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ordinanza 4 luglio 2002, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 luglio 2002, n. 27); Pres....

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ordinanza 4 luglio 2002, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 luglio 2002, n. 27); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Roma 7 novembre 2001 (G.U., 1 a s.s., n. 3 del 2002) Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 (OTTOBRE 2002), pp. 2563/2564-2567/2568 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196819 . Accessed: 24/06/2014 23:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.146 on Tue, 24 Jun 2014 23:06:51 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 4 luglio 2002, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 luglio 2002, n. 27); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Roma 7 novembre

ordinanza 4 luglio 2002, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 luglio 2002, n. 27);Pres. Ruperto, Est. Capotosti; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Roma 7 novembre 2001(G.U., 1 a s.s., n. 3 del 2002)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 (OTTOBRE 2002), pp. 2563/2564-2567/2568Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196819 .

Accessed: 24/06/2014 23:06

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PARTE PRIMA 2564

82, 2° comma, d.p.r. n. 917 del 1986 nella parte in cui, per gli

acquisti a titolo gratuito, non stabilisce ai fini della determina

zione della base di calcolo delle plusvalenze ivi riguardate una

rivalutazione del valore iniziale di acquisto del bene analoga a

quella disposta per l'ipotesi, del tutto omogenea, degli acquisti a

titolo oneroso.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi:

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 82, 2° com

ma, ultimo periodo, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 (approva zione del t.u. delle imposte sui redditi), come modificato dal

l'art. 11, 1° comma, lett. g), 1. 30 dicembre 1991 n. 413 (dispo sizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, faci

litare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la

rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, non

ché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al presidente della repub blica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni

dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), nella parte in

cui non prevede che, per i terreni acquistati per effetto di suc

cessione o donazione, il valore dichiarato nelle relative denunce

ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, assunto quale

prezzo di acquisto ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile, sia rivalutato in base alla variazione dell'indice dei

prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati; 2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 82, 2° comma, d.p.r. n. 917 del 1986, nella parte in

cui non contiene correttivi di carattere generale volti ad ovviare

alle conseguenze della svalutazione monetaria, sollevata, in rife

rimento all'art. 53 Cost., dalla Commissione tributaria regionale di Bologna e, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., dalla Com

missione tributaria provinciale di Forlì, con le ordinanze in epi

grafe;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio

nale del combinato disposto degli art. 82 e 108 d.p.r. n. 917 del

1986, sollevata, in riferimento agli art. 2, 3, 11 e 53 Cost., dalla

Commissione tributaria provinciale di Forlì con l'ordinanza in

epigrafe; 4) dichiara inammissibili le ulteriori questioni di legittimità

costituzionale dell'art. 82, 2° comma, d.p.r. n. 917 del 1986,

sollevate, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., dalla Commissio

ne tributaria regionale di Bologna e dalla Commissione tributa

ria provinciale di Forlì, con le ordinanze in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 4 luglio 2002, n.

315 (Gazzella ufficiale, la serie speciale, 10 luglio 2002, n.

27); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; interv. Pres. cons, mini

stri. Ord. Trib. Roma 7 novembre 2001 (G.U., la s.s., n. 3 del

2002).

Rogatoria in materia penale — Richiesta di acquisizione di

atti processuali all'autorità straniera — Trasmissione in

copia non munita di formale autentica — Inutilizzabilità — Questione manifestamente inammissibile di costituzio

nalità (Cost., art. 3, 10, 111; cod. proc. pen., art. 727, 729; 1.

5 ottobre 2001 n. 367, ratifica ed esecuzione dell'accordo tra

Italia e Svizzera che completa la convenzione europea di assi stenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne

agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifiche al codice penale e al codice di

procedura penale, art. 12, 13, 18).

E manifestamente inammissibile la questione di legittimità co

stituzionale degli art. 727, comma 5 bis, e 729 c.p.p., come

modificati dagli art. 12 e 13 I. 5 ottobre 2001 n. 367, nonché

dell'art. 18 stessa legge, nella parte in cui stabiliscono l'inu

tilizzabilità degli atti acquisiti o trasmessi in violazione delle

norme convenzionali di assistenza giudiziaria, riguardanti la

Il Foro Italiano — 2002.

trasmissione o l'acquisizione di documenti o di altri mezzi di

prova a seguito di rogatoria e dispongono, in deroga a! prin

cipio tempus regit actum, l'applicabilità delle nuove norme ai

processi in corso, in riferimento agli art. 3, IO e 111 Cost. ( 1 )

(1) La decisione in epigrafe scandisce un nuovo capitolo della tor mentata vicenda, introdotta dalla c.d. legge sulle rogatorie (1. 5 ottobre 2001 n. 367), concernente l'attestazione di conformità della documen tazione inviata dall'autorità straniera a seguito di richiesta rogatoriale formulata dall'autorità giudiziaria italiana. 1 termini del problema, nel loro nucleo essenziale, sono oltremodo noti: l'art. 729, 1° comma,

c.p.p., novellato dall'art. 13 I. n. 367 del 2001, sanziona con l'inutiiiz zabilità gli atti, trasmessi dall'autorità straniera, che non risultino con formi — sul piano delle modalità di acquisizione o di trasmissione — a

quanto prescritto, tra l'altro, dagli strumenti internazionali pattizi; l'art.

3, par. 3, della convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia

penale enuncia, sul punto, la regola secondo cui la copia del documento

proveniente dall'estero dovrà essere munita di «certificazione di con formità».

E, tuttavia, risaputo come ormai da tempo si sia messa a fuoco, nel l'area dello «spazio europeo», una prassi internazionale secondo cui la nota con la quale l'autorità richiesta trasmette all'autorità rogante gli atti oggetto della domanda precisa che la rogatoria viene «restituita

evasa», e contiene, dunque, un implicito attestato di conformità tra

quanto acquisito all'estero a seguito della domanda rogatoriale e quanto trasmesso all'autorità rogante medesima. D'altronde, la prassi nei rap porti internazionali è fonte di interpretazione delle norme convenzionali ai sensi dell'art. 31, par. 3, lett. b), della convenzione di Vienna sul di ritto dei trattati.

A fronte di ciò, all'indomani dell'entrata in vigore delle modifiche novellistiche introdotte dalla 1. n. 367 del 2001, la giurisprudenza di merito aveva seguito una linea interpretativa volta a valorizzare la pras si emersa in materia: ricalcando un indirizzo già profilatosi, in dottrina, nell'alveo del primo dibattito (cfr., tra gli altri, Chiavario, Dopo le po lemiche sulle rogatorie è tempo di interpretazioni ragionevoli, in Guida al dir., 2001, fase. 40, 10; Carcano, L'irregolarità dello Stato estero blocca la prova, ibid., fase. 42, 54; Caselli, L'Europa ci guarda, in

MicroMega/Quaderni, suppl. al fase. 4 del 2001, 56), si è ritenuto,

dunque, che l'implicita dichiarazione di conformità all'originale sottesa alla nota di restituzione della rogatoria «evasa» soddisfi il requisito po sto dall'art. 3, par. 3, della convenzione europea di assistenza giudizia ria, mettendo, pertanto, le copie trasmesse dall'estero —

pur se difetti,

per ciascuna di esse, una specifica dichiarazione di conformità all'ori

ginale — al riparo dalla sanzione dell'inutilizzabilità prevista dal

«nuovo» art. 729, 1° comma, c.p.p. (cfr., in tal senso, Trib. Milano 12 novembre 2001, Foro it., 2002, II, 235, con osservazioni di Di Chiara; sulla pronuncia, cfr. Selvaggi, Su trasmissione e documentazione degli atti la giurisprudenza nei ruolo di «battistrada», in Guida al dir., 2001, fase. 45, 88 ss.).

Non sono mancati, per vero, indirizzi di segno opposto, che hanno talora preteso, a pena di inutilizzabilità, la specifica attestazione di con formità su ciascuna delle copie degli atti trasmessi dall'autorità stranie ra (cfr., in tal senso, Trib. Ravenna 19 novembre 2001, Foro it., 2002, II, 524, con nota di richiami). Su un quadrante diverso si colloca la

quaestio posta all'origine della decisione in epigrafe: evocando, quali parametri dell'invocato scrutinio, gli art. 3, 10 e 111 Cost., il giudice a

quo (Trib. Roma 7 novembre 2001, id., Rep. 2001, voce Rogatoria, n.

12) ha dubitato della legittimità costituzionale dei «nuovi» art. 727, comma 5 bis, e 729, comma 1 e 1 bis, c.p.p., nonché del regime transi torio disegnato dall'art. 18 1. n. 367 del 2001. Con l'odierno interlocu torio decisum (su cui cfr., per una prima attenta lettura, Selvaggi, Un invito a seguire la prassi internazionale nell'«iter» di valutazione dei

giudici di merito, in Guida al dir., 2002, fase. 28, 82 s.) la corte ha, tuttavia, concluso per la manifesta infondatezza della quaestio, ritenen do che i dubbi prospettati dal rimettente si sostanzino in mere questioni interpretative, la cui soluzione spetta al giudice ordinario e non può, in

quanto tale, esser posta ad oggetto di una verifica di costituzionalità. Pur nel suo segno algebrico epidermicamente neutro, la pronuncia —

che rimprovera al giudice a quo di non aver adoperato tutte le risorse

proprie dell'ermeneutica giuridica prima di sollevare il dubbio di legit timità costituzionale — indica, tuttavia, due scansioni che non sembra

possano essere poste in ombra nel quadro di una compiuta lettura del l'odierno decisum: la corte invita, da una parte, a valorizzare i principi posti dalla convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (tra cui — è su

perfluo rimarcarlo — spicca, per ragioni di pertinenza, proprio l'art. 31,

par. 3, lett. b)\ in termini scoperti viene, del resto, suggerito di verifica re la prospettabilità di «differenti interpretazioni delle norme censurate, già emerse nella giurisprudenza di merito», testandone l'idoneità al fine di risolvere, sul piano dell'ermeneutica, il conflitto, prospettato dal

giudice a quo, tra norma ordinaria interna e fonte internazionale, scritta e non scritta. Se, dunque, è da escludere che la corte abbia inteso pren der posizione circa la legittimità costituzionale o meno delle norme

sottoposte a scrutinio, non può tuttavia nascondersi come in filigrana,

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Page 3: ordinanza 4 luglio 2002, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 luglio 2002, n. 27); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Roma 7 novembre

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 7 novembre 2001 (Foro

it., Rep. 2001, voce Rogatoria, n. 12), il Tribunale di Roma ha

sollevato, in riferimento agli art. 3, 10 e 111 Cost., questione di

legittimità costituzionale: a) dell'art. 729 [recte: art. 729, 1°

comma] c.p.p., come modificato dall'art. 13 1. 5 ottobre 2001 n.

367 (ratifica ed esecuzione dell'accordo tra Italia e Svizzera che

completa la convenzione europea di assistenza giudiziaria in

materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifi

che al codice penale ed al codice di procedura penale), nella

parte in cui stabilisce l'inutilizzabilità degli atti acquisiti o tra smessi in «violazione delle norme di cui all'art. 696, 1° comma,

c.p.p. riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di documenti

o di altri mezzi di prova a seguito di rogatoria»; b) dell'art. 727, comma 5 bis, e 729 [recte: art. 729, comma 1 e 1 bis] c.p.p., come modificati dagli art. 12 e 13 1. 5 ottobre 2001 n. 367, nella

parte in cui prevedono l'inutilizzabilità soltanto degli atti pro dotti dal p.m. acquisiti o assunti mediante rogatoria internazio

nale mancanti di certificazione o, comunque, senza l'osservanza

della disciplina processuale italiana, e non anche di ogni atto

prodotto dall'imputato; c) dell'art. 18 1. 5 ottobre 2001 n. 367, nella parte in cui, «in deroga al principio del tempus regit ac

tum, ha esteso l'applicabilità delle nuove norme ai processi in

corso»; d) del «combinato disposto» degli art. 12, 13 e 18 I. 5

ottobre 2001 n. 367; che la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata

nel corso di un procedimento penale relativo ad un'imputazione di traffico e ricettazione di reperti archeologici, fondata sull'e

sito di perquisizioni compiute all'estero ed in particolare sul se

questro di reperti rinvenuti nel corso di scavi clandestini ese

guiti in Italia, nonché di documenti trasmessi, «in copia priva di

certificazione di autenticità», dalla competente autorità giudizia ria della Repubblica federale tedesca in esecuzione di rogatorie internazionali;

che i documenti — precisa il giudice a quo

— sono stati «di

chiarati utilizzabili» all'udienza del 9 maggio 2000 ed inseriti, ex art. 431, lett. d), c.p.p., nel fascicolo per il dibattimento, ma

che, nella successiva udienza del 15 ottobre 2001, tenuto conto

della nuova disciplina in tema di utilizzabilità degli atti acquisiti mediante rogatoria internazionale e della disposizione transito

ria la quale estende le nuove regole anche agli atti già acquisiti al dibattimento, il p.m. ha eccepito l'illegittimità costituzionale

delle norme introdotte dalla 1. 5 ottobre 2001 n. 367, nella parte in cui vietano l'utilizzabilità di documenti trasmessi dallo Stato

richiesto senza la specifica certificazione di autenticità; che tali documenti, secondo il giudice rimettente, sarebbero

«inutilizzabili» ai fini della decisione per le seguenti ragioni: a) l'art. 3, 3° comma, della convenzione di Strasburgo del 20

aprile 1959 ratificata dall'Italia con 1. 23 febbraio 1961 n. 215

(ratifica ed esecuzione della convenzione europea di assistenza

giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile

1959), prevede che lo Stato richiesto è tenuto a trasmettere a

quello richiedente «semplici copie o fotocopie dei fascicoli o

documenti richiesti munite di certificazioni di conformità»; b) l'art. 696, 1° comma, c.p.p., nel testo modificato dall'art. 9 1. n.

367 del 2001, richiamando tra le fonti di diritto internazionale dirette a disciplinare la cooperazione giudiziaria la predetta convenzione di Strasburgo, imporrebbe «l'osservanza anche

dell'art. 3, 3° comma, in conformità al suo enunciato testuale»;

c) quest'ultimo precetto sarebbe richiamato espressamente dal

l'art. 729, 1° comma, c.p.p., nel testo modificato dall'art. 13 1.

n. 367 del 2001, nella parte in cui prevede per qualsiasi viola

zione delle norme di cui all'art. 696, 1° comma, c.p.p., la san

zione processuale dell'inutilizzabilità ai fini della decisione; d) l'art. 18 1. 5 ottobre 2001 n. 367 avrebbe esteso l'applicabilità delle nuove norme ai processi in corso, prevedendo l'inutilizza

bilità ai fini della decisione di documenti trasmessi dallo Stato

richiesto prima dell'entrata in vigore della novella senza la spe cifica attestazione di autenticità, anche se già acquisiti al fasci

colo del dibattimento;

oltre la tramatura delle indicazioni impartite, si profili, nel «pensiero» della corte, una qualche insoddisfazione per ogni lettura asfittica delle norme qui oggetto di verifica; il che sembra, a ben vedere, aspetto dav vero non trascurabile, ove si abbia cura di coglierne appieno la ricchez za dei risvolti operativi. [G. Di Chiara]

Il Foro Italiano — 2002.

che, cosi interpretato, il «combinato disposto» degli art. 12, 13 e 18 della legge in esame non sarebbe conforme — secondo

l'ordinanza di rimessione — al «canone generale di ragionevo lezza»; inoltre, l'art. 13, cit., sarebbe in contrasto con una «con

suetudine internazionale invalsa nell'applicazione» del citato art. 3 della convenzione di Strasburgo, violando così indiretta mente l'art. 10 Cost.; gli art. 12 e 13, cit., sarebbero in contrasto

sia con il principio del contraddittorio in condizioni di parità tra le parti, sia con quello della ragionevole durata del processo ed

infine l'art. 18, cit., oltre ad essere contrastante con quest'ulti mo principio, non sarebbe conforme, in quanto deroga al canone del tempus regit actum, a criteri di ragionevolezza;

che secondo il rimettente, la questione, oltre che non manife

stamente infondata, sarebbe anche rilevante, in quanto gli atti

privi della specifica attestazione di conformità in virtù delle

nuove norme, e perciò «inutilizzabili» ai fini della decisione,

rappresenterebbero gli elementi su cui «si fonda l'ipotesi accu

satoria».

Considerato che il giudice a quo dubita — in riferimento agli art. 3, 10 e 111 Cost. — della legittimità costituzionale degli art.

727, comma 5 bis, e 729 [recte: art. 729, comma 1 e 1 bis]

c.p.p., come modificati dagli art. 12 e 13 1. 5 ottobre 2001 n.

367 (ratifica ed esecuzione dell'accordo tra Italia e Svizzera che

completa la convenzione europea di assistenza giudiziaria in

materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifi

che al codice penale ed al codice di procedura penale), ed altresì

dell'art. 18 stessa 1. 5 ottobre 2001 n. 367, nella parte in cui sta

biliscono l'inutilizzabilità degli atti acquisiti o trasmessi in vio lazione delle norme convenzionali in materia di assistenza giu diziaria, riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di docu

menti o di altri mezzi di prova a seguito di rogatoria e, in deroga al principio del tempus regit actum, dispongono l'applicabilità delle nuove norme ai processi in corso;

che secondo il giudice a quo — in virtù dell'espresso rinvio,

che risulterebbe dagli art. 729, 1° comma, e 696, 1° comma,

c.p.p., alle regole della «convenzione europea di assistenza giu diziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959» — dovrebbe conseguire 1 'inutilizzabilità dei documenti

privi della certificazione di autenticità, perché trasmessi dallo

Stato richiesto in violazione dell'art. 3 della predetta conven

zione del 1959, che imporrebbe la trasmissione dei documenti

«in originale» o, in mancanza, in copia munita di «certificato di

conformità»; che il giudice a quo, dopo avere denunciato «l'esasperato ri

gore formale», non sorretto da «apprezzabili esigenze sostan

ziali della tutela giurisdizionale», del nuovo sistema, sostiene, da un lato, che la nuova disciplina avrebbe ripristinato

un'«interpretazione restrittiva» dell'art. 3, 3° comma, della

convenzione di Strasburgo del 1959 e, dall'altro lato, che tale

interpretazione «appare superata da quella consuetudinaria», ba

sata sulla «prassi consolidata di tutti gli Stati che aderiscono alla

convenzione»; che il giudice rimettente prospetta essenzialmente un conflitto

interpretativo tra gli enunciati testuali delle disposizioni legisla tive censurate e l'asserita prassi internazionale consolidata, po nendo così in realtà una questione di mera interpretazione, per risolvere la quale non può rivolgersi alla Corte costituzionale, ma deve avvalersi di tutti gli strumenti ermeneutici applicabili, tra i quali, trattandosi nella specie di un accordo internazionale, anche i principi della convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati;

che, d'altronde, il giudice a quo non ha verificato, prima di

sollevare la questione di legittimità costituzionale, se potessero adottarsi differenti interpretazioni delle norme censurate, già emerse nella giurisprudenza di merito, le quali fossero in grado di risolvere la proposta questione interpretativa;

che, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di

questa corte, la questione di legittimità costituzionale deve esse

re dichiarata manifestamente inammissibile, non avendo il ri

mettente assolto «l'onere di verificare la concreta possibilità di

attribuire alla norma denunciata un significato diverso da quello censurato e tale da superare i prospettati dubbi di legittimità co

stituzionale» (ex plurimis, ordinanza n. 322 del 2001, id., 2001,

1,3021). Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale.

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2567 PARTE PRIMA 2568

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife

sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale

degli art. 727, comma 5 bis, e 729 [recte: art. 729, comma 1 e 1

bis] c.p.p., come modificati dagli art. 12 e 13 1. 5 ottobre 2001

n. 367 (ratifica ed esecuzione dell'accordo tra Italia e Svizzera

che completa la convenzione europea di assistenza giudiziaria in

materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifi

che al codice penale ed al codice di procedura penale), ed altresì

dell'art. 18 stessa 1. 5 ottobre 2001 n. 367, sollevata dal Tribu

nale di Roma, in riferimento agli art. 3, 10 e 111 Cost., con

l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 giugno 2002, n.

270 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 luglio 2002, n.

26); Pres. Ruperto, Est. Onida; Consiglio superiore della

magistratura, sez. disciplinare (Avv. Pace) c. Senato della re

pubblica (Avv. Grassi). Conflitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —

Sezione disciplinare del Csm — Legittimazione (Cost.,

art. 104, 105, 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costi

tuzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, art.

37). Parlamento — Parlamentare magistrato fuori ruolo — Giu

dizio disciplinare — Immunità per voti dati e opinioni

espresse — Conflitto tra poteri

— Spettanza al senato

della repubblica — Esclusione —

Fattispecie (Cost., art.

68).

La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistra tura è organo abilitato a dichiarare in maniera definitiva la

volontà del potere cui appartiene ed è pertanto legittimata a

proporre conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. (1) Non spetta al senato della repubblica dichiarare che i fatti, og

getto di addebito disciplinare nel procedimento pendente da

vanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della

magistratura nei confronti del dott. Giorgianni, magistrato fuori ruolo in aspettativa in quanto senatore, concernono

opinioni espresse da un membro del parlamento nell'eserci zio delle sue funzioni, ai sensi dell 'art. 68, 1 ° comma, Cost, e,

conseguentemente, deve essere annullata la deliberazione in tal senso adottata in data 29 luglio 1999 (nella specie, la corte ha escluso l'applicabilità dell'immunità parlamentare sia per il carattere materiale della condotta addebitata. sia

(1) Nel dichiarare il presente conflitto ammissibile (Corte cost., ord. 22 novembre 2000, n. 530, Foro it., 2001, I, 371, con nota di richiami), la corte aveva espressamente sottolineato di riservarsi, in contradditto rio con le parti, la decisione definitiva circa la legittimazione della se zione disciplinare del Csm ad essere parte di un conflitto tra poteri (v., in merito, le osservazioni di Malfatti, Il conflitto di attribuzioni tra

poteri dello Stato, in Romboli (a cura di), Aggiornamenti in tema di

processo costituzionale (1999-2001), Torino, 2002, 187 ss.). La decisione in epigrafe risolve il problema in senso positivo, rite

nendo a tal fine decisiva la constatazione per cui la sezione disciplinare è da ritenersi competente a dichiarare definitivamente la volontà del

potere cui appartiene (cioè del Csm), «in quanto le sue determinazioni in materia disciplinare sono insuscettibili di qualsiasi revisione o avo cazione da parte del plenum e costituiscono piena e definitiva espres sione della potestà disciplinare attribuita dalla Costituzione».

Per la legittimazione della sezione disciplinare del Csm a sollevare

questioni di legittimità costituzionale in via incidentale, v. Corte cost. 2 febbraio 1971, n. 12, Foro it., 1971,1, 536, con nota di richiami.

Sulla natura giurisdizionale della sezione disciplinare del Csm e del relativo procedimento, v. Corte cost. 16 novembre 2000, n. 497, id., 2001, 1, 383, con nota di richiami e osservazioni di Panizza.

Il Foro Italiano — 2002.

per il fatto che la stessa era inerente ad un periodo anteriore

all'assunzione dello status di parlamentare). (2)

Diritto. — 1. - La sezione disciplinare del Csm, investita di

un procedimento disciplinare nei confronti di un magistrato della procura della repubblica di Messina, all'epoca in aspetta tiva perché candidato e poi eletto al parlamento, ha sollevato

conflitto di attribuzioni nei confronti del senato della repubblica chiedendo l'annullamento della deliberazione del 29 luglio 1999

con la quale l'assemblea ha dichiarato che i fatti, oggetto di al

cuni dei capi di incolpazione a carico di detto magistrato, con

cernono opinioni espresse da un membro del parlamento nel

l'esercizio delle sue funzioni, e ricadono pertanto nell'ambito

dell'insindacabilità di cui all'art. 68, 1° comma. Cost.

La deliberazione del senato si riferisce a tre dei capi di incol

pazione a carico del magistrato, concernenti, rispettivamente, l'addebito di avere omesso di informare i colleghi che lo avreb

bero sostituito nella conduzione di un processo sullo stato del

procedimento medesimo e di avere disposto la cancellazione dai

computer di dati relativi a detto processo; l'addebito di avere

frequentato con carattere di continuità una persona da ritenersi

di dubbia fama in considerazione dei suoi precedenti penali e

giudiziari; e quello di avere reso alla commissione parlamentare antimafia, in sede di inchiesta relativa ai predetti rapporti, di

chiarazioni non corrispondenti all'effettiva realtà.

La sezione ritiene che il nesso funzionale fra l'attività oggetto del giudizio disciplinare e l'esercizio del mandato parlamentare sussista solo per il terzo dei ricordati addebiti (dichiarazioni alla

commissione antimafia) e non sussista invece riguardo ai fatti

oggetto degli altri due addebiti, affermando che spetta all'orga no disciplinare stabilire se il magistrato incolpato non avesse al

cun obbligo di collaborazione con i colleghi dell'ufficio prima della sua elezione a senatore, e se egli abbia ostacolato di fatto il

normale svolgimento delle indagini, come pure accertare se sia

censurabile l'ipotizzata frequentazione, risalente ad epoca ante

riore all'elezione in parlamento, di un personaggio definito «di

dubbia fama». Essa dunque solleva conflitto di attribuzioni im

pugnando la deliberazione del senato limitatamente ai due capi concernenti tali addebiti.

2. - Deve essere in primo luogo esaminata l'eccezione di

inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del senato per carenza di legittimazione attiva della sezione ricorrente; ecce

zione basata sull'assunto che, spettando il potere disciplinare sui magistrati al Csm, il ricorso per conflitto avrebbe dovuto es

sere deliberato non dalla sezione disciplinare, ma dal plenum del

consiglio, e avrebbe dovuto essere sottoscritto dal presidente, o

per sua delega dal vicepresidente di questo, anziché dal presi dente della sezione.

L'eccezione non merita accoglimento. L'art. 105 Cost, attribuisce i provvedimenti disciplinari nei

riguardi dei magistrati alla competenza del Csm, ed è quindi ef

fettivamente in capo a questo organo che si colloca l'attribuzio ne in contestazione.

(2) La corte rileva come la condotta addebitata al parlamentare (aver omesso di informare i colleghi, chiamati a sostituire il magistrato in

colpato nella conduzione di un procedimento, sullo stato del procedi mento stesso, aver disposto la cancellazione di dati da computer utiliz zati dal magistrato e dai suoi collaboratori, frequentazione non occasio nale di persona di dubbia fama) non può, per i caratteri materiali della

stessa, essere ricondotta ad «opinioni» e tanto meno a «voti» espressi nell'esercizio della funzione di parlamentare^ Ciò a maggior ragione per i comportamenti tenuti dal senatore in un periodo anteriore all'as sunzione dello status di parlamentare.

Per l'affermazione secondo cui l'art. 68, 1° comma, Cost, si riferisce unicamente alle «opinioni espresse» ed ai «voti dati» dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni, per cui non può riguardare compor tamenti materiali (nella specie, qualificati come oltraggio e resistenza a

pubblico ufficiale), v. Corte cost. 17 maggio 2001, n. 137, Foro it., 2001,1, 2145 e 2002, I, 339, con nota di richiami e nota di Marone.

In tema di conflitto tra autorità giudiziaria e camere in ordine all'ap plicazione dell'immunità parlamentare di cui all'art. 68, 1° comma, Cost., v. Corte cost. 21 marzo 2002, n. 79, e 15 marzo 2002, nn. 52, 51 e 50, ibid., 1277, con nota di richiami, che hanno risolto nel merito i conflitti, e Corte cost. 10 maggio 2002, n. 172, ord. 7 maggio 2002, n.

159, e 5 aprile 2002, n. 87, ibid., 1914, con nota di richiami e osserva zioni di Romboli, le quali invece hanno deciso i relativi conflitti con decisioni di tipo processuale.

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