ordinanza 3 maggio 2002, n. 149 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 maggio 2002, n. 18);Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Soc. Enel c. Regione Liguria e altro; interv. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Trib. Savona 7 febbraio 2001 (G.U., 1 a s.s., n. 18 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2245/2246-2247/2248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197767 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2246
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 3 maggio 2002, n.
149 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 maggio 2002, n.
18); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Soc. Enel c. Regione Ligu ria e altro; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato D'A
mato). Ord. Trib. Savona 7febbraio 2001 (G.U., la s.s., n. 18
del 2001).
Lavoro (rapporto di) — Enti pubblici economici — Dipen
denti chiamati a cariche elettive — Trattamento economi
co — Questione manifestamente infondata di costituzio
nalità (Cost., art. 3, 51; 1. 12 dicembre 1966 n. 1078, posizio ne e trattamento dei dipendenti dello Stato e degli enti pubbli ci eletti a cariche presso enti autonomi territoriali, art. 1, 3; 1.
20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e di
gnità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sin
dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 31,
37, 40; 1. 23 dicembre 1994 n. 724, misure per la razionaliz
zazione della finanza pubblica, art. 22).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale degli art. 31, 37 e 40 l. 20 maggio 1970 n. 300, nella
parte in cui, con l'abrogazione degli art. 1 e 3 I. 12 dicembre
1966 n. 1078, avrebbero privato i dipendenti di enti pubblici economici, chiamati a cariche elettive, del trattamento inden
nitario riservato ai dipendenti di enti pubblici non economici,
in riferimento al! 'art. 3 Cost. ( 1 )
Ritenuto che nel corso di un giudizio di rinvio dalla Corte di
cassazione il Tribunale di Savona ha sollevato, con ordinanza
emessa il 7 febbraio 2001, questione di legittimità costituzionale
degli art. 31, 37 e 40 1. 2.0 maggio 1970 n. 300 (norme sulla tu
(1) La questione di costituzionalità era stata sollevata dal giudice a
quo, in sede di rinvio, facendo riferimento espressamente al principio di diritto fissato dalla Corte di cassazione, secondo cui le disposizioni della 1. 1078/66, sulla posizione e trattamento dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, eletti a cariche presso enti autonomi territoriali, non si applicano ai dipendenti degli enti pubblici che svolgono esclusi vamente o prevalentemente attività economica, ivi compreso l'ente na zionale per l'energia elettrica, operando, invece, rispetto ad essi le di
sposizioni di cui all'art. 31 1. 20 maggio 1970 n. 300, o, se più favore voli ai lavoratori, eventuali condizioni dei contratti collettivi e degli ac cordi sindacali (Cass. 10 maggio 1995, n. 5083, Foro it., Rep. 1995, voce Lavoro (rapporto), n. 969; affermazione ribadita poi da Cass. 23 ottobre 1995, n. 11014, id., Rep. 1996, voce cit., n. 963). 11 giudice aveva ritenuto tale interpretazione in contrasto con quella avanzata dalla Corte costituzionale nella decisione interpretativa di rigetto 23
giugno 1988, n. 698, id., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 634, secondo cui, mentre da un lato gli art. 31 e 37 1. 300/70 regolano, con
disciplina generale, il collocamento in aspettativa dei dipendenti di enti
pubblici economici nominati a cariche elettive, la 1. 1078/66 e quelle successive (fra cui la 1. 26 aprile 1974 n. 169) non hanno distinto fra enti pubblici economici ed enti pubblici non economici ai fini dell'in dennità contemplata nei suddetti articoli.
La corte rileva l'erroneità del presupposto interpretativo da cui muo ve il giudice a quo, osservando come la disciplina si sia man mano mo
dificata, superando la situazione normativa che aveva giustificato la suddetta interpretazione adeguatrice della Corte costituzionale e ricor dando in particolare l'intervento di interpretazione autentica di cui al l'art. 22, comma 39, I. 724/94, con cui è stato previsto che l'art. 31 1. 300/70 deve intendersi applicabile ai dipendenti pubblici chiamati a ca riche elettive, con conseguente parificazione di disciplina al riguardo.
Nel senso che al rapporto di lavoro intercorrente con un ente pubbli co economico è applicabile il regime dettato dall'art. 31 1. 300/70, che ha regolato la materia per i lavoratori subordinati privati, atteso che, dovendo in generale l'ente pubblico economico (e l'impresa pubblica in genere) agire nei rapporti con i terzi secondo lo statuto dell'impren ditore, inerisce all'essenza della sua natura una condizione giuridica di
effettiva parità con gli imprenditori privati e quindi è estraneo alle di
scipline speciali e derogatorie riferite al «settore pubblico», o agli «enti
pubblici», o all'«attività pubblica», v. Cass. 3 novembre 1999, n.
12258, id., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 668, la quale rileva
che su tale regime non ha inciso il disposto dell'art. 22, comma 39, 1.
724/94, che si è limitato ad estendere il trattamento dei dipendenti pri vati agli impiegati pubblici.
Per l'affermazione secondo cui al dipendente pubblico eletto consi
gliere provinciale e collocato in aspettativa per mandato amministrativo non spetta la corresponsione del trattamento economico previsto dal
l'art. 3 1. 1078/66, abrogato dall'art. 2, 1° comma, 1. 27 dicembre 1985
n. 816, v. Corte conti, sez. contr., 27 febbraio 1995, n. 31, id., Rep. 1995, voce Impiegato dello Stato, n. 608.
Il Foro Italiano — 2002.
tela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e
dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca
mento), nella parte in cui avrebbero abrogato gli art. 1 e 3 1. 12
dicembre 1966 n. 1078 (posizione e trattamento dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, eletti a cariche presso enti au
tonomi territoriali), con conseguente privazione per i dipendenti di enti pubblici economici, chiamati a cariche elettive, del trat
tamento indennitario riservato ai dipendenti di enti pubblici non
economici; che il giudice rimettente premette che il ricorrente in primo
grado, dipendente dell'Enel, eletto consigliere della regione Li
guria, aveva ottenuto la condanna, confermata in appello, di en
trambi gli enti al pagamento delle prestazioni economiche, per il
collocamento in aspettativa, previste dall'art. 3 1. 12 dicembre
1966 n. 1078; che, sempre secondo il giudice a quo, la Corte di cassazione,
con sentenza del 10 maggio 1995, n. 5083 (Foro it., Rep. 1995, voce Lavoro (rapporto), n. 969), aveva cassato la decisione
d'appello, rinviando la causa al tribunale, con fissazione del
principio di diritto secondo cui le disposizioni della legge da ul
timo richiamata non si applicherebbero ai dipendenti di enti
pubblici economici, operando rispetto ad essi l'art. 31 1. 20
maggio 1970 n. 300 o, se più favorevoli ai lavoratori, eventuali
condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali;
che, secondo l'ordinanza di rimessione, l'anzidetta interpre
tazione, contraria a quanto affermato nella sentenza interpretati va di rigetto n. 698 del 1988 della Corte costituzionale (id., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 634), sarebbe stata confer
mata dalla decisione del 23 ottobre 1995, n. 11014 della stessa
Cassazione (id.. Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 963, di
cui si riporta nell'ordinanza parte della motivazione), con con
sequenziale formazione di un vero e proprio diritto vivente;
che, sulla base di quanto esposto, il giudice a quo ritiene che
detta interpretazione determinerebbe, ex art. 3 Cost., una ingiu stificata disparità di trattamento normativo tra dipendenti dello
Stato e di enti pubblici non economici, da un lato, e dipendenti di enti pubblici economici dall'altro, «essendo ai primi corri
sposto il trattamento economico di cui all'art. 3 1. n. 1078 del
1966, e venendo per contro gli altri collocati, a richiesta, in
aspettativa non retribuita ex art. 31, 1° comma, 1. n. 300 del
1970, dovendosi ritenere abrogata, secondo tale indirizzo giuris
prudenziale, ai sensi dell'art. 40 stessa legge, ogni diversa di
sposizione al riguardo»; che la rilevanza della questione, conclude il tribunale rimet
tente, discenderebbe dal vincolo, ex art. 384 c.p.c., del principio di diritto enunciato da Cass. n. 5083 del 1995;
che si è costituito in giudizio il ricorrente nel processo a quo, chiedendo l'accoglimento della questione nei termini prospettati dall'ordinanza di rimessione;
che si è, altresì, costituita l'Enel s.p.a. la quale, dopo avere
ripreso le argomentazioni svolte da Cass. n. 5083 del 1995, ha
sottolineato che la questione di legittimità costituzionale è irri
levante essendo stata «mal posta» dal giudice rimettente; la
Corte di cassazione, nell'enunciare il principio di diritto, avreb
be, infatti, dichiarato applicabile alla fattispecie il solo art. 31 dello statuto dei lavoratori (e le norme del contratto collettivo
nazionale di lavoro, ove più favorevoli), senza affermare che gli art. 1 e 3 1. n. 1078 del 1966 sono stati abrogati; la censura
avrebbe dovuto, pertanto, investire l'interpretazione con cui il
giudice di legittimità ha escluso che l'art. 3 1. cit. possa riferirsi
anche ai dipendenti degli enti pubblici economici; un'eventuale
sentenza di accoglimento lascerebbe conseguentemente ferma la
decisione della Cassazione nella parte in cui ha ritenuto comun
que inapplicabili le disposizioni legislative richiamate agli enti pubblici economici;
che, nel merito, la difesa della società ritiene infondata la
questione, attese le differenze esistenti tra il rapporto di lavoro
pubblico e quello degli enti pubblici economici, più volte evi denziate dalla Corte costituzionale (sentenze n. 193 e n. 194 del
1981, id., 1982, I, 642) con consequenziale giustificazione della
diversità del trattamento normativo; che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, sostenendo, in via preliminare, che la questione prospet tata è inammissibile per due ordini di motivi: innanzitutto per ché la Cassazione (sentenza n. 5083 del 1995), nel fissare il
principio di diritto sopra riportato, ha affermato che la 1. n. 1078
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PARTE PRIMA 2248
del 1966 non è applicabile ai dipendenti degli enti pubblici eco nomici e, se anche lo fosse stata, gli art. 31, 37 e 40 1. n. 300 del
1970 per questa parte l'avrebbero abrogata; pertanto, anche
qualora venisse dichiarata l'illegittimità costituzionale delle
norme denunciate, la domanda dovrebbe, nondimeno, essere re
spinta sulla base del primo postulato interpretativo, vincolante
per il giudice del rinvio, con consequenziale irrilevanza della
questione sollevata;
che, inoltre, la difesa dello Stato sottolinea come l'art. 71
d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29 (razionalizzazione dell'organizza zione delle amministrazioni pubbliche e revisione della discipli na in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 1. 23 otto
bre 1992 n. 421) ha previsto, per i dipendenti di pubbliche am
ministrazioni eletti nei consigli regionali, il collocamento in
aspettativa senza assegni per la durata del mandato, con la fa
coltà per gli interessati di mantenere, a richiesta, il trattamento
economico in godimento presso l'amministrazione di apparte nenza; tale facoltà sarebbe venuta meno a seguito dell'emana
zione dell'art. 22, comma 39, 1. 23 dicembre 1994 n. 724 (misu re di razionalizzazione della finanza pubblica), che ha ritenuto, con interpretazione autentica, applicabile retroattivamente l'art.
31 1. n. 300 del 1970 ai dipendenti pubblici; che, sempre secondo l'avvocatura dello Stato, il descritto
quadro normativo farebbe conseguentemente venir meno la cen
surata differenziazione di trattamento normativo, in quanto an
che ai dipendenti pubblici si applicherebbe il regime delle aspettative non retribuite;
che la difesa dello Stato mette in rilievo come, in ogni caso, sarebbe giustificata, ex art. 3 Cost., la differenza di disciplina in
esame tra enti pubblici non economici ed economici per la di
versa struttura che connota questi ultimi e che non tollererebbe
l'imposizione di oneri aggiuntivi incompatibili con i criteri di economicità su cui si fonda la loro attività d'impresa;
che, con memoria depositata nell'imminenza dell'udienza
pubblica, la parte privata ha replicato, in ordine al difetto di ri
levanza eccepito dall'avvocatura generale dello Stato, che la
valutazione del contenuto e dei confini del principio di diritto
spetta esclusivamente al giudice rimettente e che, in ogni caso, la vera ratio decidendi della sentenza della Cassazione n. 5083
del 1995 si incentrerebbe sull'avvenuta abrogazione della 1. n.
1078 del 1966 ad opera delle norme impugnate; ha osservato,
inoltre, sempre in punto di rilevanza: a) che il tribunale a quo, anche se avesse omesso di indicare tutte le disposizioni da cen
surare, avrebbe comunque correttamente individuato le norme
illegittime (che costituirebbero il vero oggetto del giudizio co
stituzionale) denunciando la discriminazione subita dai dipen denti di enti pubblici economici; b) che, se non si condividesse
questo assunto, l'eventuale imprecisione nell'identificazione
delle disposizioni potrebbe essere corretta dalla stessa Corte co
stituzionale; c) che, in ogni caso, i non impugnati art. 1 e 3 1. n.
1078 del 1966 potrebbero essere dichiarati illegittimi in via con sequenziale ex art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87 (norme sulla co
stituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale); che nel merito la parte privata insiste sulla fondatezza della
questione sollevata, sottolineando la insostenibilità della tesi
che giustifica la diversità del trattamento normativo denunciato sulla base dell'assimilazione degli enti pubblici economici agli
operatori privati più che agli altri enti pubblici; viene richiama
to, a tal proposito, il particolare regime giuridico cui sono sotto
posti gli enti pubblici economici che li distanzierebbe dai priva ti, accomunandoli, senz'altro, agli enti pubblici, con consequen ziale irragionevolezza della diversità della disciplina censurata;
che anche l'avvocatura generale dello Stato ha depositato, nell'imminenza dell'udienza pubblica, una memoria integrativa, ribadendo le conclusioni già rassegnate.
Considerato che, contenendo l'ordinanza del Tribunale di Sa
vona una motivazione ampiamente plausibile della rilevanza
della questione, le eccezioni pregiudiziali sollevate non possono essere accolte;
che la tesi, sostenuta dal giudice a quo, in ordine ad una in
giustificata discriminazione dei dipendenti degli enti pubblici economici rispetto al migliore trattamento riservato ai dipen denti dello Stato e degli enti pubblici non economici, è basata su
un presupposto erroneo sia dal punto di vista interpretativo, che
da quello delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie
prospettata, relativa a un dipendente di ente pubblico economico
eletto a carica elettiva regionale nel maggio del 1990;
li. Foro Italiano — 2002.
che, infatti, il quadro normativo si è man mano modificato,
per cui deve ritenersi superata la situazione che aveva giustifi cato l'originaria interpretazione di questa corte e della Cassa
zione richiamata dall'ordinanza di rimessione e dalle difese
delle parti; che il legislatore è, infatti, intervenuto con l'obiettivo di ra
zionalizzare e tendenzialmente parificare, per i profili essenzia
li, le discipline relative ai trattamenti economici dell'aspettativa dei dipendenti pubblici chiamati a cariche elettive, alla discipli na dettata per i lavoratori privati;
che, in realtà, le garanzie costituzionali, per chi è chiamato a
funzioni pubbliche elettive, sono quelle «di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di
lavoro», oltre che di poter accedervi in condizioni di eguaglian za (art. 51 Cost.), essendo rimesso alla discrezionalità legislati va (influenzabile anche da una valutazione degli interessi atti
nenti alla situazione economica generale) il trattamento econo
mico e giuridico del lavoratore chiamato alle funzioni anzidette, con il vincolo, in ogni caso, derivante dalle predette garanzie
costituzionali; che per quanto attiene specificatamente ai dipendenti di enti
pubblici (in genere) eletti nei consigli regionali, significativo è l'intervento di interpretazione autentica, operato con l'art. 22, comma 39, 1. 23 dicembre 1994 n. 724 (misure per la raziona
lizzazione della finanza pubblica), con cui si è stabilito che la
normativa prevista dall'art. 31 I. 20 maggio 1970 n. 300 e suc
cessive modificazioni deve intendersi applicabile ai dipendenti
pubblici eletti — tra l'altro — nei consigli regionali, attuando,
così, una parificazione di disciplina al riguardo; che sulla base delle predette considerazioni la questione di le
gittimità costituzionale sollevata è manifestamente infondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale de
gli art. 31, 37 e 40 1. 20 maggio 1970 n. 300 (norme sulla tutela
della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e
dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca
mento), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di
Savona con l'ordinanza indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 19 marzo 2002, n.
66 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 marzo 2002, n.
13); Pres. Ruperto, Est. Bile; Inps (Avv. Riccio); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Mandò). Ord. Trib. Ca
strovillari 20 maggio 2000 e Trib. Chieti 16 marzo 2000
(G.U., la s.s., nn. 38 e 40 del 2000).
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Contro versie previdenziali introdotte dopo la soppressione del
l'ufficio pretorile — Foro dello Stato — Questione mani
festamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24,
38; cod. proc. civ., art. 25, 444; r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611,
approvazione del t.u. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'or
dinamento dell'avvocatura dello Stato, art. 7; d.leg. 19 feb
braio 1998 n. 51, norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, art. 244).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale degli art. 7 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 e 444 c.p.c., nella parte in cui non consentirebbero più che le controversie
di primo grado in materia di previdenza e assistenza obbli
gatorie, in cui sia parte un 'amministrazione dello Stato, ven
gano sottratte alla regola del foro erariale, in riferimento agli art. 3, 24 e 38 Cost. (1)
(1)1.- L'ordinanza in epigrafe conferma quanto già ritenuto da Cass. 7 giugno 2001, n. 7699, Foro it., 2001, I, 2805, con nota di ulteriori ri
chiami, ai cui orientamento fa sostanzialmente rinvio, ove si afferma
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