ordinanza 31 dicembre 2003; Pres. ed est. Mori; ric. X.Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 259/260-263/264Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199188 .
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PARTE SECONDA
salvo il caso di provvedimento costituente frutto di attività cri
minosa del soggetto pubblico che lo rilascia o del privato che lo
consegue, non riferibile come tale alla sfera della pubblica am
ministrazione, il giudice ordinario deve limitarsi a controllare
l'esistenza della stessa sulla base della sua esteriorità formale e
della sua provenienza dall'organo legittimato ad emetterlo, sen
za alcuna possibilità di poterne sindacare la legittimità sostan
ziale, altrimenti si concretizzerebbe una violazione del principio della divisione dei poteri con attribuzione al giudice ordinario di un'ingerenza sull'attività amministrativa e, quindi, l'esercizio
di un'attività gestionale che dalla legge è demandata ad altro
potere dello Stato.
Consegue che il fatto deve ritenersi non previsto dalla legge come reato.
La sentenza, dunque, deve essere riformata come da statui
zione in dispositivo.
TRIBUNALE DI BOLZANO; ordinanza 31 dicembre 2003; Pres. ed est. Mori; ric. X.
TRIBUNALE DI BOLZANO;
Diritti d'autore — «Console» da videogiochi modificata — Commercio e detenzione di «modchip» — Reato — Esclu
sione (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto d'autore
e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 102 quater, 171
ter).
Non costituisce reato ai sensi dell 'art. 171 ter, 1 ° comma, lett. f
bis), /. 633/41 la detenzione ed il commercio di console da vi
deogiochi modificate e di modchip, poiché tali prodotti non
risultano essere destinati, in via prevalente o principale, alla
elusione delle protezioni previste e consentite dall'art. 102
quater l. 633/41. (1)
( 1 ) Non constano precedenti sul punto. Sulla qualificazione dei vide
ogiochi come videogramma, ai sensi dell'art. 171 ter. 1. 633/41, v. Cass. 6 maggio 1999. Bonetti, Foro it., Rep. 1999, voce Diritti d'au
tore, n. 191; 26 marzo 1999, Fiorentino, id., Il, 715, con nota di Fri gnami e Gandin, Un diverso punto di vista sul c.d. bollino Siae (a pro posito di un recente disegno di legge)-, contra, v. Trib. Cagliari, ord. 30 ottobre 1998 e Trib. Genova, ord. 26 ottobre 1998, ibid., 716.
In dottrina, sui rapporti difficili tra diritto d'autore ed antitrust, v.
Pardolesi-Granieri, Proprietà intellettuale e concorrenza: convergen za finalistica e «liaisons dangereuses», id., 2003, V, 193 ss.
* * *
I. - E utile riassumere per sommi capi la vicenda oggetto dell'ordi nanza in epigrafe.
Nel corso di un'indagine effettuata dalla guardia di finanza era stato emanato un decreto di perquisizione e sequestro a carico di ditte che avevano acquistato console di gioco (comunemente ed impropriamente chiamate playstation, nome che in realtà corrisponde ad un «quadro di comando per giochi elettronici» nel nostro caso commercializzato sotto il marchio registrato dalla Sony Computer Entertainment Inc.) modifi cate da altra ditta (già indagata). All'esito della perquisizione ne veniva
sequestrata una, insieme ad alcuni chip per la modifica delle postazioni di comando, aggirando le limitazioni poste dal produttore.
Il collegio bolzanino, nel riesaminare la vicenda, ha dovuto affronta re e risolvere preliminarmente problematiche tecniche (ma con impor tanti implicazioni giuridiche). Infatti, prima di individuare la disciplina da applicare, è necessario stabilire se la console di gioco (sostanzial mente corrispondente all'hardware) debba essere qualificata come tale,
oppure come computer vero e proprio. A questo proposito, nell'ordi nanza si ricorda come proprio la Sony, una delle più importanti case
produttrici, abbia sostenuto (per evitare le tasse doganali gravanti su tali quadri di comando), dinanzi alla Comunità europea, la tesi che la
Il Foro Italiano — 2004.
Nel corso di un'indagine svolta dalla guardia di finanza sul
presupposto che costituisse reato la commercializzazione di
playstation modificate, il p.m. di Bolzano emanava un decreto
di perquisizione e sequestro a carico di ditte che risultavano
aver acquistato console modificate da altra ditta, già indagata dalla procura della repubblica di Bassano del Grappa. L'atto
portava al sequestro in data 12 dicembre 2003 di una playstation e di alcuni chip da utilizzare per le modifiche, presso la ditta di
X di Rimini.
console fosse un computer; data questa premessa, è ovvio che i CD
contenenti i giochi si prestino ad essere qualificati come software. Il
chip (consistente in una «piastrina di materiale semiconduttore, di di
mensioni molto ridotte, che può contenere un elevato numero di com
ponenti elettronici miniaturizzati»: Lesina, Software & hardware. Di
zionario dei termini informatici, Bologna, 1991, 38), o, meglio, il
modchip, rappresenta il «cavallo di Troia» attraverso cui viene bypas sata la protezione/limitazione inserita dal produttore.
II. - Risolto il problema della qualificazione tecnica, si presenta
quello giuridico, consistente nell'inquadrare esattamente (o, almeno, con buona approssimazione) la fattispecie nella normativa sul diritto d'autore. Quest'ultima protegge, con la privativa intellettuale, «i pro grammi per elaboratore come opere letterarie» (art. 1, 2° comma), ri
comprendendo esplicitamente in tale protezione quelli espressi «in
qualsiasi forma, purché originali, quale risultato di creazione intellet
tuale dell'autore», con l'esclusione delle idee e principi alla base di
qualsiasi elemento del programma, e delle sue interfacce (art. 2, n. 8). Tutela invece al titolo II, come semplici diritti connessi al diritto d'au
tore, le opere cinematografiche o audiovisive e le sequenze di immagini in movimento.
La Suprema corte ha ritenuto, in più di un'occasione, che i videogio chi siano sussumibili nella categoria delle opere costituite da «sequenze di immagini in movimento» (sent. 6 maggio 1999, Bonetti, Foro it.,
Rep. 1999, voce Diritti d'autore, n. 191; 26 marzo 1999, Fiorentino, id., 1999, II, 715, con nota di Frignani e Gandin, Un diverso punto di vista sul c.d. bollino Siae (a proposito di un recente disegno di legge)-, contra, Trib. Cagliari, ord. 30 ottobre 1998 e Trib. Genova, ord. 26 ot tobre 1998, ibid., 716), tutelate come diritto connesso dall'art. 78 ter 1. 633/41. Va ancora ricordato che l'art. 102 quater consente ai titolari di diritti d'autore e di diritti connessi di apporre sulle opere o sui materiali
protetti «misure tecnologiche di protezione efficaci», comprendenti «tutte le tecnologie, i dispositivi o i componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati ad impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti». Gli art. 171 bis (1° comma) e ter
(lett.fbis), poi. dettati rispettivamente in tema di programmi per elabo ratore e di fonogrammi e videogrammi, vanno a colpire, con modalità e
prescrizioni diverse, le attrezzature, i prodotti o i componenti atti ad eludere le misure tecnologiche previste dall'art. 102 quater.
L'iter logico dell'ordinanza in epigrafe si snoda dunque intorno al
l'interrogativo centrale della legittimità, o non, della commercializza zione dei modchip, cioè della loro riconducibilità al divieto contenuto nell'art. 171 ter.
III. - Una volta chiariti i limiti entro i quali la normativa/privativa sul diritto d'autore può tutelare i videogiochi, è opportuno chiedersi quale sia, in effetti, l'intento che i produttori dei terminali di gioco vorrebbe ro perseguire.
Scartata l'ipotesi della protezione dell'hardware (suscettibile, sem mai, di brevettazione), resta quella della tutela del gioco per la console, inteso sia come software in senso tecnico, sia come sua rappresentazio ne visiva, e quindi videogramma. Tale opzione non sposta di molto i termini della questione, in primo luogo perché la rispettiva diversa effi cacia temporale della protezione (settanta anni post mortem auctoris
per i diritti d'autore, cinquanta anni per i diritti connessi), nella sua
esagerata lunghezza (rispetto al tasso vertiginoso di obsolescenza tec
nologica in materia) risulta essere pressocché irrilevante. In secondo
luogo, perché gli art. 171 bis e ter hanno, per ciò che qui interessa, un contenuto similare e l'art. 102 si riferisce indistintamente ai titolari di diritti d'autore ed ai diritti connessi; quindi, comunque, ai giochi (in sieme di comandi ed indicazioni matematiche messe insieme su CD per realizzare la grafica e la struttura del gioco con interfaccia accattivante e fruibile dall'utente, che sotto questo aspetto si può qualificare come
videogramma). A ben vedere, tuttavia, il vero obiettivo dei produttori in parola non è
quello di proteggere con la privativa intellettuale questo o quell'ele mento dell'insieme hardware-gioco, quanto la possibilità di vincolare una fetta rilevante del mercato (così come frazionato in mercati separati su base geografica all'interno di uno stesso prodotto e di uno stesso
produttore) al proprio dominio para-monopolistico. Si finisce, di fatto, sul terreno della concorrenza e del rapporto che esiste fra quest'ultima e la privativa intellettuale.
Nella pratica accade, dunque, che vengano venduti come «strumenti di gioco» computer veri e propri, limitati artificiosamente a console. Ma vi è di più. I produttori vi inseriscono delle «limitazioni tecniche»,
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GIURISPRUDENZA PENALE
X ha proposto rituale ricorso al tribunale del riesame contro il
sequestro. Letti gli atti, questo collegio osserva quanto segue. Il caso in esame sottende il problema di fondo della modifi
cabilità dei circuiti delle playstation ed è stato sollevato a livello
internazionale dalla Sony, importante ma non esclusiva produt trice di questi «computer dedicati» per la lettura di CD o analo
ghi supporti contenenti giochi prodotti e distribuiti dagli stessi
produttori della playstation o da ditte con loro licenza.
che non consentono di leggere né gli altri supporti concorrenti, né i
supporti che la stessa casa produttrice commercializza in una delle altre
aree, diverse da quella europea (America, Asia, Australia). In altri ter
mini, su una console acquistata in Europa si possono «far girare» solo
programmi acquistati nello stesso continente presso la stessa casa pro duttrice, e non altri, della stessa casa, ma commercializzati in Asia, né tantomeno le copie di backup effettuate legittimamente dall'uten
te/acquirente ex art. 64 ter, 2° comma, 1. 633/41 (o art. 71 sexies, per quanto riguarda i videogrammi).
Si è venuta perciò ad inserire, nel mercato globale delle console di
gioco, una pratica di fatto limitativa della libera concorrenza non solo fra marchi diversi, ma addirittura fra prodotti commercializzati dalla stessa casa produttrice in aree geografico-commerciali diverse, con forti limitazioni negli usi consentiti (in linea di principio) dagli stessi
produttori. In buona sostanza una versione, riveduta e corretta in chiave
economica, del divide et impera, che favorisce uno sviluppo artefatto delle quote di mercato a disposizione del produttore pseudo monopoli sta, il quale, per questa via, riesce a ricavare dalla privativa non la re munerazione dell'investimento più un incentivo per quello futuro, ma una moltiplicazione tendenzialmente esponenziale dei suoi profitti, in
ragione della frammentazione artificiosa delle quote di mercato che è riuscito ad assicurarsi. In altri termini, poiché, per soddisfare le varie
esigenze il consumatore è costretto ad acquistare più versioni di uno
stesso prodotto, coniugando gli usi da lui auspicati con quelli «consen
titi» dal produttore, quest'ultimo moltiplica artificiosamente la propria quota originaria di mercato, frammentandola in numerose altre, (par zialmente) sovrapposte e coincidenti. Come dire che (riprendendo l'esempio fatto nell'ordinanza in parola), invece di acquistare un'unica autovettura per marciare su tutte le strade, se ne devono acquistare di
verse, una per ogni tipo di strada da percorrere. Quanto tale pratica anticoncorrenziale sia giustificabile e necessitata,
in termini di equa remunerazione dell'investimento (per così dire
«creativo»), a confronto delle quote di profitto sottratte dalla pirateria, è
diffìcile a valutarsi; l'unica osservazione possibile è che si è in presen za di un fenomeno complesso, che assume sempre più un assetto circo lare e vizioso, per cui entrambi i fattori divengono al tempo stesso cau
sa ed effetto. IV. - Il caso oggetto dell'ordinanza in epigrafe rappresenta, emble
maticamente, un esempio di frizione (anche notevole) fra finalità della
privativa (l'equa remunerazione dell'investimento intellettuale) e fina
lità della libera concorrenza (regolata dalla normativa antitrust), disci
pline che, al di là dell'affermazione tecnico-astratta di una loro conver
genza, si trovano a perseguire finalità particulari, a volte di fatto note volmente confliggenti (sul punto, per un'ampia dissertazione, v. Par
dolesi-Granieri, Proprietà intellettuale e concorrenza: convergenza fi nalistica e «liaisons dangereuses», in Foro it., 2003, V, 193; Sarti,
Circolazione dei prodotti brevettati e diritto antitrust, in Diritto anti
trust italiano a cura di Frignani, Pardolesi, Patroni Griffi e Ubertaz
zi, Bologna, 1993,1, 425 ss.). Non si può dunque risolvere la questione giocandola solo ed esclusivamente sul terreno dell'applicabilità della
privativa di tipo creativo (con risultato peraltro identico), ma è necessa
rio affrontare la questione nei suoi termini reali, chiedendosi se il di
ritto d'autore italiano possa far da spalla e da alibi ad una richiesta di
«protezionismo» estremo. V. - L'area da indagare è in sostanza quella dei confini del diritto
d'autore, e dei suoi rapporti con le finalità para-monopolistiche del
mercato, tendenti a snaturare e rinnegare le finalità e le regole conte
nute nella 1. 633/42 (come quella della copia di backup). In questa indagine è necessario tener presente che la ratio comples
siva della legge sul diritto d'autore è quella di stabilire un equilibrio tra
le istanze degli autori ad un'equa remunerazione della propria creatività
e quelle della collettività alla libera fruizione ed utilizzo (copia di bac
kup compresa) dei contenuti delle opere protette. Al contrario, le «ma
novre monopolistiche» dei produttori (in odore di illecito concorren
ziale) dividono il mercato ed impediscono la libera commercializzazio
ne da un settore all'altro; mentre il mercato, anche nelle sue compo nenti professionali (cioè i rivenditori che si pongono all'interno della
lunga catena commerciale), subisce i diktat di tali colossi, perdendo di
autonomia, a danno della libera concorrenza. Nel valutare la legittimità, ex 1. 633/41, della produzione e commer
cializzazione dei modchip, l'ordinanza trae spunto dalle scarse (e con
trastanti) pronunce in materia: a parte quella menzionata in motivazione
come unico precedente italiano, statuente la legittimità dei modchip,
Il Foro Italiano — 2004.
Per questi produttori l'affare redditizio è il vendere i giochi, del costo di circa trenta euro, e non certo la sola stazione del co
sto di circa duecento euro, spesso anzi venduta sottocosto pro
prio per invogliare all'acquisto dei giochi. Per questo motivo i produttori hanno inserito nelle playsta
tion delle limitazioni per cui esse sono in grado di leggere solo i
supporti sviluppati da loro stessi. Inoltre, per pura strategia di
mercato, il mondo è stato diviso in zone (America, Asia, Europa ed Australia), e le playstation distribuite in America (e da colle
gare ai televisori con sistema NTSC) non accettano supporti
prodotti per il mercato europeo mentre le playstation distribuite
in Europa per televisori PAL o SECAM non accettano supporti
previsti per il mercato americano.
I supporti inoltre sono registrati in modo tale che una copia di
essi non viene accettata dalla playstation in quanto essa ricono
sce solo i dischi originali (ciò in contrasto con quelle disposi zioni di legge italiane che consentono ad ogni acquirente di
software di eseguire una copia di sicurezza per il caso di dan
neggiamento dell'originale). Di fronte a tali limitazioni artificiose della macchina, i tecnici
hanno creato un semplicissimo chip, del costo di pochi euro, il
quale ripristina tutte le funzioni della macchina la quale pertanto diventa idonea a leggere supporti originali provenienti da altri
mercati, a leggere copie di questi supporti, a leggere giochi creati da produttori indipendenti o dallo stesso proprietario della
macchina, a funzionare, con alcuni ulteriori accessori, come un
computer vero e proprio. Non è il caso di affrontare qui i problemi tecnici di come sia
no costruiti una console e un chip-, basti dire che i modchip o
converter chip sono rappresentati da un chip che si inserisce
nella console e le fornisce l'istruzione che il codice territoriale e
il codice del CD originale devono essere accettati dal sub-bus
controller.
E che la console sia un computer vero e proprio e non una
semplice console da gioco è, ironia del caso, sostenuto a spada tratta dalla stessa Sony la quale, di fronte alla Comunità europea che voleva imporre le tasse doganali previste per le console (i
computer sono invece esenti da dogana) è ricorsa alla corte eu
(non rinvenibile, ma assimilabile a Trib. Vicenza 30 settembre 1997, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 214: «la protezione accordata a diritti di rilievo costituzionale come il diritto d'autore è sicuramente destinata a prevalere sui meccanismi della circolazione delle merci in ambito
comunitario . ..»), ne cita altre, straniere: ad es. Kabushiki Kaisha Sony
Computer Entertainment & Ors v. Eddy Stevens, N. 929 del 2002, consultabile in <www.homepages.law.asu.edu/-dkarjala/cyberlaw/Sony VStevensAustraliaDMCA7-30-03.htm>.
In sostanza, si è applicato l'art. 171 ter, assimilando il videogioco
più che al software (tutelato dall'art. 171 bis) al videogramma (art. 171
ter), affermando (alla luce di quanto sanzionato dall'art. 102 quater) che i modchip non servono in via prevalente o principale alla elusione
delle misure di protezione del diritto d'autore, ma ad aggirare gli osta
coli monopolistici posti (ingiustificatamente) dai produttori di posta zioni di gioco, consentendo all'utilizzatore (consumatore) di leggere («far girare») con un'unica «macchina» i videogiochi di importazione (che hanno un prezzo ridotto rispetto a quelli del mercato europeo) dello stesso produttore, quelli di altri produttori concorrenti, la copia di
backup (consentita dalla legge italiana sul diritto d'autore ma di fatto
negata ed ostacolata proprio dalle misure previste dall'art. 102 quater) e, in ultima analisi, a sfruttare tutte le potenzialità della conso
/e/computer. VI. - Il Tribunale del riesame di Bolzano conclude infine con due ri
flessioni. La prima attiene alla validità, dal punto di vista dell'ordina
mento giuridico italiano, delle limitazioni pattizie poste (anche me
diante i c.d. contratti a strappo nei quali si vorrebbe vincolare l'acqui rente attraverso il mero «strappo» della confezione) dal produttore con
le licenze d'uso del software necessario a far funzionare la relativa con
sole. Tali limitazioni, osserva l'ordinanza, sono in linea di massima
sconosciute all'acquirente nel momento dell'acquisto, oppure non sono
comprensibili perché scritte in inglese, e devono perciò ritenersi «prive di valore», secondo la disciplina delle condizioni generali del contratto
vigenti in Italia (cfr., in senso conforme, Iaselli, Il gioco è mio e ne
faccio quel che voglio, in Giur. merito, 2004, 81 ss.). La seconda ri
guarda il diritto di proprietà, in forza del quale l'acquirente della con
sole di gioco può goderne nel modo «più ampio ed esclusivo». Tale af
fermazione, a ben vedere, non statuisce la prevalenza del diritto di pro
prietà su quello d'autore, ma ribadisce e, se possibile, rafforza la statui
zione principale. Infatti è applicando proprio e solo la normativa sul di
ritto d'autore, che si giunge all'affermazione della liceità del commer
cio e detenzione dei modchip. [M. Chiarolla]
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PARTE SECONDA
ropea sostenendo che si tratta invece di computer; e la Corte eu
ropea di giustizia, in sede di appello, ha stabilito che effettiva
mente di computer si tratta (decisione del settembre 2003). In sostanza ci si trova quindi di fronte a produttori che metto
no in vendita delle macchine limitate in modo che esse possano essere utilizzate solo per gli usi ad essi graditi.
A livello internazionale il problema è stato affrontato con vari
risultati, dipendenti ovviamente dalle singole legislazioni inte
ressate.
In Australia, dopo una prima decisione favorevole, auspicata e sostenuta direttamente dall'autorità per la libera concorrenza
che accusava la Sony di sottrarre agli australiani i vantaggi della
globalizzazione (Kabushiki Kaisha Sony Computer Entertain
ment & Ors v. Eddy Stevens, N. 929 of 2002), il 23 luglio 2003 la Corte suprema ha stabilito che vi è una violazione del diritto
d'autore; analoga decisione è stata pronunziata in Inghilterra
(però sono state applicate norme più restrittive di quelle euro
pee). In Germania per ora i chip di modifica sono considerati
legali e nello stesso senso è la (scarsa) giurisprudenza di merito
italiana (Trib. Vicenza 27 giugno 2003, n. 53/03). Va anche detto che il problema è in parte superato per il fatto
che la Sony sta per lanciare un nuovo sistema PSPTM, con nuo
vi dischi ottici che renderanno superata la modifica con i chip.
Analogo a quello in esame è il problema, a cui si accenna
solo per completezza, che sorge dal fatto che le playstation, con
modeste modifiche e qualche accessorio, possono essere tra
sformate in un computer. L'X-box della Microsoft, del costo di
circa duecento euro, ha tutta la potenzialità di un computer Pen
tium 3 ed è artificiosamente limitato a console. Subito è com
parso sul mercato lo Xbox-Mod-Chip che consente di usare in
esso molti programmi sotto Linux (il sistema operativo libero).
Eppure questa macchina con ampie possibilità è artificiosa
mente limitata, non può utilizzare giochi comperati in America
e, sebbene possa leggere senza problemi DVD, occorre pagare altri trenta euro per accedere a tale opzione. Ma se la macchina, con poche modifiche, gira anche con Linux, perché mai l'acqui rente non dovrebbe poterla usare per tutti gli usi possibili? Sa
rebbe un po' come se la Fiat vendesse un'auto con il divieto di
uso per extracomunitari e per strade extraurbane.
Nella nostra legislazione l'unica norma che regola la materia
è l'art. 171 ter 1. 22 aprile 1941 n. 633, che, in attuazione di una
direttiva comunitaria, così recita alla lett.fbis): (è punito chiun
que) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a
qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detie
ne per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l'uso
commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui al
l'art. 102 quater ovvero siano principalmente progettati, pro dotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o
facilitare l'elusione di predette misure.
L'art. 102 quater, da parte sua, stabilisce che:
1. I titolari di diritti d'autore e di diritti connessi nonché del
diritto di cui all'art. 102 bis, 3° comma, possono apporre sulle
opere o sui materiali protetti misure tecnologiche di protezione efficaci che comprendono tutte le tecnologie, i dispositivi o i
componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, so
no destinati a impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari
dei diritti. 2. Le misure tecnologiche di protezione sono considerate ef
ficaci nel caso in cui l'uso dell'opera o del materiale protetto sia
controllato dai titolari tramite l'applicazione di un dispositivo di accesso o di un procedimento di protezione, quale la cifratura, la
distorsione o qualsiasi altra trasformazione dell'opera o del
materiale protetto, ovvero sia limitato mediante un meccanismo
di controllo delle copie che realizzi l'obiettivo di protezione. Risultano perciò chiari due punti: 1) che la protezione assicurata dalla legge è solo nei confronti
del diritto d'autore e, solo in via mediata, sui supporti dell'ope ra (art. 102 quater)\
2) che sono vietate solo le attrezzature o componenti che sia no destinati in via prevalente e principale alla elusione delle mi
sure di cui al punto 1 (art. 171 ter, lett .fbis). Ma un terzo punto, non regolato dalla legge sul diritto d'auto
re, è egualmente importante: in quale misura il venditore di una
macchina possa vietarne modifiche per consentirne l'utilizzo
per scopi diversi da quelli graditi al venditore.
Vediamo ora se i chip in commercio possano essere conside
II Foro Italiano — 2004.
rati come destinati in via prevalente e principale all'elusione
delle misure di protezione del diritto d'autore contenute nei
supporti dei giochi. Sul punto si può affermare con tranquillità che la funzione
primaria e prevalente dei chip non è affatto quella di consentire
l'uso di copie pirata, ma bensì di superare ostacoli monopolisti ci e di meglio utilizzare la playstation, in quanto il chip serve:
— a leggere dischi di importazione (e ciò potrà non fare pia cere ai distributori europei, ma non viola alcun diritto d'autore; anzi è la differenziazione adottata dai distributori che potrebbe violare norme sulla concorrenza); si consideri che non tutti i
giochi presenti sul mercato americano sono rinvenibili con la
codifica europea e che quindi vi è interesse a procurarseli diret
tamente e che il loro costo è inferiore anche del venti per cento
a quello europeo; — a leggere dischi prodotti da società diverse da quella che
ha prodotto la playstation (e questi potrebbero forse e talvolta
violare dei brevetti sul software o la licenza loro concessa, ma è
problema che non può interessare l'acquirente del prodotto sul
mercato); — a leggere la copia di sicurezza del software che la legge
italiana consente di procurarsi; — a leggere supporti di contenuto diverso da quello origina
riamente previsto, ma sicuramente legali; — a consentire di sfruttare tutte le capacità della playstation
come computer. Vediamo infine se il produttore della macchina possa vietarne
un uso diverso da quello da lui voluto.
In base alle nostre norme civilistiche, la risposta è senz'altro
negativa; chi è proprietario di un bene può goderne nel modo
più ampio ed esclusivo.
Consci di ciò i produttori hanno cercato di aggirare l'ostacolo
inserendo nella confezione dell'oggetto un foglio in cui si af
ferma che se si rimuovono certi sigilli si perde il diritto alte ga ranzia (e nulla può vietare al possessore dell'oggetto di
rinunziare alla garanzia!) e che è vietato decodificare o disas
semblare il software della console in quanto coperto da copy
right oppure concesso solo in licenza d'uso.
Ebbene, è chiaro che per il nostro diritto queste condizioni
sono del tutto prive di valore; chi va in un negozio e acquista una scatola con dentro un programma o una console acquista in
condizionatamente e senza limitazioni perché in quel momento
egli non conosce quanto sta scritto (magari in inglese) entro la
scatola. Dice giustamente il codice civile che le condizioni ge nerali del contratto sono opponibili all'altro contraente se egli le
conosceva al momento della stipulazione nel contratto; come
può conoscerle l'acquirente se il venditore non gliele fa leggere e sottoscrivere prima di consegnare l'oggetto e di incassare il
corrispettivo?
Quindi tutti i tentativi di vincolare l'acquirente con comuni
cazioni successive all'acquisto sono semplicemente ridicoli; le frasi «chi apre questa busta accetta le condizioni», «chi vuole
usare il programma clicchi qui e accetti le condizioni» sono ine
sistenti per l'utente del programma. Egli del resto ben di rado le
conosce perché di solito il programma viene installato da tecnici
più esperti del normale utente finale e quindi l'apertura della
busta, la violazione di sigilli, l'ok alle condizioni apparse sullo
schermo, sono riferibili a soggetti diversi dall'acquirente e dal
l'utente finale.
Si conclude quindi che il disposto sequestro è illegittimo per ché la legge invocata non è applicabile alla fattispecie.
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