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ordinanza 3 maggio 2002, n. 149 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 8 maggio 2002, n. 18); Pres....

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ordinanza 3 maggio 2002, n. 149 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 maggio 2002, n. 18); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Soc. Enel c. Regione Liguria e altro; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Trib. Savona 7 febbraio 2001 (G.U., 1 a s.s., n. 18 del 2001) Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2245/2246-2247/2248 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197767 . Accessed: 25/06/2014 04:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.58 on Wed, 25 Jun 2014 04:14:00 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 3 maggio 2002, n. 149 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 8 maggio 2002, n. 18); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Soc. Enel c. Regione Liguria e altro; interv. Pres. cons.

ordinanza 3 maggio 2002, n. 149 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 maggio 2002, n. 18);Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Soc. Enel c. Regione Liguria e altro; interv. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Trib. Savona 7 febbraio 2001 (G.U., 1 a s.s., n. 18 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2245/2246-2247/2248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197767 .

Accessed: 25/06/2014 04:14

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2246

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 3 maggio 2002, n.

149 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 maggio 2002, n.

18); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Soc. Enel c. Regione Ligu ria e altro; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato D'A

mato). Ord. Trib. Savona 7febbraio 2001 (G.U., la s.s., n. 18

del 2001).

Lavoro (rapporto di) — Enti pubblici economici — Dipen

denti chiamati a cariche elettive — Trattamento economi

co — Questione manifestamente infondata di costituzio

nalità (Cost., art. 3, 51; 1. 12 dicembre 1966 n. 1078, posizio ne e trattamento dei dipendenti dello Stato e degli enti pubbli ci eletti a cariche presso enti autonomi territoriali, art. 1, 3; 1.

20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e di

gnità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sin

dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 31,

37, 40; 1. 23 dicembre 1994 n. 724, misure per la razionaliz

zazione della finanza pubblica, art. 22).

E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale degli art. 31, 37 e 40 l. 20 maggio 1970 n. 300, nella

parte in cui, con l'abrogazione degli art. 1 e 3 I. 12 dicembre

1966 n. 1078, avrebbero privato i dipendenti di enti pubblici economici, chiamati a cariche elettive, del trattamento inden

nitario riservato ai dipendenti di enti pubblici non economici,

in riferimento al! 'art. 3 Cost. ( 1 )

Ritenuto che nel corso di un giudizio di rinvio dalla Corte di

cassazione il Tribunale di Savona ha sollevato, con ordinanza

emessa il 7 febbraio 2001, questione di legittimità costituzionale

degli art. 31, 37 e 40 1. 2.0 maggio 1970 n. 300 (norme sulla tu

(1) La questione di costituzionalità era stata sollevata dal giudice a

quo, in sede di rinvio, facendo riferimento espressamente al principio di diritto fissato dalla Corte di cassazione, secondo cui le disposizioni della 1. 1078/66, sulla posizione e trattamento dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, eletti a cariche presso enti autonomi territoriali, non si applicano ai dipendenti degli enti pubblici che svolgono esclusi vamente o prevalentemente attività economica, ivi compreso l'ente na zionale per l'energia elettrica, operando, invece, rispetto ad essi le di

sposizioni di cui all'art. 31 1. 20 maggio 1970 n. 300, o, se più favore voli ai lavoratori, eventuali condizioni dei contratti collettivi e degli ac cordi sindacali (Cass. 10 maggio 1995, n. 5083, Foro it., Rep. 1995, voce Lavoro (rapporto), n. 969; affermazione ribadita poi da Cass. 23 ottobre 1995, n. 11014, id., Rep. 1996, voce cit., n. 963). 11 giudice aveva ritenuto tale interpretazione in contrasto con quella avanzata dalla Corte costituzionale nella decisione interpretativa di rigetto 23

giugno 1988, n. 698, id., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 634, secondo cui, mentre da un lato gli art. 31 e 37 1. 300/70 regolano, con

disciplina generale, il collocamento in aspettativa dei dipendenti di enti

pubblici economici nominati a cariche elettive, la 1. 1078/66 e quelle successive (fra cui la 1. 26 aprile 1974 n. 169) non hanno distinto fra enti pubblici economici ed enti pubblici non economici ai fini dell'in dennità contemplata nei suddetti articoli.

La corte rileva l'erroneità del presupposto interpretativo da cui muo ve il giudice a quo, osservando come la disciplina si sia man mano mo

dificata, superando la situazione normativa che aveva giustificato la suddetta interpretazione adeguatrice della Corte costituzionale e ricor dando in particolare l'intervento di interpretazione autentica di cui al l'art. 22, comma 39, I. 724/94, con cui è stato previsto che l'art. 31 1. 300/70 deve intendersi applicabile ai dipendenti pubblici chiamati a ca riche elettive, con conseguente parificazione di disciplina al riguardo.

Nel senso che al rapporto di lavoro intercorrente con un ente pubbli co economico è applicabile il regime dettato dall'art. 31 1. 300/70, che ha regolato la materia per i lavoratori subordinati privati, atteso che, dovendo in generale l'ente pubblico economico (e l'impresa pubblica in genere) agire nei rapporti con i terzi secondo lo statuto dell'impren ditore, inerisce all'essenza della sua natura una condizione giuridica di

effettiva parità con gli imprenditori privati e quindi è estraneo alle di

scipline speciali e derogatorie riferite al «settore pubblico», o agli «enti

pubblici», o all'«attività pubblica», v. Cass. 3 novembre 1999, n.

12258, id., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 668, la quale rileva

che su tale regime non ha inciso il disposto dell'art. 22, comma 39, 1.

724/94, che si è limitato ad estendere il trattamento dei dipendenti pri vati agli impiegati pubblici.

Per l'affermazione secondo cui al dipendente pubblico eletto consi

gliere provinciale e collocato in aspettativa per mandato amministrativo non spetta la corresponsione del trattamento economico previsto dal

l'art. 3 1. 1078/66, abrogato dall'art. 2, 1° comma, 1. 27 dicembre 1985

n. 816, v. Corte conti, sez. contr., 27 febbraio 1995, n. 31, id., Rep. 1995, voce Impiegato dello Stato, n. 608.

Il Foro Italiano — 2002.

tela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e

dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca

mento), nella parte in cui avrebbero abrogato gli art. 1 e 3 1. 12

dicembre 1966 n. 1078 (posizione e trattamento dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, eletti a cariche presso enti au

tonomi territoriali), con conseguente privazione per i dipendenti di enti pubblici economici, chiamati a cariche elettive, del trat

tamento indennitario riservato ai dipendenti di enti pubblici non

economici; che il giudice rimettente premette che il ricorrente in primo

grado, dipendente dell'Enel, eletto consigliere della regione Li

guria, aveva ottenuto la condanna, confermata in appello, di en

trambi gli enti al pagamento delle prestazioni economiche, per il

collocamento in aspettativa, previste dall'art. 3 1. 12 dicembre

1966 n. 1078; che, sempre secondo il giudice a quo, la Corte di cassazione,

con sentenza del 10 maggio 1995, n. 5083 (Foro it., Rep. 1995, voce Lavoro (rapporto), n. 969), aveva cassato la decisione

d'appello, rinviando la causa al tribunale, con fissazione del

principio di diritto secondo cui le disposizioni della legge da ul

timo richiamata non si applicherebbero ai dipendenti di enti

pubblici economici, operando rispetto ad essi l'art. 31 1. 20

maggio 1970 n. 300 o, se più favorevoli ai lavoratori, eventuali

condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali;

che, secondo l'ordinanza di rimessione, l'anzidetta interpre

tazione, contraria a quanto affermato nella sentenza interpretati va di rigetto n. 698 del 1988 della Corte costituzionale (id., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 634), sarebbe stata confer

mata dalla decisione del 23 ottobre 1995, n. 11014 della stessa

Cassazione (id.. Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 963, di

cui si riporta nell'ordinanza parte della motivazione), con con

sequenziale formazione di un vero e proprio diritto vivente;

che, sulla base di quanto esposto, il giudice a quo ritiene che

detta interpretazione determinerebbe, ex art. 3 Cost., una ingiu stificata disparità di trattamento normativo tra dipendenti dello

Stato e di enti pubblici non economici, da un lato, e dipendenti di enti pubblici economici dall'altro, «essendo ai primi corri

sposto il trattamento economico di cui all'art. 3 1. n. 1078 del

1966, e venendo per contro gli altri collocati, a richiesta, in

aspettativa non retribuita ex art. 31, 1° comma, 1. n. 300 del

1970, dovendosi ritenere abrogata, secondo tale indirizzo giuris

prudenziale, ai sensi dell'art. 40 stessa legge, ogni diversa di

sposizione al riguardo»; che la rilevanza della questione, conclude il tribunale rimet

tente, discenderebbe dal vincolo, ex art. 384 c.p.c., del principio di diritto enunciato da Cass. n. 5083 del 1995;

che si è costituito in giudizio il ricorrente nel processo a quo, chiedendo l'accoglimento della questione nei termini prospettati dall'ordinanza di rimessione;

che si è, altresì, costituita l'Enel s.p.a. la quale, dopo avere

ripreso le argomentazioni svolte da Cass. n. 5083 del 1995, ha

sottolineato che la questione di legittimità costituzionale è irri

levante essendo stata «mal posta» dal giudice rimettente; la

Corte di cassazione, nell'enunciare il principio di diritto, avreb

be, infatti, dichiarato applicabile alla fattispecie il solo art. 31 dello statuto dei lavoratori (e le norme del contratto collettivo

nazionale di lavoro, ove più favorevoli), senza affermare che gli art. 1 e 3 1. n. 1078 del 1966 sono stati abrogati; la censura

avrebbe dovuto, pertanto, investire l'interpretazione con cui il

giudice di legittimità ha escluso che l'art. 3 1. cit. possa riferirsi

anche ai dipendenti degli enti pubblici economici; un'eventuale

sentenza di accoglimento lascerebbe conseguentemente ferma la

decisione della Cassazione nella parte in cui ha ritenuto comun

que inapplicabili le disposizioni legislative richiamate agli enti pubblici economici;

che, nel merito, la difesa della società ritiene infondata la

questione, attese le differenze esistenti tra il rapporto di lavoro

pubblico e quello degli enti pubblici economici, più volte evi denziate dalla Corte costituzionale (sentenze n. 193 e n. 194 del

1981, id., 1982, I, 642) con consequenziale giustificazione della

diversità del trattamento normativo; che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei

ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello

Stato, sostenendo, in via preliminare, che la questione prospet tata è inammissibile per due ordini di motivi: innanzitutto per ché la Cassazione (sentenza n. 5083 del 1995), nel fissare il

principio di diritto sopra riportato, ha affermato che la 1. n. 1078

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PARTE PRIMA 2248

del 1966 non è applicabile ai dipendenti degli enti pubblici eco nomici e, se anche lo fosse stata, gli art. 31, 37 e 40 1. n. 300 del

1970 per questa parte l'avrebbero abrogata; pertanto, anche

qualora venisse dichiarata l'illegittimità costituzionale delle

norme denunciate, la domanda dovrebbe, nondimeno, essere re

spinta sulla base del primo postulato interpretativo, vincolante

per il giudice del rinvio, con consequenziale irrilevanza della

questione sollevata;

che, inoltre, la difesa dello Stato sottolinea come l'art. 71

d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29 (razionalizzazione dell'organizza zione delle amministrazioni pubbliche e revisione della discipli na in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 1. 23 otto

bre 1992 n. 421) ha previsto, per i dipendenti di pubbliche am

ministrazioni eletti nei consigli regionali, il collocamento in

aspettativa senza assegni per la durata del mandato, con la fa

coltà per gli interessati di mantenere, a richiesta, il trattamento

economico in godimento presso l'amministrazione di apparte nenza; tale facoltà sarebbe venuta meno a seguito dell'emana

zione dell'art. 22, comma 39, 1. 23 dicembre 1994 n. 724 (misu re di razionalizzazione della finanza pubblica), che ha ritenuto, con interpretazione autentica, applicabile retroattivamente l'art.

31 1. n. 300 del 1970 ai dipendenti pubblici; che, sempre secondo l'avvocatura dello Stato, il descritto

quadro normativo farebbe conseguentemente venir meno la cen

surata differenziazione di trattamento normativo, in quanto an

che ai dipendenti pubblici si applicherebbe il regime delle aspettative non retribuite;

che la difesa dello Stato mette in rilievo come, in ogni caso, sarebbe giustificata, ex art. 3 Cost., la differenza di disciplina in

esame tra enti pubblici non economici ed economici per la di

versa struttura che connota questi ultimi e che non tollererebbe

l'imposizione di oneri aggiuntivi incompatibili con i criteri di economicità su cui si fonda la loro attività d'impresa;

che, con memoria depositata nell'imminenza dell'udienza

pubblica, la parte privata ha replicato, in ordine al difetto di ri

levanza eccepito dall'avvocatura generale dello Stato, che la

valutazione del contenuto e dei confini del principio di diritto

spetta esclusivamente al giudice rimettente e che, in ogni caso, la vera ratio decidendi della sentenza della Cassazione n. 5083

del 1995 si incentrerebbe sull'avvenuta abrogazione della 1. n.

1078 del 1966 ad opera delle norme impugnate; ha osservato,

inoltre, sempre in punto di rilevanza: a) che il tribunale a quo, anche se avesse omesso di indicare tutte le disposizioni da cen

surare, avrebbe comunque correttamente individuato le norme

illegittime (che costituirebbero il vero oggetto del giudizio co

stituzionale) denunciando la discriminazione subita dai dipen denti di enti pubblici economici; b) che, se non si condividesse

questo assunto, l'eventuale imprecisione nell'identificazione

delle disposizioni potrebbe essere corretta dalla stessa Corte co

stituzionale; c) che, in ogni caso, i non impugnati art. 1 e 3 1. n.

1078 del 1966 potrebbero essere dichiarati illegittimi in via con sequenziale ex art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87 (norme sulla co

stituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale); che nel merito la parte privata insiste sulla fondatezza della

questione sollevata, sottolineando la insostenibilità della tesi

che giustifica la diversità del trattamento normativo denunciato sulla base dell'assimilazione degli enti pubblici economici agli

operatori privati più che agli altri enti pubblici; viene richiama

to, a tal proposito, il particolare regime giuridico cui sono sotto

posti gli enti pubblici economici che li distanzierebbe dai priva ti, accomunandoli, senz'altro, agli enti pubblici, con consequen ziale irragionevolezza della diversità della disciplina censurata;

che anche l'avvocatura generale dello Stato ha depositato, nell'imminenza dell'udienza pubblica, una memoria integrativa, ribadendo le conclusioni già rassegnate.

Considerato che, contenendo l'ordinanza del Tribunale di Sa

vona una motivazione ampiamente plausibile della rilevanza

della questione, le eccezioni pregiudiziali sollevate non possono essere accolte;

che la tesi, sostenuta dal giudice a quo, in ordine ad una in

giustificata discriminazione dei dipendenti degli enti pubblici economici rispetto al migliore trattamento riservato ai dipen denti dello Stato e degli enti pubblici non economici, è basata su

un presupposto erroneo sia dal punto di vista interpretativo, che

da quello delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie

prospettata, relativa a un dipendente di ente pubblico economico

eletto a carica elettiva regionale nel maggio del 1990;

li. Foro Italiano — 2002.

che, infatti, il quadro normativo si è man mano modificato,

per cui deve ritenersi superata la situazione che aveva giustifi cato l'originaria interpretazione di questa corte e della Cassa

zione richiamata dall'ordinanza di rimessione e dalle difese

delle parti; che il legislatore è, infatti, intervenuto con l'obiettivo di ra

zionalizzare e tendenzialmente parificare, per i profili essenzia

li, le discipline relative ai trattamenti economici dell'aspettativa dei dipendenti pubblici chiamati a cariche elettive, alla discipli na dettata per i lavoratori privati;

che, in realtà, le garanzie costituzionali, per chi è chiamato a

funzioni pubbliche elettive, sono quelle «di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di

lavoro», oltre che di poter accedervi in condizioni di eguaglian za (art. 51 Cost.), essendo rimesso alla discrezionalità legislati va (influenzabile anche da una valutazione degli interessi atti

nenti alla situazione economica generale) il trattamento econo

mico e giuridico del lavoratore chiamato alle funzioni anzidette, con il vincolo, in ogni caso, derivante dalle predette garanzie

costituzionali; che per quanto attiene specificatamente ai dipendenti di enti

pubblici (in genere) eletti nei consigli regionali, significativo è l'intervento di interpretazione autentica, operato con l'art. 22, comma 39, 1. 23 dicembre 1994 n. 724 (misure per la raziona

lizzazione della finanza pubblica), con cui si è stabilito che la

normativa prevista dall'art. 31 I. 20 maggio 1970 n. 300 e suc

cessive modificazioni deve intendersi applicabile ai dipendenti

pubblici eletti — tra l'altro — nei consigli regionali, attuando,

così, una parificazione di disciplina al riguardo; che sulla base delle predette considerazioni la questione di le

gittimità costituzionale sollevata è manifestamente infondata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife

sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale de

gli art. 31, 37 e 40 1. 20 maggio 1970 n. 300 (norme sulla tutela

della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e

dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca

mento), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di

Savona con l'ordinanza indicata in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 19 marzo 2002, n.

66 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 marzo 2002, n.

13); Pres. Ruperto, Est. Bile; Inps (Avv. Riccio); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Mandò). Ord. Trib. Ca

strovillari 20 maggio 2000 e Trib. Chieti 16 marzo 2000

(G.U., la s.s., nn. 38 e 40 del 2000).

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Contro versie previdenziali introdotte dopo la soppressione del

l'ufficio pretorile — Foro dello Stato — Questione mani

festamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24,

38; cod. proc. civ., art. 25, 444; r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611,

approvazione del t.u. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'or

dinamento dell'avvocatura dello Stato, art. 7; d.leg. 19 feb

braio 1998 n. 51, norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, art. 244).

E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale degli art. 7 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 e 444 c.p.c., nella parte in cui non consentirebbero più che le controversie

di primo grado in materia di previdenza e assistenza obbli

gatorie, in cui sia parte un 'amministrazione dello Stato, ven

gano sottratte alla regola del foro erariale, in riferimento agli art. 3, 24 e 38 Cost. (1)

(1)1.- L'ordinanza in epigrafe conferma quanto già ritenuto da Cass. 7 giugno 2001, n. 7699, Foro it., 2001, I, 2805, con nota di ulteriori ri

chiami, ai cui orientamento fa sostanzialmente rinvio, ove si afferma

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