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ordinanza 26 novembre 2004, n. 366 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° dicembre 2004, n. 47);...

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ordinanza 26 novembre 2004, n. 366 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° dicembre 2004, n. 47); Pres. Onida, Est. Bile; S. e altri c. Azienda per i servizi sanitari n. 5 «Bassa Friulana»; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Udine 21 luglio 2003 (G.U., 1 a s.s., n. 10 del 2004) Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 5 (MAGGIO 2005), pp. 1315/1316-1317/1318 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200595 . Accessed: 25/06/2014 05:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 05:27:37 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 26 novembre 2004, n. 366 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° dicembre 2004, n.47); Pres. Onida, Est. Bile; S. e altri c. Azienda per i servizi sanitari n. 5 «Bassa Friulana»;interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Udine 21 luglio 2003 (G.U., 1 a s.s., n. 10 del 2004)Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 5 (MAGGIO 2005), pp. 1315/1316-1317/1318Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200595 .

Accessed: 25/06/2014 05:27

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PARTE PRIMA

stessa non incide sulle attribuzioni dell'ente parco previste dal l'art. 13 1. n. 394 del 1991, e non interferisce, dunque, sulla

competenza esclusiva di quest'ultimo al rilascio del nulla osta, con la precisazione che l'accordo interistituzionale o la conven zione previsti dall'art. 4 bis in nessun caso possono avere ad

oggetto i contenuti e la portata del nulla osta sopra citato. Non vi è, pertanto, alcuna lesione dell'art. 117, 2° comma, lett. s), Cost.

7. - Deve essere, ora, esaminata l'ulteriore questione di legit timità costituzionale proposta dal presidente del consiglio dei

ministri, in riferimento all'art. 114 Cost. Il ricorrente deduce che la norma impugnata, in violazione

dell'indicato parametro costituzionale, imporrebbe allo Stato, in modo non consentito, l'esercizio di un'attività amministrativa consistente nella «stipula di una convenzione o di un accordo interistituzionale» per la determinazione delle modalità di eser cizio delle prerogative dell'ente parco.

Al riguardo la regione ha eccepito l'inammissibilità della

questione sotto il profilo della mancanza di capacità lesiva della norma impugnata.

8. - L'eccezione è fondata.

E pur vero che, come questa corte ha avuto modo di afferma re (sentenza n. 134 del 2004, Foro it., 2004, I, 2982), forme di collaborazione e di coordinamento che coinvolgano compiti e attribuzioni di organi dello Stato non possono essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle regioni, nemmeno nel l'esercizio della loro potestà legislativa. Ciò in quanto esse deb bono trovare il loro fondamento o il loro presupposto in leggi statali che le prevedano o le consentano, o in accordi tra gli enti interessati.

Tuttavia, proprio il tenore della norma censurata esclude che la stessa imponga allo Stato il compimento di determinate atti vità.

Ed in effetti senza consenso dello Stato e dell'ente parco il meccanismo previsto dall'art. 4 bis è destinato a non funzionare, sicché il riparto delle competenze tra regione, province e comu ni e lo stesso ente parco, senza la stipulazione della convenzione o dell'accordo in questione, resta regolato dalle originarie di

sposizioni contenute negli art. 61. 62, 63 e 64 1. reg. n. 11 del 2001 e secondo il riparto di competenze precedentemente previ sto.

Pertanto, non aderendo alla stipulazione dell'accordo o della

convenzione, i suddetti enti, secondo una valutazione eminen temente discrezionale, hanno la possibilità di continuare ad ap plicare la precedente disciplina, sicché non può ritenersi previ sta alcuna attività obbligatoria a loro carico, né alcuna limita zione alla sfera delle rispettive competenze istituzionali.

Per questi motivi, la Corte costituzionale: 1 ) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 1, 2° comma, 1. reg. Veneto 29 ottobre 2003 n. 26

(modifica della 1. reg. 13 aprile 2001 n. 11 «conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attua zione del d.leg. 31 marzo 1998 n. 112» e della 1. reg. 9 maggio 2002 n. 10 «rideterminazione del termine previsto dall'art. 58, 2° comma, 1. reg. 13 aprile 2001 n. 11: conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del

d.leg. 31 marzo 1998 n. 112»), sollevata, in riferimento all'art.

117, 2° comma, lett. s). Cost., dal presidente del consiglio dei

ministri, con il ricorso in epigrafe; 2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu

zionale dello stesso art. 1, 2° comma, predetta 1. reg. Veneto n. 26 del 2003, sollevata, in riferimento all'art. 114 Cost., dal pre sidente del consiglio dei ministri, con il ricorso in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2005.

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 26 novembre 2004, n. 366 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 1° dicembre 2004, n. 47); Pres. Onida, Est. Bile; S. e altri c. Azienda per i servi zi sanitari n. 5 «Bassa Friulana»; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. Udine 21 luglio 2003 (G.U., la s.s., n. 10 del

2004).

Aborto e interruzione volontaria della gravidanza — Inter

ruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni —

Rilevanti malformazioni del nascituro — Difetto di moti vazione sulla rilevanza — Questione manifestamente

inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 2, 27, 32; 1. 22 maggio 1978 n. 194, norme per la tutela sociale della mater

nità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, art. 5, 6,

7).

E manifestamente inammissibile, per totale difetto di motivazio ne in ordine alla rilevanza, la questione di legittimità costitu

zionale degli art. 5, 6 e 7 l. 22 maggio 1978 n. 194, nella

parte in cui consentono l'interruzione volontaria della gravi danza dopo i primi novanta giorni dal suo inizio in caso di rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro che deter minino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della

donna, in riferimento agli art. 2, 27, 4° comma, e 32 Cost. (1)

(1) La Corte costituzionale rileva come per l'interruzione volontaria della gravidanza dopo i primi novanta giorni non sia sufficiente l'ac certamento di processi patologici, quali le rilevanti anomalie o malfor mazioni del nascituro che determinino un grave pericolo per la salute della donna, ma venga richiesta anche l'ulteriore condizione che non sussista possibilità di vita autonoma del feto e come l'accertamento della sussistenza, in concreto, di quest'ultima condizione appare neces sario per decidere sulla rilevanza della questione. II non averlo fatto, da

parte del giudice a quo, rende il provvedimento di rinvio, a giudizio della corte, viziato da totale difetto di motivazione sulla rilevanza.

Nel senso che l'omessa rilevazione, da parte del medico specialista, della presenza di gravi malformazioni nel feto, e la correlativa mancata comunicazione di tale dato alla gestante deve ritenersi circostanza ido nea a porsi in rapporto di causalità con il mancato esercizio, da parte della donna, della facoltà di interrompere la gravidanza, in quanto deve ritenersi rispondente ad un criterio di regolarità causale che la donna, ove adeguatamente e tempestivamente informata della presenza di una malformazione atta ad incidere sulla estrinsecazione della personalità del nascituro, preferisca non portare a termine la gravidanza, v. Cass. 29 luglio 2004, n. 14488. e 21 giugno 2004, n. 11488. Foro it., 2004, I, 3327, con nota di Bitetto.

Per l'affermazione secondo cui, in caso di mancata rilevazione delle malformazioni fetali da parte del ginecologo, al fine di verificare l'in cidenza dell'inadempimento all'obbligazione professionale sul diritto all'interruzione della gravidanza (il cui esercizio presuppone che il feto non abbia possibilità di vita autonoma se non sussiste un pericolo per la vita della donna), occorre far riferimento al livello di maturità del feto nel momento dell'inadempimento e la relativa prova incombe sul de bitore convenuto, v. Cass. 10 maggio 2002, n. 6735, id., 2002, I, 3115, con nota di richiami ed osservazioni di Palmieri e di Simone, commen tata da Rodolfi e Galluzzo, in Guida al dir., 2002, fase. 21, 32, e da Rossetti, in Dir. e giustizia, 2002, fase. 26, 24, la quale ha ritenuto al tresì che in caso di mancata rilevazione delle malformazioni fetali da parte del ginecologo, la relazione tra l'inadempimento del debitore e la lesione del diritto all'interruzione della gravidanza oltre il novantesimo giorno impone di verificare se l'informazione dovuta avrebbe potuto determinare un grave pericolo per la salute psicofisica della donna; a tal fine è possibile valorizzare la situazione venutasi a determinare al mo mento della nascita, ben potendo da ciò desumersi che un tale stato si sarebbe potuto verificare se la circostanza fosse stata comunicata prima del parto e che l'inadempimento del ginecologo, il quale erroneamente non rilevi una malformazione del feto, determina il diritto, non solo della donna, ma anche del marito, al risarcimento del danno patrimo niale e non patrimoniale, compreso quello derivante dal trauma dovuto alla scoperta della condizione del figlio.

In ordine all'ipotesi d'interruzione volontaria della gravidanza dopo i

primi novanta giorni, in caso di grave pericolo per la vita o per la salute fisica o psichica della donna, da parte di donna minore, v. Trib. Cata nia-Paterno 7 novembre 2002, Foro it., 2003, I, 3203, con nota di ri chiami, commentata da Piccaluga, in Giur. merito, 2003, 1674, secon do cui la minore ha piena autonomia nelle scelte dirette a tutelare la propria salute e non necessita autorizzazione del giudice tutelare al l'esercizio del diritto di aborto da parte della gestante di età inferiore ai diciotto anni.

Circa la richiesta di provvedimento d'urgenza avanzata dalla ge stante per essere autorizzata all'interruzione volontaria di una gravi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ritenuto che, con ordinanza del 21 luglio 2003, il Tribunale

di Udine ha sollevato questione di legittimità costituzionale de

gli art. 5, 6 e 7 1. 22 maggio 1978 n. 194 (norme per la tutela so

ciale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravi

danza), in riferimento agli art. 2, 27, ultimo comma, e 32 Cost.;

che, secondo quanto riferisce il rimettente, la questione è

stata sollevata nel corso di un giudizio promosso nel 1994 da

due coniugi — in proprio e quali esercenti la potestà parentale

sul figlio minore nato nel 1988, presso la struttura ospedaliera della convenuta, con una ipoplasia del femore sinistro — contro

un'unità sanitaria locale (Usi), poi divenuta azienda per i servizi

sanitari (Asl), per ottenerne la condanna «al risarcimento dei

danni patrimoniali, non patrimoniali, morali, alla salute, biolo

gici, esistenziali, psichici, alla serenità familiare, edonistici e

quant'altro, sofferti conseguentemente all'inadempimento del

l'obbligo di esatta informazione in tempo utile» da parte del

personale sanitario della convenuta «in ordine alle possibili anomalie o malformazioni del nascituro al fine di poter prendere le opportune decisioni anche circa l'interruzione della gravidan

za, nonché sulla possibilità della cura delle stesse se tempesti vamente diagnosticate»;

che il rimettente — dopo aver dato conto dei successivi svol

gimenti processuali — individua l'oggetto del contendere nel ri

sarcimento del danno asseritamente subito dalla madre per non

aver potuto, a causa dell'errata diagnosi della struttura sanitaria,

esercitare (ai sensi dell'art. 6 1. n. 194 del 1978) il diritto all'in terruzione della gravidanza per le «rilevanti malformazioni del

nascituro che avrebbero determinato come da conclusioni del

consulente tecnico d'ufficio grave pericolo per la salute psichica della donna»;

che in particolare, secondo il rimettente, il consulente — ac

certato come il minore fosse «affetto da grave malformazione

congenita del femore sinistro, che poteva essere riconosciuta fin

dal primo trimestre di gravidanza con esame ecografico accu

rato» — aveva concluso che «il mancato riconoscimento della

malformazione entro il primo trimestre di gestazione non aveva

permesso alla madre di richiedere l'interruzione volontaria della

sua gravidanza» e «che la nascita del figlio ha causato un danno

psicofisico ed economico alla coppia oltre alla sofferenza psi

cologica e fisica che accompagna il bambino fin dalla nascita»;

che il rimettente — premesso che «la madre unitamente al

coniuge agisce anche per il piccolo ... danneggiato dal fatto di

essere vivo — ancorché con un arto più corto — e non defunto» — ritiene non manifestamente infondata la questione di costitu

zionalità «dell'art. 6 1. 22 maggio 1978 n. 194, ed in connessio

ne con lo stesso quella degli art. 5 e 7 medesima legge»;

che, a suo avviso, tali norme contrasterebbero anzitutto con

l'art. 2 Cost, «che riconosce e garantisce i diritti inviolabili del

l'uomo, usando appositamente questa espressione generica che

fa riferimento all'essere umano, e non quella di cittadino», in

quanto — essendo «il primo diritto di ogni uomo» quello alla

vita — sarebbe incongrua e contraria al detto articolo «la possi bilità che una persona ancorché si tratti di un bambino non an

cora nato venga soppressa per la possibilità che la sua nascita fi

sicamente imperfetta arrechi una sofferenza psicologica alla

madre, costituendo altro e diverso soggetto avente la medesima

dignità del bambino»; che le norme in esame contrasterebbero, altresì, con l'art. 27,

ultimo comma, Cost., il quale, «vietando la pena di morte, im

plicitamente esclude che la morte possa essere applicata in via

amministrativa»; e con l'art. 32 Cost., che «tutela la salute come

fondamentale diritto dell'individuo», in quanto nel termine in

dividuo si dovrebbe ritenere compreso anche il bambino non

nato; che la questione di costituzionalità dell'art. 6 1. n. 194 del

1978 sarebbe rilevante «in quanto è precisamente dalla viola

danza plurigemellare derivante da procreazione assistita, limitatamente

ad uno dei feti, nessuno dei quali affetto da malformazioni o malattie

genetiche o di una gravidanza gemellare, limitatamente ad uno dei feti, affetto da grave malattia genetica, da cui sia derivato uno stato depres sivo della donna, v. Trib. Cagliari, ord. 30 giugno 2004 e decr. 5 giu

gno 2004, Foro it., 2004, I, 3497, con nota di richiami e osservazioni di

Casaburì; per ulteriori riferimenti, cfr. la nota di richiami di Casaburi a

Trib. Roma, ord. 23 febbraio 2005, id., 2005,1, 881.

Il Foro Italiano — 2005.

zione del preteso diritto riconosciuto dall'articolo stesso che

conseguirebbe nella fattispecie il danno risarcibile»; che è intervenuto nel giudizio il presidente del consiglio dei

ministri, tramite l'avvocatura generale dello Stato, con una me

moria nella quale sostiene l'inammissibilità e comunque l'in

fondatezza della questione. Considerato che dalla pur non chiara esposizione della vicen

da oggetto del giudizio a quo, contenuta nell'ordinanza di ri

messione, si ricava — da un lato — che le domande risarcitone,

proposte dai genitori in proprio e per conto del figlio minore, si

basano sugli accertamenti ecografici eseguiti sulla gestante

presso la struttura ospedaliera della convenuta, da cui sarebbe

stato possibile rilevare la malformazione del feto, e — dall'altro — che tali accertamenti furono svolti quando la gravidanza du

rava da oltre novanta giorni; che, pertanto, la questione di costituzionalità è ritenuta dal

giudice rilevante in quanto concerne le norme da cui derivereb

be l'asserito diritto della gestante a chiedere l'interruzione della

gravidanza dopo i primi novanta giorni dal suo inizio, la cui le

sione avrebbe determinato l'ingiustizia del danno risarcibile;

che le precisazioni del rimettente, in particolare sull'idoneità

della taciuta malformazione ad arrecare grave pericolo alla sa

lute psichica della madre, rivelano come, nella specie, la possi bilità di interrompere la gravidanza, in ipotesi preclusa dal com

portamento della convenuta, sia riconducibile alla lett. b) del

l'impugnato art. 6 1. n. 194 del 1978; che questa norma ammette bensì l'interruzione volontaria

della gravidanza dopo i primi novanta giorni, quando siano ac

certati processi patologici (tra cui quelli relativi a rilevanti ano

malie o malformazioni del nascituro) che determinino un grave

pericolo per la salute fisica o psichica della donna, ma all'ulte

riore condizione — prevista dall'art. 7, 3° comma, stessa legge,

anch'esso impugnato — che non sussista possibilità di vita au

tonoma del feto; che pertanto il giudice rimettente —

per ritenere rilevante la

questione di legittimità costituzionale proposta nei termini indi

cati — avrebbe dovuto motivatamente affermare che, trascorsi i

primi novanta giorni di gravidanza, la gestante, se informata

delle malformazioni del feto, avrebbe potuto, in base alla nor

mativa impugnata, decidere l'eventuale interruzione della gra

vidanza, in quanto non sussisteva la possibilità di vita autonoma

del nascituro malformato; che infatti — se tale possibilità fosse sussistita — la gravi

danza non avrebbe potuto essere interrotta, e il giudice sarebbe

stato in grado di decidere (nel senso del rigetto) sul capo di do

manda relativo ai danni conseguenti alla mancata interruzione,

per la concreta inconfigurabilità della posizione giuridica sog

gettiva in ipotesi ingiustamente lesa ai sensi dell'art. 2043 c.c., e su tale decisione l'eventuale accoglimento della questione

proposta non avrebbe spiegato alcun effetto;

che il silenzio dell'ordinanza sul punto comporta perciò il

totale difetto di motivazione sulla rilevanza della questione;

che, quindi, la questione deve essere dichiarata manifesta

mente inammissibile.

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife

sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale

degli art. 5, 6 e 7 1. 22 maggio 1978 n. 194 (norme per la tutela

sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gra

vidanza), sollevata, in riferimento agli art. 2, 27, ultimo comma,

e 32 Cost., dal Tribunale di Udine, con l'ordinanza in epigrafe.

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