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ordinanza 30 marzo 2001, n. 88 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 4 aprile 2001, n. 14); Pres....

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ordinanza 30 marzo 2001, n. 88 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 4 aprile 2001, n. 14); Pres. Ruperto, Est. Flick; L.G.; A.F.; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Caltanissetta 7 luglio 1999 e Trib. Cagliari 27 gennaio 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 46 del 1999 e n. 12 del 2000) Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 1 (GENNAIO 2002), pp. 39/40-41/42 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197705 . Accessed: 28/06/2014 10:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 10:42:32 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 30 marzo 2001, n. 88 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 4 aprile 2001, n. 14); Pres.Ruperto, Est. Flick; L.G.; A.F.; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Caltanissetta 7 luglio1999 e Trib. Cagliari 27 gennaio 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 46 del 1999 e n. 12 del 2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 1 (GENNAIO 2002), pp. 39/40-41/42Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197705 .

Accessed: 28/06/2014 10:42

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PARTE PRIMA

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 30 marzo 2001, n.

88 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 4 aprile 2001, n. 14); Pres. Ruperto, Est. Flick; L.G.; A.F.; interv. Pres. cons, mi

nistri. Ord. Trib. Caltanissetta 7 luglio 1999 e Trib. Cagliari 27 gennaio 2000 (G.U., la s.s., n. 46 del 1999 e n. 12 del

2000).

Misure di sicurezza — Imputato incapace di intendere e di

volere — Pericolosità sociale — Ricovero in ospedale psi chiatrico giudiziario — Questioni manifestamente inam missibili di costituzionalità (Cost., art. 3, 27, 32; cod. pen., art. 222).

Sono manifestamente inammissibili — in quanto propongono inten'enti additivi di revisione della disciplina delle misure di

sicurezza applicabili nel caso di proscioglimento dell'impu tato per infermità psichica, comportanti scelte discrezionali che esulano dalle competenze della corte e rientrano invece

nell'esclusiva competenza del legislatore — le questioni di

legittimità costituzionale dell'art. 222 c.p., nella parte in cui

non consente di adottare misure alternative di cura del ma

lato di mente socialmente pericoloso, diverse dall'affida mento a strutture chiuse e consone alle peculiarità del caso

concreto, in riferimento agli art. 3, 27 e 32 Cost. (1)

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 7 luglio 1999 (Foro it..

Rep. 2000, voce Misure di sicurezza, n. 5), nel corso di un pro cedimento penale nei confronti di persona imputata dei reati di

tentato omicidio e tentato furto aggravato, il Tribunale di Calta

nissetta ha sollevato, in riferimento agli art. 27 e 32 Cost.,

questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 c.p., nella

parte in cui non consente al giudice di disporre, nei casi da esso

considerati, misure di sicurezza diverse dal ricovero in un ospe dale psichiatrico giudiziario, che risultino adeguate alle condi

zioni cliniche del soggetto e maggiormente idonee a garantirne il recupero psichico, nel rispetto delle esigenze di tutela della

collettività; che l'ordinanza premette che l'imputato nel procedimento a

quo era risultato affetto da disturbi mentali tali da renderlo in

capace di intendere e di volere al momento del fatto e tuttora

socialmente pericoloso, ove non sottoposto a specifico tratta

mento sanitario (in particolare, ad «opportuni controlli del ser

vizio di salute mentale, supportati dalla somministrazione di

farmaci specifici e terapie psicologiche»): trattamento «di fatto»

non attuabile in una struttura psichiatrica giudiziaria «per man

canza di operatori»; che, tuttavia —

prosegue il rimettente — l'art. 222 c.p. non

accorda al giudice alcuna «facoltà di graduazione» della misura da applicare nel caso di proscioglimento per infermità di mente, in correlazione alle particolari esigenze dell'infermo, ma impo ne, senza alternative, il ricovero del medesimo in un ospedale

psichiatrico giudiziario per un periodo non inferiore a due anni:

provvedimento, questo, che, per le ragioni indicate, risulterebbe nella specie non adeguato alle condizioni cliniche dell'imputato e confliggente con l'obiettivo del suo recupero;

che, in tale prospettiva, la norma denunciata si porrebbe in

contrasto tanto con il principio della funzione «di emenda», enunciato dall'art. 27 Cost, in rapporto alla pena, ma riferibile, secondo il giudice a quo anche alle misure di sicurezza; quanto con il principio di tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività, sancito dall'art. 32

Cost.;

(1) L'ordinanza riportata corrisponde esattamente, quanto alla mate ria considerata e al decisum, alla richiamata Corte cost. 30 gennaio 1985, n. 24, Foro it., 1985, I, 1257, con nota di richiami, commentata da Manacorda, Psichiatria e controllo sociale. A proposito dell'affi damento coattivo del prosciolto per infermità psichica ai servizi di sa lute mentale, id., 1986,1, 64.

Da ultimo, in tema di possibili alternative alla misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, cfr. Corte cost. 11 giugno 1999, n. 228, id., 1999,1, 3127, con nota di richiami.

Per una decisione di revoca della misura di sicurezza in esame, fon data sulla ritenuta non corrispondenza al parametro normativo delle in

dagini eseguite per accertare la pericolosità sociale del soggetto consi derato, nonché per ulteriori richiami di giurisprudenza e dottrina, cfr. Trib. sorv. Genova 5 giugno 2001, in questo fascicolo, II, 61, con nota di La Greca.

Il Foro Italiano — 2002.

che con ordinanza emessa il 27 gennaio 2000, nel corso di un

procedimento penale nei confronti di persona imputata del de

litto di violenza sessuale aggravata (art. 609 bis e 609 ter c.p.), il Tribunale di Cagliari ha sollevato, in riferimento agli art. 3 e

32 Cost., questione di legittimità costituzionale del medesimo

art. 222 c.p., nella parte in cui non prevede che la misura di si

curezza custodiale sia rigorosamente limitata ai casi di pericolo sità sociale accompagnata dal rifiuto di ogni terapia da parte dell'infermo;

che il giudice a quo premette, in punto di fatto, che, alla stre

gua delle risultanze processuali, l'imputato doveva ritenersi af

fetto da malattia mentale atta a renderlo tuttora socialmente pe ricoloso;

che per la cura di tale malattia sarebbe peraltro opportuno che

egli rimanesse nella comunità terapeutica presso la quale è at

tualmente ricoverato, al fine di proseguire il programma tera

peutico e di recupero in corso, rivelatosi soddisfacente e nei cui

confronti l'infermo «non ha mai mostrato segni di insofferen

za»: laddove, invece, il ricovero in ospedale psichiatrico giudi ziario —

prescritto dalla disposizione impugnata — risulterebbe

pregiudizievole per la sua salute, provocando l'interruzione di

detto programma; che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione,

il rimettente — richiamando la sentenza di questa corte n. 324

del 1998 (id., 1999, I, 763) — rimarca come il legislatore, con

la 1. 13 maggio 1978 n. 180, recependo le più recenti acquisi zioni della scienza e della coscienza sociale, abbia riconosciuto

che la cura della malattia mentale non deve attuarsi, se non ec

cezionalmente, in condizioni di degenza ospedaliera, bensì at

traverso presidi psichiatrici extraospedalieri, e comunque non

mediante la segregazione dei malati in strutture chiuse quali le

preesistenti istituzioni manicomiali; che l'ordinamento penale

— soggiunge il giudice a quo

non potrebbe «ovviamente» non prevedere forme più ampie di

coercizione e di segregazione nei confronti dell'infermo di

mente che, avendo commesso un certo tipo di reato, sia anche

«socialmente pericoloso»; che, in tale ottica, la misura di sicurezza del ricovero in un

ospedale psichiatrico giudiziario sarebbe preposta, per un verso, ad attuare coattivamente un trattamento sanitario nei confronti

dell'infermo di mente pericoloso e, per l'altro, a scongiurare —

mediante la segregazione — il pericolo di ulteriori aggressioni

a beni penalmente tutelati; che proprio tale funzione segnerebbe, tuttavia, il limite di le

gittimità costituzionale della misura; l'ordinamento costituzio

nale non potrebbe infatti tollerare limitazioni alla tutela della

salute ed alla uguaglianza dei cittadini davanti alla legge se non

in quanto esse siano indispensabili per la salvaguardia di beni

protetti in modo paritario o poziore dalla stessa Costituzione;

sicché, quando tale salvaguardia possa essere attuata con stru

menti che non comprimano, o comprimano in modo meno ener

gico, gli altri diritti costituzionalmente garantiti, sarebbe com

pito del legislatore di consentirne al giudice l'adozione; che l'art. 222 c.p. contrasterebbe, quindi, sia con l'art. 32

Cost., in quanto impedirebbe — in ipotesi quale quella sottopo

sta all'esame del rimettente — di curare l'infermo di mente nel

modo più consono e nelle strutture più adeguate alle sue condi

zioni, ancorché tali modalità di cura soddisfino le esigenze di

tutela della collettività; sia con l'art. 3 Cost., in quanto discri

minerebbe, senza necessità, il malato di mente socialmente peri coloso da quello che non lo è;

che, d'altro canto, questa corte ha già dichiarato costituzio

nalmente illegittima, con la citata sentenza n. 324 del 1998, la

norma denunciata nella parte in cui prevede l'applicazione della

misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudi ziario nei confronti dei minori: né sarebbe concepibile, nell'am

bito dei soggetti totalmente infermi di mente, una differenza di

trattamento basata sull'età, data la «dimensione totalizzante»

della loro malattia;

che, in base a tali considerazioni — deduce conclusivamente

il giudice a quo — l'art. 222 c.p. si sottrarrebbe a censure di co

stituzionalità solo qualora la misura di sicurezza di tipo custo diale fosse «rigorosamente limitata ai casi di pericolosità sociale

accompagnata da accertato atteggiamento dell'infermo di rifiuto

di ogni terapia»; che in entrambi i giudizi di costituzionalità è intervenuto il

presidente del consiglio dei ministri, il quale ha concluso per la dichiarazione di non fondatezza delle questioni.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Considerato che i due giudizi, avendo ad oggetto la medesima

norma, vanno riuniti per essere decisi unitariamente;

che, tramite i quesiti di costituzionalità sollevati, i giudici ri

mettenti chiedono in sostanza alla corte interventi additivi di re

visione della disciplina delle misure di sicurezza applicabili nel

caso di proscioglimento dell'imputato per infermità psichica: interventi che — senza espungere in toto dall'ordinamento la

misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (la le

gittimità costituzionale della cui previsione non viene contestata

in termini assoluti) — dovrebbero tuttavia comprimerne la sfera

operativa, permettendo l'adozione di misure alternative di cura

del malato di mente socialmente pericoloso, diverse dall'affi

damento a strutture chiuse e consone alle peculiarità del caso

concreto;

che, al riguardo, deve peraltro ribadirsi quanto già in più oc

casioni affermato da questa corte: e, cioè, che simili interventi

di innovazione normativa esorbitano dai poteri della corte stes

sa, in quanto comportano scelte discrezionali rientranti nell'e

sclusiva competenza del legislatore (v. sentenze n. 228 del

1999, ibid., 3127, e n. 111 del 1996, id., 1996,1, 2337; ordinan ze nn. 333 e 396 del 1994, id., Rep. 1995, voce cit., nn. 12 e 11; n. 24 del 1985, id., 1985,1, 1257);

che la varietà delle possibili soluzioni ed il carattere discre

zionale della relativa scelta sono confermati, del resto, dalla cir

costanza che i giudici a quibus muovendo da premesse fattuali e

normative in larga parte sovrapponibili, formulano richieste di

contenuto sensibilmente differenziato: attribuzione al giudice di

una facoltà di «graduazione» delle misure, nell'un caso; intro

duzione della condizione negativa della mancata adesione del

l'infermo al trattamento terapeutico, quale limite all'applicazio ne di misure di tipo custodiale, nell'altro caso;

che, per quanto attiene alla prima ordinanza, il tribunale ri

mettente sembra far derivare, nel caso concreto, l'inidoneità

dell'ospedale psichiatrico giudiziario ad assicurare il tratta

mento terapeutico ottimale da una carenza di natura essenzial

mente organizzativa (la «mancanza di operatori»): carenza dalla

quale, peraltro, non potrebbe dedursi l'illegittimità costituzio

nale dell'istituto in sé, ma — eventualmente ed al più — delle

disposizioni che ne regolano il concreto funzionamento (v. sen

tenza n. 139 del 1982, id., 1982,1, 2109);

che, riguardo alla seconda ordinanza di rimessione — fermo

quanto osservato dianzi — può registrarsi anche l'esistenza di

un salto logico tra premesse e conclusione del relativo iter ar

gomentativo; resta, infatti, del tutto indimostrato, al di là dell'i

potesi di specie, che le esigenze di tutela della collettività (esi

genze che lo stesso giudice a quo apprezza come idonee a giu stificare il ricorso a misure di tipo segregante) vengano meno

per il solo fatto che l'infermo di mente socialmente pericoloso «accetti la terapia»;

che, infine, non è pertinente neppure il richiamo del giudice a

quo alla sentenza di questa corte n. 324 del 1998, cit., la quale non legittima affatto l'illazione, che egli ne trae, dell'esigenza di una generale parificazione del trattamento degli infermi di

mente autori di reato, indipendentemente dalla loro età: giacché, al contrario, la citata sentenza ebbe a dichiarare costituzional

mente illegittimo l'art. 222 c.p. — nella parte in cui prevedeva l'applicazione anche ai minori della misura di sicurezza del ri

covero in un ospedale psichiatrico giudiziario —

proprio a

fronte della mancata previsione di modalità di esecuzione diffe

renziate della misura di sicurezza, che tenessero conto delle

specifiche esigenze di tutela della personalità del minore, affetto

da infermità psichica, che vi è sottoposto; che le questioni vanno pertanto dichiarate manifestamente

inammissibili. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di

chiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 222 c.p., sollevate, in riferimento agli art. 27 e 32 Cost., dal Tribunale di Caltanissetta e, in riferimento

agli art. 3 e 32 Cost., dal Tribunale di Cagliari, con le ordinanze

in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2002.

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 23 marzo 2001, n. 82 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 marzo 2001, n.

13); Pres. Ruperto, Est. Bile; Grimaldi e altre; interv. Pres.

cons, ministri. Ord. Trib. Torino 27 marzo 2000 (G.U., la s.s., n. 45 del 2000).

Adozione e affidamento — Adozione di persona maggiore di

età — Differenza di età — Superamento dei limiti pre

scritti — Deroga per circostanze eccezionali — Esclusione — Questione manifestamente infondata di costituzionalità

(Cost., art. 2, 3, 30, 31; cod. civ., art. 291).

E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 291 c.c., nella parte in cui, per l'adozione di

persona maggiorenne, non consente al giudice di ridurre

l'inter\'allo di diciotto anni di età che deve intercorrere fra adottanti e adottando, neppure quando sussistano gravi moti

vi e circostanze eccezionali concernenti i diritti inviolabili

della persona umana attinenti alla sua identità personale ed

al riconoscimento giuridico di legami familiari naturali (di

sangue) esistenti nella realtà e pur quando la differenza di età

rimanga ricompresa in quella di solito intercorrente fra ge nitori e figli, in riferimento agli art. 2, 3, 30 e 31 Cost. (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 novembre 2000, n.

500 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 novembre 2000, n. 48); Pres. ed est. Mirabelli; Sanna; interv. Pres. cons, mi

nistri. Ord. Trib. Sassari 14 aprile 1999 (G.U., la s.s., n. 48

del 1999).

Adozione e affidamento — Adozione di persona maggiore di

età — Differenza di età — Superamento dei limiti pre

scritti — Adottando figlio del coniuge dell'adottante —

Deroga — Esclusione — Questione infondata di costitu

zionalità (Cost., art. 2, 3, 29, 30; cod. civ., art. 291).

E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

291 c.c., nella parte in cui non permette l'adozione di perso na maggiorenne da parte di coloro che non superano di al

meno diciotto anni l'età dell'adottando, anche quando questi sia figlio del coniuge dell' adottante, in riferimento agli art. 2,

3, 29, 1° comma, e 30, 3° comma. Cost. (2)

(1-2) Nel caso della questione risolta con l'ord. 82/01, trattavasi di una coppia di coniugi che, avendo già adottato una minorenne, ai sensi della 1. 184/83, ed avendo ottenuto l'affidamento del fratello naturale della stessa ormai maggiorenne, intendevano adottarlo con il regime dell'adozione ordinaria. La Corte costituzionale rileva l'erroneità del

presupposto interpretativo da cui muoveva l'ordinanza di rimessione, escludendo che l'adozione ordinaria possa consentire la costituzione di un legame giuridico familiare tra il maggiorenne adottato ed i figli de

gli adottanti. La dichiarazione di infondatezza, contenuta nella sent. 500/00, è

motivata con riferimento a precedenti pronunce nelle quali la corte aveva già rilevato come l'adozione di minorenni e quella di persona maggiorenne rispondono a caratteristiche assai diverse, le quali giusti ficano quindi una diversa disciplina, anche con riguardo alla differenza di età tra adottanti ed adottato.

Con riguardo all'adozione di persona maggiorenne, v. Corte cost., ord. 20 aprile 2000, n. 110. Foro it., 2000, I, 2126, con nota di richia

mi, che ha dichiarato manifestamente inammissibile, per insufficiente motivazione sulla rilevanza, la questione di costituzionalità dell'art. 291 c.c., nella parte in cui non condiziona l'adozione di persona mag giore di età anche all'assenso dei figli o dei discendenti naturali mag giorenni e riconosciuti dell'adottante, ove questi esistano; 16 luglio 1996, n. 252, id., 1997, I, 386, con nota di richiami e osservazioni di

Salme, che ha dichiarato inammissibile, in quanto veniva prospettato un intervento additivo della corte eccedente la sfera dei suoi poteri, la

questione di legittimità costituzionale degli art. 291 e 312, n. 2, c.c., nella parte in cui non prevedono, rispettivamente, la possibilità di ado zione di un maggiorenne da parte di chi abbia discendenti legittimi o

legittimati in età minore, anche quando l'adottando sia figlio legittimo del coniuge dell'adottante e sia stabilmente inserito nella comunità fa

miliare, e la possibilità che il giudice, apprezzando la convenienza del l'adozione per l'adottando, possa valutare altresì, complessivamente,

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