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ordinanza 6 marzo 1998; Giud. istr. Breggia

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ordinanza 6 marzo 1998; Giud. istr. Breggia Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 375/376-377/378 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193066 . Accessed: 28/06/2014 10:46 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.66 on Sat, 28 Jun 2014 10:46:15 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 6 marzo 1998; Giud. istr. Breggia

ordinanza 6 marzo 1998; Giud. istr. BreggiaSource: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 375/376-377/378Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193066 .

Accessed: 28/06/2014 10:46

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

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PARTE PRIMA

Nella fattispecie, invece, il conservatore, con provvedimento autonomo, ha provveduto alla iscrizione d'ufficio.

Resta quindi da vedere se detto provvedimento — anomalo — sia reclamabile avanti al giudice del registro ovvero debba essere impugnato con ricorso amministrativo.

Reputa questo giudice che debba adottarsi la prima soluzione. L'art. 2190 c.c. attribuisce al giudice del registro il potere

di provvedere con decreto alla cancellazione di un'iscrizione av venuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge.

Ora, da un lato, richiamando quanto in precedenza argomen tato, circa il contenuto del controllo, tra le condizioni di legge non possono certo escludersi quelle che attengono alla regolari tà formale del procedimento, cosicché, dando un contenuto con creto al potere di vigilanza attribuito al giudice dall'art. 2188

c.c., deve ritenersi che la giurisdizione a questo attribuita sia di carattere generale, di legittimità e di merito e sia esclusiva nella specifica materia, che non attiene all'amministrazione del

l'ufficio, ma unicamente al contenuto degli atti su cui il con trollo deve esplicarsi, dal quale non è esclusa la verifica dei

poteri del conservatore.

Quanto al potere di iniziativa, la disposizione dell'art. 2191

c.c., letta alla stregua delle norme regolamentari di riempimen to di cui al d.p.r. 581/95, se attribuisce al giudice del registro il potere di cancellazione d'ufficio, non esclude — anzi, impo ne, secondo lo schema attuato dal legislatore del 1993 e del 1995 — che tale potere sia esercitato su iniziativa della parte interessata, ufficio o soggetto privato.

Siffatta lettura, a parere dello scrivente, permette un collega mento organico fra l'art. 2191 c.c. e l'art. 17 d.p.r. n. 581, completando lo schema procedimentale di natura giurisdiziona le, ancorché di giurisdizione volontaria, che regola i conflitti in tema Ci iscrizione e cancellazione degli atti nel registro delle

imprese. L'officialità del piowedimen o comporta poi che, portata la

questione a conoscenza del giudice, questi abbia il potere-dovere di provvedere alla completa verifica della sussistenza delle con dizioni per l'iscrizione, anche al di là delle specifiche prospetta zioni delle parti (che nel caso sub iudice sono limitate al merito).

Nella fattispecie concreta, quindi, il provvedimento di iscri zione di ufficio è avvenuto al di fuori delle condizioni di legge previste dall'art. 16 d.p.r. 7 dicembre 1995 n. 581 e deve di

sporsi la cancellazione dell'iscrizione medesima.

TRIBUNALE DI FIRENZE; ordinanza 6 marzo 1998; Giud. istr. Breggia.

TRIBUNALE DI FIRENZE;

Procedimento civile — Udienza — Richiesta di termine per pro duzione di documenti e indicazione di nuovi mezzi istruttori — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 184).

La parte, che non ha provveduto a dedurre alcuna istanza istrut toria prima dell'udienza ex art. 184 c.p.c., può formulare in tale udienza la richiesta di termini per la produzione di docu menti e l'indicazione di nuovi mezzi di prova prevista dalla norma in questione. (1)

(1) Sussiste, a quanto consta, un unico precedente giurisprudenziale specifico sul punto: Pret. Bari, ord. 4 novembre 1996 (Foro it., Rep. 1997, voce Citazione civile, n. 5, e, per esteso, Corriere giur., 1997, 945) la quale ha ritenuto, conformemente all'ordinanza in epigrafe, che l'omessa indicazione dei mezzi di prova nell'atto di citazione non impli ca decadenza dalla facoltà di indicarne dei nuovi, perché il termine «nuo vi» di cui all'art. 184 c.p.c. non deve leggersi come «altri» ovvero «ag giunti ai precedenti» ma più semplicemente come «non previamente in dicati».

Più in generale, sul termine ultimo per poter formulare la richiesta di prove e, in motivazione, sui diversi «moduli» attraverso cui può av venire il raccordo tra la fase di trattazione e la fase istruttoria, cfr. Trib. Brindisi, ord. 26 maggio 1997 (Foro it., 1998, I, 2585): «nella prima udienza di trattazione, qualora le parti non chiedano né un ter mine per il deposito di memorie ai sensi dell'art. 183, 5° comma, c.p.c.,

Il Foro Italiano — 1999.

Rilevato che nel corso dell'udienza fissata per i provvedimen ti di cui all'art. 184 c.p.c. i convenuti hanno formulato l'istanza di assegnazione dei termini per la produzione di documenti e

l'indicazione di nuovi mezzi istruttori così come prevede lo stes so art. 184, 1° comma, seconda parte, c.p.c.;

— rilevato che nel corso della medesima udienza l'attore si è opposto a tale istanza sostenendo che, non avendo i convenuti

avanzato alcuna richiesta istruttoria nei propri scritti difensivi anteriori all'udienza ex art. 184 c.p.c., tale richiesta istruttoria era del tutto tardiva in quanto le prove deducibili nelle memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c. devono essere nuove rispetto ad istanze istruttorie già formulate negli atti difensivi iniziali o, al più tardi, nelle memorie autorizzate ex art. 183, 5° comma,

c.p.c.; — rilevato che i convenuti hanno sostenuto, al contrario, che

né un termine per la produzione di documenti e l'indicazione di nuovi mezzi di prova, il giudice istruttore può immediatamente esaminare le richieste istruttorie già avanzate; in tal caso non è ammessa la successi va produzione di nuovi documenti o la richiesta di nuovi mezzi di pro va (nella specie, la concessione di termine perentorio per ulteriori dedu zioni istruttorie ovvero la fissazione dell'udienza di cui all'art. 184 c.p.c. erano state invocate dopo l'espletamento della consulenza tecnica di sposta dal giudice nella stessa prima udienza di trattazione)»; Pret. Fi renze, ord. 18 maggio 1998 (ibid.y. «allorché le parti, al termine della prima udienza di trattazione, abbiano concordemente richiesto la fissa zione dell'udienza di cui all'art. 184 c.p.c., il giudice istruttore, nell'ac cogliere siffatta istanza, ben può immediatamente assegnare alle parti medesime i termini perentori previsti dal citato art. 184, rinviando la causa ad un'udienza posteriore alla scadenza di siffatti termini; in tal caso sono tardive ed inammissibili le richieste istruttorie formulate per la prima volta in tale successiva udienza»; Trib. Pistoia, sent. 20 giugno 1997 (id., 1997, I, 3693): «deve essere respinta la richiesta di prove formulata in sede di conclusioni ove il giudice abbia precedentemente assegnato un termine perentorio per dedurre mezzi istruttori e contro dedurre»; Trib. Trani, ord. 10 settembre 1996 (id., Rep. 1997, voce Procedimento civile, n. 249, e, per esteso, Corriere giur., 1997, 946, con nota di Poliseno): «dopo il provvedimento di ammissione dei mez zi di prova dedotti nell'atto di citazione, è preclusa la richiesta di prove ulteriori (nella specie, le nuove prove erano state dedotte all'udienza fissata per l'assunzione delle prove chieste nell'atto introduttivo)».

Sull'ipotesi particolare in cui venga tardivamente depositata una me moria autorizzata dal giudice istruttore all'esito della prima udienza di trattazione contenente non solo nuove allegazioni ma anche richieste istruttorie, cfr. Trib. Milano 5 marzo 1997 (Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 239, e, per esteso, Giur. it., 1997, I, 2, 704), la quale ha ritenuto che in tal caso la decadenza conseguente al tardivo deposito si riferisce soltanto «all'introduzione di nuove domande o nuove eccezioni e non può invece afferire al contenuto 'eventuale' della memoria medesima».

In dottrina, per una posizione conforme a quella sostenuta dalla pro nuncia in epigrafe, sulla base, fondamentalmente, dei medesimi motivi, cfr., in particolare, Carpi-Colesanti-Taruffo, Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 1995, 425 s.; Balena, La riforma del processo di cognizione, Napoli, 1994, 194 e nota 95; Consolo-Luiso Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 165; Taruffo, Le preclusioni nella riforma del processo civile, in Riv. dir. proc., 1992, 306; Verde, Il nuovo processo di cognizione, Napoli, 1995, 79; ma v. anche Vaccarella-Capponi-Cecchella, 7/ processo civile dopo le riforme, Torino, 1992, 101 ss.; Tarzia, Lineamenti de! nuovo processo di cognizione, Milano, 1991, 107 ss. ed ivi ulteriori riferimenti dottrinali sul punto. Per una posizione contraria, cfr., in particolare, Grasso, Interpretazione della preclusione e nuovo processo civile in primo grado, in Riv. dir. proc., 1993, 639 ss., spec. 654 s., il quale, nel giungere a tale conclusione, fa leva sulla nozione di preclu sione, che non andrebbe «(ancora) intesa come perdita di una facoltà della parte, per il suo mancato esercizio entro il termine massimo stabi lito», così potendosi «ammettere che la prescrizione contenuta nel n. 5 dell'art. 163 serva solo ad enunciare quella facoltà, e sia poi consenti to il suo esercizio fino all'udienza istruttoria di cui all'art. 184», ma piuttosto quale «effetto immediato dell'inosservanza di un onere da adem piere col compimento di un atto nella prescritta collocazione che l'atto stesso ha ricevuto nella serie processuale, salva la diversa disposizione normativa da applicarsi in presenza delle specifiche condizioni previ ste». Infatti «secondo questa prospettiva, nel sistema della riforma l'o nere di indicare le prove deve essere adempiuto con gli atti introduttivi del processo, come prescritto in termini non eludibili dal n. 5 dell'art. 163 e dall'art. 167, anche in difetto di un'espressa sanzione di decaden za». L'indicazione tempestiva dei mezzi di prova costituirebbe «elemen to essenziale per la realizzazione di un ordine processuale non soggetto ad arresti e ritorni» e «la deduzione di prova non indicata negli atti introduttivi, e che non sia la conseguenza del novum consentito nella fase della trattazione o della rimessione in termini della parte incolpe vole . . . elemento di disordine che non può giustificarsi con la garanzia del diritto di difesa».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

per nuove prove si deve semplicemente intendere «prove non

formulate prima» sia che si tratti di deduzioni istruttorie non

formulate neppure negli iniziali scritti difensivi sia che si tratti

di prove ulteriori rispetto a quelle già dedotte; — rilevato che entrambe le parti hanno sostenuto le proprie

tesi con articolate e pregevoli memorie in cui hanno dato conto

della ratio della disposizione contenuta nell'art. 184 c.p.c. in

relazione allo spirito della riforma del processo civile tesa alla

razionalizzazione ed accelerazione del processo; — ritenuto che l'accoglimento dell'una o dell'altra tesi pro

spettata dalle parti non possa prescindere da una attenta valuta

zione delle disposizioni contenute nel codice di procedura civile

in ordine al regime delle istanze istruttorie; — rilevato che, pur prevedendo gli art. 163 e 167 c.p.c., qua

le contenuto dell'atto di citazione e della comparsa di risposta, l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui le parti intendo

no avvalersi, le nuove disposizioni contenute nel codice di pro cedura civile non sanciscono né la nullità né pongono alcuna

decadenza in relazione alla omessa articolazione dei mezzi di

prova negli atti introduttivi; — rilevato che quando il legislatore ha inteso disporre rigide

preclusioni lo ha fatto espressamente come quando ha sancito,

in relazione alla identificazione del thema decidendum e del thema

probandum, decadenze a carico del convenuto in ordine alla

proposizione delle domande riconvenzionali e delle eccezioni di

merito e processuali non rilevabili d'ufficio; — rilevato che in ordine alle deduzioni istruttorie l'unica di

sposizione preclusiva è contenuta proprio nell'art. 184 c.p.c. in

cui il legislatore ha disposto che i termini concessi dal giudice

per formulare nuove istanze istruttorie hanno carattere perento

rio identificando così, nello spirare di questi, l'ultimo momento

utile per le allegazioni probatorie; — ritenuto che non sia possibile dedurre implicitamente dal

la nuova struttura del processo civile, tesa alla razionalizzazio

ne, accelerazione e concentrazione della cognizione, l'esistenza

di preclusioni in ordine alla proposizione di mezzi istruttori non

contenuti negli atti introduttivi e ritenere che con le memorie

istruttorie ex art. 184 c.p.c. siano formulabili solo le istanze

istruttorie giustificate da nuove allegazioni avverse o da risul

tanze dell'udienza di trattazione; — rilevato, inoltre, che sul piano della determinazione dei

tempi di deduzione delle istanze probatorie le disposizioni del

codice di procedura civile che regolano l'ordinario processo di

cognizione si differenziano nettamente da quelle del rito del la

voro in cui le parti devono, a pena di decadenza, indicare nel

primo atto rispettivo i mezzi di prova di cui intendono avvalersi — art. 415, n. 5, e 416, 3° comma, c.p.c. —, e in cui il giudice

ha il potere, ex art. 420, 5° comma, c.p.c., di ammettere, oltre

i mezzi di prova «già proposti dalle parti», anche e soltanto

«quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima»; — ritenuto pertanto che nessuna decadenza preclude alla parte,

che non ha provveduto a dedurre alcuna istanza istruttoria pri

ma dell'udienza ex art. 184 c.p.c., di formulare in tale udienza

la richiesta di termini per il deposito di memorie istruttorie pre

vista dalla norma in questione; — rilevato che, anche se l'istanza è presentata da una sola

delle parti il termine di cui all'art. 184 c.p.c. va concesso ad

entrambe;

per questi motivi, 1) dichiara ammissibile l'istanza formulata

dal convenuto in ordine alla concessione dei termini di cui al

l'art. 184 c.p.c. per il deposito di memorie istruttorie; (omissis)

Il Foro Italiano — 1999.

TRIBUNALE DI MONTEPULCIANO; sentenza 28 maggio

1997; Giud. Maccarone; Ausi n. 7 di Siena (Aw. Compor

ti, Stolzi) c. Rupi (Avv. Bondi, Giani), Marchetta (Avv. Vigoriti Izzo), Felli (Aw. Golini, Gengàroli).

TRIBUNALE DI MONTEPULCIANO;

Giurisdizione civile — Professionista incaricato della progetta zione di opere pubbliche — Risarcimento danni — Giurisdi

zione (R.d. 8 febbraio 1923 n. 422, norme per l'esecuzione

di opere pubbliche, art. 1; r.d. 3 marzo 1934 n. 383, testo

unico della legge comunale e provinciale, art. 285; r.d. 12

luglio 1934 n. 1214, testo unico delle leggi sull'ordinamento

della Corte dei conti, art. 52).

Non rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, bensì in

quella della Corte dei conti per responsabilità amministrativa,

la controversia avente ad oggetto la richiesta di risarcimento

danni avanzata da un 'azienda unità sanitaria locale nei con

fronti di professionisti ai quali è stato affidato un incarico di progettazione di opere pubbliche. (1)

(1) La decisione in epigrafe nega l'esistenza della giurisdizione del

giudice ordinario in ordine alle pretese risarcitone avanzate da un ente

pubblico nei confronti di alcuni professionisti incaricati di progettare opere pubbliche sulla base di un'interpretazione estensiva della nozione di rapporto di servizio la cui presenza — unitamente alla sussistenza di un danno sofferto dall'ente pubblico ed al fatto che il danno sia

cagionato nell'esercizio di attività inerente a tale rapporto — radica la giurisdizione della Corte dei conti. In particolare, confermando l'o

rientamento della Suprema corte, si considera instaurato tale rapporto allorché vi sia l'inserimento, a qualunque titolo, del soggetto nell'orga nizzazione amministrativa: nello stesso senso, v. Cass. 9 giugno 1997, n. 5137, Foro it., Rep. 1997, voce Responsabilità contabile, n. 583; 3 ottobre 1996, n. 8642, id., Rep. 1996, voce cit., n. 461 (che configura come rapporto di servizio quello che corre tra un ente e un esperto in materie giuridico-economico-sociali); 28 ottobre 1995, n. 11309, id.,

Rep. 1995, voce cit., n. 672 (in tema di affidamento ad un privato della gestione di corsi di formazione); 7 luglio 1994, n. 6379, id., Rep. 1994, voce cit., n. 543 (che si occupa di revisori dei conti nominati

per svolgere il riscontro della gestione di istituzioni scolastiche dotate di personalità giuridica); 11 aprile 1994, n. 3358, id., Rep. 1995, voce

cit., n. 455 (ove si afferma che il direttore dei lavori e il collaudatore di opere pubbliche, esercitando poteri autoritativi nei confronti dell'ap

paltatore e risultando assoggettati alle direttive della pubblica ammini

strazione committente, sono inseriti funzionalmente nell'apparato orga nizzativo della medesima); 5 aprile 1993, n. 4060, id., Rep. 1994, voce

cit., n. 539 (che configura il direttore dei lavori di opera pubblica come

organo straordinario e agente della pubblica amministrazione). Per l'affermazione secondo cui tra il medico di base e la pubblica

amministrazione si pone in essere un rapporto di servizio con riguardo alle attività che si inseriscono nell'organizzazione strutturale, operativa e procedimentale della Usi (es. attività di certificazione e accertamento

del diritto degli assistiti alle prestazioni), sicché, qualora nell'espleta mento delle stesse derivi un danno all'amministrazione, la relativa con

troversia rientra nella giurisdizione della Corte dei conti, v. Cass. 13

novembre 1996, n. 9957, id., Rep. 1996, voce cit., n. 579.

Cass., sez. un., 28 novembre 1997, n. 12041, id., Rep. 1997, voce

cit., n. 516, nega viceversa la configurabilità di un rapporto di servizio

tra Coni e presidente del centro sportivo italiano (Csi) in ragione sia

della natura privata del centro stesso, sia del fatto che tale associazione

persegue i propri fini con indirizzi, strutture e organizzazioni autono

me, senza che il Coni impartisca alcuna prescrizione o affidi compiti specifici (va dunque esclusa la giurisdizione della Corte dei conti in

ordine all'azione di responsabilità promossa nei confronti del presiden te del Csi).

Ulteriore situazione nella quale viene ravvisata dalla giurisprudenza la presenza del rapporto di servizio con un soggetto privato riguarda i componenti dei seggi elettorali evocati in giudizio per i danni derivanti

all'erario dai fatti commessi durante le operazioni di spoglio: v. Corte

conti, sez. II, 15 luglio 1996, n. 74, ibid., n. 168; 6 agosto 1996, n.

82, ibid., n. 171; Cass., sez. un., 28 ottobre 1995, n. 11314, id., Rep.

1995, voce cit., n. 463 (ove si richiama la nozione di munus pubblico); Corte conti, sez. riun., 5 maggio 1992, n. 767, id., 1994, III, 103, con

nota di richiami. La giurisprudenza citata si segnala perché utilizza, a sostegno dell'affermazione della sussistenza di un rapporto di servizio

tra ente e soggetto privato, il riferimento al concetto di organo straor

dinario. In generale, deve essere osservato che, anche in guisa di reazione

nei confronti della stagione della grande pubblicizzazione, ormai ritenu

ta consumata, si è spesso affermata e invocata l'applicazione ai soggetti

pubblici degli istituti e delle norme sostanziali di diritto comune, in

ragione del fatto che questi soggetti operano, sempre più spesso, con

le regole del diritto privato. Che si tratti di vicenda dagli esiti ancora incerti si ricava anche dal

caso di esame: ponendo l'accento sul contenuto del rapporto (costituito dall'esercizio di funzioni pubbliche), la decisione in epigrafe procede

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