ordinanza 3 dicembre 2004; Pres. Migliaccio, Rel. Bonaretti; Di Stefano e altri (Avv. Bovio,Malavenda) c. Singer Calvino e altra (Avv. Ripa di Meana, Barbaccia)Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 249/250-255/256Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200399 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
TRIBUNALE DI MILANO; ordinanza 3 dicembre 2004; Pres. Migliaccio, Rei. Bonaretti; Di Stefano e altri (Avv. Bovio, Mala venda) c. Singer Calvino e altra (Avv. Ripa di Meana,
Barbaccia).
TRIBUNALE DI MILANO;
Diritti d'autore — Corrispondenze epistolari private — Ca rattere confidenziale o intimo — Valore artistico — Irrile vanza (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto d'auto re e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 93).
Diritti d'autore — Corrispondenze epistolari — Congiunti dell'autore defunto — Consenso — Necessità —
Fattispe cie (L. 22 aprile 1941 n. 633, art. 93).
Le corrispondenze epistolari private, in quanto dirette a un de
terminato destinatario, hanno carattere sempre confidenziale o intimo, sicché la pubblicazione delle stesse è assoggettata alle prescrizioni dell'art. 93 l.d.a., dovendosi ritenere che
l'autore, specie se personaggio pubblico, scegliendo di espri mersi con missive private, ha inteso così manifestare libera
mente le proprie opinioni anche su temi di attualità, politica e
di comune interesse, proprio contando sulla riservatezza im
plicita nella forma del messaggio utilizzato, oltre che su quel determinato destinatario, a nulla rilevando il valore artistico
creativo del carteggio, così oggettivamente distinguendosi tali
corrispondenze da quelle non private, quali le lettere istituzio
nali, protocollate, aperte, rivolte senza vincoli di riservatezza
a più destinatari, ecc., liberamente pubblicabili. (1) La necessità del consenso dei congiunti dell'autore defunto, in
dicato dall'art. 93 l.d.a. per la pubblicazione di corrispon denze epistolari di carattere confidenziale o intimo, non viene
meno in ragione di qualsiasi divulgazione delle corrisponden ze stesse, non essendo configurabile un principio di consuma
zione o di esaurimento del riserbo, bene protetto dalla norma
in parola, sicché ogni ulteriore forma di pubblicazione —
specie se su giornali o periodici di larga diffusione — im
porta un abusivo rinnovo della propalazione del materiale
epistolare (nella specie, il tribunale, con riferimento alla
pubblicazione dell'epistolario tra Italo Calvino ed Elsa de'
Giorgi, senza il consenso dei familiari del defunto scrittore,
ha ritenuto quest'ultimo tuttora necessario, ciò sia perché i
familiari si erano opposti a precedenti, parziali pubblicazioni
dell'epistolario stesso, sia perché quest'ultimo, depositato
presso il fondo manoscritti di una università, è consultabile
solo dagli studiosi che ne facciano motivala richiesta, limi
tatamente alla parte non secretata dalla de' Giorgi). (2)
II
TRIBUNALE DI MILANO; ordinanza 9 settembre 2004;
Giud. Marangoni; Singer Calvino e altra c. Di Stefano e altri.
Provvedimenti di urgenza —
Corrispondenze epistolari —
Carattere confidenziale o intimo — Pubblicazione «post mortem» — Consenso dei congiunti
— Mancanza — Inibi
toria — Fattispecie (Cod. proc. civ„ art. 700; 1. 22 aprile 1941 n. 633, art. 93).
Va inibita in via cautelare l'illecita pubblicazione post mortem,
senza il consenso degli aventi diritto, di corrispondenza episto lare confidenziale, tale dovendosi ritenere quella il cui autore
ha confidato nel riserbo e nella discrezione del destinatario,
mentre non ha diretta rilevanza — ai fini dell'accertamento
della confidenzialità dello scritto — il tema affrontato o il sen
timento manifestato dallo scrivente (nella specie, il tribunale
ha inibito l'ulteriore pubblicazione delle lettere inedite di Italo
Calvino ad Elsa de ' Giorgi, senza il consenso dei congiunti del
defunto autore, riconoscendone il carattere confidenziale, pur se nelle stesse vi è inscindibile commistione di tematiche stret
tamente attinenti alla sfera di intimità personale dei due corri
spondenti insieme alla trattazione di profili attinenti alla pro
duzione letteraria ed artistica dello scrittore). (3)
(1-3) La pubblicazione sul Corriere della Sera e su Panorama di
lettere inedite di Italo Calvino a Elsa de' Giorgi, risalenti agli anni cin
quanta, ha suscitato, la scorsa estate, una vivace polemica giornalistica. Da qui anche le domande cautelari proposte dagli eredi di Calvino,
Il Foro Italiano — 2005.
I
Con ricorso ex art. 93 ss. l.d.a. e 700 c.p.c. in data 16 agosto 2004 Esther Judith Singer Calvino, agendo in proprio e come
procuratrice della figlia, Giovanna Calvino, dopo la pubblica zione sul quotidiano Corriere della Sera del 4, 5 e 11 agosto 2004 di alcuni articoli ritenuti profondamente lesivi dell'onore e
della riservatezza di Italo Calvino e dei suoi congiunti e conte
nenti alcune lettere scritte da Calvino ad Elsa de' Giorgi tra il
1955 e il 1958, al tempo della loro relazione sentimentale, ha
chiesto e ottenuto da questo tribunale, inaudita altera parte, un
provvedimento d'urgenza con il quale veniva inibita a Di Stefa
no, Folli e Rcs «la riproduzione, la pubblicazione, l'utilizzo non
autorizzati delle lettere di Italo Calvino a Elsa de' Giorgi o di
loro brani».
Detto provvedimento, radicatosi il contraddittorio, è stato
confermato, salvo che per le modalità di pubblicazione, con or
dinanza depositata il 9 settembre 2004 (che segue) dal giudice
designato. Avverso tale ordinanza Di Stefano, Folli e Rcs hanno propo
sto reclamo, lamentando:
1) che appariva immotivato e infondato il giudizio espresso dal primo giudice sul riconoscimento del carattere confidenziale
o attinente all'intimità della vita privata del carteggio Calvi
no/de' Giorgi, con conseguente ingiustificata applicazione del
disposto dell'art. 93 l.d.a. e non necessità del consenso alla
pubblicazione; 2) che comunque tale carattere, anche ove ravvisabile, non
poteva riguardare la totalità dei brani e, specificamente, quelli relativi a temi come lavoro, storia, politica, poesia e letteratura,
che risultavano di fondamentale importanza ai fini della com
prensione della personalità anche artistica dell'autore;
3) che le lettere in questione erano già state pubblicate, senza
alcuna reazione giudiziaria, su mezzi d'informazione (Epoca nel
1990 e L'espresso nel 1995), oltre che su libri, su taluni studi di
carattere scientifico e persino su siti Internet, ma soprattutto che
l'intero carteggio, cui le lettere appartenevano, era stato acqui sito nel 1995 dal fondo manoscritti dell'università di Pavia, che
l'aveva reso accessibile, nella parte non secretata dall'alienante
de' Giorgi, agli studiosi che ne facevano motivata richiesta e ciò
con modalità in concreto ben più ampie di quelle che erronea
mente il primo giudice aveva ritenuto di desumere dalla corri
spondenza intercorsa tra la sig. Calvino e la prof. Corti, curatri
ce del fondo;
4) che tali pubblicazioni, determinando il venir meno del ri
per conseguire l'inibitoria dall'ulteriore riproduzione, pubblicazione anche on line ed utilizzo non autorizzati dell'epistolario.
Il Tribunale di Milano con le ordinanze in rassegna ha accolto il ri
corso (la prima ha confermato la seconda in sede di reclamo ex art. 669
terdecies c.p.c.), con riferimento alla pubblicazione sul Corriere della
Sera. Ordinanze pressoché del tutto sovrapponibili a quelle in epigrafe (la monocratica del 13 settembre, quella pronunciata in sede di reclamo
del 18 novembre) hanno provveduto all'inibitoria quanto alla pubblica zione su Panorama.
Il tribunale — in entrambi i provvedimenti — non si è discostato dai
pochi precedenti giurisprudenziali in materia di pubblicazione di epi stolari confidenziali, ai sensi dell'art. 93 l.d.a., mettendo a fuoco, con
notevole nitidezza, i presupposti per l'applicazione dell'art. 93 l.d.a.
Deve peraltro rilevarsi che il giudice del riesame (massima 1) ha
espresso un principio più rigoroso di quello affermato dal giudice di
prime cure (massima 3), ciò nell'affermare il carattere tout court confi
denziale, quindi soggetto al consenso degli aventi diritto, secondo l'art.
93 l.d.a., di tutti gli epistolari privati; di contro l'ordinanza di settembre
2004 sembra non escludere del tutto il controllo, ope iudicis, del conte
nuto dell'epistolario, pur privato. Cfr. Trib. Bergamo 19 settembre 2002, Foro it., 2003, I, 2501, con
ampia nota di precedenti (richiamata anche dall'ordinanza di reclamo), che ha del pari affermato l'illiceità della pubblicazione post mortem
dell'epistolario di papa Roncalli, senza il consenso del congiunto legit timato ex lege, avendone riconosciuto il carattere confidenziale; il tri
bunale ha anche affermato che tale pubblicazione costituisce violazione
del diritto alla riservatezza e dà diritto al risarcimento del danno, che è
in re ipsa. Sull'art. 93 l.d.a., v. anche Ubertazzi (a cura di), Commentario breve
al diritto della concorrenza, Padova, 2004, 1487.
Sul diritto all'oblìo, richiamato dall'ord. 3 dicembre 2004, v. Trib.
Roma 1° febbraio 2001, Foro it., Rep. 2001, voce Persona fisica, n.
115; Cass. 9 aprile 1998. n. 3679, id., 1998,1, 1834. [G. Casaburi]
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PARTE PRIMA 252
serbo, unico bene giuridico tutelato dall'art. 93 l.d.a., avevano
superato la necessità del consenso degli aventi diritto per even
tuali ulteriori diffusioni, consenso da ritenere, quantomeno, ta
citamente prestato;
5) che, peraltro, la sig. Calvino sembrava dolersi non della
consultazione, ma della pubblicazione a stampa del carteggio, così dimostrando interesse non tanto alla tutela della riservatez
za del coniuge, quanto al diritto di sfruttamento economico del
l'opera;
6) che, infine, la pubblicazione delle lettere curata da Di Ste
fano era avvenuta previa consultazione autorizzata della parte ostensibile custodita dal fondo, con condotta lineare e non cen
surabile, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice;
7) che oltre al fumus del diritto ex adverso azionato difettava
altresì il periculum, non essendovi ragione alcuna per ritenere
che Di Stefano o il Corriere potessero riprendere a pubblicare le
lettere.
Le ricorrenti Calvino si sono costituite anche nel procedi mento di reclamo, contestandone ammissibilità e fondatezza e
chiedendone il rigetto, con condanna dei reclamanti alle spese, anche della prima fase, in via di reclamo incidentale.
Tutto ciò premesso, ritiene il collegio che il reclamo proposto sia infondato e debba essere respinto.
Quanto all'ammissibilità, ad essa non sembra ostare la ripro
posizione di argomenti già svolti e considerati dal primo giudi ce, almeno nella misura in cui la stessa si traduce, come nella
specie, in una serie articolata di doglianze volte a rappresentare al collegio la totale erroneità dell'interpretazione degli elementi
di prova accolta dal primo giudice — se non l'omesso esame di
prove decisive — e a ottenere su queste basi una nuova valuta
zione di merito da parte del collegio, ciò che, secondo la tesi
preferibile sulla natura del procedimento di reclamo, integral mente devolutivo della controversia al giudice collegiale, deve
ritenersi pienamente consentito.
Quanto al merito, si osserva che due sembrano le questioni nodali della presente controversia: l'individuazione del criterio
discretivo del carattere confidenziale o intimo di un epistolario ex art. 93 l.d.a. (che risponde ai rilievi dei ricorrenti di cui ai nn.
1 e 2) e il permanere della necessità del consenso nonostante
l'esistenza di pubblicazioni precedenti (rilievi sub 3, 4 e 5). La prima questione, correlata a una distinzione normativa che
chiaramente presuppone l'esistenza di corrispondenze, epistola ri, ecc., di carattere non confidenziale e non intimo, per i quali non è prevista la rigida tutela di cui all'art. 93 cit„ i reclamanti
propongono di risolvere con l'esame del contenuto delle singole lettere e dei singoli brani pubblicati e da pubblicare e con la ri
chiesta al giudice dell'eventuale, relativo sindacato. Le recla
mate la risolvono invece a priori, proponendo una distinzione
tra corrispondenze private e non private: le prime dovrebbero
considerarsi tout court confidenziali, a differenza delle seconde; l'art. 93 si applicherebbe pertanto a tutte le lettere private desti nate ad un unico soggetto, mentre altrettanto non potrebbe av
venire, ad esempio, per lettere istituzionali, protocollate, aperte, rivolte, per conoscenza e senza espressi vincoli di riservatezza, a più destinatari, ecc.
Il collegio ritiene condivisibile la seconda tesi, che, piena mente rispettosa della lettera e della ratio della norma, presenta diversi incontestabili pregi. Non indulge ad una valutazione dei contenuti suscettibile di trasmodare nella soggettività, se non
nell'arbitrio; resta saldamente ancorata all'oggettività della
scelta (del mezzo e del destinatario) operata dall'autore al mo
mento della redazione e della spedizione e, in perfetto accordo
sia con l'ampia e incondizionata tutela prevista per la corri
spondenza in sede penale (art. 616 ss. c.p.), sia con la prevalen za che la legge riconosce in ogni caso alla volontà (scritta) del
defunto (cfr. art. 93, ultimo comma, l.d.a.), rispetta quest'ultima fino in fondo, attribuendo particolare rilievo, che acquista un
peculiare significato se l'autore è un personaggio pubblico, alla
sua decisione di esprimersi con missiva privata, così consenten
dogli di manifestare liberamente proprie opinioni non ufficiali anche su temi di attualità, politica e di comune interesse, con tando sulla riservatezza implicita della forma del messaggio uti
lizzato, oltre che di «quel» destinatario.
Applicando il principio alla fattispecie, non potrà che ravvi
sarsi il carattere confidenziale, se non attinente all'intimità della vita privata, per l'intero contenuto della corrispondenza episto
II Foro Italiano — 2005.
lare intercorsa tra una signora coniugata e il suo amante (giudi zio formulabile a priori, che peraltro trova piena conferma a
posteriori, nel tenore testuale delle lettere pubblicate). Tra i precedenti che si collocano in questa linea interpretati
va, pare significativa la pronuncia resa dal Tribunale di Berga mo (sentenza 19 settembre 2002, Foro it., 2003, I, 2501) in or
dine alla pubblicazione di 152 lettere inedite di papa Giovanni XXIII ai parenti e ai familiari più stretti. Pronuncia che eviden zia come anche i giudizi e le valutazioni espresse dal pontefice su eventi di natura storica e politica e su altre persone, protago niste del suo tempo, non valessero ad inficiare il carattere confi
denziale ed intimo della corrispondenza, trattandosi di esterna
zioni da inquadrare nell'ambito del rapporto affettivo e confi
denziale esistente con i suoi familiari più stretti. Questi ultimi
l'autore considerava infatti depositari di sentimenti, giudizi e
considerazioni personali, che non avrebbe espresso al di fuori di
tale ambito.
Questo è dunque il problema: accertare se le stesse opinioni, sentimenti e pensieri, e pure gli stessi fatti, l'autore avrebbe
espresso o narrato, e negli stessi termini, anche al di fuori di
lettere destinate e indirizzate alla più stretta cerchia dei familia
ri, conoscenti ed amici.
E la risposta, anche nella fattispecie inevitabilmente negativa, sembra confermare la validità della conclusione sopra accolta.
Sulla quale neppure può influire l'eventuale importanza deri
vante dal valore artistico-creativo che volesse riconoscersi al
carteggio. L'art. 93 l.d.a., invero, si applica anche ai carteggi che costi
tuiscono opera d'arte (cfr. art. 95 l.d.a., che fa salvo soltanto
l'interesse di Stato, nella specie non prospettabile, né in effetti
prospettato) e aggiunge al diritto d'autore e al diritto di pro
prietà sulle lettere quello alla riservatezza, che anzi finisce per
prevalere sui primi, posto che anche il destinatario conserva la
facoltà di consentire o impedire la pubblicazione desiderata dal
l'autore o dal proprietario. Né ai carteggi, stante la specialità della disciplina per essi
dettata, sembrano applicabili le deroghe previste da ulteriori,
specifiche discipline. Si allude al disposto dell'art. 97 l.d.a. sul ritratto (che esclude la necessità del consenso dell'interessato
per la pubblicazione del suo ritratto, ove giustificata, tra l'altro, da «scopi scientifici, didattici o culturali», se pur sempre signi ficativamente subordinando la deroga alla mancanza di pregiu dizio all'onore, alla reputazione o al decoro «della persona ri
trattata») e alle libere utilizzazioni dell'art. 70 l.d.a. (che si rife
risce invece a brani d'opera d'arte, evidentemente già pubblicati dall'autore, non ai diritti connessi, e, operando sul diverso piano del contemperamento tra interessi economici dell'autore e fini
pubblici di critica e discussione, dà prevalenza a questi ultimi, ove privi di finalità concorrenziali e commerciali, senza mini
mamente occuparsi di eventuali diritti di riservatezza, come tali
estranei alla ratio della norma, ma non certo secondari, stante il loro rilievo costituzionale).
Ancor meno pregnante risulta il richiamo ad una pretesa «buona fede» o ad una sorta di tacito consenso, fondati sulla di
stinzione tra parte secretata e parte accessibile del carteggio, che
riguarda evidentemente lettura, consultazione e controllo, ma
nulla ha a che vedere con l'ulteriore fatto della testuale pubbli cazione e del relativo, necessario consenso.
Del resto, e per concludere sul punto, la mancanza di un ca rattere confidenziale, se non intimo e riservato, non sembra fon
datamente contestabile proprio da coloro che, come i reclaman
ti, quelle stesse lettere hanno pubblicato sul Corriere presentan dole già come «segrete», d'amore, intime, relative a «una storia
inedita» o ai retroscena di una «relazione clandestina», ovvero
come argomento per riaprire un preteso «giallo» a sfondo eroti
co-sentimentale e, forse proprio per questo, ritenute particolar mente interessanti anche come oggetto di pubblicazione estiva.
Quanto poi alla seconda questione, concernente l'idoneità
delle precedenti diffusioni a far venir meno il riserbo e con esso
la necessità del consenso, non sembra anzitutto trascurabile il fatto che, al prospettato fine della «distruzione» del riserbo, al tro è la pubblicazione e la circolazione di studi scientifici desti nati a cerchie ristrettissime di specialisti e altro la massiccia dif
fusione operata da un quotidiano come il Corriere della Sera.
Di qui la sostanziale differenza tra la condotta dei giornalisti che hanno pubblicato il carteggio senza le necessarie autorizza
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zioni e quella del fondo manoscritti nel consentirne e discipli narne l'accesso, condotta quest'ultima che non rileva nella pre sente procedura
— cui il fondo è rimasto estraneo — e la cui
eventuale illiceità non gioverebbe comunque a scriminare quella dei primi.
Anche i libri autobiografici o di memorie appaiono a tal fine
ininfluenti, non riproducendo testualmente il contenuto delle
lettere e non presentandolo come tale.
Mentre la pubblicazione su Epoca nel 1990 (delle stesse lette
re poi pubblicate da Panorama) risulta aver suscitato una decisa
reazione da parte della sig. Calvino, che provvide tempestiva mente a notificare una diffida a pubblicare o utilizzare scritti
epistolari di Calvino, riservandosi ogni azione per l'illecito già
perpetrato. Con ciò esprimendo un chiaro e inequivocabile dis
senso, ribadito anche in un'intervista rilasciata a la Repubblica il 7 agosto 2004, e nota alle parti, subito dopo le prime pubbli cazioni del Corriere.
Né può dirsi che, oltre alla diffida, fosse indispensabile anche
l'avvio di un'azione giudiziaria, la quale, per le sue evidenti fi
nalità inibitorie, poteva giustificarsi a fronte della violazione
della diffida, ossia a fronte di una ripubblicazione, allora non
avvenuta.
Quanto alla pubblicazione su L'espresso del 1995, essa rac
coglie specificamente brani di natura storica e politica, non ac
compagnati dalle parti delle lettere più personali ed intime. Si
comprende quindi come, da un lato, ad essa non abbia fatto se
guito alcuna reazione da parte delle aventi diritto e dall'altro
come quella pubblicazione non possa ora giustificarne altre dal
contenuto sostanzialmente diverso e ben più ampio e confiden
ziale.
Del resto, sostenere che le precedenti pubblicazioni valgano ad escludere l'illecito compiuto con le successive comporta l'affermazione di un principio di consumazione o esaurimento
del bene protetto sin dal compimento della prima violazione, che suscita gravi perplessità.
In generale, perché qualsiasi divulgazione potrebbe allora
considerarsi distruttiva, a prescindere dalla tempestività della
reazione, anche giudiziaria, dell'avente diritto e ciò in deciso
contrasto con tutte le più recenti tendenze alla conservazione e
al rafforzamento del diritto alla riservatezza, di cui è anche
espressione il c.d. diritto all'oblìo, che per ogni ulteriore ripub blicazione di notizie lesive richiede un'autonoma causa giustifi catrice sotto il profilo dell'interesse pubblico.
In particolare, perché alla ricordata affermazione potrebbe ri
conoscersi un qualche significato soltanto se le ultime pubblica zioni fossero più limitate delle prime, a sua volta effettuate sen
za alcuna reazione. Si tratterebbe allora di procedere all'accer
tamento caso per caso.
Ma nella fattispecie risulta avvenuto esattamente il contrario,
posto che le pubblicazioni del Corriere hanno raggiunto un
pubblico incomparabilmente più esteso delle precedenti, già ri
cordate e di natura ben diversa.
Decisamente più realistica e preferibile risulta allora la tesi
seguita dal primo giudice, che ravvisa un autonomo pregiudizio al riserbo degli interessati in ogni ulteriore forma di pubblica zione, la stessa importando un «abusivo rinnovo» e un «indebito
ampliamento» della diffusione del materiale epistolare. Di qui la sussistenza anche attuale del diritto alla riservatezza
che giustifica il permanere della necessità del consenso; né rile
verebbe in contrario il concomitante interesse degli eredi Calvi
no a tutelare eventuali diritti di sfruttamento economico, non
certo incompatibili con l'esistenza del primo. Tutto ciò posto, si osserva che il provvedimento impugnato
appare articolato ed esaustivo e, lungi dal manifestare trascura
tezza nell'esame di prove dirette e decisive dedotte dai resisten
ti, evidenzia una corretta, attenta e ponderata valutazione di tutti
gli elementi probatori rilevanti offerti dalle parti. Non merita dunque le censure mosse e va confermato, anche
per quanto concerne la posizione Di Stefano (doglianza sub 6). Le valutazioni del primo giudice al riguardo appaiono infatti
congrue e aderenti alle risultanze e in nessun modo scalfite dalle
osservazioni dei reclamanti.
Ciò sia con riferimento all'agevole disponibilità del carteggio
quasi nella sua interezza adombrata dal testo del primo articolo
pubblicato sul Corriere (cfr. doc. 5 fase. Calvino, in cui Di Ste
fano, parlando della secretazione di buona parte dell'epistolario
Il Foro Italiano — 2005.
custodito presso il fondo manoscritti di Pavia, afferma: «Tutta
via. per strade non necessariamente istituzionali, è possibile ar
rivare a leggerlo quasi nella sua integrità»). L'oggettiva inter
pretazione di tale passo non può che essere quella del primo
giudice, apparendo del tutto inverosimile ipotizzare una cono
scenza «non istituzionale», desunta esclusivamente dal mate
riale già in precedenza pubblicato. Sia con riferimento alla non corretta compilazione della sche
da del fondo manoscritti richiesta da Di Stefano per l'accesso
alle lettere del carteggio Calvino ai fini di «verifica e controllo».
La scheda richiedeva infatti al punto IV, «finalità», di precisare se la consultazione fosse funzionale alla redazione di una tesi di
laurea o di una tesi di specializzazione post-universitaria o co
munque ad una pubblicazione. Per tale ultima voce Di Stefano, contro ogni sua reale intenzione (la verifica presso il fondo è del
30 luglio 2004, il primo articolo del 4 agosto 2004), ha fornito
risposta negativa, barrando il riquadro NO. E l'ambiguità risulta
anche dall'aver Di Stefano dichiarato la propria qualità di gior nalista del Corriere della Sera e il proprio interesse professio nale, non personale, alla ricerca (voce II della stessa scheda), in
una con l'esclusione del fine della pubblicazione, che verosi
milmente avrebbe portato ad un diniego all'accesso ovvero al
l'impegno di sottostare a precise limitazioni. Ed è appena il ca
so di osservare che altro è la raccolta di materiale per un servi
zio su Calvino, altro la pubblicazione del testo delle lettere, an
che con brani che si riconoscono inediti, senza alcuna preoccu
pazione di ottenere le necessarie autorizzazioni. Autorizzazioni
che, evidentemente, non dal fondo potevano giungere, ma sol
tanto dai soggetti cui l'art. 93 l.d.a. riconosce il relativo diritto.
Infine, per quanto concerne la ravvisabilità del periculum
(doglianza sub 7), l'indifferenza dimostrata verso la necessità di
richiedere per la pubblicazione le dovute autorizzazioni agli aventi diritto, la ragionevole autonoma disponibilità del carteg
gio o di buona parte di esso, e lo stesso tenore delle difese
svolte dai reclamanti, che considerano ancora perfettamente le
cito il loro operato, consentono di superare ogni dubbio sul ri
schio concreto della reiterazione dell'illecito.
Le ragioni tutte sopra svolte inducono dunque a confermare il
provvedimento impugnato e le cautele in esso disposte.
II
Ritiene il giudicante che il provvedimento cautelare adottato
inaudita altera parte sulla base del ricorso delle parti ricorrenti
debba essere nella sostanza confermato, fatta salva la modifica
all'ordine di pubblicazione del provvedimento stesso nei termini
di cui si dirà più innanzi. Le argomentazioni delle parti resistenti non risultano invero
di portata tale da pervenire all'inapplicabilità nel caso di specie della specifica disciplina dell'art. 93 l.d.a. che subordina la dif
fusione al pubblico e la pubblicazione della corrispondenza epi stolare a carattere confidenziale o attinente ad aspetti intimi
della vita privata al consenso dell'autore — o del coniuge o dei
figli, in caso di morte — oltre che a quello del destinatario.
La lettura dei brani delle lettere del carteggio Calvino-de'
Giorgi pubblicato sul Corriere della Sera negli articoli del 4 e
del 5 agosto 2004 consente di affermare con piena evidenza
l'attinenza di gran parte di essi alla sfera privata dei sentimenti
dello scrittore ed alle riflessioni del medesimo in ordine all'in
fluenza del rapporto sentimentale con la de' Giorgi sulla sua at
tività artistica.
Piena appare dunque l'attinenza della natura di tale corri
spondenza ai presupposti necessari per l'applicabilità della tu
tela di legge, tenuto conto che — come è noto — il carattere di
confidenzialità dello scritto non attiene direttamente al tema af
frontato o al sentimento manifestato dallo scrivente quanto alla
circostanza che l'autore della missiva confidi nel riserbo e nella
discrezione del destinatario per manifestare ad esso notizie, opi nioni o sensazioni su determinate questioni (in tal senso, v. Trib.
Milano 30 giugno 1994, Foro it., 1995,1, 1667). La commistione nelle stesse lettere di tematiche strettamente
attinenti alla sfera di intimità personale dei due corrispondenti insieme alla trattazione di profili attinenti alla produzione lette
raria ed artistica dello scrittore— spesso connessi alle passioni ed ai sentimenti suscitati dal rapporto con la de' Giorgi
— con
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PARTE PRIMA 256
sente di ritenere sussistente l'applicabilità della norma menzio
nata al complesso dei brani citati negli articoli per cui è causa, almeno ai fini della sommaria cognizione propria della fase
cautelare.
D'altra parte conferma diretta di tale commistione di temi ri
sulta di fatto rilevabile nello stesso carteggio a suo tempo inter
corso tra la ricorrente Esther Calvino e Maria Corti per il fondo
manoscritti dell'università di Pavia (v. lettera 13 marzo 1995 a
firma Maria Corti ove si affermava che «anche le lettere di natu
ra storico-politica hanno ovviamente una cornice privata»). Infondata risulta altresì la tesi delle resistenti in base alla
quale dal comportamento manifestato nel tempo dai familiari
del Calvino sarebbe desumibile un implicito consenso alla libera
diffusione delle lettere in questione, già — in parte
— oggetto
di pubblicazione anche su quotidiani e periodici di grande tira
tura.
Ritiene invero il giudicante che dal complesso degli atti pro dotti dalle parti non possa desumersi l'esistenza di tale ampio e
tacito consenso.
A tal fine deve tenersi conto sia della diffida trasmessa nel
1990 nei confronti dell'editore e del direttore del settimanale
Epoca e della de' Giorgi nel settembre 1990 quanto principal mente del carteggio intercorso agli inizi del 1995 tra Esther
Calvino e Maria Corti per il fondo manoscritti dell'università di
Pavia, ove si manifestava l'intenzione della coniuge dello
scrittore di rendere disponibili a fini di studio e di ricerca le sole
parti dell'epistolario a contenuto storico-politico (v. lettera 2
gennaio 1995) ed a cui faceva riscontro l'assicurazione da parte dei responsabili del fondo circa la non pubblicabilità di tutto
l'epistolario e sul controllo dell'ente stesso circa la consultazio
ne delle singole lettere — non comprese nella parte di corri
spondenza secretata dalla stessa de' Giorgi — da parte di stu
diosi nonché sulla necessità di specifica autorizzazione da parte del direttivo scientifico dell'ente stesso circa la possibilità per lo
studioso di estrapolare «qualche riga di citazione» dalle lettere
stesse (v. lettera 23 gennaio 1995). Se per un verso tale «regolamentazione» della possibilità di
accesso agli studiosi al materiale non soggetto alla totale secre
tazione per volontà della destinataria delle lettere risultava tale
da contemperare efficacemente ogni reale interesse di natura
storico-letteraria attinente alla personalità ed alla produzione letteraria dello scrittore con il diritto al riserbo sul testo delle
lettere — come sembrano dimostrare gli studi ed i convegni che
hanno finora affrontato in tale prospettiva i temi del carteggio — sotto altro profilo deve ritenersi che le precedenti violazioni al diritto dei familiari connesse alla pubblicazione di tali lettere non risultano comunque idonee a determinare alcuna forma di
preteso «esaurimento» del diritto alla riservatezza garantito dal
l'art. 93 l.d.a.
Ogni ulteriore forma di pubblicazione, invero, determina un
ulteriore ed autonomo danno al diritto al riserbo in quanto ad essa consegue necessariamente un abusivo rinnovo ed un inde bito ampliamento della diffusione del materiale epistolare tale da determinare nuovo pregiudizio agli interessi dei soggetti ti tolari dei diritti previsti dall'art. 93 l.d.a.
Ciò appare in particolar modo rilevante in relazione alla pub blicazione avvenuta su di un importante quotidiano nazionale di
grande tiratura, rispetto a precedenti forme di pubblicazioni di natura estremamente diversa (v. pubblicazioni a carattere stori
co-scientifico; volumi di memorie personali; pubblicazione di
parti di lettere strettamente attinenti a profili storico-politici della vita dello scrittore: v. L'espresso del 1995).
Nel caso di specie le parti resistenti hanno pacificamente ammesso di non aver avuto alcuna autorizzazione da parte dei familiari dello scrittore per la pubblicazione dei brani oggetto di
contestazione, né di aver loro inoltrato alcuna richiesta in pro posito.
La tesi secondo la quale i brani sarebbero stati ripresi dal convenuto Di Stefano dalla consultazione degli originali presso il fondo manoscritti dell'università di Pavia appare in stridente ed insanabile contrasto con quanto scritto dallo stesso giornali sta nel primo degli articoli contestati, ove riferendo della par ziale secretazione dell'epistolario affermava: «Tuttavia, per strade non necessariamente istituzionali, è possibile arrivare a
leggerlo quasi nella sua integrità» (v. articolo del 4 agosto 2004).
Il Foro Italiano — 2005.
Da tali affermazioni — unite alla circostanza che almeno in
parte i brani riportati non risultano oggetto di precedenti pubbli cazioni; che nella richiesta di accesso al fondo manoscritti il
motivo della consultazione risultava indicato dal Di Stefano in
«consultazione di verifica e controllo» con esclusione espressa di alcuna finalità di pubblicazione (v. apposita casella sbarrata
sul modulo); che nessuna autorizzazione alla trascrizione dei
brani risulta essere stata rilasciata dal fondo manoscritti in favo
re del Di Stefano, così come previsto negli accordi innanzi citati
nel carteggio Esther Calvino-Maria Corti e comunque in viola
zione dello stesso rispetto per i diritti degli autori richiesto dallo
stesso fondo manoscritti ai soggetti ammessi alla consultazione — deve desumersi, sia pure in via indiziaria nel quadro della
sommarietà della cognizione propria della fase cautelare, la
consapevolezza dell'autore degli articoli dell'esistenza di vin
coli esistenti alla pubblicazione del carteggio e del deliberato
intento di forzarne i limiti.
Tale contesto, oltre a determinare la sicura sussistenza del
fumus boni iuris dei diritti vantati dalle parti ricorrenti, appare altresì idoneo a fondare anche l'esistenza del periculum in mo
ra., conseguente al quadro innanzi tracciato sulle anomale mo
dalità di acquisizione dei brani delle lettere da parte dell'esten
sore degli articoli in contestazione che potrebbe peraltro essere
in possesso anche di ulteriori lettere, presumibilmente anche
della parte coperta da totale segreto, avendo per un verso esso
affermato la possibilità di leggere «quasi nella sua integrità» il
carteggio e sussistendo elementi dai quali desumere l'esistenza
di copie non autorizzate del carteggio stesso (v. articolo di R.
Cotroneo nonché stralci del sito <www.dagospia.it>). In tale contesto non può essere esclusa ogni ipotesi di possi
bili ulteriori utilizzazioni del materiale in questione mentre deve
essere altresì esclusa la persistenza della diffusione al pubblico dello stesso materiale mediante il sito web del quotidiano.
A tale ultimo proposito — in ragione delle specifiche obie
zioni sollevate dalle parti resistenti in relazione alla dedotta ir
reversibilità della cancellazione che deriverebbe dall'inibitoria
relativa al sito web — deve rilevarsi che detta inibitoria, comun
que conseguente alla violazione di diritti sulla proprietà intel
lettuale, va riferita alle sole edizioni on line del quotidiano dei
giorni 4 e 5 agosto 2004 — ove ancora diffusa sul sito web — e
non già a quanto inserito nell'archivio informatico o cartaceo
della testata giornalistica, non visionabile liberamente e diret
tamente dal pubblico. L'ordine di pubblicazione dell'ordinanza deve essere con
fermato per ciò che riguarda la necessità che sia data informa
zione in ordine all'esistenza di diritti sull'epistolario in questio ne in relazione all'obiettiva risonanza della pubblicazione ese
guita su periodico di primaria importanza. Detta pubblicazione deve comunque essere limitata alla sola
parte dispositiva del provvedimento cautelare — in caratteri
doppi del normale — e circoscritta al solo quotidiano interes sato che ha provveduto alla pubblicazione ritenuta indebita, ri
sultando tale diffusione sufficiente ai fini sopra indicati.
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