ordinanza 23 luglio 2003; Pres. Cortesani, Rel. Nunziata; Soc. Rai-Radiotelevisione italiana (Avv.Dell'Olio, Scozzafava) c. Santoro (Avv. D. e N. d'Amati)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2837/2838-2849/2850Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198723 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Analoga soluzione di contro non può accogliersi in relazione
all'utilizzo da parte del reclamante del tavolo a forma di bara,
oggetto di brevetto per modello ornamentale da parte della Ice
cold s.r.l., atteso che la distinta tutela brevettuale non consente
l'applicazione della normativa prevista dalla legge marchi e dal
codice civile in materia di preuso locale.
Ed invero, ritenuto che la normativa succitata è normativa
espressamente prevista esclusivamente per quel particolare se
gno distintivo che è il marchio, sì da doversi soddisfare l'esi
genza di una stretta applicazione e interpretazione della norma
tiva medesima, non può certo affermarsi che il preuso locale del
tavolo a forma di bara in epoca anteriore alla brevettazione dello
stesso come modello ornamentale valga a limitare la successiva
registrazione, imponendo eventualmente una coabitazione duo
polistica in un ambito territoriale delimitato, analoga a quella
prevista in materia di marchi.
In tal senso deve rilevarsi l'inconcludenza del riferimento —
effettuato a più riprese da parte reclamante in reclamo e nelle
successive memorie autorizzate — alle c.d. anteriorità distrutti
ve della novità del modello ornamentale registrato dalla Ice cold
s.r.l. Ciò in quanto, ove si faccia riferimento — in modo impre ciso e atecnico — al su esaminato istituto del preuso locale, il
richiamo della normativa sui marchi non sarebbe pertinente e
rilevante, non venendo — per i motivi dianzi evidenziati — in
considerazione la tutela di un marchio registrato, ma di un mo
dello ornamentale; laddove, poi, qualora si intenda il riferimento
in senso proprio (nel senso cioè della rivendicazione della nul
lità del brevetto per modello ornamentale di parte reclamata, siccome registrato in presenza di anteriorità distruttive del re
quisito della novità), dovrebbe comunque replicarsi che il preu so generalizzato, unico tipo di notorietà che si traduca in un di
fetto di novità del modello, ostativa alla validità di un nuovo
brevetto avente il medesimo contenuto (Cass. 20 ottobre 1983, n. 6382, id., Rep. 1984, voce Brevetto, n. 36), non è stato in al
cun modo dimostrato dal reclamante.
Ed invero, ribadendo che la circostanza del mero uso locale
presso il locale del Tognelli non può certo da sola rilevare alla
stregua dell'anteriorità distruttiva della novità richiesta dalla di
sciplina dei modelli ornamentali, va notato come la circostanza
del preuso generalizzato in varie parti d'Italia del medesimo
modello di tavolo a forma di bara in locali horror sia rimasta
sempre allo stadio di mera affermazione, priva di riscontro al
cuno. In tal senso, infatti, non depone alcuno dei documenti
prodotti dal Tognelli: — non l'articolo del quotidiano La Sicilia del 13 aprile 1994; — non la stampa delle pagine web di horror world; — non la dichiarazione della Profondo Rosso s.a.s. nella
quale si fa esclusivo riferimento all'uso sin dal 1993 presso l'I
guana pub del teschio quale oggetto di arredamento del locale; — non, infine, le pagine dei negozi/locali del sito <www.
erbadellastrega.it>, dalle quali, pur risultando l'esistenza alla
data del 13 marzo 2003 di una serie numerosa di locali in stile
horror, pulp, gothic e via dicendo, non è dato desumere alcuna
circostanza relativa all'uso generalizzato presso gli stessi del ta
volo a forma di bara.
Sostiene, infine, parte reclamante il difetto del periculum in
mora.
Ritiene il collegio che la doglianza sia infondata, avendo il
giudice della cautela compiutamente fornito adeguata motiva
zione sul punto tanto sotto il profilo giuridico che di fatto.
Ed invero, se non si può disconoscere che la formula giuris
prudenziale secondo la quale il periculum è in re ipsa nella ma
teria del diritto industriale si configura a volte come una for
mula acritica e stereotipata che copre un sostanziale difetto di
motivazione, resta il fatto che il pregiudizio per i segni distintivi
è in genere caratterizzato effettivamente da notevole ed ex ante
imprevedibile capacità espansiva, considerati anche i profili
probatori in quanto a posteriori è spesso impossibile fornire una
prova concreta ed analitica sull'effettiva dimensione del danno
(in termini, v. Trib. Napoli 5 maggio 2001, id.. Rep. 2002, voce
Marchio, n. 267). A tal riguardo allora si reputa di dovere, a tal
uopo, confermare l'indirizzo — costantemente espresso dalla
giurisprudenza e richiamato dal giudice della cautela — per cui
l'imminenza del periculum in mora sussiste allorquando l'atti
vità illecita è in atto e vi è il rischio fondato che essa possa esse
re ripresa o ripetuta, determinando un ulteriore aggravamento del danno, così come l'irreparabilità del danno si concreta nel
II Foro Italiano — 2003.
l'obiettiva difficoltà di recupero della quota di mercato even
tualmente perduta e dall'impossibilità di addivenire nel futuro
giudizio di merito ad un'esatta quantificazione del pregiudizio
patrimoniale arrecato all'immagine ed agli interessi dell'impre sa pregiudicata (cfr., ex plurimis, Trib. Napoli 5 ottobre 2001,
ibid., voce Concorrenza (disciplina), n. 262; Trib. Udine 19 di
cembre 1991, id., Rep. 1994, voce Marchio, n. 157; nonché
Trib. Monza 2 maggio 1994, id., Rep. 1996, voce Brevetti, n.
147; «Ai fini dell'emanazione di un provvedimento d'urgenza, l'esistenza del periculum in mora discende dalla difficoltà di
accertare e provare a distanza di tempo i danni da contraffazio
ne, suscettibili di continuo incremento ove non si intervenga
prima della pronuncia di merito. 11 g.i. chiamato a decidere un
provvedimento d'urgenza non è competente a disporre l'inibito
ria prevista dall'art. 83 I. brevetti, in quanto tale misura cautela
re non rientra tra quelle compatibili con la nuova disciplina in
trodotta dalla 1. n. 353 del 1990»). Sicché, venendo al caso in
esame, non sembra dubbio che l'eventuale mantenimento in ca
po al Tognelli della possibilità di continuare ad utilizzare il
detto marchio in ambito nazionale e il modello ornamentale im
plicherebbe un'inammissibile prosecuzione dell'attività illecita,
determinativa, da un lato, di un ulteriore aggravamento del dan
no, nonché, quanto al requisito dell'irreparabilità del danno,
della difficoltà, se non impossibilità, di addivenire nel futuro
giudizio di merito ad un'esatta quantificazione del pregiudizio
patrimoniale arrecato all'immagine ed agli interessi della Ice
cold s.r.l.
Alla luce delle superiori considerazioni, in parziale accogli mento del reclamo proposto da Tognelli Dario, devesi confer
mare il sequestro all'interno del locale Iguana horror pub club, sito in Catania, via Leopardi 24, del tavolo a forma di bara, nonché inibirsi a Tognelli Dario la pubblicità dell'Iguana Hor
ror Pub Club sul sito Internet <www.iguanapub.com> e su qual siasi giornale o volantino, limitatamente alla riproduzione sui
detti strumenti di pubblicità del tavolo a forma di bara.
Quanto, infine, agli oggetti contraddistinti dal teschio, pre senti sia nel locale del Tognelli sia nel sito Internet <www.
iguanapub.com> in parziale accoglimento del reclamo, deve af
fermarsi il diritto del Tognelli medesimo di usare gli stessi
esclusivamente nell'ambito locale entro il quale l'uso predetto deve ritenersi legittimo nonostante la posteriore registrazione del marchio avente il medesimo oggetto da parte della Ice cold
s.r.l.
I
TRIBUNALE DI ROMA; TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 23 luglio 2003; Pres.
Cortesani, Rei. Nunziata; Soc. Rai-Radiotelevisione italiana
(Avv. Dell'Olio, Scozzafava) c. Santoro (Avv. D. e N.
d'Amati).
Procedimenti cautelari — Modalità d'attuazione — Ordi
nanza — Reclamo — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art.
669 duodecies, 669 terdecies, 700). Procedimenti cautelari — Modalità d'attuazione — Ordi
nanza — Reclamo — Opposizione agli atti esecutivi —
Pregiudizialità — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 617, 669
duodecies, 669 terdecies, 700). Procedimenti cautelari — Giudice del reclamo — Cognizio
ne (Cod. proc. civ., art. 669 terdecies, 700). Procedimenti cautelari — Modalità d'attuazione — Ordi
nanza — Obblighi di fare infungibili — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 669 duodecies, 700).
Procedimenti cautelari — Giornalista televisivo — Mansioni — Modificazione peggiorativa
— Provvedimento di ur
genza — Modalità d'attuazione — Fattispecie (Cost., art.
41; cod. civ., art. 2103; cod. proc. civ., art. 669 duodecies.
700).
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2839 PARTE PRIMA 2840
Il provvedimento con cui, ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c.,
vengano disposte le modalità d'attuazione di un provvedi mento cautelare precedentemente adottato è suscettibile di
reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. ( 1 ) La proposizione, ai sensi dell'art. 617, 2° comma, c.p.c., di
un'opposizione agli atti esecutivi avverso un provvedimento, ex art. 669 duodecies c.p.c., di attuazione di provvedimento cautelare precedentemente emesso non pregiudica la cogni zione, da parte del giudice competente, del reclamo proposto, ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., avverso il provvedi mento attuativo. (2)
In pendenza di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., la compe tenza a conoscere di eventuali profili sopravvenuti e ad ap
portare modifiche al provvedimento reclamato (nella specie, ordinanza adottata ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c.)
spetta esclusivamente al giudice del reclamo, sicché l'inte
grazione del provvedimento cautelare da parte del giudice di
prima istanza, che intervenga successivamente alla proposi zione del reclamo, non osta alla pronunzia sul gravame. (3)
Posto che l'inidoneità del provvedimento cautelare ad essere
sottoposto ad esecuzione coattiva diretta non comporta il ve
nir meno dell'interesse della parte ad ottenerne la pronunzia, è ammissibile sia il ricorso teso ad ottenere un provvedimento cautelare avente ad oggetto obblighi di fare infungibili sia il
ricorso teso ad ottenere l'individuazione delle modalità di
relativa attuazione. (4)
(1-4) Con riferimento all'affermata ammissibilità del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso ordinanza di determinazione delle modalità di attuazione di provvedimento cautelare emessa ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c., in senso conforme alla pronunzia sopra riportata, v., con specifico riguardo a ordinanza ricettiva, Trib. Pisa 10 agosto 1994, Foro it., Rep. 1995, voce Procedimenti cautelari, n. 171, e Trib. Latina, ord. 5 dicembre 1997, id., 1999, I, 2117, con ampia nota di richiami,
nonché, con specifico riguardo a declaratoria d'inammissibilità del
provvedimento ex art. 669 duodecies c.p.c., Trib. Bari, ord. 29 febbraio
1996, id., 1996, I, 2914, con nota di richiami. Nel senso dell'inammis sibilità del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso il provvedi mento positivo emanato ai sensi dell'art. 669 duodecies in sede di de terminazione delle modalità di attuazione di misura cautelare (ordine di
reintegrazione) precedentemente concessa, v., invece, Trib. Roma 17
aprile 1997, id., Rep. 1998, voce cit., n. 76. In merito ai rapporti tra provvedimento ex art. 669 duodecies c.p.c. e
opposizione agli atti esecutivi, per l'opponibilità ex art. 617, 2° comma,
c.p.c. dell'ordinanza che si limiti a determinare le modalità di attuazio ne delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di fare o non fare, v. Trib. Brescia, ord. 11 giugno 1997, id., 1997, I, 3404, con nota di ri chiami, in cui si dà conto del contrario orientamento della dottrina. Mette conto, peraltro, segnalare che, con ordinanza 8 luglio 2003, ine
dita, il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Roma, investito del
l'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza ex art. 669 duode cies c.p.c. 3 giugno 2003, riportata in epigrafe, ha respinto l'istanza di
sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato sul presup posto dell'inopponibilità ex art. 617, 2° comma, c.p.c., dell'ordinanza resa ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c.
Sulla competenza a conoscere dell'istanza ex art. 669 duodecies
c.p.c., in ipotesi di provvedimento d'urgenza emesso per la prima volta o modificato dal giudice del reclamo, v., nel senso della competenza del giudice del primo grado cautelare, Trib. Piacenza 30 dicembre 1997, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 41, e Trib. Venezia, ord. 5 luglio 1997, id., 1999, I, 1668, con nota di richiami; nel senso della compe tenza del giudice del reclamo, Pret. Latina-Gaeta, ord. 14 gennaio 1999, ibid.. 1669; Trib. Messina 9 aprile 1998, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 35; Trib. Perugia 23 ottobre 1998, ibid., n. 65, nonché Trib. Padova, ord. 22 novembre 1996, id., 1997,1, 1264.
La pronunzia da ultimo richiamata ha, peraltro, affermato che l'at tuazione di misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di fare o non fa re deve avvenire nelle forme di cui all'art. 612 c.p.c.; in senso contrario sul punto, v., tuttavia, Pret. Brindisi-Mesagne, ord. 14 gennaio 1999, id., 1999, I, 1674, con nota di richiami e l'ulteriore giurisprudenza e la dottrina ivi menzionate.
Trib. Bari 12 febbraio 1997, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 55, ha pun tualizzato che, dal momento che ogni questione attinente alla fondatez za della domanda cautelare è rimessa dall'art. 669 duodecies c.p.c. al
giudizio di merito, il giudice adito ai sensi della menzionata disposizio ne non può revocare il provvedimento cautelare né sospenderne l'ese cuzione ex art. 624 c.p.c.
In ordine alla cognizione del giudice del reclamo, nel senso che il re clamo ex art. 669 terdecies c.p.c. è mezzo di impugnazione a struttura devolutiva-sostitutiva, piuttosto che a struttura meramente rescindente, e che, attraverso di esso è possibile far valere l'ingiustizia della deci
II Foro Italiano — 2003.
A fronte di un provvedimento d'urgenza con cui il giudice del
lavoro abbia ordinato ad un'emittente televisiva di riadibire
un giornalista alle mansioni demandategli in forza di un pre cedente contratto così come in passato effettivamente svolte
ed esercitate in concreto, l'ordinanza attuativa ex art. 669
duodecies c.p.c. è legittima, nella parte in cui, sulla scorta
della previsione contrattuale, disponga l'affidamento al gior nalista di un programma di approfondimento giornalistico
sull'informazione d'attualità e la sua realizzazione in puntate essenzialmente o tendenzialmente monotematiche ed è, inve
ce, illegittima, poiché indebitamente incidente sul diritto del
l'imprenditore di definire in via esclusiva i criteri di concreta
gestione dell'impresa garantito dall'art. 41 Cost., nella parte in cui disponga, ulteriormente, in merito alla collocazione
temporale del programma, alla durata complessiva del mede
simo, nel suo insieme e nelle singole puntate, nonché alla
dotazione di risorse umane, materiali e tecniche da impegna re ai fini della relativa realizzazione. (5)
II
TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 3 giugno 2003; Giud. Pa
gliarini; Santoro (Avv. D. e N. d'Amati) c. Soc. Rai-Ra
diotelevisione italiana (Avv. Dell'Olio, Scozzafava).
Procedimenti cautelari — Giornalista televisivo — Mansioni
sione del giudice di prime cure, adducendo sia fatti preesistenti sia fatti
sopravvenuti, rispetto al rilascio della misura cautelare, nonché alle
gando nuove produzioni documentali, v. Corte conti, sez. giur. reg. Pu
glia, ord. 10 marzo 1999, n. 13, id., Rep. 1999, voce cit., n. 83; Trib. Catanzaro 27 maggio 1997, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 68; Trib. Roma 15 marzo 1996, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 89.
Difformemente da quanto sostenuto dalla pronunzia sopra riportata, l'orientamento tradizionale è nel senso che l'attuazione del provvedi mento cautelare ha, non diversamente dall'esecuzione ai sensi dell'art. 612 c.p.c., un ambito di operatività circoscritto agli obblighi di fare
fungibili, giacché quelli infungibili, così come di esecuzione forzata, sono ritenuti, altresì, insuscettibili di attuazione cautelare (anche ai sen si dell'art. 669 duodecies c.p.c., che, in proposito, non ha introdotto al cuna innovazione); per tale orientamento, v. Trib. Roma 13 dicembre 1996, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 1770. Con riferimento all'indi cato criterio, in relazione al provvedimento d'urgenza che disponga la
reintegra del lavoratore illegittimamente licenziato, si è, in particolare, affermato che detto provvedimento è provvedimento, complesso e fra zionabile. suscettibile di attuazione forzata nella parte in cui, ricosti tuendo retroattivamente il rapporto di lavoro con tutte le conseguenze economiche, retributive e previdenziali, impone la reiscrizione nel libro
paga e matricola e consente l'ingresso del lavoratore in azienda per l'esercizio dei diritti sindacali, mentre è, invece, incoercibile, quanto all'obbligo del datore di lavoro di reinserirlo nell'attività dell'azienda,
offrendogli personale collaborazione per l'espletamento della presta zione lavorativa: v. Trib. Latina, ord. 5 dicembre 1997, cit., con ampia nota di richiami, cui si rinvia.
Secondo Trib. Roma, ord. 12 settembre 2002, id., 2002, I, 3207, con nota di A. Palmieri, inammissibile è la stessa istanza cautelare che per segua un provvedimento di condanna all'adempimento di un'obbliga zione avente ad oggetto un facere infungibile.
Per Pret. Catania-Acireale, ord. 2 agosto 1996, id., Rep. 1998, voce Procedimenti cautelari, n. 42, ove il datore di lavoro non abbia ottem
perato al provvedimento d'urgenza circa la riassegnazione del lavorato re a mansioni identiche o almeno equivalenti rispetto a quelle origina rie, il lavoratore non può chiedere l'attuazione coattiva ex art. 669 duo decies c.p.c., ma deve rivolgersi, con una nuova istanza, al giudice competente perché emetta, se del caso, nuova misura cautelare.
(5-6) Non si rinvengono precedenti in termini. L'ordinanza ex art. 700 c.p.c., Trib. Roma 9 dicembre 2002, del
quale i provvedimenti in epigrafe costituiscono attuazione ai sensi del l'art. 669 duodecies del codice di rito, è riportata in Foro it., 2003, I, 919, con nota di richiami. La misura cautelare — confermata in sede di reclamo dall'ordinanza collegiale Trib. Roma 20 febbraio 2003, pres. Cortesani, rei. Blasutto, inedita — aveva ritenuto l'illegittimo deman sionamento del giornalista Rai Michele Santoro ed aveva generica mente disposto, a carico dell'emittente, l'ordine di riadibire il giornali sta alle mansioni contrattualmente stabilite e già dallo stesso effettiva mente esercitate.
Con l'ordinanza 3 giugno 2003, riportata in epigrafe, il giudice del l'attuazione (incontrovertibilmente identificato nel giudice del primo grado cautelare), riscontrate nelle alternative attuative offerte dall'e mittente Rai le carenze indicate nella massima, ha esplicitato il conte nuto precettivo della misura cautelare, puntualizzandolo nell'affida
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
— Modificazione peggiorativa — Provvedimento di ur
genza — Modalità d'attuazione — Fattispecie (Cost., art.
41; cod. civ., art. 2103; cod. proc. civ., art. 669 duodecies,
700).
A fronte di un provvedimento di urgenza con cui il giudice del
lavoro abbia ordinato ad un'emittente televisiva di riadibire
un giornalista alle mansioni demandategli iti forza di un pre cedente contratto così come in passato effettivamente svolte
ed esercitate in concreto, non costituisce adeguata attuazione dell'ordine del giudice l'utilizzazione del giornalista ai fini di
un programma che, per collocazione in fascia oraria e in
giorni di minor ascolto, per minor durata di ogni singola tra
smissione e per mancanza di serialità e continuità si discosti
dal precedente impiego del giornalista e dalle modalità con
cui vengono trasmessi programmi di analoghe caratteristiche
e tipologia; ne consegue che, in sede di attuazione ex art. 669
duodecies c.p.c., il contenuto precettivo della misura cautela
re deve essere esplicitato, non solo con riferimento alla tipo
logia ed alla struttura del programma da assegnare al gior nalista (nella specie, programma di approfondimento giorna listico sull'informazione di attualità realizzato mediante
puntate essenzialmente o tendenzialmente monotematiche), ma, altresì, con specifico riguardo alla sua collocazione tem
porale, alla durata complessiva del programma medesimo, nel suo insieme e nelle singole puntate, nonché alla dotazione delle risorse umane, materiali e tecniche necessarie alla sua
buona riuscita. (6)
mento al giornalista della realizzazione e della conduzione di un pro gramma di approfondimento giornalistico sull'informazione di attualità realizzato mediante puntate essenzialmente o tendenzialmente mono
tematiche, collocato in prima o seconda serata, per la durata complessi va di non meno di otto mesi, con puntate settimanali tra i novanta e i
centocinquanta minuti ciascuna e con dotazione di risorse umane, mate riali e tecniche equivalenti a quelle già accordate per i programmi pre cedentemente realizzati.
Con ordine del giorno approvato in esito al provvedimento (con
quattro voti a favore ed il voto contrario del presidente), il consiglio di amministrazione della Rai (<http://rainet.tiscali.it/cronache/article/ 20030603/54583.html>) — preso «doverosamente atto della decisione del magistrato del lavoro», ma ritenutane l'illegittimità — ha dato «mandato al direttore generale di valutare e di intraprendere le oppor tune azioni a tutela della Rai», azioni, poi, concretatesi nella proposi zione avverso il provvedimento medesimo del reclamo ex art. 669 ter decies c.p.c. deciso con l'ordinanza collegiale 23 luglio 2003, pure so
pra riportata, e dell'opposizione agli atti esecutivi, di cui è cenno nella nota che precede.
A giustificazione della posizione assunta dall'ente, il richiamato or dine del giorno Rai ha, in primo luogo, riaffermato il contrasto della decisione contestata (già esplicitamente negato dal giudice dell'attua
zione) con «pronunciamento dell'Autorità per le garanzie nelle comu nicazioni al cui dettato è fatto obbligo alla Rai di ottemperare». Il rife rimento è alla delibera 15 maggio 2003, n. 91/03/CSP. con la quale l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni — ritenutasi investita dalla normativa in materia di pluralismo nell'informazione di compiti di «verifica della conformità alle prescrizioni di legge di tutti i servizi ed i prodotti forniti da operatori di comunicazione destinatari di con cessione o di autorizzazione» — ha dichiarato (analogamente a quanto effettuato, con delibera in pari data, in relazione ai telegiornali messi in onda dall'emittente privata Retequattro tra il 1° luglio ed il 31 dicem bre 2001) che il programma «Sciuscià edizione straordinaria», condotto da Michele Santoro e diffuso dalla Rai tra il gennaio ed il maggio 2002, non aveva assicurato le condizioni di pluralismo, obiettività, comple tezza ed imparzialità richieste dall'art. 1, 2° comma, 1. 6 agosto 1990 n.
223, richiamando la Rai al rispetto dei principi suddetti e, nel contem
po, segnalando al parlamento l'assenza di specifiche norme volte ad as sicurare la sanzionabilità delle previsioni contenute nella richiamata di
sposizione. In secondo luogo, l'ordine del giorno del consiglio di am ministrazione Rai ha riscontrato nel provvedimento attuativo un'inde
bita violazione della libertà di impresa sancita dall'art. 41 Cost. Intervenendo in sede di reclamo avverso il provvedimento attuativo
del 3 giugno 2003 (che la narrativa del provvedimento sul reclamo ri
vela, peraltro, esser stato integrato con ulteriori puntualizzazioni, dal
giudice di prima istanza, in data 16 luglio 2003, già in pendenza di gra vame), l'ordinanza collegiale Trib. Roma 23 luglio 2003 ha accolto le
doglianze della Rai con esclusivo riguardo al profilo della violazione
della libertà di impresa costituzionalmente garantita e limitatamente
alla determinazione giudiziale della collocazione temporale del pro gramma, della durata complessiva del medesimo, nel suo insieme e
nelle singole puntate, nonché alla specificazione delle risorse personali e strumentali da impiegarvi.
11. Foro Italiano — 2003.
I
Ritenuto che, in data 9 dicembre 2002 (Foro it., 2003,1, 919), il Tribunale di Roma, primo grado, ha emesso ordinanza ai sensi
dell'art. 700 c.p.c. con la quale ha ordinato alla Rai-Radiotele
visione italiana di adibire il dipendente Santoro Michele alle
mansioni di cui al contratto di lavoro del 14 aprile 1999, così
come effettivamente svolte in concreto, ovvero alla realizzazio
ne ed alla conduzione di programmi televisivi di approfondi mento dell'informazione di attualità;
che il Tribunale di Roma, in sede di reclamo, con ordinanza
del 13 febbraio 2003, ha confermato l'ordinanza nei sensi e nei
termini di cui in motivazione; che il Tribunale di Roma, primo grado, con ordinanza 3 giu
gno 2003 (che segue), ha disposto che il provvedimento cautela
re va applicato nel modo seguente: la Rai deve affidare a Santo
ro Michele la realizzazione e la conduzione di un programma; a) di approfondimento giornalistico sull'informazione di attua
lità; b) collocato in prima od in seconda serata; c) realizzato
mediante puntate essenzialmente o tendenzialmente monotema
tiche; d) che abbia la durata complessiva equivalente a quella —
tra novanta e centocinquanta minuti per puntata settimanale per non meno di otto mesi — dei programmi realizzati in preceden za dal medesimo; e) con dotazione di risorse — umane, mate
riali e tecniche — idonee ad assicurare la buona riuscita di esso, in misura equivalente a quella praticata per i programmi prece denti;
che avverso questo provvedimento la Rai ha proposto il pre sente reclamo;
che l'art. 669 duodecies c.p.c. stabilisce che: l'attuazione
delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro avvie
ne nelle forme di cui agli art. 491 ss. c.p.c., in quanto compati bili, mentre l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto
obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il
controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare
il quale ne determina le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti op
portuni, sentite le parti; ogni altra questione va proposta nel
giudizio di merito; che il Santoro ha dedotto che il provvedimento di attuazione
non è soggetto a reclamo; che la deduzione è priva di fondamento;
che, in particolare, dall'art. 669 duodecies c.p.c. sopra citato, si evince, in primo luogo, che la competenza a dettare le moda
lità di attuazione, nel caso di obblighi di fare, spetta al giudice del provvedimento cautelare;
che tale competenza funzionale è coerente con la natura del
l'attuazione prevista dalla suddetta norma, che costituisce una
fase dell'unico procedimento cautelare e non un procedimento autonomo, da cui la concentrazione in capo allo stesso giudice della cognizione e dell'attuazione della tutela;
La decisione è fondata sul convincimento che, nella prospettiva di cui all'art. 2103 c.c., il concetto di equivalenza delle mansioni cui adi bire il lavoratore non coincide con quello di identità delle medesime, sicché, ai fini dell'applicazione della norma, va riconosciuto al datore di lavoro, nel ristretto ambito dell'equivalenza, un persistente margine di ius variandi, da porre in relazione al suo diritto, espressione della li bertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost, (e, nei limiti in
dicati, destinato a prevalere, in ambito di equo bilanciamento sui diritti
garantiti al prestatore di lavoro dall'art. 4 Cost.), di definire in via esclusiva i criteri di concreta gestione dell'impresa. Nel senso che il concetto dell'equivalenza delle mansioni non coincide con quello del l'identità delle stesse, v. Cass. 15 febbraio 2003, n. 2328, id., Mass., 212: 1° settembre 2000, n. 11457, id., Rep. 2001, voce Lavoro (rap porto), n. 787, citata in motivazione; 17 luglio 1998, n. 7040, id., Rep. 1999, voce cit., n. 988; 21 ottobre 1997, n. 10333, id., Rep. 1998, voce
cit.. n. 846; 10 aprile 1996, n. 3340, id., Rep. 1996, voce cit., n. 769; 23
novembre 1995, n. 12121, ibid., n. 746; 19 marzo 1991, n. 2896, id..
Rep. 1991, voce cit., n. 736; 8 febbraio 1985, n. 1033, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 851; 19 novembre 1984, n. 5921, id., Rep. 1984, voce cit.. n. 597. Per Cass. 4 luglio 2002, n. 9709, id., 2003, I, 205, con nota di
richiami, in presenza di situazioni di eccezionale gravità connesse ad
obiettive e specifiche esigenze aziendali e con rigoroso riferimento alle
emergenze dalle stesse determinate, la previsione dell'art. 2103 c.c. non
osta nemmeno all'esercizio da parte del datore di lavoro di un margi nale ius variandi in peius. Sulla determinazione del risarcimento del
danno da demansionamento, v. Cass. 12 novembre 2002, n. 15868,
ibid., 480. [A. Cappabianca]
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2843 PARTE PRIMA 2844
che tale scelta legislativa rinviene il suo fondamento teorico
nel principio dell'unità del procedimento cautelare, elaborato
dalla dottrina, secondo cui non si può distinguere, nell'ambito
della tutela cautelare, un processo di cognizione ed un processo di esecuzione, trattandosi di fasi che si susseguono senza solu
zione di continuità in un unico procedimento, che, almeno nella
generalità dei casi, è un procedimento misto di cognizione ed
attuazione; che da tale scelta consegue che, di norma, il giudice designato
debba indicare le modalità di attuazione, ove possibile, conte
stualmente al provvedimento di accoglimento della domanda
cautelare, non essendovi ragioni per ritenere che il legislatore abbia imposto alle parti di ricorrere due volte a detto giudice (in un primo momento per chiedere la misura cautelare ed in un se
condo momento, in caso di esito positivo dell'istanza, per chie
dere la determinazione delle modalità attuati ve); che la disciplina dell'attuazione così interpretata, oltre ad es
sere coerente con la logica del sistema per i motivi esposti, è
anche in linea con il principio dell'economia dei giudizi, atteso
che evita il prolungamento dei tempi dell'esecuzione del prov vedimento cautelare, che, per volontà del legislatore, nasce ese
cutivo ex lege', che, pertanto, solo qualora il provvedimento cautelare difetti,
sin dalla formulazione iniziale, della determinazione delle mo
dalità attuative eventualmente necessarie per renderlo effettivo, è possibile utilizzare lo strumento previsto dall'art. 669 duode
cies c.p.c., il cui esito, lungi dal rappresentare qualcosa di nuovo
e diverso rispetto al contenuto della tutela cautelare, tende alla
sua mera integrazione; integrazione necessaria ogni qualvolta
rimangano indeterminate le modalità per la soddisfazione del di
ritto azionato; che l'art. 669 terdecies c.p.c. stabilisce che è ammesso il re
clamo avverso l'ordinanza con la quale, prima dell'inizio o nel
corso della causa, è stato concesso un provvedimento cautelare;
che, alla luce del principio dell'unità del procedimento cau
telare, la suddetta previsione non può che estendersi al provve dimento di attuazione, che non rappresenta un quid novi, ma
semplicemente una integrazione del provvedimento cautelare
nel caso in cui le modalità attuative non siano già state indicate
nella formulazione originaria dello stesso; che il Santoro deduce che la Rai ha anche proposto opposi
zione dinanzi al giudice dell'esecuzione per accertare che il
provvedimento di attuazione costituisce atto esecutivo, preclu dendosi in tal modo la possibilità di proporre reclamo avverso lo
stesso provvedimento, affermandone la natura cautelare; che la deduzione è infondata;
che, infatti, nessuna norma esclude la facoltà della parte di
sperimentare due procedimenti distinti per la tutela dei propri diritti, sempre che le relative azioni siano fondate su prospetta zioni diverse;
che l'instaurazione di opposizione agli atti esecutivi — oppo
sizione non ancora definita — non consente comunque di ritar
dare la pronuncia sul procedimento cautelare, per sua natura ur
gente e non differibile;
che, nelle more del reclamo, il Tribunale di Roma, primo grado, ha emesso, in data 16 luglio 2003, un'altra ordinanza con la quale ha disposto che, ad ulteriore specificazione del provve dimento di attuazione del 3 giugno 2003, la Rai deve affidare a
Santoro Michele la realizzazione e la conduzione del program ma indicato dal medesimo, a seguito di richiesta della società, come «idea numero due», così come definita e perfezionata con
successiva lettera del 7 luglio 2003 ed ha fissato come termine
per l'adempimento il 4 agosto 2003; che l'emissione del suddetto provvedimento non osta alla
pronuncia sul reclamo sottoposto all'esame del collegio; che, infatti, in pendenza del reclamo, la competenza ad esa
minare eventuali profili sopravvenuti e ad apportare eventuali modifiche al provvedimento reclamato spetta al giudice del re
clamo, come si evince: 1) dalla disposizione di cui all'art. 177
c.p.c., che stabilisce che non sono revocabili né modificabili dal
giudice che le ha pronunziate «le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo»; 2) dalla disposi zione di cui all'art. 669 terdecies, 4° comma, c.p.c., che stabili
sce che, in sede di reclamo, il collegio pronuncia ordinanza non
impugnabile con la quale «conferma, modifica o revoca il prov vedimento cautelare»;
che, peraltro, la stessa norma da ultimo citata, nell'ultimo
comma, attribuisce rilievo, in sede di reclamo, ai fatti sopravve nuti;
Il Foro Italiano — 2003.
che, sebbene la disposizione sia prevista nell'ambito dell'i
stituto dell'inibitoria, non è pensabile che i motivi che possono
giustificare la sospensione dell'esecuzione del provvedimento cautelare non possano essere conosciuti in sede di reclamo;
che, pertanto, l'ordinanza in esame non assume alcun rilievo
ai fini della presente decisione, essendo stata emessa in ambito
ormai riservato, dopo la proposizione del reclamo, alla piena ed
esclusiva competenza del tribunale in composizione collegiale, e non più a quella del giudice monocratico, la cui nuova pro nuncia non può, dunque, avere effetto privativo del potere giu risdizionale attribuito al collegio sul merito del provvedimento ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c., così come assunto con la
censurata ordinanza del 3 giugno 2003, non suscettibile, come
già evidenziato, né di revoca, né di modifica se non nella pre sente sede;
che, peraltro, le stesse parti, in sede di discussione, hanno
concordemente insistito per la decisione sul reclamo; che la Rai ha dedotto l'illegittimità del provvedimento di at
tuazione in quanto esso incide in materia di obblighi di fare in
fungibili, laddove l'art. 669 duodecies c.p.c. ha un ambito circo
scritto agli obblighi di fare fungibili; che la deduzione è infondata;
che, in particolare, costituisce un facere infungibile non solo
la prestazione obiettivamente non eseguibile ad opera di un ter
zo, ma anche quella che, postulando una specifica ed autonoma
determinazione dell'obbligato, si risolve in una sua condotta
strettamente personale e quindi non del tutto sostituibile;
che, nel caso in esame, senza la cooperazione dell'imprendi tore, a cui è istituzionalmente demandato il potere direttivo, or
ganizzativo e disciplinare, una prestazione di lavoro non è so
stanzialmente concepibile, essendo indispensabile che il datore
di lavoro, con una specifica determinazione di volontà, reinseri
sca il dipendente nella posizione a lui spettante nell'azienda e
gli impartisca i necessari ordini, così conformandone la presta zione all'interesse dell'impresa, che egli soltanto è in grado di
valutare, senza la possibilità di sostituzione del giudice o di ter
zi;
che, tuttavia, l'inidoneità del provvedimento cautelare ad es
sere sottoposto ad esecuzione coattiva diretta non comporta il
venir meno dell'interesse della parte ad ottenerne la pronuncia; che, in particolare, nella delineata prospettiva dell'unità del
procedimento cautelare, l'interesse ad agire in attuazione si
identifica tout court con l'interesse ad agire in sede cautelare; che la sussistenza di tale unitario interesse consegue al fatto
che l'ordinamento prevede altre utilità, diverse dall'esecuzione
coattiva, che traggono la loro fonte proprio nel provvedimento cautelare avente ad oggetto obblighi di fare infungibili ed in
quello eventuale di attuazione; che tali utilità vanno ravvisate in vari strumenti di coazione
indiretta, tendenti ad ottenere la cooperazione dello stesso ob
bligato nell'attuazione del diritto;
che, infatti: il comando giudiziale emesso in sede cautelare ha
in sé una forza persuasiva, tutt'altro che trascurabile, intrinseca nell'autorità stessa di ogni provvedimento giurisdizionale; il
provvedimento cautelare può essere oggetto di divulgazione con
la pubblicazione sulla stampa periodica ai sensi dell'art. 120
c.p.c.; l'inottemperanza al comando giudiziale è suscettibile di
conseguenze penali a carico della parte che ne è responsabile; tale inottemperanza ha rilievo anche nel giudizio di merito che
segue l'accoglimento dell'istanza cautelare, atteso che, in pre senza di pretese risarcitone, la mancata esecuzione può essere valutata ai fini della quantificazione dell'entità del danno;
che, alla luce delle considerazioni esposte, è del tutto ammis
sibile sia il ricorso per ottenere un provvedimento cautelare
avente ad oggetto obblighi di fare infungibili che quello (even
tuale) per ottenere l'individuazione delle modalità con le quali il
comando giudiziale ivi contenuto deve essere attuato; che la parte reclamata deduce che, in concreto, il provvedi
mento di attuazione, nell'imporre all'imprenditore la predispo sizione per il Santoro di un programma di contenuto, durata e
collocazione nel palinsesto predefiniti nonché l'assegnazione alla realizzazione di tale programma di risorse umane, tecniche, finanziarie stabilite per relationem rispetto ad altri programmi andati in onda in anni precedenti, lede la libertà di iniziativa
economica garantita dall'art. 41 Cost.; che la doglianza è fondata nei termini di seguito indicati; che riveste primaria importanza, ai fini della decisione, una
corretta interpretazione dell'art. 2103 c.c., che impone al datore
di lavoro di assegnare al lavoratore le mansioni per le quali è
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
stato assunto ovvero mansioni equivalenti alle ultime effettiva
mente svolte senza diminuzione della retribuzione;
che, già nell'ordinanza emessa dal collegio del 13 febbraio
2003 in sede di reclamo avverso il provvedimento cautelare del
9 dicembre 2002, si è evidenziato che il Santoro è stato assunto
per la realizzazione e conduzione di programmi di approfondi mento informativo;
che si è ivi altresì precisato che sono mansioni equivalenti,
per costante giurisprudenza, quelle che siano aderenti alla speci fica competenza del lavoratore, del quale va salvaguardato il li
vello professionale acquisito e garantito lo svolgimento e l'ac
crescimento delle capacità professionali; che la verifica della «equivalenza» va effettuata sia sul piano
oggettivo, e cioè sotto il profilo dell'inclusione nella stessa area
professionale delle mansioni iniziali e di quelle di destinazione, sia sul piano soggettivo, in relazione al quale è necessario che le
precedenti e le nuove mansioni siano professionalmente affini, nel senso che queste ultime si armonizzino con le capacità pro fessionali già acquisite dall'interessato durante il rapporto lavo
rativo, consentendo ulteriori affinamenti e sviluppi (Cass. 11457/00, id., Rep. 2001, voce Lavoro (rapporto), n. 787);
che, pertanto, il concetto di equivalenza delle mansioni è ben
distinto da quello di identità delle medesime, sicché la norma in
esame non prevede in alcun modo un diritto alla cristallizzazio
ne delle mansioni svolte; che della norma in esame va data un'interpretazione che attui
un equo contemperamento dei principi fondamentali stabiliti, da
una parte, nell'art. 4 Cost., che stabilisce che la Repubblica ri
conosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le con
dizioni che rendano effettivo questo diritto, e, dall'altra parte, nell'art. 41 Cost., che, nell'affermare che l'iniziativa economica
privata è libera, sancisce il diritto dei privati di disporre delle ri
sorse, materiali ed umane, e di organizzare l'attività produttiva, costituendo il fondamento del potere direttivo dell'imprendito re;
che, in questa ottica, il datore di lavoro ha senz'altro l'obbli
go di adibire il prestatore all'attività lavorativa, affidandogli le
mansioni per le quali è stato assunto o quelle equivalenti, ma
nessun ulteriore obbligo è posto a suo carico che possa influire
sulla scelta, che compete esclusivamente all'imprenditore, dei
criteri di gestione dell'impresa, scelta che — come si è detto —
è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dal
l'art. 41 Cost.;
che, nel caso in esame, il contenuto delle mansioni da consi
derare equivalenti è già stato delineato e delimitato nella citata
ordinanza collegiale del 13 febbraio 2003, ove si afferma che
tali mansioni vanno individuate nell'alveo descritto dall'art. 2
del contratto di servizio tra la Rai ed il governo e, segnatamente, nel «macrogenere televisivo» di cui alla lett. b) della clausola, così descritto: «Informazione: inchieste, rubriche, programmi di
attualità, costume e società, dibattiti. In questo ambito rientrano
anche le rubriche di approfondimento di rete e di testata e i pro
grammi informativi dedicati all'informazione sull'attività degli
organi istituzionali nonché delle regioni e delle autonomie locali
e all'informazione parlamentare»; che si è ivi specificato che tale macrogenere si qualifica per il
carattere essenzialmente monotematico del singolo programma e per il necessario connotato di approfondimento delle temati
che affrontate, che inseriscono all'attualità;
che, pertanto, il giudizio di congruità sulle mansioni da asse
gnare, che consenta di conservare e di non depauperare o svilire
la specifica professionalità e le capacità acquisite dal Santoro
nell'esercizio di quelle precedenti, va formulato con «esclusi
vo» riferimento (cfr. ordinanza collegiale cit.) all'alveo del
l'equivalenza segnato nell'art. 2, lett. b), del contratto di servi
zio tra la Rai e il governo, nel cui ambito si può esprimere lo ius
variandi dell'imprenditore; che, stando così le cose, è senz'altro in linea con il dettato
dell'art. 2103 c.c. la previsione, in sede di provvedimento di
attuazione, dell'affidamento di un programma di approfondi mento giornalistico sull'informazione di attualità e della sua
realizzazione in puntate essenzialmente o tendenzialmente mo
notematiche (punti a e c del dispositivo); che, invece, non rientrano nel campo di applicazione dell'art.
2103 c.c. le ulteriori disposizioni, contenute nel suddetto prov vedimento, inerenti alla collocazione temporale del programma, alla durata complessiva del medesimo nel suo insieme e nelle
singole puntate, alla dotazione di risorse idonee alla sua buona
riuscita (punti b, d ed e del dispositivo);
Il Foro Italiano — 2003.
che, infatti, tali disposizioni non tendono ad assicurare
l'equivalenza delle mansioni, come sopra delimitata, bensì at
tengono a profili della prestazione diversi ed estranei rispetto alla detta equivalenza, quali la visibilità, la notorietà, l'immagi ne, il successo di pubblico, profili questi che l'imprenditore non
è in alcun modo tenuto a garantire; che, inoltre — e ciò rileva in maniera determinante — la
scelta e la collocazione temporale dei programmi, la durata
complessiva dei medesimi e delle singole puntate e la dotazione
di risorse da utilizzare rientrano certamente nell'ambito delle
scelte strategiche e di gestione dell'azienda, scelte che — come
si è detto — sono di competenza esclusiva dell'imprenditore, in
quanto espressione della libertà di iniziativa economica tutelata
dall'art. 41 Cost.;
che, pertanto, il giudice non può individuare in maniera così
specifica la posizione organizzativa da attribuire al lavoratore
né dettare ordini circa l'assegnazione di un determinato pro
gramma, trattandosi di determinazioni che influiscono sul con
creto assetto dell'azienda; né può ordinare l'assegnazione di
una dotazione di mezzi o di personale, trattandosi parimenti di
decisioni relative alla gestione dell'impresa; che, alla luce delle considerazioni esposte, restano assorbite
le questioni di illegittimità costituzionale sollevate dalla parte reclamante;
che, pertanto, va revocato il provvedimento di attuazione e
messo tra le parti dal Tribunale di Roma, primo grado, in data 3
giugno 2003 limitatamente ai punti b), d) ed e) della parte di
spositiva; che il medesimo provvedimento va confermato per la restante
parte, con esclusione di ogni altra modificazione, integrazione o
specificazione di esso (e dell'ordinanza cautelare), non ravvi
sando il collegio, esclusivamente competente in merito, la sussi
stenza, allo stato e sulla base di tutto quanto sopra illustrato, delle condizioni e dei presupposti in fatto ed in diritto per un
siffatto ulteriore intervento ai sensi dell'art. 669 duodecies
c.p.c.
II
Con istanza ex art. 669 duodecies c.p.c. depositata in data 24
dicembre 2002, Michele Santoro esponeva che:
con provvedimento del 9 dicembre 2002 (Foro it., 2003, I,
919), il giudice del lavoro del Tribunale di Roma, in accogli mento di una domanda cautelare presentata dallo stesso istante, aveva ordinato alla Rai di adibirlo alle mansioni di cui al con
tratto del 14 aprile 1999, così come effettivamente svolte ed
esercitate in concreto, ovvero alla realizzazione e alla conduzio
ne di programmi televisivi di approfondimento dell'attualità; con raccomandata del 10 dicembre 2002 i suoi difensori —
facendo riferimento al provvedimento del giudice — avevano
invitato il direttore generale dell'azienda all'integrale ripristino del gruppo di lavoro affidatogli, comprendente i collaboratori di
cui ad un elenco allegato; all'integrale ripristino delle strutture
logistiche redazionali, in precedenza utilizzate nei locali di via
Teulada, ivi comprese le salette di montaggio; detto invito era rimasto privo di risposta da parte dell'azien
da, che non aveva dato esecuzione al provvedimento del giudi ce, trovandosi egli ancora in condizioni di forzata inoperosità;
in particolare, era rimasto privo delle strutture necessarie ai
fini dello svolgimento delle mansioni che gli spettavano, in
quanto della redazione in precedenza affidatagli, in via Teulada; la stanza di segreteria, le stanze redazione 1 e 2, la saletta gra
fica e le salette di montaggio 1, 2 e 3 erano state sottratte alla
sua disponibilità ed assegnate ad altre produzioni; la stanza della segreteria di produzione era stata sottratta alla
sua disponibilità; la stanza redazione 3 era rimasta vuota e lo
studio n. 2 di Saxa Rubra (normalmente utilizzato per le tra
smissioni in diretta) era stato spogliato della scenografia e de
stinato ad altra produzione; l'azienda aveva poi distolto dalla predetta redazione gran
parte del personale che in precedenza la occupava e che collabo
rava con lui per la realizzazione dei programmi televisivi, e pre cisamente undici giornalisti, quattro addetti al casting, quattro addetti alla segreteria di redazione, l'addetta alla sua segreteria
personale, il produttore esecutivo, sei addetti al montaggio, due
addetti alla grafica, l'addetto al sito Internet di Sciuscià ed infi
ne il regista (tutti nominativamente indicati). Ciò premesso
— e ritenuto che per l'esecuzione del provve
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2847 PARTE PRIMA 2848
dimento cautelare dovessero essere messi a sua disposizione i
locali, le attrezzature ed il personale sopra richiamato e che do
vessero essere determinate le modalità di trasmissione dei pro
grammi televisivi che sarebbero stati da lui realizzati — l'i
stante chiedeva al giudice di determinare le modalità di attua
zione dell'ordinanza cautelare richiamata.
Con deposito di memoria si costituiva in giudizio l'azienda
convenuta, la quale deduceva che:
non era vero che il ricorrente era privo di risorse e mezzi tec
nici, poiché, oltre alla sua stanza e all'archivio, aveva a disposi zione i collaboratori Ruotolo, Costamagna, Formigli e lacona,
con le stanze da questi occupate; ed ulteriori risorse e mezzi sa
rebbero stati funzionali a specifici programmi; dal ricorrente non erano state formulate proposte di nuovi
programmi, le quali comunque dovevano essere discusse con la
direzione della rete di appartenenza (Raidue) ed inoltrate al con
siglio d'amministrazione per l'inserimento — previe le occor
renti variazioni di altri programmi — nel piano annuale di tra
smissioni;
doveva comunque tenersi presente che la Rai, ai sensi del
contratto di servizio con lo Stato, doveva «sviluppare un'offerta
caratterizzata da completezza e varietà, capace di raggiungere obiettivi diversificati e in grado di rispondere ai bisogni diffe
renziati del pubblico»; e perciò doveva equilibrare il rapporto tra i programmi di approfondimento dell'attualità e gli altri
rientranti nella televisione «generalista»; in particolare, non era possibile riproporre il programma
Sciuscià poiché era stato riproposto più volte, anche sotto la
forma di edizione straordinaria o speciale, poiché aveva dato
luogo a sanzioni da parte del garante e poiché apparteneva allo
stesso genere di Ballarò ed Excalibur, con conseguente viola
zione del principio di differenziazione, nonché alterazione degli
equilibri, non potendosi, tali ultimi programmi, eliminare in
corso d'opera in quanto vi erano contratti stipulati, diritti di ter
zi e risorse già adibite; era il ricorrente, pertanto, che doveva presentare proposte per
una nuova formula di programma di approfondimento dell'at
tualità, che non fosse riproduttivo di Sciuscià, né di Ballarò o
Excalibur.
La Rai concludeva chiedendo che venisse dichiarato impropo nibile, inammissibile o comunque infondato il ricorso. (Omissis)
In via preliminare, deve essere osservato che nessun rilievo
nel presente procedimento di attuazione può rivestire la delibera
dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, emanata in
data 15 maggio 2003, con la quale l'azienda convenuta è stata
richiamata al rispetto dei principi di pluralismo, obiettività,
completezza ed imparzialità richiesti dall'art. 1, 2° comma, 1.
223/90, con riferimento ad alcune puntate del programma realiz
zato e condotto dal ricorrente nella passata stagione televisiva.
Ciò perché si tratta di un richiamo diretto nei confronti della
stessa azienda convenuta, che nessuna influenza — nemmeno in
diretta o riflessa — può avere nei riguardi del provvedimento cau
telare del quale in questa sede il ricorrente chiede l'attuazione.
Con quest'ultimo (emanato in data 9 dicembre 2002) il giudi ce ha ordinato «alla Rai-Radiotelevisione italiana s.p.a. di adi
bire Michele Santoro alle mansioni di cui al contratto del 14
aprile 1999, così come effettivamente svolte ed esercitate in
concreto, ovvero alla realizzazione e alla conduzione di pro
grammi televisivi di approfondimento dell'informazione di at
tualità».
Nelle more del presente procedimento di attuazione, il Tribu
nale di Roma, adito dall'azienda in sede di reclamo, nel riget tare quest'ultimo, ha chiarito che solo all'interno del macroge nere televisivo di cui alla lett. b) dell'art. 2 del contratto di ser
vizio tra la Rai ed il governo («Informazione: inchieste, rubri
che, programmi di attualità, costume e società, dibattiti ...») è
possibile ricercare l'area delle mansioni del Santoro, anche e
quivalenti ex art. 2103 c.c., e che il detto macrogenere si ca
ratterizza per il carattere essenzialmente monotematico del sin
golo programma e per il necessario connotato di approfondi mento delle tematiche affrontate riguardanti necessariamente
l'attualità.
Ciò premesso, occorre verificare in primo luogo se le due
proposte alternative avanzate dall'azienda con la delibera del
consiglio di amministrazione del 6 maggio 2003, e cioè dopo
Il Foro Italiano — 2003.
circa ben cinque mesi dal provvedimento cautelare, siano o me
no esecutive ed attuative di quest'ultimo. La prima proposta prevede un programma nel pomeriggio del
sabato, dalle 16,30 alle 18,00, articolato in otto puntate di no
vanta minuti ciascuna.
La seconda prevede una trasmissione in sedici puntate da
venti minuti ciascuna nella terza serata di sabato e di domenica.
Per entrambe le proposte, la partenza del programma è previ sta verso la fine di ottobre.
Ebbene, per collocazione oraria, per durata di ogni singola trasmissione (almeno per la seconda alternativa) e per mancanza
di serialità e continuità, la proposta formulata dall'azienda non
esegue e non attua il provvedimento del giudice. E al riguardo significativo che la stessa azienda (nella nota
dei tre direttori di rete del 5 maggio 2003, fatta propria dal di
rettore generale e quindi recepita dal consiglio di amministra
zione) parli di «soluzione innovativa, in duplice alternativa, sia
dal punto di vista della collocazione oraria che del formato» (il
che, detto in altre ma più precise parole, significa una trasmis
sione collocata in una diversa fascia oraria e con una durata di
versa; nella specie si tratta di una fascia oraria connotata da una
audience molto minore e di una durata radicalmente ridotta). D'altra parte, ciò è chiaramente confermato dalla lettura dei
tabulati richiesti all'azienda, concernenti l'elenco dei program mi andati in video sulle tre reti nazionali, nella presente stagione televisiva ed in quella relativa agli anni 2001/2002, riconduci
bili al macrogenere «informazione». Si evince, in particolare, che il programma realizzato in passato dallo stesso Santoro
(Sciuscià) e quelli analoghi per tipologia, formato e contenuto
(cfr., ad esempio, i programmi Porta a Porta, Excalibur, Balla
rci) possiedono le seguenti caratteristiche: sono trasmessi in
prima o, al massimo, in seconda serata, in giorni feriali (e cioè
ad eccezione del sabato e della domenica, almeno nella gran
parte dei casi); sono seriali, nel senso che con una certa cadenza
(alcuni quasi quotidiani, altri settimanali) sono trasmessi per l'intera stagione televisiva; la durata di ciascuna puntata varia
da circa novanta minuti a circa centocinquanta minuti.
Ebbene, andare in onda il sabato pomeriggio (alle ore 16,30)
per novanta minuti oppure il sabato e la domenica notte, dopo le
ore 24,00, per venti minuti ed in entrambe le ipotesi per una du
rata complessiva di non più di due mesi, si traduce in un'evi
dente variazione peggiorativa delle mansioni affidate al Santoro
e in una deminutio del suo patrimonio professionale, tenuto
conto, si ribadisce ancora una volta, che la valenza professio nale di un'attività giornalistica che si estrinseca nella realizza
zione di programmi di approfondimento su temi di stretta attua
lità è da individuarsi anche, se non soprattutto, in riferimento ai
profili oggettivi che determinano la potenzialità comunicativa
del medium offerto al giornalista (entità dell'utenza abituale,
collocazione oraria, durata, frequenza e continuità della trasmis
sione), poiché è a tali profili che si collega — e da tali fattori
che viene valorizzata — la capacità professionale di confrontar
si con il compito di dare notizie, di farle capire e di far capire i
diversi punti di vista in ordine ad esse e, al tempo stesso, di
sollecitare, mantenere ed accrescere l'interesse degli ascoltatori
rispetto ai fatti e alle idee oggetto della rappresentazione. Né, per giustificare la «soluzione innovativa» proposta dalla
Rai al ricorrente, è possibile invocare la circostanza che, nel
l'ambito di Raitre, vi sarebbe già un significativo numero di
programmi di approfondimento di prima e seconda serata (così, la nota dei tre direttori di rete del 5 maggio 2003). Occorre in
fatti sottolineare e ribadire che quella così illustrata è una situa
zione che è frutto di un comportamento illegittimo della conve
nuta: in altre parole, si è in presenza non di una situazione fi
siologica del rapporto, bensì «patologica», nel senso che la Rai
è destinataria da ormai più di cinque mesi di un ordine giudi ziale non ancora eseguito
— determinato dalla precedente vio
lazione da essa posta in essere — e rispetto al quale tutte quelle situazioni create dalla stessa obbligata non hanno la possibilità di giustificare il protrarsi dell'inottemperanza.
Chiarito pertanto che entrambe le proposte, in duplice alter
nativa, offerte dalla Rai al ricorrente non sono attuative del
provvedimento cautelare in esame, legittimo appare il rifiuto di
esse da parte dello stesso Santoro.
Esse infatti, contrariamente a quanto ritenuto dal consiglio di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
amministrazione nella seduta del 6 maggio 2003, non sono coe
renti con l'ordinanza cautelare, poiché non determinano il pieno ed integrale ripristino delle mansioni svolte dal ricorrente, né si
traducono in un affidamento di mansioni equivalenti ex art.
2103 c.c.
Da quanto detto, dunque, l'ordine giudiziale in questione de
ve essere attuato dalla convenuta tenendo conto di come si è
svolto in concreto il rapporto tra le parti, al fine di realizzare
una situazione equivalente a quella di cui il Santoro aveva il di
ritto di fruire e cioè a quella che preesisteva al comportamento
(«demansionamento») già dichiarato illegittimo. In particolare, la Rai deve affidare a Michele Santoro la rea
lizzazione e la conduzione di un programma:
a) di approfondimento giornalistico sull'informazione di at
tualità;
b) collocato in una fascia oraria che abbia un ascolto quanti tativamente e qualitativamente non inferiore a quello proprio della fascia oraria in cui era collocato il programma Sciuscià
ovvero in cui sono collocati i programmi di genere analogo
quali Porta a Porta, Excalibur, Ballarò e cioè in prima o in se
conda serata;
c) realizzato mediante puntate essenzialmente o tendenzial
mente monotematiche;
d) che abbia una durata complessiva equivalente a quella —
tra novanta minuti e centocinquanta minuti per puntata settima
nale per non meno di otto mesi — dei programmi realizzati in
precedenza dal ricorrente;
e) con dotazione delle risorse — umane, materiali e tecniche — idonee ad assicurare la buona riuscita del programma, in mi
sura equivalente a quella praticata per i programmi precedenti.
TRIBUNALE DI VITERBO; TRIBUNALE DI VITERBO; sentenza 28 maggio 2003; Giud. Lo Sinno; Dolci (Avv. Cimatti) c. Buccheri (Avv. Di Mar
co).
Ufficiale giudiziario e messo di conciliazione — Omesso pi gnoramento — Responsabilità civile — Risarcimento del
danno (Cod. civ., art. 2043; cod. proc. civ., art. 60, 513, 619,
621).
L'ufficiale giudiziario che ometta di descrivere (e quindi di pi gnorare) i beni mobili che si trovano nell'abitazione del de
bitore senza un valido motivo (che si ha solo quando presso il
debitore non si rinvengono affatto dei beni ovvero quando vi
sia la prova certa dell'altrui proprietà degli stessi) commette
illecito civile, che ha come conseguenza l'obbligo del risar
cimento dei danni. (1)
(1) Si tratta di una novità, relativamente alla quale non constano
precedenti specifici. Sono tuttavia da ricondurre (genericamente) a questo tema, Cass. 26
marzo 1999, n. 2895, Foro it.. Rep. 2000, voce Esecuzione forzata di
obblighi di fare, n. 9, e Riv. esecuzione forzata, 2000, 107, con nota di
Fornaciari, Su chi ricade il danno di esecuzione forzata incompleta o
inesatta?', e poi Cass. 12 marzo 1992, n. 3030, Foro it.. Rep. 1992, vo
ce Esecuzione forzata in genere, n. 77, e Giur. it.. 1992,1, 1, 1680, con
nota di Atzori, I rimedi al rifiuto di atti di esecuzione forzata da parte
dell'ufficiale giudiziario, per la quale «il rifiuto dell'ufficiale giudizia rio di compiere il pignoramento non è un atto di esecuzione, perciò non
è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.; in
casi di tal genere vi sono rimedi diversi, in relazione ai vari tipi di ese
cuzione forzata; loro caratteristica comune è la possibilità, data al cre
ditore procedente, di rivolgersi al giudice per ottenere un atto d'impul so all'attività dell'ufficiale giudiziario; il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi potrà essere esperito dal debitore solo contro il provvedi mento del giudice, risolutivo del contrasto tra ufficiale giudiziario e
creditore procedente».
Il Foro Italiano — 2003.
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata in data
24 gennaio 2002 il sig. Dolci Cristian ha convenuto in giudizio il sig. Buccheri Salvatore per sentirlo condannare al risarci
mento dei danni subiti ai sensi dell'art. 2043 c.c.. oltre alle spe se del giudizio; esponendo che per tentare il recupero di propri crediti verso tal Francesco Puocci aveva richiesto il pignora mento mobiliare in data 9 gennaio 2002 presso l'abitazione del
predetto, e che l'ufficiale giudiziario addetto (il convenuto)
Circa la responsabilità civile dell'ufficiale giudiziario ben poco si trova in giurisprudenza.
Tra i (generici) precedenti rispetto al caso di specie possono ricor
darsi, Cass. 26 novembre 1980, n. 6269, Foro it., Rep. 1981, voce Uffi ciale giudiziario, n. 7, e Giust. civ., 1981, I, 298, e Banca, borsa, ecc., 1981, II, 280: «rispetto alla domanda di risarcimento danni fondata sul l'asserita illegittima inclusione, nell'elenco dei protesti cambiari, d'una
tratta, legittimato passivo non è l'ufficio unico per le notificazioni, ese cuzioni e protesti, costituito nella sede capoluogo di distretto, ma, in
proprio, l'ufficiale giudiziario, cui è, dalla legge, affidato il detto com
pito»; Cons. Stato, sez. VI, 28 agosto 1995, n. 819, Foro it., 1996, III. 91: «le conseguenze della nullità della notificazione di un atto ricado
no, a prescindere dalla eventuale responsabilità dell'ufficiale notificato
re, sulla parte nell'interesse della quale la notificazione sia stata effet
tuata»; App. Perugia 5 febbraio 1994, id., Rep. 1994, voce Impugna zioni civili, n. 54, e Arch, civ., 1994, 1175: «l'impugnazione risulta
inammissibile, in quanto proposta fuori termine, qualora la tardività della notifica dell'atto di appello sia dovuta a fatto e colpa dell'uffi ciale giudiziario»; ed infine Trib. Padova 28 dicembre 1987, Foro it..
Rep. 1988, voce Responsabilità civile, n. 95, e Resp. civ., 1988, 472: «il
giudizio sul comportamento dell'ufficiale giudiziario che abbia proce duto al sequestro cautelativo di beni di dubbia provenienza (nel caso di
specie, si trattava di automezzi privi di targa di circolazione presso una officina di carrozzeria) procurando un danno economico conseguente allo sviamento della clientela, sequestro dimostratosi poi infondato nel
prosieguo delle indagini, deve avere per oggetto, ai sensi degli art. 22 e 23 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, la sussistenza o meno del dolo o della
colpa grave, non già della semplice colpa, e va operato ex ante con rife rimento alle circostanze di fatto che hanno indotto l'ufficiale al prov vedimento medesimo».
Sui rapporti tra responsabilità personale dell'ufficiale giudiziario e
responsabilità solidale dello Stato (anche ai sensi dell'art. 28 Cost.), v. Trib. Napoli 20 gennaio 1986, Foro it.. Rep. 1987, voce cit., n. Ili, e Dir. e giur., 1986, 934, con nota di Cacciapuoti: «l'ufficiale giudiziario incaricato di curare l'incasso o di elevare il protesto di titoli cambiari è un pubblico impiegato; tale qualità esclude che possa essere conside rato come mandatario della parte, trattandosi di un rapporto attratto
completamente nella sfera pubblicistica; pertanto la responsabilità per sonale dell'agente incaricato conseguente al suo operato colposo de termina la responsabilità solidale della pubblica amministrazione, in forza del rapporto organico»; e poi anche Cass. 18 marzo 1988, n.
2478, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 126: «il privato, portatore di un
titolo esecutivo giudiziale, ha un diritto soggettivo ad ottenere dal l'amministrazione le attività necessarie all'esecuzione forzata del prov vedimento, comprese quelle relative all'uso della forza pubblica, le
quali integrano comportamenti dovuti (sempre che non ricorra un'im
possibilità determinata da forza maggiore) e non discrezionali; pertan to, ove l'autorità competente neghi dette attività, nonostante la richiesta dell'ufficiale giudiziario cui è affidata l'esecuzione, deve riconoscersi al privato la facoltà di esperire contro l'amministrazione azione risar citoria davanti al giudice ordinario, per il ristoro del danno provocato da quel rifiuto».
In dottrina, con particolare riferimento alla responsabilità civile, v.
Bontempi, Sulla responsabilità dell'ufficiale giudiziario incaricato di riscuotere o protestare un assegno bancario, in Nuova giur. civ., 1993,
I, 156; Di Domenico, Quando l'ufficiale giudiziario intralcia l'attività di parte nell'opposizione ad ingiunzione: art. 645 c.p.c., in Dir. fallim., 1998, I, 252; Sotgiu, Sulla responsabilità dell'ufficiale giudiziario nella custodia dei titoli pagati, in Giust. civ., 1992, I, 1746; Gualtieri, Ancora sulla responsabilità dello Stato in ordine olfatto od atto colpo so o doloso posto in essere dall'ufficiale giudiziario nell'esercizio delle sue funzioni, in Foro it., 1957, IV, 169.
In tema di ufficiale giudiziario si trovano poi numerose voci di enci
clopedia, tra le quali: Vanni, Ufficiale giudiziario, voce dell'£?ic('c/o
pedia giurìdica Treccani, Roma, 1993, XXXII: Tedoldi, Ufficiale giu diziario, voce del Digesto civ., Torino, 1999, XIX, 482 ss.: Buoncri
stiani. Ufficiale giudiziario, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano,
1992, XLV, 530 ss.
V., infine, sull'argomento l'ampia disamina di Segrè, Del cancellie
re e dell'ufficiale giudiziario, in Commentario al codice di procedura civile diretto da Allorio, Torino, 1973, I, 671; nonché Picardi, L'uffi ciale giudiziario: una figura ambigua, in Giust. civ., 1993, II, 537.
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