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ordinanza 30 gennaio 2002, n. 12 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 6 febbraio 2002, n. 6);...

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ordinanza 30 gennaio 2002, n. 12 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 6 febbraio 2002, n. 6); Pres. Ruperto, Est. Marini; Di Palma c. Banca di Roma; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Napoli 6 dicembre 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 2001) Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 4 (APRILE 2002), pp. 951/952-969/970 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196229 . Accessed: 24/06/2014 23:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.105 on Tue, 24 Jun 2014 23:04:51 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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  • ordinanza 30 gennaio 2002, n. 12 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 6 febbraio 2002, n. 6);Pres. Ruperto, Est. Marini; Di Palma c. Banca di Roma; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib.Napoli 6 dicembre 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 4 (APRILE 2002), pp. 951/952-969/970Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196229 .Accessed: 24/06/2014 23:04

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  • PARTE PRIMA 952

    I

    CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 30 gennaio 2002, n.

    12 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 6 febbraio 2002, n.

    6); Pres. Ruperto, Est. Marini; Di Palma c. Banca di Roma; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. Napoli 6 dicembre

    2000 (G.U., las.s.,n. 17 del 2001).

    Mutuo Interessi usurari Questioni di costituzionalit lus superveniens

    Restituzione degli atti al giudice a quo (Cost., art. 3, 24, 47; cod. civ., art. 1815; 1. 7 marzo

    1996 n. 108, disposizioni in materia di usura, art. 1, 2, 4; d.l.

    29 dicembre 2000 n. 394, interpretazione autentica della 1. 7

    marzo 1996 n. 108, recante disposizioni in materia di usura, art. 1; 1. 28 febbraio 2001 n. 24, conversione in legge, con

    modificazioni, del d.l. 29 dicembre 2000 n. 394).

    A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1, 1 comma, d.l.

    394/00, convertito, con modificazioni, nella l. 24/01, vanno

    restituiti al giudice a quo, per il riesame della rilevanza e

    della non manifesta infondatezza, gli atti relativi alla questio ne di legittimit costituzionale dell'art. 1815, 2 comma, c.c., come modificato dall'art. 4 l. 108/96, nella parte in cui san

    ziona con la non debenza di alcun interesse la pretesa di inte

    ressi legittimamente pattuiti, ma divenuti successivamente

    usurari, nonch a quella, sollevata in via subordinata, dello

    stesso art. 1815, 2 comma, c.c., nella parte in cui non san

    ziona in alcun modo la pretesa di interessi legittimamente

    pattuiti, ma divenuti successivamente usurari, in riferimento

    agli art. 3, 24 e 47 Cost. (1)

    II

    TRIBUNALE DI NAPOLI; sentenza 17 novembre 2001; Giud. Pepe; Soc. De Luca assicurazioni e De Luca (Avv.

    Fiordelisi), Stpcevich (Avv. Santorelli) c. Credito italiano

    (Avv. G. e M.R. De Simone).

    Contratti bancari Rapporti anteriori alla prima rileva

    zione dei tassi effettivi globali medi Interessi Supe

    ramento della soglia usuraria Irrilevanza (L. 7 marzo

    1996 n. 108, art. 1, 2, 4; d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, art. 1; 1. 28 febbraio 2001 n. 24).

    Contratti bancari Interessi dovuti dal cliente Capita lizzazione trimestrale Uso normativo Legittimit (Cod. civ., art. 1283).

    Al fine di verificare l'usurariet del tasso degli interessi conve

    nuti in un contratto bancario stipulato in epoca anteriore alla

    prima rilevazione dei tassi effettivi globali medi, irrilevante

    l'eventuale superamento, nel corso de! rapporto, della soglia usuraria prevista dalla I. 108/96. (2)

    E legittima, in quanto fondata su un uso normativo, la capitaliz zazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente ad una

    banca. (3)

    (1, 2, 4-7) Qualche giorno prima che il governo intervenisse per chia rire autoritativamente il significato da attribuire alla locuzione interes si usurari, non solo ai fini della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 644 c.p., ma anche delle sanzioni civilistiche comminate dall'art. 1815, 2 comma, c.c., il tribunale partenopeo si rivolgeva alla Corte costitu

    zionale, affinch prendesse posizione sull'incerta sorte delle pattuizioni relative agli interessi, quante volte il tasso convenuto, originariamente lecito, finisse per oltrepassare, durante la fase attuativa del rapporto, la

    soglia usuraria pro tempore. Le questioni sollevate, in effetti, si presentavano come una riedizione

    di quelle gi sottoposte al vaglio della Consulta e da questa dichiarate inammissibili (con ordinanza del 22 giugno 2000, n. 236, Foro it., 2000, 1. 2105), sul presupposto che nell'ordinanza di rimessione non era esplicitato 1 'iter logico in virt del quale la norma impugnata, det tata in tema di contratto di mutuo, sarebbe applicabile anche alla con venzione determinativa di interessi moratori, dovuti per il ritardo nel

    l'adempimento di un'obbligazione pecuniaria; diversamente, nel caso deciso dall'odierna pronuncia il tribunale si preoccupava di esplicitare che l'azione promossa riguardava il pagamento, in base a contratto di

    mutuo, di interessi convenzionali corrispettivi e moratori. Preso atto dello sconvolgimento del quadro normativo di riferimento.

    Il Foro Italiano 2002.

    Ill

    TRIBUNALE DJ SANT'ANGELO DEI LOMBARDI; ordi nanza 4 agosto 2001; Giud. Fedele; Chiauzzi e altra (Avv.

    Nicolais) c. Banca Bipielle centro sud (Avv. Tarantino).

    Usura Interessi usurari Nozione Interpretazione autentica Questione non manifestamente infondata di

    costituzionalit (Cost., art. 3, 24, 41, 47; cod. civ., art. 1815; cod. pen., art. 644; 1. 7 marzo 1996 n. 108, art. 1, 2, 4; d.l. 29

    dicembre 2000 n. 394, art. 1; 1. 28 febbraio 2001 n. 24). Usura Interessi usurari Nozione Interpretazione

    autentica Applicazione agli interessi moratori Que

    stione non manifestamente infondata di costituzionalit

    (Cost., art. 3, 24; cod. civ., art. 1815; cod. pen., art. 644; 1. 7

    marzo 1996 n. 108, art. 1, 2, 4; d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, art. 1; 1. 28 febbraio 2001 n. 24).

    Non manifestamente infondata la questione di legittimit co

    stituzionale dell'art. 1, 1 comma, d.l. 394/00, convertito, con

    modificazioni, nella l. 24/01, secondo il quale, ai fini dell'ap

    plicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, 2 comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabi

    lito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o co

    munque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal

    momento del loro pagamento, in riferimento agli art. 3, 24, 41 e 47 Cost. (4)

    Non manifestamente infondata la questione di legittimit co

    stituzionale dell'art. 1, 1 comma, d.l. 394/00, convertito, con

    modificazioni, nella l. 24/01 (disposizione in virt della quale, ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, 2

    comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il

    limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono pro messi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipenden temente dal momento del loro pagamento), nella parte in cui

    si applica agli interessi moratori, in riferimento agli art. 3 e

    24 Cost. (5)

    la Consulta non poteva fare altro che restituire gli atti al giudice rimet tente.

    Invero, la formulazione dell'art. 1, 1 comma, d.l. 394/00, come te stimonia la pronuncia sub II, segna il declino della nozione di usura riet sopravvenuta, che pure era stata prospettata dalla corte di legitti mit, con riferimento sia al conto corrente bancario (v. Cass. 22 aprile 2000, n. 5286, ibid., 2180, con nota di A. Palmieri), sia al mutuo (v. Cass. 17 novembre 2000, n. 14899, id., 2001, I, 80, con note di A. Pal

    mieri, Tassi usurari e introduzione della soglia variabile: ancora una

    risposta interlocutoria, e di E. Scoditti, Mutui a tasso fisso: inserzione automatica di clausole o integrazione giudiziale del contratto?, ibid., 919). La norma di interpretazione autentica fa s che la pattuizione re lativa agli interessi diviene insensibile alle variazioni della soglia (per un'ipotesi applicativa, v. Trib. Roma 13 settembre 2001, segnalata in

    Contratti, 2002, 76). Non mancato, peraltro, chi ha inteso in maniera differente la nuova

    normativa, ritenendo che essa escluda la possibilit di irrogare la san zione della nullit in caso di superamento della soglia usuraria verifi catosi posteriormente alla conclusione del contratto, ma non impedisca l'applicazione del meccanismo di sostituzione automatica dei tassi di venuti esorbitanti con un valore pari a quello di soglia (cfr. Trib. Bolo

    gna 19 giugno 2001, Corriere giur., 2001, 1347, con nota di R. Conti). D'altro canto, diversi giudici di merito hanno manifestato perplessit

    circa la compatibilit dell'intervento legislativo con i principi sanciti dalla Carta fondamentale: cfr., oltre alle ordinanze supra riprodotte, Trib. Benevento, ord. 2 gennaio 2001, Foro it., 2001, I, 332, con nota di A. Palmieri, Ascesa (giurisprudenziale) e declino (per decreto) del l'usurariet sopravvenuta, e 4 maggio 2001, ibid., 2024, con nota di A.

    Palmieri, Interessi usurari tra interpretazione autentica, dubbi di co stituzionalit e disfunzioni del mercato creditizio; Trib. Trento, ord. 18 marzo 2001, ibid., 2685. Le questioni sollevate dai tre provvedimenti test elencati, nonch dall'ordinanza sub IV, sono state discusse dinan zi alla Corte costituzionale nell'udienza pubblica del 4 dicembre 2001.

    Mentre queste note andavano in stampa, intervenuto il deposito della sentenza 25 febbraio 2002, n. 29, in questo fascicolo, I, 933, con cui: a) sono state respinte le censure mosse nei confronti della disposi zione di interpretazione autentica; b) stata dichiarata la parziale inco stituzionalit del 2 e 3 comma dell'art. 1 d.l. 394/00, come modificati in sede di conversione dalla 1. 24/01, che disciplinano la sostituzione del tasso degli interessi nei rapporti di mutuo a tasso fisso, assistiti da

    garanzia reale e non ancora esauriti al momento di entrata in vigore del decreto.

    Nel senso che una clausola di un contratto di mutuo con la quale si

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  • GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

    IV

    TRIBUNALE DI TARANTO; ordinanza 27 giugno 2001; Giud. Cavallone; Scialpi c. Banca nazionale del lavoro.

    Usura Interessi usurari Nozione Interpretazione autentica Efficacia retroattiva Questione non mani festamente infondata di costituzionalit (Cost., art. 3, 24; cod. civ., art. 1815; cod. pen., art. 644; 1. 7 marzo 1996 n.

    108, art. 1, 2, 4; d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, art. 1; 1. 28 febbraio 2001 n. 24).

    Non manifestamente infondata la questione di legittimit co

    stituzionale dell'art. 1, 1 comma, d.l. 394/00, convertito, con

    modificazioni, nella l. 24/01 (disposizione in virt della quale, ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, 2

    comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono pro messi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipenden temente dal momento de! loro pagamento), in quanto spiega efficacia retroattiva nei rapporti civili, in riferimento agli art. j e 24 Cost. (6)

    impone, in caso di ritardo nella restituzione del capitale, il pagamento di interessi moratori in misura superiore al tasso soglia, dev'essere

    qualificata come clausola penale, il cui ammontare (se manifestamente eccessivo) suscettibile di essere ridotto, anche d'ufficio, dal giudice, v. Trib. Roma 1 febbraio 2001, Corriere giur., 2001, 1084, con nota di A. Lamorgese.

    Sulle problematiche relative agli interessi usurari, v. oltre ai con tributi segnalati nelle citate annotazioni L. Cristofano, Usura: la tutela civile e penale dei danneggiati, Padova, 2001; P. De Rossi, L'usura, in P. Cendon (a cura di), Trattato breve dei nuovi danni, Pa dova, 2001; A. Gentili, I contratti usurari: tipologie e rimedi, in Riv. dir. civ., 2001, 1, 353; F. Gambino, I mutui usurari tra logica imperati va ed analisi economica del diritto, in Contratto e impr., 2001, 644; A.

    Riccio, Usurariet sopravvenuta nei mutui, ibid., 48; M. Avagliano, Profili problematici in tema di usura: interessi di mora e ius superve niens, in Riv. dir. privato, 2001, 399; A.F. Genovese, Gli interessi usurari tra vecchie e nuove problematiche, in Dir. e formazione, 2001, 519; A. Rossi, Il nuovo provvedimento legislativo in tema di usura: brevi considerazioni, in Impresa, 2001, 192; E. Tamborlini, Interessi di mora e tassi usurari, ibid., 92; A. Pisu, Difficolt interpretative e pro blemi applicativi della I. 7 marzo 1996 n. 108 in materia di usura, in Riv. giur. sarda, 2001, 72; A. Petraglia, Anatocismo ed usura nei contratti a medio e lungo termine, in Fallimento, 2001, 1315; L. PONTI NI. Ferrari, Ancora in tema di retroattivit della legge sull'usura, in Nuova giur. civ., 2001, 1, 257; E. Granata, Brevi notazioni sui profili civilistici dell'usura, in Bancaria, 2001, fase. 6, 47. Sul versante pena listico, v. T. Vitarelli, Rilievo penale dell'usura e successione di leg gi, in Riv. it. dir. eproc. pen., 2001, 787; A. Gargani, Usura semplice e usura qualificata, id., 2000, 71; M.N. Masullo, Usura e permanenza: a proposito del termine di prescrizione, in Cass, pen., 2000, 544; non

    ch, per un raffronto con il delitto di truffa, A. Tesauro, Prendi i soldi e scappa: i rapporti fra usura e frode tra modello legate e stereotipo criminale, in Foro it., 2001. II, 264. Nella letteratura economica, v. M. Battaglini-D. Masciandaro, II vantaggio di bussare due volte: con tratti bancari ed usura, diritti di propriet, valore della garanzia e della rinegoziazione, in Economia politica, 2000, 415.

    (3) La pronuncia sub 11 si iscrive ne! novero di quelle che, in ordine al trattamento da riservare all'anatocismo nei rapporti bancari (in epoca anteriore al nuovo regime delineato dall'art. 25, 2 comma, d.leg. 342/99, che ha integrato l'art. 120 d.leg. 385/93, e dai provvedimenti attuativi), hanno apertamente contestato il mutamento di rotta operato dal Supremo collegio nel 1999 (cfr. Trib. Bari 28 febbraio 2001. Trib. Firenze 8 gennaio 2001 e Trib. Monza 2 ottobre 2000, Foro it., 2001, I, 2361, con osservazioni di G. La Rocca). Il recupero del valore norma tivo dell'uso che consentiva di derogare al divieto dell'art. 1283 c.c., supportato da una serie di puntelli teorici (ivi compreso quello che fa leva sulla pregressa costante applicazione della regola da parte della Cassazione, atta ad attribuire ad una mera prassi la valenza di norma

    consuetudinaria, rendendo la generalit dei cittadini convinti della ob

    bligatoriet giuridica di quel principio), induce ad affermare la legit timit della pratica della capitalizzazione trimestrale degli interessi do vuti dal cliente, senza che spieghi alcuna influenza il venir meno del l'effetto sanante correlato all'art. 25, 3 comma, d.leg. 342/99, travolto dalla dichiarazione di incostituzionalit (v. Corte cost. 17 ottobre 2000, n. 425, id., 2000, I, 3045, con nota di A. Palmieri; la disposizione ca ducata aveva suscitato una pletora di ordinanze di rimessione (se ne contano pi di quaranta, con il coinvolgimento di oltre venti uffici giu diziari distribuiti su tutto il territorio nazionale), rispetto alle quali la

    Il Foro Italiano 2002.

    V

    TRIBUNALE DI BRINDISI; sezione distaccata di Fasano; or dinanza 26 giugno 2001; Giud. Mastrorilli; Di Bari e altra c. Cassa di risparmio di Puglia.

    Usura Interessi usurari Nozione Interpretazione autentica Questione non manifestamente infondata di

    costituzionalit (Cost., art. 3, 24; cod. civ., art. 1815; cod.

    pen., art. 644; 1. 7 marzo 1996 n. 108, art. 1, 2, 4; d.l. 29 di cembre 2000 n. 394, art. 1; 1. 28 febbraio 2001 n. 24).

    Non manifestamente infondata la questione di legittimit co stituzionale dell'art. 1, 1 comma, d.l. 394/00, convertito, con

    modificazioni, nella I. 24/01, secondo il quale, ai fini dell'ap plicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, 2 comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabi lito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o co

    munque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente da! momento del loro pagamento, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (7)

    I

    Ritenuto che il Tribunale di Napoli, con ordinanza emessa il 6 dicembre 2000, ha sollevato, in riferimento agli art. 3, 24 e 47

    Cost., questione di legittimit costituzionale dell'art. 1815, 2

    comma, c.c., come modificato dall'art. 4 1. 7 marzo 1996 n. 108

    (disposizioni in materia di usura), nella parte in cui sanziona con la non debenza di alcun interesse la pretesa di interessi le

    gittimamente pattuiti, ma divenuti successivamente usurari; e, in via subordinata, questione di legittimit costituzionale dello stesso art. 1815, 2 comma, c.c., nella parte in cui non sanziona in alcun modo la pretesa di interessi legittimamente pattuiti, ma

    divenuti successivamente usurari; che ad avviso del rimettente il quale chiamato a decidere

    sulla domanda di pagamento, in base a contratto di mutuo, di interessi convenzionali corrispettivi e moratori la cui misura, in corso di rapporto, ha superato il c.d. tasso soglia

    risponde

    rebbe del reato di usura, nella configurazione risultante dal nuo vo testo dell'art. 644 c.p., non solo chi si fa promettere ma an che chi si fa dare interessi superiori al tasso fissato dall'art. 2, 4 comma, 1. n. 108 del 1996 e, in quanto tali, considerati, dalla stessa nonna, sempre usurari;

    che, conseguentemente, la sanzione civile della non debenza di alcun interesse disposta dall'art. 1815, 2 comma, c.c., per l'ipotesi in cui siano convenuti interessi usurari, opererebbe non soltanto nel caso in cui gli interessi siano pattuiti ad un tasso

    originariamente usurario ma anche in quello in cui essi superino il tasso soglia per effetto di una variazione in diminuzione del

    predetto tasso, e ci con riguardo sia ai contratti stipulati prima

    Consulta si limita ormai a constatare che la norma a suo tempo denun ciata non vive pi nell'ordinamento giuridico, emettendo una serie di

    pronunce di manifesta inammissibilit; se ne sono succedute nove: v. Corte cost., ord. 6 febbraio 2002, n. 23, G.U., la s.s., n. 7 del 2002; 11 dicembre 2001, n. 404, id., n. 49 del 2001; 11 maggio 2001, nn. 128 e 129, id., n. 19 del 2001; 6 marzo 2001, n. 51, id., n. 11 del 2001; 23

    gennaio 2001, nn. 23 e 24, id., n. 5 del 2001; 6 dicembre 2000, nn. 551 e 552, id., n. 51 del 2000).

    Il giudice del capoluogo campano consapevole della contrariet del decisum all'indirizzo seguito dalla corte di legittimit, tant' vero che,

    proprio in ragione di tale difformit, dichiara la compensazione delle

    spese di causa, anche a fronte della totale soccombenza delle parti che avevano promosso il giudizio di opposizione avverso il decreto ingiun tivo reso a favore della banca.

    La salvaguardia delle clausole che permettevano la capitalizzazione trimestrale degli interessi stata giustificata, con riferimento al conto corrente bancario, in virt della peculiare configurazione di tale opera zione (cfr. Trib. Roma 9 maggio 2001, Foro it., 2001, I, 2989, con nota di A. Palmieri, Le pattuizioni anatocistiche nei contratti bancari: il

    pendolo continua ad oscillare?). Altra parte della giurisprudenza di merito si allinea alla Cassazione,

    ritenendo nullo il patto di capitalizzazione trimestrale: v. App. Milano 9 febbraio 2001, segnalata in Contratti, 2001, 821; Trib. Roma 13 set tembre 2001, cit.; e, da ultimo, App. Lecce 22 ottobre 2001, Foro it., 2002, 1, 555, con nota di richiami cui si rinvia per ulteriori riferimenti.

    [A. Palmieri]

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  • 955 PARTE PRIMA 956

    dell'entrata in vigore della 1. n. 108 del 1996 sia a quelli stipu lati successivamente;

    che, in tal modo, la norma impugnata si porrebbe in contrasto,

    innanzitutto, con l'art. 24 Cost., in quanto precluderebbe, per ef

    fetto dei decreti ministeriali di determinazione del tasso soglia, la tutela giurisdizionale del diritto, legittimamente sorto, alla

    percezione degli interessi convenzionali; che la stessa norma sarebbe inoltre lesiva del principio di

    eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., creando una irragionevole ed

    ingiustificata disparit di trattamento sia tra operatori che ab

    biano legittimamente concesso finanziamenti a tassi di interesse

    non usurari, in funzione del dato accidentale della variazione in

    diminuzione del tasso soglia, non prevedibile nell'aw e nel

    quantum, sia tra posizioni creditorie e debitorie, atteso che il

    creditore il quale non necessariamente il soggetto economi

    camente pi forte del rapporto sarebbe esposto, in caso di

    diminuzione del tasso soglia, alla sanzione della non debenza di

    interessi, senza che un successivo aumento della soglia di usura

    riet al di sopra del tasso pattuito possa incidere nuovamente sul

    rapporto; che la norma impugnata contrasterebbe da ultimo con l'art.

    47 Cost., in quanto da un lato ostacolerebbe la concessione del

    credito a causa del rischio di una sanzione a carico degli opera tori finanziari indipendente da qualsiasi loro condotta colpevole, dall'altro indurrebbe gli operatori medesimi

    i quali, in virt

    del meccanismo previsto dalla 1. n. 108 del 1996, possono di

    fatto incidere sulla determinazione del tasso soglia a mante

    nere i tassi di interesse ad un livello pi alto di quello effettiva

    mente imposto dal mercato; che qualora, poi, la norma impugnata fosse interpretata nel

    senso di riferire la sanzione di nullit ivi prevista alle sole pat tuizioni con le quali vengono convenuti interessi usurari, esclu

    dendo dunque le ipotesi in cui gli interessi divengano usurari a

    seguito dell'abbassamento del tasso soglia, ugualmente la di

    sposizione si porrebbe ad avviso del rimettente in contra

    sto con l'art. 3 Cost., in quanto sottoporrebbe a disciplina diver

    sa situazioni identiche (e cio richieste di interessi superiori al

    tasso soglia pro tempore vigente) in ragione esclusivamente del

    dato temporale relativo alla conclusione del contratto; che intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei

    ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello

    Stato, concludendo per la restituzione degli atti al giudice ri

    mettente in considerazione dell'entrata in vigore, successiva mente all'ordinanza di rimessione, del d.l. 29 dicembre 2000 n. 394 (interpretazione autentica della 1. 7 marzo 1996 n. 108, re cante disposizioni in materia di usura), convertito, con modifi

    cazioni, nella 1. 28 febbraio 2001 n. 24.

    Considerato che, secondo l'art. 1, 1 comma, d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, convertito, con modificazioni, nella 1. 28 febbraio 2001 n. 24, ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art.

    1815, 2 comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che su

    perano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi so no promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indi

    pendentemente dal momento del loro pagamento; che tale norma, intervenuta successivamente all'ordinanza di

    rimessione ed applicabile nel giudizio a quo, rende evidente mente necessaria una nuova valutazione, da parte del rimettente, riguardo alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza della

    questione proposta. Per questi motivi, la Corte costituzionale ordina la restituzio

    ne degli atti al Tribunale di Napoli.

    II

    Svolgimento del processo. Con ricorso depositato il 1

    settembre 1999 l'Unicredito italiano s.p.a. deduceva di essere creditore per i saldi passivi dei conti n. 20819/00 e 20297/00, il primo intestato alla De Luca assicurazioni s.a.s. e garantito con fideiussione dal De Luca in proprio e da Maria Grazia Stipce vich, il secondo intestato ai due soci e legato ad un'apertura di credito con garanzia ipotecaria; su queste premesse, la banca chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo di lire 134.199.531 nei confronti della societ De Luca assicurazioni e di lire 300.818.759 nei confronti del De Luca in proprio e della Stip cevich, il tutto oltre interessi convenzionali e commissione mas simo scoperto come richiesti e spese di procedura.

    Il Foro Italiano 2002.

    Gli intimati si opponevano a tale ingiunzione di pagamento con atto notificato il 29 novembre 1999, col quale chiedevano la

    declaratoria di nullit della convenzione anatocistica, dei con

    tratti di fideiussione e della convenzione di interessi usurari e la

    declaratoria di decadenza ed estinzione della fideiussione ex art.

    1957 c.c., il tutto con conseguente revoca del decreto e vittoria

    di spese di lite. Gli intimati, appunto, deducevano l'inesistenza

    della prova scritta del credito ex art. 633 c.p.c., la mancata pat tuizione scritta degli interessi, l'invalidit della clausola di ca

    pitalizzazione trimestrale degli interessi, la vigenza di interessi

    superiori al tasso soglia della 1. 108/96 e l'inosservanza da parte della banca delle condizioni e dei termini di decadenza previsti dall'art. 1957 c.c. per agire nei confronti dei fideiussori.

    La banca, nel frattempo divenuta Credito italiano per effetto

    di cessione di ramo d'azienda, si costituiva in giudizio e invo

    cava il rigetto dell'opposizione e la conferma dell'impugnato decreto, con rivalsa di spese, negando la mancanza di prova scritta, le invalidit e le decadenze dedotte ex adverso.

    All'udienza di trattazione il giudicante si riservava sulla ri

    chiesta dell'opposta di concessione della provvisoria esecuzione

    dell'impugnato decreto, richiesta che veniva accolta con ordi

    nanza del 17 novembre 2000, con cui si riteneva altres la causa

    matura per la decisione e si fissava l'udienza di conclusioni.

    All'udienza del 7 giugno 2001 si costituiva per la Stipcevich, al posto dell'originario difensore, l'avv. Fulvio Santarelli, che

    ampliava le deduzioni e difese originarie e formulava nuove

    domande, in particolare contestando un abusivo riempimento di

    foglio in bianco in relazione al tasso di interesse del contratto con apertura di credito ed inoltre chiedendo la condanna della

    banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate

    e/o riscosse, nonch al risarcimento dei danni, da determinarsi

    in via equitativa, connessi a un'asserita violazione degli art.

    1337, 1338, 1366 e 1376 c.c.; il nuovo difensore chiedeva anche

    la fissazione dell'udienza ex art. 184 c.p.c. e, in via istruttoria, invocava una c.t.u. contabile diretta ad accertare l'effettivo cre

    dito della banca, richiesta quest'ultima avanzata anche dagli al

    tri opponenti e contestata dalla banca. Il giudicante, rilevando

    che all'udienza di trattazione le parti non avevano chiesto n i

    termini ex art. 183, ultimo comma, c.p.c. n quelli ex art. 184

    c.p.c., invitava le parti a concludere. E, sulle conclusioni di cui in epigrafe, la causa veniva riservata a sentenza.

    Motivi della decisione. L'opposizione a decreto ingiuntivo

    proposta dalla De Luca assicurazioni s.a.s. di Vincenzo De Lu

    ca, nonch da Vincenzo De Luca in proprio e da Maria Grazia

    Stipcevich non pu trovare accoglimento. (Omissis) Natura usuraria degli interessi richiesti. 11 richiamo alla 1. n.

    108 del 7 marzo 1996, modificativa della disciplina dell'usura,

    ostacolato in radice dal fatto che i due contratti per cui causa

    risalgono rispettivamente al 19 giugno 1996 e al 28 luglio 1994,

    epoche in cui ancora non era entrata in vigore la 1. 108/96 o me

    glio, per quel che riguarda il primo contratto, ancora non era

    operativo il criterio di valutazione oggettiva ivi previsto, criterio

    applicabile ai sensi del disposto dell'art. 2 solo a partire dal 2

    aprile 1997, data di pubblicazione del primo decreto ministe riale di rilevazione dei tassi medi praticati nel settore. Tale ante riorit dei contratti rende inutile la verifica dell'eventuale supe ramento nella specie dei limiti oggettivi fissati dalla citata 1.

    108/96, ci in considerazione della regola generale, discendente dallo stesso art. 11 preleggi (efficacia della legge nel tempo), secondo cui la validit di un contratto e/o di una singola clau sola va vista solo in relazione alla normativa vigente all'epoca di conclusione del contratto; tale interpretazione, dopo un certo

    contrasto giurisprudenziale (accreditato anche da alcune pro nunce della Cassazione: da ultimo, Cass. 14899/00, Foro it., 2001, I, 80), stata recepita dalla 1. 24/01, di conversione del d.l. 394/00, che ha stabilito, con disposizione esente prima facie da qualsivoglia censura di costituzionalit (invece prospettata da altri giudici), che il momento al quale fare riferimento per veri ficare l'eventuale usurariet del tasso, sia da un punto di vista

    civile, sia da un punto di vista penale, quello della pattuizione degli interessi, e non quello della loro effettiva corresponsione.

    Per il contratto del 19 giugno 1996, resta da precisare che l'eventuale usurariet non potrebbe nemmeno essere dichiarata in base alla disciplina transitoria dell'art. 3 1. 108/96, richie dente una difficolt economica e finanziaria del debitore e un tasso sproporzionato rispetto alla prestazione ricevuta e ai tassi medi praticati; invero, nel caso in esame entrambi i requi siti appaiono non provati.

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  • GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 958

    Capitalizzazione trimestrale degli interessi. Trattasi del pro blema forse pi delicato, ancora attuale dopo la pronuncia 425/00 della Corte costituzionale (id., 2000, I, 3045), che, rile

    vando un eccesso di delega, ha dichiarato l'illegittimit costitu

    zionale del 3 comma dell'art. 25 d.leg. 342/99, disponente per i

    contratti in corso la validit della capitalizzazione trimestrale

    sino all'emananda delibera Cicr prevista dal 2 comma. La que stione delicata perch, com' noto, la Corte di cassazione, con

    un improvviso revirement di una giurisprudenza ultraventenna

    le, ha in pi riprese escluso che la capitalizzazione trimestrale

    prevista nei contratti bancari corrisponda ad un uso normativo, dichiarando pertanto l'invalidit delle relative clausole, basate

    esclusivamente su un uso negoziale, inidoneo a legittimare l'a

    natocismo in base alla costante interpretazione del disposto del

    l'art. 1283 c.c. (v. Cass. 2374/99, id., 1999, 1, 1153, e 3096/99, ibid., seguite anche da Cass. 12507/99, id., 2000, I, 451).

    I giudici della Suprema corte hanno basato il loro nuovo con

    vincimento su una serie di argomentazioni, descritte nella prima sentenza (quella 2374/99, cit.): a) l'inesistenza di un uso pre

    gresso rispetto alle norme bancarie uniformi del 1952 e, quindi,

    l'impossibilit di attribuire alla clausola di capitalizzazione tri

    mestrale, contenuta in dette norme bancarie, la funzione proba toria di usi locali preesistenti; b) il difetto di opinio iuris ac ne

    cessitatis nell'applicazione della capitalizzazione trimestrale, in

    definitiva imposta solo e soltanto dalle norme bancarie unifor

    mi; c) l'invalidit, sanzionata dall'art. 4 1. 154/92, poi trasfuso

    nel t.u.b., delle clausole contrattuali di rinvio agli usi.

    Ad avviso di questo giudice, il primo assunto (sub a) non tie

    ne conto della reale prassi bancaria ante 1952; ed invero, fermo

    che l'art. 347 cod. comm. consentiva il rinvio agli usi nella ma

    teria commerciale e che nei primi anni del novecento interven

    nero alcune leggi prevedenti l'anatocismo in settori affini a

    quello creditizio (art. 2 r.d. 1677/22, art. 24 1. 453/13, art. 6 d.l.

    296/27), gi la circolare della confederazione generale bancaria

    fascista n. 30/2545 del 7 gennaio 1929 contemplava la capitaliz zazione trimestrale degli interessi passivi, allineandosi ad una

    prassi richiamata in vari manuali commerciali dei primi decenni

    del novecento (a tale manualistica fanno cenno le sentenze di

    merito allegate dall'Unicredito) e che, oltretutto, risulta men

    zionata anche in una sentenza del 1927 (Cass. 9 maggio 1927, n.

    1682, id.. Rep. 1927, voce Conto corrente, n. 13); si arriva cos

    agli anni trenta, epoca in cui in varie raccolte di usi provinciali

    (Catania, Bari, Roma: vedi le sentenze di merito allegate) si

    parla esplicitamente della capitalizzazione trimestrale; ed anco

    ra, molte raccolte di usi pubblicate dopo il dopoguerra rinviano

    all'anatocismo trimestrale bancario (a tali raccolte si fa riferi

    mento nell'allegata sentenza del Tribunale di Taranto, che ri

    chiama in proposito un recente articolo pubblicato id., 2000, I,

    460). Dunque, alla luce di queste premesse, deve ritenersi che la

    regola della capitalizzazione trimestrale era applicata ben prima del 1952, anzi ben prima del 1942, anno di entrata in vigore del

    nuovo codice civile, recante la nuova disposizione dell'art. 1283

    c.c.; ne deriva che la disciplina delle norme bancarie uniformi

    pu reputarsi ricognitiva di una situazione preesistente e, come

    tale, avente funzione probatoria di un uso normativo pregresso, ed appunto per questo stata introdotta la relativa clausola con

    trattuale, altrimenti in contrasto con l'art. 1283 c.c.

    Come gi detto, nelle ultime decisioni la Suprema corte nega altres la sussistenza del requisito soggettivo tz\Yopinio iuris ac

    necessitatis, e cio la convinzione dell'obbligatoriet della re

    gola della capitalizzazione trimestrale, ritenuta dettata da una

    norma facente parte dell'ordinamento ( l'argomento sub b). Anche in questo caso l'opinione non condivisibile, poich la

    corte non tiene conto del fatto che tale opinio iuris ac necessi

    tatis si formata nel corso del tempo, anche dopo l'entrata in

    vigore del codice del 1942, in virt di una costante applicazione della regola della capitalizzazione trimestrale, ritenuta conforme

    ad un uso normativo dalla stessa Corte di cassazione per circa

    un ventennio (anni ottanta-novanta); quel che si vuol dire che

    stata la stessa Suprema corte che, nel ribadire a pi riprese la

    validit di simili clausole, ha creato la convinzione della legit timit dell'imposizione dell'anatocismo nei rapporti bancari, ha

    cio creato quell'opinio iuris ac necessitatis necessaria per la

    configurabilit in concreto dell'uso normativo; infatti evi

    dente che, per la stessa funzione nomofilattica attribuita alla

    Corte di cassazione, un principio di diritto pi volte ribadito dai

    giudici di legittimit assume la veste di diritto vivente e, come

    Il Foro Italiano 2002.

    tale, vale ad attribuire ad una mera prassi la valenza di norma

    consuetudinaria, rendendo la generalit dei cittadini convinti

    della obbligatoriet giuridica di quel principio. La soluzione appena evidenziata, che muove dalla premessa

    di fondo, ancorata al dato testuale dell'art. 1283 c.c., dell'asso

    luta legittimit della creazione di un uso normativo in materia di

    anatocismo anche durante la vigenza del codice del 1942 (l'art. 1283, invero, non contiene alcuna limitazione temporale riguar do alla creazione di una norma consuetudinaria), apertamente in contrasto con l'affermazione contenuta nelle ultime sentenze

    della Corte di cassazione, secondo cui la giurisprudenza prece dente non avrebbe mai affermato l'esistenza di una norma con

    suetudinaria di questa precisa portata, essendosi limitata ad af

    fermare, sulla base di un dato di comune esperienza, che l'ana

    tocismo trova generale applicazione nel campo delle relazioni

    tra istituti di credito e clienti. La lettura dei vari precedenti giu

    risprudenziali degli anni ottanta-novanta smentisce l'assunto

    delle ultime sentenze della Suprema corte, in quanto in esse vi

    sempre il riferimento ad usi normativi legittimanti nei rap

    porti bancari la produzione di interessi anatocistici al di fuori

    dei presupposti dell'art. 1283 c.c. (vedi, ad esempio, tra le ulti

    me, Cass. 12675/98, id., Rep. 1998, voce Interessi, n. 6;

    3296/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 13; 9227/95, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 16); del resto, all'inizio delle sentenze che

    hanno operato Voverruling, si parla espressamente di un

    orientamento giurisprudenziale che ha avuto inizio con la sen

    tenza 6631/81 (id.. Rep. 1982, voce cit., n. 6) ... e col quale si

    ripetutamente affermata l'esistenza di un uso normativo in

    materia di anatocismo bancario, sicch la successiva afferma

    zione dell'inesistenza di tale indirizzo giurisprudenziale appare

    inspiegabile. Sempre facendo leva sul dato, ad avviso di questo giudice in

    contestabile, della possibilit di creazione di un uso normativo

    in materia di anatocismo bancario successivamente all'entrata in

    vigore del codice del 1942, va detto che la rilevazione della pre senza di tale uso in varie raccolte di usi locali operate dalle ca

    mere di commercio, ai sensi degli art. 34, 39, 40 r.d. 201 1/34 e

    dell'art. 2 d.leg. 315/44, nel corso degli anni cinquanta e negli anni seguenti, comprova una generale applicazione della regola della capitalizzazione trimestrale, e questo dato oggettivo

    (usus), accompagnato da quanto sopra specificato in ordine al

    sorgere dell'elemento psicologico della norma consuetudinaria

    (Vopinio iuris ac necessitatis), induce a concludere nel senso

    che, se gi non esisteva prima, negli ultimi cinquanta anni si

    sicuramente creata una norma consuetudinaria autorizzante la

    produzione di interessi anatocistici nei rapporti bancari al di

    fuori degli schemi fissati dall'art. 1283 c.c.

    Ad ogni modo, ogni dubbio sull'effettiva normativizzazio

    ne della regola della capitalizzazione trimestrale sembra venir

    meno ove si consideri che il legislatore del 1992, nell'emanare

    la 1. 154/92 sulla trasparenza bancaria, all'art. 8 ha richiamato

    esplicitamente la regola della capitalizzazione degli interessi

    tra le varie condizioni contrattuali oggetto di comunicazione pe riodica alla clientela e vari provvedimenti attuativi della nuova

    legge, tra cui il d.m. 24 aprile 1992 (all'art. 3) e la circolare

    Bankitalia del 24 maggio 1992 (ai par. 1 e 5) richiamano il prin

    cipio della capitalizzazione periodica degli interessi. Certo, l'art. 8 1. 154/92 stato abrogato in quanto sostituito dalla di

    sciplina del t.u.b. di cui al d.leg. 385/93, ma ci non rileva ai fi

    ni che interessano, sia perch i provvedimenti attuativi della

    legge sulla trasparenza, per effetto della disposizione transitoria

    dell'art. 161, 2 comma, t.u.b., hanno continuato ad avere vigo re sino all'emanazione dei nuovi provvedimenti previsti dal

    t.u.b., sia perch vero che in tale nuovo t.u.b. non si parla mai

    della capitalizzazione trimestrale, ma altrettanto vero che gli art. 117, 4 comma, e 118, 1 comma, fanno riferimento alle

    condizioni ... e maggiori oneri in caso di mora, espressioni di carattere cos generale che sembrano dover ricomprendere anche la regola della capitalizzazione trimestrale, in definitiva

    non prevista espressamente dal legislatore del 1993, ma ritenuta

    implicita nell'insieme delle condizioni contrattuali; del resto, il

    legislatore del 1993, se avesse voluto modificare quanto preci

    sato, per la prima volta, nell'art. 8 della legge abrogata, si sa

    rebbe presumibilmente premurato di indicare la volont di

    escludere la regola, importantissima, della capitalizzazione tri

    mestrale degli interessi, senza ricorrere a formule generiche in

    terpretabili in modo estensivo. In conclusione, oggi la regola

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  • 959 PARTE PRIMA

    della capitalizzazione trimestrale stata recepita in norme di

    legge, che hanno quindi una volta per tutte avallato e convali dato la precedente norma consuetudinaria.

    L'ultimo argomento della Cassazione (sub c) si fonda, come

    visto, sul generale divieto di rinvio agli usi in materia bancaria,

    disposto prima dall'art. 4 1. 154/92 e poi confluito nell'art. 117, 6 comma, t.u.b. Tuttavia, non sembra che il divieto riguardi gli usi normativi, perch, anche ragionando sotto il profilo storico, risulta con chiarezza che gli usi che si voluto colpire sono

    quelli negoziali, attraverso i quali si rimette ad elementi esterni la determinazione delle condizioni del credito; tipico esempio

    rappresentato dalla nota clausola, vigente per i contratti stipulati ante t.u.b., del rinvio agli usi abitualmente praticati sulla piazza per la determinazione del tasso d'interesse convenzionale. Il di vieto normativo, in definitiva, si riaggancia alla necessit, nor mativamente imposta (v. oggi l'art. 117, 1 comma, t.u.b.), di

    un'apposita determinazione per iscritto di tutte le condizioni

    contrattuali, e quindi non pare applicabile ad un uso normativo

    quale quello della capitalizzazione trimestrale, appunto trattan dosi in questo caso di una disciplina discendente da una fonte

    normativa, disciplina tra l'altro specificamente recepita nei sin

    goli contratti attraverso la testuale riproposizione della corri

    spondente clausola delle norme bancarie uniformi. In altri ter

    mini, il divieto dell'art. 117, 6 comma, t.u.b. riguarda solo e soltanto gli usi negoziali e, trattandosi di una norma ecceziona

    le, appunto perch pone un limite, non pu essere applicata analogicamente alla diversa ipotesi degli usi normativi (art. 14 delle preleggi).

    Riepilogando, il Credito italiano ha legittimamente capitaliz zato trimestralmente gli interessi passivi di mora maturati nei

    rapporti oggetto di causa, alla stregua deil'uso normativo con trario vigente in materia e riconosciuto dall'art. 1283 c.c.

    Decadenza dalla fideiussione ex art. 1957 c.c. (Omissis). Tutti i rilievi formulati dagli opponenti sono dunque infondati, senza che occorra al contrario una c.t.u. contabile, del tutto inutile alla luce delle precisazioni di cui sopra. Pertanto, va ribadita la le

    gittimit della pretesa creditoria del Credito italiano e l'impu gnato decreto ingiuntivo va confermato nei confronti di tutti gli intimati.

    Ili

    I. - Il tribunale, vista la propria sentenza non definitiva, emes sa in pari data, ove, tra l'altro, che la quota interessi con

    venzionali, gi ad un tasso assai elevato, non pu produrre altri

    interessi, sia pure moratori, all'ulteriore tasso del ventiquattro per cento, senza divenire usurari.

    Risulta, altres, in fatto che gli opponenti il 15 marzo 1990

    stipularono con l'opposto istituto di credito un contratto di mu tuo chirografario per lire 30.000.000, obbligandosi a restituire la suddetta somma, oltre agli interessi, ammontanti a lire

    17.779.850, come da piano di ammortamento, mediante il pa gamento di dieci rate semestrali, ciascuna di lire 4.777.985, da

    pagarsi il 15 di ogni semestre con inizio dal 15 settembre 1990 e termine al 15 marzo 1995. A maggior garanzia della somma

    mutuata, degli interessi ed accessori prest fideiussione Dona tello Anna Angela, moglie del mutuatario, che sottoscrisse an che il piano di ammortamento.

    Essendo rimasti debitori, in data 6 ottobre 1994, di lire 4.932.893 per quota di interessi al tasso convenuto del dician nove per cento e di lire 26.998.424, nei loro confronti la banca chiese ed ottenne decreto ingiuntivo di pagamento della somma di lire 31.931.392, oltre interessi moratori al tasso del venti

    quattro per cento, pure convenuto, spese, diritti ed onorari del

    procedimento. II. - Nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiunti

    vo, instaurato con atto notificato il 22 novembre 1994, nel quale la banca si costituita, chiedendo il rigetto dell'opposizione con vittoria di spese, diritti ed onorari, successivamente al termine della scadenza dell'ultima rata del 15 marzo 1995, sopravve nuta la 1. 7 marzo 1996 n. 108, che ha modificato tra l'altro l'art. 1815, 2 comma, c.c.

    La Suprema corte con sentenza 5286/00 (Foro it., 2000, I, 2180) ha ritenuto applicabile la nuova disciplina anche agli inte ressi moratori, sussistendo un'omogeneit di trattamento tra le due categorie di interessi.

    Il Foro Italiano 2002.

    La Suprema corte infine con sentenza n. 14899 del 17 no

    vembre 2000 (id., 2001, I, 80) ha affermato testualmente:

    Qualora si sia in presenza di un contratto di mutuo non ancora

    esaurito all'entrata in vigore della 1. 108/96 (disposizioni in

    materia di usura) per il perdurare dell'obbligazione di corri

    spondere, oltre ai ratei di somme di sorte capitale, anche gli in

    teressi, il giudice pu rilevare di ufficio la nullit della clausola

    relativa agli interessi nel caso in cui il tasso di questi superi la

    soglia stabilita trimestralmente dalla legge suddetta. III. - Successivamente intervenuto con il dichiarato intento

    di neutralizzare gli effetti della sentenza della Suprema corte

    14899/00, cit., il d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, convertito nella

    1. 28 febbraio 2001 n. 24, che non si limitato a dare un'inter

    pretazione autentica della 1. 108/96, come nella sua intitolazio

    ne, ma ha introdotto notevoli innovazioni.

    L'art. 1 ha testualmente sancito: Ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, 2 comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a

    qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pa gamento.

    La suddetta disposizione esclude chiaramente l'applicazione della 1. 108/96 ai mutui stipulati anteriormente ad essa ad un

    contratto di mutuo non ancora esaurito alla sua entrata in vigore. Paradossalmente pu avvenire che lo stesso giudice, solo per

    una questione temporale, debba riconoscere legittimi e dovuti

    interessi, sia corrispettivi che moratori, da un mutuatario e non dovuti ed usurari, ai sensi della 1. 108/96, anche dallo stesso

    mutuatario, che abbia stipulato un contratto di mutuo successi vamente all'entrata in vigore alla 1. n. 108, essendo il tasso su

    periore a quello soglia stabilito con la stessa legge. Nel caso di specie poi lo stesso giudice non pu nemmeno

    valutare se riconoscere o meno l'usurariet del tasso di interessi, sia corrispettivi che moratori, richiesti con il decreto ingiuntivo opposto, essendo nelle more del giudizio abrogata la normativa in vigore sia all'epoca della stipula del contratto che quella vi

    gente a! tempo dell'instaurazione del giudizio. Di qui la necessit, per la sua rilevanza ai fini dell'istruzione

    e della decisione del presente giudizio, che sarebbe potuta avve nire ai sensi della sentenza 14899/00 della Corte di cassazione, della questione di illegittimit costituzionale in relazione agli art. 3, 24, 41 e 47 Cost., dell'art. 1 d.l. 394/00, convertito nella 1. 24/01.

    E evidente, come innanzi si sottolineato, la violazione del l'art. 3 Cost., la disparit di trattamento, solo in base ad una ir razionale ed ingiustificata questione temporale, tra mutuatari ante e post 1. 108/96.

    Come altres evidente la violazione dell'art. 24 Cost., non avendo i mutuatari ante 1. 108/96 la possibilit di chiedere al

    giudice di valutare la usurariet degli interessi richiesti, essendo stata abrogata la normativa anteriore a detta legge ed essendo

    quest'ultima inapplicabile ai contratti di mutuo non ancora esauriti perch irretroattiva.

    Con l'ultimo intervento legislativo stato altres violato l'art.

    41, 2 e 3 comma, Cost., non solo perch stato adottato su ri chiesta ed a vantaggio esclusivo ed ingiustificato dei creditori ed in massima parte degli istituti di credito, di cui stata accolta la tesi irrazionale ed iniqua secondo cui se i mutui sono stati sti

    pulati prima della citata 1. n. 108 allora i tassi possono essere

    trattenuti, anche se superiori alla soglia di usura in essere al momento del pagamento, ma anche perch tale intervento av venuto senza tener in alcun conto del necessario coordinamento dell'attivit economica ai fini sociali ed in particolare con l'o rientamento giuridico comunitario a tutela del consumatore, e con i fini della 1. 108/96 e di quelli espressamente indicati nel n. 6 dell'art. 1469 bis c.c.

    L'intervento legislativo impugnato infatti impedisce di tener conto anche di quest'ultima norma per i contratti di mutuo ante riori alla 1. 52/96, per cui, come nel caso di specie, il giudice tenuto a riconoscere al mutuatario interessi moratori senz'altro

    sproporzionati e vessatori. Per le stesse ragioni l'intervento legislativo di cui al d.l.

    394/00, convertito nella 1. 24/00, ha violato l'art. 47 Cost., es sendo avvenuto prescindendo da una razionale, giusta, adeguata, coordinata disciplina del credito, tenuto conto delle diverse so luzioni adottate anche in relazione al tasso di sostituzione previ sto unicamente solo per alcuni mutuatari.

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  • GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

    pertanto auspicabile che la Corte costituzionale, che gi con

    sentenza 204/97 (id., 1997, I, 2033) ha saputo intervenire,

    espunga le disposizioni impugnate, perch incostituzionali e non

    idonee, in particolare, all'istruzione e decisione del presente

    giudizio secondo i su indicati principi costituzionali.

    Per le stesse ragioni, in via subordinata, si deduce la illegitti mit costituzionale, in relazione agli art. 3 e 24 Cost, dell'impu

    gnato intervento legislativo, con specifico riferimento agli inte

    ressi moratori, perch l'obbligo del loro pagamento comunque

    sorge nel momento della mancata restituzione del denaro dato in

    prestito e la loro usurariet non pu che essere valutata che in

    relazione a tale momento. Nel decreto impugnato, inoltre, pur ritenendo che debbono considerarsi usurari gli interessi, a qual siasi titolo corrisposti, e quindi anche quelli moratori, non

    stata prevista alcuna tutela per i contratti di mutuo ancora in

    corso, pur se anteriori alla 1. 108/96, nel caso in cui il tasso pre visto per tali interessi fosse di gran lunga superiore al tasso so

    glia in essere e comunque sproporzionato. Va disposta la sospensione del giudizio. Per questi motivi, il tribunale solleva questione di illegittimit

    costituzionale dell'art. 1 d.l. 29 dicembre 2000 n. 394 e dell'art.

    1 1. 28 febbraio 2001 n. 24, in relazione agli art. 3, 24, 41, 2 e

    3 comma, e 47, 1 comma, Cost, e, in via subordinata, in rela

    zione agli art. 3 e 24 Cost., nei termini e per le ragioni di cui in

    motivazione.

    IV

    Fatto. In forza del contratto di mutuo ipotecario di cui agli atti stipulati il 9 luglio 1991 ed il 31 luglio 1991 la Banca na

    zionale del lavoro ha promosso pignoramento immobiliare nei

    confronti di Scialpi Stefano, mutuatario inadempiente al paga mento di alcune rate scadute.

    Scialpi Stefano ha proposto opposizione all'esecuzione im

    mobiliare anzidetta ritenendo di non dovere corrispondere parte del credito vantato dalla banca opposta, segnatamente la parte relativa agli interessi applicati, che, come a suo dire emergente

    dagli avvisi di scadenza inviatigli dalla banca medesima (ed al legati al suo fascicolo), nel periodo andante dal 1 marzo 1997

    al 31 agosto 1999 erano stati superiori al tasso soglia fissato ex

    lege n. 108 del 1996. Ha chiesto, in via principale, l'accerta

    mento della nullit del contratto stipulato e, comunque, delle

    clausole di determinazione del tasso ultralegale, oltre al risarci

    mento dei danni per lire 80.000.000.

    Nel costituirsi, la banca opposta ha evidenziato: che il mutuo

    era stato erogato non in lire italiane, ma in franchi svizzeri, per cui l'opponente era ben a conoscenza dell'alea (collegata alla

    variazione del cambio) insita nel contratto stipulato; che l'ina

    dempimento al pagamento delle rate di mutuo s'era verificato al

    momento in cui la 1. n. 108 del 1996 non era neppure stata pro

    mulgata; che l'art. 1815, 2 comma, c.c., riferendosi ad interessi

    convenuti come usurari, non era applicabile al caso di specie, in cui al momento della conclusione della convenzione gli inte

    ressi non erano certamente usurari; che inapplicabile era la 1. n.

    108 del 1996, poich successiva alla nascita del rapporto nego ziale in questione; che, al pi, data l'inapplicabilit dell'art.

    1815, 2 comma, c.c., l'opponente avrebbe potuto, anche a voler

    ritenere illecita la richiesta di interessi cos come formulata, in

    base alla I. n. 108 del 1996, chiedere la riduzione al tasso soglia dei detti interessi; che il tasso di interesse richiesto, come indi

    cato dalla stessa parte opponente, era stato praticamente sempre al di sotto del tasso soglia fissato ex art. 2 1. n. 108 del 1996. Ha

    concluso per il rigetto dell'opposizione. La causa, istruita mediante produzione documentale, all'u

    dienza del 4 aprile 2001 stata riservata per la decisione, con

    concessione di termini per il deposito di comparse conclusionali

    e repliche. Nella sua conclusionale l'opponente ha, tra l'altro, chiesto

    fosse sollevata questione di costituzionalit dell'art. 1,1 com

    ma, d.l. n. 394 del 2000, convertito in 1. n. 24 del 2001, nel

    contempo facendo istanza di sospensione del procedimento di

    opposizione, da un lato, e dell'esecuzione, dall'altro lato.

    Diritto. In ordine alla rilevanza della questione di incosti

    tuzionalit prospettata dall'opponente va detto quanto segue. Tralasciando di considerare gli interessi che, nell'atto d'op

    posizione, l'opponente indica come interessi composti sul sal

    ii Foro Italiano 2002.

    do debitore, che configurano interessi non sul capitale iniziale, ma su parte delle rate di mutuo il cui pagamento, per successiva

    convenzione del 3 gennaio 1996, i contraenti hanno pattuito di

    differire, e tralasciando di considerare le somme dovute dal

    l'opponente per il mutamento del cambio tra la lira italiana ed il

    franco svizzero (di cui in alcun modo si lamenta lo Scialpi), ri

    sulta, in ogni caso, che il tasso applicato dalla banca opposta

    certamente superiore al tasso soglia fissato ex art. 2 1. n. 108 del

    1996. Ed infatti, dai vari avvisi di scadenza emessi dalla banca

    opposta e prodotti dall'opponente si rileva:

    che sino al 30 giugno 1997 la banca ha chiesto interessi com

    plessivi del 16,2 per cento annuo (rinvenienti dalla somma del

    tasso convenzionale semestrale dell'1,875 per cento, che an

    nualmente del 3,75 per cento, nonch del tasso di mora del

    12,45 per cento), a fronte di un tasso soglia del 15,9 per cento, ex d.m. 22 marzo 1997;

    che sino al 31 agosto 1997 la banca ha chiesto interessi com

    plessivi del 16,05 per cento annuo (rinvenienti dalla somma del

    tasso convenzionale semestrale dell'1,875 per cento, che an

    nualmente del 3,75 per cento, nonch del tasso di mora del

    12,30 per cento), a fronte di un tasso soglia del 15,42 per cento, ex d.m. 24 giugno 1997;

    che sino al 31 dicembre 1997 la banca ha chiesto interessi

    complessivi del 15,9875 per cento annuo (rinvenienti dalla

    somma del tasso convenzionale semestrale dell'1,84375 per

    cento, che annualmente del 3,6875 per cento, nonch del tasso

    di mora del 12,30 per cento), a fronte di un tasso soglia del

    15,42 per cento, sino al 30 settembre 1997, ex d.m. 24 giugno 1997, e del 14,085 per cento, sino al 31 dicembre 1997, ex d.m.

    25 settembre 1997; che sino al 28 febbraio 1998 la banca ha chiesto interessi

    complessivi del 14,7875 per cento annuo (rinvenienti dalla

    somma del tasso convenzionale semestrale dell'I,84375 per

    cento, che annualmente del 3,6875 per cento, nonch del tasso

    di mora dell'I 1,10 per cento), a fronte di un tasso soglia del

    14,22 per cento, ex d.m. 23 dicembre 1997; che sino al 30 giugno 1998 la banca ha chiesto interessi com

    plessivi del 14,225 per cento annuo (rinvenienti dalla somma

    del tasso convenzionale semestrale dell'1,5625 per cento, che

    annualmente del 3,125 per cento, nonch del tasso di mora

    dell'I 1,10 per cento), a fronte di un tasso soglia del 14,22 per cento, sino al 31 marzo 1998, ex d.m. 23 dicembre 1997, e del

    12,435 per cento, sino al 30 giugno 1998, ex d.m. 23 marzo

    1998; che sino al 31 agosto 1998 la banca ha chiesto interessi com

    plessivi del 13,8875 per cento annuo (rinvenienti dalla somma

    del tasso convenzionale semestrale dell'1,84375 per cento, che

    annualmente del 3,6875 per cento, nonch del tasso di mora

    del 10,20 per cento), a fronte di un tasso soglia dell'I 1,76 per

    cento, ex d.m. 24 giugno 1998;

    che sino al 31 dicembre 1998 la banca ha chiesto interessi

    complessivi del 14,075 per cento annuo (rinvenienti dalla som

    ma del tasso convenzionale semestrale dell'1,9375 per cento, che annualmente del 3,875 per cento, nonch del tasso di mora

    del 10,20 per cento), a fronte di un tasso soglia dell'11,76 per cento, sino al 30 settembre 1998, ex d.m. 24 giugno 1998, e del

    10,995 per cento, sino al 31 dicembre 1998, ex d.m. 22 settem

    bre 1998; che sino al 28 febbraio 1999 la banca ha chiesto interessi

    complessivi del 13,075 per cento annuo (rinvenienti dalla som

    ma del tasso convenzionale semestrale dell'I,9375 per cento, che annualmente del 3,875 per cento, nonch del tasso di mora

    del 9,20 per cento), a fronte di un tasso soglia dell'8,7 per cento, ex d.m. 21 dicembre 1998;

    che sino al 30 giugno 1999 la banca ha chiesto interessi com

    plessivi del 12,575 per cento annuo (rinvenienti dalla somma

    del tasso convenzionale semestrale dell'1,6875 per cento, che

    annualmente del 3,375 per cento, nonch del tasso di mora del

    9,20 per cento), a fronte di un tasso soglia dell'8,7 per cento, si

    no al 31 marzo 1999, ex d.m. 21 dicembre 1998, e del 7,635 per

    cento, sino al 30 giugno 1999, ex d.m. 26 marzo 1999; che sino al 31 agosto 1999 la banca ha chiesto interessi com

    plessivi del 12,625 per cento annuo (rinvenienti dalla somma

    del tasso convenzionale semestrale dell'1,9375 per cento, che

    annualmente del 3,875 per cento, nonch del tasso di mora

    dell'8,75 per cento), a fronte di un tasso soglia del 7,38 per

    cento, ex d.m. 19 giugno 1999.

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  • PARTE PRIMA 964

    Il che significa che il tasso chiesto, per il periodo dal 1 mar zo 1997 al 31 agosto 1999, stato costantemente al di sopra di

    quello soglia: per cui diviene determinante stabilire se detto tas so soglia, ed in genere la normativa antiusura ex lege n. 108 del

    1996, sia applicabile al caso de quo. In ordine alla rilevanza della questione di incostituzionalit

    prospettata dall'opponente va detto quanto segue. L'art. 644, 1 comma, c.p., come sostituito dall'art. 1 I. 7

    marzo 1996 n. 108, recita: Chiunque, fuori dei casi previsti dall'art. 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per s o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilit, interessi o altri vantaggi usurari, punito con la re clusione da uno a sei anni e con la multa da lire sei milioni a lire trenta milioni.

    11 2 comma del detto art. 644 c.p. prevede poi: alla stessa

    pena soggiace chi fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal 1 comma, procura a taluno una somma di denaro od altra

    utilit, facendo dare o promettere, a s o ad altri, per la media zione, un compenso usurario.

    La prima parte del 3 comma della stessa norma stabilisce inoltre che: La legge stabilisce il limite oltre il quale gli inte ressi sono sempre usurari.

    L'art. 2, 4 comma, 1. n. 108 del 1996 ha disposto che: Il li mite previsto dal 3 comma dell'art. 644 c.p., oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, stabilito nel tasso medio risul tante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale ai sensi del 1 comma relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito compreso, aumentato della met.

    Orbene, in definitiva l'art. 644 c.p. punisce chiunque ... si fa dare o promettere ... in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilit, interessi o altri vantaggi usurari ovvero

    procura a taluno una somma di denaro od altra utilit facendo dare o promettere ... per la mediazione, un compenso usura rio.

    E evidente, pertanto, che la norma in questione punisce due

    tipologie di fatti: il farsi promettere (e quindi convenire, con

    cordare) interessi usurari; il farsi dare interessi usurari. altres chiaro che allorch si parli di una convenzione, di un

    accordo che debba essere vagliato se usurario o meno, tale va lutazione non possa che essere effettuata con riferimento al momento in cui lo stesso s' concluso: sarebbe impensabile pu nire penalmente un comportamento sulla base di fatti (discesa dei tassi d'interesse di mercato) e norme (decreti ministeriali di rilevazione degli stessi) successivi al comportamento medesimo, ci che costituirebbe violazione del principio affermato sia dal l'art. 25, 2 comma, Cost., che dall'art. 2, 1 comma, c.p.

    Allorch, invece, si discuta non della conclusione di un ac cordo usurario, ma del farsi dare interessi usurari, potrebbero prospettarsi, teoricamente, due opzioni interpretative: che inte ressi usurari siano quelli che al momento della pattuizione fos sero gi tali; che interessi usurari siano quelli che, pur leciti al momento della convenzione, in un periodo di tempo successivo, e precisamente al momento dello scadere dell'obbligazione per interessi, diventino tali.

    La prima opzione interpretativa , peraltro, evidentemente da scartare: ed infatti, se la norma avesse voluto perseguire lo sco

    po di punire le ricezioni di interessi aventi a monte una conven zione, un accordo, una promessa gi di per s usurari, sarebbe stato perfettamente inutile sanzionare penalmente tale tipologia di fatto (l'esecuzione di un accordo usurario), gi rientrante, come tale, nell'altra fattispecie criminosa colpita dalla norma (l'accordo usurario).

    N pensabile che la norma punisca due volte il medesimo fatto: farsi promettere la dazione di interessi usurari, da un lato, e farsi dare tali interessi, dall'altro lato (in tal senso, seppure in relazione alla vecchia formulazione dell'art. 644 c.p., Cass. 7 marzo 1997, Riggiola, Foro it., Rep. 1997, voce Usura, n. 27).

    Deve, dunque, concludersi che la seconda tipologia di fatto sanzionata penalmente dall'art. 644 c.p. quella di chi si faccia dare interessi che, seppure non usurari al momento della conclu sione della convenzione su di essi (pertanto assolutamente leci ta), lo siano al momento in cui vada a scadere l'obbligazione del loro pagamento.

    In effetti, in tal senso, s' pronunciata la Suprema corte con le note sentenze n. 1126 del 2000 (id., Rep. 2000, voce Mutuo, n.

    29), n. 5286 del 2000 (id., 2000, I, 2180) e n. 14899 del 2000 (id., 2001, I, 80), sia pur con motivazioni solo in parte coinci

    1l Foro Italiano 2002.

    denti con quelle sopra espresse. Ed infatti, questo tribunale non ritiene che un accordo od una sua parte, una clausola, possano essere ritenuti nulli in virt di fatti sopravvenuti (la discesa dei tassi di interesse sul mercato, per i contratti stipulati nel vigore della 1. n. 108 del 1996) o addirittura, com' nel caso de quo, in virt anche di normative sopravvenute (per i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della 1. n. 108 del 1996). Non ritiene che una clausola possa ritenersi nulla magari a trimestri alterni, a seconda dell'andamento dei tassi d'interesse (ci che acca drebbe seguendo l'orientamento espresso dalla Corte di cassa zione laddove afferma la nullit sopravvenuta della pattuizione di interessi divenuti usurari nel corso del rapporto). Ritiene, pe r, che nel momento in cui il farsi dare interessi oltre una certa

    soglia sia stato ritenuto illecito penalmente, detta dazione non sia pi dovuta, sia inesigibile, e conseguentemente che chi ne fosse il beneficiario non possa avere azione giudiziale per con

    seguirla, se non entro il limite ritenuto lecito dal legislatore (in tal senso, Cass. n. 5286 del 22 aprile 2000, cit., secondo cui

    quando anche non si volesse aderire alla configurabilit della nullit parziale sopravvenuta (come sembra preferibile), tuttavia non si potrebbe comunque continuare a dare effetto alla pattui zione di interessi superiori alla soglia usuraria, a fronte di un

    principio introdotto nell'ordinamento con valore generale e di un rapporto non ancora esaurito). Il che vuol dire che neppure possa farsi questione circa l'applicazione dell'art. 1815, 2 comma, c.c., come sostituito dall'art. 4 1. n. 108 del 1996, poi ch la pattuizione relativa alla corresponsione di interessi, lecita al momento del suo sorgere (e che certamente non potrebbe es sere penalmente sanzionata a posteriori, altrimenti violandosi, come gi anzidetto, il principio cardine del nostro ordinamento di cui agli art. 25, 2 comma, Cost, e 2, 1 comma, c.p.), lecita rimarrebbe anche nel momento in cui fosse divenuta illecita la

    piena esecuzione di quella pattuizione. E significativamente lo stesso art. 1815, 2 comma, c.c. fa ri

    ferimento al caso in cui siano convenuti interessi usurari, per cui risulta anche testualmente inapplicabile al caso in questione.

    In questo contesto normativo e giurisprudenziale stato ema nato il d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, poi convertito in 1. n. 24 del 2001. L'art. 1,1 comma, di siffatto testo normativo cos di

    spone: Ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art.

    1815, 2 comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che su

    perano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi so no promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indi

    pendentemente dal momento del loro pagamento. La norma, pur autodefinendosi di interpretazione autentica, tale non . Per

    potersi cosi qualificare, infatti, la legge di interpretazione au tentica deve rispondere alla funzione che le propria: quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale (cos, Corte cost. n. 311 del 1995, id., Rep. 1996, voce Camera di commercio, n. 19. In tal senso, anche Corte cost. n. 88 del 1995, id.. Rep. 1995, voce Legge, nn. 81, 83; n. 397 del 1994, id., 1995, I, 1440; ord. n. 480 del 1992, id., 1993, I, 2448, e, di recente, sent. n. 525 del 2000, id., 2000, I, 3397, secondo cui il

    legislatore pu adottare norme che precisino il significato di al tre disposizioni legislative ... quando la scelta imposta dalla

    legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ci vincolando un significato ascrivibile alla norma anterio re). Nel caso di specie, per, per quanto anzidetto, v' l'im

    possibilit di interpretare come penalmente sanzionato il farsi dare interessi che siano usurari perch gi pattuiti come tali

    (poich, si ripete, la pattuizione di interessi oltre il tasso soglia gi di per s punita quale reato dall'art. 644 c.p. e sarebbe as surdo ritenere sanzionata anche l'esecuzione di detta pattuizio ne, cos applicandosi, sostanzialmente, due pene per il medesi mo fatto). Sicch, deve ritenersi che la norma de qua abbia ca rattere non interpretativo, ma innovativo, venendo ad escludere dal novero dei comportamenti penalmente rilevanti la ricezione, il farsi dare interessi che, pur leciti allorch pattuiti, abbiano su

    perato il tasso soglia al momento della loro esigibilit. Il che si

    gnifica che la norma in questione ha valenza di norma innovati va (abrogante una fattispecie penale), retroattiva, per, anche

    agli effetti civili, sia per l'autoqualifica di norma di interpreta zione autentica, sia per l'espressa volont, manifestata nel pre ambolo del d.l. n. 394 del 2000, di emanare disposizioni in materia di tassi di interesse usurari, anche in considerazione de

    gli effetti che la sentenza della Corte di cassazione 14899/00,

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  • GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

    cit., pu determinare in ordine alla stabilit del sistema crediti

    zio nazionale, e cio di emanare disposizioni operanti sulle

    fattispecie civili in corso di esplicazione prima della sua emana

    zione.

    Non sconosciuto a questo tribunale che secondo la Corte

    costituzionale ci non certamente sufficiente a far ritenere co

    stituzionalmente illegittima una norma di legge (cos, Corte

    cost. n. 88 del 1995, cit.). Peraltro, se vero che il principio di

    irretroattivit delle leggi ha ottenuto in sede costituzionale ga ranzia specifica soltanto con riguardo alla materia penale (art. 25 Cost.), lo stesso mantiene per le altre materie valore di

    principio generale (ex art. 11, 1 comma, disp. sulla legge in

    generale) cui il legislatore deve in via preferenziale attenersi,

    pur non essendo ad esso vincolato in termini assoluti, non es

    sendo, in ogni caso, consentito al legislatore di violare principi costituzionali o altri fondamentali valori di civilt giuridica

    posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordina

    mento, fra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio ge nerale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre

    ingiustificate disparit di trattamento (sent. n. 6 del 1994, id.,

    Rep. 1994, voce Impiegato dello Stato, nn. 642, 643; n. 424 del

    1993, id., Rep. 1994, voce Sicilia, nn. 130, 131; n. 283 del

    1993, id, 1993, I, 2089; n. 440 del 1992, id., Rep. 1993, voce Corte costituzionale, n. 31; n. 429 del 1991, id., 1992, I, 2908); la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti

    quale principio connaturato allo Stato di diritto (sent. n. 424 del

    1993, cit.; n. 39 del 1993, id., 1993, I, 1766; n. 349 del 1985, id.. Rep. 1986, voce Legge, n. 31); la coerenza e la certezza del

    l'ordinamento giuridico (sent. n. 6 del 1994, cit.; n. 429 del

    1993, id., Rep. 1994, voce Ordinamento penitenziario, n. 109; n. 822 del 1988, id., 1991, I, 335) (in tal senso, Corte cost. n.

    397 del 1994, cit. Si vedano in merito anche le sentenze della

    Consulta n. 88 del 1995, cit.; n. 155 del 1990, id., 1990, I, 3072, en. 123 del 1988, id., 1989, I, 652. Recentemente, in senso pra ticamente conforme, e peraltro con declaratoria di incostituzio

    nalit, si veda la sentenza n. 525 del 2000, cit., che ha tra l'altro

    asserito: che attengono alla salvaguardia di norme costituzionali

    i principi generali di ragionevolezza e di uguaglianza, quello della tutela dell'affidamento legittimamente posto sulla certezza

    dell'ordinamento giuridico, e quello del rispetto delle funzioni

    costituzionalmente riservate al potere giudiziario (ci che vieta

    di intervenire per annullare gli effetti del giudicato o di incidere

    intenzionalmente su concrete fattispecie sub indice)-, che l'af

    fidamento del cittadino nella sicurezza giuridica principio che, quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non pu es

    sere leso da norme con effetti retroattivi che incidano irragione volmente su situazioni regolate da leggi precedenti).

    Orbene, se , senza dubbio, regola di civilt quella secondo

    cui se un fatto commesso in un certo contesto storico, allorch

    penalmente rilevante, possa non esserlo pi in un momento suc

    cessivo in applicazione della legge successiva e, pertanto, non

    vada pi punito penalmente (come statuito dall'art. 2, 2 com

    ma, c.p.), poich lo Stato non ne riconosce pi il disvalore (o non lo riconosce sino al punto da ritenere giustificata per esso la

    sanzione penale), non altrettanto pu dirsi laddove si statuisca

    anche, con efficacia retroattiva, che chi al momento della com

    missione del fatto sia stato parte lesa di un reato, non abbia pi la possibilit di recuperare alcunch in relazione al danno subito

    o, addirittura, come nel caso di specie, sia tenuto ad una presta zione che, quando scaduta, non avrebbe potuto esser pretesa in

    quei termini poich penalmente sanzionata.

    La stessa Cassazione penale ha asserito che dalla dizione del

    l'art. 2, 2 comma, c.p. secondo cui, tra l'altro, l'intervenuta

    abolitio criminis determina la cessazione dell'esecuzione e degli effetti penali della condanna

    si evince argomentando a

    contrario che le obbligazioni civili nascenti dal reato non cessa

    no (sent. 30 aprile 1993, Vago, id., Rep. 1994, voce Legge pe

    nale, n. 15) e che al diritto del danneggiato dal reato al risar

    cimento del danno, non si applicano i principi attinenti la suc

    cessione nel tempo delle leggi penali, fissati dall'art. 2 c.p., ma

    il principio stabilito dall'art. 11 preleggi, e pertanto il diritto al

    risarcimento permane anche a seguito di abolitio criminis, nulla

    rilevando successive modifiche legislative, che non abbiano

    espressamente disposto sui diritti quesiti (sent. 21 gennaio

    1992, Dalla Bona, id., Rep. 1992, voce Danni penali, n. 2).

    In definitiva, l'art. 1, 1 comma, d.l. n. 394 del 2000, conver

    tito in 1. n. 24 del 2001, non pare rispondere, nella parte in cui

    Il Foro Italiano 2002.

    ha efficacia retroattiva anche sui rapporti civili, al principio ge nerale di ragionevolezza:

    a) introducendo una ingiustificata disparit di trattamento tra

    coloro i quali sono ora tenuti a corrispondere somme che prece dentemente non erano dovute ed i percettori delle stesse, ora in

    giustificatamente avvantaggiati, oltre che in sede penale, anche

    in sede civile;

    b) introducendo una ingiustificata disparit di trattamento tra

    chi, operando nel settore creditizio, abbia correttamente ricon

    dotto, magari con convenzione oramai vincolante (indotta dal

    l'art. 644 c.p., come sostituito dalla 1. n. 108 del 1996), nei li

    miti del tasso soglia quanto dovutogli per interessi e chi no e,

    per converso, tra chi, tenuto al pagamento di interessi divenuti

    usurari al momento della loro scadenza, secondo la 1. n. 108 del

    1996, abbia concluso accordi di riduzione del tasso nell'ambito

    di quello soglia e chi, per indisponibilit della controparte cre

    ditrice, non abbia potuto far ci;

    c) frustrando la possibilit di agire e resistere in giudizio da

    parte di coloro ai quali tale diritto, definito inviolabile dalla

    Costituzione, era stato attribuito dalla 1. n. 108 del 1996.

    In sostanza, si pongono seri dubbi circa la violazione dell'af

    fidamento legittimamente sorto nei soggetti operanti nell'am

    bito in questione e della certezza dell'ordinamento giuridico, con sospetta lesione dell'art. 3, 1 comma. Cost, e dell'art. 24, 1 e 2 comma, Cost.

    Infine, deve dirsi che non compete a questo giudice, ma, a

    pena di nullit, al giudice dell'esecuzione, persona fsica, deci

    dere in merito all'eventuale sospensione dell'esecuzione (con forme, Cass. n. 2588 del 18 marzo 1994, id., Rep. 1994, voce

    Esecuzione in genere, n. 86). Per questi motivi, visti gli art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e

    23 1. 11 marzo 1953 n. 87, ritenuta la non manifesta infondatez

    za della questione di legittimit costituzionale dell'art. 1, 1

    comma, d.l. n. 394 del 29 dicembre 2000, convertito in 1. n. 24

    del 2001, in relazione agli art. 3, 1 comma, e 24, 1 e 2 com

    ma, Cost., per le ragioni di cui in motivazione, solleva questione di costituzionalit di detta norma e dispone la sospensione del

    presente giudizio.

    V

    Svolgimento del processo. Con atto di citazione del 13 no

    vembre 1997 Di Bari Pasquale e Argese Margherita proponevano

    opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 78/97 emesso dal

    Pretore di Fasano su istanza della Cassa di risparmio di Puglia

    s.p.a. per lire 19.373.436 eccependo: l'erronea quantificazione della debitoria; la illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi in virt di clausola peraltro non approvata per iscritto a

    norma dell'art. 1341 c.c.; la illegittimit del tasso di interessi ap

    plicato, pari al 19,50 per cento, al contratto di finanziamento

    chiediprestito in assenza di valida pattuizione in tal senso; che

    vi era stato un accordo con l'istituto di credito per il pagamento rateizzato dell'ultima rata di mutuo mentre la banca ingiungente aveva continuato a richiedere l'intero; tanto premesso, citavano la

    Cassa di risparmio di Puglia s.p.a. in persona del suo legale rap

    presentante, dinanzi al Pretore di Fasano e chiedevano di revocare

    il decreto ingiuntivo opposto con vittoria di spese. Si costituiva la Cassa di risparmio di Puglia eccependo: che

    gli interessi determinati nel contratto erano pienamente legittimi e non necessitavano di apposita approvazione per iscritto ex art.

    1341 c.c. non trattandosi di clausola vessatoria; che gli oppo nenti non avevano ottenuto alcuna dilazione nell'adempimento della loro obbligazione; tanto premesso, chiedeva in via preli minare la concessione della provvisoria esecuzione del decreto

    ingiuntivo opposto e il rigetto dell'opposizione con vittoria di

    spese. Con ordinanza del 17 dicembre 1998 il pretore non concede

    va la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e la causa

    proseguiva per il merito con termine per le richieste istruttorie.

    Esperita istruttoria, nel corso della quale veniva disposta c.t.u.

    contabile al fine di accertare l'esattezza dei conteggi effettuati

    dall'ingiungente sulla base del tasso di interesse moratorio pat

    tuito, all'udienza del 20 ottobre 2000 fissata per la precisazione delle conclusioni, in seguito al dichiarato decesso della parte

    Argese Margherita veniva dichiarata l'interruzione del processo. Con comparsa di riassunzione dell'8 novembre 2000 la Intesa

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  • 967 PARTE PRIMA 968

    gestione credito s.p.a., istituto di credito incorporante la Caripu glia s.p.a., chiedeva di fissare l'udienza per la prosecuzione del

    giudizio. All'udienza del 5 febbraio 2001 si costituivano gli eredi della

    Argese, unitamente al Di Bari Pasquale in proprio, reiterando tutte le eccezioni formulate nel corso del giudizio.

    Alla stessa udienza venivano precisate le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con termine per comparse conclusionali e repliche.

    Alla luce della questione oggetto di causa appare preliminare ai fini della decisione proporre, in via incidentale, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1, 1 comma, d.l. 29 di cembre 1999 n. 394 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 30 dicembre 2000, n. 303), convertito in 1. 28 febbraio 2001 n. 24

    (pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 28 febbraio 2001, n. 49)

    per le ragioni che di seguito vengono formulate. Rilevanza. Il d.l. 394/00, convertito, con modificazioni,

    dalla 1. 28 febbraio 2001 n. 24, al 1 comma prevede che ai fini

    dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, 2 comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite sta bilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o co

    munque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.

    Nella presente causa si discute, tra l'altro, anche della nullit

    degli interessi ultralegali contenuta nel contratto di finanzia mento sottoscritto dagli odierni opponenti in data 2 maggio 1988. Sulla scorta della giurisprudenza di legittimit, ed in par ticolare delle sentenze della Corte di cassazione 14899/00, Foro

    it., 2001, I, 80 (che richiama le precedenti pronunce 5286/00, id., 2000,1, 2180, e 1126/00, id., Rep. 2000, voce Mutuo, n. 29), il giudice ha il potere di dichiarare anche di ufficio la nullit di una clausola del contratto di mutuo, ai sensi dell'art. 1421 c.c., anche se la relativa pattuizione stata stipulata in epoca anterio re all'entrata in vigore della 1. 108/96; e questo perch ai fini della qualificazione usuraria degli interessi il momento rilevante la dazione e non la stipula del contratto, come si evince anche dall'art. 644 ter c.p. (introdotto dall'art. 11 1. 108/96) e, per tanto, l'inserimento ex art. 1339 c.c. del nuovo tasso di interesse

    (non usurario) incontra l'unico limite che si tratti di prestazioni non ancora eseguite, in tutto o in parte.

    Nel caso di specie, il contratto di finanziamento (c.d. chiedi

    prestito) stato stipulato il 2 maggio 1988, quindi in epoca anteriore all'entrata in vigore della 1. 108/96; il tasso di interes se pattuito ammonta al 17,50 per cento maggiorato di due punti in caso di mora, e quindi del 19,50 per cento; inoltre, nella certi ficazione ex art. 50 1. 385/90 rilasciata dal direttore della banca istante in data 22 settembre 1992 risulta applicato un tasso di interesse debitore pari al 25,25 per cento.

    Dalle rilevazioni trimestrali effettuate a norma dell'art. 2 1.

    108/96, maggiorate della met, dall'entrata in vigore della pre detta legge, si evince che il tasso di interesse moratorio del 19,50 per cento risulta maggiore di quello massimo previsto per i mutui e maggiore, in determinati periodi, di quello massimo

    (c.d. tasso soglia) previsto per i finanziamenti personali alle fa

    miglie che, soprattutto dall'ottobre 1998 e fino al 2001, si atte sta intorno al 15-16 percento.

    Ne consegue che il tasso di interesse moratorio applicato dal l'istituto di credito, almeno a partire dal 1998 (e qualificando il

    prestito come finanziamento e non come mutuo) risulta superio re al c.d. tasso soglia e quindi usurario.

    Ne consegue altres che la decisione relativa alla legittimit dell'art. 1 d.l. 394/00 pregiudiziale rispetto alla decisione della questione in quanto la validit del tasso applicato alla de bitoria (e, quindi, del decreto ingiuntivo opposto) dipende di rettamente dalla validit della pattuizione degli interessi (c.d. usurari) in quanto stipulata anteriormente all'entrata in vigore della 1. 108/96 come sancito dall'art. 1 d.l. 394/00.

    Non manifesta infondatezza. Contrasto con l'art. 3 Cost.:

    irragionevolezza e contraddittoriet. La norma censurata stata

    qualificata come interpretazione autentica della 1. 108/96 e, pertanto, ne stata riconosciuta efficacia retroattiva. Tale va lenza interpretativa, peraltro, soltanto dichiarata, posto che la norma censurata ha profondamente innovato nel sistema legis lativo attribuendo rilevanza penale al momento della pattuizione degli interessi usurari indipendentemente dal momento del loro

    pagamento. E questo in assenza di un contrasto giurispruden ziale sul punto in quanto le sentenze della Corte di cassazione

    Il Foro Italiano 2002.

    prima citate erano univoche nel riconoscere rilevanza al mo mento della dazione degli interessi (come si evince dall'art. 644 ter c.p. introdotto dall'art. 11 1. 108/96). A tal fine, vi era l'a vallo anche della giurisprudenza penale della stessa Corte di

    cassazione secondo cui la dazione degli interessi non costituisce un post factum non punibile ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante.

    Pertanto, non soltanto la norma censurata ha innovato il si stema legislativo abrogando il reato di usura nella parte in cui consisteva nel farsi dare anzich promettere interessi, ma tanto ha fatto in assenza di un contrasto giurisprudenziale.

    Questo giudice a conoscenza che con sentenza della Corte costituzionale n. 123 del 2 febbraio 1988 {id., 1989, 1, 652) stata riconosciuta non incostituzionale, sotto il profilo degli art.

    101, 2 comma, e 104, 1 comma, Cost., una norma (nella spe cie, l'art, unico 1. 9 maggio 1984 n. 118, la quale, intitolata co me legge di interpretazione autentica della 1. 24 maggio 1970 n.

    336, dichiarava applicabili i benefici combattentistici con ef fetto dalla data stabilita dalle norme istitutive dei benefici stessi, anche nei confronti dei trattamenti a carico dell'assicurazione

    generale per invalidit, vecchiaia e superstiti), nonostante il ri corso allo strumento dell'interpretazione autentica (pertanto, conferendo alla norma efficacia retroattiva) in una situazione di mancanza di interpretazioni discordanti; infatti anche a pre scindere dalla considerazione che nella specie la linea interpre tativa della Suprema corte di cassazione era stata spesso disatte sa dai giudici di merito, sicch il contrasto interpretativo poteva al pi costituire un indice di riconoscimento della legge come

    interpretativa la sussistenza di orientamenti giurispruden

    ziali in senso opposto all'interpretazione autentica non impedi sce al legislatore di imporre, in base a determinate scelte politi che, un certo significato normativo a precedenti disposizioni e ci anche per la considerazione che la legge di interpretazione autentica non si distingue dalla legge innovativa con effetto re troattivo, e questa costituzionalmente legittima, quando non

    superi i limiti stabiliti dall'art. 25 Cost, in materia penale o da altre norme costituzionali.

    Pertanto, la stessa Corte costituzionale ha ravvisato, nell'atti vit innovativa del legislatore cui viene attribuita efficacia re

    troattiva, il limite imposto dalle norme costituzionali, primo fra tutti il canone della ragionevolezza che assume in materia va lore particolarmente stringente perch riferito alla certezza dei

    rapporti preteriti, nonch al legittimo affidamento dei soggetti interessati: Corte cost. n. 432 del 1997 (id., Rep. 1998, voce Corte costituzionale, n. 41).

    Nel caso di specie, il provvedimento si presenta irragionevole e contraddittorio, determinando quindi


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