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ordinanza 7 giugno 1995, n. 1456; Pres. Mariuzzo, Est. Savoia; Referendum Tv - Comitato per il...

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ordinanza 7 giugno 1995, n. 1456; Pres. Mariuzzo, Est. Savoia; Referendum Tv - Comitato per il «No» (Avv. Nicosia) c. Garante per la radiodiffusione e l'editoria, Comitato per il «Sí» (Avv. D'Amati, Nespor), R.T.I. - Reti televisive italiane Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 9 (SETTEMBRE 1995), pp. 455/456-459/460 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23189071 . Accessed: 28/06/2014 13:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 13:45:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 7 giugno 1995, n. 1456; Pres. Mariuzzo, Est. Savoia; Referendum Tv - Comitato per il «No» (Avv. Nicosia) c. Garante per la radiodiffusione e l'editoria, Comitato per il

ordinanza 7 giugno 1995, n. 1456; Pres. Mariuzzo, Est. Savoia; Referendum Tv - Comitato per il«No» (Avv. Nicosia) c. Garante per la radiodiffusione e l'editoria, Comitato per il «Sí» (Avv.D'Amati, Nespor), R.T.I. - Reti televisive italianeSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 9 (SETTEMBRE 1995), pp. 455/456-459/460Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189071 .

Accessed: 28/06/2014 13:45

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PARTE TERZA

ti», mentre nel nuovo testo dell'art. 43 d.p.r. 1092/73 ^«effetti

vamente» non è riprodotto; circostanza questa indubbiamente

significativa e da cui pure trarre tutte le conseguenze in sede

di interpretazione delle nuove disposizioni che qui interessano; cosicché il distinguo tra «effettivamente» e «integralmente» non

può essere privo di significato concreto.

Né, ancora, quanto finora detto appare contrastare con l'art.

11 1. n. 93 del 1983, là dove pone il divieto di trattamenti inte grativi a quelli contrattuali per quanto già detto sull'estensione

degli effetti economici dell'accordo.

La pensione invero non costituisce elemento integrativo dello

stipendio né può essere materia di accordi ed i costi aggiuntivi per maggiori oneri pensionistici non sono costi «contrattuali»

ma fatti che rappresentano le conseguenze volute dalla legge di un negozio in sé perfetto (anche se non ancora efficace, oc

correndo poi il d.p.r.), come i riflessi tributari, previdenziali, ecc.

Per quel che può ulteriormente valere a fini interpretativi del

l'accordo e per la parte in cui interessa, va richiamato quanto da parte ricorrente ha poi rilevato in ordine alla coerenza della

interpretazione sopra data sia con il precedente accordo con

trattuale del 1979-1981 sia con la 1. 17 aprile 1985 n. 141 (in

particolare art. 7 e 8) sia con gli accordi successivi in disparte il fatto, come già detto, che comunque ogni accordo va visto

come oggetto di autonoma contrattazione collettiva rapportata tra l'altro a fatti contingenti di tempo, di interessi di categoria, di esigenze finanziarie, ecc. tra loro al momento in modo varie

gato composte contrattualmente e disciplinate per il triennio di

riferimento.

Alla stregua delle esposte considerazioni va dichiarato in sede

di giudizio pensionistico, che il dipendente collocato in quie scenza nel periodo di validità del contratto triennale di lavoro

ha diritto a conseguire l'intero trattamento ivi previsto sotto

il profilo economico dalla data di decorrenza degli effetti eco

nomici dell'accordo, in quanto il diritto al nuovo trattamento

si incardina alla data di inizio della vigenza contrattuale a pre scindere dalle date di scaglionamento nell'erogazione dei benefici.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; ordinanza 7 giugno 1995, n. 1456; Pres. Ma

riuzzo, Est. Savoia; Referendum Tv - Comitato per il «No»

(Avv. Nicosia) c. Garante per la radiodiffusione e l'editoria, Comitato per il «Si» (Avv. D'Amati, Nespor), R.T.I. - Reti

televisive italiane.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; ordinanza 7 giugno 1995, n. 1456; Pres. Ma

Elezioni — Pubblicità elettorale — Campagne referendarie —

«Par condicio» — Violazione — Esclusione — Fattispecie (D.l. 19 maggio 1995, n. 182, disposizioni urgenti per la parità di

accesso ai mezzi di informazione durante le campagne eletto

rali e referendarie, art. 10, 13, 16).

Non sussiste violazione della parità di trattamento tra i sosteni tori delle opposte indicazioni di voto in materia referendaria

(nella specie, trattavasi del referendum abrogativo sulla legge di disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato, indetto per I'll giugno 1995) allorquando vengano trasmessi, da reti televisive private (nella specie, le reti Fininvest), spots

autopromozionali che, per la loro collocazione e per il loro

contenuto, siano comunque privi di quella univocità ed ido

neità ad influenzare i telespettatori proprie dei messaggi elet

torali, attenendo tali spots alla pregressa attività e program mazione delle reti televisive che li trasmettono e non già al

problema della loro proprietà in capo ad un unico proprieta rio; né appare possibile assimilare tali spots alla pubblicità in senso proprio. (1)

(1) L'ordinanza si segnala come la prima (seguita dalla decisione re

sa, nella vicenda, dal Consiglio di Stato, in accoglimento del ricorso) applicazione giurisprudenziale del d.l. 19 maggio 1995 n. 182 (che costi tuiva reiterazione del precedente d.l. 20 marzo 1995 n. 83), in tema di parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elet torali e referendarie. Il d.l. 182/95 è ora stato reiterato con d.l. 18

Il Foro Italiano — 1995.

Ritenuto che, in via preliminare, non sembra sussistere la ec

cepita nullità della procura ad litem, in quanto, successivamen

te alla sottoscrizione del ricorso da parte del procuratore, figu ra l'istanza dello stesso di abbreviazione del termine stabilito

dall'art. 36, 2° comma, r.d. 17 agosto 1907 n. 642, nonché il

decreto 5 giugno 1995 del presidente del Tar di accoglimento della medesima istanza, di talché la procura risulta inserita nel

corpo di un unico atto processuale; Rilevato che in concreto pare esistente la legittimazione attiva

in capo al ricorrente comitato, come sembra comprovato dal

provvedimento 12 aprile 1995 del garante in atti, espressamente

luglio 1995 n. 289 in Le leggi, 1995, I, 2516 e, da ultimo, con d.l. 18 settembre 1995 n. 386, in G.U. n. 219 del 19 settembre.

Nel testo originario, la normativa sulla par condicio prevedeva il di vieto assoluto di ogni forma di pubblicità elettorale, a partire dal tren tesimo giorno precedente la data delle elezioni (art. 3, 6° comma, d.l.

83/95). Nelle more, tuttavia, è intervenuta la sentenza della Corte costi tuzionale n. 161 del 10 maggio 1995 (Foro it., 1995, I, 1700, con nota

redazionale, nonché in Guida al diritto, 1995, fase. 21, 24, con com mento di G. Busia, La Consulta cambia rotta sulle fonti primarie e ammette il conflitto d'attribuzione sui d.l.), con la quale la Consulta, nel risolvere un conflitto di attribuzioni (dichiarato ammissibile con ord. 7 aprile 1995, n. 118, Foro it., 1995, I, 1403) proposto nei confronti del governo e del garante per la radiodiffusione e l'editoria dai deputati riformatori Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers ed Elio Vito (pro motori dei referendum in materia di commercio, di elezioni comunali e di contributi sindacali), ha dichiarato che «non spetta al governo adot tare, con riferimento alle campagne referendarie, la disposizione di cui all'art. 3, 6° comma, d.l. 20 marzo 1995 n. 83», ed ha, conseguente mente, annullato tale disposizione «nella parte in cui si applica alle

campagne referendarie» (per l'ammissibilità di un nuovo conflitto di

attribuzioni, proposto dai medesimi deputati nei confronti del governo della repubblica per l'emanazione del d.l 182/95, ritenuto lesivo delle attribuzioni di rango costituzionale spettanti ai promotori del referen dum nello svolgimento della campagna referendaria, v. Corte cost., ord. 2 giugno 1995, n. 226, id., 1995, I, 2015. La Corte costituzionale ha dichiarato estinto il processo con sentenza n. 383 del 25 luglio 1995, G.U., la s.s., 16 agosto 1995, n. 34).

È inutile dire che gli effetti di tale annullamento si sono subito fatti sentire nell'ambito della campagna elettorale per i referendum indetti

per I'll giugno 1995, ed in particolare nell'ambito della propaganda per i referendum in materia di concessioni televisive, di interruzioni

pubblicitarie e di imprese concessionarie di pubblicità (dichiarati am missibili da Corte cost. 12 gennaio 1995, n. 8, Foro it., 1995, I, 435). È accaduto, infatti, che il gruppo televisivo maggiormente interessato dall'esito del referendum (vale a dire il gruppo Fininvest, proprietario di tre reti televisive, il quale rischiava di dover cedere due di tali reti, nonché di limitare fortemente la raccolta pubblicitaria, in caso di vitto ria del «si») ha cominciato a trasmettere non solo una notevole quanti tà di regolari (in quanto contraddistinti dall'apposita scritta «pubblicità elettorale», secondo quanto previsto dall'art. 3, 4° comma, d.l. 182/95) spots pubblicitari per il «no», ma anche numerosi spots autopromozio nali, celebrativi dei quindici anni di esistenza delle reti commerciali «Ca nale 5», «Italia 1» e «Rete 4».

Una tale situazione ha fatto immediatamente insorgere il comitato promotore per i referendum televisivi, che ha denunciato la violazione della par condicio da parte della Fininvest, ritenendo tali spots autoce lebrativi una forma indiretta di propaganda referendaria (e quindi tale da ledere il principio della parità di trattamento, previsto dall'art. 16, 2° comma, d.l. 182/95), ed ha provocato un intervento del garante per la radiodiffusione e l'editoria, il quale, con proprio provvedimento del 2 giugno 1995, ha ordinato alla società R.T.I. — Reti televisive italiane, esercente le emittenti televisive nazionali «Canale 5», «Italia 1» e «Rete 4», la messa a disposizione a favore del comitato per il «si», promotore dei referendum in materia televisiva, di spazi compen sativi di propaganda o per la diffusione di comunicati equivalenti, per durata e fascia oraria, a quella dei messaggi promozionali diffusi dalle reti Fininvest unitamente agli spots pubblicitari (cosi esercitando, il ga rante, il potere attribuitogli dall'art. 13, 2° comma, lett. b, d.l. 182/95).

Quest'ultimo provvedimento costituisce l'oggetto del giudizio incidentale di sospensiva cui si riferisce l'ordinanza in epigrafe; ordinanza con la

quale i giudici amministrativi hanno sospeso l'efficacia del provvedi mento medesimo, rilevando come «il contenuto delle anzidette autopro mozioni, seppure capace di provocare effetti di indiretta suggestione sui medesimi telespettatori, risulta oggettivamente privo di quell'univo co ed incontestabile messaggio preordinato ad influenzare gli stessi, at tenendo esso alla pregressa attività e programmazione delle reti televisi ve in questione e non già al diverso problema della concentrazione della loro proprietà in capo ad un unico soggetto privato»; nella stessa ordi nanza, inoltre, si legge che «le medesime autopromozioni non sembra no egualmente assimilabili, a parte l'assenza di una reale contiguità con

gli spots referendari, neppure a messaggi pubblicitari in senso proprio, di questi facendo difetto l'intrinseca preordinazione alla incentivazione alla vendita di prodotti mediante compenso».

Da un punto di vista formalistico, il ragionamento dei giudici del Tar appare prima facie corretto, in quanto indubbiamente una cosa

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ricognitivo della qualità di legale rappresentante del comitato

per il «no» del sig. Andrea Abodi, che ha poi conferito la pro cura all'avv. Fabio Nicosia;

Considerato che il presente ricorso pare, altresì', ammissibile,

poiché il provvedimento d'urgenza adottato dal garante, anche

se avesse natura meramente endoprocedimentale, sarebbe egual mente impugnabile davanti al giudice amministrativo, siccome

direttamente incisivo della posizione giuridica soggettiva del ri

corrente comitato; Rilevato che, per tale aspetto, non pare rilevante l'omessa

previsione d'impugnabilità da parte dell'art. 13 dello stesso d.L, trovando in concreto applicazione la disciplina di cui alla I. 6 dicembre 1971 n. 1034, nonché il t.u. 26 giugno 1924 n. 1054

ed il r.d. 17 agosto 1907 n. 642, nel quadro della quale ha avu

to luogo, ai fini della discussione della presente sospensiva, la

già richiamata abbreviazione del termine di dieci giorni;

Visto, altresì', l'art. 30 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, da inter

pretarsi nel senso che, anche in presenza di regolamento di com

petenza, non resta esclusa la potestà del giudice amministrativo

di pronuncia in sede cautelare; Visto il provvedimento 12 aprile 1995, avente ad oggetto il

regolamento per la disciplina della comunicazione sulla stampa e sulla televisione relativa ai referendum abrogativi per la cui

votazione è fissata la data del giorno 11 giugno 1995, cosi come

modificato dal successivo provvedimento 13 maggio 1995, adot

tato dall'ufficio del garante per la radiodiffusione e l'editoria; Visti gli atti di causa e, in particolare, la nota 23 maggio

1995 del comitato per il «si», promotore del referendum sulla

sono gli spots di propaganda referendaria, altra gli spots autopromo zionali che qualsiasi emittente televisiva può trasmettere per celebrare i propri successi nel campo dell 'audience e della qualità dei programmi. È stato tuttavia notato che, mentre «la normativa in esame comporta

un'oggettiva distinzione delle posizioni tutelate e incise, facenti capo ora ai titolari delle emittenti radiotelevisive ora ai partiti politici o mo

vimenti, non si è tenuto conto che, nella particolare fattispecie, le due

posizioni d'interesse facevano capo sostanzialmente allo stesso sogget

to, che avrebbe potuto utilizzare lo strumento radiotelevisivo per perse guire un proprio interesse nell'ambito della campagna referendaria» (cosi C. Taglienti, Durante il procedimento ordinario di accertamento il ga rante può emettere provvedimenti d'urgenza, in Guida al diritto, 1995, fase. 25, 121, il quale conclude la sua analisi rilevando come «tale coin

cidenza d'interessi meritava probabilmente qualche cenno, proprio in

relazione alla possibilità di disporre surrettiziamente di spazi per la pro

paganda referendaria in difformità da quanto prescritto nel 2° comma dell'art. 16 del d.l. in esame»; di pubblicità impostasi sin dal principio come «guida spirituale di una logica che, se anche non aveva nel con

senso politico il suo obiettivo di mercato di fondo, non ha mai disde

gnato di poterlo contabilizzare come esternalità positiva», parla M. Mar

turano, La nuova «democrazia dell'ascolto». II. Ipotesi ed analisi su

televisione ed elezioni, in Problemi dell'informazione, 1995, 143, 160). Del resto, se per propaganda si intende — secondo la migliore dottri

na — «qualunque attività volta a diffondere in modo deliberato e siste

matico messaggi ad un determinato uditorio al fine di creare un'imma

gine (positiva e negativa) di specifici fenomeni, stimolando altresì' com

portamenti adeguati» (cfr. F. Lanchester, Propaganda elettorale, voce

dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1988, XXXVII, 126; Sani, Propa

ganda, in Dizionario di politica a cura di N. Bobbio e N. Matteucci,

Torino, 1977, 799 ss.; B. L. Smith, Propaganda, in International Enci

clopaedia of the Social Sciences, XII, New York, 1968, 579 ss.), appare indubbio che un'attività autopromozionale, inserita in un contesto refe

rendario volto a ridimensionare la presenza sul mercato di un gruppo televisivo — presenza dichiarata eccessiva anche da Corte cost. 7 di

cembre 1994, n. 420 (Foro it., 1995, I, 4, con nota di R. Pardolesi, Pluralismo esterno (non più d'una rete a testa?) per l'etere privato) che ha dichiarato illegittimo l'art. 15, 4° comma, 1. 6 agosto 1990 n. 223 (c.d. legge Mammi), nella parte in cui consente ad uno stesso sog

getto di essere titolare di tre delle nove concessioni per reti televisive

su scala nazionale assentibili a privati — possa presentare aspetti di

pubblicità surrettizia, tale da qualificarla come propaganda elettorale.

Ed invero, la propaganda elettorale identifica «quella specifica attivi

tà che si esplica nell'ambito del processo preparatorio della scelta e

che è volta ad influire sulla volontà degli aventi diritto al voto nel pe riodo precedente la votazione» (Lanchester, Propaganda elettorale,

cit., 127; G. Rizzo, La propaganda elettorale (concettualizzazione, pro

filo storico, forme, disciplina vigente), in Ammin. it., 1993, 947). La

giurisprudenza di legittimità, dal canto suo, ha definito come propa

ganda elettorale «ogni attività inerente direttamente o indirettamente

alla competizione elettorale e tendente, come scopo mediato o imme

diato, ad acquistare voti o a sottrarli agli avversari» (Cass. 20 novem bre 1972, Gliubizzi, Foro it., Rep. 1973, voce Elezioni, n. 29; per una

Il Foro Italiano — 1995.

1. 6 agosto 1990 n. 223, cui ha fatto seguito, a norma dell'art.

12 del suindicato d.l., la nota 25 maggio 1995 a firma del ga

rante, prospettante la possibile configurazione della violazione

sia dell'anzidetto d.l. (art. 3, 4° comma, e 16, 2° comma) che

dei nominati provvedimenti 12 aprile 1995 e 13 maggio 1995

(art. 14, 2° e 3° comma) e recante l'invito alla R.T.I. a fornire entro 24 ore le controdeduzioni del caso;

Vista la nota in data 26 maggio 1995, con cui la R.T.I. ha

presentato le proprie osservazioni, analiticamente contestando

la sussistenza dell'ascritto addebito;

Vista, infine, la nota 1° giugno 1995, con cui il garante, ri

chiamata la denuncia inoltrata dal comitato per il «si» ed esa minate le registrazioni delle trasmissioni diffuse dalle emittenti

Canale 5, Italia 1 e Rete 4 nei giorni dal 21 maggio al 23 mag

gio 1995, ha formalmente contestato la violazione delle norme

antecedentemente citate nella nota del 25 maggio 1995; Rilevato che detta contestazione è stata fondata sul fatto che,

unitamente agli spots referendari per il «no» ai quesiti referen dari sulla legge Mammi, erano state diffuse interviste, aventi

carattere di messaggi pubblicitari ed autopromozionali, con con

seguente elusione del criterio della equa ripartizione di spazi e di tempi fra i sostenitori delle opposte indicazioni di voto;

Ritenuto che, contestualmente alla indicata contestazione, il

garante ha fissato per il giorno 2 giugno 1995 l'audizione presso i propri uffici della soc. R.T.I., con assegnazione del termine

del 3 giugno 1995 per la trasmissione delle controdeduzioni pre viste dagli art. 12 e 13 d.l. 20 marzo 1995 n. 83 e con espressa

riserva, anche nel difetto degli indicati incombenti, di adottare

definizione ancora più ampia, con specifico riferimento ai referendum — in cui, non va dimenticato, ha rilievo anche il numero dei votanti, ai fini della validità della consultazione —, cfr. Cass. 26 giugno 1989,

Celentano, id., 1990, II, 382, secondo la quale costituisce propaganda elettorale anche l'attività diretta a convincere l'elettore a non votare

ovvero a presentare scheda bianca o a rendere il voto nullo o a espri merlo in modo inefficace; ma per una definizione più restrittiva, v.

Cass. 30 ottobre 1985, Cannillo, id., Rep. 1987, voce cit., n. 55, secon

do la quale è propaganda elettorale solo quella che ha un'efficacia im mediata sulla determinazione volitiva degli elettori). Ora, è notorio co

me la campagna per il «no» ai referendum sulla legge Mammi sia stata

impostata tutta sul rischio di un ritorno al monopolio della televisione

pubblica, in caso di esito positivo del referendum (cfr., sul punto, A.

Pace, La televisione pubblica in Italia, id., 1995, V, 251); in pratica, secondo la propaganda del «no», la vittoria del comitato promotore dei referendum avrebbe comportato una forte riduzione dell'offerta te

levisiva, il cui mercato sarebbe stato nuovamente dominato dalla Rai, che avrebbe continuato a trasmettere su tre reti nazionali, mentre ai

privati non sarebbe stato consentito di possedere più di una rete a livel

lo nazionale, si da non poter sostenere la concorrenza del colosso

pubblico. A prescindere dalla tenuta di tali argomentazioni, va osservato che

comunque la trasmissione di spots autocelebrativi, inserita in un conte sto propagandistico di tal fatta, poteva forse essere considerata idonea

ad influenzare e suggestionare i telespettatori (che, per la più parte, sono anche elettori: cfr. Marturano, cit., che non manca di alludere, col riferimento a «quindici anni di televisione-madre di telespettatori consumatori-elettori», alle tesi decisamente provocatorie di Paul Viri

lio, Schermo ed oblio, Milano, 1994, sul «colpo di Stato mediatico

latino-europeo») proprio per il contenuto di tali messaggi, tendente ad esaltare la presenza nell'etere di un gruppo proprietario di tre reti tele

visive nazionali, che si sarebbero ridotte ad una, in caso di esito positi vo dei referendum (cosi da non poter più contrastare la concorrenza

della televisione pubblica, secondo la pubblicistica filo-Fininvest); e di

tale possibilità, peraltro, sembrano esserne resi conto anche i giudici del Tar della Lombardia, i quali hanno riconosciuto che i messaggi

autopromozionali trasmessi da Canale 5, Italia 1 e Rete 4 erano «capaci di provocare effetti di indiretta suggestione sui telespettatori», salvo

poi negarne sia la natura di spots elettorali, per mancanza dell'univoci

tà del messaggio (ma si è visto che rientra nella propaganda elettorale

ogni attività inerente, direttamente o indirettamente, alla competizione elettorale: Cass. 20 novembre 1972, cit.), sia la qualità di spots pubbli citari in senso proprio.

Tant'è. Il referendum è ormai archiviato, e le forze politiche sono

impegnate a risistemare un assetto che comunque non può restare cosi

come è, a causa della nota sentenza della Corte costituzionale, che ne

impone la revisione al fine di garantire un maggiore pluralismo dell'ete

re. Resta la necessità di assicurare a tutte le forze politiche l'eguaglian za delle chances nel contatto con l'opinione pubblica, eguaglianza che

costituisce la garanzia fondamentale all'interno degli ordinamenti de

mocratici, dal punto di vista dell'offerta politica (Lanchester, Propa ganda elettorale, cit., 130). [V. Lenoci]

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PARTE TERZA

le definitive determinazioni ai sensi del d.l. 19 maggio 1995 n.

182; Visto, infine, il provvedimento 2 giugno 1995, in questa sede

impugnato, con cui il garante, richiamate le trasmissioni televi

sive del 21, 22 e 23 maggio 1995, assuntamente irradiate unita

mente a spots pubblicitari (per il «no»), ha ritenuto la sussisten za della violazione della parità di trattamento prevista dall'art.

16, 2° comma, d.l. 19 maggio 1995 ed ha conseguentemente

ingiunto la messa a disposizione a favore del comitato per il

«si» di spazi compensativi di propaganda o di diffusione di co municati di durata e fascia oraria pari a quelli dei già enunciati

messaggi elettorali promozionali; Considerato che il primo motivo di ricorso pare, allo stato,

privo di giuridico pregio, in quanto il provvedimento qui grava to risulta essere stato espressamente adottato a norma dell'art.

13 del già citato d.l., che subordina l'adozione di misure di

urgenza alla sola condizione della sussistenza di evidenti viola

zioni dello stesso d.l., con salvezza in ogni caso del procedi mento di accertamento ordinario;

Ritenuto che, sotto questo profilo, non sembra spiegare alcu

na rilevanza la circostanza che la misura d'urgenza sia stata

emessa a procedimento ordinario avviato, potendo il garante intervenire in via di urgenza, del tutto indipendentemente dalla

allegata identità dei fatti oggetto di indagine, sul solo ed esclu sivo presupposto delle evidenti violazioni, rispetto alle quali l'art.

13 del medesimo d.l. non richiede alcuna diversa, particolare motivazione;

Rilevato che pare anche insussistente la dedotta violazione

del contraddittorio, avendo il garante comunicato alla R.T.I.

l'integrale contenuto dell'esposto avanzato dal comitato per il

«si», cosi come espressamente prescrive per i provvedimenti d'ur

genza l'art. 13, 1° comma, che contempla a tale fine le sole

controdeduzioni di colui cui l'infrazione sia stata in precedenza contestata;

Ritenuto che l'utilizzazione da parte del garante di una tran

che del procedimento ordinario a fini istruttori e di integrazione del contraddittorio nel procedimento d'urgenza non si traduce in alcuno dei diversi vizi di eccesso di potere dedotti con il pri mo motivo, posto che, come già detto, l'esclusivo presupposto

previsto dall'art. 13 coincide senza riserve con la sussistenza

delle ricordate, evidenti violazioni della vigente normativa, del

tutto a prescindere dalla fase di maturazione del procedimento ordinario di accertamento delle violazioni, governato dal prece dente art. 12;

Considerato che, per quanto riguarda il secondo ed il terzo

motivo dedotti, le cosiddette autopromozioni diffuse da Canale

5, Rete 4 e Italia 1 non sembrano totalmente ed incondizionata

mente assimilabili, quanto meno in questa sede di sommaria

delibazione, a spots pubblicitari in favore del «no», in quanto:

a) non costa, anzitutto, sussistente la allegata continuità con i precedenti messaggi del medesimo comitato, posto che questi ultimi si aprono con la scritta «pubblicità elettorale», si conclu

dono con la firma del comitato per il «no» e sono comunque delimitati dalla successiva programmazione con un breve inter vallo nero;

b) fa difetto nella previsione del già richiamato d.l. la pre scrizione di diverse segnalazioni ed avvisi ai telespettatori, avan ti di proseguire le trasmissioni;

c) il contenuto delle anzidette autopromozioni, seppure capa ce di provocare effetti di indiretta suggestione sui medesimi te

lespettatori, risulta oggettivamente privo di quell'univoco ed in

contestabile messaggio preordinato ad influenzare gli stessi, at

tenendo esso alla pregressa attività e programmazione delle reti

televisive in questione e non già al diverso problema della con

centrazione della loro proprietà in capo ad un unico soggetto

privato; Ritenuto, inoltre, che, diversamente da quanto assunto dal

garante, le medesime autopromozioni non sembrano egualmen te assimilabili, a parte l'assenza di una reale contiguità con gli

spots referendari, neppure a messaggi pubblicitari in senso pro prio, di questi facendo difetto l'intrinseca preordinazione alla

incentivazione alla vendita di prodotti mediante compenso (art. 7, 4° comma, del provvedimento 13 maggio 1995);

Considerato che resta conseguentemente inapplicabile l'art.

3, 4° comma, del citato d.l., che si riferisce solo alla trasmissio ne distinta di altra pubblicità, cui è dunque estranea quella au

topromozionale;

Rilevato, infine, che l'interpretazione sopra indicata trova base e ragione nella natura eccezionale e transitoria della normativa

Il Foro Italiano — 1995.

in tema di parità di accesso ai mezzi d'informazione, oggettiva mente compressiva dei distinti diritti costituzionali stabiliti dagli art. 21 e 42 Cost., ancorché in funzione di tutela del superiore interesse pubblico al pari trattamento di quanti competano nelle

campagne referendarie; Ritenuto che non paiono conclusivamente sussistenti gli estre

mi della oggettiva evidenza delle violazioni contestate e con ciò

del presupposto, cui l'art. 13 riconduce e costituisce la discre

zionale potestà di adottare misure riequilibratrici in via d'urgenza;

Considerato, infine, che l'impugnato provvedimento pare il

legittimo anche nella parte in cui assegna al comitato per il «si»

uno spazio da utilizzarsi con attività di esplicita comunicazione o di propaganda, non apparendo assimilabile, per quanto già

illustrato, la comunicazione data in detti spazi autopromozio nali ad effettiva e corrispondente attività di pubblicità refe

rendaria; Ritenuto che sussistono gli estremi previsti dall'art. 21, ulti

mo comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034;

per questi motivi, accoglie l'istanza incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti del garante. (Omissis)

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 20 gennaio 1995, n. 62; Pres. Schi

naia, Est. Minicone; Codacons (Aw. Lorizio, Rienzi), Co

mitato di quartiere e Associazione pro loco di Ponte Galeria

e altri (Avv. Rienzi, Garozzo) c. Comune di Roma (Avv.

Lorusso), Soc. Lamaro Appalti (Avv. Zanchini), Soc. Gale ria Sviluppo, Soc. Mariposa, Soc. Teta (Avv. Pallottino), Min. industria, Min. commercio, Min. artigianato, Min. beni

culturali e ambientali, Min. ambiente, Regione Lazio, Pro

vincia di Roma.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 20 gennaio 1995, n. 62; Pres. Schi

Ambiente (tutela dell') — Associazione non individuata dal mi

nistro dell'ambiente — Ricorso giurisdizionale — Legittima zione — Esclusione (L. 8 luglio 1986 n. 349, istituzione del

ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambien

tale, art. 13, 18). Giustizia amministrativa — Tutela d'interessi urbanistico

ambientali — Comitato di quartiere — Associazione «prò lo

co» — Legittimazione — Esclusione (Cod. proc. civ., art.

77, 81, 100). Giustizia amministrativa — Approvazione di insediamento

urbanistico-commerciale — Impugnazione — Legittimazione — Stabile collegamento territoriale — Allegazione della resi

denza nell'atto introduttivo — Sufficienza (L. 17 agosto 1942

n. 1150, legge urbanistica, art. 10; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 10; 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle

autonomie locali, art. 27). Giustizia amministrativa — Termine per l'impugnazione — De

correnza — Conoscenza piena — Fattispecie (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regiona li, art. 21).

Giustizia amministrativa — Ambiente — Tutela — Associazio

ne legittimata ad agire in via principale — Intervento «ad

adiuvandum» — Inammissibilità (R.d. 17 agosto 1907 n. 642, regolamento per la procedura dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, art. 37; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 22).

Comune e provincia — Opere private d'interesse pubblico —

Accordo di programma — Ammissibilità (L. 8 giugno 1990

n. 142, art. 27). Comune e provincia — Accordo di programma — Competenza

a promuovere il procedimento — Criterio d'individuazione — Fattispecie (L. 8 giugno 1990 n. 142, art. 27).

Comune e provincia — Accordo di programma — Convocazio

ne facoltativa di soggetti diversi daDe amministrazioni inte

ressate — Mancata partecipazione alla decisione finale — Ir

rilevanza (L. 8 giugno 1990 n. 142, art. 27).

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