ordinanza 25 novembre 2004, n. 361 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° dicembre 2004, n.47); Pres. Onida, Est. Vaccarella; Lucchese (Avv. Merlo) c. Provincia regionale di Messina e altri;interv. Regione siciliana (Avv. dello Stato Zotta). Ord. Tar Sicilia, sez. Catania, 14 novembre2003 (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 2004)Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 5 (MAGGIO 2005), pp. 1319/1320-1323/1324Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200596 .
Accessed: 25/06/2014 07:46
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.78.109.162 on Wed, 25 Jun 2014 07:46:55 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 25 novembre 2004, n. 361 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 1° dicembre 2004,
n. 47); Pres. Onida, Est. Vaccarella; Lucchese (Avv. Mer
lo) c. Provincia regionale di Messina e altri; interv. Regione siciliana (Avv. dello Stato Zotta). Ord. Tar Sicilia, sez■ Ca
tania, 14 novembre 2003 (G.U., la s.s., n. 17 del 2004).
Sicilia — Elezioni provinciali — Assegnazione dei seggi re sidui — Criteri — Questione manifestamente inammissi bile di costituzionalità (Cost., art. 3, 51; 1. reg. Sicilia 9 maggio 1969 n. 14, elezioni dei consigli delle province regio
nali, art. 18; 1. reg. Sicilia 1° settembre 1993 n. 26, nuove
norme per l'elezione con suffragio popolare del presidente della provincia regionale. Norme per l'elezione dei consigli delle province regionali, per la composizione ed il funziona
mento degli organi di amministrazione di detti enti. Norme
modificative ed integrative al t.u. approvato con d.leg. pres.
reg. 20 agosto 1960 n. 3 ed alla 1. reg. 26 agosto 1992 n. 7,
art. 14).
E manifestamente inammissibile, in quanto proposta in modo
contraddittorio, la questione di legittimità costituzionale del
l'art. 18, n. 3, 2° comma, quarto e quinto periodo, l. reg. Si
cilia 9 maggio 1969 n. 14, come modificato dall'art. 14, 2°
comma, l. reg. Sicilia 1° settembre 1993 n. 26, nella parte in
cui, per le elezioni provinciali, dispone l'assegnazione dei
seggi residuati non secondo la graduatoria delle liste in fun
zione del miglior quoziente ed in ragione della disponibilità dei seggi per collegio, ma partendo dai collegi con popola zione legale meno numerosa e passando via via agli altri in
ordine crescente di popolazione, in riferimento agli art. 3 e
51 Cost. (1)
( 1 ) I. - La Corte costituzionale giudica la questione di costituziona
lità sollevata manifestamente inammissibile, in quanto il giudice pro
spetta la necessità di salvaguardare due esigenze che, a giudizio della
corte, non sono congiuntamente perseguibili: quella, da un lato, di ri
spettare «la graduatoria delle liste in funzione del miglior quoziente» e
quella, dall'altro, di assegnare i seggi «in ragione della loro disponibi lità per collegio».
Sui criteri di assegnazione dei seggi residui, nelle elezioni dei consi
glieri delle amministrazioni delle province siciliane, v. Tar Sicilia, sez.
I, 18 dicembre 1991, n. 613, Foro it., Rep. 1992, voce Sicilia, n. 100, secondo cui gli art. 3 e 18 1. reg. sic. 14/69 consentono che all'attribu zione dei seggi restanti possano concorrere, in ragione di maggiori resti
riportati, non soltanto le liste che, in sede di prima assegnazione abbia no conseguito almeno un seggio, ma anche le liste che, nella stessa se
de, non abbiano conseguito alcun seggio; sez. Catania 18 novembre
1980, n. 1115, id., Rep. 1981, voce cit., n. 15, secondo cui l'art. 18 1.
reg. sic. 14/69 va interpretato nel senso che l'assegnazione di ulteriori
seggi deve essere reiterata, fino ad esaurimento, al collegio meno po
poloso in assoluto non essendo contemplato dalla legge un ritorno in
dietro, verso i collegi di maggiore popolazione, del meccanismo di as
segnazione degli ultimi seggi rimasti, rientrando nella previsione del
legislatore una presenza di collegi tali da assorbire, nel loro arco quan titativamente decrescente per popolazione, i singoli seggi residui.
Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costitu zionale dell'art. 1, 1° e 2° comma, 1. 23 febbraio 1995 n. 43 e dell'art. 15 1. 17 febbraio 1968 n. 108, in relazione alla disciplina dell'assegna zione dei seggi nelle elezioni regionali, nel caso di mancato raggiungi mento del quoziente a livello circoscrizionale da parte di una lista, v. Tar Basilicata 26 ottobre 2000, id., Rep. 2001, voce Elezioni, n. 118. il
quale ha ritenuto ragionevole che, nel caso di mancato raggiungimento del quoziente, i seggi residui siano assegnati sulla base di un nuovo
quoziente alle liste provinciali che abbiano conseguito le maggiori cifre elettorali.
Nel senso che, nel procedimento previsto dall'art. 11, 4° comma, 1.
reg. Lazio 7 gennaio 1987 n. 5 per le elezioni nelle associazioni inter
comunali. l'attribuzione dei seggi residui in favore delle liste che hanno i maggiori resti va effettuata considerando resti anche quelli delle liste che non abbiano raggiunto il quoziente elettorale, v. Cons. Stato, sez.
V, 7 febbraio 1990, n. Ill, id., Rep. 1990, voce cit., n. 60. Per la dichiarazione di inammissibilità, non potendosi la corte sosti
tuire in una scelta riservata al legislatore, della questione di legittimità costituzionale degli art. I e 5 1. 4 agosto 1993 n. 277, nella parte in cui,
prevedendo che l'attribuzione dei seggi assegnati con metodo propor zionale sia effettuata a livello nazionale e solo tra i partiti che hanno ottenuto almeno il quattro per cento dei voti a livello nazionale, esclu dono la possibilità di partecipare con successo a tale ripartizione da
parte delle liste che rappresentano minoranze linguistiche riconosciute, v. Corte cost. 14 dicembre 1993, n. 438, id., 1995, I, 759, con nota di
richiami, commentata da Carrozza, in Regioni, 1994, 1701.
Il Foro Italiano — 2005.
Ritenuto che, nel corso del giudizio elettorale promosso da
Giuseppe Lucchese davanti al Tar Sicilia, sezione staccata di
Catania, per ottenere l'annullamento delle operazioni elettorali
per il rinnovo del consiglio della provincia regionale di Messi
na, svoltesi nei giorni 25 e 26 maggio 2003 e conclusesi con la
proclamazione degli eletti di cui al verbale dell'ufficio elettorale
provinciale in data 11 giugno 2003, l'adito tribunale, con ordi
nanza del 14 novembre 2003, ha sollevato questione di legitti mità costituzionale, in riferimento agli art. 3 e 51, 1° comma,
Cost., dell'art. 18, n. 3, 2° comma, quarto e quinto periodo, 1.
reg. siciliana 9 maggio 1969 n. 14 (elezione dei consigli delle
province regionali), e successive modificazioni, introdotte dal
l'art. 14, 2° comma, 1. reg. 1° settembre 1993 n. 26 (nuove nor
me per l'elezione con suffragio popolare del presidente della
provincia regionale. Norme per l'elezione dei consigli delle
province regionali, per la composizione ed il funzionamento de
gli organi di amministrazione di detti enti. Norme modificative
ed integrative al t.u. approvato con d.leg. pres. reg. 20 agosto 1960 n. 3, ed alla 1. reg. 26 agosto 1992 n. 7), nella parte in cui
«dispone l'assegnazione dei seggi residuati non secondo la gra duatoria delle liste in funzione del miglior quoziente ed in ra
gione della disponibilità dei seggi per collegio, ma partendo dai
collegi 'con popolazione legale meno numerosa' e passando via
via agli altri in 'ordine crescente di popolazione'»; che il giudice rimettente premette, in fatto, che il ricorrente ha
partecipato alla competizione elettorale quale candidato della li
sta «Democratici di sinistra» nel collegio n. 1 (Messina sud) e
che tale lista — alla quale sono stati attribuiti, in sede provin
ciale, tre seggi, non avendo conseguito quozienti interi — ha
partecipato alla distribuzione dei seggi residui, a norma dell'art.
18, n. 3,1. reg. n. 14 del 1969; che la lista medesima, pur avendo raggiunto nel collegio di
Messina sud il suo più alto quoziente, non ha conquistato alcun
seggio in tale collegio, ma ha ottenuto i tre seggi in altri collegi, ove ha riportato quozienti di gran lunga inferiori, per effetto del
criterio introdotto dall'art. 14, 2° comma, 1. reg. n. 26 del 1993,
il quale, sostituendo il quarto e il quinto periodo del 2° comma
dell'art. 18, n. 3, 1. reg. n. 14 del 1969, dispone che «gli even
tuali seggi residui verranno attribuiti a partire dal collegio con
popolazione legale meno numerosa, seguendo la graduatoria de
crescente delle parti centesimali fino all'attribuzione di tutti i
seggi spettanti al collegio. Quindi si passa all'attribuzione degli altri seggi residui a quei collegi che seguono il primo secondo
l'ordine crescente di popolazione, fino all'esaurimento dei seggi attribuiti a ciascuna lista in sede provinciale»;
che, poiché il ricorrente sostiene che uno dei tre seggi attri
buiti, in sede provinciale, alla lista «Democratici di sinistra»
Per l'affermazione secondo cui i due sistemi elettorali (quello statale
disciplinato dalla 1. 25 marzo 1993 n. 81 e quello regionale, disciplinato dalla 1. reg. 1° settembre 1993 n. 26), pur se formalmente diversi, con ducono a risultati non sostanzialmente difformi, anche se il sistema statale sembra meglio assicurare l'auspicata governabilità dell'ente lo
cale; sicché la legislazione regionale non può ritenersi avere introdotto
deroghe, non giustificate e non razionali, all'ordinamento elettorale
statale, v. Cons, giust. amm. sic. 22 dicembre 1995, n. 380, Foro it.,
Rep. 1996, voce Sicilia, n. 78. II. - Sotto l'aspetto processuale, da notare come una delle parti co
stituite aveva fatto rilevare che alcuni degli intervenuti nel processo co
stituzionale si erano costituiti nel giudizio a quo dopo che lo stesso era
stato sospeso a seguito della rimessione della questione di costituzio nalità. La corte aveva sempre dichiarato inammissibile l'intervento di
quanti, pur non avendo assunto la veste formale di parte nel processo a
quo, sostenevano di essere legittimi contraddittori, escludendo la pro
pria competenza a sindacare gli eventuali vizi del contraddittorio del
giudizio principale o la presenza in capo alla parte di un interesse ad
agire nello stesso (v., ad esempio, Corte cost., ord. 8 giugno 1994, n.
226, id., 1994,1, 2332, con nota di richiami e osservazioni di Piombo, la
quale ha dichiarato inammissibile l'intervento nel processo costituzio
nale di un soggetto intervenuto nel giudizio a quo dopo che lo stesso era stato sospeso).
Con la decisione in epigrafe invece la corte ha respinto l'eccezione della parte ritenendo ammissibile l'intervento nel processo costituzio nale dei controinteressati, «a prescindere dal momento della (ed anche
dalla) loro costituzione in quel giudizio, in quanto destinatari, quali controinteressati, della notifica dell'atto introduttivo del giudizio ed es
sendo, per converso, l'intervento precluso a chi non riveste la qualità di
parte nel giudizio a quo».
This content downloaded from 195.78.109.162 on Wed, 25 Jun 2014 07:46:55 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
avrebbe dovuto essere assegnato al collegio n. 1, con conse
guente sua elezione, per avere la medesima lista riportato in tale
collegio un quoziente più elevato, è evidente la rilevanza della
questione di legittimità costituzionale della citata norma di leg
ge; che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
osserva che la norma in questione favorisce i candidati delle cir
coscrizioni minori, mentre il resto della disciplina (art. 18 1. reg. n. 14 del 1969) —
prevedendo formule matematiche intese a
omogeneizzare in un'unica graduatoria i risultati conseguiti da
ciascuna lista nei vari collegi («si moltiplica per cento il numero
dei voti riportati in sede collegiale da ciascuna lista alla quale, in sede provinciale, sono stati assegnati uno o più seggi e il ri
sultato si divide per il totale dei voti conseguiti nell'ambito
della circoscrizione collegiale dalle liste ammesse al riparto dei
seggi. Quindi si moltiplica tale risultato per il numero dei seggi assegnato al collegio diviso cento») —
salvaguarderebbe gli in
teressi di tutti i candidati attraverso la formazione di «una gra duatoria rapportata alla medesima base percentuale (100), con la
determinazione di un quoziente che rappresenta, per un verso, il
valore proporzionale dell'apporto arrecato dai candidati di una
lista in ambito collegiale per il conseguimento dei seggi conqui stati dalla medesima lista su base provinciale, per altro verso il
valore elettorale di ciascuna lista in ciascun collegio «relativiz
zato» con l'analogo «valore» collegiale delle altre «liste»;
che il «correttivo», per il quale i seggi residui vengono attri
buiti partendo dal collegio con popolazione legale meno nume
rosa, potrebbe togliere ogni significato alla «omogeneizzazione» dei risultati di ciascuna lista nei vari collegi, penalizzando un
migliore risultato elettorale e premiando, invece, un risultato
deteriore, per cui viene ad essere irragionevolmente depoten ziato il principio di maggiore rappresentatività (relativa), che
deve presiedere all'assegnazione dei seggi; che risulterebbe violato, da tale «correttivo», il principio di
uguaglianza, inteso come canone di coerenza e ragionevolezza, che l'art. 3 Cost, impone al legislatore, nonché il precetto del
l'art. 51, 1° comma, Cost., il quale ribadisce il principio di
uguaglianza per quanto concerne l'accesso ai pubblici uffici e
alle cariche elettive; che si è ritualmente costituito il ricorrente nel giudizio a quo,
il quale, facendo proprie le argomentazioni contenute nell'ordi
nanza di rimessione, sostiene che la norma censurata determina
un'iniqua distorsione della reale incidenza proporzionale dei ri
sultati conseguiti dalle varie liste nei collegi in cui è suddiviso il
territorio provinciale, in quanto l'assegnazione dei seggi resi
duali non avviene, come sarebbe logico, in base alla graduatoria delle liste in funzione del miglior quoziente e in ragione della
disponibilità dei seggi per ciascun collegio, ma partendo dai
collegi con popolazione legale meno numerosa, così stravolgen do oltre il limite della ragionevolezza il principio di maggiore
rappresentatività (relativa);
che, quanto all'ammissibilità della questione, il ricorrente os
serva che viene chiesta una pronuncia meramente demolitoria,
ancorché parziale, rientrante pienamente nei poteri della Corte
costituzionale, dal momento che, eliminato il «correttivo» che
impone di partire dai collegi con popolazione legale meno nu
merosa e che distorce irragionevolmente i risultati elettorali, re
sta all'interno della norma impugnata un criterio ragionevole ed
esaustivo, che porta alla formazione di un'unica graduatoria
(per tutta la provincia) dei quozienti elettorali riportati da cia
scuna lista nei vari collegi, sicché del tutto ragionevolmente si
verrebbero ad assegnare i seggi residui scorrendo tale graduato
ria, che esprime valori percentuali omogenei, in funzione del
l'effettivo valore decrescente del risultato di ciascuna lista in
ciascun collegio; che sono altresì intervenuti Francesco Concetto Calanna e al
tri sedici componenti del consiglio della provincia regionale di
Messina, controinteressati nel giudizio a quo, i quali hanno
chiesto, in via principale, che la questione di legittimità costitu
zionale sia dichiarata inammissibile perché, così come formu
lata dal giudice rimettente, essa lascerebbe residuare, in caso di
accoglimento, una normativa non autosufficiente, che richiede
rebbe un successivo intervento del legislatore in una materia
(quale appunto quella elettorale) in cui l'esistenza di una nor
mativa è costituzionalmente necessaria;
che l'inammissibilità discenderebbe anche da ciò, che l'asse
gnazione dei seggi residui deve tener conto sia del numero dei
Il Foro Italiano — 2005.
seggi residui da assegnare in ogni singolo collegio, sia del nu
mero dei seggi attribuiti, in sede provinciale, a ciascuna lista (e cioè della rappresentatività territoriale dell'eligendo consiglio
provinciale e della rappresentatività politica dei risultati eletto
rali), cosicché il rispetto di tali fondamentali valori costituzio
nali comporta necessariamente che le operazioni di assegnazio ne dei seggi residui non possano che avere inizio da un collegio determinato; l'eliminazione di siffatto criterio non consentireb
be l'applicazione della normativa residua, ragion per cui il giu dice rimettente avrebbe dovuto indicare un criterio alternativo, costituzionalmente obbligato;
che, sotto altro profilo, i deducenti sostengono che la questio ne è inammissibile, dal momento che essa implica il sindacato
di una scelta di politica legislativa rimessa alla discrezionalità
del legislatore, non deducibile in sede di giudizio di costituzio
nalità, in quanto, proprio perché le operazioni di attribuzione dei
seggi residui debbono necessariamente partire da uno dei collegi
sub-provinciali, l'individuazione del collegio iniziale non può che essere rimessa alla discrezionalità del legislatore;
che, anteriormente alle modifiche introdotte dall'art. 14 1. reg. n. 26 del 1993, la normativa della 1. reg. n. 14 del 1969 prescri veva che si partisse dal collegio con popolazione più numerosa
e che anche tale criterio — capovolto perché faceva sì che le
forze politiche minori conseguivano rappresentatività più che
proporzionale nei collegi più piccoli e minore rappresentatività nei collegi più grossi
— comportava che candidati con quo
ziente elettorale maggiore fossero postergati a candidati della
stessa lista aventi quoziente elettorale minore;
che, nel merito, la questione sarebbe manifestamente infon
data perché: a) formulata in termini ipotetici, in quanto il la
mentato effetto distorsivo è solo eventuale e fortuito, dipendente non da difetti di struttura normativa, ma da accidenti di mero
fatto; b) i quozienti riportati dalle varie liste nei singoli collegi
sub-provinciali sono calcolati in base a dati specifici di ciascun
collegio, sicché, essendo omogenei e raffrontabili fra loro solo
quelli dello stesso collegio, non anche quelli degli altri collegi, la formazione di un'unica graduatoria generale dei quozienti di
lista di tutti i collegi non sarebbe logicamente possibile e costi
tuirebbe violazione del principio di eguaglianza, sotto il profilo della ragionevolezza; c) il quoziente ottenuto in un collegio più
popoloso è solo apparentemente superiore, in quanto risultato
della moltiplicazione della percentuale dei voti riportati dalla li
sta nel collegio con il numero dei seggi assegnati al medesimo
collegio; d) i candidati dei collegi più popolosi hanno maggior facilità a conseguire un quoziente intero, dato il maggior nume
ro di seggi da assegnare, e pertanto il lamentato (preteso) svan
taggio in sede di ripartizione dei resti compenserebbe i vantaggi di cui godono per il conseguimento di un quoziente intero;
che, infine, la ragionevolezza della soluzione prescelta dal le
gislatore regionale è dimostrata anche dalla circostanza che per l'elezione della camera dei deputati l'art. 83, 1° comma, n. 4,
d.p.r. 30 marzo 1957 n. 361 (approvazione del t.u. delle leggi recanti norme per l'elezione della camera dei deputati), come
modificato dall'art. 5 1. 4 agosto 1993 n. 277 (nuove norme per l'elezione della camera dei deputati), prevede un sistema analo
go di attribuzione dei seggi «a partire dalla circoscrizione di
minore dimensione demografica»; che è intervenuto Antonino Orazio Michele Faraci, anch'egli
candidato eletto al consiglio della provincia regionale di Messi
na, per chiedere che sia emessa declaratoria d'inammissibilità
della questione, in quanto la pronuncia chiesta alla Corte costi
tuzionale si risolverebbe in un inammissibile intervento di tipo
sostitutivo, che inciderebbe nella sfera di discrezionalità del le
gislatore, sovrapponendo alla scelta da esso operata fra più pos sibili soluzioni un diverso assetto di interessi;
che le censure del giudice a quo sembrano muovere dall'idea
che il sistema elettorale criticato è irrazionale, perché non è
espressione di pura proporzionalità, senza considerare che il
principio proporzionalistico non è stato elevato a principio co
stituzionale e che sono possibili anche all'interno di un sistema
elettorale proporzionale discostamenti o attenuazioni in base a
valutazioni discrezionali e ragionevoli del legislatore; che la questione, inoltre, è infondata perché il principio di
eguaglianza, sancito dall'art. 51 Cost., non pone un obbligo di
trattamento proporzionalistico dei candidati, ma impedisce di
incidere sull'elettorato passivo in modo discriminatorio con
normative non dotate dei caratteri della generalità e dell'astrat
This content downloaded from 195.78.109.162 on Wed, 25 Jun 2014 07:46:55 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA 1324
tezza, sicché «non si vede come possa ledere tale principio un
criterio di ripartizione e di assegnazione dei seggi oggettiva mente predeterminato, che opera in modo eguale per tutti i can
didati»; che è intervenuto, altresì, il presidente della regione siciliana,
rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile per man
canza del requisito di incidentalità della stessa, dal momento
che l'eventuale pronuncia di accoglimento verrebbe a concreta
re di per sé la tutela chiesta al giudice a quo; che, nel merito, la questione è infondata, perché la norma im
pugnata tende ad assicurare maggiore rappresentatività ai pic coli partiti: infatti, partendo dai collegi con popolazione meno
numerosa, i seggi residui vengono attribuiti prima ai partiti più
grossi, che hanno maggiori resti, e così via fino ai collegi con
popolazione più numerosa, ove ai piccoli partiti, con resti mino
ri, vengono attribuiti i seggi restanti, che sono così assegnati ai
candidati che hanno riportato più voti e sono maggiormente
rappresentativi del partito; che il sistema elettorale delineato dalla legge regionale, pur se
diverso da quello previsto dalla legge statale 25 marzo 1993 n.
81 (elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), porta a ri
sultati non sostanzialmente difformi, sicché non può ritenersi
che il legislatore regionale, nell'esercizio della potestà legislati va primaria in materia elettorale, giusta gli art. 14 e 15 dello
statuto della regione siciliana (approvato con r.d.leg. 15 maggio 1946 n. 455, convertito in legge costituzionale dalla 1. cost. 26
febbraio 1948 n. 2), abbia dettato norme irrazionali in violazio
ne dell'art. 51 Cost. (Corte cost. n. 108 del 1969, Foro it., 1969,
I, 2079); che non può ritenersi violato il principio di eguaglianza, atte
so che la particolare disciplina in esame è sorretta da motivi
adeguati e ragionevoli e comunque correlati a peculiari condi
zioni locali; che, nell'imminenza del giudizio, hanno depositato memoria
gli intervenienti Calanna e altri, ribadendo quanto dedotto nel
l'atto di intervento, e sottolineando gli effetti distorsivi che, ri
spetto al criterio della rappresentatività territoriale, per il quale
l'assegnazione dei seggi ai vari collegi avviene in funzione
della popolazione ivi residente, verrebbero prodotti dall'attribu
zione dei seggi secondo il criterio del più elevato quoziente elettorale conseguito dai candidati delle singole liste;
che ha depositato memoria (tempestivamente consegnata al
l'ufficio postale) anche il Lucchese, eccependo l'inammissibi
lità degli avversi interventi, in quanto svolti da soggetti costi
tuitisi nel giudizio a quo dopo la rimessione alla Corte costitu
zionale della questione di legittimità costituzionale e, quindi,
dopo la sospensione del giudizio; contestando l'eccezione di
inammissibilità della questione per difetto di incidentalità; insi
stendo perché la questione venga dichiarata fondata.
Considerato che il Tar Sicilia, sezione staccata di Catania,
dubita, in riferimento agli art. 3 e 51 Cost., della legittimità co
stituzionale dell'art. 18, n. 3, 2° comma, quarto e quinto perio do, 1. reg. sic. 9 maggio 1969 n. 14 (elezione dei consigli delle
province regionali), e successive modificazioni, introdotte dal
l'art. 14, 2° comma, 1. reg. 1° settembre 1993 n. 26 (nuove nor
me per l'elezione con suffragio popolare del presidente della
provincia regionale. Norme per l'elezione dei consigli delle
province regionali, per la composizione ed il funzionamento de
gli organi di amministrazione di detti enti. Norme modificative
ed integrative al t.u. approvato con d.leg. pres. reg. 20 agosto 1960 n. 3, ed alla 1. reg. 26 agosto 1992 n. 7), nella parte in cui
«dispone l'assegnazione dei seggi residuati non secondo la gra duatoria delle liste in funzione del miglior quoziente ed in ra
gione della disponibilità dei seggi per collegio, ma partendo dai collegi 'con popolazione legale meno numerosa' e passando via
via agli altri in 'ordine crescente di popolazione'»; che deve respingersi l'eccezione d'inammissibilità della que
stione per difetto del carattere incidentale sollevata dalla regio ne siciliana, in quanto il petitum dell'azione proposta dal Luc
chese è distinto e separato dalla questione di legittimità costitu
zionale, la quale concorre a formare esclusivamente la causa
petendi dell'azione stessa (sentenze n. 263 del 1994, id., 1994, I, 2312, e n. 244 del 1996, id., 1996, I, 2968) ed a consentirne l'accoglimento (sentenza n. 349 del 1985, id.. Rep. 1986, voce
Previdenza sociale, nn. 721, 1051);
Il Foro Italiano — 2005.
che deve, altresì, respingersi l'eccezione di inammissibilità
degli interventi spiegati dai controinteressati nel giudizio a quo, essendo costoro parti del giudizio stesso — a prescindere dal
momento della (e anche dalla) loro costituzione in quel giudizio — in quanto destinatari, quali controinteressati, della notifica
dell'atto introduttivo del giudizio ed essendo, per converso,
l'intervento precluso a chi non riveste la qualità di parte nel
giudizio a quo\ che la questione di legittimità costituzionale è manifesta
mente inammissibile, in quanto l'esigenza espressa dallo stesso
rimettente, allorché chiede che l'assegnazione dei seggi residui
avvenga anche «in ragione della disponibilità dei seggi del col
legio», implica necessariamente che tale assegnazione, per l'esaurimento dei seggi disponibili in un collegio, possa avveni
re sacrificando il candidato di una lista che, pure, abbia conse
guito un quoziente elettorale migliore (nel collegio «esaurito»)
rispetto al candidato della medesima lista che, in altro collegio, abbia conseguito un quoziente elettorale meno elevato e, tutta
via, si veda assegnare un seggio perché il suo quoziente è mi
gliore di quello conseguito dai candidati di altre liste tra quelle che hanno ancora diritto all'attribuzione di seggi;
che, in sintesi, l'esigenza di rispettare la rappresentatività ter
ritoriale del consiglio provinciale — e, pertanto, che i consiglie
ri eletti provengano dai collegi nel numero a ciascuno di questi
assegnato in base alla popolazione ivi residente — comporta
inevitabilmente che il sistema proporzionale di ripartizione dei
seggi tra le liste si coordini, per l'assegnazione ai candidati dei
seggi spettanti a ciascuna lista, con il criterio della ripartizione
per collegio dei seggi; che, conseguentemente, la circostanza che — a prescindere
dalla (pretesa) omogeneità (e confrontabilità) dei quozienti con
seguiti dai candidati di una medesima lista nei vari collegi (quo zienti che si ottengono anche attraverso la moltiplicazione per il
numero dei seggi assegnati a ciascun collegio) — il candidato di
una lista risulti, nel suo collegio, non eletto (per essere stati i
seggi attribuiti a candidati di altre liste o perché aventi quo ziente più elevato o perché, negli altri collegi, la lista ha già
conseguito tutti i seggi ad essa spettanti) costituisce un (inelimi
nabile) inconveniente di mero fatto, connesso all'esigenza di ri
spettare la rappresentatività della popolazione dei singoli colle
gi; che, pertanto, è manifestamente inammissibile una questione
di legittimità costituzionale che prospetti, da un lato, l'esigenza di rispettare scrupolosamente «la graduatoria delle liste in fun
zione del miglior quoziente» e, dall'altro lato, l'incompatibile
esigenza di assegnare i seggi «in ragione della loro disponibilità
per collegio», senza in alcun modo indicare la soluzione che
consentirebbe di soddisfare integralmente entrambe le suddette
esigenze. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, n. 3, 2° comma, quarto e quinto periodo, 1. reg. si
ciliana 9 maggio 1969 n. 14 (elezione dei consigli delle provin ce regionali), e successive modificazioni, introdotte dall'art. 14,
2° comma, 1. reg. 1° settembre 1993 n. 26 (nuove norme per l'elezione con suffragio popolare del presidente della provincia
regionale. Norme per l'elezione dei consigli delle province re
gionali, per la composizione ed il funzionamento degli organi di
amministrazione di detti enti. Norme modificative ed integrative al t.u. approvato con d.leg. pres. reg. 20 agosto 1960 n. 3, ed
alla 1. reg. 26 agosto 1992 n. 7), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 51 Cost., dal Tar Sicilia, sezione staccata di Catania, con
l'ordinanza in epigrafe.
This content downloaded from 195.78.109.162 on Wed, 25 Jun 2014 07:46:55 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions