ordinanza 7 aprile 1995, n. 118 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 12 aprile 1995, n. 15);Pres. Baldassarre, Est. Cheli; Calderisi ed altri c. Governo della repubblica e Garanteradiodiffusione e editoria. Conflitto di attribuzioniSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1403/1404-1405/1406Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189957 .
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1403 PARTE PRIMA 1404
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 7 aprile 1995, n. 118 (<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 12 aprile 1995, n. 15); Pres. Baldassarre, Est. Cheli; Calderisi ed altri c. Governo
della repubblica e Garante radiodiffusione e editoria. Conflit to di attribuzioni.
Corte costituzionale — Conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato — Campagne elettorali e referendarie — Parità di ac
cesso ai mezzi di informazione — Ammissibilità e inammissi
bilità (Cost., art. 75; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, art. 37; 1. 25 maggio 1970 n. 352, norme sui referendum pre visti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popo
lo, art. 52; d.l. 20 marzo 1995 n. 83, disposizioni urgenti per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le cam
pagne elettorali e referendarie).
È ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzioni proposto dai promotori e presentatori dei referendum in materia di com
mercio, di elezioni comunali e di contributi sindacali, dichia rati ammissibili dalla Corte costituzionale, nei confronti del governo della repubblica, in persona del presidente del consi
glio dei ministri, per l'emanazione del d.l. 20 marzo 1995 n.
83 ritenuto lesivo delle attribuzioni di rilievo costituzionale spettanti ai promotori del referendum nello svolgimento della
campagna referendaria. (1) È inammissibile, in quanto l'atto censurato non incide nella sfe
ra di attribuzioni costituzionalmente riconosciuta ai ricorren
ti, il ricorso per conflitto di attribuzioni proposto dai promo tori e presentatori dei referendum in materia di commercio, di elezioni comunali e di contributi sindacali, dichiarati am missibili dalla Corte costituzionale, nei confronti del garante
per la radiodiffusione e l'editoria per l'approvazione del prov vedimento 22 marzo 1995 relativo alla tornata elettorale del
23 aprile 1995, ritenuto lesivo delle attribuzioni di rilievo co
stituzionale spettanti ai promotori dei referendum nello svol
gimento della campagna referendaria. (2)
(1-2) Il conflitto è stato risolto da Corte cost. 10 maggio 1995, n.
161, in questo fascicolo parte prima. Con riguardo ai presupposti soggettivi del conflitto, la corte ribadisce
la legittimazione ad essere parte di un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato del comitato promotore del referendum abrogativo, già af fermata con ord. 3 marzo 1978, n. 17, Foro it., 1978, I, 545, con nota di richiami; ord. 9 gennaio 1979, n. 1, id., 1979, I, 289, con nota di richiami e osservazioni di Pizzorusso; ord. 30 maggio 1990, senza nu
mero, id., 1990, I, 2093, con nota di richiami.
Seguendo l'ordine logico in cui si articola l'ordinanza 118/95 verreb be fatto di pensare che la corte, pur non affermandolo esplicitamente, abbia riconosciuto la stessa legittimazione pure al garante per la radio diffusione e l'editoria, infatti, dopo aver affrontato il tema degli aspetti soggettivi (e citato anche la posizione del garante), passa ad esaminare la sussistenza di quelli oggettivi (dando quindi l'impressione di aver risolto positivamente il problema della sussistenza dei primi) e solo in
questo momento e per questi motivi dichiara inammissibile il ricorso avverso il provvedimento del garante.
La corte dichiara ammissibile il conflitto sollevato dal comitato pro motore dei referendum nei riguardi del governo in ragione della emana zione del d.l. 20 marzo 1995 n. 83.
Nel senso che oggetto di un conflitto tra poteri non può essere una
legge, v. Corte cost. 14 luglio 1989, n. 406, id., Rep. 1989, voce Legge, decreto e regolamento, n. 33, commentata da Berti, in Corriere giur., 1989, 937, secondo cui «un conflitto di attribuzione non può ritenersi dato contro una legge o un atto equiparato (. . .) soprattutto in quanto (. . .) la sperimentabilità del conflitto contro gli atti suindicati finirebbe con il costituire un elemento di rottura del nostro sistema di garanzia costituzionale che, per quanto concerne la legge e gli atti equiparati, è incentrato sul sindacato incidentale. Tale strutturazione della nostra
garanzia costituzionale è da ritenere infatti frutto di una consapevole scelta la quale si correla all'idea, rimasta portante nel nostro sistema
costituzionale, della preminenza della legge e degli atti equiparati». Su tale decisione, v. le osservazioni di Niccolai, Il conflitto di attribuzioni
fra poteri dello Stato, in Aggiornamenti in tema di processo costituzio nale (1987-1989), a cura di Romboli, Torino, 1990, 259 ss.
La inammissibilità è invece dichiarata per la palese inidoneità dell'at to a ledere la sfera di attribuzioni del comitato promotore, dal momen to che esso si riferisce alla tornata elettorale del 23 aprile 1995 e non è quindi destinato ad incidere sotto alcun profilo nella disciplina della
campagna referendaria.
Il Foro Italiano — 1995.
Ritenuto che con ricorso depositato in cancelleria il 29 marzo
1995, Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito, quali promotori e presentatori dei referendum abrogativi di va
rie disposizioni previste in materia di disciplina del commercio, di elezioni comunali e di contributi sindacali, dichiarati ammis sibili dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 3, 4, 10 e
13 del 1995 (Foro it., 1995, I, 447, 445, 434, 433) hanno solle vato conflitto di attribuzione nei confronti del presidente del
consiglio dei ministri e del garante per la radiodiffusione e l'e
ditoria, esponendo che il d.l. 20 marzo 1995 n. 83, recante «di
sposizioni urgenti per la parità di accesso ai mezzi di informa
zione durante le campagne elettorali e referendarie» ed il prov vedimento del garante per la radiodifussione e l'editoria del 22
marzo 1995, recante «modifiche al regolamento per la discipli na della diffusione sulla stampa e sulla radiotelevisione di pro
paganda elettorale per l'elezione dei sindaci, dei presidenti delle
province, dei consigli comunali e dei consigli provinciali nonché
per l'elezione dei consigli regionali delle regioni a statuto ordi
nario, fissate per il 23 aprile 1995», risultano lesivi dei poteri di rilievo costituzionale spettanti al comitato promotore dei sud
detti referendum, in violazione dell'art. 75 Cost.; che i ricorrenti, richiamando le decisioni della corte che han
no riconosciuto la legittimazione attiva del comitato dei promo tori del referendum, chiedono che la Corte costituzionale, di
chiarata l'ammissibilità del conflitto, accolga il ricorso e annul
li, previa sospensiva, il d.l. 20 marzo 1995 n. 83 ed il provvedimento del garante per la radiodiffusione e l'editoria
del 22 marzo 1995; considerato che ai sensi dell'art. 37, 3° e 4° comma, 1. 11
marzo 1953 n. 87, questa corte è chiamata a decidere prelimi narmente con ordinanza in camera di consiglio, senza contrad
dittorio, se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista «la mate
ria di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competen za», con riferimento alla presenza dei presupposti, soggettivi ed oggettivi, richiamati nel 1° comma dello stesso articolo, ri
manendo impregiudicata, ove la pronuncia sia di ammissibilità, la facoltà delle parti di proporre, nel corso ulteriore del giudi zio, anche su questo punto, istanze ed eccezioni;
che, per quanto concerne i presupposti soggettivi, — come
questa corte ha più volte affermato (v. ord. n. 17 del 1978,
id., 1978, I, 545; 1 del 1979, id., 1979, I, 289 e 2 del 1979, id., Rep. 1979, voce Corte costituzionale, n. 39) — va ricono
sciuta al comitato dei promotori del referendum abrogativo la
legittimazione attiva a sollevare conflitto di attribuzione, dal
momento che la frazione del corpo elettorale, identificata dal
l'art. 75 Cost, in almeno cinquecentomila elettori firmatari di
una richiesta di referendum abrogativo, è, in virtù delle funzio ni ad essa attribuite e garantite, assimilabile ad un potere dello
Stato, mentre, in questa sede, la competenza a dichiarare la
volontà dei firmatari della richiesta va riferita ai promotori e
presentatori della richiesta stessa; che il ricorso viene proposto nei confronti del governo, in persona del presidente del consi
glio dei ministri, in relazione al d.l. 20 marzo 1995 n. 83 e nei confronti del garante per la radiodiffusione e l'editoria, in relazione al provvedimento 22 marzo 1995;
che, con riferimento ai presupposti oggettivi, il conflitto at tiene alla sfera di applicazione dell'istituto del referendum abro
gativo, deducendo i ricorrenti la lesione delle attribuzioni di ri lievo costituzionale spettanti ai promotori dello stesso nello svol
gimento della campagna referendaria ai sensi dell'art. 75 Cost, e dell'art. 52 1. 25 maggio 1970 n. 352;
che, in questa fase delibativa, il ricorso va dichiarato ammis
sibile nei confronti del governo, salva e impregiudicata la pro nuncia definitiva anche sul punto relativo alla ammissibilità;
che il ricorso stesso va dichiarato inammissibile nei confronti del garante per la radiodiffusione e l'editoria, stante la palese inidoneità dell'atto in relazione al quale il conflitto viene solle vato — atto che si riferisce alla tornata elettorale del 23 aprile 1995 e che non è destinato a incidere sotto alcun profilo nella
Per la inammissibilità di ricorsi per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, v. Corte cost., ord. 9 novembre 1993, n. 390, Giur. costit., 1993, 3306, con nota di Pisaneschi, che ha ritenuto non sussistere pale semente materia di conflitto in ordine ad un ricorso sollevato dal com missario per la liquidazione degli usi civici nei confronti dei ministri
dell'agricoltura e di grazia e giustizia e ord. 14 ottobre 1993, n. 380, ibid., 3112, che ha rilevato l'assenza dei requisiti soggettivi in un ricor so proposto dalla provincia di Torino nei confronti del governo.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
disciplina della campagna referendaria — a ledere la sfera di
attribuzioni dei ricorrenti.
Per questi motivi, la Corte costituzionale riservato ogni defi
nitivo giudizio, dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 1. 11 marzo 1953
n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto nei con
fronti del governo della repubblica, in persona del presidente del consiglio dei ministri, dai promotori e presentatori dei refe
rendum in materia di commercio, di elezioni comunali e di con
tributi sindacali, ammessi con le sentenze di questa corte nn.
3, 4, 10 e 13 del 1995; dispone che la cancelleria della corte dia immediata comuni
cazione della presente ordinanza ai ricorrenti, quali promotori e presentatori dei referendum in questione, e che, a cura degli stessi ricorrenti, il ricorso e la presente ordinanza siano notifi
cati al governo della repubblica, in persona del presidente del
consiglio dei ministri, entro il termine di dieci giorni dalla co municazione.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 aprile 1995, n. 110 0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 12 aprile 1995, n. 15); Pres. Baldassarre, Est. Granata; Fall. soc. Codelfa (Aw.
Catarisano) c. Soc. Gavardo Officine; Soc. Sogefan c. Fall,
soc. Codelfa; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. Milano
21 aprile e 19 maggio 1994 (G.U., la s.s., nn. 42 e 47 del 1994).
Fallimento — Azione revocatoria — Precedente amministrazio
ne controllata — Periodo sospetto — Decorrenza — Questio
ne infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 41; r.d.
16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 67).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 67 l. fall., interpretato nel senso che nell'ipotesi di consecu
zione di procedura fra amministrazione controllata e fallimento
i termini a ritroso per l'esperimento delle azioni revocatone
decorrono dalla prima procedura, in riferimento agli art. 3,
24 e 41 Cost. (1)
(1) Con mirabile prontezza il giudice delle leggi interviene sulla que stione sollevata dal Tribunale di Milano (con due ordinanze pubblicate per esteso anche in Fallimento, 1995, 210, con le date del 29 luglio 1994 e 23 settembre 1994, con nota contraria di Panzani, Legittimità costituzionale della retrodatazione del periodo sospetto), dichiarando
infondati tutti e tre i profili di legittimità costituzionale denunciati. La
corte dà cosi il proprio avallo all'orientamento monolitico della Cassa
zione che fa retroagire al decreto di ammissione alla amministrazione
controllata gli effetti del fallimento ai fini del promovimento delle azio
ni revocatone, confermando che l'indirizzo dei giudici di legittimità è
cosi costante da poter essere considerato vero diritto vivente (su tale
aspetto, vedi, da ultimo, Pugiotto, La problematica del «diritto viven
te» nella giurisprudenza costituzionale del 1994: uso e matrici, in Foro
it., 1995, I, 474). Vi è peraltro un passo nella motivazione che merita
di essere valutato con particolare attenzione, laddove la corte per miti
gare gli effetti meno apprezzabili della consolidata giurisprudenza del
Supremo collegio richiama il fatto che la scientia decoctionis del conve
nuto va intesa come conoscenza della «situazione di irreversibile disse
sto del debitore poi fallito» e deve essere provata con riferimento a
ciascuna singola posizione senza che il decreto di ammissione possa as
sumere alcun valore presuntivo. Non è però chiaro se ciò debba essere
inteso nel senso che quando c'è una successione-consecuzione di proce dure l'attore debba provare che il convenuto era a conoscenza dell'esito
verosimilmente infausto della procedura di amministrazione controlla
ta, ovvero se con quella affermazione si voglia limitare il campo di
intervento della prova presuntiva che in subiecta materia è certamente
la prova regina. Poiché nella motivazione si riconosce ancora la valenza
li Foro Italiano — 1995.
Diritto. — 1. - Nel fissare il limite temporale (biennale-annuale) per l'esercizio dell'azione revocatoria in relazione a determinati
atti compiuti dal fallito nel c.d. periodo sospetto e suscettibili,
per ciò, di ledere la par condicio creditorum, l'art. 67 r.d. 16
marzo 1942 n. 267 (disciplina del fallimento, del concordato
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazio ne coatta amministrativa), come sopra impugnato, individua nella
«dichiarazione di fallimento» il momento iniziale per il compu to, a ritroso, del periodo suddetto.
La norma — riferita all'ipotesi, in sé, del fallimento — non
contempla anche la più articolata (ma fattualmente non infre
quente) variante procedimentale del fallimento consecutivo a pre cedente amministrazione controllata dell'impresa e quindi non
specifica se, in tale evenienza, il dies a quo dei termini in que stione sia identicamente rappresentato dalla dichiarazione di fal
limento ovvero vada a coincidere con la data stessa di ammis
sione alla procedura minore.
1.1. - Le due soluzioni interpretative sono state come è noto, con varietà di argomentazioni, prospettate entrambe in dottrina
e giurisprudenza. La Corte di cassazione ha da tempo, peraltro, fermamente,
e senza oscillazione alcuna, aderito alla tesi della retrodatazione
del termine di esercizio della revocatoria in caso di consecuzio
ne di procedure.
E, ai fini di tale opzione interpretativa, ha dato preminente rilievo alla ritenuta sostanziale affinità, sia strutturale che fun
zionale, ed alla conseguente complementarità, delle due men
zionate procedure: tra l'altro anche osservando che la tutela
degli interessi dei creditori verrebbe irrimediabilmente elusa se
si negasse il principio della consecuzione, in quanto non sareb
be mai possibile esperire azioni revocatone nel successivo falli
mento, attesa la durata biennale della amministrazione con
trollata.
A questo indirizzo non si è invece uniformata una parte, mi
noritaria, dei giudici di merito (oltre che della dottrina) i quali, alle argomentazioni del giudice della nomofilachia, hanno op
posto la mancanza di base testuale del principio della consecu
zione delle procedure, la non identità di ratio e degli obiettivi
rispettivi, e soprattutto la asserita concettuale diversità della «tem
poranea difficoltà», che giustifica l'amministrazione controlla
ta, rispetto alla «insolvenza», che conduce al fallimento, conte
stando l'assimilabilità della prima alla seconda situazione agli effetti della pretesa esegesi estensiva della norma in esame.
Peraltro, nel rimeditare anche recentissimamente il proprio orientamento alla luce di queste critiche, la Corte di cassazione
ha continuato a ribadirlo, a sua volta replicando che proprio
le rilevate carenze normative in tema di consecuzione di proce
dure postulano la necessità di far capo ai principi generali della
legge fallimentare per una ricostruzione sistematica della mate
ria; e ancora argomentando che «insolvenza» e «temporanea difficoltà» sono nozioni che divergono solo per l'aspetto quan
titativo, posto che anche la «temporanea difficoltà» è qualitati
vamente «insolvenza» (in quanto coincidente con la incapacità
dell'impresa di far fronte regolarmente alle proprie obbligazio
ni) e da essa si discosta solo perché inerente ad una crisi pro
gnosticata come reversibile; e, comunque, che, una volta suben
trato il fallimento, ne risulterebbe con ciò dimostrata, ora per
allora, la non reversibilità della crisi.
2. - Da questa consolidata e ferma esegesi dell'art. 67 1. fall,
da parte della corte regolatrice, prende ora le mosse il tribunale
rimettente, prospettandone il contrasto con gli art. 3, 24 e 41
Cost., per quanto la norma, cosi interpretata, rispettivamente:
a) «tratta in modo eguale situazioni diseguali»;
b) «non consente di fatto al convenuto in revocatoria di ec
cepire la propria inscientia decoctionis»;
c) «implica una limitazione della libertà di azione economica». 2.1.- Preliminarmente riuniti, per l'identità della norma cen
delle ordinarie prove presuntive sul piano della dimostrazione della scientia
decoctionis, sembrerebbe allora che la soluzione adottata dalla corte
rappresenti quasi una via mediana fra l'interpretazione prevalente a quella dei giudici milanesi; interpretazione mediana che si può leggere in fili
grana già in Trib. Milano 16 marzo 1993, id., 1994, I, 1808.
Per una panoramica sulla questione si rinvia a Fabiani, Consecuzio
ne di procedure concorsuali e revocatoria fallimentare: perché non chie
dere l'intervento della Corte costituzionale?, ibid. [M. Fabiani]
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