.

che, infatti, tali disposizioni non tendono ad assicurare

l'equivalenza delle mansioni, come sopra delimitata, bensì at

tengono a profili della prestazione diversi ed estranei rispetto alla detta equivalenza, quali la visibilità, la notorietà, l'immagi ne, il successo di pubblico, profili questi che l'imprenditore non

è in alcun modo tenuto a garantire; che, inoltre — e ciò rileva in maniera determinante — la

scelta e la collocazione temporale dei programmi, la durata

complessiva dei medesimi e delle singole puntate e la dotazione

di risorse da utilizzare rientrano certamente nell'ambito delle

scelte strategiche e di gestione dell'azienda, scelte che — come

si è detto — sono di competenza esclusiva dell'imprenditore, in

quanto espressione della libertà di iniziativa economica tutelata

dall'art. 41 Cost.;

che, pertanto, il giudice non può individuare in maniera così

specifica la posizione organizzativa da attribuire al lavoratore

né dettare ordini circa l'assegnazione di un determinato pro

gramma, trattandosi di determinazioni che influiscono sul con

creto assetto dell'azienda; né può ordinare l'assegnazione di

una dotazione di mezzi o di personale, trattandosi parimenti di

decisioni relative alla gestione dell'impresa; che, alla luce delle considerazioni esposte, restano assorbite

le questioni di illegittimità costituzionale sollevate dalla parte reclamante;

che, pertanto, va revocato il provvedimento di attuazione e

messo tra le parti dal Tribunale di Roma, primo grado, in data 3

giugno 2003 limitatamente ai punti b), d) ed e) della parte di

spositiva; che il medesimo provvedimento va confermato per la restante

parte, con esclusione di ogni altra modificazione, integrazione o

specificazione di esso (e dell'ordinanza cautelare), non ravvi

sando il collegio, esclusivamente competente in merito, la sussi

stenza, allo stato e sulla base di tutto quanto sopra illustrato, delle condizioni e dei presupposti in fatto ed in diritto per un

siffatto ulteriore intervento ai sensi dell'art. 669 duodecies

c.p.c.

II

Con istanza ex art. 669 duodecies c.p.c. depositata in data 24

dicembre 2002, Michele Santoro esponeva che:

con provvedimento del 9 dicembre 2002 (Foro it., 2003, I,

919), il giudice del lavoro del Tribunale di Roma, in accogli mento di una domanda cautelare presentata dallo stesso istante, aveva ordinato alla Rai di adibirlo alle mansioni di cui al con

tratto del 14 aprile 1999, così come effettivamente svolte ed

esercitate in concreto, ovvero alla realizzazione e alla conduzio

ne di programmi televisivi di approfondimento dell'attualità; con raccomandata del 10 dicembre 2002 i suoi difensori —

facendo riferimento al provvedimento del giudice — avevano

invitato il direttore generale dell'azienda all'integrale ripristino del gruppo di lavoro affidatogli, comprendente i collaboratori di

cui ad un elenco allegato; all'integrale ripristino delle strutture

logistiche redazionali, in precedenza utilizzate nei locali di via

Teulada, ivi comprese le salette di montaggio; detto invito era rimasto privo di risposta da parte dell'azien

da, che non aveva dato esecuzione al provvedimento del giudi ce, trovandosi egli ancora in condizioni di forzata inoperosità;

in particolare, era rimasto privo delle strutture necessarie ai

fini dello svolgimento delle mansioni che gli spettavano, in

quanto della redazione in precedenza affidatagli, in via Teulada; la stanza di segreteria, le stanze redazione 1 e 2, la saletta gra

fica e le salette di montaggio 1, 2 e 3 erano state sottratte alla

sua disponibilità ed assegnate ad altre produzioni; la stanza della segreteria di produzione era stata sottratta alla

sua disponibilità; la stanza redazione 3 era rimasta vuota e lo

studio n. 2 di Saxa Rubra (normalmente utilizzato per le tra

smissioni in diretta) era stato spogliato della scenografia e de

stinato ad altra produzione; l'azienda aveva poi distolto dalla predetta redazione gran

parte del personale che in precedenza la occupava e che collabo

rava con lui per la realizzazione dei programmi televisivi, e pre cisamente undici giornalisti, quattro addetti al casting, quattro addetti alla segreteria di redazione, l'addetta alla sua segreteria

personale, il produttore esecutivo, sei addetti al montaggio, due

addetti alla grafica, l'addetto al sito Internet di Sciuscià ed infi

ne il regista (tutti nominativamente indicati). Ciò premesso

— e ritenuto che per l'esecuzione del provve

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2847 PARTE PRIMA 2848

dimento cautelare dovessero essere messi a sua disposizione i

locali, le attrezzature ed il personale sopra richiamato e che do

vessero essere determinate le modalità di trasmissione dei pro

grammi televisivi che sarebbero stati da lui realizzati — l'i

stante chiedeva al giudice di determinare le modalità di attua

zione dell'ordinanza cautelare richiamata.

Con deposito di memoria si costituiva in giudizio l'azienda

convenuta, la quale deduceva che:

non era vero che il ricorrente era privo di risorse e mezzi tec

nici, poiché, oltre alla sua stanza e all'archivio, aveva a disposi zione i collaboratori Ruotolo, Costamagna, Formigli e lacona,

con le stanze da questi occupate; ed ulteriori risorse e mezzi sa

rebbero stati funzionali a specifici programmi; dal ricorrente non erano state formulate proposte di nuovi

programmi, le quali comunque dovevano essere discusse con la

direzione della rete di appartenenza (Raidue) ed inoltrate al con

siglio d'amministrazione per l'inserimento — previe le occor

renti variazioni di altri programmi — nel piano annuale di tra

smissioni;

doveva comunque tenersi presente che la Rai, ai sensi del

contratto di servizio con lo Stato, doveva «sviluppare un'offerta

caratterizzata da completezza e varietà, capace di raggiungere obiettivi diversificati e in grado di rispondere ai bisogni diffe

renziati del pubblico»; e perciò doveva equilibrare il rapporto tra i programmi di approfondimento dell'attualità e gli altri

rientranti nella televisione «generalista»; in particolare, non era possibile riproporre il programma

Sciuscià poiché era stato riproposto più volte, anche sotto la

forma di edizione straordinaria o speciale, poiché aveva dato

luogo a sanzioni da parte del garante e poiché apparteneva allo

stesso genere di Ballarò ed Excalibur, con conseguente viola

zione del principio di differenziazione, nonché alterazione degli

equilibri, non potendosi, tali ultimi programmi, eliminare in

corso d'opera in quanto vi erano contratti stipulati, diritti di ter

zi e risorse già adibite; era il ricorrente, pertanto, che doveva presentare proposte per

una nuova formula di programma di approfondimento dell'at

tualità, che non fosse riproduttivo di Sciuscià, né di Ballarò o

Excalibur.

La Rai concludeva chiedendo che venisse dichiarato impropo nibile, inammissibile o comunque infondato il ricorso. (Omissis)

In via preliminare, deve essere osservato che nessun rilievo

nel presente procedimento di attuazione può rivestire la delibera

dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, emanata in

data 15 maggio 2003, con la quale l'azienda convenuta è stata

richiamata al rispetto dei principi di pluralismo, obiettività,

completezza ed imparzialità richiesti dall'art. 1, 2° comma, 1.

223/90, con riferimento ad alcune puntate del programma realiz

zato e condotto dal ricorrente nella passata stagione televisiva.

Ciò perché si tratta di un richiamo diretto nei confronti della

stessa azienda convenuta, che nessuna influenza — nemmeno in

diretta o riflessa — può avere nei riguardi del provvedimento cau

telare del quale in questa sede il ricorrente chiede l'attuazione.

Con quest'ultimo (emanato in data 9 dicembre 2002) il giudi ce ha ordinato «alla Rai-Radiotelevisione italiana s.p.a. di adi

bire Michele Santoro alle mansioni di cui al contratto del 14

aprile 1999, così come effettivamente svolte ed esercitate in

concreto, ovvero alla realizzazione e alla conduzione di pro

grammi televisivi di approfondimento dell'informazione di at

tualità».

Nelle more del presente procedimento di attuazione, il Tribu

nale di Roma, adito dall'azienda in sede di reclamo, nel riget tare quest'ultimo, ha chiarito che solo all'interno del macroge nere televisivo di cui alla lett. b) dell'art. 2 del contratto di ser

vizio tra la Rai ed il governo («Informazione: inchieste, rubri

che, programmi di attualità, costume e società, dibattiti ...») è

possibile ricercare l'area delle mansioni del Santoro, anche e

quivalenti ex art. 2103 c.c., e che il detto macrogenere si ca

ratterizza per il carattere essenzialmente monotematico del sin

golo programma e per il necessario connotato di approfondi mento delle tematiche affrontate riguardanti necessariamente

l'attualità.

Ciò premesso, occorre verificare in primo luogo se le due

proposte alternative avanzate dall'azienda con la delibera del

consiglio di amministrazione del 6 maggio 2003, e cioè dopo

Il Foro Italiano — 2003.

circa ben cinque mesi dal provvedimento cautelare, siano o me

no esecutive ed attuative di quest'ultimo. La prima proposta prevede un programma nel pomeriggio del

sabato, dalle 16,30 alle 18,00, articolato in otto puntate di no

vanta minuti ciascuna.

La seconda prevede una trasmissione in sedici puntate da

venti minuti ciascuna nella terza serata di sabato e di domenica.

Per entrambe le proposte, la partenza del programma è previ sta verso la fine di ottobre.

Ebbene, per collocazione oraria, per durata di ogni singola trasmissione (almeno per la seconda alternativa) e per mancanza

di serialità e continuità, la proposta formulata dall'azienda non

esegue e non attua il provvedimento del giudice. E al riguardo significativo che la stessa azienda (nella nota

dei tre direttori di rete del 5 maggio 2003, fatta propria dal di

rettore generale e quindi recepita dal consiglio di amministra

zione) parli di «soluzione innovativa, in duplice alternativa, sia

dal punto di vista della collocazione oraria che del formato» (il

che, detto in altre ma più precise parole, significa una trasmis

sione collocata in una diversa fascia oraria e con una durata di

versa; nella specie si tratta di una fascia oraria connotata da una

audience molto minore e di una durata radicalmente ridotta). D'altra parte, ciò è chiaramente confermato dalla lettura dei

tabulati richiesti all'azienda, concernenti l'elenco dei program mi andati in video sulle tre reti nazionali, nella presente stagione televisiva ed in quella relativa agli anni 2001/2002, riconduci

bili al macrogenere «informazione». Si evince, in particolare, che il programma realizzato in passato dallo stesso Santoro

(Sciuscià) e quelli analoghi per tipologia, formato e contenuto

(cfr., ad esempio, i programmi Porta a Porta, Excalibur, Balla

rci) possiedono le seguenti caratteristiche: sono trasmessi in

prima o, al massimo, in seconda serata, in giorni feriali (e cioè

ad eccezione del sabato e della domenica, almeno nella gran

parte dei casi); sono seriali, nel senso che con una certa cadenza

(alcuni quasi quotidiani, altri settimanali) sono trasmessi per l'intera stagione televisiva; la durata di ciascuna puntata varia

da circa novanta minuti a circa centocinquanta minuti.

Ebbene, andare in onda il sabato pomeriggio (alle ore 16,30)

per novanta minuti oppure il sabato e la domenica notte, dopo le

ore 24,00, per venti minuti ed in entrambe le ipotesi per una du

rata complessiva di non più di due mesi, si traduce in un'evi

dente variazione peggiorativa delle mansioni affidate al Santoro

e in una deminutio del suo patrimonio professionale, tenuto

conto, si ribadisce ancora una volta, che la valenza professio nale di un'attività giornalistica che si estrinseca nella realizza

zione di programmi di approfondimento su temi di stretta attua

lità è da individuarsi anche, se non soprattutto, in riferimento ai

profili oggettivi che determinano la potenzialità comunicativa

del medium offerto al giornalista (entità dell'utenza abituale,

collocazione oraria, durata, frequenza e continuità della trasmis

sione), poiché è a tali profili che si collega — e da tali fattori

che viene valorizzata — la capacità professionale di confrontar

si con il compito di dare notizie, di farle capire e di far capire i

diversi punti di vista in ordine ad esse e, al tempo stesso, di

sollecitare, mantenere ed accrescere l'interesse degli ascoltatori

rispetto ai fatti e alle idee oggetto della rappresentazione. Né, per giustificare la «soluzione innovativa» proposta dalla

Rai al ricorrente, è possibile invocare la circostanza che, nel

l'ambito di Raitre, vi sarebbe già un significativo numero di

programmi di approfondimento di prima e seconda serata (così, la nota dei tre direttori di rete del 5 maggio 2003). Occorre in

fatti sottolineare e ribadire che quella così illustrata è una situa

zione che è frutto di un comportamento illegittimo della conve

nuta: in altre parole, si è in presenza non di una situazione fi

siologica del rapporto, bensì «patologica», nel senso che la Rai

è destinataria da ormai più di cinque mesi di un ordine giudi ziale non ancora eseguito

— determinato dalla precedente vio

lazione da essa posta in essere — e rispetto al quale tutte quelle situazioni create dalla stessa obbligata non hanno la possibilità di giustificare il protrarsi dell'inottemperanza.

Chiarito pertanto che entrambe le proposte, in duplice alter

nativa, offerte dalla Rai al ricorrente non sono attuative del

provvedimento cautelare in esame, legittimo appare il rifiuto di

esse da parte dello stesso Santoro.

Esse infatti, contrariamente a quanto ritenuto dal consiglio di

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Page 8: ordinanza 23 luglio 2003; Pres. Cortesani, Rel. Nunziata; Soc. Rai-Radiotelevisione italiana (Avv. Dell'Olio, Scozzafava) c. Santoro (Avv. D. e N. d'Amati)

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

amministrazione nella seduta del 6 maggio 2003, non sono coe

renti con l'ordinanza cautelare, poiché non determinano il pieno ed integrale ripristino delle mansioni svolte dal ricorrente, né si

traducono in un affidamento di mansioni equivalenti ex art.

2103 c.c.

Da quanto detto, dunque, l'ordine giudiziale in questione de

ve essere attuato dalla convenuta tenendo conto di come si è

svolto in concreto il rapporto tra le parti, al fine di realizzare

una situazione equivalente a quella di cui il Santoro aveva il di

ritto di fruire e cioè a quella che preesisteva al comportamento

(«demansionamento») già dichiarato illegittimo. In particolare, la Rai deve affidare a Michele Santoro la rea

lizzazione e la conduzione di un programma:

a) di approfondimento giornalistico sull'informazione di at

tualità;

b) collocato in una fascia oraria che abbia un ascolto quanti tativamente e qualitativamente non inferiore a quello proprio della fascia oraria in cui era collocato il programma Sciuscià

ovvero in cui sono collocati i programmi di genere analogo

quali Porta a Porta, Excalibur, Ballarò e cioè in prima o in se

conda serata;

c) realizzato mediante puntate essenzialmente o tendenzial

mente monotematiche;

d) che abbia una durata complessiva equivalente a quella —

tra novanta minuti e centocinquanta minuti per puntata settima

nale per non meno di otto mesi — dei programmi realizzati in

precedenza dal ricorrente;

e) con dotazione delle risorse — umane, materiali e tecniche — idonee ad assicurare la buona riuscita del programma, in mi

sura equivalente a quella praticata per i programmi precedenti.

TRIBUNALE DI VITERBO; TRIBUNALE DI VITERBO; sentenza 28 maggio 2003; Giud. Lo Sinno; Dolci (Avv. Cimatti) c. Buccheri (Avv. Di Mar

co).

Ufficiale giudiziario e messo di conciliazione — Omesso pi gnoramento — Responsabilità civile — Risarcimento del

danno (Cod. civ., art. 2043; cod. proc. civ., art. 60, 513, 619,

621).

L'ufficiale giudiziario che ometta di descrivere (e quindi di pi gnorare) i beni mobili che si trovano nell'abitazione del de

bitore senza un valido motivo (che si ha solo quando presso il

debitore non si rinvengono affatto dei beni ovvero quando vi

sia la prova certa dell'altrui proprietà degli stessi) commette

illecito civile, che ha come conseguenza l'obbligo del risar

cimento dei danni. (1)

(1) Si tratta di una novità, relativamente alla quale non constano

precedenti specifici. Sono tuttavia da ricondurre (genericamente) a questo tema, Cass. 26

marzo 1999, n. 2895, Foro it.. Rep. 2000, voce Esecuzione forzata di

obblighi di fare, n. 9, e Riv. esecuzione forzata, 2000, 107, con nota di

Fornaciari, Su chi ricade il danno di esecuzione forzata incompleta o

inesatta?', e poi Cass. 12 marzo 1992, n. 3030, Foro it.. Rep. 1992, vo

ce Esecuzione forzata in genere, n. 77, e Giur. it.. 1992,1, 1, 1680, con

nota di Atzori, I rimedi al rifiuto di atti di esecuzione forzata da parte

dell'ufficiale giudiziario, per la quale «il rifiuto dell'ufficiale giudizia rio di compiere il pignoramento non è un atto di esecuzione, perciò non

è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.; in

casi di tal genere vi sono rimedi diversi, in relazione ai vari tipi di ese

cuzione forzata; loro caratteristica comune è la possibilità, data al cre

ditore procedente, di rivolgersi al giudice per ottenere un atto d'impul so all'attività dell'ufficiale giudiziario; il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi potrà essere esperito dal debitore solo contro il provvedi mento del giudice, risolutivo del contrasto tra ufficiale giudiziario e

creditore procedente».

Il Foro Italiano — 2003.

Svolgimento del processo. — Con citazione notificata in data

24 gennaio 2002 il sig. Dolci Cristian ha convenuto in giudizio il sig. Buccheri Salvatore per sentirlo condannare al risarci

mento dei danni subiti ai sensi dell'art. 2043 c.c.. oltre alle spe se del giudizio; esponendo che per tentare il recupero di propri crediti verso tal Francesco Puocci aveva richiesto il pignora mento mobiliare in data 9 gennaio 2002 presso l'abitazione del

predetto, e che l'ufficiale giudiziario addetto (il convenuto)

Circa la responsabilità civile dell'ufficiale giudiziario ben poco si trova in giurisprudenza.

Tra i (generici) precedenti rispetto al caso di specie possono ricor

darsi, Cass. 26 novembre 1980, n. 6269, Foro it., Rep. 1981, voce Uffi ciale giudiziario, n. 7, e Giust. civ., 1981, I, 298, e Banca, borsa, ecc., 1981, II, 280: «rispetto alla domanda di risarcimento danni fondata sul l'asserita illegittima inclusione, nell'elenco dei protesti cambiari, d'una

tratta, legittimato passivo non è l'ufficio unico per le notificazioni, ese cuzioni e protesti, costituito nella sede capoluogo di distretto, ma, in

proprio, l'ufficiale giudiziario, cui è, dalla legge, affidato il detto com

pito»; Cons. Stato, sez. VI, 28 agosto 1995, n. 819, Foro it., 1996, III. 91: «le conseguenze della nullità della notificazione di un atto ricado

no, a prescindere dalla eventuale responsabilità dell'ufficiale notificato

re, sulla parte nell'interesse della quale la notificazione sia stata effet

tuata»; App. Perugia 5 febbraio 1994, id., Rep. 1994, voce Impugna zioni civili, n. 54, e Arch, civ., 1994, 1175: «l'impugnazione risulta

inammissibile, in quanto proposta fuori termine, qualora la tardività della notifica dell'atto di appello sia dovuta a fatto e colpa dell'uffi ciale giudiziario»; ed infine Trib. Padova 28 dicembre 1987, Foro it..

Rep. 1988, voce Responsabilità civile, n. 95, e Resp. civ., 1988, 472: «il

giudizio sul comportamento dell'ufficiale giudiziario che abbia proce duto al sequestro cautelativo di beni di dubbia provenienza (nel caso di

specie, si trattava di automezzi privi di targa di circolazione presso una officina di carrozzeria) procurando un danno economico conseguente allo sviamento della clientela, sequestro dimostratosi poi infondato nel

prosieguo delle indagini, deve avere per oggetto, ai sensi degli art. 22 e 23 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, la sussistenza o meno del dolo o della

colpa grave, non già della semplice colpa, e va operato ex ante con rife rimento alle circostanze di fatto che hanno indotto l'ufficiale al prov vedimento medesimo».

Sui rapporti tra responsabilità personale dell'ufficiale giudiziario e

responsabilità solidale dello Stato (anche ai sensi dell'art. 28 Cost.), v. Trib. Napoli 20 gennaio 1986, Foro it.. Rep. 1987, voce cit., n. Ili, e Dir. e giur., 1986, 934, con nota di Cacciapuoti: «l'ufficiale giudiziario incaricato di curare l'incasso o di elevare il protesto di titoli cambiari è un pubblico impiegato; tale qualità esclude che possa essere conside rato come mandatario della parte, trattandosi di un rapporto attratto

completamente nella sfera pubblicistica; pertanto la responsabilità per sonale dell'agente incaricato conseguente al suo operato colposo de termina la responsabilità solidale della pubblica amministrazione, in forza del rapporto organico»; e poi anche Cass. 18 marzo 1988, n.

2478, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 126: «il privato, portatore di un

titolo esecutivo giudiziale, ha un diritto soggettivo ad ottenere dal l'amministrazione le attività necessarie all'esecuzione forzata del prov vedimento, comprese quelle relative all'uso della forza pubblica, le

quali integrano comportamenti dovuti (sempre che non ricorra un'im

possibilità determinata da forza maggiore) e non discrezionali; pertan to, ove l'autorità competente neghi dette attività, nonostante la richiesta dell'ufficiale giudiziario cui è affidata l'esecuzione, deve riconoscersi al privato la facoltà di esperire contro l'amministrazione azione risar citoria davanti al giudice ordinario, per il ristoro del danno provocato da quel rifiuto».

In dottrina, con particolare riferimento alla responsabilità civile, v.

Bontempi, Sulla responsabilità dell'ufficiale giudiziario incaricato di riscuotere o protestare un assegno bancario, in Nuova giur. civ., 1993,

I, 156; Di Domenico, Quando l'ufficiale giudiziario intralcia l'attività di parte nell'opposizione ad ingiunzione: art. 645 c.p.c., in Dir. fallim., 1998, I, 252; Sotgiu, Sulla responsabilità dell'ufficiale giudiziario nella custodia dei titoli pagati, in Giust. civ., 1992, I, 1746; Gualtieri, Ancora sulla responsabilità dello Stato in ordine olfatto od atto colpo so o doloso posto in essere dall'ufficiale giudiziario nell'esercizio delle sue funzioni, in Foro it., 1957, IV, 169.

In tema di ufficiale giudiziario si trovano poi numerose voci di enci

clopedia, tra le quali: Vanni, Ufficiale giudiziario, voce dell'£?ic('c/o

pedia giurìdica Treccani, Roma, 1993, XXXII: Tedoldi, Ufficiale giu diziario, voce del Digesto civ., Torino, 1999, XIX, 482 ss.: Buoncri

stiani. Ufficiale giudiziario, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano,

1992, XLV, 530 ss.

V., infine, sull'argomento l'ampia disamina di Segrè, Del cancellie

re e dell'ufficiale giudiziario, in Commentario al codice di procedura civile diretto da Allorio, Torino, 1973, I, 671; nonché Picardi, L'uffi ciale giudiziario: una figura ambigua, in Giust. civ., 1993, II, 537.

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