ordinanza 7 giugno 1985 (procedimento 154/85 R); Pres. Mackenzie Stuart; Commissione CE c.Repubblica italiana; interv. Regno dei Paesi BassiSource: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 2 (FEBBRAIO 1986), pp. 35/36-37/38Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180556 .
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PARTE QUARTA
13. - Tale normativa non può nemmeno essere giustificata da
ragioni relative alla tutela del consumatore il quale, secondo le
spiegazioni fornite dal governo italiano, considererebbe per tradi
zione tutti gli aceti come aceti di vino. A questo proposito, è
sufficiente rinviare alla motivazione della sentenza 9 dicembre
1981, nella quale la corte ha precisato che la tutela del consuma
tore può essere garantita solo con mezzi atti a sottoporre ad un
pari trattamento i prodotti nazionali ed i prodotti importati. 16. - Ne consegue che la modifica apportata alla normativa
italiana dalla 1. 2 agosto 1982 non può essere considerata tale da
garantire l'esatta e integrale esecuzione della sentenza 9 dicembre
1981, in quanto continua a riservare la denominazione tradiziona
le « aceto » all'aceto di vino, mentre altre categorie di aceti
naturali possono fregiarsi solo di denominazioni meno conosciute
e meno apprezzate dai consumatori italiani.
15. - In base a tali considerazioni, occorre dichiarare che la
Repubblica italiana, continuando a riservare, ai sensi della 1. 2
agosto 1982 n. 527, la denominazione « aceto » al solo aceto di
vino, benché tale riserva sia stata giudicata incompatibile con
l'art. 30 del trattato CEE dalla corte nella sentenza 9 dicembre
1981 (causa 193/80, cit.), è venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 171 del trattato CEE. (Omissis)
Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:
1. La Repubblica italiana, continuando a riservare, con la 1.
2 agosto 1982 n. 527, la denominazione « aceto » al solo aceto
di vino, benché tale riserva sia stata giudicata incompatibile con
l'art. 30 del trattato CEE dalla corte nella sentenza 9 dicembre
1981 (causa 193/80, Commissione c/ Rep bblica italiana), è
venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 171 del trattato CEE.
2. La Repubblica italiana è condannata alle spese.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; ordi
nanza 7 giugno 1985 (procedimento 154/85 R); Pres. Macken
zie Stuart; Commissione CE c. Repubblica italiana; interv.
Regno dei Paesi Bassi.
Comunità europee — CBE — Libera circolazione delle merci —
Restrizione alle importazioni parallele di autoveicoli — Provve
dimenti urgenti — Ammissibilità (Trattato CEE, art. 3, 9, 30).
Stante il grave pregiudizio arrecato agli importatori paralleli ed
agli esportatori esteri, nonché ai consumatori finali, dai provve dimenti con cui, a partire dal luglio 1984 sono stati inaspriti i
controlli amministrativi per l'immatricolazione di autoveicoli
nuovi o usati importati da altri Stati membri, alla Repubblica italiana va ordinato, in via d'urgenza, l'adozione dei provvedi menti necessari affinché agli importatori paralleli non siano
imposte condizioni più rigorose di quelle vigenti prima del
luglio 1984. (1)
1. - Con istanza depositata in cancelleria il 22 maggio 1985, la
commissione delle Comunità europee ha chiesto a questa corte di
ingiungere, con provvedimento urgente, alla Repubblica italiana di
adottare i provvedimenti necessari a garantire, nelle more del
giudizio principale, l'immatricolazione immediata e la libera circo
lazione dei veicoli di origine CEE provenienti dagli altri Stati
membri tramite importazioni parallele. Lo stesso giorno la com
missione delle Comunità europee ha presentato un ricorso inteso
a far dichiarare che la Repubblica italiana, sottoponendo a
formalità non giustificate dal diritto comunitario l'immatricolazio
ne dei veicoli provenienti dagli altri Stati membri tramite impor
ri) Continua la sorda lotta fra importatori paralleli di autoveicoli e
reti « ufficiali » di distribuzione (v., per un significativo riscontro, Pret.
Roma, ord. 13 luglio 1984, Foro it., 1984, I, 2630). La « stretta »
governativa, a favore di queste ultime — ma le motivazioni di facciata
invocavano l'irreprensibile necessità di scoraggiare il traffico di vetture rubate —, aveva toccato il culmine con la circ. min. 15 febbraio 1985, n. 22, prontamente impugnata innanzi al T.A.R. Lazio, che ne
parallizzava l'esecuzione (ord. 8 maggio 1985, per quanto consta
inedita). L'intervento dei giudici amministrativi non valeva, comunque, a sbloccare la situazione: nei fatti, la p.a. interpretava la sospensiva come se indirizzata alle sole importazioni da paesi terzi. Di qui, l'istanza della commissione CE, con conseguente azzeramento provviso rio della partita, in attesa di sviluppi che consentano di metter ordine
(e pace) in un settore dove interessi di parte e pregiudizi sembrano farla da padroni.
Il Foro Italiano — 1986.
tazioni parallele, è venuta meno agli obblighi impostile dall'art.
30 del trattato CEE.
2. - Con telex 30 maggio 1985, il Regno dei Paesi Bassi ha
chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della richieden
te. Questa istanza dev'essere accolta.
3. - Con istanza depositata in cancelleria il 3 giugno 1985, vari
importatori italiani (autocarrozzeria Becast, automarket Bonometti, Fabris Giuseppe, autosalone Foralosso Renato, autofficina Gu
glielmi Giovanni, Lain Francesco, L'Auto, Mercatone dell'Auto e
Valcar) hanno chiesto di intervenire nel procedimento sommario a
sostegno delle conclusioni della commissione. L'istanza dev'essere
respinta in quanto, a norma dell'art. 37 dello statuto, non è
ammesso l'intervento di singoli o di società nelle controversie tra
istituzioni e Stati membri.
4. - La commissione fa presente innanzitutto che in questi ultimi mesi le sono pervenuti numerosissimi reclami contro il
sistema applicato in Italia per l'immatricolazione di autoveicoli
nuovi o usati importati da altri Stati membri; infatti, dal luglio 1984 il governo italiano ha sistematicamente inasprito i controlli
amministrativi al punto di render molto più difficile l'immatrico
lazione dei veicoli importati al di fuori della rete ufficiale di
distribuzione; tali provvedimenti sono stati adottati come reazione
all'aumento delle importazioni parallele in Italia nel 1984.
5. - Il ricorso della commissione è diretto in particolare contro
la circolare n. 22/85 emanata il 15 febbraio 1985 dal ministero
dei trasporti della Repubblica italiana e in vigore dal 1° marzo
1985.
6. - In base a detta circolare, l'immatricolazione del veicolo nuovo straniero è subordinata alla produzione obbligatoria di un
certificato d'origine del veicolo, rilasciato dal costruttore, e di una « scheda tecnica » con i dati tecnici del veicolo. Per quanto concerne i veicoli già immatricolati nel paese esportatore, l'impor tatore deve allegare ai due documenti suddetti il certificato
d'immatricolazione rilasciato dalle autorità dello Stato membro
esportatore. 7. - La stessa circolare dispone che il certificato di origine e la
scheda tecnica del veicolo debbano essere rilasciati dal costruttore
ovvero, per le marche estere, dal legale rappresentante stabilito
in Italia « entro il termine di 40 giorni lavorativi dalla data della
richiesta ». La circolare autorizza inoltre i costruttori e i legali
rappresentanti a percepire un compenso « ragionevole » per il
rilascio di detti certificati.
8. - Mentre era in corso il procedimento per infrazione nei
confronti della Repubblica italiana, talune imprese italiane adiva no il T.A.R. del Lazio per ottenere l'annullamento della circolare
n. 22/85. Con ordinanza 8 maggio 1985, detto tribunale
ha sospeso l'esecuzione della circolare. L'amministrazione italiana
ha però interpretato l'ordinanza del T.A.R. nel senso che la
sospensione della circolare interessava unicamente i veicoli origi nari dei paesi terzi e non quelli di origine CEE.
9. - La commissione sostiene che l'applicazione della circolare
n. 22/85 ha avuto il risultato di paralizzare interamente le
importazioni parallele poiché dal 1° marzo 1985, nessun certifica to d'origine sarebbe stato rilasciato dai costruttori o dai rappre sentanti delle marche estere stabiliti in Italia.
10. - Anche se i certificati d'origine fossero rilasciati, resterebbe il fatto che la circolare rende necessario un periodo d'immatrico
lazione dieci volte più lungo di quello abituale negli altri Stati
membri, il che sarebbe sufficiente per dissuadere gli interessati dal
fare a meno di rivolgersi alla rete ufficiale di distribuzione.
Inoltre, per il rilascio del certificato d'origine e della scheda
tecnica sarebbero chiesti in Italia prezzi di molto superiori a
quelli di regola percepiti negli altri Stati membri.
11. - La commissione deduce che i provvedimenti italiani che
hanno l'effetto di paralizzare le importazioni costituiscono una
violazione grave e manifesta dei principi fondamentali relativi alla libera circolazione delle merci, dettati dagli art. 3, lett. a), 9
e 30 del trattato. Detti provvedimenti, oltre a produrre effetti discriminatori nei confronti dei veicoli di origine CEE introdotti
tramite le importazioni parallele, sarebbero sproporzionati rispetto allo scopo ch'essi perseguirebbero, impedire, cioè, l'immatricola zione di veicoli rubati in Italia.
12. - Secondo la commissione, la paralisi delle importazioni provoca danni incontestabili agli esportatori degli altri Stati membri e agli importatori italiani. Anche il consumatore finale subisce un danno irreparabile. Circa 10.000 veicoli, già importati, sarebbero immobilizzati in conseguenza dell'applicazione dei
provvedimenti di cui trattasi. È pertanto necessario agire senza
indugi per ristabilire lo status quo ante, caratterizzato dal rispetto e dall'esercizio pieno e incondizionato della libera circolazione
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
delle merci. Il sistema che vigeva prima dei vari provvedimenti recentemente adottati dal governo italiano contemplava infatti la
possibilità di scegliere tra il procedimento basato su certificato
d'origine del veicolo rilasciato dal costruttore e quello basato sui
certificati rilasciati dalle autorità pubbliche dello Stato membro
esportatore nelle forme stabilite dalla normativa di detto Stato.
13. - Il governo italiano sostiene, dal canto suo, che il numero delle importazioni parallele non è affatto diminuito dopo l'emana
zione della circolare; anche se può essere stato constatato un
certo rallentamento, si tratta solo di un fenomeno transitorio, che
si accompagna all'entrata in vigore di qualsiasi nuova normativa.
14. - Il governo italiano ha inoltre sottolineato che la normati
va di cui trattasi mira ad impedire il traffico di veicoli rubati.
Esso osserva incidentalmente che prima di procedere all'immatri
colazione è indispensabile accertare che il veicolo importato sia
conforme alle norme di sicurezza nazionali.
15. - Il governo olandese ha sottolineato che le esportazioni in
Italia sono notevolmente diminuite dopo l'adozione dei provvedi menti criticati.
16. - Risulta, a prima vista, che le circolari italiane emanate
dal luglio 1984 in poi sono idonee ad alterare gravemente il
funzionamento del mercato parallelo. A questo proposito va
ricordata la sentenza della corte 20 maggio 1976 (causa 104/75, De Peijper, Race. pag. 613; Foro it., 1976, IV, 410), in cui è
dichiarato che una normativa o prassi nazionale che abbia il
risultato di canalizzare le importazioni, consentendole soltanto ad
alcuni operatori economici ed impedendole ad altri, costituisce
una misura d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa vietata dall'art. 30 del trattato.
17. - La restrizione alle importazioni è illustrata sia dalla
lunghezza apparentemente eccessiva del periodo necessario per l'immatricolazione dei veicoli importati al di fuori della rete
ufficiale di distribuzione, sia dalla spesa supplementare cagionata dal rilascio del certificato d'origine che precede l'immatricolazione
(130.000 lire in media, secondo il governo italiano).
18. - La questione se i provvedimenti adottati dalla Repubblica italiana possano essere giustificati con riguardo all'art. 36 del
trattato costituisce del pari una questione di merito che non deve
essere pregiudicata da provvedimenti adottati nell'ambito del
procedimento sommario. Si deve tuttavia rilevare che il governo italiano non ha fornito in questa fase nessun valido motivo che
consenta di considerare che i provvedimenti criticati siano giu stificati da esigenze di ordine pubblico. Esso non ha nemmeno
spiegato perché non sarebbero attuabili provvedimenti meno re
strittivi.
19. - Peraltro, il governo italiano non ha negato che i
provvedimenti ch'esso ha adottato arrecano un danno irreparabile
agli importatori paralleli italiani ed agli esportatori degli altri
Stati membri, i quali sono privati, anche se parzialmente, della
possibilità di esercitare la loro attività. A questo si aggiunge il
danno cagionato al consumatore finale, che è escluso dai vantaggi offerti dal mercato comune.
20. - Per quanto riguarda l'urgenza del provvedimento, il
governo italiano non ha potuto validamente contestare, nonostante
ripetute domande in tal senso della commissione e della corte, che l'immatricolazione dei veicoli importati aveva subito un
ritardo notevole, che la commissione ha quantificato stimandolo in circa 10.000 veicoli. Orbene, non c'è dubbio che il governo italiano può agevolmente procurarsi statistiche precise relativamen
te al settore di cui trattasi.
21. - Di conseguenza, risulta giustificato concedere provvedimen ti provvisori al fine di ripristinare lo status quo ante ed
ingiungere alla Repubblica italiana di adottare i provvedimenti necessari affinché agli importatori paralleli non siano imposte condizioni più rigorose di quelle vigenti prima del luglio 1984.
Inoltre, la Repubblica italiana informerà ogni quindici giorni la
commissione della situazione delle immatricolazioni effettuate e
dei motivi degli eventuali ritardi.
22. - Il governo italiano resta libero, in qualsiasi momento, di
chiedere la modifica della presente ordinanza, segnatamente in
base a dati statistici ed a documenti giustificativi più precisi di
quelli che sono stati forniti alla corte.
Per questi motivi, il presidente statuendo in via provvisoria cosi provvede:
1. Nelle more della causa principale, la Repubblica italiana è
tenuta:
a) non appena sarà stata notificata la presente ordinanza, ad
adottare i provvedimenti necessari affinché agli importatori paral
II Foro Italiano — 1986.
leli non siano imposte condizioni
prima del luglio 1984; b) ad informare ogni quindici
situazione delle immatricolazioni
eventuali ritardi.
2. Le spese sono riservate.
più rigorose di quelle vigenti
giorni la commissione della
effettuate e dei motivi degli
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 28 marzo 1985 (causa 298/83); Pres. Mackenzie Stuart, Avv. gen. Lenz (conci, conf.); Comité des Industries Cinémato
graphiques des Communautés Européennes c. Commissione CE.
Comunità europee — CE'E — Concorrenza — Reclamo per abuso di posizione dominante — Decisione di archiviazione — Legit timità (Trattato CEE, art. 86, 173).
Va confermata la decisione con cui, per non esser stati forniti elementi atti a comprovare l'esistenza degli allegati abusi di
posizione dominante, la commissione CE abbia disposto l'archi viazione del reclamo, proposto da un'associazione di produttori cinematografici, contro la pratica degli enti televisivi francesi di
corrispondere, per l'acquisto dei diritti di diffusione televisiva di opere cinematografiche, prezzi iniqui perché irrisori. (1)
Diritto. — 1. - Con atto depositato in cancelleria il 29 dicembre
1983, il Comité des Industries Cinématographiques des Commu nautés Européennes (in prosieguo « C.I.C.C.E. ») ha sottoposto a
questa corte, in forza dell'art. 173, 2° comma, del trattato CEE, un ricorso inteso all'annullamento delle decisioni della commis sione in data 12 luglio e 28 ottobre 1983, con le quali veniva
disposta l'archiviazione di una domanda presentata dal C.I.C.C.E. in forza dell'art. 3 del regolamento del consiglio 6 febbraio 1962 n. 17 (G.U. 13, pag. 204).
2. - In tale domanda il C.I.C.C.E. denunciava il comportamento tenuto dai tre enti televisivi francesi, e cioè la Société Nationale de la Télévision Frangais 1 (TF1), la Société Nationale de la Télévision en couleur Antenne 2 (A2) e la Société Nationale des
Programmes France Région (FR3). Il C.I.C.C.E. sosteneva che, imponendo prezzi molto bassi per l'acquisto dei diritti di diffu sione televisiva dei films cinematografici, detti enti violavano l'art. 86 del trattato CEE.
3. - IL C.I.C.C.E. faceva presente che detti enti televisivi
detengono, in ragione dell'esclusività del servizio televisivo di cui sono titolari in Francia, una posizione dominante, ai sensi del summenzionato art. 86, nel mercato comune o quanto meno su una parte sostanziale di questo. Il C.I.C.C.E. osservava inoltre che il comportamento addebitato agli enti televisivi può essere
pregiudizievole al commercio tra Stati membri, in quanto i
programmi diffusi dai suddetti enti sono ricevuti, tramite onde
erziane o cavi di teledistribuzione, sul territorio degli Stati membri prossimi alla Francia.
4. - Relativamente al carattere abusivo del comportamento addebitato agli enti televisivi, il C.LC.C.E. deduceva, nella sua
domanda, i seguenti elementi: — il fatto che detti enti destinano una minima parte — il
3,3 % circa -— dei loro fondi di bilancio all'acquisto dei diritti di diffusione dei films, mentre la diffusione di questi stessi films
rappresenta per la televisione la « trasmissione di maggiore attra zione », sia in termini di tasso di ascolto, sia in termini di prezzo di cessione del tempo di antenna per messaggi pubblicitari, dato che il prezzo del tempo di antenna che precede la diffusione di un film è il più elevato;
(1) La prassi monopsonistica degli enti televisivi francesi era stata stigmatizzata dalla Commission de la concurrence, avis 28 giugno 1979, in BOSP n. 21 del 20 ottobre 1979, alla luce della normativa d'oltralpe sul rifiuto di vendere (inquadrato come espressione « classi ca » di sfruttamento abusivo di posizione egemone: cfr., indicativamen te, M. Glais, Six ans de répression des ententes illicites et des abus de position dominante: un bilan de l'activité de la commission de la
concurrence, in Rev. comm., 1984, 419, 441). E, già in precedenza, era stata scrutinata dalla Commission technique des ententes nel 1968 e nel 1975. Tutto ciò — sembra di capire — non è bastato; né migliore fortuna ha sortito, con la pronunzia in rassegna, il « grido di dolore » delle case cinematografiche a livello comunitario. Sarà dunque « Le Cinq » a smuovere le acque?
R. Pardolesi
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