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ordinanza 6 dicembre 1986; Giud. Giuliani; Misto (Avv. Nuzzaci) c. MSI-DN (Avv. Telli)

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ordinanza 6 dicembre 1986; Giud. Giuliani; Misto (Avv. Nuzzaci) c. MSI-DN (Avv. Telli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2573/2574-2577/2578 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179033 . Accessed: 24/06/2014 21:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.107 on Tue, 24 Jun 2014 21:46:00 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 6 dicembre 1986; Giud. Giuliani; Misto (Avv. Nuzzaci) c. MSI-DN (Avv. Telli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2573/2574-2577/2578Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179033 .

Accessed: 24/06/2014 21:45

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

loro attività imprenditoriale, gli stessi avevano già in programma di provvedere loro alla produzione della bicicletta urbana tramite

terzi, affidando ad imprese del settore la preparazione dei diversi

componenti (Aluminia per la scocca) e ad una ditta specializzata

l'assemblaggio (si è parlato dell'azienda Detto Pietro di Milano),

provvedendo poi loro direttamente alla commercializzazione.

Del resto anche nella bozza del 24 gennaio 1986 era previsto che della commercializzazione per il comune di Milano e per le

Ferrovie Nord si sarebbero occupati i ricorrenti.

In tale ottica il comportamento di Aluminia che, dimentica del

ruolo avuto dai ricorrenti nella creazione della bicicletta e senza

il consenso degli stessi, intraprenda una campagna di presenta zione e pubblicizzazione della bicicletta nei termini di cui si è

detto, appare contrario alle regole della correttezza nell'esercizio

dell'impresa, come tale sanzionabile quale atto di concorrenza

sleale a norma dell'art. 2598, n. 3, c.c.

L'inibitoria di un simile comportamento va pertanto disposta,

prescindendo da ogni argomentazione circa l'asserita non brevet

tabilità del trovato di cui alle domande presentate dai ricorrenti.

Il periculum in mora è innegabile in termini di discredito per l'attività e per la reputazione dei ricorrenti.

L'inibitoria riguarderà, oltre la promozione pubblicitaria, la pro duzione ed il commercio delle biciclette in questione.

Stante quanto sopra non sembra necessario disporre l'accanto

namento o il ritiro di quei pochi prototipi fino ad oggi realizzati da Aluminia, né appare opportuno disporre la pubblicazione del

provvedimento cosi come richiesto dai ricorrenti.

Non sembra sussistano gli estremi di cui all'art. 89 c.p.c. per

disporre la cancellazione di alcune espressioni usate dalla difesa

della resistente secondo le richieste fatte dal difensore dei ricor

renti nel foglio di deduzioni a verbale del 16 ottobre 1986.

Tali espressioni, ancorché frutto della vivacità che ha accom

pagnato l'intero procedimento, da entrambe le parti, non appaio no sconvenienti né ingiuriose.

PRETURA DI ROMA; ordinanza 6 dicembre 1986; Giud. Giu

liani ; Misto (Avv. Nuzzaci) c. MSI-DN (Avv. Telli).

PRETURA DI ROMA;

Partiti politici — Controversie disciplinari — Ricorso a commis

sioni interne — Arbitrato irrituale — Scadenza del termine —

Cognizione del giudice ordinario — Conseguenze — Fattispecie. Provvedimenti di urgenza — Partito politico — Decadenza di

iscritto — Determinazioni del segretario e della commissione

centrale di disciplina — Sospensione — Ammissibilità — Fatti

specie (Cod. civ., art. 23; cod. proc. civ., art. 700).

Decorso il termine, previsto dallo statuto di partito politico (nella

specie, MSI-DN) per investire della controversia in materia di

infrazioni statutarie l'apposita commissione interna, che ha na

tura e svolge funzioni di collegio arbitrale irrituale, l'interessa

to può sottoporre la medesima controversia alla cognizione del

giudice ordinario e chiedere al pretore, prima della instaurazio

ne del giudizio di merito, l'emanazione di provvedimenti ur

genti ai sensi dell'art. 700 c.p.c. (1)

(1) L'affermazione riassunta nella massima discende dall'applicazione alla fattispecie (caratterizzata dalla scadenza del termine previsto dallo

statuto del Movimento sodale-Destra nazionale per l'utilizzazione del mec

canismo di composizione delle controversie con gli iscritti disciplinato dallo

statuto del partito) dei principi ripetutamente enunciati dalla Corte di

cassazione, con le sentenze puntualmente richiamate dal pretore, a pro

posito dei rapporti tra la cognizione degli arbitri irrituali e quella del

giudice ordinario [su cui, da ultimo, C.M. Barone (V. Andrioli, G.

Pezzano, A. Proto Pisani), Le controversie in materia di lavoro, Zani

chelli - Foro italiano, Bologna-Roma, 1987, 224-229, testo e nota 4; non

ché, con specifico riferimento proprio al settore di tali controversie, Cass.

14 gennaio 1987, n. 214, Foro it., 1987, I, 790, con nota di richiami]. Senza preoccuparsi di verificare la tempestività dell'instaurazione nel

caso concreto dell'arbitrato irrituale previsto dallo statuto della Demo

crazia cristiana, Pret. Taranto 25 settembre 1986, id., 1986, 1, 2924, con

nota di richiami, ha, invece, ritenuto senz'altro improponibile, in presen za di siffatta previsione statutaria, il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto da iscritto al partito per ottenere la sospensione dello svolgimento di con

gresso provinciale.

Il Foro Italiano — 1987.

Poiché il rimedio cautelare tipico individuabile nell'art. 23 c.c. presuppone la instaurazione del giudizio di merito, è consentito

al pretore sospendere ante causam, ai sensi dell'art. 700 c.p.c.,

l'efficacia tanto del provvedimento del segretario del Movimento

sodale-Destra nazionale, dichiarativo della decadenza per in

compatibilità di iscritto al partito, quanto della decisione della

commissione centrale di disciplina dello stesso partito, limitata

si a prendere atto della determinazione del segretario e a di

chiarare la cessazione dei presupposti per l'esame del

procedimento disciplinare in precedenza promosso contro il me

desimo iscritto. (2)

Non sono in contestazione i fatti posti a fondamento della do

manda cautelare atipica proposta, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., da Giuseppe Misto nei confronti del Movimento sociale italiano

Destra nazionale (MSI-DN), risultando del resto documentalmen

te: a) che il ricorrente, consigliere comunale di Putignano (BA)

per il MSI-DN, in data 22 gennaio 1986 è stato dal commissario

federale di Bari deferito alla commissione centrale di disciplina

per «comportamenti lesivi agli interessi del partito», venendo nel

contempo sospeso dal partito stesso e diffidato dal frequentare le sedi e dallo svolgerne l'attività politica; b) che avverso tale

provvedimento il Misto, in data 27 gennaio 1986, ha proposto ricorso alla cennata commissione, pervenuto a quest'ultima il 31

gennaio 1986; c) che in data 3 febbraio 1986 il commissario fede

rale di Bari ha contestato al Misto gli addebiti dandone comuni

cazione alla commissione centrale di disciplina; d) che in data

11 febbraio 1986 il Misto ha inoltrato alla commissione medesi

ma «note aggiuntive» al ricorso, pervenute alla destinataria il 20

febbraio 1986; e) che il 18 febbraio 1986, sul quotidiano del par tito «Secolo d'Italia», sotto il titolo «Provvedimento disciplina

re», è apparso un comunicato del seguente tenore: «Il segretario nazionale del MSI-DN, on. Giorgio Almirante, ha dichiarato la

decadenza da iscritto al partito, per incompatibilità, ai sensi dello

statuto, dell'iscritto Giuseppe Misto della federazione di Bari. Il

Misto ha infatti costituito un gruppo autonomo, in contrasto con

la locale sezione del MSI-DN, nel comune di Putignano. Il segre tario del partito ha comunicato tale decisione, per la ratifica, alla

commissione centrale di disciplina»; f) che nella seduta dell'11

luglio 1986 detta commissione ha adottato la seguente decisione:

«La commissione rileva che il segretario nazionale del partito con

provvedimento pubblicato su «Secolo d'Italia», in data 18 feb

braio 1986, ha dichiarato la decadenza di Misto Giuseppe da iscrit

to al MSI-DN per incompatibilità avendo costituito un gruppo autonomo nel comune di Putignano, in contrasto con la locale

sezione del partito. In conseguenza, nel prenderne atto, dichiara

che sono venuti meno i presupposti per esaminare il procedimen to disciplinare in precedenza promosso contro il Misto».

Sul presupposto esattamente dell'illegittimità del provvedimen to di «decadenza» pronunciato dal segretario nazionale del MSI

DN, siccome tale sanzione non risulterebbe contemplata dallo sta

tuto del partito e non sarebbe in ogni caso di competenza del

segretario nazionale stesso, il Misto ha quindi chiesto in via d'ur

genza la revoca del provvedimento in contestazione e la rimessio

ne del caso alla commissione centrale di disciplina del MSI-DN affinché esamini il ricorso proposto dall'interessato avverso il pro

prio deferimento per motivi disciplinari. Al riguardo, occorre preliminarmente riconoscere la proponibi

lità della domanda avanzata in questa sede dal Misto, non ostan

tandovi il fatto che lo statuto del partito devolva ad apposite commissioni le controversie relative all'osservanza dello statuto

medesimo.

Assume invero il resistente MSI-DN che il Misto aveva la pos

sibilità, senza che se ne sia avvalso, di impugnare la decisione

della commissione centrale di disciplina, la quale si è limitata a

prendere atto del provvedimento di decadenza adottato dal segre tario nazionale del partito, proponendo ricorso nei termini statu

(2) Contra, in base alla ritenuta applicabilità dell'art. 23, 3° comma, c.c. alle associazioni non riconosciute, Pret. Roma 8 aprile 1985, Foro

it., 1985, I, 2794 e Pret. Roma 9 dicembre 1986, id., 1987, I, 1936, nelle

cui note di richiami sono citati i precedenti invocati nella riportata ordi

nanza; adde, in aggiunta alle menzionate pronunzie conformi all'impo stazione di quest'ultima, Pret. Brindisi 29 aprile 1986, id., Rep. 1986, voce Provvedimenti d'urgenza, n. 152, secondo cui è ammissibile il prov vedimento ex art. 700 c.p.c. diretto a sospendere l'esecuzione della deli

bera di sospensione di associazione sportiva.

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2575 PARTE PRIMA 2576

tari alla commissione di secondo grado e cioè alla corte centrale

di disciplina preveduta dall'art. 85 dello statuto medesimo.

Orbene, pur se è vero che le previsioni statutarie di un partito

politico, le quali attribuiscano ad apposite commissioni la cogni zione dei ricorsi degli iscritti in materia di infrazioni dello stesso

statuto, configurano altrettante clausole compromissorie per ar

bitrato «irrituale», sicché è da escludere l'applicabilità preventiva della norma di cui all'art. 23 c.c. (ritenuta invece da Trib. Brindi

si 4 settembre 1981, Foro it., 1981, I, 2846) dal momento che

l'eventuale contrarietà alla legge, all'atto costitutivo o allo statu

to delle delibere degli organismi dell'associazione (nella specie non

riconosciuta, come appunto i partiti politici) non può essere ac

certata per saltum dal giudice ordinario dovendo essere prima rilevata da quell'amichevole compositore previsto dalla clausola

compromissoria e che, nel caso dei partiti politici, è costituito

dalle cennate commissioni (Cass., sez. un., 4 dicembre 1984, id.,

1985, I, 321; e già Pret. Milano 7 maggio 1979, id., 1979, I, 2769), è tuttavia da rilevare che, secondo la più recente giurispru denza (Cass. 30 gennaio 1985, id., 1985, I, 375; 15 novembre

1984, id., 1984, I, 2970; 21 giugno 1983, id., 1983, I, 3055; 30 dicembre 1981, id., 1982, I, 399, le quali hanno in tal modo mo

strato di discostarsi dall'indirizzo precedentemente accolto da Cass.

8 gennaio 1980, id., 1980, I, 310 e da Cass. 20 dicembre 1982,

id., 1983, I, 2196, siccome apertamente criticate in dottrina), quan do per qualsiasi ragione il compromesso per arbitrato irrituale

(nel quale è insita la rinuncia delle parti alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto controverso) abbia esaurito la

sua efficacia per la sopravvenuta impossibilità di far regolare da

gli arbitri il rapporto stesso, risorge per le parti il potere di eserci

tare le azioni derivanti dal rapporto de quo e di richiedere quindi al giudice la decisione già rimessa all'apprezzamento degli arbitri

liberi. Più in particolare, cessato per il decorso del termine stabilito

l'effetto della clausola negoziale, ancorché dovuto all'inerzia o

all'omissione della parte interessata, è da ritenere che la contro

versia vada devoluta alla cognizione del giudice ordinario, il

quale, previo accertamento dell'«inesecuzione» della clausola com

promissoria stessa, deve procedere alla relativa pronuncia nel

merito.

Nella specie, è appena il caso di rilevare che lo statuto del MSD

DN, all'art. 84 del testo prodotto dal resistente (il quale appare

palesemente come quello vigente, recando le modifiche approvate dal comitato centrale nella seduta del 26 ottobre 1985, rispetto invece al testo esibito dal ricorrente, il quale riproduce le norme

vigenti alla data del 3 aprile 1982), prevede che avverso la deci

sione della commissione centrale di disciplina possa essere propo sto ricorso «nel termine perentorio», avvenuta con raccomandata

del 16 luglio 1986 spedita il 23 luglio 1986. Poiché dunque già alla data della presentazione del ricorso de

quo (29 ottobre 1986) era ampiamente decorso il termine di cui

sopra, ne consegue, giusta quanto precede, che, non avendo il

Misto inteso avvalersi del rimedio compromissorio per arbitrato

libero previsto dal citato art. 84 dello statuto del MSI-DN, è per ciò stesso stata «ripristinata» la cognizione del pretore adito.

Tutto ciò premesso, si osserva nel merito che con la decisione

adottata nella seduta dell'11 luglio 1986, la commissione centrale

di disciplina del MSI-DN ha dichiarato esser «venuti meno i pre

supposti per esaminare il procedimento disciplinare...promosso contro il Misto», in considerazione del provvedimento del segre tario nazionale del partito pubblicato in data 18 febbraio 1986

con il quale era stata dichiarata «la decadenza di Misto Giuseppe da iscritto al MSI-DN per incompatibilità...».

Occorre quindi preliminarmente verificare la legittimità di tale

provvedimento, adottato dall'on. Giorgio Almirante.

Al riguardo, si deve rilevare che gli art. 4 e 5 dello statuto

del resistente contemplano le cause che, rispettivamente, compor tano l'indegnità di appartenenza al MSI-DN e l'incompatibilità della iscrizione al Movimento.

Il successivo art. 7 prevede poi che «decade dalla qualità di

iscritto chiunque risulti essere incorso in uno dei casi previsti da

gli art. 4 e 5 del presente statuto».

Ancora, l'art. 12 del medesimo statuto stabilisce che l'accerta

mento e il giudizio sulle cause di indegnità, di incompatibilità e di decadenza dalla qualità di iscritto... vengono svolti ed effet

tuati dagli organi statutariamente competenti. Nello statuto del MSI-DN, peraltro, nessuna norma prevede

poi espressamente quale sia l'organo competente a giudicare sulla

Il Foro Italiano — 1987.

decadenza dalla qualità di iscritto per indegnità o per incompati bilità.

Certamente, un simile potere non appartiene al segretario na

zionale del partito, le cui attribuzioni sono specificamente indica

te dall'art. 59 dello statuto, laddove, in ogni caso, stante il disposto dell'art. 24, 3° comma, c.c., il quale demanda all'assemblea (ad un organo cioè collegiale ben distinto dall'organo «amministrati

vo», quale appunto deve considerarsi nei partiti politici la «segre

teria») il potere di esclusione dell'associato per gravi motivi (tra i quali vengono correntemente ricomprese le sopravvenute man

canze dei requisiti richiesti per far parte dell'associazione), sareb

be di dubbia legittimità persino un'espressa previsione statutaria

in tal senso, che, però, nella fattispecie, come accennato, non

si rinviene affatto.

Occorre quindi diversamente argomentare, prendendo spunto, da un lato, dalla già richiamata disposizione contenuta nell'art.

12 dello statuto del MSI-DN, la quale demanda agli organi statu

tariamente competenti altresì l'accertamento e il giudizio sul man

cato adempimento di doveri e «su ogni altra infrazione

disciplinare», ribadendo la necessità della contestazione scritta degli addebiti e di sentire personalmente l'interessato, dall'altro dalla

norma di cui all'art. 77 dello statuto, secondo la quale «si proce de disciplinarmente a carico dell'iscritto» che, tra l'altro, si sia

reso indegno di appartenere al partito ai sensi dell'art. 4 (art.

77, lett. e) o che versi in una delle ipotesi di incompatibilità pre viste dall'art. 5 (art. 77, lett. d).

Poiché dunque l'indegnità e l'incompatibilità dell'iscritto sono

da considerare, ai sensi dello statuto, «infrazioni disciplinari», ne consegue che la competenza a giudicare di esse non potrà che

appartenere all'organo «disciplinare», ovvero alla commissione

centrale di disciplina (in primo grado), laddove il richiamo conte

nuto nell'art. 7 alla decadenza dalla qualità di iscritto, che conse

gue al ricorso di uno dei casi previsti dagli art. 4 e 5, non può che essere inteso nel senso che colui il quale versi in una delle

ipotesi di indegnità o di incompatibilità viene colpito dalla stessa

esclusione dal partito, ovvero dall'espulsione, dalla più grave cioè

delle sanzioni contemplate dall'art. 80, 2° comma, dello statuto, come ulteriormente conferma il disposto del 3° comma del mede

simo art. 80, secondo il quale le sanzioni diverse dall'espulsione

(censura; sospensione a tempo determinato; sospensione a tempo

indeterminato) sono inflitte per mancanze disciplinari che non

escludono il ravvedimento, laddove non può esservi «ravvedimen

to» (donde l'applicabilità della sanzione più grave) per chi si sia

venuto a trovare privo delle stesse condizioni (per indegnità ap

punto o per incompatibilità) per l'ammissione prima e per la per manenza poi nel seno dell'associazione.

Ne discende che la declaratoria di decadenza da iscritto al par

tito, pronunciata a carico del Misto dal segretario nazionale del

MSD-DN, è, in quanto tale, illegittima, siccome emessa da un

organo statutariamente incompetente al riguardo e, comunque, senza le garanzie difensive espressamente richiamate dall'art. 12

dello statuto.

Peraltro, nel comunicato apparso sul quotidiano «Secolo d'Ita

lia» del 18 febbraio 1986, si legge testualmente «Il segretario del

partito ha comunicato tale decisione, 'per la ratifica', alla com

missione centrale di disciplina».

Appare quindi lecito ritenere, in forza del principio generale utile per inutile non vitiatur, che il provvedimento preso dal se

gretario nazionale del MSI-DN (peraltro ignoto nel suo contenu

to «autografo», risultando esclusivamente dal surrichiamato

comunicato apparso sulla stampa del partito) possa in realtà esse

re riguardato quale mera «proposta» di decadenza (rectius, di

espulsione) del Misto e, al più, quale «sospensione» del ricorren

te dall'attività politica, nell'esercizio, rispettivamente, dei poteri di iniziativa disciplinare e di cautela relativa testualmente previsti dall'art. 59 dello statuto («il segretario nazionale... ha il potere di deferire per mancanze disciplinari ogni iscritto agli organi com

petenti adottando anche, in attesa della decisione definitiva, prov vedimenti immediati con effetti sospensivi da ogni attività

politica»). Anche in tal modo argomentando, tuttavia, pur prescindendo

dal rilievo che cosi facendo il segretario nazionale del MSI-DN si sarebbe inutilmente sovrapposto ad una iniziativa disciplinare e ad una sospensione cautelativa nei confronti del Misto già adot

tate dal commissario federale di Bari (raccomandata del 22 gen naio 1986), è palese come non si sottrarrebbe a censure di

illegittimità l'operato della commissione centrale di disciplina che, anziché procedere alla cognizione nel merito degli addebiti disci

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

plinari mossi all'attuale ricorrente, ha invece ritenuto «venuti meno

i presupposti per esaminare il procedimento disciplinare in prece denza promosso contro il Misto», esattamente in ragione del fat

to che il segretario nazionale del partito ne aveva «dichiarato la

decadenza».

Poiché, anzi, in tal modo la cennata commissione ha mostrato

di considerare in se e per se valida una pronuncia del segretario nazionale che si è invece dimostrato essere in quanto tale illegitti

ma, ne risulta ulteriormente confermata la antigiuridicità, per vio

lazione delle stesse norme statutarie, tanto del provvedimento del

segretario nazionale in data 18 febbraio 1986 quanto della deci

sione adottata dalla commissione centrale di disciplina nella se

duta dell'11 luglio 1986.

Posto dunque che va riconosciuta la sussistenza, quanto meno

sotto il profilo del fumus boni iuris, del diritto del Misto ad otte

nere la caducazione dei sopra cennati provvedimenti, è ora da

osservare come tale diritto, durante il tempo occorrente a farlo

valere, in via ordinaria, sia minacciato da pregiudizio imminente

ed irreparabile. Da un lato, infatti, si noti che tale pregiudizio è già in atto

(in conseguenza della declaratoria di decadenza del ricorrente dalla

qualità di iscritto al MSI-DN) ed è semmai suscettibile di ulterior

mente aggravarsi nelle more della tutela.

Dall'altro, basti considerare come i provvedimenti in contesta

zione a carico del Misto hanno inciso, di fatto, sullo stesso dirit

to di quest'ultimo a continuare a far parte dell'organismo politico di cui trattasi.

Per un verso, quindi, il necessario meccanismo per il consegui

mento degli scopi associativi nei termini delle previsioni statutarie

e la sua conservazione è un fatto che attiene allo stesso modo

di esistere dell'organismo de quo e che non può essere, in caso

di deterioramento, sostituito o risarcito da un valore equivalente, non conciliandosi il caratteristico contenuto della reintegrazione

patrimoniale con la particolare natura di situazioni assolutamente

infungibili, quale il modo di essere di un soggetto o di un organi smo giuridico (Pret. Roma 16 dicembre 1966, id., Rep. 1967,

voce Provvedimenti d'urgenza, n. 16).

D'altro canto, l'esclusione da un organismo politico in partico

lare, sul presupposto dell'attribuzione all'escluso di determinati

atteggiamenti o iniziative, rappresenta certamente un danno non

economicamente valutabile, e quindi non risarcibile, risolvendosi

in un pregiudizio relativo a diritti primari della personalità, le

cui lesioni sono, per loro stessa natura, di massima irreparabili.

Né, da ultimo, potrebbe dubitarsi dell'ammissibilità del rime

dio cautelare atipico di cui all'art. 700 c.p.c., in considerazione

della esistenza del rimedio «tipico» previsto dall'art. 23 c.c. (e,

analogicamente, dal successivo art. 24 c.c.), laddove cioè è con

sentito di richiedere al tribunale investito dell'opposizione alla de

libera di esclusione la «sospensione» della delibera stessa, atteso

che, come rilevato in dottrina, la necessaria, preventiva instaura

zione del giudizio in via di ordinaria cognizione esclude la possi

bilità del ricorso «diretto» allo strumento cautelare tipico ed induce

quindi ad ammettere il rimedio ex art. 700 c.p.c. (in tal senso,

altresì' Pret. Bari 28 luglio 1982, id., Rep. 1983, voce Associazio

ne non riconosciuta, n. 13; Pret. Agrigento 23 gennaio 1981, id.,

Rep. 1982, voce Provvedimenti d'urgenza, n. 111).

Ritenuta pertanto la necessità di provvedere ad assicurare prov

visoriamente gli effetti della futura decisione di merito, stima il

giudicante, sulla falsariga della misura cautelare tipica di cui al

citato art. 23, 3° comma, c.c. (riconosciuto estensibile altresì alle

associazioni non riconosciute: Pret. Bari 16 febbraio 1985, Scar

pa contro Circolo della Vela; App. Torino 10 febbraio 1983, id.,

1983, I, 1095), di sospendere l'efficacia di ambedue i provvedi

menti considerati, come meglio specificati in dispositivo.

Il Foro Italiano — 1987.

PRETURA DI PISA; ordinanza 20 giugno 1986; Giud. Tede

schi; Soc. Gucci c. Moretti e altri.

PRETURA DI PISA;

Provvedimenti di urgenza — Marchio — Contraffazione — Con

correnza sleale — Fattispecie (Cod. civ., art. 2569; cod. proc.

civ., art. 700; r.d. 21 giugno 1942 n. 929, disposizioni in mate

ria di brevetti per marchi di impresa, art. 1, 11, 61).

Va accolta la richiesta di tutela cautelare urgente avanzata dal

l'imprenditore (nella specie, la soc. Guccio Gucci) che lamenti

la contraffazione del proprio marchio mercé la riproduzione del patronimico, con la sola variazione nella iniziale del preno me f'P' per Paolo). (1)

Con ricorso, depositato il 30 gennaio 1986, Guccio Gucci s.p.a.,

con sede in Firenze ed in persona del presidente Gucci Maurizio,

esponeva di operare nel settore della moda ed in particolare del

l'abbigliamento, pelletteria ed accessori, con propri negozi in tut

te le più importanti città italiane e con notorietà su tutto il territorio

nazionale ed all'estero.

Aggiungeva di avere sempre contraddistinto i propri prodotti con il marchio Gucci, che, oltre ad identificarsi con il «cuore»

della propria denominazione sociale, era stato registrato sino dal

1955 e poi rinnovato con estensione della protezione a tutte le

classi merceologiche.

(1) Analoga questione — protagonista sempre la nota casa di moda

Gucci — era stata agitata, ancora di recente, innanzi al Giurì del codice

di autodisciplina pubblicitaria, decisione 15 aprile 1986, n. 29, Foro it.,

1986, I, 2946, con nota di richiami ad ulteriori schermaglie giudiziarie di cui s'è dato conto su queste colonne. Per un precedente in linea col

provvedimento in epigrafe, v. Trib Roma 31 marzo 1983, id., Rep. 1985, voce Marchio, n. 79, secondo cui il «cuore» del contrassegno è costituito dal cognome e non dal prenome, che nell'uso normale assumerebbe inve

ce un ruolo subalterno ed accidentale.

L'indagine non può essere limitata ai soli aspetti estrinseci e formali.

Più specificamente, l'identità di sigle non può di per sé esaurire il giudi zio sulla contraffazione: occorre piuttosto valutare le modalità, l'esisten

za di differenze anche lievi, nonché l'impressione globale che può derivare dalla comparazione dei marchi, avendo riguardo ai destinatari del pro dotto; ed è questo il principio espresso da Cass. 7 marzo 1983, n. 3109,

id., 1983, 1, 2810, con nota di S. Di Paola (e di G. Olivieri, in Giusi,

civ., 1983, I, 3297). In tale controversia (che vedeva impegnate altre due

case di moda, tra le più accorsate: Ferragamo e Fendi), la Cassazione

prendeva anche partito in tema di tutelabilità del contrassegno che risulti

incorporato nel prodotto, ritenendo tra l'altro legittima la duplice funzio

ne del marchio, ornamentale e propriamente distintiva. Sullo stesso tema

cfr. in dottrina P. Vercellone, in Trattato diretto da Rescigno, 18 Tori

no, 1985, 96. L'affinità tra i prodotti, come si evince dall'ordinanza su riportata,

costituisce ulteriore elemento di valutazione del pericolo di confusione

per i consumatori. Quanto ai criteri di determinazione dell'affinità, v.

Cass. 12 gennaio 1984, n. 241, Foro it.. Rep. 1984, voce cit., n. 55, che ribadisce la necessità di un'indagine condotta in via unitaria, median

te un apprezzamento complessivo, che tenga conto degli elementi salienti; e per un'applicazione di specie, Cass. 24 ottobre 1983, n. 6244, id., 1984,

I, 123, con esaustiva nota di riferimenti.

Che si tratti di un giudizio «d'impressione e non di riflessione» —

che comporta, di conseguenza, una valutazione «sintetica» e non «anali

tica» — viene confermato da Trib. Bergamo 9 novembre 1982, Giur.

dir. ind., 1984, 1722, cui aderisce Trib. Roma 21 maggio 1984, ibid.,

1775, nonché Trib. Milano 6 ottobre 1983, ibid., 1739.

Per ciò che attiene all'estensione della tutela del diritto al nome, sem

pre in tema di marchi patronimici va registrato l'orientamento consolida

to della giurisprudenza secondo cui la tutela del nome ricorre solo quando l'uso arrechi pregiudizio o leda l'onore o la reputazione (App. Milano

14 giugno 1983, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 41, e Trib. Roma 31

gennaio 1983, ibid., n. 42). V. altresì' Corte cost. 3 marzo 1986, n. 42, id., 1986, I, 2104, che ha

dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'arti

colo unico della 1. 158/67 nella parte in cui non consente la coesistenza

di marchi comprendenti il nome patronimico di omonimi imprenditori

concorrenti, anche in presenza di elementi differenziatori.

L'ammissibilità della tutela ex art. 700 in tema di violazioni di marchi

risulta pacificamente ammessa in giurisprudenza, pur in presenza dei ri

medi cautelari tipici di cui all'art. 61 1. marchi, quando non ricorrano

i presupposti per l'applicazione di questi ultimi o comunque vengano in

vocati provvedimenti di natura e con effetti diversi (v. in tal senso Pret.

Roma, ord. 2 luglio 1983, Giur. dir. ind., 1984, 1732, nonché Pret. Tori

no, decr. 13 dicembre 1984, Foro it., 1985, I, 2806, con nota di richiami

di S. Di Paola, e Pret. Roma, ord. 24 novembre 1986, giud. Fiore, Soc.

Edifin e Soc. Nuova Meeting c. Soc. Il Messaggero, inedita.

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