ordinanza 6 dicembre 1986; Giud. Giuliani; Misto (Avv. Nuzzaci) c. MSI-DN (Avv. Telli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2573/2574-2577/2578Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179033 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
loro attività imprenditoriale, gli stessi avevano già in programma di provvedere loro alla produzione della bicicletta urbana tramite
terzi, affidando ad imprese del settore la preparazione dei diversi
componenti (Aluminia per la scocca) e ad una ditta specializzata
l'assemblaggio (si è parlato dell'azienda Detto Pietro di Milano),
provvedendo poi loro direttamente alla commercializzazione.
Del resto anche nella bozza del 24 gennaio 1986 era previsto che della commercializzazione per il comune di Milano e per le
Ferrovie Nord si sarebbero occupati i ricorrenti.
In tale ottica il comportamento di Aluminia che, dimentica del
ruolo avuto dai ricorrenti nella creazione della bicicletta e senza
il consenso degli stessi, intraprenda una campagna di presenta zione e pubblicizzazione della bicicletta nei termini di cui si è
detto, appare contrario alle regole della correttezza nell'esercizio
dell'impresa, come tale sanzionabile quale atto di concorrenza
sleale a norma dell'art. 2598, n. 3, c.c.
L'inibitoria di un simile comportamento va pertanto disposta,
prescindendo da ogni argomentazione circa l'asserita non brevet
tabilità del trovato di cui alle domande presentate dai ricorrenti.
Il periculum in mora è innegabile in termini di discredito per l'attività e per la reputazione dei ricorrenti.
L'inibitoria riguarderà, oltre la promozione pubblicitaria, la pro duzione ed il commercio delle biciclette in questione.
Stante quanto sopra non sembra necessario disporre l'accanto
namento o il ritiro di quei pochi prototipi fino ad oggi realizzati da Aluminia, né appare opportuno disporre la pubblicazione del
provvedimento cosi come richiesto dai ricorrenti.
Non sembra sussistano gli estremi di cui all'art. 89 c.p.c. per
disporre la cancellazione di alcune espressioni usate dalla difesa
della resistente secondo le richieste fatte dal difensore dei ricor
renti nel foglio di deduzioni a verbale del 16 ottobre 1986.
Tali espressioni, ancorché frutto della vivacità che ha accom
pagnato l'intero procedimento, da entrambe le parti, non appaio no sconvenienti né ingiuriose.
PRETURA DI ROMA; ordinanza 6 dicembre 1986; Giud. Giu
liani ; Misto (Avv. Nuzzaci) c. MSI-DN (Avv. Telli).
PRETURA DI ROMA;
Partiti politici — Controversie disciplinari — Ricorso a commis
sioni interne — Arbitrato irrituale — Scadenza del termine —
Cognizione del giudice ordinario — Conseguenze — Fattispecie. Provvedimenti di urgenza — Partito politico — Decadenza di
iscritto — Determinazioni del segretario e della commissione
centrale di disciplina — Sospensione — Ammissibilità — Fatti
specie (Cod. civ., art. 23; cod. proc. civ., art. 700).
Decorso il termine, previsto dallo statuto di partito politico (nella
specie, MSI-DN) per investire della controversia in materia di
infrazioni statutarie l'apposita commissione interna, che ha na
tura e svolge funzioni di collegio arbitrale irrituale, l'interessa
to può sottoporre la medesima controversia alla cognizione del
giudice ordinario e chiedere al pretore, prima della instaurazio
ne del giudizio di merito, l'emanazione di provvedimenti ur
genti ai sensi dell'art. 700 c.p.c. (1)
(1) L'affermazione riassunta nella massima discende dall'applicazione alla fattispecie (caratterizzata dalla scadenza del termine previsto dallo
statuto del Movimento sodale-Destra nazionale per l'utilizzazione del mec
canismo di composizione delle controversie con gli iscritti disciplinato dallo
statuto del partito) dei principi ripetutamente enunciati dalla Corte di
cassazione, con le sentenze puntualmente richiamate dal pretore, a pro
posito dei rapporti tra la cognizione degli arbitri irrituali e quella del
giudice ordinario [su cui, da ultimo, C.M. Barone (V. Andrioli, G.
Pezzano, A. Proto Pisani), Le controversie in materia di lavoro, Zani
chelli - Foro italiano, Bologna-Roma, 1987, 224-229, testo e nota 4; non
ché, con specifico riferimento proprio al settore di tali controversie, Cass.
14 gennaio 1987, n. 214, Foro it., 1987, I, 790, con nota di richiami]. Senza preoccuparsi di verificare la tempestività dell'instaurazione nel
caso concreto dell'arbitrato irrituale previsto dallo statuto della Demo
crazia cristiana, Pret. Taranto 25 settembre 1986, id., 1986, 1, 2924, con
nota di richiami, ha, invece, ritenuto senz'altro improponibile, in presen za di siffatta previsione statutaria, il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto da iscritto al partito per ottenere la sospensione dello svolgimento di con
gresso provinciale.
Il Foro Italiano — 1987.
Poiché il rimedio cautelare tipico individuabile nell'art. 23 c.c. presuppone la instaurazione del giudizio di merito, è consentito
al pretore sospendere ante causam, ai sensi dell'art. 700 c.p.c.,
l'efficacia tanto del provvedimento del segretario del Movimento
sodale-Destra nazionale, dichiarativo della decadenza per in
compatibilità di iscritto al partito, quanto della decisione della
commissione centrale di disciplina dello stesso partito, limitata
si a prendere atto della determinazione del segretario e a di
chiarare la cessazione dei presupposti per l'esame del
procedimento disciplinare in precedenza promosso contro il me
desimo iscritto. (2)
Non sono in contestazione i fatti posti a fondamento della do
manda cautelare atipica proposta, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., da Giuseppe Misto nei confronti del Movimento sociale italiano
Destra nazionale (MSI-DN), risultando del resto documentalmen
te: a) che il ricorrente, consigliere comunale di Putignano (BA)
per il MSI-DN, in data 22 gennaio 1986 è stato dal commissario
federale di Bari deferito alla commissione centrale di disciplina
per «comportamenti lesivi agli interessi del partito», venendo nel
contempo sospeso dal partito stesso e diffidato dal frequentare le sedi e dallo svolgerne l'attività politica; b) che avverso tale
provvedimento il Misto, in data 27 gennaio 1986, ha proposto ricorso alla cennata commissione, pervenuto a quest'ultima il 31
gennaio 1986; c) che in data 3 febbraio 1986 il commissario fede
rale di Bari ha contestato al Misto gli addebiti dandone comuni
cazione alla commissione centrale di disciplina; d) che in data
11 febbraio 1986 il Misto ha inoltrato alla commissione medesi
ma «note aggiuntive» al ricorso, pervenute alla destinataria il 20
febbraio 1986; e) che il 18 febbraio 1986, sul quotidiano del par tito «Secolo d'Italia», sotto il titolo «Provvedimento disciplina
re», è apparso un comunicato del seguente tenore: «Il segretario nazionale del MSI-DN, on. Giorgio Almirante, ha dichiarato la
decadenza da iscritto al partito, per incompatibilità, ai sensi dello
statuto, dell'iscritto Giuseppe Misto della federazione di Bari. Il
Misto ha infatti costituito un gruppo autonomo, in contrasto con
la locale sezione del MSI-DN, nel comune di Putignano. Il segre tario del partito ha comunicato tale decisione, per la ratifica, alla
commissione centrale di disciplina»; f) che nella seduta dell'11
luglio 1986 detta commissione ha adottato la seguente decisione:
«La commissione rileva che il segretario nazionale del partito con
provvedimento pubblicato su «Secolo d'Italia», in data 18 feb
braio 1986, ha dichiarato la decadenza di Misto Giuseppe da iscrit
to al MSI-DN per incompatibilità avendo costituito un gruppo autonomo nel comune di Putignano, in contrasto con la locale
sezione del partito. In conseguenza, nel prenderne atto, dichiara
che sono venuti meno i presupposti per esaminare il procedimen to disciplinare in precedenza promosso contro il Misto».
Sul presupposto esattamente dell'illegittimità del provvedimen to di «decadenza» pronunciato dal segretario nazionale del MSI
DN, siccome tale sanzione non risulterebbe contemplata dallo sta
tuto del partito e non sarebbe in ogni caso di competenza del
segretario nazionale stesso, il Misto ha quindi chiesto in via d'ur
genza la revoca del provvedimento in contestazione e la rimessio
ne del caso alla commissione centrale di disciplina del MSI-DN affinché esamini il ricorso proposto dall'interessato avverso il pro
prio deferimento per motivi disciplinari. Al riguardo, occorre preliminarmente riconoscere la proponibi
lità della domanda avanzata in questa sede dal Misto, non ostan
tandovi il fatto che lo statuto del partito devolva ad apposite commissioni le controversie relative all'osservanza dello statuto
medesimo.
Assume invero il resistente MSI-DN che il Misto aveva la pos
sibilità, senza che se ne sia avvalso, di impugnare la decisione
della commissione centrale di disciplina, la quale si è limitata a
prendere atto del provvedimento di decadenza adottato dal segre tario nazionale del partito, proponendo ricorso nei termini statu
(2) Contra, in base alla ritenuta applicabilità dell'art. 23, 3° comma, c.c. alle associazioni non riconosciute, Pret. Roma 8 aprile 1985, Foro
it., 1985, I, 2794 e Pret. Roma 9 dicembre 1986, id., 1987, I, 1936, nelle
cui note di richiami sono citati i precedenti invocati nella riportata ordi
nanza; adde, in aggiunta alle menzionate pronunzie conformi all'impo stazione di quest'ultima, Pret. Brindisi 29 aprile 1986, id., Rep. 1986, voce Provvedimenti d'urgenza, n. 152, secondo cui è ammissibile il prov vedimento ex art. 700 c.p.c. diretto a sospendere l'esecuzione della deli
bera di sospensione di associazione sportiva.
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2575 PARTE PRIMA 2576
tari alla commissione di secondo grado e cioè alla corte centrale
di disciplina preveduta dall'art. 85 dello statuto medesimo.
Orbene, pur se è vero che le previsioni statutarie di un partito
politico, le quali attribuiscano ad apposite commissioni la cogni zione dei ricorsi degli iscritti in materia di infrazioni dello stesso
statuto, configurano altrettante clausole compromissorie per ar
bitrato «irrituale», sicché è da escludere l'applicabilità preventiva della norma di cui all'art. 23 c.c. (ritenuta invece da Trib. Brindi
si 4 settembre 1981, Foro it., 1981, I, 2846) dal momento che
l'eventuale contrarietà alla legge, all'atto costitutivo o allo statu
to delle delibere degli organismi dell'associazione (nella specie non
riconosciuta, come appunto i partiti politici) non può essere ac
certata per saltum dal giudice ordinario dovendo essere prima rilevata da quell'amichevole compositore previsto dalla clausola
compromissoria e che, nel caso dei partiti politici, è costituito
dalle cennate commissioni (Cass., sez. un., 4 dicembre 1984, id.,
1985, I, 321; e già Pret. Milano 7 maggio 1979, id., 1979, I, 2769), è tuttavia da rilevare che, secondo la più recente giurispru denza (Cass. 30 gennaio 1985, id., 1985, I, 375; 15 novembre
1984, id., 1984, I, 2970; 21 giugno 1983, id., 1983, I, 3055; 30 dicembre 1981, id., 1982, I, 399, le quali hanno in tal modo mo
strato di discostarsi dall'indirizzo precedentemente accolto da Cass.
8 gennaio 1980, id., 1980, I, 310 e da Cass. 20 dicembre 1982,
id., 1983, I, 2196, siccome apertamente criticate in dottrina), quan do per qualsiasi ragione il compromesso per arbitrato irrituale
(nel quale è insita la rinuncia delle parti alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto controverso) abbia esaurito la
sua efficacia per la sopravvenuta impossibilità di far regolare da
gli arbitri il rapporto stesso, risorge per le parti il potere di eserci
tare le azioni derivanti dal rapporto de quo e di richiedere quindi al giudice la decisione già rimessa all'apprezzamento degli arbitri
liberi. Più in particolare, cessato per il decorso del termine stabilito
l'effetto della clausola negoziale, ancorché dovuto all'inerzia o
all'omissione della parte interessata, è da ritenere che la contro
versia vada devoluta alla cognizione del giudice ordinario, il
quale, previo accertamento dell'«inesecuzione» della clausola com
promissoria stessa, deve procedere alla relativa pronuncia nel
merito.
Nella specie, è appena il caso di rilevare che lo statuto del MSD
DN, all'art. 84 del testo prodotto dal resistente (il quale appare
palesemente come quello vigente, recando le modifiche approvate dal comitato centrale nella seduta del 26 ottobre 1985, rispetto invece al testo esibito dal ricorrente, il quale riproduce le norme
vigenti alla data del 3 aprile 1982), prevede che avverso la deci
sione della commissione centrale di disciplina possa essere propo sto ricorso «nel termine perentorio», avvenuta con raccomandata
del 16 luglio 1986 spedita il 23 luglio 1986. Poiché dunque già alla data della presentazione del ricorso de
quo (29 ottobre 1986) era ampiamente decorso il termine di cui
sopra, ne consegue, giusta quanto precede, che, non avendo il
Misto inteso avvalersi del rimedio compromissorio per arbitrato
libero previsto dal citato art. 84 dello statuto del MSI-DN, è per ciò stesso stata «ripristinata» la cognizione del pretore adito.
Tutto ciò premesso, si osserva nel merito che con la decisione
adottata nella seduta dell'11 luglio 1986, la commissione centrale
di disciplina del MSI-DN ha dichiarato esser «venuti meno i pre
supposti per esaminare il procedimento disciplinare...promosso contro il Misto», in considerazione del provvedimento del segre tario nazionale del partito pubblicato in data 18 febbraio 1986
con il quale era stata dichiarata «la decadenza di Misto Giuseppe da iscritto al MSI-DN per incompatibilità...».
Occorre quindi preliminarmente verificare la legittimità di tale
provvedimento, adottato dall'on. Giorgio Almirante.
Al riguardo, si deve rilevare che gli art. 4 e 5 dello statuto
del resistente contemplano le cause che, rispettivamente, compor tano l'indegnità di appartenenza al MSI-DN e l'incompatibilità della iscrizione al Movimento.
Il successivo art. 7 prevede poi che «decade dalla qualità di
iscritto chiunque risulti essere incorso in uno dei casi previsti da
gli art. 4 e 5 del presente statuto».
Ancora, l'art. 12 del medesimo statuto stabilisce che l'accerta
mento e il giudizio sulle cause di indegnità, di incompatibilità e di decadenza dalla qualità di iscritto... vengono svolti ed effet
tuati dagli organi statutariamente competenti. Nello statuto del MSI-DN, peraltro, nessuna norma prevede
poi espressamente quale sia l'organo competente a giudicare sulla
Il Foro Italiano — 1987.
decadenza dalla qualità di iscritto per indegnità o per incompati bilità.
Certamente, un simile potere non appartiene al segretario na
zionale del partito, le cui attribuzioni sono specificamente indica
te dall'art. 59 dello statuto, laddove, in ogni caso, stante il disposto dell'art. 24, 3° comma, c.c., il quale demanda all'assemblea (ad un organo cioè collegiale ben distinto dall'organo «amministrati
vo», quale appunto deve considerarsi nei partiti politici la «segre
teria») il potere di esclusione dell'associato per gravi motivi (tra i quali vengono correntemente ricomprese le sopravvenute man
canze dei requisiti richiesti per far parte dell'associazione), sareb
be di dubbia legittimità persino un'espressa previsione statutaria
in tal senso, che, però, nella fattispecie, come accennato, non
si rinviene affatto.
Occorre quindi diversamente argomentare, prendendo spunto, da un lato, dalla già richiamata disposizione contenuta nell'art.
12 dello statuto del MSI-DN, la quale demanda agli organi statu
tariamente competenti altresì l'accertamento e il giudizio sul man
cato adempimento di doveri e «su ogni altra infrazione
disciplinare», ribadendo la necessità della contestazione scritta degli addebiti e di sentire personalmente l'interessato, dall'altro dalla
norma di cui all'art. 77 dello statuto, secondo la quale «si proce de disciplinarmente a carico dell'iscritto» che, tra l'altro, si sia
reso indegno di appartenere al partito ai sensi dell'art. 4 (art.
77, lett. e) o che versi in una delle ipotesi di incompatibilità pre viste dall'art. 5 (art. 77, lett. d).
Poiché dunque l'indegnità e l'incompatibilità dell'iscritto sono
da considerare, ai sensi dello statuto, «infrazioni disciplinari», ne consegue che la competenza a giudicare di esse non potrà che
appartenere all'organo «disciplinare», ovvero alla commissione
centrale di disciplina (in primo grado), laddove il richiamo conte
nuto nell'art. 7 alla decadenza dalla qualità di iscritto, che conse
gue al ricorso di uno dei casi previsti dagli art. 4 e 5, non può che essere inteso nel senso che colui il quale versi in una delle
ipotesi di indegnità o di incompatibilità viene colpito dalla stessa
esclusione dal partito, ovvero dall'espulsione, dalla più grave cioè
delle sanzioni contemplate dall'art. 80, 2° comma, dello statuto, come ulteriormente conferma il disposto del 3° comma del mede
simo art. 80, secondo il quale le sanzioni diverse dall'espulsione
(censura; sospensione a tempo determinato; sospensione a tempo
indeterminato) sono inflitte per mancanze disciplinari che non
escludono il ravvedimento, laddove non può esservi «ravvedimen
to» (donde l'applicabilità della sanzione più grave) per chi si sia
venuto a trovare privo delle stesse condizioni (per indegnità ap
punto o per incompatibilità) per l'ammissione prima e per la per manenza poi nel seno dell'associazione.
Ne discende che la declaratoria di decadenza da iscritto al par
tito, pronunciata a carico del Misto dal segretario nazionale del
MSD-DN, è, in quanto tale, illegittima, siccome emessa da un
organo statutariamente incompetente al riguardo e, comunque, senza le garanzie difensive espressamente richiamate dall'art. 12
dello statuto.
Peraltro, nel comunicato apparso sul quotidiano «Secolo d'Ita
lia» del 18 febbraio 1986, si legge testualmente «Il segretario del
partito ha comunicato tale decisione, 'per la ratifica', alla com
missione centrale di disciplina».
Appare quindi lecito ritenere, in forza del principio generale utile per inutile non vitiatur, che il provvedimento preso dal se
gretario nazionale del MSI-DN (peraltro ignoto nel suo contenu
to «autografo», risultando esclusivamente dal surrichiamato
comunicato apparso sulla stampa del partito) possa in realtà esse
re riguardato quale mera «proposta» di decadenza (rectius, di
espulsione) del Misto e, al più, quale «sospensione» del ricorren
te dall'attività politica, nell'esercizio, rispettivamente, dei poteri di iniziativa disciplinare e di cautela relativa testualmente previsti dall'art. 59 dello statuto («il segretario nazionale... ha il potere di deferire per mancanze disciplinari ogni iscritto agli organi com
petenti adottando anche, in attesa della decisione definitiva, prov vedimenti immediati con effetti sospensivi da ogni attività
politica»). Anche in tal modo argomentando, tuttavia, pur prescindendo
dal rilievo che cosi facendo il segretario nazionale del MSI-DN si sarebbe inutilmente sovrapposto ad una iniziativa disciplinare e ad una sospensione cautelativa nei confronti del Misto già adot
tate dal commissario federale di Bari (raccomandata del 22 gen naio 1986), è palese come non si sottrarrebbe a censure di
illegittimità l'operato della commissione centrale di disciplina che, anziché procedere alla cognizione nel merito degli addebiti disci
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
plinari mossi all'attuale ricorrente, ha invece ritenuto «venuti meno
i presupposti per esaminare il procedimento disciplinare in prece denza promosso contro il Misto», esattamente in ragione del fat
to che il segretario nazionale del partito ne aveva «dichiarato la
decadenza».
Poiché, anzi, in tal modo la cennata commissione ha mostrato
di considerare in se e per se valida una pronuncia del segretario nazionale che si è invece dimostrato essere in quanto tale illegitti
ma, ne risulta ulteriormente confermata la antigiuridicità, per vio
lazione delle stesse norme statutarie, tanto del provvedimento del
segretario nazionale in data 18 febbraio 1986 quanto della deci
sione adottata dalla commissione centrale di disciplina nella se
duta dell'11 luglio 1986.
Posto dunque che va riconosciuta la sussistenza, quanto meno
sotto il profilo del fumus boni iuris, del diritto del Misto ad otte
nere la caducazione dei sopra cennati provvedimenti, è ora da
osservare come tale diritto, durante il tempo occorrente a farlo
valere, in via ordinaria, sia minacciato da pregiudizio imminente
ed irreparabile. Da un lato, infatti, si noti che tale pregiudizio è già in atto
(in conseguenza della declaratoria di decadenza del ricorrente dalla
qualità di iscritto al MSI-DN) ed è semmai suscettibile di ulterior
mente aggravarsi nelle more della tutela.
Dall'altro, basti considerare come i provvedimenti in contesta
zione a carico del Misto hanno inciso, di fatto, sullo stesso dirit
to di quest'ultimo a continuare a far parte dell'organismo politico di cui trattasi.
Per un verso, quindi, il necessario meccanismo per il consegui
mento degli scopi associativi nei termini delle previsioni statutarie
e la sua conservazione è un fatto che attiene allo stesso modo
di esistere dell'organismo de quo e che non può essere, in caso
di deterioramento, sostituito o risarcito da un valore equivalente, non conciliandosi il caratteristico contenuto della reintegrazione
patrimoniale con la particolare natura di situazioni assolutamente
infungibili, quale il modo di essere di un soggetto o di un organi smo giuridico (Pret. Roma 16 dicembre 1966, id., Rep. 1967,
voce Provvedimenti d'urgenza, n. 16).
D'altro canto, l'esclusione da un organismo politico in partico
lare, sul presupposto dell'attribuzione all'escluso di determinati
atteggiamenti o iniziative, rappresenta certamente un danno non
economicamente valutabile, e quindi non risarcibile, risolvendosi
in un pregiudizio relativo a diritti primari della personalità, le
cui lesioni sono, per loro stessa natura, di massima irreparabili.
Né, da ultimo, potrebbe dubitarsi dell'ammissibilità del rime
dio cautelare atipico di cui all'art. 700 c.p.c., in considerazione
della esistenza del rimedio «tipico» previsto dall'art. 23 c.c. (e,
analogicamente, dal successivo art. 24 c.c.), laddove cioè è con
sentito di richiedere al tribunale investito dell'opposizione alla de
libera di esclusione la «sospensione» della delibera stessa, atteso
che, come rilevato in dottrina, la necessaria, preventiva instaura
zione del giudizio in via di ordinaria cognizione esclude la possi
bilità del ricorso «diretto» allo strumento cautelare tipico ed induce
quindi ad ammettere il rimedio ex art. 700 c.p.c. (in tal senso,
altresì' Pret. Bari 28 luglio 1982, id., Rep. 1983, voce Associazio
ne non riconosciuta, n. 13; Pret. Agrigento 23 gennaio 1981, id.,
Rep. 1982, voce Provvedimenti d'urgenza, n. 111).
Ritenuta pertanto la necessità di provvedere ad assicurare prov
visoriamente gli effetti della futura decisione di merito, stima il
giudicante, sulla falsariga della misura cautelare tipica di cui al
citato art. 23, 3° comma, c.c. (riconosciuto estensibile altresì alle
associazioni non riconosciute: Pret. Bari 16 febbraio 1985, Scar
pa contro Circolo della Vela; App. Torino 10 febbraio 1983, id.,
1983, I, 1095), di sospendere l'efficacia di ambedue i provvedi
menti considerati, come meglio specificati in dispositivo.
Il Foro Italiano — 1987.
PRETURA DI PISA; ordinanza 20 giugno 1986; Giud. Tede
schi; Soc. Gucci c. Moretti e altri.
PRETURA DI PISA;
Provvedimenti di urgenza — Marchio — Contraffazione — Con
correnza sleale — Fattispecie (Cod. civ., art. 2569; cod. proc.
civ., art. 700; r.d. 21 giugno 1942 n. 929, disposizioni in mate
ria di brevetti per marchi di impresa, art. 1, 11, 61).
Va accolta la richiesta di tutela cautelare urgente avanzata dal
l'imprenditore (nella specie, la soc. Guccio Gucci) che lamenti
la contraffazione del proprio marchio mercé la riproduzione del patronimico, con la sola variazione nella iniziale del preno me f'P' per Paolo). (1)
Con ricorso, depositato il 30 gennaio 1986, Guccio Gucci s.p.a.,
con sede in Firenze ed in persona del presidente Gucci Maurizio,
esponeva di operare nel settore della moda ed in particolare del
l'abbigliamento, pelletteria ed accessori, con propri negozi in tut
te le più importanti città italiane e con notorietà su tutto il territorio
nazionale ed all'estero.
Aggiungeva di avere sempre contraddistinto i propri prodotti con il marchio Gucci, che, oltre ad identificarsi con il «cuore»
della propria denominazione sociale, era stato registrato sino dal
1955 e poi rinnovato con estensione della protezione a tutte le
classi merceologiche.
(1) Analoga questione — protagonista sempre la nota casa di moda
Gucci — era stata agitata, ancora di recente, innanzi al Giurì del codice
di autodisciplina pubblicitaria, decisione 15 aprile 1986, n. 29, Foro it.,
1986, I, 2946, con nota di richiami ad ulteriori schermaglie giudiziarie di cui s'è dato conto su queste colonne. Per un precedente in linea col
provvedimento in epigrafe, v. Trib Roma 31 marzo 1983, id., Rep. 1985, voce Marchio, n. 79, secondo cui il «cuore» del contrassegno è costituito dal cognome e non dal prenome, che nell'uso normale assumerebbe inve
ce un ruolo subalterno ed accidentale.
L'indagine non può essere limitata ai soli aspetti estrinseci e formali.
Più specificamente, l'identità di sigle non può di per sé esaurire il giudi zio sulla contraffazione: occorre piuttosto valutare le modalità, l'esisten
za di differenze anche lievi, nonché l'impressione globale che può derivare dalla comparazione dei marchi, avendo riguardo ai destinatari del pro dotto; ed è questo il principio espresso da Cass. 7 marzo 1983, n. 3109,
id., 1983, 1, 2810, con nota di S. Di Paola (e di G. Olivieri, in Giusi,
civ., 1983, I, 3297). In tale controversia (che vedeva impegnate altre due
case di moda, tra le più accorsate: Ferragamo e Fendi), la Cassazione
prendeva anche partito in tema di tutelabilità del contrassegno che risulti
incorporato nel prodotto, ritenendo tra l'altro legittima la duplice funzio
ne del marchio, ornamentale e propriamente distintiva. Sullo stesso tema
cfr. in dottrina P. Vercellone, in Trattato diretto da Rescigno, 18 Tori
no, 1985, 96. L'affinità tra i prodotti, come si evince dall'ordinanza su riportata,
costituisce ulteriore elemento di valutazione del pericolo di confusione
per i consumatori. Quanto ai criteri di determinazione dell'affinità, v.
Cass. 12 gennaio 1984, n. 241, Foro it.. Rep. 1984, voce cit., n. 55, che ribadisce la necessità di un'indagine condotta in via unitaria, median
te un apprezzamento complessivo, che tenga conto degli elementi salienti; e per un'applicazione di specie, Cass. 24 ottobre 1983, n. 6244, id., 1984,
I, 123, con esaustiva nota di riferimenti.
Che si tratti di un giudizio «d'impressione e non di riflessione» —
che comporta, di conseguenza, una valutazione «sintetica» e non «anali
tica» — viene confermato da Trib. Bergamo 9 novembre 1982, Giur.
dir. ind., 1984, 1722, cui aderisce Trib. Roma 21 maggio 1984, ibid.,
1775, nonché Trib. Milano 6 ottobre 1983, ibid., 1739.
Per ciò che attiene all'estensione della tutela del diritto al nome, sem
pre in tema di marchi patronimici va registrato l'orientamento consolida
to della giurisprudenza secondo cui la tutela del nome ricorre solo quando l'uso arrechi pregiudizio o leda l'onore o la reputazione (App. Milano
14 giugno 1983, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 41, e Trib. Roma 31
gennaio 1983, ibid., n. 42). V. altresì' Corte cost. 3 marzo 1986, n. 42, id., 1986, I, 2104, che ha
dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'arti
colo unico della 1. 158/67 nella parte in cui non consente la coesistenza
di marchi comprendenti il nome patronimico di omonimi imprenditori
concorrenti, anche in presenza di elementi differenziatori.
L'ammissibilità della tutela ex art. 700 in tema di violazioni di marchi
risulta pacificamente ammessa in giurisprudenza, pur in presenza dei ri
medi cautelari tipici di cui all'art. 61 1. marchi, quando non ricorrano
i presupposti per l'applicazione di questi ultimi o comunque vengano in
vocati provvedimenti di natura e con effetti diversi (v. in tal senso Pret.
Roma, ord. 2 luglio 1983, Giur. dir. ind., 1984, 1732, nonché Pret. Tori
no, decr. 13 dicembre 1984, Foro it., 1985, I, 2806, con nota di richiami
di S. Di Paola, e Pret. Roma, ord. 24 novembre 1986, giud. Fiore, Soc.
Edifin e Soc. Nuova Meeting c. Soc. Il Messaggero, inedita.
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