ordinanza 4 febbraio 1993; Giud. Bajardi; Lambertucci c. Giurí dell'autodisciplina pubblicitariaSource: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 11 (NOVEMBRE 1993), pp. 3183/3184-3193/3194Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188255 .
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3183 PARTE PRIMA 3184
no giornate di disoccupazione diverse da quelle per le quali vie
ne percepito il trattamento speciale.
Corrispondere lire 800 giornaliere significa indennizzare delle
giornate di disoccupazione con una somma macroscopicamente
incongrua rispetto alla sua funzione di apprestare mezzi ade
guati alle esigenze di vita del disoccupato, come ben evidenziato
dalla sentenza 497/88 con riferimento all'art. 38 Cost.
In secondo luogo, occorre rievare che al momento dell'entra
ta in vigore della I. 114/74 le 800 lire ivi previste equivalevano al 13,23% della retribuzione giornaliera (all'epoca di lire 6.044) e venivano percepite dal lavoratore che fruiva del trattamento
speciale per le giornate di disoccupazione eccedenti le novanta
nell'anno. Per gli anni dal 1987 in poi le 800 lire rivalutate
equivalgono a poco più del 7% della retribuzione! (Omissis)
I
PRETURA DI ROMA; ordinanza 4 febbraio 1993; Giud. Ba jardi; Lambertucci c. Giuri dell'autodisciplina pubblicitaria.
PRETURA DI ROMA;
Provvedimenti di urgenza — Giuri dell'autodisciplina pubblici taria — Cessazione di campagna pubblicitaria — «Testimo nial» — Pubblicità menzognera — Esclusione — Fattispecie
(Cod. civ., art. 2043; cod. proc. civ., art. 700).
Posto che la cessazione, per ordine del Giuri dell'autodisciplina
pubblicitaria, della campagna pubblicitaria di un'acqua mine
rale, in cui una nota conduttrice televisiva svolge le funzioni del testimonial, si palesa come illegittima per la lesione, di
fatto di carattere permanente, tanto del diritto allo sfrutta mento della propria notorietà, quanto del diritto allo svilup
po della personalità professionale, va accolto il ricorso diret
to all'ottenimento di un provvedimento cautelare atipico, non
sussistendo nella cennata campagna pubblicitaria una capaci tà decettiva, neppure di carattere potenziale (nella specie, il
pretore, pur non inibendo al giurì di reclamizzare la propria
decisione, ha ordinato allo stesso la pubblicazione sui princi
pali quotidiani del dispositivo dell'ordinanza in epigrafe). (1)
II
GIURI DEL CODICE DI AUTODISCIPLINA PUBBLICITA RIA; decisione 30 ottobre 1992, n. 146; Pres. ed est. Vanzet
ti; Soc. Gruppo Italfin 80 (Avv. Rapisardi, De Gaetano) c. Soc. Acqua oligominerale Rocchetta (Avv. Sena).
Concorrenza (disciplina della) — Codice di autodisciplina pub blicitaria — «Testimonial» — Esperto — Pubblicità menzo
gnera — Fattispecie.
Qualora un personaggio pubblico sia giunto a rivestire la posi zione di esperto autorevole rispetto ad un determinato settore
di attività, conseguendo la fama di consigliere obiettivo, non
può svolgere attività pubblicitaria nel settore di sua specifica
competenza senza che si determini un rischio di inganno del
pubblico circa la reale natura del messaggio che gli viene pro
posto (nella specie, è stata ritenuta in contrasto con l'art. 2
codice di autodisciplina pubblicitaria la campagna pubblicita ria, in cui una nota presentatrice televisiva, reclamizzava un'ac
qua minerale, evidenziandone l'utilità della stessa per la salu
te, la bellezza e la linea). (2)
(1-2) Nulla potrà essere come prima. Con l'ordinanza il pretore capi tolino irrompe, con il peso delle proprie trincianti argomentazioni, sul fronte della pubblicità testimoniale, fornendo, a ridosso dell'entrata in
vigore del d.leg. 25 gennaio 1992 n. 74 (in Le leggi, 1992, I, 754: per un primo commento di tale normativa si rinvia a M. Fusi, P. Testa,
li Foro Italiano — 1993.
I
1. - L'importanza e la delicatezza del caso e la mancanza
di precedenti specifici impongono un esame dettagliato di tutte
le questioni ed eccezioni sottoposte. Il primo aspetto da esaminare è la qualificazione giuridica
della domanda, nel senso dell'individuazione della norma della
quale si sostiene la violazione; la ricorrente pone a base del
ricorso la violazione dell'art. 2043 c.c. e cioè del neminem lae
dere. È necessario quindi verificare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie.
Il verdetto del giuri non è rivolto formalmente alla sig. Lam
bertucci, che ne è tuttavia la destinataria reale. Mentre il pro duttore dell'acqua minerale Rocchetta soffre modesti danni dal
verdetto (spese legali, pregiudizio all'immagine per avere fatto
una campagna pubblicitaria censurata, possibili contestazioni da
parte della ricorrente), il verdetto stesso pregiudica enormemen
te la sig. Lambertucci alla quale viene di fatto inibita, e per
giunta senza che sia stata parte nel procedimento, qualsiasi atti
vità pubblicitaria in tutti i settori alimentari, dietetici, salutisti
ci, estetici; e, questo, sembra anche se non lo si dice, fino a
quando la Lambertucci presenterà trasmissioni o curerà rubri
che in materia (ma teoricamente anche per un periodo successi
vo); il tutto senza considerare i danni per il contratto in corso
che da un provvedimento del genere viene di fatto risolto.
P. Cottafavi, Le pubblicità ingannevole, Milano, 1993, 77 ss.; A. Pa
rigi, lì contenuto dei messaggi pubblicitari radiotelevisivi tra disciplina del mezzo e regolamentazione generale della pubblicità, in Dir. infor mazione e informatica, 1993, 17 ss.; C. Rossello, Ipoteri del garante della concorrenza e del mercato in materia di repressione della pubblici tà ingannevole, ibid., 63 ss.; F.M. Bonsicnore, Prime note di commen to del d. leg. 25 gennaio 1992 n. 74, in materia di pubblicità ingannevo le, in Riv. critica dir. privato, 1992, 133 ss.; G. Alpa, C. Rossello, Tutta la verità soltanto la verità nient'altro che la pubblicità, in Corrie re giur., 1992, 373 ss.), una prima applicazione giurisprudenziale dei criteri che sovraintendono al campo dell'advertising, fuori dal consueto territorio della concorrenza tra imprenditori, percorrendo i sentieri, tut t'altro che agevoli, dei rapporti tra consumer protection e salvaguardia del right of publicity.
Con il proprio decisum il giuri dell'autodisciplina pubblicitaria aveva ordinato la cessazione della campagna pubblicitaria dell'acqua «Roc chetta», che, all'insegna del binomio acqua-salute, si imperniava sul l'intervento di un testimonial, nella specie una nota conduttrice televisi
va, impegnata nella divulgazione del mito salutista. Il ragionamento seguito dal giuri è cosi sintetizzabile: qualora un individuo assuma pres so il pubblico la veste di esperto, non può far pubblicità nel settore di sua specifica competenza, posto che in tale evenienza è men che se condario il rischio d'inganno del pubblico circa la reale natura della réclame diffusa. In altri termini, non si possono calzare due scarpe con lo stesso piede.
In quest'ordine concettuale, la figura del testimonial risulterebbe estra nea all'ambito di applicazione dell'art. 4 codice di autodisciplina pub blicitaria, che, ad avviso dell'organo di autodisciplina, attiene al campo delle attestazioni di stima dei denti o di presunti esperti sconosciuti
(cfr. Giuri autodisciplina pubblicitaria 27 giugno 1986, n. 37, Foro it., Rep. 1987, voce Concorrenza (disciplina), n. 113, secondo cui sussiste la violazione dell'art. 4 codice di autodisciplina pubblicitaria ogni volta che il consumatore non possa procedere direttamente alla verifica del l'autenticità delle testimonianze, mettendosi in contatto con il testimone senza necessità di ricorrere alla mediazione dell'impresa inserzionista, bensì traendo gli estremi riguardanti la sua identificazione dallo stesso
messaggio pubblicitario. In senso analogo, Giuri autodisciplina pubbli citaria 10 novembre 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 273; 16 dicembre
1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 122). La scelta di campo testé riferita, tuttavia, non fa il paio con la defin
tiva ostracizzazione del testimonial, giacché un personaggio noto ben
può reclamizzare i prodotti inerenti alla propria attività: si pensi all'a tleta che decanti le caratteristiche di un accessorio sportivo, senza per questo assurgere al rango di «consigliere-esperto» professionale, con la conseguente garanzia di sicura obiettività.
Sennonché, il testimonial cosi ghettizzato, pur essendo formalmente estraneo al diktat del giuri, è insorto brandendo minacciosamente la clava del ricorso ex art. 700 c.p.c.
A mo' di premessa, l'ordinanza muove dalla riconducibilità della de cisione dell'organo di autodisciplina all'ambito del boicottaggio secon
dario, ossia a quella prassi (anti)concorrenziale mediante la quale «un
soggetto (promotore) induce altri soggetti (esecutori) a rifiutare di in trattenere determinati rapporti economici con un terzo (boicottato) al fine di ostacolarne o bloccarne le relazioni economico sociali» (G. Se
na, Il boicottaggio, Milano, 1970, 13 ss., 33 ss. In giurisprudenza, cfr.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
L'illustre difensore del giuri sostiene che il danno sofferto
dalla ricorrente non sarebbe diretto ma soltanto indiretto e do
vrebbe essere equiparato a quello degli altri collaboratori alla
realizzazione dello spot (montatori, elettricisti, eccetera). Ma que sta rappresentazione suggestiva non è giuridicamente fondata,
perché la decisione del giuri ha pronunciato di fatto un'esclu sione della ricorrente, se non in perpetuas aeternitates, almeno
fino alla terza età con affermazioni esplicite, perentorie e vinco
lanti per tutti gli associati. Tutte le parti concordano perfettamente sul fatto che gli ac
cordi in materia pubblicitaria che hanno dato origine all'istituto
dell'autodisciplina pubblicitaria e istituzioni connesse, vincola no una percentuale quasi totalitaria del mondo della pubblicità,
per cui, con una pronuncia del genere, la signora Lambertucci
rimane completamente esclusa da qualsiasi attività nel settore.
I montatori e gli elettricisti continueranno invece a prestare la
propria attività specifica per altri spots, mentre la signora Lam
bertucci potrà fare al più pubblicità per prodotti per i quali la ricorrente nulla rappresenta.
Il danno sofferto dalla ricorrente è poi, oltre ad essere diret
to, ingiusto. Questa ingiustizia deriva da una duplice serie di
ragioni: la violazione delle norme in materia di boicottaggio e la illegittimità del verdetto in generale, non solo per la manca
ta presenza al giudizio dell'interessata reale, ma anche per avere
Cass. 16 aprile 1983, n. 2634, Foro it., 1983, I, 2160, con nota di R.
Pardolesi; App. Roma 21 aprile 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 29 e Giust. civ., 1981, I, 382, con nota di M.R. Morelli; App. Milano 30 marzo 1979, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 97). Ma non pare che tale ragionamento possa trovare accoglimento, posto che, pur am mettendo la possibilità di equipare il giuri al promotore di un'iniziativa di tal fatta, risulta poco credibile che una condotta discriminatoria pos sa ritorcersi in danno di qualsiasi soggetto, indipendentemente dal pos sesso del requisito soggettivo, normalmente presente nella vittima di un boicottaggio, ossia quello di imprenditore concorrente del promotore.
Ma il discorso prende poi ben altra piega, spostandosi verso l'esame della legittimità di un'inibitoria allo sfruttamento del right of publicity
(in merito, v., da ultimo, O. Troiano, L'utilizzazione della celebrità:
«right of publicity» e dintorni, in Quadrimestre, 1991, 734 ss.): proble ma che ha da spartire con il suggestivo richiamo alla figura del boicot
taggio secondario. L'ordinanza in rassegna si fonda su una risalente pronuncia del Tri
bunale di Milano (sent. 22 gennaio 1976, Foro it., Rep. 1976, voce
cit., n. 54), a cui dire una pronuncia del giuri si configura come illegit tima qualora, indipendentemente dalla sottoposizione alla clausola di accettazione del codice di lealtà pubblicitaria, finisca per coinvolgere un terzo estraneo allo stesso ordinamento pubblicitario. Naturalmente,
presupposto per l'adozione di un provvedimento di declaratoria di ille
gittimità, come accaduto nel caso oggi in esame, è la violazione di un
diritto soggettivo, nella specie rappresentato sia dal pregiudizio patri moniale allo sfruttamento commerciale del proprio nome, sia dalla le sione della facoltà di pieno sviluppo della personalità professionale.
Non pare, peraltro, che tali argomentazioni, sviluppate sulla base del carattere non ingannatorio della campagna pubblicitaria in questione,
valgano a chiudere la partita. In prima battuta, mette conto ribadire i caratteri della pubblicità te
stimoniale, cui è pervenuta l'ordinanza in epigrafe. Torna di particolare utilità la definizione elaborata dalla Federal Trade Commission, secon do cui per pubblicità testimoniale s'intende «ogni messaggio pubblicita rio che induca i consumatori a credere che questa rispecchi le opinioni, le credenze, le esperienze di una persona diversa dal produttore» [Gui des Concerning Use of Endorsements and testimonials in Advertising, (4 Trade Reg. Rep. (CCH), par. 39.038, 41.677), par. 255.0 (definizio
ni) b]. Posta tale premessa, s'impone la ricognizione del quadro normativo
di riferimento nell'ordinamento positivo. Non v'è dubbio che, attesa la finalità di tutela dei consumatori, espressamente rimarcata nel
corpo dell'art. 1, possa ben trovare applicazione il citato decreto
legislativo 74/92. Infatti, qualora la questione fuoriesca dall'ambito
privatistico dell'ordinamento pubblicitario, sul presupposto dell'estra
neità del soggetto coinvolto rispetto al medesimo, ne deriva che
la contesa va disciplinata sulla scorta delle norme dell'ordinamento statale. In quest'ordine d'idee, riprende quota il rischio d'inganno debitamente preso in considerazione dal giuri, sebbene l'art. 2 del codice di autodisciplina pubblicitaria usi la diversa dizione «dichiara
zioni o rappresentazioni tali da indurre in errore i consumatori». In
fatti, l'art. 2, lett. b), del decreto 74/92 intende per pubblicità ingan nevole qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua
presentazione, induca in errore o possa indurre in errore. Siffatta
scelta di campo non può non significare un innalzamento della soglia di censurabilità dei messaggi promozionali, sulla cui base operare quella
Il Foro Italiano — 1993.
fatto il giuri un uso distorto delle norme strumentali e sostan
ziali contenute nel codice di lealtà.
2. - Sostiene la ricorrente che la decisione del giuri sia in
contrasto con le norme in materia di boicottaggio. Anzitutto nessun dubbio che ci si trovi in presenza del cosiddetto boicot
taggio secondario e cioè, secondo autorevole definizione dottri
naria, «il comportamento di un soggetto il quale induce altri
soggetti a rifiutare di intrattenere determinati rapporti con un
terzo al fine di ostacolarne o bloccarne le relazioni economico
sociali». Dottrina e giurisprudenza hanno sempre considerato
illecito il boicottaggio secondario, sub specie di illecito aquilia no, qualora tenda in modo preordinato e specifico all'elimina zione di determinati operatori economici dal mercato. In questo
caso, come si è detto, la violazione appare tanto più grave, in
quanto il diktat proviene da un organo che per la sua autorevo
lezza e per il carattere vincolante della decisione nei confronti
di quasi la totalità degli operatori del settore, non lascia alter
native o spazi di manovra. Già la violazione di questa norma cosi specifica legittimereb
be la declaratoria di violazione dell'art. 2043 c.c.; ma per scru
polo e per completezza d'indagine, anche a voler esaminare il
problema solo dal punto di vista endoprocedimentale, non si
perviene a diversa soluzione. Anche se le norme sul boicottag
gio non si potessero applicare, il contenuto del provvedimento è llegittimo, come sarà dimostrato; la violazione delle norme
comparazione tra tutela dei consumatori e right of publicity, asserita mente leso dalla pronuncia del giuri.
Tale operazione presuppone un po' di chiarezza in ordine ai presup posti di legittimità della pubblicità testimoniale (per una ricostruzione in chiave comparata, v. C. Lema Devesa, La pubblicità testimoniale
(le testimonianze nel messaggio pubblicitario: nozione e disciplina giuri dica), in Riv. dir. ind., 1985, 164 ss.; e S. Gatti, Sponsorizzazione e pubblicità sponsorizzata, in Riv. dir. comm., 1985, 152).
In assenza di una normativa ritagliata sulla figura del testimonial, e
posta la controversa applicabilità dell'art. 4 codice di autodisciplina pub blicitaria (secondo cui le testimonianze devono essere autentiche, respon sabili e controllabili), l'attenzione deve centrarsi sulla ascrivibilità della
campagna pubblicitaria al novero delle testimonianze effettuate da per sonaggi celebri o, piuttosto, al campo di quelle ad opera di un esperto.
Al riguardo, contrariamente a quanto divisato dal giuri (a cui dire «è del tutto pacifico che la signora Lambertucci sia molto nota come
esperta di diete, ed anzi come persona la cui professione è appunto quella di giudicare e consigliare alimenti in funzione dei loro effetti sulla salute e sulla bellezza»), il pretore rileva che «le trasmissioni tele visive condotte dalla ricorrente la fanno apparire come una conduttrice indubbiamente esperta in materia, ma non come esperta: esperta è cioè sostanzialmente un aggettivo e non un sostantivo». Superato il senso di momentaneo disorientamento, non si tarda a comprendere che il ra
gionamento mira a scardinare l'assunto secondo cui debba considerarsi come pronunciato dalla bocca della verità qualsiasi dichiarazione pro veniente da un personaggio noto ai più. Tale considerazione non può non condividersi, ma la scelta del giuri e del decreto 74/92 mirano per
l'appunto a scongiurare un siffatto pericolo da parte della gran massa di consumatori, cui non si attagliano i rimedi di tipo individuale conte nuti nel codice civile.
Per la Federal Trade Commission esperto è la persona, gruppo, orga nizzazione, che per effetto della sua esperienza, studio o applicazione possa vantare una conoscenza, in una certa materia, superiore a quella generalmente raggiunta dalle persone comuni (cfr. par. 255.0 (definizio ni), lett. d, delle Guides cit.). Ma c'e di più. Qualora un personaggio celebre reclamizzi un prodotto od un servizio connesso all'attività, cui deve la propria fama, s'inclina a sussumere tale testimoniamza nel no vero di quella effettuata da un esperto (Lema Devesa, La pubblicità testimoniale, cit., 176), con le inevitabili conseguenze sul piano della
realtà della qualifica e dell'autenticità dell'esame del prodotto. In quest'ordine concettuale, la decisione del giuri non porta al bando
del testimonial in quanto tale, ma mira a scongiurare il pericolo di un
uso distorto della veste di conduttore televisivo specializzato nel campo della salute e della alimentazione, ossia in un settore fortemente esposto all'impressionabilità dei consumatori (sebbene i miti salutistici degli an
ni '80 siano ormai alle spalle). Per converso, le espressioni contestate, per quanto generiche, alludo
no ad una attitudine benefica del prodotto reclamizzato, senza far rife
rimento ad un autentico esame del prodotto stesso, ponendosi in con
trasto con il principio di verità della pubblicità sancito nell'art. 1 del
decreto 74/92. In altri termini, per quanto generiche, le dichiarazioni in esame lasciano trasparire la presenza di particolari caratteri, la cui
attestazione, da parte non già di un qualsiasi personaggio celebre, ma
ad opera di un soggetto versato nel campo dell'igiene alimentare, ri
schia di alimentare il pericolo che i consumatori siano indotti in errore.
[R. Simone]
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3187 PARTE PRIMA 3188
in subiecta materia assume valenza indiscussa se si tiene conto
che l'esame dei presupposti strumentali e sostanziali, posti a
base del codice dell'autodisciplina, si conclude in modo assolu
tamente negativo per il contenuto della decisione. Ci si trova, in altre parole, non di fronte ad una decisione perfetta dal pun to di vista sostanziale e procedurale, che potrebbe anche fare
dubitare della sua illegittimità, ma di fronte ad una decisione
che per i vizi endogeni che presenta non può essere discriminata.
Per effettuare una dettagliata analisi di questi vizi, è necessa
rio prendere le mosse dalla notissima sentenza del Tribunale
di Milano 22 gennaio 1976, Floridia estensore (Foro it., Rep.
1976, voce Concorrenza (disciplina), n. 54), nella quale si è af
fermato, a conclusione dell'intero iter argomentativo, che «si
avrebbe un evidente sconfinamento dai limiti dell'autorizzazio
ne se la decisione sfavorevole del giuri facesse un'applicazione distorta o erronea delle disposizioni strumentali e sostanziali con
tenute nel codice di lealtà».
Per effettuare questa analisi è necessario un dettagliato esame
di tre aspetti della vicenda: «chi è» la ricorrente, qual è la natu
ra della pubblicità testimoniale, quali sono le caratteristiche del
messaggio pubblicitario oggetto dell'inibizione del giuri. 3. - La sig. Lambertucci è una conduttrice di programmi tele
visivi e radiofonici di successo ed è autrice di libri a carattere
divulgativo in materia di alimentazione e diete e, più in genera le, di salute e benessere. La ricorrente non è laureata in corsi
universitari attinenti alle materie oggetto di queste attività pro
fessionali, né si è mai spacciata per tale. Il giuri' la definisce
come esperta di diete e persona la cui professione è quella di
giudicare e consigliare alimenti in funzione dei loro effetti sulla
salute e sulla bellezza; il giuri stesso, attribuendole la posizione di esperto autorevole e riconosciuto, afferma che la Lambertuc
ci non può fare pubblicità nel settore di sua specifica competen za senza che si determini un rischio di inganno del pubblico circa la reale natura del messaggio proposto.
Ma questa premessa contiene un evidente errore metodologi
co, un'applicazione distorta o erronea delle disposizioni del co
dice di lealtà, per usare l'espressione del Tribunale di Milano
nella sentenza citata. L'art. 2 prevede infatti il divieto di dichia
razioni o rappresentazioni tali da indurre in errore i consumato
ri. Invece il giuri parla semplicemente di «rischio di inganno» che è concetto estremamente generico, di sicura valenza quanti
tativa, in evidente antitesi con l'espressione «tali da indurre in
errore», di sicura valenza qualitativa. Lo stesso giuri si è reso
ben conto della problematicià della sua decisione e della delica
tezza della sua pronuncia, ma sacrifica il merchandising dell'e
sperto all'interesse prevalente del pubblico rappresentato dalla
necessità della fiducia nella obiettività e competenza dell'esper to stesso.
Ma anche sulla qualifica di esperto, come intesa dal giuri, si deve dissentire. Il giuri parla della ricorrente quasi con sacra
lità, mentre le trasmissioni televisive condotte dalla ricorrente
la fanno apparire come una conduttrice indubbiamente esperta in materia, ma non come un'esperta; esperta è cioè sostanzial
mente un aggettivo e non un sostantivo. Da quando un notissi mo presentatore televisivo ha cominciato a parlare quarantanni fa del «nostro esperto», qualunque persona abbia qualche no
zione su settori ancorché limitati e non sicuramente scientifici
viene qualificata, sempre dai conduttori, «l'esperto». Ma la fi
nalità del codice di lealtà non è quella di precludere pubblicità
ingannevole a pseudo esperti; altrimenti qualunque persona che
goda di una certa notorietà in un settore non potrebbe fare
pubblicità, proprio per essere nota e per avere acquistato una
certa credibilità, i limiti della quale sarebbero comunque di dif ficile, se non impossibile definizione; in altri termini, secondo il giuri, qualunque persona nel momento in cui raggiungesse un certo grado (quale?) di attendibilità, competenza, capacità quale pubblico consigliere sarebbe colpita dalla preclusione di
svolgere attività pubblicitaria, in subiecta materia.
Ma anche questo principio costituisce un'applicazione distor
ta delle disposizioni del codice che mirano a colpire la induzio
ne in inganno e non un semplice rischio di inganno (lo stesso
giuri non indica neppure un rischio di grado elevatissimo o ele
vato, limitandosi a parlare di rischio, che è concetto assoluta
mente inadeguato alla fattispecie). La ricorrente nelle trasmissioni appare una presentatrice bril
lante, un personaggio televisivo che tesse un canovaccio tra ar
gomenti diversi, tra ospiti diversi, tra situazioni diverse, ma non
Il Foro Italiano — 1993.
è l'autentico esperto, il consigliere pubblico reale ed effettivo
nei confronti del quale il giuri vorrebbe applicare la sanzione
inibitoria. Anche i libri della ricorrente si presentano, per le loro carat
teristiche grafiche e per il loro contenuto, con un carattere es
senzialmente divulgativo, almeno per il ruolo della Lambertuc
ci, se l'autrice inserisce qualche rubrica intitolata «Il parere del
l'esperto», nella quale un esperto qualificato, indicato con nome,
cognome, professione e qualifica, illustra scientificamente o pa
rascientificamente un problema. Da tutta l'attività della sig. Lambertucci emerge quindi che
la stessa non si è mai arrogata il ruolo di consigliere pubblico, termine usato dal giuri, che è un concetto diverso da consigliere del pubblico. Il concetto di consigliere pubblico, infatti, contie
ne una reale autorevolezza, un'incontestabile attendibilità, un'in
discussa posizione oggettiva che la ricorrente non ha voluto of
frire di sé. Che poi ogni presentatore o conduttore o autore
tenda a dare di sé la migliore immagine, non equivale ad imma
gine di autorevolezza ed attendibilità ufficiale (i francesi direb
bero «agréé») nei limiti sopra precisati. E questo è tanto più
vero se si pensa che, per fare un esempio, nella trasmissione
del 23 gennaio 1993 la conduttrice faceva espressamente pubbli cità ad una vasca per idromassaggio di una notissima marca,
evidentemente sponsor della trasmissione.
Qualunque spettatore che veda reclamizzato un prodotto in
una trasmissione da parte di un presentatore non può attribuire
ad un messaggio per un'acqua minerale un valore assoluto ed
eterno; lo spettatore, anche più sprovveduto, comprenderà per fettamente che un conto è sostenere, per esempio, la bontà delle
carote nell'alimentazione, un altro conto è reclamizzare un pro dotto quale un'acqua minerale o una vasca per idromassaggio, né potrà essere indotto in errore da una pubblicità del genere.
Un illustrissimo autore, in un famoso manuale di diritto pri
vato, sosteneva che «al mercato non si deve andare disarmati»
e che il dolus bonus non rileva in senso generale. Oggi il pubbli co dei consumatori ha raggiunto un elevato grado di maturità
ed è assolutamente disincantato. Anche se comparisse il più il
lustre scienziato o un titolare di cattedra prestigiosa a reclamiz
zare un prodotto, tutti comprenderebbero il carattere pubblici tario del messaggio e l'esistenza di un corrispettivo. Se, per fare
un esempio, il giudice più famoso di Italia reclamizzasse un
codice, nessuno penserebbe che questo sarebbe fatto «In nome
del popolo italiano» e concederebbe allo spot soltanto la pro
pria simpatia per il personaggio.
Applicando poi il principio sostenuto dal giuri alle attività professionali, se i cattedratici di medicina potrebbero fare il me
dico perché lottano contro la malattia e la morte, i cattedratici
di giurisprudenza non potrebbero fare l'avvocato perché soster
rebbero tesi «a pagamento» avvalendosi dell'immagine rappre sentata dalla loro posizione scientifica; i giudici infatti potreb bero essere indotti in errore dall'attendibilità scientifica delle
loro tesi, mascherate da un'indipendenza attribuibile alla atten
dibilità della loro capacità scientifica, mentre su queste tesi po trebbe gravare, con la ricostruzione effettuata dal giuri, il so
spetto della parzialità: la ricostruzione del giuri è pertanto inam
missibile. 4. - Si deve ora esaminare la natura della pubblicità testimo
niale, perché il messaggio contestato aveva queste caratteristi
che. Questa forma di pubblicità utilizza testimoni per confer
mare direttamente o indirettamente (per esempio, un ex scassi
natore autentico che sostiene di non essere riuscito a fare saltare
una cassaforte di una determinata marca) la bontà di un pro dotto. I testimonials non sono usati frequentemente, almeno
in Italia e sui testimonials che utilizzano personaggi famosi, un
autentico esperto di pubblicità, se la sua agenzia è una delle
prime del mondo, ha affermato che «vi è un'elevanza memoriz
zazione ma che non sono produttivi perché la parte tende a
ricordare il personaggio e a dimenticare il prodotto». Le forme di pubblicità testimoniale possono essere: testimo
nianze di persone celebri o famose, di esperti e di consumatori.
Il codice di autodisciplina pubblicitaria prescrive all'art. 4 che
le testimonianze devono essere autentiche, responsabili e con trollabili.
Se il messaggio in contestazione rientra nei testimonials di
esperti, come è indubbio, la testimonianza della ricorrente non
è in contrasto con il codice stesso, in quanto è sicuramente au
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tentica e controllabile (responsabile non significa praticamente nulla dopo l'uso distorto del termine che si è fatto per decenni).
Il giuri non ha comunque contestato la violazione dell'art.
4 ma, prescindendo dalla testimonianza, ha censurato l'attitudi
ne decettiva del messaggio.
Comunque, sulla qualifica di «esperto» della ricorrente, in
precedenza sono state effettuate le doverose precisazioni. 5. - Quali sono le caratteristiche del messaggio pubblicitario
contestato?
Il messaggio riportato nella memoria dell'istituto è del se
guente testo: «L'acqua è importante per la salute, la bellezza
e la linea (e questo testo non può presentare margini di conte
stabilità), Io ho scelto la mia acqua, Rocchetta, perché è legge
ra, naturale, ideale per una sana alimentazione. Rocchetta è
un alleato del mio benessere, è la mia amica, l'amica del vivere
bene». Si tratta di espressioni estremamente generiche e tauto
logiche, prive di una qualsiasi caratteristica incisiva, specifica,
personalizzata, e che potrebbero adattarsi a qualunque campa
gna relativa ad acque minerali. Leggerezza, naturalezza e ali
mentazione sana possono avere un valore decettivo solo nel ca
so in cui l'autore di queste espressioni sia in una posizione di
ambiguità personale, il che, è stato dimostrato, non si è verifi
cato. Frasi come «alleata del mio benessere», «mia amica, ami
ca del vivere bene» sono prive di un reale potere descrittivo
specifico o caratterizzante e nell'economia del messaggio pub blicitario acquistano valore solo se personalizzate, riferite cioè
alla persona che le pronuncia o alla sua immagine. Si tratta
di frasi sostanzialmente banali che la signora Lambertucci non
può arricchire di scientificità, come del resto, se le pronuncias
se, non potrebbe arricchirle neppure un cattedratico. L'assenza
di scientificità, e persino di pseudoscientificità, inpedisce ogni
equivoco, preclude ogni collegamento con la cosiddetta «esper
ta», anche nel senso meno ampio e più ristretto del termine.
Nessuno potrebbe pensare che la signora Lambertucci abbia pre
stato, per la pubblicità de qua, spontaneamente e gratuitamente
la sua testimonianza senza una controprestazione in denaro; la
natura del messaggio è chiaramente pubblicitaria; il suo tono,
scientificamente e parascientificamente inesistente, non consen
te di attribuirgli una capacità decettiva, neppure potenzialmen te. In conclusione si può dire, con il giudice statunitense Man
ton, in una famosa sentenza del 1932 (1932-1939 Trade Cas.
55.008, 41): «È molto dubbio che il pubblico sia tanto ingenuo da credere che tali testimonianze siano ottenute senza una con
veniente controprestazione». Ma un messaggio di questo genere che non è idoneo ad in
durre in errore i consumatori non è neppure pregiudizievole dei
concorrenti, come sostiene il giuri, secondo il quale la racco
mandazione della ricorrente acquisterebbe una «chiara valenza
comparativa». Ma nel caso in esame: non c'è chiarezza per la
estrema genericità delle affermazioni, non c'è valenza per un'i
doneità differenziatrice e non c'è comparatività perché la so
stanziale banalità del messaggio, privo non solo di qualsiasi ag
gressività ma anche di una qualunque incisività, esclude una
forma di comparazione. Per sintetizzare infine l'impressione che uno spettatore medio
e anche un po' sprovveduto riceve dal messaggio, si può dire
che lo spettatore può collegare all'acqua minerale soltanto la
persona fisica della ricorrente, perché le parole che essa pro
nuncia sono talmente generiche e deboli da spersonalizzare l'im
magine, almeno sotto l'aspetto scientifico o parascientifico che
è quello che sarebbe tale da indurre in errore. Non è una Lam
bertucci professionista o professionale che discetta su qualità
specifiche reali o asserite dell'acqua minerale, ma è solo un'im
magine sorridente che pronuncia frasi di circostanza che po
trebbero essere pronunciate con altrettanta efficacia decettiva
da una massaia (vera o finta) in veste di testimonial-, al posto della massaia c'è un noto personaggio televisivo, conduttrice
o presentatrice di programmi e nulla più.
In conclusione: la sig. Lambertucci non è un'esperta nel sen
so autentico del termine, la pubblicità testimoniale in questione
osserva anche le prescrizioni del codice e la natura del messag
gio è tale da fare escludere qualunque illiceità nel senso del co
dice stesso, per inidoneità dei suoi requisiti oggettivi e soggettivi.
6. - Un'ultima considerazione per confutare la tesi dell'istitu
to per l'autodisciplina pubblicitaria. Sempre l'illustre difensore
Il Foro Italiano — 1993.
dell'istituto sostiene che per riconoscere la fondatezza della pre tesa della ricorrente è necessario che i diritti vantati possano
esplicare per intero la loro cogenza e non incontrare limiti in
altri diritti di almeno pari rango; nella memoria di costituzione
si afferma che l'attività che il giuri svolge è espressione di un
ruolo di elevato valore sociale, quale quello della difesa del con
sumatore da una pubblicità non corretta, e, più avanti, che la
tutela dei consumatori, pur realizzata in base a principi di dirit
to privato, ha valenza costituzionale.
Questa tesi, peraltro suggestiva, è tuttavia in contrasto con
dati obiettivi. L'istituto per l'autodisciplina, per quanto concre
tamente abbia acquistato grande autorevolezza per la elevatissi
ma qualificazione professionale dei componenti del giuri attuale
e dei giuri precedenti, è sempre espressione di un'autonomia
negoziale privatistica; la tutela dei consumatori è indubbiamen
te una finalità nobile e di rango primario, ma l'estrinsecazione
dell'attività dell'istituto, la cui rilevanza è pure riconosciuta dal
d.leg. 25 gennaio 1992 n. 74 (possibilità da parte dell'autorità
garante della concorrenza e del mercato di sospendere il pro
prio giudizio in attesa della pronuncia dell'organismo di autodi
sciplina), è priva di quel riconoscimento pubblico specifico e
non generico, tale da attribuire al suo giudizio una valenza di
rango superiore, e da sopprimere o limitare diritti soggettivi dei
singoli, tanto più se di rango equivalente, quale quello di inizia
tiva economica. In un famoso saggio del 1978 illustri autori
avevano affermato che «le norme di detto sistema vengono rea
lizzate in definitiva, ad opera degli stessi soggetti da sottoporre a controllo» ed avevano proseguito che l'autodisciplina rappre senta un abile sistema ideato dal sistema produttivo, per soddi
sfare in modo fittizio le esigenze avvertite dal pubblico in ordi
ne alla regolamentazione della pubblicità, e per potere persegui re in realtà, nella perpetuazione di un vuoto normativo, solo
spregiudicate strategie di massimizzazione del profitto». Anche se questo severo giudizio deve ora essere stemperato
per l'ottimo lavoro svolto dal giuri, che ha acquistato eccezio
nale autorevolezza e apprezzamento per la qualità delle sue de
cisioni e per la rapidità dei suoi interventi, non è consentito
operare una discriminazione a favore delle finalità perseguite
dall'istituto tale da fare comprimere diritti soggettivi perfetti dei singoli; non si tratta infatti di diritti che possono essere af
fievoliti al rango di interessi legittimi.
7. - Sul carattere del pregiudizio, l'accesa discussione tra le
parti sulla sua natura, attinenti a diritti personalissimi o a diritti
di natura patrimoniale, appare pleonastica. Nel caso in esame
il pregiudizio sofferto dalla ricorrente ha un carattere non solo
patrimoniale (tra l'altro di ingente valore), ma incide in modo
irrimediabile sullo sviluppo futuro della sua personalità profes
sionale in senso lato. Si verifica qui una situazione analoga a
quella materia di concorrenza sleale per la quale è stata sempre
riconosciuta l'applicabilità dell'art. 700 c.p.c. Una decisione del
genere di quella adottata dal giuri non pregiudica la ricorrente
nel senso di un mancato guadagno di mille lire, di un milione
o di un miliardo, ma la pregiudica nello svolgere un'attività
accessoria e parallela, che comunque è garantita dalle norme
primarie relative alla libertà di iniziativa economica. Non si può
qui porre il problema dell'asserita violazione del diritto alla ri
servatezza, all'onore, alla reputazione e al decoro umano e pro
fessionale, in quanto le considerazioni di cui sopra sono deter
minanti da sole a fare ritenere l'applicabilità dell'art. 700 c.p.c. alla fattispecie in esame. Del resto, in alcune decisioni relative
a casi di maggiore rilevanza era stata ammessa l'applicabilità
dell'art. 700 c.p.c. anche a fattispecie nelle quali vi era un dan
no puramente economico, frequentemente ingente; e questo so
prattutto quando il danno non si concretizzava in un semplice
tantumdem, ma quando esplicava influenza rilevante, anche se
generica, su diritti personalissimi o incideva, come si è detto, sulla vita o sulla vitalità di un'azienda o sulle caratteristiche
personali e distintive di una persona. Dimostrati fumus e pregiudizio, rimangono da adottare i prov
vedimenti richiesti. È evidente che in questa adozione il giudice non può eseguire
la particolare Hàrte della dottrina tedesca sostenuta dalla ricor
rente. In ventisei anni di attività il giuri ha svolto un'opera as
solutamente prestigiosa che, citando l'annuario 1992, è stata «il
portato del buon lavoro svolto dagli organi autodisciplinari, la
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3191 PARTE PRIMA 3192
cui attività è contrassegnata da tempestività d'azione, compe tenza nel giudizio ed efficacia della pronuncia»; questa valuta
zione è condivisa senza riserve, ma non può precludere del pari un intervento dell'autorità giudiziaria dello Stato che non può abdicare aprioristicamente alla sua funzione.
Il primo provvedimento da adottare è la declaratoria, in via
provvisoria e cautelare, dell'illegittimità della decisione del giuri e del diritto della ricorrente a svolgere attività pubblicitaria, non
senza limiti, come si chiede nel ricorso, ma nei limiti di cui in motivazione. Non si ritiene di ordinare all'istituto di astener
si dalla pubblicazione della presente decisione, in quanto il prov vedimento avrebbe un carattere eccessivamente gravatorio e cen
sorio e, perché, in linea più generale, i provvedimenti giurisdi zionali possono ordinare un facere, ma non debbono imporre di cambiare idea a nessuno. Deve invece essere ordinata la pub blicazione per una volta su La Repubblica, Corriere della Sera
e Tempo a spese dell'istituto per l'autodisciplina pubblicitaria,
per uno spazio di mezza pagina di La Repubblica e un quarto di pagina del Corriere della Sera e del Tempo, di un estratto
dell'ordinanza contenente intestazione dell'ufficio, indicazione
delle parti e dei loro legali, dispositivo e sottoscrizione, entro
quindici giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza, autorizzan
do la ricorrente in caso di inadempimento a provvedere a pro
pria cura e a spese dell'istituto.
II
Con istanze del 5 e del 21 ottobre 1992, il presidente del Grup
po Italfin '80 s.p.a. e questa società hanno chiesto l'intervento
del giuri contro la campagna pubblicitaria della Cogedi (Com
pagnia generale distribuzione s.p.a.), e della Acqua oligomine rale Rocchetta s.p.a., in relazione alla messa in onda degli spots
pubblicitari dell'acqua minerale «Rocchetta», effettuati da Pu
blitalia 80 e Sipra. Si tratta in particolare di quattro spots, due ambientati in
studi televisivi, e gli altri all'aria aperta in mezzo ad un bosco, in cui la sig. Rosanna Lambertucci, dopo aver sinteticamente
richiamato l'importanza dell'acqua per una sana alimentazione, dice di aver scelto l'acqua minerale Rocchetta, «come sua ac
qua». In particolare, nei commercials in questione, la si sente
dire: «L'acqua è importante per la salute, la bellezza, la linea.
10 ho scelto la mia acqua, Rocchetta, perché è leggera, natura
le, ideale per una sana alimentazione. Rocchetta è una alleata
del mio benessere, è la mia amica, l'amica del viver bene».
Le istanti ritengono connotati da «evidente slealtà commer
ciale» questi spots, poiché utilizzano quale testimonial la sig. Rosanna Lambertucci, conduttrice televisiva e radiofonica di pro
grammi che si occupano esclusivamente di problemi inerenti al
la salute e alla bellezza. In particolare, le ricorrenti pongono l'accento sul più noto dei programmi Rai, «Più sarni, più belli», che sarà ripreso dal palinsesto Rai dal mese di dicembre; la
sig. Lambertucci ha altresì pubblicato libri di analogo argomen to e collabora sempre, quale esperta in materia, a varie testate
giornalistiche. Il tutto è documentato agli atti.
Secondo la società istante, poiché il pubblico medio degli utenti televisivi qualifica la sig. Lambertucci quale esperta qualificata dei problemi salutistici, i suoi consigli appaiono qualificati di per sé, senza necessità di verifica.
L'avvalersi di un tale genere di testimonianze, per di più im
prontando lo spot sulle scelte personali della stessa signora Lam
bertucci («io ho scelto la mia acqua, «Rocchetta» è una alleata del mio benessere, è la mia acqua, «Rocchetta», perché è legge
ra, naturale, ideale per una sana alimentazione. «Rocchetta»
è una alleata del mio benessere, è la mia amica, l'amica del
viver bene»), appare alla ricorrente finalità subdola e scorretta, in contrasto con l'art. 1 del codice di autodisciplina pubblicita ria; infatti il consumatore è indotto a ritenere il prodotto pub blicizzato dalla Lambertucci un buon prodotto alimentare, solo
perché espressamente preferito da lei, esperta alimentare. La
società Cogedi invoca anche l'art. 8 del codice di autodisciplina
pubblicitaria, poiché l'intensa attività scientifica della sig. Lam
bertucci ha provocato verso di lei la naturale e incondizionata
fiducia del consumatore che, quindi, è indotto a dare credito al prodotto solo perché ritiene super partes il testimone.
(Omissis)
11 Foro Italiano — 1993.
È del tutto pacifico che la sig. Lambertucci sia molto nota
come esperta di diete, ed anzi come persona la cui professione è appunto quella di giudicare e consigliare alimenti in funzione
dei loro effetti sulla salute e sulla bellezza. Questa professione viene notoriamente svolta dalla sig. Lambertucci conducendo
delle rubriche televisive e radiofoniche (assai seguite e di cui
la più conosciuta è denominata «Più sani e più belli»), tenendo
delle rubriche in argomento su vari giornali e pubblicando libri.
Come si legge nella prefazione di Umberto Veronesi all'ultimo
di questi libri, intitolato «Più magri più belli», la sig. Lamber tucci sta «facendo un importante lavoro di educazione alimen
tare...» che «ha inciso molto sulle abitudini alimentari degli ita
liani». Sempre secondo questa autorevole prefazione, che rispec chia un'opinione diffusa, la signora Lambertucci «...ha tracciato
una linea di condotta coerente, grazie alla quale riesce a persua dere la gente ad assumere comportamenti intelligenti...», inse
gnando «a essere più selettivi su ciò che si mangia». Orbene ad avviso del giuri una persona che sia giunta a rive
stire una simile posizione di esperto autorevole e riconosciuto,
per definizione obiettivo, non può far pubblicità nel settore di
sua specifica competenza senza che si determini un rischio di
inganno del pubblico circa la reale natura del messaggio che
gli viene proposto. Al riguardo va anzitutto rilevato come nulla a che fare con
la fattispecie in esame abbia l'art. 4 del codice di autodisciplina
pubblicitaria, che legittima bensì' le «testimonianze» controlla
bili, ma si riferisce con ogni evidenza non già ai c.d. testimo
nials, bensì alla assai più banale ipotesi delle attestazioni di sti
ma di clienti soddisfatti o di sedicenti esperti sconosciuti, di
solito inesistenti e con nomi stranieri. Del pari sembrano non
essere omogenei all'ipotesi in esame i casi menzionati dalla dife
sa della resistente come pacificamente leciti, e che concernono
in maggioranza campioni sportivi che fanno pubblicità a pro dotti che per qualche verso riguardano il loro sport. Boris Bec
ker che reclamizza delle scarpe da tennis, Agassi che fa lo stesso
con una bibita, Alberto Tomba che raccomanda un integratore
sportivo, non fanno infatti di mestiere gli esperti e consiglieri
obiettivi, ma praticano professionalmente lo sport. Il che può anche far pensare che in qualche misura si intendano dei pro dotti che reclamizzano, ma non attribuisce loro alcuna aura di
sicura obiettività, qual è quella che circonda il consigliere-esperto
professionale, il cui mestiere è proprio quello di giudicare e di
consigliare in modo obiettivo.
In altri termini, la notorietà dell'esperto consigliere, a diffe
renza di quella del campione sportivo o dell'attore, è indissolu
bilmente legata al suo carattere di giudice obiettivo, che giudica e consiglia i prodotti nel solo interesse dei consumatori. Perciò
non è pensabile che, quando si mette invece a fare pubblicità ad un prodotto, egli si spogli della sua veste abituale, cambi
faccia agli occhi del pubblico. La faccia che quest'ultimo conti nuerà a vedere avrà sempre per esso il medesimo significato di competenza e obiettività, che soverchierà la connotazione pub blicitaria più o meno palese in cui le dichiarazioni dell'esperto si inseriscano.
A quest'ultimo proposito, poi, va detto che almeno in due
dei quattro spots denunciati il carattere pubblicitario del filma
to è mimetizzato al massimo. La sena, infatti, si svolge in quel lo che appare essere uno studio televisivo, e che lo spettatore che conosce le trasmissioni televisive della sig. Lambertucci è
portato a identificare con lo studio in cui quelle trasmissioni
vengono registrate. Anzi: tutto è orchestrato in modo da far
pensare che le dichiarazioni della protagonista sull'acqua «Roc
chetta» vengano date «in coda» alla sua rubrica, o in un mo
mento di pausa, cosi da accreditare ulteriormente l'impressione che si tratti di una prosecuzione, senza soluzione di continuità,
dell'opera professionale di giudicare e consigliare obiettivamen
te nel solo interesse del consumatore.
Le possibilità di equivoco insite in pubblicità qual è quella di cui si tratta sono idonee a pregiudicare sia i consumatori, sia i concorrenti dell'utente. I primi perché in buona sostanza
vi si fa commercio della loro fiducia nella competenza e nell'o
biettività dell'esperto, e li si induce (o quanto meno si induce
una parte non irrilevante di loro) a ritenere che non si tratti
di pubblicità, o che comunque al più si tratti di una pubblicità
«particolare», cioè dell'utilizzazione pubblicitaria di dichiara zioni obiettive (non pubblicitarie) dell'esperto. I secondi perché
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
non solo l'utente fruisce di una raccomandazione la cui effica
cia è dovuta all'apparente obiettività, ma anche perché, data
la personalità professionale di chi la enuncia, quella raccoman
dazione acquista una chiara valenza comparativa. Da quanto si è detto fin qui emerge come la fattispecie
vada ricondotta, piuttosto che agli art. 1 e 8 di cui ha parlato la parte ricorrente, all'art. 2 del codice di autodisciplina pub
blicitaria, in quanto fattispecie sostanzialmente decettiva, che
presenta fra l'altro qualche affinità con quella descritta al
l'art. 7.
Il giuri si rende ben conto della delicatezza del problema
affrontato, e del fatto che risolvendolo nel modo appena espo sto si viene a privare una cerchia di persone di una possibilità
di far fruttare economicamente la propria notorietà. Senonché
questa notorietà consiste e si esaurisce nella fiducia del pub blico nella obiettività e competenza dell'esperto, e di questa
fiducia non appare legittimo far commercio. Chi liberamente
sceglie di fare il pubblico consigliere, e di ciò fa una profes sione (oltretutto remunerativa e gratificante), ben può accetta
re i limiti impliciti in ogni funzione in qualche modo pubbli ca. Che altro non sono se non limiti di coerenza alla funzione
stessa, la cui salvaguardia esorbita gli interessi individuali del
la persona che quella funzione ha liberamente scelto di eser
citare.
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile
I
Corte costituzionale — Conflitto di attribuzioni tra poteri del
lo Stato — Autorizzazione a procedere nei confronti di de
putati — Competenze della procura della repubblica e della
camera dei deputati — Modifica dell'art. 68 Cost. — Rinvio
della causa a nuovo ruolo (Cost., art. 68, 112; 1. cost. 29
ottobre 1993 n. 3, modifica dell'art. 68 della Costituzione, art. 1).
A seguito dell'entrata in vigore della 1. cost. 29 ottobre 1993
n. 3 che ha eliminato la necessità dell'autorizzazione a proce dere della camera di appartenenza, di cui all'art. 68 Cost.,
per sottoporre un parlamentare a procedimento penale, deve
essere rinviata a nuovo ruolo, per la necessità di sentire nuova
mente le parti, la causa relativa al conflitto di attribuzione
proposto dalla procura della repubblica presso il Tribunale di
Milano nei confronti della camera dei deputati circa la delibe
razione dell'assemblea nella seduta del 29 aprile 1993 con cui
è stata negata l'autorizzazione a procedere nei confronti del
l'on. Bettino Craxi per i capi di imputazione di cui alle ipotesi di corruzione e concessa invece per i capi concernenti le ipotesi
di violazione delle norme sul finanziamento pubblico dei
partiti. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 9 novembre 1993, n. 388 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 10 novembre 1993, n. 46); Pres.
Casavola, Est. Mirabelli; Proc. rep. Trib. Milano (Avv. Onida,
Frigo) c. Camera dei deputati (Avv. Sorrentino, Flick); Craxi.
Conflitto di attribuzioni.
Il Foro Italiano — 1993.
II
Corte costituzionale — Conflitto di attribuzioni tra poteri dello
Stato — Autorizzazione a procedere nei confronti di deputati — Competenze della procura della repubblica e della camera
dei deputati — Modifica dell'art. 68 Cost. — Rinvio della
causa a nuovo ruolo (Cost., art. 68, 112; 1. cost. 29 ottobre
1993 n. 3, art. 1).
A seguito dell'entrata in vigore della 1. cost. 29 ottobre 1993
n. 3 che ha eliminato la necessità dell'autorizzazione a procede
re della camera di appartenenza, ai sensi dell'art. 68 Cost., per
sottoporre un parlamentare a procedimento penale, deve essere
rinviata a nuovo ruolo, per la necessità di sentire nuovamente
le parti, la causa relativa al conflitto di attribuzione proposto
dalla procura della repubblica presso il Tribunale di Caltanis
setta nei confronti della camera dei deputati relativamente alla
deliberazione del 1° aprile 1993 con cui l'assemblea ha disposto la restituzione, per violazione dei termini, degli atti relativi alla
domanda di autorizzazione a procedere nei confronti dell'on.
Gianfranco Occhipinti. (2)
Corte costituzionale; ordinanza 9 novembre 1993, n. 387 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 10 novembre 1993, n. 46); Pres.
Casavola, Est. Cheli; Proc. rep. Trib. Caltanissetta c. Camera
dei deputati (Avv. Sorrentino, Flick); Occhipinti. Conflitto di attribuzioni.
Ili
Corte costituzionale — Conflitto di attribuzioni tra poteri dello
Stato — Autorizzazione a procedere nei confronti di senatori — Competenze della procura della repubblica e del senato
della repubblica — Modifica dell'art. 68 Cost. — Rinvio del
la causa a nuovo ruolo (Cost., art. 68, 112; 1. cost. 29 ottobre
1993 n. 3, art. 1).
A seguito dell'entrata in vigore della 1. cost. 29 ottobre 1993
n. 3 che ha eliminato la necessità dell'autorizzazione a procede
re della camera di appartenenza, ai sensi dell'art. 68 Cost., per
sottoporre un parlamentare a procedimento penale, deve essere
rinviata a nuovo ruolo, per la necessità di sentire nuovamente
le parti, la causa relativa al conflitto di attribuzione proposto dalla procura della repubblica presso il Tribunale di Milano nei
confronti del senato della repubblica circa la deliberazione del
l'assemblea nella seduta del 18 marzo 1993 con cui è stata nega
ta l'autorizzazione a procedere nei confronti del sen. Severino
Citaristi per i capi di imputazione concernenti le ipotesi di cor
ruzione per atto contrario ai doveri di ufficio e concessa invece
per i capi concernenti le ipotesi di corruzione per atto contrario
ai doveri di ufficio di violazione delle norme sul finanziamento
pubblico dei partiti. (3)
Corte costituzionale; ordinanza 9 novembre 1993, n. 386 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 10 novembre 1993, n. 46); Pres.
Casavola, Est. Baldassarre; Proc. rep. Trib. Milano (Avv. Oni
da, Frigo) c. Senato della Repubblica (Avv. Grassi, Gallo); Ci
taristi. Conflitto di attribuzioni.
(1-3) I ricorsi per conflitto tra poteri sollevati dalla procura della
repubblica presso il Tribunale di Milano e da quella presso il Tribunale di Caltanissetta erano stati dichiarati ammissibili da Corte cost., ord.
1° giugno 1993, nn. 265, 264, 263, Foro it., 1993, I, 2073, con nota
di richiami ed osservazioni di Romboli.
In ordine ai limiti di applicabilità della immunità parlamentare previ sta dall'art. 68 Cost., adde App. Roma 16 gennaio 1991, id., 1992,
I, 942, con nota di richiami e, in dottrina, Riccio, Immunità, voce
del Digesto pen., 1992, VI, 172. In tema di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, v., da ulti
mo, Corte cost. 28 ottobre 1993, n. 383, G.U., la s.s., n. 45 del 1993, che ha dichiarato la cessata materia del contendere in relazione ad un
conflitto sollevato dal magistrato di sorveglianza di Ancona nei con
fronti del ministro di grazia e giustizia e 14 ottobre 1993, n. 380, id., n. 43 del 1993, che ha invece dichiarato inammissibile, per carenza dei
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