+ All Categories
Home > Documents > ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De Bernardi

ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De Bernardi

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: dangphuc
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
5
ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De Bernardi Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 11 (NOVEMBRE 1986), pp. 2937/2938-2943/2944 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180961 . Accessed: 28/06/2014 12:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.0.146.74 on Sat, 28 Jun 2014 12:42:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De Bernardi

ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De BernardiSource: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 11 (NOVEMBRE 1986), pp. 2937/2938-2943/2944Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180961 .

Accessed: 28/06/2014 12:42

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.0.146.74 on Sat, 28 Jun 2014 12:42:19 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De Bernardi

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Con ciò il problema non è peraltro ancora risolto, poiché la

difesa delIU.F.N., dopo aver prospettato nella memoria difensiva di costituzione un'ampia quanto indeterminata nozione di giudica to implicito sul deducibile, l'ha oggi precisata, nella difesa orale, facendo riferimento all'identità del rapporto giuridico controverso.

Stando, dunque, alla prospettazione cosi precisata, si giungerebbe all'estrema conclusione per cui il giudicato sostanziale formatosi in ordine a uno dei vari diritti, e corrispondenti obblighi, scaturiti dal dato negozio giuridico (e dal rapporto che ne

risulta), precluderebbe l'azionabilità di tutti gli eventuali diritti

ulteriori. Ma si tratta di tesi che supera quella dottrina che, valorizzando in più larga misura il principio pubblicistico, mira ad allargare l'ambito della « massa litigiosa », e quindi ad evitare il più che possibile un successivo ricorso al giudice in relazione a

punti controvertibili già divenuti oggetto di lite, effettiva o

virtuale, nel precedente processo tra le stesse parti. Tale dottrina,

infatti, àncora pur sempre la portata del giudicato al complesso del tema controverso (a « tutta quanta la controversia che le parti discutono »). E la stessa giurisprudenza, citata dalla difesa del

l'I.F.N., che in tempi più vicini si è più discostata dal principio secondo cui l'autorità del giudicato va coprire solo la decisione finale in cui si concreta la volontà della legge, da attuare nel caso concreto in riferimento alla data causa petendi e al dato

petitum (scontata l'identità dei soggetti), si è, tuttavia, prevalen temente formata in ordine alla preclusione verso una nuova

impugnativa dello stesso negozio giuridico, rispetto a quella in

precedenza esperita per ragioni diverse, e sulla quale si è formato il giudicato. E le chiavi utilizzate, per sbarrare la porta alla nuova azione, sono state di volta in volta quelle del giudicato sul

presupposto logico necessario, di quello sulle questioni comuni, di

quello sul deducibile, esplicitato, quest'ultimo, come complesso degli accertamenti necessariamente ed inscindibilmente collegati alla decisione, o come elementi costitutivi dell'azione.

Non è peraltro rilevante, in questa sede, vagliare criticamente

gli enunciati giurisprudenziali sopra accennati, soprattutto in

riferimento alle possibili contraddizioni rispetto al disposto del

l'art. 34 c.p.c., che prevede come normale l'ipotesi in cui sulle

questioni « pregiudiziali » (espressione ivi usata, ovviamente, non

in senso processuale, ma in riferimento ai presupposti sostanziali

del diritto azionato) si decida incidentalmente.

Merita invece, tornando in concreto alle statuizioni contenute

nella sentenza qui invocata in sede di eccezione di giudicato, sottolineare gli elementi di differenziazione, che impediscono

l'operare della preclusione anche laddove si ritenga di applicare le griglie del giudicato implicito, frutto della ricordata giurispru denza sul tema.

Dunque, la precedente sentenza ha accertato, ormai incontesta

bilmente (salve le ipotesi di revocazione straordinaria), il diritto

dei ricorrenti all'indennità suppletiva, per il recesso del preponen te a loro non imputabile, e l'inesistenza del diritto di costoro —

nonché, specularmente, dell'istituto preponente — all'indennità

sostitutiva del preavviso: a quest'ultimo riguardo si rileva che gli ex agenti da un lato, e l'I.F.N. dall'altro, avevano dedotto in

giudizio, originariamente, la stessa circostanza di fatto, vale a dire

la mancata prestazione dell'attività agenziale nel periodo da

maggio ad agosto 1983, reciprocamente attribuendosene la respon sabilità contrattuale, e pertanto traendone opposte conseguenze sotto l'aspetto del diritto all'indennità di cui si tratta. Si è poi notato che l'allegazione dei ricorrenti è subito mutata, dopo la

proposizione della riconvenzionale, e che il pretore, conoscendo

in ordine a tale domanda, ha accertato l'avvenuta prestazione dell'attività agenziale. Dunque il fatto dedotto in giudizio dalle

parti contrapposte era del tutto diverso, e addirittura contrario,

rispetto a quello cui ora fanno riferimento i ricorrenti: e non è

inutile sottolineare che la presente prospettazione, lungi dal porsi in contraddizione con il giudicato, suppone l'invocazione del

medesimo, in punto di accertamento dell'avvenuta prestazione lavorativa, effettuato con la sentenza n. 1424 nel già rilevato

contrasto con le primitive allegazioni delle parti.

Ciò rilevato in ordine alla diversità del fatto, si osserva anche

che le ragioni giuridiche allora invocate dai ricorrenti — indenni

tà, e dunque titolo risarcitorio — erano differenti rispetto a

quelle odierne — provvigioni, e dunque operatività del sinallagma —, e che ciò determina diversità del petitum, non solo in ordine

all'imputazione delle somme domandate ma, altresì, per il loro

ammontare, a sua volta calcolato con criteri diversi e su basi

diverse (circa la domanda svolta a suo tempo, per frazione

rispetto alla media delle provvigioni maturate in precedenza, e,

per l'odierna domanda, in percentuale rispetto agli affari andati a

buon fine dopo la comunicazione di recesso).

Il Foro Italiano — 1986 — Parte I-190.

Si è quindi di fronte a causae petendi e pelita del tutto diversi

ed autonomi, con il particolare della conformazione della doman

da odierna al giudicato, quanto all'accertamento di fatto ivi

contenuto. Quest'ultimo rilievo, se da un lato porta ad escludere

qualsivoglia contrasto di giudicati, dall'altro, rammentando il

tenore delle domande, principale e riconvenzionale, allora formu

late, consente di evidenziare l'insussistenza delle chiavi preclusive come sopra individuate dalla giurisprudenza. Invero la prestazio ne dell'attività agenziale nei quattro mesi di preavviso, lungi dal

costituire presupposto o antecedente logico necessario della deci

sione sulle domande di indennità sostitutiva, al contrario era

l'elemento fondante la reiezione delle medesime, cosicché dall'ac

certamento di essa originava la diversa azione oggi proposta. Per

la stessa ragione non può parlarsi di giudicato sulle questioni comuni, che sono il complesso delle ragioni giuridiche e di fatto, dal quale originano più diritti, alcuni dei quali si vorrebbe azionare in difformità da una precedente decisione, passata in

cosa giudicata, relativa a tale complesso o nucleo di elementi

produttori. Né il problema si pone in termini favorevoli al

convenuto, ove si utilizzino le chiavi, solo terminologicamente distinte da quelle ora indicate, della « relazione di causa ad effetto» o della «dipendenza necessaria». Infine non può parlar si di giudicato sul deducibile, poiché non è dato imporre di

riversare in un unico processo se non le domande, eccezioni,

allegazioni, ragioni giuridiche e prove che concernono il diritto

fatto valere in tale sede: e nella specie, come già si è più volte

notato, il diritto oggi azionato è tanto diverso, che la relativa

domanda venne tenuta fuori dal primo processo per mera preclu sione — processuale interna — alla modificazione-immutazione.

Deve in conclusione essere respinta l'eccezione del giudicato. (O

missis)

PRETURA DI MONZA; ordinanza 30 ottobre 1985; Giud.

D'Aietti; ric. De Bernardi.

PRETURA DI MONZA;

Contravvenzione, depenalizzazione e sanzioni amministrative —

Giudizio di opposizione — Difesa personale — Elezione di do

micilio nella cancelleria — Questione non manifestamente

infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; r.d.l. 27 novem

bre 1933 n. 1578, ordinamento delle professioni di avvocato e

procuratore, art. 10; r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, norme integra tive e di attuazione del r.d. 27 novembre 1933 n. 1578, art. 82; 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 22).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi

tuzionale dell'art. 22 l. 24 novembre 1981 n. 689, in riferimen to agli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che la man

cata elezione di domicilio nel comune ove risiede il giudice per la parte che si difende personalmente comporti l'elezione del

domicilio nella cancelleria del giudice stesso. (1)

(1) Il pretore ha individuato una disparità di trattamento per la parte che si difende personalmente in confronto alla parte assistitila da un

procuratore, purché questi eserciti nell'ambito della circoscrizione del tribunale cui appartiene, poiché in tale caso le comunicazioni e le notifiche debbono essere effettuate nel domicilio del procuratore anche se non posto nel comune di residenza del giudice (art. 82 r.d. 22

gennaio 1934 n. 37). Il problema è stato di recente affrontato da Cass. 23 marzo 1985, n.

2087, Foro it., 1985, I, 2183, con nota di richiami, secondo cui la previsione dell'art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 si applica solo all'ipotesi del procuratore che eserciti il proprio ministero fuori dalla circoscrizione del tribunale cui è assegnato.

II problema si pone con particolare evidenza in relazione a quei giudizi che debbono svolgersi innanzi a giudici monocratici, compresi nella circoscrizione del tribunale.

Al riguardo il codice di rito pone varie disposizioni. Per l'art. 58

disp. att. c.p.c. se la parte non ha eletto domicilio ai sensi dell'art. 314

c.p.c. le notifiche possono essere effettuate presso la cancelleria. Nel senso che si tratti di una facoltà e non di un obbligo Cass. 8 febbraio

1963, n. 219, id., Rep. 1963, voce Procedimento davanti al pretore e al

conciliatore, n. 13, e Cass. 28 febbraio 1955, n. 593, id.. Rep. 1955, voce Impugnazioni civili, n. 32, con riferimento all'ipotesi del procura tore esercente fuori dalla circoscrizione del tribunale, ma nell'ambito del distretto di corte d'appello, senza aver eletto domicilio ai sensi

dell'art. 314. Nel senso che la notifica debba sempre avvenire al

domicilio reale del procuratore Cass. 5 gennaio 1983, n. 4, id., Rep. 1983, voce Procedimento davanti al pretore e al conciliatore, n. 3 e Cass. 5 agosto 1957, n. 3395, id., Rep. 1957, voce Notificazione civile, n. 9.

Contra, per la validità della notifica effettuata in cancelleria Cass. 11 di

This content downloaded from 193.0.146.74 on Sat, 28 Jun 2014 12:42:19 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De Bernardi

2939 PARTE PRIMA 2940

Il pretore rileva di ufficio una questione di costituzionalità nel

presente giudizio avente ad oggetto l'opposizione alla ordinan

za-ingiunzione emessa del prefetto di Milano il quale, per una

infrazione depenalizzata, ha comminato a Giovanni Di Leo una

sanzione pecuniaria.

L'opponente ha tempestivamente presentato nella cancelleria

della Pretura di Monza il ricorso in opposizione deducendo una

serie di motivazioni a sostegno dell'opposizione.

cembre 1963, n. 3'133, id., 1964, I, 224, con nota di richiami. L'art. 480, 3° comma, c.p.c. prevede, per la mancata elezione del domici lio nell'atto di precetto, che la notifica si effettui presso la cancelleria: Trib. Milano 16 novembre 1953, id., Rep. 1954, voce Esecuzione forzata in genere, n. 48.

Anche l'art. 638 c.p.c. prevede disposizioni di tenore analogo alla

precedente; secondo la Cassazione la mancata elezione di domicilio da

parte del procuratore che esercita il proprio ministero nella circoscri zione cui è assegnato non esime dall 'effettuare la notifica al domicilio reale del procuratore medesimo; v. Cass. 17 gennaio 1981, n. 417, id., 1981, I, 1033, con nota di richiami.

Disposizioni di identico significato si rinvengono negli art. 366, 660

c.p.c., 93, 2° comma, 1. fall.; l'amministrazione dello Stato è sempre domiciliata ex lege nel capoluogo del distretto (luogo ove risiede il

giudice competente): art. di r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 (la norma va letta unitamente all'art. 25 c.p.c.).

Nel caso di specie l'art. 10 r.d.l. 1578/33 non rileva, in quanto esso riguarda l'ipotesi diversa del procuratore che non risiede nel comune ove ha sede il tribunale; tuttavia la cit. Cass. 2087/85 ha

precisato che l'art. 10, se pure impone un obbligo (di risiedere nel

capoluogo del circondario del tribunale) di « particolare rilevanza », la sua inosservanza non comporta la domiciliazione iuris et de iure in cancelleria.

Pacifica invece la domiciliazione in cancelleria quando il procuratore esercita fuori circondario e non elegge domicilio, v. la nota alla cit. Cass. 2087/85.

Se questo è il quadro normativo e giurisprudenziale, il rilievo di una disparità di trattamento fra la parte che si difende personalmente e la parte che sia difesa da procuratore, riguardo alle diverse

conseguenze della manoata elezione di domicilio, coglie nel vero. Tuttavia un'ulteriore riflessione porta a constatare che la norma più

sospetta sia l'art. 82 r.d. 37/34 e non l'art. 22 1. 689/81. Invero l'eliminazione dell'art. 22 1. cit. non eliminerebbe le disparità di trattamento che ancora sussistono in riferimento agli art. 317, 480, 638, 660 c.p.c.; mentre la pronuncia di illegittimità dell'art. 82, eliminando un privilegio dei procuratori della cui razionalità è lecito dubitare, riequilibrerebbe in modo generalizzato la situazione che il Pretore di Monza ha denunciato.

Non può invece ritenersi irrazionale l'obbligo di eleggere domicilio nel comune di residenza poiché ciò tende a semplificare le forme di notificazione. Una conferma di questo assunto — sia pure indiretta —

si può desumere da Corte cost. 29 aprile 1975, n. 98, id., 1975, I, 1321, con nota di richiami, la quale — con sentenza interpretativa di

accoglimento — ha ritenuto di estendere anche alla parte civile costituita nel giudizio penale la sanzione della domiciliazione in cancelleria per omessa elezione di domicilio nel comune ove si svolge il processo <al posto della sanzione di inammissibilità) (v. art. 94

c.p.p.). È comunque opportuno rilevare che il legislatore non segue un

criterio univoco. Se per le norme già citate ha previsto l'obbligo di

eleggere domicilio nel comune di residenza del giudice (cui adde r.d. 16 luglio 1905 n. 646, t.u. delle leggi sul credito fondiario, art. 20; norme interpretative per i giudizi davanti alla Corte cost. 16 marzo

1956, art. 3); in altre disposizioni è sufficiente l'elezione del domicilio nel territorio dello Stato: v. art. 417, 2° comma, c.p.c.; art. 113 e

171, 2° comma, c.p.c.; art. 15, 3° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 (revisione della disciplina del contenzioso tributario). Bisogna ancora osservare che neppure uniforme è il regime sanzionatorio per l'omessa indicazione del domicilio. In taluni casi si è posta espressa mente la sanzione della domiciliazione in cancelleria (c.p.c., art. 314 e 58 disp. att. c.p.c.; art. 366, 480, 638, 660; 1. fall., art. 93; c.p.p., art. 94, 171 c.p.p.), in altri manca la espressa menzione della sanzione

(c.p.p., art. 1113; r.d. 16 luglio 1905 n. 646, art. 20; r.d. 11

dicembre 1933 n. 1175, t.u. sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici, art. 158; norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

cost. 16 marzo 1956, art. 3; 1. 2 marzo 1963 n. 320, disciplina delle

controversie innanzi alle sezioni specializzate agrarie, art. 5; 1. 22

luglio 1966 n. 607, norme in materia di enfiteusi, ecc., art. 2). Sulla ratio della notificazione in cancelleria per mancata elezione

di domicilio, v. Corte cost. 26 febbraio 1981, n. 32, id., 1981, I, 914, con nota di richiami, che ha respinto una questione di costituzionalità

dell'art. 171, 2° comma, c.p.p. I dubbi di costituzionalità dell'art. 82 r.d. 37/34 e la stessa

questione sollevata con l'ordinanza in epigrafe potrebbero essere

superati qualora si interpretasse il termine « parte » come riferito al

binomio titolare del rapporto sostanziale controverso e/o del rappor to processuale e procuratore ad litem, per cui ogni qual volta la

legge impone la elezione del domicilio alla «parte», la disposizione si riferisce tanto a colui che si difende personalmente quanto a colui che

Il Foro Italiano — 1986.

Nel ricorso il ricorrente personalmente, non assistito né rappre

sentato da un procuratore legale, ha dichiarato di essere residente

a Sesto San Giovanni, comune posto nell'ambito del mandamento

della Pretura di Monza.

La cancelleria, dopo la fissazione dell'udienza da parte del

pretore, ha provveduto a comunicare il decreto al prefetto di

Milano ed al ricorrente.

La comunicazione a quest'ultimo è stata eseguita, attraverso

l'ufficiale giudiziario, nella sede della cancelleria stessa; invero il

disposto dell'art. 22 1. 689 del 1981 prevede che, avendo il

ricorrente, che si difende personalmente, omesso di eleggere

domicilio nel comune di Monza, sede del pretore adito, ogni

comunicazione va fatta presso la cancelleria stessa.

Il ricorrente all'udienza del 27 settembre 1985, evidentemente

senza aver saputo nulla della data dell'udienza, non si è presenta to.

L'attività di comunicazione del cancelliere è del tutto legale e

va escluso che, di fronte ad una notificazione perfetta sotto il

profilo formale, questo pretore potesse ordinare la rinnovazione

della notificazione in un luogo diverso da quello stabilito dalla

legge. Si aggiunga che una prassi adottata da questo ufficio fino a

qualche mese fa, con maggior considerazione delle aspettative

degli interessati, faceva si che le comunicazioni di cancelleria alla

parte costituita personalmente fossero effettuate presso il « do

micilio reale » indicato nel ricorso. Però, con una circolare

del ministero di grazia e giustizia (del 9 aprile 1985, prot.

4/1152/19.849 della direzione generale degli affari civili e delle

libere professioni), l'ufficio di cancelleria è stato richiamato ad un

maggior rispetto della normativa in tema di luogo delle notifica

zioni nei casi in cui in un giudizio di pretura non sia stata

eseguita la elezione di domicilio nel comune sede dell'ufficio

giudiziario. In tale circolare si faceva riferimento, peraltro, ad un

recente orientamento della Suprema corte di cassazione, per cui si

riteneva nondimeno ammissibile la comunicazione presso lo stu

dio professionale del procuratore legale esercente nell'ambito del

circondario ove è posta la pretura adita, anche se questo non

avesse eletto domicilio nel comune ove è ubicata la pretura. Di fronte alla mancata comparizione dell'opponente il rappre

sentante della prefettura ha chiesto che il pretore dichiarasse la

convalida della ordinanza-ingiunzione opposta ai sensi dell'art. 23

1. 689/81. Il pretore, quindi, ritiene di ufficio di porsi la questione di

costituzionalità della norma di cui all'art. 22, 3° comma, nella par te in cui prevede che « il ricorso deve contenere altresì, quando

l'opponente non abbia indicato il suo procuratore, la dichiarazio

ne di residenza o la elezione di domicilio nel comune ove ha

sede il pretore adito ».

La questione è rilevante nel presente giudizio in quanto, qualora fosse rilevata la incostituzionalità della norma, la notificazione ese

guita dovrebbe ritenersi nulla e questo pretore potrebbe ordinarne

la rinnovazione nel domicilio indicato (reale), con la conseguenza di

dare notizia effettiva all'interessato della data di udienza in cui

deve comparire. In caso contrario a questo giudice non rimarrebbe che dover

convalidare l'ordinanza-ingiunzione per la mancata comparizione

dell'opponente (che, in concreto, non è stato messo in grado di

saper nulla della data di udienza).

Orbene a questo giudicante sembra che la questione di costitu

zionalità di tale norma, sotto i profili della disparità di trattamen

to, non sia manifestamente infondata.

L'art. 22 1. 689/81 trova un suo corrispondente nell'art. 314

c.p.c. che impone la dichiarazione o la elezione di domicilio nel

comune in cui ha sede 1' ufficio giudiziario adito e sanziona tale

omissione con la « possibilità » che le comunicazioni e le notifica

zioni siano eseguite validamente presso la cancelleria (ar. 58 disp. att. c.p.c.).

La norma è dettata in tema di giudizio innanzi al pretore o

si fa difendere da un procuratore. Un'interpretazione autentica in questo senso si ha nell'art. 154, 2° comma, r.d. 11 dicembre 1933 n. 1175, nel quale si legge espressamente che la parola « parte » indica

anche i procuratori e gli avvocati; argomento a favore si può desumere dall'art. 170 c.p.c.; è inoltre da considerare che quando il

legislatore ha voluto scindere il « binomio » lo ha fatto espressamente: v. art. 2372, 285, 286*, 28S3, 292', 301, 302, 327\ 3303 c.p.c.; disp. att.

1253, 1292. In dottrina, per tutti, sul concetto di parte v. A. Proto

Pisani, Parte (dir. proc. civ.), voce dell'Enciclopedia del diritto, XXXI,

917, spec. 920 ss., 922 ss. (cui si rinvia per un'ampia bibliografia), ove è

messa in evidenza la relatività del concetto. [M. Orsenigo]

This content downloaded from 193.0.146.74 on Sat, 28 Jun 2014 12:42:19 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De Bernardi

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

conciliatore e non ve ne è una analoga, invece, per il giudizio innanzi al tribunale.

Orbene la giurisprudenza da epoca risalente (Cass. 28 maggio

1955, n. 922, Foro it., Rep. 1955, voce Impugnazioni civili, n. 33) ed in modo uniforme ha ritenuto che la norma si applicasse non

solo alla parte che si difendeva personalmente, ma pure a quella costituita a mezzo di procuratore legale. Ne traeva la conseguen za che le comunicazioni e notificazioni al procuratore che avesse

la sede del suo studio professionale in altro comune diverso da

quello sede del giudice adito, potevano essere ritualmente eseguite

presso la cancelleria.

Anche se autorevole dottrina propugnava una interpretazione che limitasse la necessità di elezione o dichiarazione alla sola

parte che si difendesse personalmente (traendo spunti dal dettato

dell'art. 170, 3° comma, c.p.c.), l'opinione sopra esposta è rimasta

ferma nella giurisprudenza nel corso degli anni successivi.

Tuttavia, attraverso altra strada la stessa giurisprudenza è

giunta a legittimare la comunicazione al « domicilio reale » del

procuratore legale attraverso la « riesumazione » di una norma

dettata per la disciplina della professione legale. Infatti, con affermazioni di principio che costituiscono per la

uniformità e costanza, « diritto vivente », la Suprema corte di

cassazione ha ribadito numerose volte la operatività dell'art. 82

r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 secondo cui, in mancanza di elezione di domicilio nel luogo ove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale è in corso il processo si intende che i procuratori che esercitano il proprio ufficio in una circoscrizione di tribunale « diversa » da quella in cui si svolge il loro ufficio, abbiano eletto

domicilio presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria (Cass. 2

agosto 1977, n. 3386, id., Rep. 1977, voce Procedimento civile, n.

58). In forza di tale norma si è ritenuto a contrario che le

comunicazioni e notificazioni per il procuratore esercente « nella »

circoscrizione del tribunale vadano sempre e comunque fatte al

suo studio professionale in qualsiasi comune (nell'ambito della

circoscrizione) sia posto (da ultimo Cass. 23 marzo 1985, n.

2087, id., 1985, I, 2183, nonché Cass. 5 gennaio 1983, n. 4, id.,

Rep. 1983, voce Procedimento davanti al pretore, n. 3). Tale interpretazione appare rispettosa della libertà di ubicazio

ne dello studio professionale e delimita in modo deciso, ma non

asfittico, l'ambito territoriale in cui devono essere fatte le comu

nicazioni (coincidente con la circoscrizione del tribunale), le quali in tal modo risultano al quanto agevolate nella speditezza e

sicurezza.

In questa situazione normativa si è inserita la 1. 24 novembre

1981 n. 689 che all'art. 22, 3°, 4° e 5° comma, dispone: « Il ricorso deve contenere altresì, quando l'opponente non

abbia indicato il suo procuratore, la dichiarazione di residenza

o la elezione di domicilio nel comune ove ha sede il pretore adito.

Se manca la indicazione del procuratore oppure la dichiarazio

ne di residenza o la elezione di domicilio, le notificazioni

vengono eseguite mediante deposito in cancelleria.

Quando è stato nominato un procuratore le notificazioni e le

comunicazioni nel corso del procedimento vengono eseguite nei

suoi confronti secondo le modalità stabilite dal codice di proce dura civile ».

Questo pretore rileva di ufficio la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità di tale norma.

Invero, tra i principi ispiratori della nuova normativa in tema

di giudizio di opposizione contro le sanzioni pecuniarie per violazioni amministrative vi è quello della facoltà dell'opponente (e dell'amministrazione) di difendersi personalmente (art. 23, 5°

comma) senza necessità di alcuna autorizzazione.

In tal modo si è voluto rendere più accessibile la controversia

giudiziaria al privato privo di assistenza legale che, per sanzioni

di modesta entità, poteva trovare troppo dispendioso e complesso affidarsi ad un tecnico legale professionale.

Ma tale « accesso » alla giustizia in posizione paritaria a quella di chi è munito di assistenza legale in seguito alla formu

lazione dei commi 3°, 4° e 5° dell'art. 22, appare vistosamen

te limitato con evidente violazione di due principi costituzio

nali.

In primo luogo sotto il profilo della disparità di trattamento.

Poiché le posizioni delle parti non devono essere pregiudicate dalla circostanza che una sia rappresentata da un procuratore

legale (iscritto nella circoscrizione del tribunale a cui appartiene la

pretura adita) e l'altra si difende personalmente (residente pure nella circoscrizione del tribunale), è evidente che porre soltanto

ad una l'onere di eleggere o dichiarare domicilio nel comune

Il Foro Italiano — 1986.

sede della pretura costituisce una vistosa violazione del prin

cipio di eguaglianza (art. 3 Cost.). Al primo, infatti, la cancelleria comunica direttamente al suo

studio professionale l'avviso relativo alla udienza fissata dal

pretore per la discussione; al secondo il medesimo avviso è

notificato, simbolicamente, presso la stessa cancelleria, senza che

questi possa saper nulla in concreto, o, comunque, costringendo l'interessato ad una onerosa opera di informazione.

Tale diversità di trattamento non appare giustificata razional

mente sotto alcun profilo. Invero le due posizioni sono funzionalmente sotto lo stesso

piano nel processo di opposizione e la appartenenza di un

procuratore legale ad un ordine professionale è circostanza che

può operare su piani diversi, ma non certo su quello della

identità delle posizioni e degli oneri nell'ambito del rapporto

processuale. Vi è di più: il principio di eguaglianza va valutato in senso

dinamico (art. 3 Cost.) e la parte che si difende personalmente dovrebbe (proprio per la sua caratteristica di « non-professionali tà » e per la presunzione di non essere particolarmente abbiente

cosi da non potersi permettere l'opera di un difensore tecnico) essere posta su un piano di particolare agevolazione processuale,

quantomeno sotto il profilo della semplificazione del rito e degli oneri conseguenti a suo carico. Invece, senza che vi sia una

valida ragione giustificativa, vengono posti a suo carico oneri davvero gravosi.

Si pensi alla persona che sia costretta a recarsi di tanto in tanto nella cancelleria della pretura (che giustamente non fornisce

informazioni attraverso il telefono) posta in un comune diverso da quello ove egli abita, per sapere se e quando il pretore ha fissato l'udienza di comparizione; il tutto con dispendio di

energie e di mezzi, proprio in contrasto con i principi di sem

plificazione processuale solennemente sbandierati in altre norme

(art. 23, 8°, 9° e 10" comma). Se ne trae la conseguenza che la norma di cui all'art. 22, 3°

comma, 1. 24 novembre 1981 n. 689 si profila incostituzionale nei

limiti in cui non prevede che la dichiarazione di residenza o di

elezione di domicilio della parte che si difende personalmente

possa essere legittimamente eseguita in qualsiasi comune del

circondario a cui appartiene l'ufficio di pretura adito (con conse

guente obbligo di notificazione ivi degli atti del processo). Il dubbio di costituzionalità si configura, per quanto è stato

detto, anche sotto il profilo dell'art. 24 Cost. Invero, l'imporre ad

una parte non professionale l'onere di eleggere domicilio in un

comune diverso da quello della sua residenza (posti entrambi nel

medesimo circondario del tribunale) costituisce un aggravio di

costi e di operazioni che, di fatto, rende inutilmente difficile

l'esercizio del diritto di azione; la sanzione, in caso di mancata

elezione o dichiarazione, costituisce ancor più una palese viola

zione del diritto di difesa perché attua una forma di conoscenza

legale fittizia a cui la parte privata può sopperire solo con una

inziativa di informazione che appare del tutto spropositata in

tutti quei casi in cui la difesa personale caratterizza proprio,

secondo ciò che accade normalmente, la infrazione di più mode

sta rilevanza sanzionatoria.

Spetterà, poi, alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 27 1. 11

marzo 1953 n. 87, dichiarare eventualmente che la pronunzia di

incostituzionalità di estenda anche (vi è la medesima ragione

giustificatrice) all'art. 314, 2° comma, c.p.c. e 58 disp. att. c.p.c.;

va opportunamente evidenziato, però, che mentre la norma ogget

to della presente ordinanza di rimessione prevede che per la

omessa elezione o dichiarazione « le notificazioni vengono eseguite

mediante deposito in cancelleria » (senza possibilità alcuna di

agire diversamente), nel caso disciplinato dal codice di procedura

civile la norma usa l'espressione « possono eseguirsi median

te... », lasciando intendere una possibilità discrezionale che,

nondimeno, ad avviso di questo giudicante, non esclude anche in

tale ipotesi una ingiustificata disparità di trattamento, costituzio

nalmente sanzionabile da codesta corte.

Va segnalato altresì' che in una risalente pronunzia avente ad

oggetto la questione di costituzionalità dell'art. 58 disp. att. c.p.c.

(Corte cost., ord. 27 febbraio 1974, n. 49, id., Rep. 1974, voce

cit., n. 10) codesta corte restituì' gli atti al giudice a quo per un nuo

vo esame sulla rilevanza della questione in relazione alla possibilità

di applicazione congiunta degli art. 10 r.d.l. 27 novembre 1933 n.

1578 ed 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37; circostanza, questa, evidente

mente esclusa per la parte che si difende personalmente.

iPer questi motivi, applicato l'art. 23 1. 11 marzo 1953 n. 87,

dichiara non manifestamente infondata, con riferimento agli art. 3

e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22,

This content downloaded from 193.0.146.74 on Sat, 28 Jun 2014 12:42:19 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: ordinanza 30 ottobre 1985; Giud. D'Aietti; ric. De Bernardi

2943 PARTE PRIMA 2944

3° comma, 1. 24 novembre 1981 n. 689, nei limiti in cui non

prevede che la dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio della parte che si difende personalmente possa essere

legittimamente eseguita in qualsiasi comune del circondario a cui

appartiene l'ufficio di pretura adito (con conseguente obbligo di notificazione ivi gli atti del processo); (omissis)

PRETURA DI VERONA; sentenza 27 settembre 1985; Giud.

D'Ascola; Stevanoni (Aw. Bontempini) c. Provincia di Verona

<Aw. Veneri).

PRETURA DI VERONA;

Contravvenzione, depenalizzazione e sanzioni amministrative —

Disposizioni transitorie — Applicabilità — Ambito (L. 24

novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 12, 22,

23, 40).

Contravvenzione, depenalizzazione e sanzioni amministrative —

Giudizio di opposizione — Annullamento dell'ordinanza-in

giunzione per vizi di forma — Rinnovazione del provvedimento sanzionatorio privo dei vizi — Legittimità (L. 24 novembre 1981 n. 689, art. 22, 23).

La normativa introdotta con la l. 24 novembre 1981 n. 689 si

applica, in base all'art. 40 della menzionata legge, a tutte le violazioni di carattere amministrativo, ancorché commesse prima dell'entrata in vigore della stessa. (1)

È legittima la rinnovazione dell'ordinanza-ingiunzione annullata dal pretore per vizi di forma a seguito di giudizio di oppo sizione, quando nel rinnovare il medesimo provvedimento san zionatorio la competente autorità amministrativa elimini quei vizi motivo del precedente annullamento. (2)

Motivi della decisione. — Il primo contrasto tra le parti è sorto sull'applicabilità nella fattispecie de qua, originata da un fatto anteriore al novembre 1981, della normativa della 1. n.

689/81. Le sezioni unite hanno di recente risolto il dissidio

giurisprudenziale riconoscendo (sent. 26 aprile 1985, n. 2709, Foro

it., Rep. 1985, voce Contravvenzione, n. 51; 7 marzo 1985, n.

(1) In termini, oltre alle sent. n. 2709/85 e 1879/85 citate in motivazione, cfr. Cass., sez. un., 22 aprile 1985, n. 2645, Foro it., 1985, I, 1294, con nota di C. M. Barone; contra, Cass. 23 febbraio 1985, n. 1625, ibid., 2290, con nota di G. Albenzio.

(2) Nulla in termini con riferimento alla normativa introdotta con la 1. n. 689/81.

Sulla legittimità, in genere, della rinnovazione di un atto ammini strativo precedentemente annullato cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 settem bre 1985, n. 273, e 11 gennaio 1985, n. 11, Foro it., Rep. 1985, voce Atto amministrativo, nn. 54, 55; sez. IV 3 novembre 1983, n. 766, id., Rep. 1984, voce oit., n. 112; sez. VI 6 dicembre 1982, n. 638, id., Rep. 1983, voce cit., n. 123; sez. IV 23 giugno 1981, n. 508, id., Rep. 1982, voce cit., n. Ill; sez. VI 18 ottobre 1977, n. 803, id., 1978, III, 7 (in motivazione); sez. V 26 febbraio 1976, n. 296, id., Rep. 1976, voce cit., n. 389; Cass. 23 novembre 1974, n. 3801, id., 1975, I, 2316, con nota di C.'M. Barone, nonché, Cons. Stato, ad. plen., 9 aprile 1974, n. 4, id., 1974, III, 214, con nota di richiami.

Sui vari problemi connessi alla riforma introdotta con la 1. n. 689/81 cfr. i richiami in nota a Pret. Torino 9 ottobre 1985 e Pret. Roma 28 novembre 1984, id., 1986, I, 580.

In dottrina cfr. Virga, La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1976, 413, ove espressamente si leg ge che « qualora l'atto amministrativo sia stato annullato per motivi di carattere formale (difetto di motivazione, irregolarità nella convocazio ne, nella seduta, nella votazione), non è preclusa all'amministrazione la facoltà di rinnovare il provvedimento con l'identico contenuto, senza però i vizi che inficiavano quello precedente »; M. S. Giannini, Dirit to amministrativo, Milano, 1970, II, 1060 e 1330.

Per quanto concerne l'ipotesi di annullamento o di rettifica della ordinanza-ingiunzione effettuato dalla competente autorità amministrati va in pendenza di giudizio di opposizione, cons. Vinciguerra, La riforma del sistema punitivo nella l. 24 novembre 1981 n. 689, Padova, 1983, 148 e 163.

Sul giudizio di opposizione in genere, v. Di Nanni-Fusco-Vacca, Depenalizzazione e sanzioni amministrative. Commento teorico-pratico, Napoli, 1982, 145; Vaccarella, Il procedimento di opposizione al provvedimento di applicazione di sanzioni amministrative, in Nuove leggi civ., 1982, 1151; Luiso, in Legislazione pen., 1982, 209, sub art. 23; Bertoni-Lattanzi-Lupo-Violante, Modifiche al sistema penale, Milano, 1982, 335; Guarino, Il nuovo giudizio di opposizione davanti al pretore avverso l'ordinanza-ingiunzione della p.a., in Giur. merito, 1983, 545; Bartolini, Il codice della depenalizzazione, Piacen za, 1985, 190 ss.

Il Foro Italiano — 1986.

1879, ibid., n. 57), che le disposizioni contenute nel capo I

di detta legge regolano anche le violazioni commesse anteriormen

te all'entrata in vigore della legge stessa.

Ciò posto, e riconosciuto che il potere cognitivo e decisorio del

pretore ne risulta notevolmente ampliato, non può ugualmente attribuirsi pregio decisivo ad alcuno dei motivi di ricorso.

La prima ingiunzione emessa dall'amministrazione provinciale venne annullata con sentenza n. 56/83 del Pretore di Verona

perché carente di motivazione nella parte attinente alla motiva

zione della sanzione.

Il ricorrente, invocando il principio del ne bis in idem, assume

l'illegittimità della riproposizione del provvedimento sanzionistico; sostiene inoltre che la riforma dell'atto amministrativo può inter

venire solo prima della decisione giurisdizionale, a seguito della

quale ogni potere rinnovativo della p.a. verrebbe meno.

La tesi sarebbe fondata qualora la sentenza fosse entrata nel meri

to del provvedimento, revocandone in dubbio i presupposti di fatto

o dando una diversa valutazione giuridica del comportamento san

zionato.

Nel caso in esame, il vizio riconosciuto nel provvedimento non

impediva invece all'amministrazione competente di procedere,

dopo la decisione pretorile, alla rinnovazione dell'atto previa correzione delle lacune.

Dottrina e giurisprudenza distinguono infatti la rinnovazione

del provvedimento amministrativo, successiva alla decisione giu risdizionale di annullamento (tra le ultime ed esemplari cfr. Cons.

Stato, sez. IV, 23 giugno 1981, n. 508, id., Rep. 1982, voce Atto

amministrativo, n. Ili), dai poteri di autotutela su cui si è

soffermata ampiamente la difesa dell'opponente per inferirne la

non reiterabilità, previo emendamento, dell'atto già emanato.

Ben diverso sarebbe stato il giudizio qualora la p.a. avesse

riproposto l'atto con i medesimi vizi che ne avevano cagionato

l'annuallamento; solo in tal caso si sarebbe imposta una declara

toria di illegittimità per violazione dei principi tutelati dall'art. 97

Cost. Ciò non si è verificato nell'odierna fattispecie, tanto che

l'opponente ha solo timidamente adombrato il persistere del vizio

originario. La lettura dell'ordinanza-ingiunzione vale comunque a

fugare ogni dubbio, perché in essa si fa riferimento, per determi

nare la misura della sanzione, sia alla gravità della violazione, sia

agli elementi in possesso della p.a. sulle possibilità economiche

del contravventore (elementi, si ritiene, desumibili dal fatto, ad es.

possesso di fucile, automobile, ecc.), nonché si sottolinea la

carenza di informazioni, da parte dello Stevanoni, sul suo esatto

reddito.

Anche l'altra illegittimità denunziata nell'atto di opposizio ne èinsussistente: a tenore dell'art. 18 1. 689/81 l'obbligo di

sentire gli interessati prima di emanare il provvedimento sanzio

natorio sussiste solo ove questi ne abbiano fatto richiesta; negli scritti difensivi presentati il 4 dicembre 1981 lo Stevanoni non

svolse tale istanza, né essa era implicita nella opposizione già

proposta avverso la prima ordinanza. Si può anzi sostenere che

proprio l'ampio contraddittorio già consumatosi esimeva comun

que la p.a. dall'obbligo di escutere il contravventore sui fatti

oggetto del nuovo provvedimento. Venendo all'esame delle circostanze in cui fu rilevata la viola

zione, si deve concordare con la valutazione dell'amministrazio

ne resistente.

Si apprende dal verbale di accertamento redatto dai guardia caccia che Io Stevanoni fu sorpreso — in atteggiamento di caccia — ad una distanza di 12 metri dalla strada comunale e di 37 metri dalla più vicina abitazione nella riserva comunale alpina di

Boscochiesanuova. Queste circostanze di fatto non possono essere

disattese dal giudicante in assenza di rituale proposizione della

querela di falso (Cass. 9 novembre 1983, n. 6628, id., 1983,

I, 222) e sono state confermate delle deposizioni testimoniali rese

dai verbalizzanti. (Omissis)

PRETURA DI BARI; ordinanza 16 luglio 1985; Giud. Buquic

chio; Soc. Radio Spazio (Avv. Campanile) c. Soc. Abacus

(Avv. Patroni Griffi, Fusi).

PRETURA DI BARI;

Provvedimenti di urgenza — Radiotelevisione — Emittente priva ta locale — Erronea rilevazione statistica degli indici di ascolto — Divulgazione dei dati — Inibitoria — Fattispecie (Cod.

proc. civ., art. 700).

Va accolta la richiesta di provvedimenti cautelari urgenti avanza

ta dal gestore di un'emittente privata locale che lamenti l'erro

This content downloaded from 193.0.146.74 on Sat, 28 Jun 2014 12:42:19 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended