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ordinanza 3 ottobre 1983; Pres. ed est. Fiore; ric. Dall'Oglio e Gatto

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ordinanza 3 ottobre 1983; Pres. ed est. Fiore; ric. Dall'Oglio e Gatto Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 461/462-465/466 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177346 . Accessed: 28/06/2014 17:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.37 on Sat, 28 Jun 2014 17:37:33 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 3 ottobre 1983; Pres. ed est. Fiore; ric. Dall'Oglio e Gatto

ordinanza 3 ottobre 1983; Pres. ed est. Fiore; ric. Dall'Oglio e GattoSource: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 461/462-465/466Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177346 .

Accessed: 28/06/2014 17:37

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GIURISPRUDENZA PENALE

Si tratta di argomenti purtroppo di dolorosa attualità, agitati e discussi nelle sedi più varie, specializzate o meno, e dai soggetti più assortiti; se ne legge nelle cronache di processi di vasta

risonanza; se ne interessano partiti politici, 'Sociologi, giornalisti,

operatori del diritto; anche la R.a.i.-TV se ne è occupata in

trasmissioni seguite da larga fascia di utenti.

I dati che ne emergono sono per la più parte tali da lasciare

quanto meno perplessi circa l'idoneità delle strutture carcerarie e

l'organizzazione delle medesime a consentire che si realizzi quan to dispone il 3° comma dell'art. 27 Cost., circa la consistenza e la

finalità delle pene da ingenerare ragionevoli dubbi circa la

costituzionalità dell'art. 90 1. 26 luglio 1975 n. 354 (sull'ordina mento penitenziario) e soprattutto circa la legittimità di certe

norme del relativo regolamento e di certe iniziative di organi

dell'apparato penitenziario, a vari livelli, nelle materie trattate

nell'articolo in oggetto. È notorio che tali perplessità e dubbi — a volte prese di

posizione più « dure » e nette — sono stati prospettati e discussi

dai magistrati di sorveglianza, singolarmente o riuniti in convegni

organizzati dal ministero di grazia e giustizia o dal Consiglio

superiore della magistratura.

II passo dell'articolo in argomento si mantiene nei limiti di una

critica stringata, polemica, ma non travalica i limiti costituzionali.

Neanche quando afferma che certi detenuti sono destinati ad

essere dimenticati e che sarà più « facile eliminarli anche fisica

mente » si tratta di un'affermazione certamente non vera, esagera ta per passione di tesi, ma più che un'attribuzione di siffatta

prava volontà agli organi dello Stato preposti al settore peniten ziario va intesa come un'oltranzista, paradossale per certi versi,

conclusione che l'articolista trae da certe premesse — obiettive, come sopra si diceva — poste o tollerate dall'amministrazione

pubblica e che per l'appunto formano attuale oggetto di discus

sioni e critiche.

In altri termini, nell'articolo si vuol dire che, con le limitazioni

arbitrarie ed illegittime, che in certi carceri vengono adottate, delle libertà di certe categorie di detenuti — per le quali, anche,

valgono le garanzie della Costituzione e della legge — con la

violazione dei più elementari diritti sanciti anche per i detenuti

per fatti politici, è fatale che, a scadenza più o meno lunga, si

pervenga ad un avvilimento, ad una mortificazione, ad un'aliena

zione, ad uno spossessiamento della personalità fisio-psichica di chi è detenuto in siffatte condizioni, atto a condurne ad un

pressoché totale e sostanziale annichilimento.

Si potrà non condividere una tale analisi e conclusione, senza dubbio esasperata ed oltranzista in quanto motivata da precise posizioni socio-politiche, ma devesi convenire che in essa non si

ravvisano né sotto il profilo materiale né sotto quello psicologico gli estremi del delitto in esame; oltre tutto, le relative espressio ni, adottate nel ripetuto scritto, non si rivolgono e non investono le istituzioni in quanto tali, ma riguardano forze politiche e

soggetti che non sempre e non necessariamente si identificano

nelle istituzioni.

Ugualmente deve concludersi per l'altro articolo incriminato, il

passo del quale più rilevante riguarda quelle che sono definite « le squadre speciali di Dalla Chiesa », a proposito delle quali si conclude che « altro non sono che vere e proprie bande armate ».

Tali espressioni non possono essere considerate di per sé sole, avulse dal contesto dell'articolo: il quale parte da un'analisi della situazione socio-politica, enumera i vari aspetti della crisi econo

mico-occupazionale che angustia soprattutto i giovani, fa riferi mento alle lotte che il proletariato sostiene contro il potere del

capitale, osserva che — profittando del terrorismo e dei suoi

delitti — le forze reazionarie coinvolgono nella criminalizzazione « i compagni sulla base della loro stessa esistenza, come soggetti

politici antagonisti » e ritiene che in tale senso vengono impiegate le forze di p.s. ed i carabinieri, specie quelle che, come sopra si

cennava, vengono definite « squadre speciali ».

La critica, pertanto — anch'essa comunque aspra, polemica, ma

non gratuita e fine a se stessa — è rivolta non già a dette forze, bensì a chi le manovrerebbe al sopra delineato fine: la D.C. ed il

P.C.I. come espressamente è detto nel corpo dell'articolo.

È opportuno aggiungere che, come risulta dai giornali prodotti dalla difesa — « Umanità nova », n. 8 dell'anno '78 e 2 dell'anno

'79: pubblicazioni regolamente autorizzate e delle quali sono

indicati i direttori responsabili, edite in Milano dalla F.A.I.

Federazione anarchica italiana — gli articoli in argomento vennero su di essi pubblicati (quello sulle carceri sul n. 8, quello sui rastrellamenti in Bologna sul n. 2 citati) senza che a competenti

organi di controllo avessero a ravvisare in essi estremi di reato.

Ed è infine doveroso dare atto che il fatto che l'avv. Fuga

figurasse domiciliatario (il termine « c/o », sintesi di una espres sione inglese, suona in italiano « presso ») della « Crocenera anarchica milanese », a cura della quale venne pubblicato il

bollettino con gli articoli che ne occupano, non è sufficiente per indicare dn lui l'autore o comunque il responsabile — ad sensi

della legge sulla stampa e degli art. 57, 57 bis, 58 e 58 bis cjp. — degli articoli stessi.

Nei suoi confronti pertanto si impone — delle varie formule

che si prospettano nella fattispecie — quella piena di assoluzione,

per non aver commesso il fatto.

TRIBUNALE DI ROMA; TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 3 ottobre 1983; Pres. ed

est. Fiore; ric. Dall'Oglio e Gatto.

Libertà personale dell'imputato — Scarcerazione per mancanza di

indizi — Impugnazione del pubblico ministero — Tribunale

della libertà — Accoglimento del gravame — Nuovo mandato

di cattura — Competenza del tribunale della libertà — Estremi

(Cod. proc. pen., art. 205, 263 ter, 269, 272 bis; 1. 12 agosto 1982

ti. 532, disposizioni in materia di riesame dei provvedimenti re

strittivi della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro. Misure alternative alla carcerazione preventiva, art. 8, 13).

In caso di accoglimento da parte del c.d. tribunale della libertà

dell'impugnazione proposta dal pubblico ministero avverso una

ordinanza di scarcerazione per mancanza di indizi, il nuovo

mandato di cattura, di competenza esclusiva dello stesso tribu

nale, deve essere emesso dopo la scadenza del termine per il

ricorso per cassazione o il rigetto dello stesso in quanto è

operante l'effetto sospensivo delle impugnazioni. (1)

(1) Chiamato a pronunziarsi, in sede di riesame, sulla legittimità del nuovo mandato di cattura emesso dal giudice istruttore nelle

more del ricorso per cassazione proposto avverso l'ordinanza di

revoca della scarcerazione per mancanza di indizi, il Tribunale di

Roma, nella decisione in epigrafe, si è pronunziato negativamente facendo leva su un duplice ordine di considerazioni.

In primo luogo, ha osservato che, anche successivamente all'entrata in vigore della 1. n. 532/82, non può emettersi un nuovo mandato di cattura in quanto è operante l'effetto sospensivo delle impugnazioni ex art. 205 c.p.p., che impedisce l'esecuzione dell'ordinanza di revoca fino alla scadenza del termine per il ricorso per cassazione ovvero al

rigetto dello stesso.

Analogamente, in dottrina, Di Nanni, Fusco, Vacca, Il tribunale della libertà, Napoli, 1983, 141, nota 30; Gaito, in nota alla presente decisione, in Giur. it., 1984, II, 73.

L'argomentazione trae spunto dalla constatazione che le modifiche introdotte dall'art. 13 della citata legge all'art. 272 bis c.p.p., relativo alla facoltà di impugnazione delle ordinanze di scarcerazione, riguar dano esclusivamente la designazione del giudice al quale è devoluta la cognizione dell'appello che è ora «il tribunale competente ai sensi dell'art. 263 ter » c.p.p. iPertanto, devono osservarsi le norme generali in materia di impugnazioni dettate dagli art. 190 ss. c.p.p., e non già quelle particolari previste per una maggiore semplicità delle forme e dei termini dalla citata 1. n. 532/82 per il riesame degli ordini e mandati di cattura.

Analogamente cfr. Chiavario, Tribunale della libertà e libertà personale, in AA.VV., Tribunale della libertà e garanzie individuali, a cu ra di Grevi, Bologna, 1983, 161 s., il quale ha sottolineato che, per quan to concerne l'appello nei confronti dei provvedimenti istruttori in mate ria di libertà personale, in mancanza di « alcuna specifica indicazione al riguardo » nella 1. n. 532/82 valgono « le norme del capo Vili del titolo IV del libro I del codice di procedura penale, dedicate alle impugnazioni in generale ». Nello stesso senso Lemmo, Primi orien tamenti giurisprudenziali sul tribunale della libertà, in Tribunale della libertà, cit., 286, nota 32.

Con riferimento specifico all'appello avverso le ordinanze sulla libertà provvisoria ex art. 281 c.p.p., come modificato dall'art. 16 1. n. 532/82, v. Cass. 20 dicembre 1982, Liurni, Foro it., Rep. 1982, voce Libertà personale dell'imputato, n. 151; 4 febbraio 1983, Lo Iacono, Giust. pen., 1983, III, 721; e, in dottrina, Corso, Legislazione dell'emergenza e tribunale della libertà, in Tribunale della libertà, cit., 263.

Oltretutto, come ha argomentato il Tribunale di Roma, in tali fattispecie non può trovare applicazione il disposto dell'art. 263 bis, ult. comma, c.p.p. (modificato dall'art. 7 1. n. 532/82), in forza del

quale « la richiesta di riesame e il ricorso per cassazione non

sospendono l'esecuzione del provvedimento », in quanto il ricorso per cassazione cui si fa riferimento non può che essere quello previsto dal 3° comma dello stesso articolo, che prevede la regola generale della ricorribilità immediata in Cassazione qualora non sia ammesso il riesame.

Parimenti, non può essere applicato il disposto dell'art. 263 quater,

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PARTE SECONDA

Il 1° giugno 1983 il sost. procuratore della repubblica presso il

Tribunale di Roma emetteva a carico dei prevenuti ordine di

cattura per diversi reati, tra i quali quello di concussione. Detto

ordine veniva puntualmente eseguito e gli imputati arrestati.

Dopo la conferma del citato provvedimento restrittivo pronunzia ta da questo tribunale « della libertà » con ordinanza del 13

giugno 1983, l'istruttoria veniva formalizzata. Presa visione degli

atti, il giudice istruttore di Roma, con ordinanza del 23 giugno

2° comma, c.p.p. (introdotto dall'art. 9 1. n. 532/82), secondo il quale « il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza », in quanto il

ricorso ivi previsto è, in forza del disposto del 1° comma dello stesso

articolo, quello proponibile avverso i provvedimenti decisori del

tribunale della libertà sulle richieste di riesame di mandati e ordini di cattura (art. 263 ter c.p.p. introdotto dall'art. 8 1. n. 532/82).

In secondo luogo, il tribunale, uniformandosi all'indirizzo prevalen te della Corte di cassazione anteriore all'emanazione della 1. n. 532/82, ha ribadito che la competenza a ripristinare lo stato di custodia preven tiva spetta allo stesso tribunale (come precedentemente alla sezione istruttoria della corte di appello) che ha disposto la revoca della carcerazione, e non già al giudice istruttore.

Analogamente, in dottrina, Di Nanni, Fusco, Vacca, op. cit., 141. In passato, per il riconoscimento alla sezione istruttoria della corte

di appello della competenza esclusiva ad emettere il mandato di cattura qualora, a seguito di appello del pubblico ministero, la

sezione istruttoria avesse modificato in danno dell'imputato i provve dimenti a lui più favorevoli adottati in primo grado, v., con riferimento alla libertà provvisoria, Cass. 21 aprile 1972, D'Achille, Foro it., Rep. 1973, voce cit., n. 117; 26 aprile 1972, Tedesco, ibid., n. 249; 3 luglio 1972, Piromalli, id., 1972, II, 494; 17 giugno 1974, Ainolfi, id., Rep. 1975, voce cit., n. 168; e, con riferimento all'ordi nanza di scarcerazione per mancanza di indizi, Cass. 31 ottobre 1977, Picchi, id., Rep., 1978, voce cit., n. 169 e Cass. 9 marzo 1978, Pane, ibid., n. 170.

Per il contrario orientamento minoritario secondo il quale la

competenza ad emettere il nuovo mandato di cattura spettava al

giudice istruttore, v. Cass. 21 ottobre 1969, Sgambati, id., Rep. 1970, voce cit., nn. 32, 33; 1° ottobre 1971, Crescenzi, id., 1972, II, 221.

In particolare, nell'ambito del prevalente orientamento la Suprema corte aveva altresì statuito che, nel caso di revoca della libertà provvisoria, la sezione istruttoria non poteva emettere il nuovo mandato di cattura se non prima della scadenza del termine del ricorso per cassazione o del rigetto dello stesso in virtù dell'effetto sospensivo delle impugnazioni posto dall'art. 205 c.p.p.: sent. 18 dicembre 1974, Troianello, id., Rep. 1975, voce cit., n. 156; 21 febbraio 1978, Delfini, id., Rep., 1978, voce oit., n. 221; 17 novembre 1982, De Martino, Giust. pen., 1984, III, 25, e Riv. peti., 1983, 823.

In senso contrario, ma isolatamente, si era pronunziata Cass. 7 ottobre 1980, Montagni, Foro it., Rep. 1982, voce cit., nn. 66, 75, secondo la quale la sezione istruttoria ove, a seguito di appello del pubblico ministero, avesse -revocato la libertà provvisoria concessa dal giudice istruttore, doveva contestualmente emettere il mandato di cattura e l'eventuale ricorso per cassazione avverso quest'ultimo provvedimento non aveva effetto sospensivo in applicazione dell'art. 263 bis c.p.p.

In dottrina, su questa problematica, v., per tutti, Boschi, In tema di appello delle ordinanze istruttorie relative alla libertà personale dell'imputato, in Foro it., 1972, II, 496; Cervadoro, La sezione istruttoria come giudice d'appello: revoca della libertà

provvisoria e nuovo mandato di cattura, in Giur. it., 1976, II, 504; Corda, I poteri della sezione istruttoria che decide sull'appello contro le ordinanze del giudice istruttore, in Giust. pen., 1970, III, 68; Garofoli, Sui poteri del giudice d'appello in tema di provvedimenti istruttori sulla libertà personale, in Giur. it., 1970, II, 503.

Va, infine, segnalato che i giudici del Tribunale di Roma hanno in conclusione osservato che la soluzione secondo cui l'imputato, in attesa della decisione definitiva, debba fruire « del provvedimento giurisdi zionale a lui più favorevole (quello cioè che gli ha restituito la libertà) », si impone altresì alla luce della ratio della 1. n. 532/82, che ha « un inequivocabile carattere garantistico ».

In generale, sulla legge istitutiva del c.d. tribunale della libertà, cfr.

AA.VV., Commento articolo per articolo l. 21 agosto 1982 n. 532

(tribunale della libertà), in Legislazione pen., 1983, 581 ss.; AA.VV., Tribunale della libertà, cit.; Amodio, Il processo penale nella parabola dell'emergenza, in Cass. pen., 1983, 2114; Chia vario, Il nuovo riesame:

quale dosaggio di garanzie?, in Legislazione pen., 1983, 561; Cianci, Il tribunale della libertà, in Critica pen., 1982, fase. 3, 7; Coppetta, Primi appunti sul « tribunale della libertà », in Giust. pen., 1982, III,

523; Davigo, Il c.d. tribunale della libertà alla prova dei fatti: un primo bilancio, in Indice pen., 1983, 197; Di Nanni, Fusco, Vacca, op. cit.; Dominioni, Il tribunale della libertà: una realtà ancora da

conquistare, in La difesa penale, 1983, 82; Ebner, Filadoro, Il tribunale della libertà, Milano, 1982; Grilli, Il tribunale della

libertà, in Giust. pen., 1982, III, 718; M. Mazza, Le funzioni dei cosiddetti tribunali della libertà, in Arch, pen., 1983, 561; Mazzanti, La l. 12 agosto 1982 n. 532 sul riesame dei provvedimenti restrittivi

1983, ai sensi dell'art. 269 c.p.p., ritenuta l'insussistenza degli indizi già ravvisati a carico dei due prevenuti, per tutti i reati

loro contestati, ne ordinava l'immediata scarcerazione. Avverso

detto provvedimento proponeva appello il p.m. ed il tribunale

(sezione feriale per i riesami dei provvedimenti restrittivi della

libertà personale), in sede d'impugnazione, con ordinanza del 7

settembre 1983, in parziale riforma dell'ordinanza del g.i., questa revocava per la parte riguardante la contestazione del reato di

concussione, confermandola per il resto.

Risulta dagli atti che avverso quest'ultima ordinanza è stato ritualmente proposto ricorso per cassazione da parte del difensore

degli imputati e pertanto essa non è divenuta definitiva. Ciò

nonostante, conosciuto il contenuto dell'ordinanza medesima, il

giudice istruttore (« feriale », e cioè il magistrato che sostituiva il

titolare della istruttoria, assente per fruizione del periodo feriale), con suo provvedimento non datato (ma sostanzialmente preso, secondo quanto è dato rilevare dagli atti, il 15 settembre 1983), rimetteva l'originario ordine di cattura alla p.g. affinché fosse

eseguito definendolo « valido e quindi eseguibile ».

Avverso detto provvedimento è stata alfine proposta richiesta di riesame.

Va preliminarmente dato atto che, quantunque il g.i. abbia fatto ricorso al precedente « ordine di cattura » emesso dal p.m., aggiungendovi una « postilla » riguardante la sua « eseguibilità », nella sostanza il provvedimento preso va in tutto e per tutto

equiparato ad un « mandato di cattura » del tutto nuovo, non

soltanto perché l'originario « ordine » doveva ormai ritenersi « caducato » dall'ordinanza di scarcerazione per mancanza di

indizi, immediatamente esecutiva, ma anche perché lo stesso g.i. ha preso comunque una sua iniziativa incidente sulla libertà

personale di un soggetto sottoposto alla sua giurisdizione che —

come tale — doveva estrinsecarsi nelle forme previste ed imposte dalla legge per i provvedimenti riservati all'organo « giudicante », e non in una atipica annotazione « integrativa » di un ordine di cattura a suo tempo emesso dal pubblico ministero.

Fatta questa premessa, devesi osservare che, indipendentemente dalla forma adottata per riattribuire validità ed efficacia al richiamato ordine, il nuovo provvedimento (si ripete da qua lificarsi in tutto e per tutto come un mandato di cattura) non poteva essere emesso.

È ben vero che la Corte di cassazione (v. sez. I 7 ottobre 1980, rie Montagni, Foro it., Rep. 1982, voce Libertà personale dell'imputato, nn. 66, 75) ha sancito che il giudice dell'impugna zione, in sede di revoca del provvedimento con il quale è stata concessa la libertà provvisoria o ordinata la scarcerazione, deve emettere contestualmente nuovo mandato di cattura per il ripri stino dello stato di custodia preventiva; ma è anche vero che, per costante giurisprudenza (v. sez. V 29 gennaio 1976, ric. Auriem

ma, id., Rep. 1976, voce cit., n. 293, ed altre in termini) laddove sia stato proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di revoca, opera in tutta la sua ampiezza e non soffre limitazioni di sorta il principio di cui all'art. 205 c.p.p., grazie al quale « durante il termine per proporre impugnazione e durante il

giudizio sull'impugnazione l'esecuzione è sospesa, salvo che la legge disponga altrimenti ».

La recente I. 12 agosto 1982 n. 532 esplicitamente stabilisce che solo la « richiesta di riesame » {dell'ordine o del mandato di cattura) ed il ricorso per cassazione non sospendono l'esecuzione del provvedimento (restrittivo); ma una corretta analisi interpre tativa, o, per meglio dire, una corretta « lettura » dell'art. 263 bis, consente di affermare che il « ricorso per cassazione » al quale sii fa richiamo non può che essere quello sancito e previsto al 3" comma dello stesso articolo, il quale facoltizza l'imputato, « nei casi in cui non è prevista richiesta di riesame », a proporre appunto ricorso per cassazione « per violazione di legge ».

Nessuna estensione è da ritenersi ammessa alla rigida enuncia zione di cui sopra: in buona sostanza, sono unicamente la richiesta di riesame ed il ricorso por cassazione proposti ai sensi

della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro, in Giust. pen., 1982, III, 594; Mencarelli, La nuova disciplina in materia di provvedimenti restrittivi della libertà personale e sui sequestri, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1982, 1423 s.; Passarelli, Il tribunale della libertà, in Critica pen., 1982, fase. 3, 39; Scolozzi, Alcune considera zioni sulla l. 12 agosto 1982 n. 532, in Giust. pen., 1983, III, 117; Tonini, Brevi osservazioni sul disegno di legge in tema di « tribunale della libertà » approvato dalla camera il 17 dicembre 1981, id., 1982, III, 228.

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GIURISPRUDENZA PENALE

dell'art. 263 bis c.p.p. a non sospendere l'esecuzione dell'ordine o

del mandato di cattura (e la ragione è evidente: in caso

contrario basterebbe la proposizione di un atto di tal genere per «bloccare» l'esecutività di qualunque provvedimento restrittivo); i ricorsi proposti invece nell'esercizio di un normale diritto

d'impugnazione avverso le « ordinanze » del giudice (per esempio

quelle sulla libertà provvisoria o sulla scarcerazione, già di

competenza della sezione istruttoria della corte d'appello), non

possono che rientrare fra le impugnazioni che potremmo definire

« ordinarie » (tanto è vero che per queste non sono stabiliti

termini perentori per la decisione), per le quali resta valido ed

efficace, senza alcun limite, il richiamato principio di cui all'art. 205 c.p.p.

Del resto sarebbe stato lo stesso tribunale della libertà, in veste

di giudice dell'impugnazione, a dover emettere il nuovo provve dimento restrittivo (come per il passato la sezione istruttoria, v.

Cass., sez. Ili, 6 aprile 1973, Cagliano, id., Rep. 1974, voce cit., nn.

226-229), in base ad una sua « competenza funzionale », e non il

giudice istruttore: anche sotto questo profilo, peraltro, il nuovo

provvedimento non avrebbe potuto essere emesso.

Non ignora il collegio l'esistenza di una decisione della Supre ma corte (sez. I 7 ottobre 1980, ric. Montagni, cit.) — per la

verità isolata — che afferma la sussistenza di un diritto-dovere

del giudice dell'impugnazione, di pronta riemissione del provve dimento restrittivo, « ai sensi dell'art. 263 bis ». Ma, a ben

vedere, tale decisione si riferisce all'applicazione della vecchia

normativa e cioè alla vecchia formulazione dell'art. 263 bis c.p.p. che prevedeva il ricorso per cassazione oggi recepito e regolato dal 3° comma dello stesso articolo, nella nuova formulazione

conseguente alla 1. 532/82, con i ben precisi limiti dei quali si è

detto in precedenza. Si insiste quindi nel ribadire che è soltanto

il ricorso proposto « per violazione di legge, nei casi in cui non è

ammessa richiesta di riesame », a non sospendere l'esecuzione del

provvedimento in questione, e nessun altro. Ed del resto questo convincimento deriva anche, ad abundantiam, dalla correlativa

disposizione idi cui all'art. 263 quater c.pjp., laddove è detto che « avverso l'ordinanza che pronunzia sul riesame è ammesso ricor

so per cassazione, per violazione di legge, da parte del procurato re della repubblica » e che detto ricorso « non sospende l'esecu

zione dell'ordinanza»: questa precisa e chiara disposizione non

ammette interpretazioni fuorvianti: invero, se si parla di « ricorso

del p.m. », non v'ha dubbio che l'ordinanza in questo caso è di

revoca del provvedimento restrittivo. L'affermare quindi che il

ricorso dello stesso p.m. avverso l'ordinanza che ha revocato il

proprio ordine o il mandato di cattura del g.i. non sospende l'esecuzione dell'ordinanza (leggasi « dell'ordinanza di scarcera

zione »), non può che significare a fortiori che in tutti i casi in

cui il tribunale della libertà disponga la scarcerazione dell'imputa

to, o la sola revoca del mandato nei casi di latitanza di

quest'ultimo, l'imputato medesimo deve conservare il riconquista to status libertatis fino alla decisione definitiva ed irrevocabile.

Il provvedimento del g.i., apposto pertanto sull'originario ordi

ne di cattura del p.m. emesso a carico degli imputati, deve essere

revocato a tutti gli effetti. Non va per giunta sottaciuto, come

osservazione conclusiva che non può non sostenere l'indicato

convincimento, che, in ogni caso, la recente 1. n. 532/82 ha

certamente inteso tutelare e sotto taluni profili privilegiare il

diritto alla libertà ovvero quello che abbiamo già definito come

status libertatis, onde, oltre tutto, sarebbe certamente contrario

(oltre che alla lettera) anche allo spirito della nuova legge il

ritenere che questa sia in ultima analisi più severa della prece dente (grazie alla quale, secondo una costante interpretazione

giurisprudenziale, la sezione istruttoria poteva e doveva emettere

nuovo mandato di cattura contro l'imputato, in caso di accogli mento dell'imputazione proposta dal p.m. avverso un'ordinanza di

scarcerazione del g.i., soltanto al termine dei procedimenti di

impugnazione nei vari gradi). La suddetta nuova legge ha un

inequivocabile carattere « garantistico » e da questo deriva che, in

tutti i casi in cui sia sub iudice l'indispensabilità della privazione

della libertà personale del cittadino, costui debba attendere la

decisione definitiva fruendo del provvedimento giurisdizionale a

lui più favorevole (quello cioè che gli ha restituito la libertà).

I

TRIBUNALE DI MILANO; < TRIBUNALE DI MILANO; ordinanza 1° marzo 1983; Giud. istr.

Giuliani; imp. Bindi.

Pena — Applicazione provvisoria di pene accessorie — Interdi

zione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e

delle imprese — Inapplicabilità — Fattispecie (Cod. pen., art.

32 bis, 140, 388).

Non è applicabile in via provvisoria, ai sensi dell'art. 140 c.p., la

pena accessoria dell'interdizione temporanea dall'ufficio ricoper to, ex art. 32 bis c.p., all'amministratore delegato di una società

per azioni imputato del reato di cui all'art. 388 c.p. per non

aver ottemperato al provvedimento di urgenza con cui era stata

disposta la reintegrazione di un lavoratore licenziato nel posto di lavoro precedentemente occupato. (1)

II

PRETURA DI MILANO; decreto 31 gennaio 1983; Giud. Im

prudente; imp. Bindi.

Pena — Applicazione provvisoria di pene accessorie — Interdi

zione temporanea dagli uffici "direttivi delle persone giuridiche e

delle imprese — Applicabilità — Fattispecie (Cod. pen., art.

32 bis, 144, 388).

È applicabile in via provvisoria, ai sensi dell'art. 140 c.p., la pena accessoria dell'interdizione temporanea dall'ufficio ricoperto, ex

art. 32 bis c.p., all'amministratore delegato di una società per azioni imputato del reato di cui all'art. 388 c.p. per non aver

ottemperato al provvedimento di urgenza con cui era stata

disposta la reintegrazione di un lavoratore licenziato nel posto di lavoro precedentemente occupato. (2)

(1-2) Non constano precedenti editi.

La dottrina ha accolto favorevolmente le innovazioni apportate al

codice penale dalla 1. 689/81 rilevanti in materia di diritto penale del

lavoro, in particolare l'inserimento di nuove figure di pene accessorie

e la possibilità della loro provvisoria applicazione in fase istruttoria.

Purtuttavia si è rilevato che tale normativa costituisce solo un

timido inizio di un nuovo modo di intendere la funzione dell'inter

vento penale, in particolare rivolto a rivalutarne la « funzione pre venzionale » e non costituisce una vera e propria « svolta » della

tradizionale politica legislativa: in tal senso v. Smuraglia, La l.

689/81 e il diritto penale del lavoro, in Riv. giur. lav., 1982, IV, 55;

Ichino, Le modifiche al sistema penale in materia di lavoro, ad un

anno di distanza dall'entrata in vigore della l. n. 689/81: rassegna di dottrina, di giurisprudenza e di casistica, id., 1983, IV, 308; Lanzi,

Gli strumenti a fini prevenzionali nella materia penale del lavoro, in

Riv. it. dir. lav., 1983, I, 107. Sulla applicazione provvisoria delle

pene accessorie, cosi come disciplinata dal nuovo testo dell'art. 140

c^p., v. AA.VV., Modifiche al sistema penale, Milano 1982, lì, 224

ss., e il commento al capo VI della 1. 689/81 curato da F.

Mucciarelli, in Commentario delle modifiche al sistema penale, Milano, 1982, 515 ss.

Da ultimo, in nota a Trib. Milano in epigrafe, Culotta, Spunti per una riflessione sui presupposti ed i limiti di applicabilità in via

provvisoria delle pene accessorie della interdizione e della sospensio ne dagli uffici direttivi delle imprese, in Riv. giur. lav., 1983, IV, 412

ss., pone in evidenza il ruolo rilevante assunto dall'istituto delineato

nel nuovo testo dell'art. 140 c.p., « diventato sostanzialmente uno

strumento istruttorio finalizzato più che alla repressione, alla cessa

zione della condotta illecita produttiva di conseguenze lesive » e ciò attraverso la utilizzazione di meccanismi procedurali già presenti nel

codice, ma ora riproposti con « una marcata accentuazione della funzione attuativa del diritto rispetto a quella meramente accertativa e di tutela indiretta ».

Il giudice istruttore di Milano nell'ordinanza in epigrafe, su con

forme parere del p.m., non ha evidentemente inteso condividere

l'interpretazione più espansiva delle norme introdotte dalla 1. 689/81,

negando che il reato ipotizzato a oarico dell'imputato sia funzional mente unito ad una violazione dei doveri verso la persona giuridica

amministrata, nesso ritenuto necessario per l'applicazione della pena accessoria della interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (sulla quale v. Sgubbi, in Giur. comm.,

1983, I, 17; Nuvolone, La legge di depenalizzazione, appendice al III voi. del Trattato di diritto penale italiano di Manzini, Torino, 1984, 64).

Sulla natura ed i requisiti del nesso funzionale necessario all'appli cazione della pena accessoria così come individuato dall'art. 2641

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