ordinanza 3 giugno 1985; Pres. Scuffi; Soc. Euroclub Italia (Avv. Squassi) c. Caria e altri (Avv.Leon)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 2419/2420-2421/2422Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178017 .
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2419 PARTE PRIMA 2420
del risarcimento del danno. Come è evidente se si ha riguardo al
tipo di attività svolta ed alla circostanza che l'operato dell'agri coltore non è valutabile in termini esclusivamente economici.
Da tutto quanto esposto discende che con questo provvedimen
to, sostitutivo dell'autorizzazione dell'autorità comunale, l'A.c.e.a.
provvederà tempestivamente all'iter procedurale ai fini della stipu la del contratto di utenza per fornitura di energia elettrica per
irrigazione stagionale del terreno sito in agro di Roma, via Cassia
1415 tenuta Castelluccia, come descritto in narrativa.
Ili
Fatto. — Promesso a) che con ricorso depositato il 24 ottobre
1984, la società italiana per il gas — Esercizio romana gas —, dedu
cendo la morosità di Domenico Patriarca nel pagamento del gas
per uso domestico somministrato nella sua abitazione, nonché
l'impossibilità per l'istante, trovandosi il misuratore all'interno
dell'appartamento, di accedere nell'appartamento medesimo per
interrompere l'erogazione, effettuare la lettura del gas consumato
e procedere altresì alla verifica dell'impianto, ha chiesto che con
provvedimento ex art. 700 c.p.c. venga consentito al proprio
personale tecnico l'ingresso nell'abitazione del Patriarca per l'e
spletamento degli interventi sopra riferiti; b) che all'udienza del
23 febbraio 1984, in assenza del resistente, è stato ascoltato il
teste Iannamorelli, il quale ha dichiarato che il Patriarca è moroso
nei pagamenti dall'ottobre 1981 sino al luglio del 1983, che
durante tale periodo non è stato possibile verificare la funzionali
tà dell'impianto né i consumi effettuati e che, infine, il resistente
ha consentito in data 28 settembre 1984 la lettura del misuratore,
non già la piombatura dello stesso per la pregressa morosità;
ritenuto che, in forza del regolamento per la fornitura del gas nel comune di Roma — che, come recita l'art. 25, « s'intende
accettato da tutti coloro che chiedono l'uso del gas, i quali sono
in conseguenza tenuti all'osservanza di tutte le prescrizioni ivi
contenute » — compete alla ricorrente (nella qualità di concessio
naria del servizio di fornitura) : a) il « diritto di sospendere la
fornitura del gas all'utente », « (trascorsi trenta giorni dalla data
stabilita dalla bolletta per il pagamento, senza che l'utente via
abbia provveduto » (art. 13, VII cpv.); b) il diritto di pro cedere alla lettura del misuratore, allo scopo di provvedere alla rilevazione dei consumi e alla relativa fatturazione (art. 13, I e II cpv.), nonché il diritto di procedere alle necessarie
verifiche circa le condizioni di manutenzione e di efficienza degli
impianti esterni sino al misuratore compreso (in attuazione del
corrispondente obbligo facente capo alla concessionaria ex art. 13, III cpv., del citato (regolamento), relativamente ai quali di
ritti l'art. 14 prevede infatti espressamente che, « per dette
operazioni«, «l'utente si impegna a permettere sempre il libero accesso ai propri locali »;
ritenuto che, l'adozione di provvedimenti ai sensi dell'art. 700
c.p.c. è subordinata, oltre che alla sussistenza del c.d. fumus boni
iuris, altresì al requisito dell'irreparabilità del pregiudizio che minacci il diritto del ricorrente durante il tempo necessario a farlo valere in via ordinaria, da intendersi esattamente nel senso sia dell'irreversibilità della paventata lesione, sia dell'impossibilità o della estrema difficoltà del risarcimento del danno, in conside razione del contenuto non patrimoniale del diritto pregiudicato, ovvero degli ostacoli alla determinazione dell'equivalente pecunia rio o al suo conseguimento in concreto;
ritenuto per contro che, relativamente al diritto della ricorrente a sospendere la fornitura del gas (pur a voler prescindere dal
rilievo che tale diritto non è espressamente correlato all'obbligo per l'utente di consentire l'accesso agli incaricati della concessio
naria, come è invece previsto, rispettivamente, dagli art. 14 e 18, ult. comma, del citato regolamento, per la lettura e la verifica dei misuratori e per la chiusura dei misuratori medesimi su rinuncia o disdetta dell'utente), non sia da considerare irreparabile il
pregiudizio dell'istante derivante dal fatto di non potervi provve dere per l'impedimento frapposto dal resistente, atteso che una
misura di tal genere costituisce esercizio di un potere di autotute la conferito alla società somministrante (nel quadro della previ sione legislativa di cui all'art. 1565 c.c. e, più in generale, di cui
all'art. 1460 c.c.) a fronte dell'inadempimento contrattuale del
somministrato, laddove tale inadempimento, ove pure si protragga nel tempo, non potrà che provocare l'aumento delle somme
dovute alla ricorrente dal resistente moroso (a titolo di consumi
ulteriori, fruiti ma non pagati, e a titolo di risarcimento del
danno), comportando cioè effetti prettamente patrimoniali, sicché
appare del tutto « reintegrabile » l'attuale pregiudizio sopportato
Il Foro Italiano — 1985.
dall'istante, non ravvisandosi ragioni plausibili per considerarlo
non quantificabile e non essendo neppure emerse circostanze tali
da far presumere l'inidoneità del resistente a prestare l'equivalen
te, sia sotto il profilo delle condizioni patrimoniali dello stesso
che dell'ammontare del corrispettivo; rilevato analogamente che, per quanto concerne il diritto alla
lettura del misuratore, non possa ritenersi la sussistenza del
requisito dell'irreparabilità del pregiudizio in danno della ricor
rente, atteso che, quand'anche fosse ipotizzabile l'impossibilità
per la somministrante di procedere a fatturazioni provvisorie o
forfettarie (si noti, infatti, che a norma dell'art. 13, V cpv., del
già citato regolamento, «... procedure diverse per la rilevazione e
la fatturazione dei consumi potranno essere adottate, previo accordo con l'amministrazione comunale »), si verterebbe in ogni caso in materia di inadempimento contrattuale (sanzionato in via
di autotutela, al pari della morosità, con il diritto, riconosciuto
alla concessionaria dall'art. 19 del regolamento, di interrompere la
fornitura di gas all'utente), il quale, come sopra accennato, è di
norma suscettibile di arrecare al creditore un pregiudizio pa
trimoniale, come tale reintegrabile; ritenuto invece che l'irreparabilità di tale pregiudizio possa
essere astrattamente ravvisabile con riguardo al diritto della
ricorrente a prooedere alle necessarie od opportune verifiche circa
le condizioni di manutenzione e di efficienza dell'impianto, ivi
compreso il misuratore, in considerazione esattamente del fatto
che dalla violazione del diritto di cui trattasi potrebbero derivare
conseguenze pregiudizievoli per la stessa sicurezza dell'utente e
dei vicini, ovvero lesioni a diritti di natura assoluta costituzio
nalmente garantiti (si pensi in specie al diritto alla salute), le
quali sono indiscutibilmente di carattere irreversibile ancorché
patrimonialmente reintegrabili, tali comunque da implicare la
responsabilità della concessionaria; considerato peraltro che, nella fattispecie, non è dato ravvisare
l'attualità del pregiudizio in questione, non solamente con riguar do al diritto alla sospensione dell'erogazione del gas e al diritto alla lettura del misuratore (posto che, quanto al primo, il teste
escusso ha riferito che la morosità del Patriarca decorre « dal
mese di ottobue 1981 sino al luglio 1983 », ovvero non persiste più, mentre, quanto al secondo, il teste medesimo ha dichiarato che il
resistente « in data 28 settembre 1984... ha consentito che si
procedesse alla lettura del misuratore »), ma neppure con riguardo al diritto alla verifica dell'impianto, dal momento che il teste già citato ha affermato che solo « durante tale periodo » (dall'ottobre 1981 cioè al luglio 1983) non è stato possibile verificare la
funzionalità dell'impianto;
rilevato, infine, che nulla è a pronunciare sulle spese, essendo il resistente rimasto contumace;
Per questi motivi, respinge il ricorso.
TRIBUNALE DI MILANO; TRIBUNALE DI MILANO; ordinanza 3 giugno 1985; Pres.
Scuffi; Soc. Euroclub Italia (Avv. Squassi) c. Caria e altri
(Avv. Leon).
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Azione di
responsabilità extracontrattuale per fatti illeciti commessi dai
lavoratori — Competenza del pretore quale giudice del lavoro — Condizioni (Cod. civ., art. 2043; cod. proc. civ., art. 409, 700).
Rientrano nella competenza del pretore in funzione di giudice del
lavoro le controversie che traggono origine da fatti illeciti commessi dai dipendenti in occasione dello svolgimento del
rapporto di lavoro, purché tali fatti illeciti siano qualifica bili come modalità, pur anomala, dell'esercizio del diritto di
sciopero, e purché siano in discussione la costituzione o il
perdurare del rapporto lavorativo. (1)
(1) Con l'affermazione riportata in massima il tribunale ha declinato la propria competenza a conoscere della istanza di provvedimento d'urgenza richiesta ex art. 702 c.p.c. dalla direzione di un'impresa occupata dai lavoratori, al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti da tale illecita attività. Per completezza va precisato che nei confronti di tali lavoratori era in corso di svolgimento la procedura sindacale per il licenziamento collettivo (la decisione del ricorso
d'urgenza proposto dai lavoratori licenziandi per ottenere la cessazione delia procedura di licenziamento Pret. Milano 23 febbraio 1985, giud. Santosuosso, sarà riportata in uno dei prossimi fascicoli).
Sull'estensione attribuita dalla giurisprudenza alla nozione di « con
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
A scioglimento della riserva che precede, va pregiudizialmente rilevato in rito alla luce delle difese in punto svolte dalle parti costituite e dalle sommarie informazioni assunte: 1) che l'espres sione di cui. all'art. 409 c.p.c. (controversie relative a rapporti di
lavoro subordinato) contempla ogni controversia in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi ad un rapporto di lavoro sia
esso in atto ovvero estinto ovvero ancora soltanto da costituirsi
(Cass. 12/6/1982, n. 3592, Foro it., 1983, I, 113); 2) che il
richiesto provvedimento ex art. 700 c.p.c. si innesta in giudizio di
merito risarcitorio ex art. 2043 c.c. (responsabilità aquiliana)
promosso nei confronti di dipendenti messi dall'azienda in aspet
tativa retribuita previa declaratoria di illegittimità del « presi
dio-occupazione » dai medesimi attuato nei locali magazzino a
mezzo blocco delle operazioni di carico e scarico merci; 3) che — come chiaramente si evince agli atti —- tale comportamento —
per quanto sicuramente sanzionabile nella misura in cui attenti il
diritto costituzionale garantito della libertà di iniziativa economi
ca e della integrità del patrimonio aziendale — si configura come
forma di lotta delle maestranze per dar maggior peso alle loro
rivendicazioni (riciclaggio del personale di magazzino nella ri
strutturazione dall'azienda) disattese dagli accordi regionali ratifi
cati dalla maggioranza del c.d.f. ma rispetto alle quali pende attualmente vertenza avanti al giudice del lavoro (vedasi punti 3
e ss. delle conclusioni del ricorso colà introdotto da taluni dei
prevenuti) sicché appare suscettibile di inquadrarsi in esercizio —
sia pur anomalo — del diritto di sciopero come puntualizzato dai
resistenti in comparsa di risposta (sub 1 di motivi): anche questo
g.i. non potrebbe comunque esimersi dal valutarne le modalità ai
fini del fumus boni iuris vantato dal ricorrente (il preteso diritto allo sgombero presupponendo un giudizio di implicita illiceità del presidio-occupazione posto in atto ex adverso sicco me d'altronde richiesto dalla stessa attrice in via ordinaria sub a
di conclusioni di citazione); 4) che infine — per costante
giurisprudenza di merito e di legittimità — costituiscono contro
versie di lavoro anche quelle relative a veri e propri fatti illeciti
connessi in relazione od anche solo in occasione dello svolgimen to del rapporto di lavoro, purché siano in gioco la costituzione o
la permanenza del vincolo lavorativo e le sue vicende come ha
precisato la sentenza 5 aprile 1982, n. 2093 (id., 1982, I, 2521) ricordata dalla s.pja. Euroclub solo apparentemente difforme —
per quanto quivi interessa — al consolidato indirizzo testé
ricordato (si badi! che in quella fattispecie non era affatto io
discussione — per concorde riconoscimento di litiganti — pro blematica alcuna sullo sciopero e sulle immediate sue conseguen ze sulla rispettiva posizione contrattuale) e comunque — a parere di questo g.i. poco convincente — stante l'obiettiva difficoltà di
avvalersi ai fini della competenza dei sottili criteri ivi suggeriti che sembrano logicamente contrastare con una più corretta ten
denza di favorire interpretazioni' dell'art. 409 c.p.c. idonee a ridurre
al minimo le incertezze nell'ambito di applicazione del rito del
lavoro caratterizzato non solo dalla specialità del procedimento ma anche e soprattutto dalla specialità del giudice che lo applica.
Per quesiti motivi, declina la propria competenza a provvedere sul richiesto provvedimento d'urgenza essendo in punto competente il pretore in funzione di giudice del lavoro.
troversia individuale di lavoro » di cui all'art. 409 c.p.c., v. Pret. Firenze 14 febbraio 1984 e Pret. Roma 16 aprile 1983, Foro it., 1984, I, 1405, con nota di richiami e, da ultimo, anche Cass. 11 feb braio 1985, n. 1156, id., 1985, I, 690, con nota di richiami di C. M. Ba
rone, secondo cui rientra nella competenza del pretore in funzione
di giudice del lavoro (la cognizione del)la controversia promossa da isti tuti di credito contro gli eredi del direttore generale per accertare la cor
rettezza della gestione fuori bilancio di sómme di denaro (c.d. fondi ne
ri) allo stesso affidata per fini dell'istituto ed ottenere il relativo rendi conto.
Nella decisione della sentenza in epigrafe sono richiamate, in senso
conforme, Cass. 12 giugno 1982, n. 3592, id., Rep. 1982, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 37 (e in Giur. it., 1983, I, 1, 50, con nota di P. Lambertucci); e Cass. 5 aprile 1982, n. 2093, Foro it.,
1982, I, 2521, con osservazioni critiche di A. Proto Pisani, la quale afferma la competenza del giudice ordinario a conoscere della doman
da di risarcimento dei danni per responsabilità extracontrattuale in
relazione a fatti commessi dai lavoratori ma soltanto occasionalmente
connessi con l'esercizio del diritto di sciopero e con il rapporto di lavo
ro, ritenendo competente il pretore in funzione di giudice del lavoro nel
le sole ipotesi in cui vengano poste in discussione la costituzione o il
perdurare del vincolo lavorativo, nonché, a quanto pare, in quelle in
cui venga in discussione il diritto di sciopero e le sue modalità di
attuazione.
Il Foro Italiano — 1985.
TRIBUNALE DI ASTI; TRIBUNALE DI ASTI; sentenza 14 gennaio 1985; Pres. Di
Salvo, Est. Giribaldi; Piazza e altri (Avv. Occhionero) c.
Aroiconfraternita della Santissima Trinità (Avv. Boverio, To
deschinl).
Donazione — « Modus » — Adempimento — Risarcimento danni
(Cod. civ., art. 793).
Tra il donatario modale e i terzi beneficiari sorge un rapporto
obbligatorio in forza del quale questi ultimi sono titolari di un
diritto soggettivo azionabile in giudizio per ottenere l'adempi mento del modus od il risarcimento del danno. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il
19 maggio 1983 Giancarlo Pianzo, Angelo Alluto in proprio e
quale legale rappresentante della figlia minore Giuliana Alluto, Francesco Ferrerò, Margherita Cigna, Aldo Tortia, Gianluigi Co
stello in proprio e per i figli minori Andrea e Marco Costello, Laura Corsino in proprio e per la figlia minore Cristina Lupo, Marcellina Terzano in proprio e per i figli minori Diego e Luca
Sarbonari, Luisa Ugliono in proprio e per la figlia minore Elena
e Francesco Ferrerò, Carlo Villa, Silvano Moiso e Carlo Chiarello
in proprio e per i figli minori Lavinia e Valerio Chiarello, hanno convenuto davanti al Tribunale di Asti l'Arciconfraternita
della Santissima Trinità con sede in Casale Monferrato formulan
do le domande principali e subordinata indicate in epigrafe. Gli
attori esponevano che con atto 7 febbraio 1949 a rogito not. Caire
di Casate Monferrato la società immob. Monferrina in liquida zione aveva donato alla casa di Torino dell'istituto delle suore di
Sant'Anna della Provvidenza un fabbricato civile con annessi
terreni denominato il « convento » sito in Cocconato via Monte
grappa con la clausola modale seguente: la presente donazione è
fatta allo scopo di adibire gli immobili che ne formano l'oggetto ed i redditi dei medesimi alla assistenza religiosa ed alla educa
zione religiosa della popolazione, con particolare riferimento alla
gioventù, con la denominazione di « opera Fantino »; che con
atto 6 ottobre 1978 a rogito notaio Levati di Torino la donataria
suindicata aveva a sua volta donato all'iarciconfraternita conve
nuta l'immobile suddetto (sia pure individuato diversamente nel
nuovo catasto), accollando alla nuova donataria l'onere di osserva
re le condizioni statuite nell'atto di donazione Caire, « specie per
quanto concerne l'assistenza, l'istruzione e l'educazione religiosa della popolazione, in particolare modo giovanile (e di cui all'ope ra denominata Fantino) »; che l'arciconfraternita non solo aveva lasciato l'immobile in completo stato di abbandono ma successi
vamente, con atto a rogito notaio Aceto del 4 novembre 1982, aveva venduto il « convento » alla s.r.l. immob. Piemonte; che
tale atto di vendita era stato preceduto, il 28 settembre 1980, da
una vera e propria altra vendita — conclusa con scrittura privata — dall larciconfratewiita al comune di Cocconato, il quale si era
accollato l'onere di cui sopra rinviando la redazione dell'atto
pubblico al conseguimento delle autorizzazioni delle autorità tuto
rie, il tutto recepito in delibera unanime del consiglio comunale di Cocconato n. 78 del 21 novembre 1980, la quale aveva anche
previsto la destinazione del complesso a sede del distretto sanita rio e dei servizi socio-assistenziali; che alcuni mesi prima della
vendita alla s.r.l. immob. Piemonte, avvenuta senza che nessun
organo comunale reclamasse l'esecuzione dei patti di cui alla scrittura privata 28 settembre 1980 e senza che fossero intervenute altre diverse deliberazioni consiliari (che, anzi, il consiglio aveva anche deliberato la nomina di un esperto stimatore per la determinazione del prezzo dell'immobile da corrispondersi alla
Arciconfraternita), tale Franco Massa aveva chiesto ed ottenuto dal sindaco autorizzazione all'effettuzione di alcuni lavori nell'im
mobile, e successivamente, nel maggio 1982, essendo ancora l'immobile di proprietà dell'areicon fratemila, la s.r.l. immob.
(1) In senso conforme v. Cass. 19 maggio 1959, n. 1506, Foro it., 1959, I, 936, dove, a proposito di inadempimento da parte dell'ente pubblico beneficiario, si afferma che il modus è fonte di vera e propria obbligazione e, ancora, che il giudice ordinario può emettere pronuncia di condanna al risarcimento del danno. V. anche Cass. 4 dicembre 1962, n. 3261, id., 1963, I, 38, e le pronunce che qualificano l'onere apposto alla donazione come rapporto obbligatorio in senso tecnico e come tale giuridicamente coercibile (Cass. 20 marzo 1976, n. 1024, id., Rep. 1976, voce Donazione, n. 19, e 8 giugno 1962, n. 1402, id., Rep. 1962, voce cit., n. 32), ponendosi così in contrasto con la soluzione adottata da Cass. 29 maggio 1982, n. 3329, id., 1983, I, 756, per la vexata quaestio della risolubilità della donazione modale in assenza di clausola espressa.
In dottrina v., riassuntivamente, U. Carnevali, in Trattato, diretto da Rescigno, 4, Torino, 1982, 491.
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