ordinanza 28 giugno 1985, n. 191 (Gazzetta ufficiale 10 luglio 1985, n. 161 bis); Pres.Roehrssen, Rel. La Pergola; Soc. Ursus Peroni c. Macagni. Ord. Trib. Lodi 24 giugno 1977 (G. U.n. 272 del 1977)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1247/1248-1251/1252Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187256 .
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1247 PARTE PRIMA 1248
tal senso — come è stato osservato nel ricorso — la congiunta violazione dell'art. 50 dello statuto speciale e dell'art. 136 Cost.
Peraltro, nulla consente di ritenere che la normativa impugna ta debba interpretarsi in questi termini. Al contrario, fin dal
periodo intercorrente fra la pronuncia ed il deposito della sent. n.
95 del 1981, è entrato in vigore l'art. 40, 4° comma, 1. 30 marzo 1981 n. 119 (legge finanziaria 1981), che ha novellato l'art. 31, 1°
comma, 1. n. 468, ma introducendo un'espressa eccezione « per i
fondi di cui all'art. 38 dello statuto della regione siciliana, nonché
per quelli destinati alle altre regioni a statuto speciale ed alle
province autonome di Trento e Bolzano, in base ai rispettivi statuti ». Mentre l'art. 38, 2° e 3° comma, 1. n. 526 del 1982 si è
limitato, sul punto, a garantire più compiutamente (o con una
maggiore precisione) la regione Sicilia: la quale, da un lato, s'era vista respingere il proprio ricorso avverso l'art. 31 1. n. 468, sempre in virtù della sent. n. 95 del 1981; e, d'altro lato, non era stata esplicitamente esentata dall'applicazione di tale disciplina —
in conseguenza del citato art. 40, 4° comma, 1. n. 119 — se non
« per i fondi di cui all'art. 38 dello statuto », cioè con riguardo alle somme annualmente versate dallo Stato « a titolo di solidarie
tà nazionale ».
Cosi ricostruite, dunque, le norme in esame non incorrono in
alcuno dei prospettati vizi di legittimità costituzionale.
3. - Quanto alla seconda delle due problematiche sollevate dal
ricorso, l'impugnativa dev'essere respinta. È senza fondamento,
infatti, che la difesa della regione si appella anche in tal senso
alla giurisprudenza della corte, tornando ad invocare, in partico lar modo, la sentenza n. 95 del 1981.
Nel quadro della complessa disciplina dettata dall'art. 40 1. n.
119, vanno tenute accuratamente distinte le disposizioni del 1° e
del 4° comma: altro essendo il regime complessivo delle disponi bilità che gli enti già indicati dall'« originario 1° comma dell'art.
31 1. n. 468 possono mantenere... a qualunque titolo presso le
aziende di credito »; ed altro la sorte specificamente riservata alle
somme provenienti dal bilancio dello Stato e destinate ad affluire
negli appositi conti intestati alle regioni presso le tesorerie dello
Stato. Nella sentenza n. 95 del 1981, la corte ha affrontato unica
mente il secondo e non il primo ordine di questioni. Viceversa, è
nella sentenza n. 162 del 1982 (id., 1983, 1, 595) che la corte ha pre so chiaramente posizione circa l'ambito di applicabilità dell'art. 40, 1° comma, 1. n. 119, affermando la competenza dello Stato a
dettare misure del genere, in nome dell'indispensabile coordina
mento finanziario e degli interessi nazionali concernenti la « di
sciplina del credito »; e precisando che non « ha rilievo, alla luce
delle finalità perseguite, distinguere tra regioni a statuto speciale e
regioni a statuto ordinario, tutte ugualmente tenute in materia di
credito a uniformarsi alla legislazione dello Stato ».
A modificare tali conclusioni non valgono, d'altronde, i richia
mi del ricorso all'attuale ordinamento finanziario della Valle
d'Aosta, stabilito dalla 1. 26 novembre 1981 n. 690. L'incompatibi lità fra tale ordinamento ed il 1° comma del citato art. 40, che
dovrebbe imporre anche in tal senso una sentenza interpretativa di rigetto, viene asserita ma non dimostrata. Ed è molto significa
tivo, all'opposto, che gli interessi bancari non figurano affatto fra
le entrate regionali elencate dall'art. 1 1. n. 690 e che le giacenze di tesoreria non vengono considerate in alcun modo dalla legge medesima: il che conferma che, per modificare il regime di detti
depositi, non era necessario alcun « accordo » fra lo Stato e la
regione, trattandosi di questioni non incidenti sull'autonomia
finanziaria regionale, costituzionalmente o statutariamente garanti ta (come è stato ancora rilevato dalla sentenza n. 162 del 1982).
Certo, tutto questo non toglie che, in definitiva, la discutibile
soluzione accolta dall'art. 38, 2° e 3° comma, 1. n. 526 del 1982
finisca per privilegiare due sole regioni a statuto speciale. Ma la
mancata inclusione della Valle d'Aosta, accanto alla Sicilia ed al
Trentino-Alto Adige, non determina la violazione di alcuno dei
parametri costituzionali e statutari addotti nel ricorso, per desu
merne la lesione della « sfera della competenza assegnata alla
regione ». Nel vigente ordinamento, infatti, nulla esige che le
finanze delle varie regioni differenziate vengano identicamente
regolate; ed anzi gli stessi statuti stanno a dimostrare che, in tal
campo, le ragioni della specialità prevalgono spesso sulle ragioni dell'uniformità di trattamento.
Per questi motivi, la Corte costituzionale a) dichiara non
fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimi tà costituzionale dell'art. 38, 2° e 3° comma, 1. 7 agosto 1982 n.
526 (« provvedimenti urgenti per lo sviluppo dell'economia ») —
sollevata dalla regione Valle d'Aosta, in riferimento agli art. 136
Cost, e 50 dello statuto speciale — nelle parti concernenti
Il Foro Italiano — 1986.
l'aplicazione dell'art. 31 1. 5 agosto 1978 n. 468; b) dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, 2° e
3° comma, 1. n. 526 del 1982 — sollevata dalla regione Valle
d'Aosta, in riferimento agli art. 3 e 136 Cost., 12 e 50 dello
statuto speciale — nelle parti concernenti l'applicazione dell'art.
40 1. 30 marzo 1981 n. 119.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 28 giugno 1985, n. 191
(Gazzetta ufficiale 10 luglio 1985, n. 161 bis); Pres. Roehrssen,
Rei. La Pergola; Soc. Ursus Peroni c. Macagni. Ord. Trib.
Lodi 24 giugno 1977 (G. U. n. 272 del 1977).
Lavoro (rapporto) — Licenziamenti collettivi per riduzione di
personale — Tutela giurisdizionale del lavoratore — Disparità
di trattamento processuale rispetto al lavoratore licenziato per
altri motivi — Questione infondata di costituzionalità (Cost.,
art. 3, 24; 1. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti
individuali, art. 11).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 11, 2° comma, l. 15 luglio 1966 n. 604, nella parte
in cui esclude i licenziamenti collettivi per riduzione di perso
nale dall'ambito di applicazione della legge, in riferimento agli
art. 3 e 24 Cost. (1)
(1) L'ordinanza in epigrafe rappresenta il primo intervento della
Corte costituzionale sulla materia dei licenziamenti collettivi, se si
prescinde dalla sent. 8 febbraio 1966, n. 8 (Foro it., 1966, I, 201) che
dichiarò incostituzionale la recezione, nel d.p.r. 14 luglio 1960 n. 1019, nell'accordo interconfederale 20 dicembre 1950, limitatamente all'esten
sione erga omnes delle clausole obbligatorie relative alla procedura sindacale preventiva.
La pronunzia della corte è stata provocata dal Trib. Lodi, ord. 24
giugno 1977 (id., 1978, I, 541, e per esteso in Giur. costit., 1977, II,
1148) in sede di giudizio di rinvio da Cass. 22 dicembre 1976, n. 4723
(Foro it., Rep. 1977, voce Lavoro (rapporto), n. 1135) che aveva
stabilito il principio di diritto secondo cui « il lavoratore non ha
azione per fare accertare la pretesa illegittimità del licenziamento sotto
11 profilo dell'inosservanza dei criteri di scelta indicati nell'accordo,
perché questi sono rimessi alla valutazione discrezionale dell'impren ditore con il solo controllo dell'associazione sindacale in sede azien
dale ». La Corte costituzionale prende atto del consolidamento dell'indirizzo
interpretativo aperto — dopo molte incertezze delle quali la citata
Cass. n. 4723/76 rappresenta eloquente esempio — da Cass., sez. un., 27 febbraio 1979, n. 1270 (id., 1979, I, 605), e in un certo senso tale
indirizzo fa proprio, ritenendolo conforme alla Costituzione: il che, trattandosi di una delle più importanti operazioni « creative » della
giurisprudenza del lavoro, non è senza importanza (le sezioni unite
sono tornate sul tema, si pure in riferimento ad un aspetto particolare, con la sentenza 18 ottobre 1983, n. 5396, id., 1983, I, 2337, con nota di
richiami). Va osservato, peraltro che l'indirizzo interpretativo sul quale la
Corte costituzionale fa leva per ritenere superato il dubbio di costitu zionalità sollevato dal Tribunale di Lodi, è fermo nel suo complesso nella giurisprudenza della Cassazione, ma non è privo di talune
incertezze, né è del tutto pacifico nella giurisprudenza di merito, in
relazione ad un aspetto nodale: l'inapplicabilità dell'art. 18 statuto
lavoratori — affermata dalla Cassazione — nell'ipotesi di licenziamento in violazione dei criteri di scelta (anzianità, carico di famiglia, esigenze tecnico produttive).
a) Sulla incondizionata facoltà del lavoratore di impugnare il
licenziamento motivato come collettivo per riduzione di personale, chiedendo il controllo giudiziale sui presupposti (rispetto delle proce dure sindacali preventive, effettività del ridimensionamento aziendale, nesso di causalità tra questo e il licenziamento del singolo), ferma
restando l'insindacabilità delle scelte tecnico-produttive dell'imprendito
re, cfr., da ultimo, Cass. 20 marzo 1985, n. 2056, id., Mass., 393; 7
febbraio 1985, n. 852, ibid., 200; 23 gennaio 1985, n. 264, ibid., 64; 19 dicembre 1984, n. 6618, id., Rep. 1984, voce cit., n. 2334, (e in
Riv. it. dir. lav., 1985, II, 327, con nota di Del Punta), in cui si
esclude che per aversi licenziamento collettivo sia necessario un « ridimensionamento materiale » dell'impresa; 8 marzo 1984, n. 1604, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 2281; 26 agosto 1983, 4598, ibid., n.
2284 (e in Giust. civ., 1984, I, 1881, con nota di Del Punta); 16
luglio 1983, n. 4919, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 2285; 21 febbraio 1984, n. 1265, ibid., n. 2292; 7 giugno 1984, n. 3448, ibid., n. 2309; 20 gennaio 1984, n. 501, ibid., n. 2312; 21 luglio 1983, n. 5042, ibid., n. 2313; 12 gennaio 1983, n. 211, id., Rep. 1983, voce cit., n. 2587 8 luglio 1982, n. 4050, ibid., n. 2588; 14 dicembre 1982, n. 6887, ibid., n. 2589; 30 marzo 1983, n. 2335, ibid., n. 2590; 18 agosto 1982, n. 4637, ibid., n. 2605 (e in Giust. civ., 1983, I, 468, con nota di Del Punta); 12 agosto 1982, n. 4589, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 2608, in cui si afferma la sussistenza del diritto all'impugnativa del lavoratore
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ritenuto che con l'ordinanza di rimessione di cui in epigrafe il
Tribunale di Lodi ha rilevato che l'art. 11, 2° comma, 1. 15 luglio 1966 n. 604, escludendo i licenziamenti collettivi dalla disciplina dettata per i licenziamenti individuali, nega il diritto dei lavorato
ri licenziati collettivamente di ottenere l'accertamento giurisdizio nale della illegittimità del licenziamento per violazione dei criteri
di scelta del personale da licenziare stabiliti dall'art. 2 dell'accor
do interconfederale 20 dicembre 1950 (reso efficace erga omnes
con d.p.r. 14 luglio 1960 n. 1019) e dell'accordo interconfederale
5 maggio 1965 e ne ha quindi denunciato la illegittimità costitu
zionale in quanto viola l'art. 24 Cost, perchè l'impossibilità del
lavoratore collettivamente licenziato di far valere in giudizio
qualsiasi conseguenza dalla mancata osservanza dei criteri di
scelta di cui alla normazione collettiva, costituisce lesione del
diritto di difesa costituzionalmente garantito e l'art. 3 Cost,
perchè ai lavoratori collettivamente licenziati è riservato ingiu stificatamente un trattamento deteriore rispetto a quello fatto ai
lavoratori colpiti da licenziamenti individuali.
Considerato che la denuncia non riguarda e non poteva riguar dare gli accordi interconfederali che dettano i criteri per la scelta
dei lavoratori da colpire con il licenziamento collettivo, e pro
priamente l'art. 2 dell'accordo interconfederale 5 maggio 1965
siccome di natura contrattuale;
anche se la procedura sindacale ha dato esito positivo; 12 agosto 1982, n. 4589, ibid., n. 2617; 19 agosto 1982, n. 4679, id., Rep. 1982, voce cit., n. 2124; 10 marzo 1982, n. 1561, ibid., n. 2127; in cui si afferma che l'intenzionalità elusiva dello spirito e della sostanza delle
procedure relative al licenziamento collettivo, può comportare che il licenziamento, pur preceduto dallo svolgimento della procedura stessa, sia considerato alla stregua di una pluralità di licenziamenti
individuali; 13 febbraio 1982, n. 922, ibid., n. 2129; in cui si afferma che la violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare può essere indicativa della non effettività del ridimensionamento, quando il criterio di scelta relativo alle esigenze tecnico-produttive, viene confuso con il rendimento di un singolo lavoratore in paragone al rendimento di un altro, anziché riferirsi al rendimento astrattamente conseguibile, e non più necessario per l'esercizio dell'impresa; 12 novembre 1980, n.
6066, ibid., n. 2152, in cui si addossa al datore di lavoro l'onere di
provare che il provvedimento di licenziamento impugnato sia di natura
collettiva, prova che può dirsi acquisita in via presuntiva ai sensi dell'art. 2729 c.c. quando sia stato raggiunto l'accordo in sede di
procedura conciliativa con le associazioni sindacali; 4 marzo 1980, n.
1459, id., Rep. 198), voce cit., n. 1504; 17 marzo 1981, n. 1571, id., 1981, I, 981.
b) Per quanto concerne la tutela del lavoratore licenziato in seguito ad un'errata applicazione dei criteri di scelta, (questione che ha
provocato la decisione della Corte costituzionale) la Cassazione è ferma nell'affermare che la tutela è soltanto risarcitoria, non potendosi applicare la normativa prevista dalla 1. 604/66, né l'art. 18 statuto
lavoratori, stante la « diversità ontologica » tra la fattispecie del licenziamento individuale e quella del licenziamento collettivo.
In tal senso v., da ultimo, Cass. 20 marzo 1985, n. 2056, cit.; 22
gennaio 1985, n. 264, cit.; 7 febbraio 1985, n. 952, cit.; 21 luglio 1983, n. 5042, id., Rep. 1984, voce cit., n. 2293; 3 maggio 1984, n.
2708, ibid., n. 2290, in cui si afferma anche la facoltà del datore di lavo ro di dare la prevalenza alle esigenze tecnico-produttive; 14 maggio 1983, n. 3070, id., Rep. 1983, voce cit., n. 2585; 14 dicembre 1982, n.
6887, ibid., n. 2589; 2 febbraio 1983, n. 885, ibid., n. 2593, in cui si afferma l'irrilevanza di ogni indagine diretta ad accertare eventuali moti vi politici e sindacali concorrenti a determinare il recesso, una volta accertata l'autenticità del licenziamento collettivo; 9 dicembre 1982, n. 6748, ibid., n. 2596; 1° giugno 1983, n. 3750, ibid., n. 2612; 30 ottobre 1982, n. 5713, ibid., n. 2613, in cui si dettano i criteri di
quantificazione del risarcimento del danno subito dal lavoratore, risar cimento che deve ricomprendere tutto il pregiudizio patrimoniale, in considerazione delle utilità economiche non conseguite fino al momento in cui il lavoratore non abbia trovato una nuova ocupazione, con detrazione dell'aliunde perceptum tenendo conto delle perdite afferenti alla non computabilità della precedente anzianità di servizio, dell'even tuale dequalificazione, e del pregiudizio risentito dalla posizione previ denziale; 14 dicembre 1982, n. 6887, id., Rep. 1982, voce cit., n.
2115; 26 ottobre .1982, n. 5608, ibid., n. 2123; 19 agosto 1982, n.
4679, ibid., n. 2124; 13 febbraio 1982, n. 922, cit.; 12 novembre 1980, n. 6066, cit.; 1° dicembre 1982, n. 6683, ibid., n. 2147; 30 agosto 19-80, n. 5048, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1890; 13 novembre 1980, n.
6095, id., 1981, I, 372, con nota di richiami. Sull'esclusione della tutela reale del posto di lavoro, nel caso di
lavoratore licenziato in violazione dei criteri di scelta, non vi è consenso tra i giudici di merito, molti dei quali affermano l'applicabili tà della 1. 604/66 e dell'art. 18 1. 300/70.
V., da ultimo, in tal senso: Pret. Desio 9 dicembre 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 2302; in cui si afferma che l'art. 2 d.p.r. 1019/60 sui criteri di scelta è norma inderogabile, la cui violazione risolve il licenziamento collettivo in una pluralità di licenziamenti individuali, con applicabilità della tutela ex art. 18; Pret. Milano 13 luglio 1983, ibid., n. 2304; Trib. Milano 26 febbraio 1983, id., Rep. 1983, voce
Il Foro Italiano — 1986.
che, in sostanza si chiede alla corte, con l'abrogazione dell'art.
11 1. n. 604 del 1966, di sostituire alla disciplina apprestata dal
legislatore per i licenziamenti collettivi quella prevista dallo stesso
legislatore per i licenziamenti individuali; che l'invocato sindacato verrebbe a colpire una scelta discre
zionale operata dal legislatore; che detta scelta, peraltro, è razionale e giustificata dalla diversi
tà delle fattispecie e dalla diversità degli interessi regolati; che secondo quanto costantemente ritenuto da questa corte
(sent. n. 63/82, Foro it., 1982, I, 1216), è consentito, in materia
processuale, stabilire procedure differenziate in quanto la tutela
giurisdizionale ben può diversificarsi in relazione alle varie situa
zioni sostanziali dedotte in giudizio;
che, peraltro, secondo la più recente giurisprudenza dei giudici di merito e della Corte di cassazione, la disciplina legislativa
dell'istituto, conforme, sia pure in parte, alle direttive della
Comunità economica europea, non priva il lavoratore, colpito dal
licenziamento collettivo, di tutela dinanzi al giudice ordinario; che detta tutela, ferma restando la incensurabilità delle scelte
tecniche e produttive dell'imprenditore, quale estrinsecazione della
libertà di iniziativa economica garantitagli dalla Costituzione (art.
41), consiste: a) nel sindacato della ricorrenza dei presupposti
cit., n. 2640, in cui si afferma che la violazione dei criteri di scelta è in contrasto con il diritto alla stabilità del posto di lavoro, garantito dall'art. 18 statuto lavoratori; Trib. Milano 18 febbraio 1983, ibid., n.
2642; Pret. Milano 23 febbraio 1983, ibid., n. 2648, in cui l'art. 18
statuto lavoratori è ritenuto inapplicabile, mentre il licenziamento
operato in violazione dei criteri di scelta è dichiarato nullo per violazione di norme inderogabili, per cui va cancellato dal mondo delle relazioni giuridiche, mediante la reintegra nel posto e il risarci
mento del danno effettivamente subito dal lavoratore; Trib. Milano 31
marzo 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 2132; Pret. Milano 11
dicembre 1981, ibid., n. 2164; Pret. Milano 14 maggio 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1919.
Nel senso invece che il lavoratore licenziato in violazione dei criteri
di scelta ha diritto alla tutela risarcitoria e non anche alla tutela
reintegratoria, o obbligatoria, sancite rispettivamente dall'art. 18 statuto
lavoratori e dalla 1. 604/66, v. Pret. Bergamo 13 marzo 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 2299; Pret. S. Severino Marche 29 gennaio 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 2141; Pret. Perugia 23 luglio 1981, ibid., n. 2144.
c) L'ordinanza della Corte costituzionale fa riferimento alla direttiva CEE 17 febbraio 1975 n. 129/75, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (il testo della direttiva è pubblicato su Le leggi, 1975: appendice CE, 84). Non avendo l'Italia la propria normativa ai principi della direttiva, è stata condannata per violazione delle norme del trattato di Roma, dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, con sent. 8 giugno
1982, causa 91/81, Foro it., 1982, IV, 353, con nota di Mazzotta,
L'Italia, la CEE, e i licenziamenti collettivi. La sentenza della Corte
di giustizia è riportata altresì su Dir. lav., 1982, II, 387, con nota di
Foglia, Obblighi comunitari e licenziamenti collettivi; e su Lavoro e
prev. oggi, 1982, 2369, con nota di Caracciolo, Licenziamenti collet
tivi: la condanna della Corte di giustizia CEE contro l'Italia. In giurisprudenza hanno ritenuto immediatamente applicabili le nor
me della ricordata direttiva comunitaria: Pret. Torino 19 marzo 1984, Foro it., 1984, I, 2640, e in Giust. civ., 1984, I, 1970, con nota di
Scarpa, e Orient, giur. lav., 1985, 202, con nota di Sarzina; Pret.
Torino 29 ottobre 1984, Foro it., 1985, I, 912. Sui licenziamenti collettivi nel diritto comunitario: M. De Luca,
Normativa comunitaria in materia di lavoro e giurisprudenza dei giudici ordinari italiani, id., 1986, I, 234, spec. § 5-9; Id., Direttiva comu nitaria in materia di licenziamenti collettivi e giurisprudenza dei
giudici italiani, in corso di pubblicazione su Riv. it. dir. lav.; Id., Licenziamenti collettivi, trasferimenti d'azienda, crisi dell'impresa, procedure concorsuali e « tutele » dei lavoratori nel diritto comunitario; brevissime note sullo stato di « conformazione » dell'ordinamento ita
liano, dn Foro it., 1986, IV, 109, in nota, tra le altre, a Corte giust. 6 novembre 1985, causa 131/81, che ha accertato l'inadempienza dell'Ita lia ad obblighi comunitari per non avere « conformato » il proprio ordinamento alla precedente sentenza della stessa Corte giust. 8 giugno 1982, causa n. 91/81.
d) In dottrina, da ultimo: M. L. Galantino, I licenziamenti collettivi, Milano, 1984; L. Montuschi, Appunti sui licenziamenti collettivi, in
Riv. trim. dir. e proc. civ., 1985, 273; E. D'Avossa, Sull'inesistenza di una nozione ontologica di licenziamento collettivo, in Lavoro 80, 1984, 669; R. Del Punta, I criteri di scelta dei lavoratori nei
licenziamenti collettivi e nella cassa integrazione guadagni, in Giornale dir. lav. relazioni ind., 1983, 775; Id., I licenziamenti collettivi per riduzione di personale, in Giust. civ., 1983, II, 55; A. Cessari, Dai licenziamenti ai trasferimenti collettivi, in Riv. it. dir. lav., 1982, II, 11; G. Speziale, Licenziamenti collettivi ed intervento del giudice; problemi di costituzionalità, in Dir. lav., 1982, I, 82.
e) Per un recente disegno di legge in tema di licenziamenti collet
tivi, cfr. la nota di richiami a Corte cost. n. 2/86, in questo fasci
colo, I, 1184.
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1251 PARTE PRIMA 1252
che hanno determinato il ricorso, da parte del datore di lavoro, alla procedura collettiva e la obiettività della scelta con la
conseguente possibilità anche di una tutela reale del lavoratore
nel caso in cui, per difetto dei detti presupposti, il licenziamento
deve qualificarsi come individuale; b) nell'accertamento della
ricorrenza delle condizioni di efficacia del recesso (quali il
decorso del termine fissato per l'esaurimento delle procedure di
conciliazione previste dagli accordi collettivi) e nel controllo
dell'osservanza da parte del datore di lavoro dei criteri fissati dai
patti sindacali di categoria per la concreta selezione dei dipen denti da licenziare (il cui rispetto, se contestato, il datore di
lavoro ha l'onere di dimostrare) con la conseguenza, nel caso di
inosservanza da parte del datore di lavoro di dette regole,
dell'obbligo risarcitorio, dovendosi il recesso considerare illecito;
che, pertanto, la sollevata questione di illegittimità costituziona
le è manifestamente infondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.
11, 2° comma, 1. 15 luglio 1966 n. 604 in riferimento agli art. 3 e
24 Cost., sollevata dal tribunale di Lodi con l'ordinanza in
epigrafe.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 9
maggio 1986, n. 3092; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.
Corda, P. M. Caristo {conci, conf.); Ercolessi (Avv. Bonifazi)
c. Associazione italiana arbitri (Avv. G. Guarino), Federazione
italiana gioco calcio (Aw. G. Guarino), C.o.n.i. {Avv. Tara
sconi). Regolamento di giurisdizione.
CORTE DI CASSAZIONE;
Sport — Calcio — Federazione italiana gioco calcio — Ruoli
arbitrali — Giovane di sesso femminile — Diniego d'inclusione
— Previsione regolamentare — Domanda di annullamento —
Giurisdizione amministrativa — Fattispecie (L. 16 febbraio
1942 n. 426, costituzione e ordinamento del Comitato olimpico
nazionale italiano, art. 5; d.p.r. 2 agosto 1974 n. 530, norme di
attuazione della 1. 16 febbraio 1942 n. 426, art. 2; 1. 9
dicembre 1977 n. 903, parità di trattamento tra uomini e donne
in materia di lavoro, art. 1; 1. 23 marzo 1981 n. 91, norme in
materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, art. 14;
1. 14 marzo 1985 n. 132, ratifica ed esecuzione della convenzio
ne sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei con
fronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979:
convenzione, art. 13).
Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la cognizio ne della domanda con la quale la giovane, cui l'associazione
arbitri-settore arbitrale della Federazione italiana gioco calcio
abbia negato l'inclusione nei ruoli arbitrali in base all'art. 17
del regolamento A.i.a. che la prevede, a determinate condizioni,
solo per i soggetti di sesso maschile, chiede l'annullamento, o,
comunque, la dichiarazione d'inefficacia di tale norma regola mentare. (1)
(1) La sentenza del Tribunale di Roma 17 maggio 1982, investita dal ricorso per regolamento di giurisdizione respinto dalla Cassazione, è riassunta in Foro it., Rep. 1983, voce Sport, n. 27.
Con la riportata pronunzia, che merita di essere segnalata per la chiarezza espositiva e la coerenza argomentativa, le sezioni unite
riesaminano il problema dei rapporti tra le federazioni sportive nazionali e il C.o.n.i., si soffermano sulla natura dell'art. 17 del
regolamento dell'A.i.a.-settore arbitrale della Fji.g.c. e valutano infine le
posizioni soggettive ricollegabili alla norma regolamentare de qua. Tenendo presenti le acquisizioni di Cass. 12 maggio 1979, n. 2725,
id., 1979, I, 1117, con nota di richiami (cui adde, A.C. Jemolo, L'ordinamento sportivo, in Gli occhiali del giurista, 1985, li, 68) a
proposito della configurazione delle federazioni come organi del
C.o.n.i., partecipi della natura pubblica di questo i(in tal senso, anche, T.A.R. Lazio, sez. Ili, 16 gennaio 1984, n. 4 e 15 novembre 1983, n.
878, Foro it., Rep. 1984, voce cit., nn. 13, 14; App. Bari 8 febbraio
1984, ibid., n. 20; T.A.R. Lazio, sez. Ili, 11 gennaio 1982, n. 36, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 19; adde Cass. 16 gennaio 1985, n. 97, id., Mass., 22, che dal superiore rilievo fa discendere l'impossibilità di
evocare in giudizio le federazioni in proprio, essendo ogni loro attività
giuridicamente rilevante imputata al C.o.n.i., tenuto a rispondere
dell'operato dei suoi organi) e in ordine all'inquadramento delle dispo sizioni dei regolamenti federali fra gli atti di normazione secondaria (in
argomento cons., pure, Cass. 19 febbraio 1983, n. 1290 e 1° marzo
1983, n. 1531, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 17, 18; nonché Corte
cost., ord. 30 luglio 1984, n. 244, id., 1984, I, 2654, che ha ritenuto
Il Foro Italiano — 1986.
Svolgimento del processo. — Con citazione del 20 novembre
1979 Luana Ercolessi conveniva l'Associazione arbitri-settore ar
bitrale, della Federazione italiana gioco calcio, davanti al Tribu
nale di Roma chiedendo che la stessa fosse condannata a
provvedere alla sua iscrizione nei ruoli arbitrali, previa « soppres sione » (o, comunque, dichiarazione di inefficacia) della norma
regolamentare che riserva tale iscrizione alle persone di sesso
maschile.
Tale richiesta era preceduta dalle seguenti premesse: a) che
essa, fin dal 1977, aveva svolto attività arbitrale, nell'ambito del calcio dilettantistico, presso il Centro sportivo italiano; b) che nonostante la frequenza al corso per allievi arbitri e il supera mento di « un colloquio tecnico », si era vista rifiutare, dalla
convenuta, l'inclusione nei ruoli arbitrali; c) che tale rifiuto era stato motivato con riferimento al disposto dell'art. 17, 2° comma, del regolamento dell'A.i.a., ai sensi del quale la nomina ad arbitro della Federazione italiana gioco calcio può essere conse guita solo da giovani di sesso maschile; d) che tale norma regolamentare era illegittima, perché in contrasto col principio di parità fra i sessi, enunciato dall'art. 3 Cost, e ribadito dalla 1. 9 dicembre 1977 n. 903.
Instauratosi il contraddittorio, l'A.i.a.-s.a. eccepiva il difetto della propria legittimazione passiva alla causa deducendo: a) che a norma dell'art. 27 dello statuto della F.i.g.c. « l'esame e l'appro vazione definitiva » dei regolamenti di settore — fra i quali era da ricomprendere quello dell'A.i.a. — competeva non già ai singoli settori, bensì al consiglio federale della F.i.g.c., per cui la norma regolamentare impugnata di legittimità promanava non già dall'A.i.a., bensì dalla F.i.g.c.; b) l'A.i.a. costituiva un sempli ce « organo tecnico » della F.i.g.c. Nel merito, subordinatamente, resisteva alla domanda deducendo il proprio carattere di « asso ciazione privata non riconosciuta », in cui la predeterminazione dei requisiti di ammissione al sodalizio è operata secondo criteri selettivi elaborati dalla volontà degli associati.
Il contraddittorio veniva esteso, iussu iudicis, alla F.i.g.c. e al Comitato olimpico nazionale italiano (C o.n.i.), il quale ultimo eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda proposta.
Con sentenza pubblicata il 17 maggio 1982 l'adito tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario (spet
atti privi di forza di legge gli art. 16 e 28, lett. g, del regolamento organico della F.i.g.c.), la corte chiarisce, tuttavia, che le stesse federazioni conservano pure la natura di soggetti privati, in relazione allo svolgimento di numerosissime attività, specie dopo l'emanazione della 1. n. 91 del 1981, il cui art. 14, attribuendo alle entità in questione anche « l'autonomia organizzativa », ha sicuramente mutato la realtà giuridica. La precisazione, che pone fine ai contrasti manife statisi tra i giudici amministrativi e ordinari (T.A.R. Lazio, sez. Ili, 5 aprile 1982, n. 413, id., Rep. 1982, voce cit., n. 20; Pret. Roma 14 settembre 1981, ibid., n. 30; Pret. Milano 12 febbraio 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 16) a proposito degli effetti sui rapporti tra federazioni e C.o.n.i. del menzionato art. 14 1. n. 91 del 1981 (sulla quale, con specifico riguardo alle previsioni dei precedenti art. 12 e 13, cfr. la nota di D. Vittoria a Trib. Genova 22 aprile 1985, id., 1986, I, 1081) apre la via all'altra puntualizzazione delle sezioni unite secondo cui, in caso di controversie tra federazioni e privati può delinearsi in astratto tanto la giurisdizione ordinaria (come ritenuto, ad es., da Trib. Catania 27 dicembre 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 19, con riguardo alle contestazioni tra società sportive affiliate alla F.i.g.c. e i tesserati di quest'ultima) quanto quella amministrativa (come reputato da Trib. Trani 17 aprile 1981, id., 1982, I, 1419, con nota di richiami, a proposito della domanda di annullamento della radiazione dai ruoli federali disposta dalla F.i.g.c. nei confronti di società calcistica affilia ta), consentendo di ricordare che, secondo Cass. 16 giugno 1983, n. 4108, id., Rep. 1983, voce cit., n. 20, per effetto del menzionato art. 14, il rapporto di lavoro dei dipendenti delle federazioni sportive nazionali ha natura pubblicistica o privatìstica a seconda che si tratti di « dipendenti amministrativi di uffici centrali » ovvero di « altri dipendenti » sportivi, tecnici od amministrativi di uffici periferici delle stesse federazioni. Rilevato, poi, che il richiamo, operato dalla corte ai fini della valutazione della dedotta discriminazione nei confronti delle donne (su cui di recente Cass., ord. 22 ottobre 1985, n. 569, id., 1986, I, 995, con nota di richiami), all'art. 13 della convenzione di New York ratificata con 1. 14 marzo 1985 n. 132 conferisce alla pronunzia un connotato di completezza che va sottolineato, anche perché i giudici italiani assai raramente tengono conto delle convenzioni inter nazionali, è il caso di aggiungere che tra le molteplici considerazioni svolte con riferimento alla soluzione della prospettata questione di giurisdizione emerge quella (riscontrabile, anche dn altre pronun zie, quali ad es. Cass. 5 ottobre 1979, n. 5146, id., 1979, I, 2580, e 1° ottobre 1982, n. 5027, id., 1982, I, 2433, entrambe con note redaziona li) relativa alla possibilità di ricollegare posizioni di diritto soggettivo agli atti amministrativi. [C. M. Barone]
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