ordinanza 31 luglio 1984; Giud. D'Ascola; Soc. Autostrada BS-VR-VI-PD (Avv. Bellotti) c.Bordignani e altri (Avv. Giardini, Barbetta, Sella)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 2899/2900-2901/2902Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177654 .
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2899 PARTE PRIMA 2900
I
PRETURA DI VERONA; ordinanza 31 luglio 1984; Giud.
D'Ascola; Soc. Autostrada BS-VR-VI-PD (Aw. Bellotti) c.
Bordignani e altri (Aw. Giardini, Barbetta, Sella).
PRETURA DI VERONA;
Provvedimenti di urgenza — Autostrada — Vendita di frutta ed
ortaggi in fondi adiacenti — Pericolo per la circolazione —
Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 700).
Va respinta la richiesta di provvedimenti urgenti avanzata dal
gestore di autostrada che, prospettando la sua eventuale re
sponsabilità penale e civile, lamenti la situazione di pericolo
per la circolazione determinata da chioschi e bancarelle, per la
vendita di frutta ed ortaggi, situati su fondi adiacenti alla sede
autostradale. (1)
II
PRETURA DI VERONA; ordinanza 4 luglio 1983; Giud. Ian
netti; Soc. Autostrada BS-VR-VI-PD c. Fellóni e altri.
Provvedimenti di urgenza — Autostrada — Vendita di frutta ed
ortaggi in fondi adiacenti — Pericolo per la circolazione —
Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 700).
Dato il concreto rischio di incidenti, va accolta la richiesta —
avanzata dal gestore di autostrada in vista della sua eventuale
responsabilità penale e civile — di rimozione, in via cautelare
urgente, di chioschi e bancarelle, per la vendita di frutta ed
ortaggi, situati su fondi adiacenti alla sede autostradale. (2)
I
Con ricorso del 16 novembre 1983 la Sjp.a. Autostrada
BS-VR-VI-PD chiedeva a questo pretore di ordinare a numerosi
venditori di frutta ed ortaggi lo sgombero dei chioschi e delle
bancarelle situati sui fondi adiacenti l'autostrada Brescia-Padova.
Esponeva che tale attività, in contrasto con l'art. 572 del regola mento cod. stradale, creava, soprattutto nella stagione estiva, una
situazione di costante pericolo per gli automobilisti; che in caso
di sinistri la società autostradale tenuta a garantire agli utenti la
sicurezza della circolazione, sarebbe stata soggetta a responsabilità civile e penale per le eventuali conseguenze dannose; che, con
figurandosi la prospettiva di un pericolo immediato, era invocabi
le la tutela in vìa d'urgente ex art. 700 c.p.c. Costituendosi in giudizio, alcuni dei resistenti contestavano in
fatto e in diritto le deduzioni avversarie.
Liberamente interrogati i convenuti; acquisito un rapporto
giudiziario redatto dalla polizia stradale e sentito uno dei verba
lizzanti, all'udienza odierna parte attrice insisteva in domanda.
Fondamento dell'istanza è la riconoscibilità, in capo alla società
autostradale, di corresponsabilità nella causazione di sinistri per l'omissione nel vigilare sul comportamento dei venditori di frutta
postisi al di là della recinzione esistente tra carreggiata e terreni
agricoli. Orbene, non è dato rinvenire, nel nostro ordinamento giuridico,
alcuna norma che imponga alla società concessionaria di un'au
tostrada di attivarsi per evitare che nelle vicinanze della rete
viaria vengano commesse violazioni del codice della strada suscet
tibili di più perniciosi sviluppi. Sotto questo .primo profilo, dun
que, se si ipotizza un incidente causato dalla precipitosa manovra
di un automobilista indotto a fermarsi dai richiami pubblicitari dei rivenditori, non si coglie facilmente un nesso causale tra
l'omissione della società attrice e l'evento verificatosi. Vero è che
la violazione dell'art. 572 del regolamento può far ricollegare alla
condotta del rivenditore una corresponsabilità nell'accaduto, ma
(1-2) Non constano precedenti. Ma non sarà inutile ricordare come,
per ius receptum (quanto schizofrenico), il proprietario o il gestore di
autostrada, che risponde nei confronti dell'utente esclusivamente a
titolo di liMeoito aquifliano (v., da ultimo, Tnib. Roma 14 novembre
1981, Foro it., Rap. 1982, voce Strade, n. 29, e Cass. 9 febbraio 1981, n. 800, id., Rep. 1981, voce c&t., n. 28), non sia tenuto ad applicare reti di recinzione, salva la responsabilità per la loro cattiva manuten
zione ove si sia indotto a farlo (cfr. Cass. 800/81; 29 maggio 1980, n.
3555, id., Rep. 1980, voce cit., n. 45, e 14 maggio 1979, n. 2781, id.,
1980, I, 783, con nota di richiami, cui adde, per la dottrina, F. Garrì,
Principi giurisprudenziali in tema di responsabilità della p.a. per danni
derivanti dalla circolazione sulle autostrade, in Riv. giur. circolaz. e
trasp., 1975, 187). Viene pertanto confermata l'idea che la c.d. culpa in omittendo sia l'unica area dell'illecito civile improntata a rigorosa tipicità (sul quesito v., riassuntivamente, G. Alpa e M. Bessone, in
Trattato, diretto da Rescigno, 14, Torino, 1982, 294); e si provvede, altresì, ad aggravare la situazione di chi abbia — perigliosa iniziativa! — adottato cautele non richieste. Italicum mos.
l'ulteriore aggancio, che ricondurrebbe alla società istante, è di
dubbia individuazione. Si dovrebbe infatti prima cogliere l'attività
illecita ipotizzata e poi inserirla in un contesto eziologicamente idoneo a produrre l'evento.
Fonte di perplessità è sicuramente anche l'accertata circostanza
che la vendita avviene ponendo i banchetti al di là della sede
autostradale, sicché è ancor più difficile costruire in capo a parte attrice un cosi particolare e approfondito obbligo, che si spinge fino alla vigilanza sui terreni limitrofi.
Se da questo primo profilo l'istanza appare di malsicuro
fondamento, pur dovendosi riconoscere il pregio di quanto diver samente opinato da altro giudice, non sottacendosi tuttavia che lo
stesso ha ripreso le parole di una celebre dottrina per ammettere
di muoversi in una zona incerta a metà strada tra il diritto e la
morale e ignorando tuttavia le opposte conclusioni da essa
raggiunte, occorre prestare attenzione ad altro aspetto, inerente la
tutela cautelare invocata. È emerso in istruttoria che la situazione lamentata perdura da
circa vent'anni, senza che si abbia notizia di eventi del tipo di
quello temuto. Ora, lungi dal ritenere che ciò sia frutto di
fortunata coincidenza, deve invece desumersi che per le modalità, i luoghi e le circostanze con cui viene svolta l'attività da parte dei convenuti, non sia in concreto configurabile — fino a prova contraria — la pericolosità del loro agire e dunque vengano meno le circostanze che integrano quella prospettiva di un
pregiudizio imminente che deve ricorrere per la concessione ante
causarti di un provvedimento di urgenza del tenore di quello domandato.
La cognizione della materia del contendere va pertanto rimessa
al giudice competente per il merito, al quale spetterà di esperire, sotto i profili enunzdati, nonché sotto quelli pur enucleabili
seppur taciuti per brevità, i necessari accertamenti.
II
La società ricorrente denuncia che sui terreni adiacenti l'autostra
da Brescia-Padova in corrispondenza dei Km 55,25 nord, 54,450 nord e ,65,050 nord, ci sono chioschi e bancarelle per la vendita
abusiva agli automobilisti di frutta ed ortaggi. Tale attività sarebbe svolta in contrasto con il disposto dell'art. 572 reg. del
codice della strada in quanto lo scambio della merce avverrebbe con la consegna dei prodotti oltre la rete di recinzione. Si attuarebbe così un'invasione dell'autostrada e delle sue pertinenze. Tale attività — a detta della ricorrente — crea una grave situazione di pericolo perché gli automobilisti si arrestano anche
all'improvviso sulle corsie di emergenza. Chiede ex art. 700 c.p.c. che venga immediatamente ordinata la rimozione di tali posti di
vendita.
Due dei convenuti, costituitisi a mezzo di procuratore, hanno
eccepito il difetto di legittimazione della società a chiedere il
provvedimento d'urgenza di cui hanno contestato l'esistenza di
uno dei presupposti e oioè del pregiudizio imminente ed irrepa rabile. Hanno negato qualsiasi invasione dell'autostrada e delle sue pertinenze sottolineando che le bancarelle sono sui loro fondi e che il commercio avviene da altre venti anni.
Chiarite tra le parti le circostanze di fatto, i quesiti ai quali il
pretore è chiamato a rispondere sono due: a) è lecito esporre merce in vendita diretta agli utenti dell'autostrada sui terreni a
questa adiacente?; b) può l'autostrada chiedere ed ottenere la
rimozione di chioschi e bancarelle? è evidente che la risposta al secondo quesito s'impone solo nel caso in cui sia affermata l'illiceità di tale attività. Il tema decidendum deve essere contenu to in questi termini essendo erroneo il richiamo all'art. 572 succitato perché non c'è la prova che l'attività commerciale si
svolga sull'autostrada o sulle sue pertinenze. Il terzo convenuto,
furbescamente, ha affermato che sono gii automobilisti a proten dere le braccia al di là della rete di recinzione per ritirare la
merce.
Per risolvere il primo quesito è necessario prendere le mosse dal tradizionale principio neminem laedere, al quale l'elaborazio ne giurisprudenziale ha attribuito sempre più ampie dimensioni. In base a tale principio per affermare la responsabilità civile per danni, ai sensi dell'art. 2043 c.c., occorrono: a) un atto illecito
colposo o doloso; b) un danno; c) un nesso causale tra la colpa e il danno.
Nella specie si chiede l'intervento del giudice per rimuovere
probabili occasioni di incidenti stradali. Bisogna, perciò, procede re per ipotesi. Se un automobilista si arresta improvvisamente, senza segnalare tempestivamente la manovra, sulla corsia di
emergenza, attirato da uno dei posti di vendita o nel reimettersi nel flusso della circolazione, provoca una collisione la responsabi lità dell'automobilista è indubbia per aver violato l'art. 125 cod.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
strad. in relazione all'art. 568 del regolamento. (Tale disposizione permette la sosta nelle corsie di emergenza soltanto in caso di
necessità). Ma sussiste una responsabilità, anche se di grado minore, di chi offre in vendita, dai suoi campi, i prodotti agli utenti dell'autostrada per tre motivi: a) perché induce l'automo bilista a compiere l'infrazione all'art. 125 cod. strad.; b) perché non tiene conto della peculiarità del traffico autostradale, caratte
rizzato dalla velocità rilevante dei veicoli, e quindi dalla maggio re pericolosità delle soste nelle corsie di emergenza e del loro
abbandono; c) perché non considera che la risposta al messaggio — per la velocità del veicolo — è instintiva ed improvvisa
potendo provocare manovre azzardate. Ricorrendo tali presuppo sti (e l'esperienza lo conferma) non si può escludere un nesso
causale tra l'offerta in vendita e l'eventuale danno, derivante da
una collisione, e l'imputabilità di esse a chi vende a titolo di
imprudenza. Ne consegue altresì che, nel caso di lesioni alle
persone, può scattare anche una responsabilità penale non solo
dell'automobilista ma anche dell'agricoltore-commerciante.
Affermata una tale duplice colpevolezza in linea di mera
ipotesi ed in particolare ritenuta non consentita la vendita sui
terreni adiacenti l'autostrada per le sue modalità, non si può non
rispondere al secondo quesito e cioè se la società che gestisce l'autostrada possa pretendere la rimozione dei posti di vendita
perché ritenuti causa probabile di incidenti. Tale risposta pre
suppone risolto un altro quesito e cioè se possa configurarsi una
culpa in omittendo della società (e quindi una responsabilità civile ed eventualmente anche penale) se non si attiva per rimuovere tale fonte di pericolo. La risposta sembra positiva. La
colpa si potrebbe ravvisare in una mancanza di diligenza, dili
genza che, in linea generale, è possibile di conoscere e prevedere
e, in ultima analisi, di prevenire eventi dannosi. È ancora
sufficiente ricorrere all'antico broccardo (neminem laedere) per trovare un fondamento a tale colpa in omittendo? Si avverte che,
cosi procedendo, si può scivolare in quella zona incerta non ben
delimitabile tra il diritto e la morale, ove si fa leva sui doveri di
cautela, di prevenzione, di solidarietà e di assistenza. Ma il
giudice deve anche superare tali incertezze laddove, per il manca
to puntuale e tempestivo intervento del potere legislativo, difetta
una disciplina giuridica adeguata a determinate materie spe cialmente in un paese dove si è pronti a penalizzare azioni e
comportamenti soltanto quando si verificano eventi luttuosi. Non
solo per queste considerazioni metagiuridiche e per quelle che
precedono la società autostradale deve attivarsi per garantire una
circolazione sicura e far rimuovere eventuali fonti di pericolo ma anche perché dalle disposizioni degli art. 568, 569, 570
e 572 del regolamento al codice stradale, si può ricavare un
principio generale che, interpretato estensivamente, impone a chi
gestisce l'autostrada di vigilare ed intervenire per eliminare cause
di incidenti specialmente se prevedibili.
Ammessa l'eventualità, ricorrendone tutti i presupposti, di una
culpa in omittendo della società ricorrente e dei suoi amministra
tori ne può devirare che essi siano chiamati a rispondere anche
sotto il profilo penale se un incidente stradale si verifica nelle
condizioni esaminate. Vengono cosi superate le obiezioni dei
convenuti sulla legittimazione attiva della ricorrente e della man
canza di un pregiudizio immanente ed irreparabile. È estate, le
bancarelle e i chioschi sono tornati, il rischio di incidenti è
concreto. Ricorrono pertanto tutte le condizioni di legge per emettere il provvedimento d'urgenza richiesto.
Visto l'art. 700 c.p.c. il pretore ordina a Fellini Gino di Somma
campagna, a Benedetti Attilio e a Rizzetto Anna di rimuovere im
mediatamente i chioschi, le bancarelle per la vendita di frutta,
ortaggi e merce varia dagli stessi gestiti sui fondi adiacenti
l'autostrada Brescia-Padova rispettivamente in corrispondenza dei
Km 55.250 nord (i primi due), 54.450 nord (il secondo) e 65.450
nord (il terzo); (omissis)
PRETURA DI CENTO; sentenza 18 luglio 1984; Giud. Zic
cardi; Pantani (Avv. Mazzotta, Zoppellari) c. Cassa rurale
di Cento (Avv. Malaguti, Giberti).
PRETURA DI CENTO;
Lavoro (rapporto) — Licenziamento — Impiegato bancario —
Protesti di titoli e richieste di prestiti a clienti della banca
datrice — Giusta causa — Insussistenza (Cod. civ., art. 2119).
Non costituisce giusta causa di licenziamento di un impiegato bancario il protesto di alcuni titoli di credito (cambiali ed
assegni) e le reiterate richieste di prestiti — effettuate peraltro
fuori dell'orario di lavoro — a clienti della banca datrice. (1)
Diritto. — (Omissis). Nel merito, si osservava preliminarmente che vi deve essere corrispondenza tra la contestazione del fatto co
stituente giusta causa di licenziamento ed indicazione della causa
quando il licenziamento viene intimato; questo, ovviamente, per ga rantire il diritto di difesa del lavoratore, sia secondo i principi gene rali dell'art. 7 dello statuto, sia secondo le norme particolari dei
contratti collettivi nazionali. Chiamato a difendersi per una man
canza, non può il lavoratore essere licenziato per un fatto nuovo
o diverso. La cassa rurale ha contestato ali dipendente, di 4 agosto
1:983, l'avvenuto protesto di tre effetti cambiari e di un assegno
bancario, per complessivi sette milioni, e l'esistenza di tre ipote che giudiziali a suo carico. Con successiva contestazione del 30
agosto Ii983, la cassa addebitava al dipendente il protesto di altre
cinque cambiali e di due assegni bancari, oltre a quattro ipoteche
giudiziali. La lettera di licenziamento veniva poi motivata non
solo richiamando le contesatazioni, ma aggiungendovi l'uso scor
retto di linee di credito e la condotta non corretta consistente
nella richiesta di prestiti a clienti della banca. Questa seconda
parte non poteva essere inserita nella motivazione del licenzia
mento, poiché non era stata preventivamente contestata. Ma, a
parte il rilievo formale, non ritiene affatto il pretore che la
pubblicazione del nome di un bancario sull'elenco uffioiale dei
protesti comporti il discredito dell'immagine della banca presso la
clientela e presso le altre aziende di credito della piazza, ed
arrechi grave nocumento alla banca stessa. Discredito e nocumen
to sono tutti da dimostrare, e non conseguono automaticamente
ailla personale e critica situazione economica del Fantoni. Diversi
sono i motivi per i quali un individuo può trovarsi indebitato: se
all'origine vi sono comportamenti riprovevoli o sconsiderati, tali
da ripercuotersi sulle attitudini al lavoro del soggetto, è certamen
te possibile che tali comportamenti possano venir valutati anche
dal datore di lavoro, ma quando, come nel caso del Fantoni,
nulla di riprovevole è emerso, non si vede come si possa intimare
un licenziamento per debiti. Vi è poi anche da aggiungere che
non risulta che al Fantoni fossero affidate mansioni di particolare
fiducia o delicatezza, tali da venir compromesse irrimediabilmente
dai fatti addebitatigli. Anche esaminando gli ulteriori elementi
emersi dalle prove testimoniali assunte, è emerso che solo al teste
Monari il Fantoni chiese un prestito mentre si trovava in banca,
e che comunque aveva con detto teste già concluso altre opera
zioni di quel tipo, probabilmente con l'aggiunta di adeguati
interessi. L'episodio può certamente essere posto a fondamento di
una sanzione disciplinare lieve, ma non certo di un licenziamento
per giusta causa.
(1) La sentenza affonda le proprie radici in un orientamento am
piamente consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione
che, pur considerando, in linea di massima, irrilevanti, al fine di
integrare la giusta causa di recesso, i comportamenti estranei alla sfera
negoziale, li rednserisce nel circuito contrattuale tutte le volte che essi siano di tale gravità da far ritenere professionalmente inidoneo il
lavoratore alla prosecuzione del rapporto, specie in considerazione
della specificità della prestazione dedotta e del margine di fiduciarietà in essa Ansito. V. in particolare per tale orientamento, fra le più recenti decisioni: Cass. 19 gennaio 1984, n. 476, Foro it., Mass., 90 e in Giust. civ., 1984, I, 1074; 29 aprile 1983, n. 2981, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 2209 (che ha considerato legittimo il licenziamento per giusta causa di un funzionario di banca condanna to penalmente per emissione continuata di assegni a vuoto); 23 feb braio 1983, n. 1340, ibid., n. 2211; 21 dicembre 1982, n. 7102, ibid., n. 2212 (ed in Mass. giur. lav., 1984, 52, con nota di Lucifredi, Note in materia di giusta causa di licenziamento)-, 9 dicembre 1982, n.
6749, Foro it., Rep. 1983, voce eit., n. 2213; 28 dicembre 1983, n.
7638, ibid., n. 2214; 29 giugno 1981, n. 4229, id., 1982, I, 156, con nota di richiami.
Nell'ambito della giurisprudenza di merito cfr. Trib. Genova 20 no
vembre 1982 e Pret. Balzano 6 ottobre 1982, id., 1983, I, 435.
Per alcune fattispecie di licenziamenti per giusta causa di lavoratori bancari si segnalano di recente: Trib. Genova 29 novembre 1980, id., 1982, I, 159, che ha ritenuto sussistente la giusta causa di licenziamen to nel comportamento di un commesso di banca che, addetto anche al -servizio di portavalori, che aveva emesso numerosi assegni a vuoto di
rilevante ammontare sul conto corrente acceso presso l'istituto datore di lavoro e si era reso irreperibile per diversi giorni; Trib. Rovigo 23 marzo 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1734, ove l'affermazione secondo cui la delicatezza dei compiti istituzionali degli istituti dd credito presuppone la 'scrupolosa osservanza da parte dei dipendenti dei fondamentali criteri dd correttezza professionale e morale, cosicché la violazione di tali obblighi può negativamente ripercuotersi sul buon nome degli istituti.
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