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ordinanza 31 dicembre 2003; Pres. ed est. Mori; ric. X

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ordinanza 31 dicembre 2003; Pres. ed est. Mori; ric. X. Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 259/260-263/264 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199188 . Accessed: 28/06/2014 07:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.53 on Sat, 28 Jun 2014 07:41:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 31 dicembre 2003; Pres. ed est. Mori; ric. X.Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 259/260-263/264Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199188 .

Accessed: 28/06/2014 07:41

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PARTE SECONDA

salvo il caso di provvedimento costituente frutto di attività cri

minosa del soggetto pubblico che lo rilascia o del privato che lo

consegue, non riferibile come tale alla sfera della pubblica am

ministrazione, il giudice ordinario deve limitarsi a controllare

l'esistenza della stessa sulla base della sua esteriorità formale e

della sua provenienza dall'organo legittimato ad emetterlo, sen

za alcuna possibilità di poterne sindacare la legittimità sostan

ziale, altrimenti si concretizzerebbe una violazione del principio della divisione dei poteri con attribuzione al giudice ordinario di un'ingerenza sull'attività amministrativa e, quindi, l'esercizio

di un'attività gestionale che dalla legge è demandata ad altro

potere dello Stato.

Consegue che il fatto deve ritenersi non previsto dalla legge come reato.

La sentenza, dunque, deve essere riformata come da statui

zione in dispositivo.

TRIBUNALE DI BOLZANO; ordinanza 31 dicembre 2003; Pres. ed est. Mori; ric. X.

TRIBUNALE DI BOLZANO;

Diritti d'autore — «Console» da videogiochi modificata — Commercio e detenzione di «modchip» — Reato — Esclu

sione (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto d'autore

e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 102 quater, 171

ter).

Non costituisce reato ai sensi dell 'art. 171 ter, 1 ° comma, lett. f

bis), /. 633/41 la detenzione ed il commercio di console da vi

deogiochi modificate e di modchip, poiché tali prodotti non

risultano essere destinati, in via prevalente o principale, alla

elusione delle protezioni previste e consentite dall'art. 102

quater l. 633/41. (1)

( 1 ) Non constano precedenti sul punto. Sulla qualificazione dei vide

ogiochi come videogramma, ai sensi dell'art. 171 ter. 1. 633/41, v. Cass. 6 maggio 1999. Bonetti, Foro it., Rep. 1999, voce Diritti d'au

tore, n. 191; 26 marzo 1999, Fiorentino, id., Il, 715, con nota di Fri gnami e Gandin, Un diverso punto di vista sul c.d. bollino Siae (a pro posito di un recente disegno di legge)-, contra, v. Trib. Cagliari, ord. 30 ottobre 1998 e Trib. Genova, ord. 26 ottobre 1998, ibid., 716.

In dottrina, sui rapporti difficili tra diritto d'autore ed antitrust, v.

Pardolesi-Granieri, Proprietà intellettuale e concorrenza: convergen za finalistica e «liaisons dangereuses», id., 2003, V, 193 ss.

* * *

I. - E utile riassumere per sommi capi la vicenda oggetto dell'ordi nanza in epigrafe.

Nel corso di un'indagine effettuata dalla guardia di finanza era stato emanato un decreto di perquisizione e sequestro a carico di ditte che avevano acquistato console di gioco (comunemente ed impropriamente chiamate playstation, nome che in realtà corrisponde ad un «quadro di comando per giochi elettronici» nel nostro caso commercializzato sotto il marchio registrato dalla Sony Computer Entertainment Inc.) modifi cate da altra ditta (già indagata). All'esito della perquisizione ne veniva

sequestrata una, insieme ad alcuni chip per la modifica delle postazioni di comando, aggirando le limitazioni poste dal produttore.

Il collegio bolzanino, nel riesaminare la vicenda, ha dovuto affronta re e risolvere preliminarmente problematiche tecniche (ma con impor tanti implicazioni giuridiche). Infatti, prima di individuare la disciplina da applicare, è necessario stabilire se la console di gioco (sostanzial mente corrispondente all'hardware) debba essere qualificata come tale,

oppure come computer vero e proprio. A questo proposito, nell'ordi nanza si ricorda come proprio la Sony, una delle più importanti case

produttrici, abbia sostenuto (per evitare le tasse doganali gravanti su tali quadri di comando), dinanzi alla Comunità europea, la tesi che la

Il Foro Italiano — 2004.

Nel corso di un'indagine svolta dalla guardia di finanza sul

presupposto che costituisse reato la commercializzazione di

playstation modificate, il p.m. di Bolzano emanava un decreto

di perquisizione e sequestro a carico di ditte che risultavano

aver acquistato console modificate da altra ditta, già indagata dalla procura della repubblica di Bassano del Grappa. L'atto

portava al sequestro in data 12 dicembre 2003 di una playstation e di alcuni chip da utilizzare per le modifiche, presso la ditta di

X di Rimini.

console fosse un computer; data questa premessa, è ovvio che i CD

contenenti i giochi si prestino ad essere qualificati come software. Il

chip (consistente in una «piastrina di materiale semiconduttore, di di

mensioni molto ridotte, che può contenere un elevato numero di com

ponenti elettronici miniaturizzati»: Lesina, Software & hardware. Di

zionario dei termini informatici, Bologna, 1991, 38), o, meglio, il

modchip, rappresenta il «cavallo di Troia» attraverso cui viene bypas sata la protezione/limitazione inserita dal produttore.

II. - Risolto il problema della qualificazione tecnica, si presenta

quello giuridico, consistente nell'inquadrare esattamente (o, almeno, con buona approssimazione) la fattispecie nella normativa sul diritto d'autore. Quest'ultima protegge, con la privativa intellettuale, «i pro grammi per elaboratore come opere letterarie» (art. 1, 2° comma), ri

comprendendo esplicitamente in tale protezione quelli espressi «in

qualsiasi forma, purché originali, quale risultato di creazione intellet

tuale dell'autore», con l'esclusione delle idee e principi alla base di

qualsiasi elemento del programma, e delle sue interfacce (art. 2, n. 8). Tutela invece al titolo II, come semplici diritti connessi al diritto d'au

tore, le opere cinematografiche o audiovisive e le sequenze di immagini in movimento.

La Suprema corte ha ritenuto, in più di un'occasione, che i videogio chi siano sussumibili nella categoria delle opere costituite da «sequenze di immagini in movimento» (sent. 6 maggio 1999, Bonetti, Foro it.,

Rep. 1999, voce Diritti d'autore, n. 191; 26 marzo 1999, Fiorentino, id., 1999, II, 715, con nota di Frignani e Gandin, Un diverso punto di vista sul c.d. bollino Siae (a proposito di un recente disegno di legge)-, contra, Trib. Cagliari, ord. 30 ottobre 1998 e Trib. Genova, ord. 26 ot tobre 1998, ibid., 716), tutelate come diritto connesso dall'art. 78 ter 1. 633/41. Va ancora ricordato che l'art. 102 quater consente ai titolari di diritti d'autore e di diritti connessi di apporre sulle opere o sui materiali

protetti «misure tecnologiche di protezione efficaci», comprendenti «tutte le tecnologie, i dispositivi o i componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati ad impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti». Gli art. 171 bis (1° comma) e ter

(lett.fbis), poi. dettati rispettivamente in tema di programmi per elabo ratore e di fonogrammi e videogrammi, vanno a colpire, con modalità e

prescrizioni diverse, le attrezzature, i prodotti o i componenti atti ad eludere le misure tecnologiche previste dall'art. 102 quater.

L'iter logico dell'ordinanza in epigrafe si snoda dunque intorno al

l'interrogativo centrale della legittimità, o non, della commercializza zione dei modchip, cioè della loro riconducibilità al divieto contenuto nell'art. 171 ter.

III. - Una volta chiariti i limiti entro i quali la normativa/privativa sul diritto d'autore può tutelare i videogiochi, è opportuno chiedersi quale sia, in effetti, l'intento che i produttori dei terminali di gioco vorrebbe ro perseguire.

Scartata l'ipotesi della protezione dell'hardware (suscettibile, sem mai, di brevettazione), resta quella della tutela del gioco per la console, inteso sia come software in senso tecnico, sia come sua rappresentazio ne visiva, e quindi videogramma. Tale opzione non sposta di molto i termini della questione, in primo luogo perché la rispettiva diversa effi cacia temporale della protezione (settanta anni post mortem auctoris

per i diritti d'autore, cinquanta anni per i diritti connessi), nella sua

esagerata lunghezza (rispetto al tasso vertiginoso di obsolescenza tec

nologica in materia) risulta essere pressocché irrilevante. In secondo

luogo, perché gli art. 171 bis e ter hanno, per ciò che qui interessa, un contenuto similare e l'art. 102 si riferisce indistintamente ai titolari di diritti d'autore ed ai diritti connessi; quindi, comunque, ai giochi (in sieme di comandi ed indicazioni matematiche messe insieme su CD per realizzare la grafica e la struttura del gioco con interfaccia accattivante e fruibile dall'utente, che sotto questo aspetto si può qualificare come

videogramma). A ben vedere, tuttavia, il vero obiettivo dei produttori in parola non è

quello di proteggere con la privativa intellettuale questo o quell'ele mento dell'insieme hardware-gioco, quanto la possibilità di vincolare una fetta rilevante del mercato (così come frazionato in mercati separati su base geografica all'interno di uno stesso prodotto e di uno stesso

produttore) al proprio dominio para-monopolistico. Si finisce, di fatto, sul terreno della concorrenza e del rapporto che esiste fra quest'ultima e la privativa intellettuale.

Nella pratica accade, dunque, che vengano venduti come «strumenti di gioco» computer veri e propri, limitati artificiosamente a console. Ma vi è di più. I produttori vi inseriscono delle «limitazioni tecniche»,

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GIURISPRUDENZA PENALE

X ha proposto rituale ricorso al tribunale del riesame contro il

sequestro. Letti gli atti, questo collegio osserva quanto segue. Il caso in esame sottende il problema di fondo della modifi

cabilità dei circuiti delle playstation ed è stato sollevato a livello

internazionale dalla Sony, importante ma non esclusiva produt trice di questi «computer dedicati» per la lettura di CD o analo

ghi supporti contenenti giochi prodotti e distribuiti dagli stessi

produttori della playstation o da ditte con loro licenza.

che non consentono di leggere né gli altri supporti concorrenti, né i

supporti che la stessa casa produttrice commercializza in una delle altre

aree, diverse da quella europea (America, Asia, Australia). In altri ter

mini, su una console acquistata in Europa si possono «far girare» solo

programmi acquistati nello stesso continente presso la stessa casa pro duttrice, e non altri, della stessa casa, ma commercializzati in Asia, né tantomeno le copie di backup effettuate legittimamente dall'uten

te/acquirente ex art. 64 ter, 2° comma, 1. 633/41 (o art. 71 sexies, per quanto riguarda i videogrammi).

Si è venuta perciò ad inserire, nel mercato globale delle console di

gioco, una pratica di fatto limitativa della libera concorrenza non solo fra marchi diversi, ma addirittura fra prodotti commercializzati dalla stessa casa produttrice in aree geografico-commerciali diverse, con forti limitazioni negli usi consentiti (in linea di principio) dagli stessi

produttori. In buona sostanza una versione, riveduta e corretta in chiave

economica, del divide et impera, che favorisce uno sviluppo artefatto delle quote di mercato a disposizione del produttore pseudo monopoli sta, il quale, per questa via, riesce a ricavare dalla privativa non la re munerazione dell'investimento più un incentivo per quello futuro, ma una moltiplicazione tendenzialmente esponenziale dei suoi profitti, in

ragione della frammentazione artificiosa delle quote di mercato che è riuscito ad assicurarsi. In altri termini, poiché, per soddisfare le varie

esigenze il consumatore è costretto ad acquistare più versioni di uno

stesso prodotto, coniugando gli usi da lui auspicati con quelli «consen

titi» dal produttore, quest'ultimo moltiplica artificiosamente la propria quota originaria di mercato, frammentandola in numerose altre, (par zialmente) sovrapposte e coincidenti. Come dire che (riprendendo l'esempio fatto nell'ordinanza in parola), invece di acquistare un'unica autovettura per marciare su tutte le strade, se ne devono acquistare di

verse, una per ogni tipo di strada da percorrere. Quanto tale pratica anticoncorrenziale sia giustificabile e necessitata,

in termini di equa remunerazione dell'investimento (per così dire

«creativo»), a confronto delle quote di profitto sottratte dalla pirateria, è

diffìcile a valutarsi; l'unica osservazione possibile è che si è in presen za di un fenomeno complesso, che assume sempre più un assetto circo lare e vizioso, per cui entrambi i fattori divengono al tempo stesso cau

sa ed effetto. IV. - Il caso oggetto dell'ordinanza in epigrafe rappresenta, emble

maticamente, un esempio di frizione (anche notevole) fra finalità della

privativa (l'equa remunerazione dell'investimento intellettuale) e fina

lità della libera concorrenza (regolata dalla normativa antitrust), disci

pline che, al di là dell'affermazione tecnico-astratta di una loro conver

genza, si trovano a perseguire finalità particulari, a volte di fatto note volmente confliggenti (sul punto, per un'ampia dissertazione, v. Par

dolesi-Granieri, Proprietà intellettuale e concorrenza: convergenza fi nalistica e «liaisons dangereuses», in Foro it., 2003, V, 193; Sarti,

Circolazione dei prodotti brevettati e diritto antitrust, in Diritto anti

trust italiano a cura di Frignani, Pardolesi, Patroni Griffi e Ubertaz

zi, Bologna, 1993,1, 425 ss.). Non si può dunque risolvere la questione giocandola solo ed esclusivamente sul terreno dell'applicabilità della

privativa di tipo creativo (con risultato peraltro identico), ma è necessa

rio affrontare la questione nei suoi termini reali, chiedendosi se il di

ritto d'autore italiano possa far da spalla e da alibi ad una richiesta di

«protezionismo» estremo. V. - L'area da indagare è in sostanza quella dei confini del diritto

d'autore, e dei suoi rapporti con le finalità para-monopolistiche del

mercato, tendenti a snaturare e rinnegare le finalità e le regole conte

nute nella 1. 633/42 (come quella della copia di backup). In questa indagine è necessario tener presente che la ratio comples

siva della legge sul diritto d'autore è quella di stabilire un equilibrio tra

le istanze degli autori ad un'equa remunerazione della propria creatività

e quelle della collettività alla libera fruizione ed utilizzo (copia di bac

kup compresa) dei contenuti delle opere protette. Al contrario, le «ma

novre monopolistiche» dei produttori (in odore di illecito concorren

ziale) dividono il mercato ed impediscono la libera commercializzazio

ne da un settore all'altro; mentre il mercato, anche nelle sue compo nenti professionali (cioè i rivenditori che si pongono all'interno della

lunga catena commerciale), subisce i diktat di tali colossi, perdendo di

autonomia, a danno della libera concorrenza. Nel valutare la legittimità, ex 1. 633/41, della produzione e commer

cializzazione dei modchip, l'ordinanza trae spunto dalle scarse (e con

trastanti) pronunce in materia: a parte quella menzionata in motivazione

come unico precedente italiano, statuente la legittimità dei modchip,

Il Foro Italiano — 2004.

Per questi produttori l'affare redditizio è il vendere i giochi, del costo di circa trenta euro, e non certo la sola stazione del co

sto di circa duecento euro, spesso anzi venduta sottocosto pro

prio per invogliare all'acquisto dei giochi. Per questo motivo i produttori hanno inserito nelle playsta

tion delle limitazioni per cui esse sono in grado di leggere solo i

supporti sviluppati da loro stessi. Inoltre, per pura strategia di

mercato, il mondo è stato diviso in zone (America, Asia, Europa ed Australia), e le playstation distribuite in America (e da colle

gare ai televisori con sistema NTSC) non accettano supporti

prodotti per il mercato europeo mentre le playstation distribuite

in Europa per televisori PAL o SECAM non accettano supporti

previsti per il mercato americano.

I supporti inoltre sono registrati in modo tale che una copia di

essi non viene accettata dalla playstation in quanto essa ricono

sce solo i dischi originali (ciò in contrasto con quelle disposi zioni di legge italiane che consentono ad ogni acquirente di

software di eseguire una copia di sicurezza per il caso di dan

neggiamento dell'originale). Di fronte a tali limitazioni artificiose della macchina, i tecnici

hanno creato un semplicissimo chip, del costo di pochi euro, il

quale ripristina tutte le funzioni della macchina la quale pertanto diventa idonea a leggere supporti originali provenienti da altri

mercati, a leggere copie di questi supporti, a leggere giochi creati da produttori indipendenti o dallo stesso proprietario della

macchina, a funzionare, con alcuni ulteriori accessori, come un

computer vero e proprio. Non è il caso di affrontare qui i problemi tecnici di come sia

no costruiti una console e un chip-, basti dire che i modchip o

converter chip sono rappresentati da un chip che si inserisce

nella console e le fornisce l'istruzione che il codice territoriale e

il codice del CD originale devono essere accettati dal sub-bus

controller.

E che la console sia un computer vero e proprio e non una

semplice console da gioco è, ironia del caso, sostenuto a spada tratta dalla stessa Sony la quale, di fronte alla Comunità europea che voleva imporre le tasse doganali previste per le console (i

computer sono invece esenti da dogana) è ricorsa alla corte eu

(non rinvenibile, ma assimilabile a Trib. Vicenza 30 settembre 1997, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 214: «la protezione accordata a diritti di rilievo costituzionale come il diritto d'autore è sicuramente destinata a prevalere sui meccanismi della circolazione delle merci in ambito

comunitario . ..»), ne cita altre, straniere: ad es. Kabushiki Kaisha Sony

Computer Entertainment & Ors v. Eddy Stevens, N. 929 del 2002, consultabile in <www.homepages.law.asu.edu/-dkarjala/cyberlaw/Sony VStevensAustraliaDMCA7-30-03.htm>.

In sostanza, si è applicato l'art. 171 ter, assimilando il videogioco

più che al software (tutelato dall'art. 171 bis) al videogramma (art. 171

ter), affermando (alla luce di quanto sanzionato dall'art. 102 quater) che i modchip non servono in via prevalente o principale alla elusione

delle misure di protezione del diritto d'autore, ma ad aggirare gli osta

coli monopolistici posti (ingiustificatamente) dai produttori di posta zioni di gioco, consentendo all'utilizzatore (consumatore) di leggere («far girare») con un'unica «macchina» i videogiochi di importazione (che hanno un prezzo ridotto rispetto a quelli del mercato europeo) dello stesso produttore, quelli di altri produttori concorrenti, la copia di

backup (consentita dalla legge italiana sul diritto d'autore ma di fatto

negata ed ostacolata proprio dalle misure previste dall'art. 102 quater) e, in ultima analisi, a sfruttare tutte le potenzialità della conso

/e/computer. VI. - Il Tribunale del riesame di Bolzano conclude infine con due ri

flessioni. La prima attiene alla validità, dal punto di vista dell'ordina

mento giuridico italiano, delle limitazioni pattizie poste (anche me

diante i c.d. contratti a strappo nei quali si vorrebbe vincolare l'acqui rente attraverso il mero «strappo» della confezione) dal produttore con

le licenze d'uso del software necessario a far funzionare la relativa con

sole. Tali limitazioni, osserva l'ordinanza, sono in linea di massima

sconosciute all'acquirente nel momento dell'acquisto, oppure non sono

comprensibili perché scritte in inglese, e devono perciò ritenersi «prive di valore», secondo la disciplina delle condizioni generali del contratto

vigenti in Italia (cfr., in senso conforme, Iaselli, Il gioco è mio e ne

faccio quel che voglio, in Giur. merito, 2004, 81 ss.). La seconda ri

guarda il diritto di proprietà, in forza del quale l'acquirente della con

sole di gioco può goderne nel modo «più ampio ed esclusivo». Tale af

fermazione, a ben vedere, non statuisce la prevalenza del diritto di pro

prietà su quello d'autore, ma ribadisce e, se possibile, rafforza la statui

zione principale. Infatti è applicando proprio e solo la normativa sul di

ritto d'autore, che si giunge all'affermazione della liceità del commer

cio e detenzione dei modchip. [M. Chiarolla]

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PARTE SECONDA

ropea sostenendo che si tratta invece di computer; e la Corte eu

ropea di giustizia, in sede di appello, ha stabilito che effettiva

mente di computer si tratta (decisione del settembre 2003). In sostanza ci si trova quindi di fronte a produttori che metto

no in vendita delle macchine limitate in modo che esse possano essere utilizzate solo per gli usi ad essi graditi.

A livello internazionale il problema è stato affrontato con vari

risultati, dipendenti ovviamente dalle singole legislazioni inte

ressate.

In Australia, dopo una prima decisione favorevole, auspicata e sostenuta direttamente dall'autorità per la libera concorrenza

che accusava la Sony di sottrarre agli australiani i vantaggi della

globalizzazione (Kabushiki Kaisha Sony Computer Entertain

ment & Ors v. Eddy Stevens, N. 929 of 2002), il 23 luglio 2003 la Corte suprema ha stabilito che vi è una violazione del diritto

d'autore; analoga decisione è stata pronunziata in Inghilterra

(però sono state applicate norme più restrittive di quelle euro

pee). In Germania per ora i chip di modifica sono considerati

legali e nello stesso senso è la (scarsa) giurisprudenza di merito

italiana (Trib. Vicenza 27 giugno 2003, n. 53/03). Va anche detto che il problema è in parte superato per il fatto

che la Sony sta per lanciare un nuovo sistema PSPTM, con nuo

vi dischi ottici che renderanno superata la modifica con i chip.

Analogo a quello in esame è il problema, a cui si accenna

solo per completezza, che sorge dal fatto che le playstation, con

modeste modifiche e qualche accessorio, possono essere tra

sformate in un computer. L'X-box della Microsoft, del costo di

circa duecento euro, ha tutta la potenzialità di un computer Pen

tium 3 ed è artificiosamente limitato a console. Subito è com

parso sul mercato lo Xbox-Mod-Chip che consente di usare in

esso molti programmi sotto Linux (il sistema operativo libero).

Eppure questa macchina con ampie possibilità è artificiosa

mente limitata, non può utilizzare giochi comperati in America

e, sebbene possa leggere senza problemi DVD, occorre pagare altri trenta euro per accedere a tale opzione. Ma se la macchina, con poche modifiche, gira anche con Linux, perché mai l'acqui rente non dovrebbe poterla usare per tutti gli usi possibili? Sa

rebbe un po' come se la Fiat vendesse un'auto con il divieto di

uso per extracomunitari e per strade extraurbane.

Nella nostra legislazione l'unica norma che regola la materia

è l'art. 171 ter 1. 22 aprile 1941 n. 633, che, in attuazione di una

direttiva comunitaria, così recita alla lett.fbis): (è punito chiun

que) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a

qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detie

ne per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l'uso

commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui al

l'art. 102 quater ovvero siano principalmente progettati, pro dotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o

facilitare l'elusione di predette misure.

L'art. 102 quater, da parte sua, stabilisce che:

1. I titolari di diritti d'autore e di diritti connessi nonché del

diritto di cui all'art. 102 bis, 3° comma, possono apporre sulle

opere o sui materiali protetti misure tecnologiche di protezione efficaci che comprendono tutte le tecnologie, i dispositivi o i

componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, so

no destinati a impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari

dei diritti. 2. Le misure tecnologiche di protezione sono considerate ef

ficaci nel caso in cui l'uso dell'opera o del materiale protetto sia

controllato dai titolari tramite l'applicazione di un dispositivo di accesso o di un procedimento di protezione, quale la cifratura, la

distorsione o qualsiasi altra trasformazione dell'opera o del

materiale protetto, ovvero sia limitato mediante un meccanismo

di controllo delle copie che realizzi l'obiettivo di protezione. Risultano perciò chiari due punti: 1) che la protezione assicurata dalla legge è solo nei confronti

del diritto d'autore e, solo in via mediata, sui supporti dell'ope ra (art. 102 quater)\

2) che sono vietate solo le attrezzature o componenti che sia no destinati in via prevalente e principale alla elusione delle mi

sure di cui al punto 1 (art. 171 ter, lett .fbis). Ma un terzo punto, non regolato dalla legge sul diritto d'auto

re, è egualmente importante: in quale misura il venditore di una

macchina possa vietarne modifiche per consentirne l'utilizzo

per scopi diversi da quelli graditi al venditore.

Vediamo ora se i chip in commercio possano essere conside

II Foro Italiano — 2004.

rati come destinati in via prevalente e principale all'elusione

delle misure di protezione del diritto d'autore contenute nei

supporti dei giochi. Sul punto si può affermare con tranquillità che la funzione

primaria e prevalente dei chip non è affatto quella di consentire

l'uso di copie pirata, ma bensì di superare ostacoli monopolisti ci e di meglio utilizzare la playstation, in quanto il chip serve:

— a leggere dischi di importazione (e ciò potrà non fare pia cere ai distributori europei, ma non viola alcun diritto d'autore; anzi è la differenziazione adottata dai distributori che potrebbe violare norme sulla concorrenza); si consideri che non tutti i

giochi presenti sul mercato americano sono rinvenibili con la

codifica europea e che quindi vi è interesse a procurarseli diret

tamente e che il loro costo è inferiore anche del venti per cento

a quello europeo; — a leggere dischi prodotti da società diverse da quella che

ha prodotto la playstation (e questi potrebbero forse e talvolta

violare dei brevetti sul software o la licenza loro concessa, ma è

problema che non può interessare l'acquirente del prodotto sul

mercato); — a leggere la copia di sicurezza del software che la legge

italiana consente di procurarsi; — a leggere supporti di contenuto diverso da quello origina

riamente previsto, ma sicuramente legali; — a consentire di sfruttare tutte le capacità della playstation

come computer. Vediamo infine se il produttore della macchina possa vietarne

un uso diverso da quello da lui voluto.

In base alle nostre norme civilistiche, la risposta è senz'altro

negativa; chi è proprietario di un bene può goderne nel modo

più ampio ed esclusivo.

Consci di ciò i produttori hanno cercato di aggirare l'ostacolo

inserendo nella confezione dell'oggetto un foglio in cui si af

ferma che se si rimuovono certi sigilli si perde il diritto alte ga ranzia (e nulla può vietare al possessore dell'oggetto di

rinunziare alla garanzia!) e che è vietato decodificare o disas

semblare il software della console in quanto coperto da copy

right oppure concesso solo in licenza d'uso.

Ebbene, è chiaro che per il nostro diritto queste condizioni

sono del tutto prive di valore; chi va in un negozio e acquista una scatola con dentro un programma o una console acquista in

condizionatamente e senza limitazioni perché in quel momento

egli non conosce quanto sta scritto (magari in inglese) entro la

scatola. Dice giustamente il codice civile che le condizioni ge nerali del contratto sono opponibili all'altro contraente se egli le

conosceva al momento della stipulazione nel contratto; come

può conoscerle l'acquirente se il venditore non gliele fa leggere e sottoscrivere prima di consegnare l'oggetto e di incassare il

corrispettivo?

Quindi tutti i tentativi di vincolare l'acquirente con comuni

cazioni successive all'acquisto sono semplicemente ridicoli; le frasi «chi apre questa busta accetta le condizioni», «chi vuole

usare il programma clicchi qui e accetti le condizioni» sono ine

sistenti per l'utente del programma. Egli del resto ben di rado le

conosce perché di solito il programma viene installato da tecnici

più esperti del normale utente finale e quindi l'apertura della

busta, la violazione di sigilli, l'ok alle condizioni apparse sullo

schermo, sono riferibili a soggetti diversi dall'acquirente e dal

l'utente finale.

Si conclude quindi che il disposto sequestro è illegittimo per ché la legge invocata non è applicabile alla fattispecie.

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