ordinanza 30 ottobre 1996, n. 366 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 6 novembre 1996, n.45); Pres. Ferri, Rel. Cheli; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Roma 24, 25, 27, 29novembre, 11 dicembre 1995, Pret. La Spezia 16 dicembre 1995, Pret. Genova 19 febbraio 1996,Corte cost. 14 giugno 1996, n. 197 (G.U., 1 a s.s., nn. 3, 6, 12, 13, 17, 19, 34 del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 12 (DICEMBRE 1996), pp. 3591/3592-3595/3596Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191028 .
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3591 PARTE PRIMA 3592
za (41), con la conseguenza che, nell'affrontare tutti i nodi ancora irri solti della vicenda, non gli è più possibile sbarazzarsi delle ulteriori scel te che occorrono effettuare (42).
9. - Mentre queste brevi note andavano in tipografia, si è appreso che il legislatore avrebbe in animo di aggiungere all'art. 5 bis 1. 359/92 un ulteriore comma, il 7 bis, così formulato: «In caso di occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilità intervenute anteriormen te al 30 settembre 1996 si applicano, per la liquidazione del danno, i criteri di determinazione di cui al 1° comma, con esclusione della riduzione del quaranta per cento. In tal caso, l'importo del risarcimen to è altresì aumentato del dieci per cento».
Questa scelta conferma le previsioni formulate a seguito della lettura della sentenza in epigrafe. Alle considerazioni sopra svolte, in ordine alla idoneità di tale soluzione a rispettare l'equilibrato componimento di interessi sotteso all'istituto pretorio dell'occupazione acquisitiva, si
aggiunge un altro motivo di perplessità. Non si comprende, infatti, per quale ragione si va a decurtare il ristoro spettante al proprietario, per le occupazioni illegittime (ab initio, e allora il termine di riferimento è la presa di possesso, o divenute tali, per inutile scadenza del termine di efficacia del decreto, talché occorre considerare quest'ultimo mo
mento) intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, pur riconoscen
dosi, in linea di principio, che il proprietario ha diritto all'integrale risarcimento del danno. La norma, se anche si riuscissero a superare le obiezioni già sollevate, potrebbe avere un significato, qualora il legis latore si fosse occupato finalmente del coordinamento tra procedimento di occupazione e quello di espropriazione, ridisegnando quest'ultimo al fine di contemperare, nella legalità, l'esigenza di iniziare la realizza zione dell'intervento programmato e quella di definire nei termini il
procedimento ablatorio. Solo la rimozione delle cause dell'occupazione acquisitiva potrebbe, in definitiva, giustificare questa sorta di «indul to». Ma, rebus sic stantibus, la discriminazione tra proprietari vittime del medesimo illecito non fa che aumentare i dubbi sulla rispondenza della soluzione divisata al dettato della Carta costituzionale.
Giuseppe De Marzo
(41) Che è quanto dire di tipo politico: così Di Prisco, Accessione invertita ed estinzione della proprietà, in Dir. e giur., 1983, 954.
(42) Come ricorda R. Caso, La Cassazione tra occupazione appro priativa ed espropriazione sostanziale: Dr. Jekill e Mr. Hyde?, in Foro it., 1993, 97.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 30 ottobre 1996, n. 366 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 6 novembre 1996, n. 45); Pres. Ferri, Rei. Cheli; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Roma 24, 25, 27, 29 novembre, 11 dicembre 1995, Pret. La Spezia 16 dicembre 1995, Pret. Genova 19 febbraio 1996, Corte cost. 14 giugno 1996, n. 197 (G.U., la s.s., nn.
3, 6, 12, 13, 17, 19, 34 del 1996).
Straniero — Cittadini extracomunitari — Espulsione — «Ius
superveniens» — Questione di costituzionalità — Restituzio ne degli atti ai giudici «a quibus» (Cost., art. 2, 3, 13, 25, 27, 77, 111; d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, norme urgenti in
materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno di cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, art. 7 ter, 1. 28 febbraio 1990 n. 39, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, art. 1; d.l. 18 novembre 1995 n. 489, disposizioni urgenti in materia di politica della immigrazione e per la regolamentazione del
l'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei
paesi non appartenenti all'Unione europea, art. 7; d.l. 18 gen naio 1996 n. 22, disposizioni urgenti in materia di politica della immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e
soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei paesi non
appartenenti all'Unione europea, art. 7; d.l. 17 maggio 1996 n. 269, disposizioni urgenti in materia di politica della immi
grazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno
Il Foro Italiano — 1996.
nel territorio nazionale dei cittadini dei paesi non appartenen ti all'Unione europea; d.l. 16 luglio 1996 n. 376, disposizioni
urgenti in materia di politica della immigrazione e per la re
golamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazio
nale dei cittadini dei paesi non appartenenti all'Unione euro
pea; d.l. 13 settembre 1996 n. 477, disposizioni urgenti in
materia di politica della immigrazione e per la regolamenta zione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cit
tadini dei paesi non appartenenti all'Unione europea). Straniero — Cittadini extracomunitari — Disciplina — Reitera
zione di decreto-legge decaduto — Questione inammissibile
di costituzionalità (Cost., art. 77; d.l. 30 dicembre 1989 n.
416, art. 7 ter, 1. 28 febbraio 1990 n. 39, art. 1; d.l. 18 no
vembre 1995 n. 489, art. 7; d.l. 18 gennaio 1996 n. 22, art.
7; d.l. 17 maggio 1996 n. 269; d.l. 16 luglio 1996 n. 376; d.l. 13 settembre 1996 n. 477).
Vanno restituiti ai giudici «a quibus», al fine di un riesame
della rilevanza alla luce della sopravvenuta normativa, gli atti
relativi alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 ter
d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, convertito in l. 28 febbraio 1990
n. 39, introdotto dall'art. 7, 3° comma, d.l. 18 novembre
1995 n. 489, reiterato dall'art. 7,30 comma, d.l. 18 gennaio 1996 n. 22, nella parte in cui prevedono la possibilità che
lo straniero, anche se incensurato, sia assoggettato alla misu
ra dell'espulsione, in riferimento agli art. 2, 3, 13, 25, 27, 2° e 3° comma, 77 e 111 Cost. (1)
È inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legitti mità costituzionale del d.l. 17 maggio 1996 n. 269, nella parte in cui, mediante reiterazione, rinnovava l'efficacia di norme
decadute, a seguito di mancata conversione nel termine fissa to dalla Costituzione, di precedente decreto legge che le pre
vedeva, in riferimento all'art. 77 Cost. (2)
(1-2) I. - La Corte costituzionale, dovendo esprimersi circa il «trasfe rimento» della questione di costituzionalità relativa alla espulsione dello
straniero, dal decreto legge impugnato a quello vigente al momento del giudizio, aveva ritenuto pregiudiziale (quindi rilevante per la que stione da decidere) risolvere il problema relativo alla legittimità costitu zioanle del fenomeno della reiterazione nello stesso testo dei decreti
legge decaduti ed aveva quindi sollevato, assumendo per l'occasione la veste di giudice a quo, davanti a se stessa la relativa eccezione di costituzionalità (v. ord. 14 giugno 1996, n. 197, Foro it., 1996, I, 2592, con nota di richiami).
La corte ha ritenuto di dover procedere alla riunione della questione pregiudiziale e di quelle pregiudicate, decidendole congiuntamente at traverso una restituzione degli atti per riesame della rilevanza per le seconde e una dichiarazione di inammissibilità per irrilevanza per l'ec cezione pregiudiziale sollevata davanti a sé.
La vicenda dimostra ancora una volta la difficoltà di applicare le «normali» regole fissate per il processo costituzionale allorché la corte decide su questioni da essa stessa sollevate.
Nella specie, a parte l'uso di un'ordinanza per la dichiarazione di una inammissibilità semplice, appare infatti già discutibile, e apparente mente contraddittorio con il carattere di pregiudizialità, il fatto di aver riunito insieme, per la decisione, la questione pregiudiziale e quelle pre giudicate.
Appare inoltre curioso che la corte stessa prima ritenga, come giudice a quo, una questione «rilevante» e successivamente, questa volta nella veste di giudice delle leggi, la dichiari inammissibile perché «irrilevante».
Ciò soprattutto tenendo conto che la rilevanza deve essere notoria mente valutata al momento in cui la questione viene sollevata, non do vendo su di essa incidere eventi sopravvenuti, come si desume chiara mente dall'art. 22 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Cor te costituzionale (sul punto, v., da ultimo, Romboli, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1993-1995), Torino, 1996, 86-88). La corte, al contrario, ha dichiarato l'inammissibilità per un difetto di rilevanza all'evidenza sopravvenuto (mutamento del quadro normativo della que stione pregiudicata).
La questione relativa alla costituzionaltià della prassi della reiterazio ne dei decreti legge è stata risolta con una recentissima decisione con cui la corte ha dichiarato contrario al disegno costituzionale l'iterazione 0 la reiterazione, nel suo complesso o in singole sue disposizioni, di un decreto legge decaduto per mancata conversione nei termini, ove il nuovo decreto non risulti caratterizzato da contenuti normativi so stanzialmente diversi ovvero da autonomi (e pur sempre straordinari) motivi di necessità ed urgenza (v. sent. 24 ottobre 1996, n. 360, id., 1996, I, 3269, con nota di Romboli, La reiterazione dei decreti legge decaduti: una dichiarazione di incostituzionalità con deroga per tutti 1 decreti in corso (tranne uno), alla quale si rinvia per una ricostruzione
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ritenuto che con tre ordinanze di identico contenuto (r.o. n. 936 del 1995, nn. 240 e 241 del 1996), emesse nel corso di
altrettanti procedimenti penali conseguenti all'arresto in flagranza di stranieri, a seguito della richiesta del pubblico ministero di
applicazione della misura dell'espulsione dal territorio dello Stato
prevista dall'art. 7 ter d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, convertito, con modificazioni, nella 1. 28 febbraio 1990 n. 39, inserito dal
l'art. 7, 3° comma, d.l. 18 novembre 1995 n. 489 (disposizioni
urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regola mentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei
cittadini dei paesi non appartenenti all'Unione europea), il Pre
tore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale
del suddetto d.l. n. 489 del 1995 e, in particolare, del citato
art. 7 ter d.l. n. 416 del 1989, come introdotto dall'art. 7, 3°
comma, d.l. n. 489 del 1995, in riferimento agli art. 2, 3, 24, 25 e 77 Cost;
che con tre ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 346, 347 e 348 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il Pretore di Roma ha sollevato la stessa questione di legittimità
costituzionale, in riferimento ai medesimi parametri costituzio
nali, nonché agli art. 11 e 113 (recte: 13 e 111) Cost.; che con quattro ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 27,
28, 29 e 30 del 1996), emesse in analoghe circostanze processua
li, il Pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 7 ter, commi 1°, 3° e 4°, d.l. n. 416 del 1989, in riferimento agli art. 3, 13, 1° e 2° comma, 24, 2° comma, e 27, 2° e 3° comma, Cost.;
che con due ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 252
e 253 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il
Pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 7 ter 1. n. 39 del 1990 (recte: d.l. n. 416 del 1989,
da essa convertito), in riferimento agli art. 24, 2° comma, 3
e 25, 3° comma, Cost.; che con ordinanza emessa nel corso di un procedimento pe
nale a carico di uno straniero arrestato, ai sensi dell'art. 7 septies, commi 4° e 5°, d.l. n. 416 del 1989 (inserito dal d.l. n. 489 del 1995), a seguito della richiesta del pubblico ministero di ap
plicazione della misura dell'espulsione, il Pretore di La Spezia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 ter, commi 1°, 3° e 4°, 1. n. 39 del 1990 (recte: d.l. n. 416 del
1989, da essa convertito), in riferimento agli art. 3, 24 e 27
Cost. (r.o. n. 265 del 1996);
che, infine, anche il Pretore di Genova, a seguito della richie
sta di applicazione della misura dell'espulsione presentata dalla
difesa di uno straniero condannato con sentenza non passata in giudicato e sottoposto alla misura cautelare della custodia
in carcere, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell'art. 7 ter 1. n. 39 del 1990 (recte: d.l. n. 416 del 1989, da
essa convertito), inserito dall'art. 7, 3° comma, d.l. 18 gennaio 1996 n. 22, in riferimento all'art. 3 Cost. (r.o. n. 365 del 1996);
che, secondo la prospettazione dei giudici rimettenti, il d.l.
18 novembre 1995 n. 489 e, in particolare, la disposizione previ sta dall'art. 7, 3° comma, dello stesso decreto — inserita al
l'art. 7 ter d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, convertito nella 1. 28
febbraio 1990 n. 39 — sarebbero costituzionalmente illegittimi, in riferimento: all'art. 2 Cost., in quanto la possibilità che lo
straniero, anche se incensurato, sia assoggettato alla misura del
l'espulsione sarebbe in contrasto con i doveri di solidarietà so
ciale; all'art. 3 Cost., dal momento che l'introduzione — con
la misura dell'espulsione prevista dall'art. 7 ter — di una nuova
misura cautelare personale, applicabile esclusivamente nei con
fronti degli stranieri, integrerebbe un'ingiustificata disparità di
trattamento nei loro confronti; all'art. 24 Cost., precludendo l'esercizio del diritto di difesa rispetto all'adozione del provve dimento di espulsione e, nell'ipotesi di giudizio direttissimo, im
pedendo la partecipazione dell'imputato al dibattimento; agli
art. 25 e 77 Cost., violando il principio della riserva di legge
della evoluzione della giurisprudenza costituzionale in tema di sindaca
bilità dei decreti legge. La suddetta decisione è commentata pure da
Luciani, in Italia Oggi del 4 novembre 1996 e da Pizzorusso, in Cor
riere giuridico, 1996, nn. 11 e 12. [R. Romboli] II. - Sulle problematiche relative alla espulsione di extracomunitari
cfr. la nota di richiami di R. Ferrazzi (a Corte giust. 30 novembre
1995, C-175/94), in Foro it., 1996, IV, 453, e la documentazione in
calce riprodotta, ivi compreso il disegno di legge (atto senato 1640 e
atto camera n. 2737) approvato in via definitiva dalla camera dei depu tati nella seduta del 15 dicembre.
Il Foro Italiano — 1996.
in materia penale — secondo cui le scelte di politica criminale
sono monopolio esclusivo del parlamento — e non sussistendo
i presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, dal momen
to che l'esigenza di razionalizzazione normativa, in relazione
al fenomeno dell'immigrazione, era già da tempo esistente; agli art. 13 e 111 Cost., nel senso che, ove si interpreti la norma
in modo che in presenza dei presupposti indicati il pubblico ministero debba chiedere l'espulsione, la motivazione del prov vedimento del giudice sarebbe solo formale, mentre, ove si in
terpretasse la norma nel senso che il pubblico ministero possa chiedere l'espulsione, mancherebbe la specificazione dei presup
posti che consentono l'adozione di un provvedimento restrittivo
della libertà personale, in violazione del principio della riserva
di legge e di giurisdizione in materia di limitazioni della libertà
personale; all'art. 27, 2° e 3° comma, Cost., determinando l'e
quiparazione della notizia di reato al giudizio di colpevolezza mediante l'applicazione della misura dell'espulsione prima che
sia accertata la colpevolezza dell'arrestato con sentenza di con
danna divenuta irrevocabile;
che, secondo il Pretore di Genova, l'art. 7, 3° comma, d.l.
18 gennaio 1996 n. 22 sarebbe costituzionalmente illegittimo in
riferimento all'art. 3 Cost., dal momento che, per l'ipotesi del
l'espulsione dello straniero sottoposto a custodia cautelare, com
porterebbe una ingiustificata discriminazione nei confronti del
cittadino italiano; che nei guidizi iscritti nel registro ordinanze ai nn. 936 del
1995, 27, 29, 30, 240, 241, 252, 253, 265, 348 e 365 del 1996 è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, rappresen tato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, chiedendo che
le questioni siano dichiarate inammissibili o infondate;
che, nel corso dei giudizi in via incidentale instaurati dalle
suddette ordinanze di rimessione, la Corte costituzionale — con
ordinanza n. 197 del 14 giugno 1996 (Foro it., 1996, I, 2592) — ha sollevato, in riferimento all'art. 77 Cost., la questione di legittimità costituzionale del d.l. 17 maggio 1996 n. 269 (di sposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio na
zionale dei cittadini dei paesi non appartenenti all'Unione euro
pea), avendo Io stesso decreto, mediante reiterazione, rinnovato
l'efficacia di norme di un precedente decreto, decadute a segui to della mancata conversione nel termine fissato dalla norma
costituzionale;
che, nell'ordinanza di autorimessione, la corte — premesso che le disposizioni impugnate dai giudici rimettenti avevano per duto efficacia ex tunc per mancata conversione ed erano state
reiterate dal d.l. 19 marzo 1996 n. 132, anch'esso non converti
to, nonché dal d.l. 17 maggio 1996 n. 269, all'epoca vigente — ha richiamato la sentenza n. 84 del 1996 (ibid., 1116), secon
do la quale il trasferimento del giudizio di costituzionalità è
possibile ove la norma impugnata permanga nell'ordinamento,
in quanto riprodotta nella sua identità precettiva essenziale da
altra disposizione successiva, in vigore al momento della pro
nuncia; che la corte, nel verificare la sussistenza dei requisiti necessari
per il trasferimento al d.l. 17 maggio 1996 n. 269, in vigore al momento della pronuncia, del giudizio di costituzionalità in
staurato in via incidentale, ha ritenuto pregiudiziale la valuta
zione della legittimità della reiterazione dei d.l. n. 489 del 1995
e nn. 22 e 132 del 1996, attraverso cui la richiamata disciplina in vigore, prevista dal d.l. n. 269 del 1996, era stata introdotta
nell'ordinamento; che in tale giudizio è intervenuto il presidente del consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile
per sopravvenuto difetto di rilevanza, essendo decaduto per man
cata conversione il decreto legge oggetto della questione di co
stituzionalità (d.l. 17 maggio 1996 n. 269), ed essendo stato
espunto dall'ordinamento l'art. 7, 3° comma, non contenuto
nel successivo d.l. 16 luglio 1996 n. 376, con la conseguenza
che non potrebbe trovare applicazione nei processi che hanno
dato luogo al giudizio di legittimità costituzionale nel corso del
quale la corte ha sollevato la questione di costituzionalità.
Considerato che tutte le ordinanze di rimessione riguardano
le disposizioni relative all'espulsione dal territorio dello Stato,
su richiesta di parte, dello straniero arrestato in flagranza di
reato e sottoposto a custodia cautelare, mentre la questione sol
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3595 PARTE PRIMA 3596
evata dall'ordinanza di autorimessione è strettamente connessa
a tali disposizioni; che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi
congiuntamente;
che, per quanto riguarda le questioni di legittimità costituzio
nale del d.l. 18 novembre 1995 n. 489 (disposizioni urgenti in
materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione
dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini
di paesi non appartenenti all'Unione europea) — e, in partico
lare, della disposizione prevista dall'art. 7, 3° comma, dello stesso
decreto, inserita all'art. 7 ter d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, con
vertito nella 1. 28 febbraio 1990 n. 39, nonché, relativamente
all'inserimento del suddetto art. 7 ter, dell'art. 7, 3° comma, d.l. 18 gennaio 1996 n. 22, che ha reiterato il precedente —
sono intervenute, successivamente alle ordinanze di rimessione, consistenti modifiche nel quadro normativo;
che, in particolare, i d.l. n. 489 del 1995 e 18 gennaio 1996
n. 22, non sono stati convertiti in legge entro il termine di ses
santa giorni dalla pubblicazione (come risulta dai comunicati
pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 14 del 18 gennaio 1996
e n. 66 del 19 marzo 1996) e, pertanto, hanno perso efficacia
sin dall'inizio, mentre i d.l. 19 marzo 1996 n. 132 e 17 maggio 1996 n. 269, di reitera, hanno perso anch'essi efficacia fin dal
l'inizio in quanto non convertiti entro il suddetto termine (come risulta dai comunicati pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 115
del 18 maggio 1996 e n. 166 del 17 luglio 1996);
che, inoltre, con il successivo d.l. 16 luglio 1996 n. 376, an
ch'esso non convertito nel termine prescritto (come risulta dal
comunicato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 217 del 16
settembre 1996), non è stata reiterata, nell'ambito di una rego lamentazione parzialmente diversa della materia, la disposizio ne di cui all'art. 7, 3° comma, che introduceva, tra l'altro, l'art.
7 ter al d.l. 30 dicembre 1989 n. 416 (convertito, con modifica
zioni, nella 1. 28 febbraio 1990 n. 39), concernente l'espulsione a richiesta di parte;
che, infine, anche il d.l. 13 settembre 1996 n. 477, attualmen
te in vigore, non contiene la disposizione che introduceva l'art.
7 ter suddetto;
che, pertanto, occorre disporre la restituzione degli atti ai giu dici a quibus affinché valutino la rilevanza delle questioni solle
vate, alla luce della modifica normativa sopravvenuta;
che, per quanto riguarda la questione di legittimità costitu
zionale sollevata da questa corte, il d.l. 17 maggio 1996 n. 269, non è stato convertito in legge entro il termine di sessanta gior ni dalla sua pubblicazione e, pertanto, ha perso efficacia sin
dall'inizio; che il successivo d.l. 16 luglio 1996 n. 376, anch'esso non
convertito, ed il d.l. 13 settembre 1996 n. 477, attualmente in
vigore, contengono disposizioni parzialmente diverse, introdu
cendo consistenti modifiche nel quadro normativo;
che, in particolare, nel vigente d.l. n. 477 del 1996 non si rinviene alcuna disposizione contenente la disciplina dell'espul sione dello straniero a richiesta di parte, inserita all'art. 7 ter d.l. 30 dicembre 1989 n. 416 (convertito, con modificazioni, nella 1. 28 febbraio 1990 n. 39), dal d.l. n. 269 del 1996, che reiterava i precedenti decreti legge;
che la corte, proprio al fine di verificare la sussistenza dei
requisiti necessari per il trasferimento — ai sensi della sentenza
n. 84 del 1996, cit. — al d.l. 17 maggio 1996 n. 269, in vigore al momento della pronuncia, dei giudizi di costituzionalità in
staurati nei confronti dei precedenti decreti legge, aveva ritenu
to pregiudiziale la valutazione della legittimità della reiterazione dei d.l. n. 489 del 1995 e nn. 22 e 132 del 1996, attraverso cui la disciplina prevista dal d.l. n. 269 del 1996 era stata intro
dotta nell'ordinamento;
che, per effetto del sopra descritto mutamento del quadro normativo, viene a cadere il nesso di pregiudizialità presuppo sto dalla questione di costituzionalità sollevata da questa corte;
che, pertanto, la stessa deve essere dichiarata inammissibile
per difetto di rilevanza.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al Pretore di Roma, al Pretore di La Spezia e al Pretore di Genova, per il riesame della rile vanza delle questioni sollevate con le ordinanze indicate in epi
1l Foro Italiano — 1996.
grafe; dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu
zionale del d.l. 17 maggio 1996 n. 269 (disposizioni urgenti in
materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione
dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini
dei paesi non appartenenti all'Unione europea), da essa medesi
ma sollevata con ordinanza n. 197 del 14 giugno 1996, in riferi
mento all'art. 77 Cost.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 luglio 1996 n. 307
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 agosto 1996, n. 34); Pres. Ferri, Est. Santosuosso; Soc. Bianchet c. Fall. soc.
Edilizia industrializzata Martini. Ord. Trib. Firenze 4 ottobre
1995 (G.U., la s.s., n. 50 del 1995).
Privilegio — Fallimento — Accertamento del passivo — Credi
to dell'impresa artigiana — Natura costitutiva dell'iscrizione
all'albo speciale — Insindacabilità — Esclusione — Questio ne infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 117; cod.
civ., art. 2751 bis; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del
fallimento, art. 93; 1. 8 agosto 1985 n. 443, legge quadro per
l'artigianato, art. 13).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2751 bis, n. 5, c.c. in relazione all'art. 13 l. 443/85 nella par te in cui le due norme vengono interpretate nel senso di esclu
dere la sindacabilità, da parte del giudice nel corso del proce dimento di accertamento del passivo fallimentare, della legit timità della iscrizione dell'impresa all'albo speciale delle imprese
artigiane, poiché le norme in questione possono essere inter
pretate nel senso che al giudice è consentito valutare la reale
consistenza dell'impresa creditrice pur quando l'iscrizione sia
avvenuta in una regione a statuto speciale, in riferimento agli art. 3, 24 e 117 Cost. (1)
(1) Pur con la limitata vincolatività degli effetti propri di una senten za interpretativa di rigetto, il giudice delle leggi con la sua autorevolez za si pone al fianco della prevalente giurisprudenza di merito in tema di rapporti fra privilegio dell'impresa artigiana e legge speciale, riuscen do così a scavalcare l'onda lunga della crescente insoddisfazione delle corti territoriali per l'assetto normativo offerto dall'art. 2751 bis c.c. (si vedano da ultimo Corte cost. 27 febbraio 1996, n. 55 e 23 febbraio 1996, n. 40, Foro it., 1996, I, 1527, che hanno dichiarato inammissibili, rispettivamente, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2751 bis, n. 2, nella parte in cui non escluderebbe il riconoscimento del privilegio anche all'agente costituito in forma societaria e quella dell'art. 2751 bis, n. 5, nella parte in cui escluderebbe l'attribuzione del privilegio al pre statore d'opera manuale non artigiano).
Corte cost. 307/96 affermando che il giudice del merito può sindaca re la legittimità della iscrizione all'albo speciale dell'impresa che si assu me artigiana, si allinea a Cass. 2 giugno 1995, n. 6221, id., Rep. 1995, voce Artigiano, n. 11; 17 dicembre 1993, n. 12519, id., Rep. 1993, voce
Privilegio, n. 23; 5 luglio 1990, n. 7085, id., Rep. 1991, voce Artigiano, n. 5 (dettate peraltro con riferimento alla legge speciale previgente) per la quale l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane istituito presso la camera di commercio costituisce, secondo l'espressa disposizione del l'art. 1, 2° comma, 1. n. 860 del 1956, presupposto per fruire delle
agevolazioni tributarie disposte a favore di tali categorie di imprese, ma non vale ad attribuire ad altri fini — come per l'applicazione del
privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 5, c.c. — uno status, né fa sorgere presunzioni assolute circa la suddetta qualificazione. Fra i giudici di merito la tesi sostanzialista, nel vigore della 1. 443/85 (pur con diverse
sfumature) è difesa da Trib. Milano 10 giugno 1993, id., Rep. 1994, voce Privilegio, n. 20; Trib. Milano 16 novembre 1992, id., Rep. 1993, voce cit., n. 26; App. Genova 17 ottobre 1991, ibid., n. 25; Trib. Pavia 24 aprile 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 21, secondo il quale l'iscri zione dell'impresa nell'albo degli artigiani non implica il suo riconosci mento come impresa artigiana; ove si accerti in concreto la sua attività
d'impresa medio-grande (tenendo conto anche del giro d'affari) alla società in nome collettivo iscritta nell'albo degli artigiani non spetta
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