+ All Categories
Home > Documents > ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 maggio 2002, n. 19); Pres....

ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 maggio 2002, n. 19); Pres....

Date post: 29-Jan-2017
Category:
Upload: tranminh
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
5
ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 15 maggio 2002, n. 19); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di Villa San Giovanni; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Reggio Calabria 25 maggio 1999 (G.U., 1 a s.s., n. 9 del 2001) Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 1923/1924-1929/1930 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196523 . Accessed: 28/06/2014 12:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.19 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:20 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 maggio 2002, n. 19); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di Villa San Giovanni; interv.

ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 15 maggio 2002, n. 19);Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di Villa San Giovanni; interv. Pres. cons.ministri. Ord. Trib. Reggio Calabria 25 maggio 1999 (G.U., 1 a s.s., n. 9 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 1923/1924-1929/1930Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196523 .

Accessed: 28/06/2014 12:21

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 141.101.201.19 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 maggio 2002, n. 19); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di Villa San Giovanni; interv.

PARTE PRIMA 1924

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 7 maggio 2002, n.

158 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 15 maggio 2002, n.

19); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di

Villa San Giovanni; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib.

Reggio Calabria 25 maggio 1999 (G.U., la s.s., n. 9 del

2001).

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione ap

propriativa — Risarcimento del danno —

Liquidazione —

Suoli agricoli — Criteri di cui all'art. 5 «bis», comma 7 «bis», 1. 359/92 — Questione manifestamente inammissi

bile di costituzionalità (Cost., art. 3, 42, 97; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure urgenti per il risanamento della finanza

pubblica, art. 5 bis; 1. 8 agosto 1992 n. 359, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di razionalizzazione della fi nanza pubblica, art. 3, comma 65).

E manifestamente inammissibile, perché basata su un erroneo

presupposto interpretativo in ordine all'applicabilità della

norma al risarcimento del danno per l'occupazione appro

priativa di suoli agricoli, la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 5 bis, comma 7 bis, d.l. n. 333 del 1992, con

vertito in l. n. 359 del 1992, introdotto dall'art. 3, comma 65, l. n. 662 del 1996, in riferimento agli art. 3, 42 e 97 Cost. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 mar

zo 2001, n. 4038; Pres. Senofonte, Est. Salvago, P.M. Rus

so (conci, diff.); Trusso Sfrazzetto (Avv. Giacobbe, Carroz

za) c. Comune di Tortorici e altro. Cassa App. Messina 27

marzo 1998 e decide nel merito.

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione ap

propriativa — Risarcimento del danno —

Liquidazione —

Suoli agricoli — Criteri di cui all'art. 5 «bis», comma 7

«bis», 1. 359/92 — Inapplicabilità (D.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 5 bis; 1. 8 agosto 1992 n. 359; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 3, comma 65).

In tema di liquidazione del danno da occupazione appropriati va, il criterio introdotto dal comma 7 bis dell'art. 5 bis /. n.

359 del 1992 è inapplicabile ai suoli agricoli, i quali devono

essere valutati secondo il valore di mercato. (2)

(1-2) La ritenuta inammissibilità della questione di legittimità costi tuzionale del comma 7 bis dell'art. 5 bis d.l. n. 333 del 1992, converti

to, con modificazioni, in 1. n. 359 del 1992, aggiunto dall'art. 3, comma 65, 1. n. 662 del 1996 — che, fissando, per la prima volta, il criterio per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa, ha escluso la decurtazione del quaranta per cento prevista per l'indennità di espro priazione, ed aumentato l'importo del risarcimento così ottenuto del dieci per cento —, presuppone, contrariamente a quanto ritenuto dal

giudice che aveva sollevato la questione di costituzionalità, l'inappli cabilità del criterio ai suoli agricoli. Per questi la giurisprudenza ha da

tempo affermato (e la pronuncia della Suprema corte, in epigrafe, ne è la più recente conferma) che la liquidazione del danno da occupazione illegittima deve essere commisurata al valore di mercato (agricolo) di detti suoli. Da qui la necessità di accertare la natura del suolo al fine di stabilire se il danno debba essere commisurato all'uno o all'altro crite

rio, in applicazione della summa divisto, valida anche per l'occupazio ne appropriativa, sulla quale è impostato il sistema del citato art. 5 bis, tra aree edificabili ed aree agricole (cui sono equiparate quelle non classificabili come edificatorie). L'accertamento va compiuto sulla ba se della classificazione urbanistica, senza che i criteri legali di classifi cazione dell'area possano essere obliterati per dare la prevalenza a cri teri di effettualità (il primato dell'edificabilità legale è riaffermato da Cass. 23 aprile 2001, nn. 172/SU e 173/SU, Foro it., 2002, I, 150, con nota di Benini).

La riconosciuta inedificabilità ex lege, e la conseguente esclusione della valutabilità del bene come edificatorio, non comportano però —

come compiutamente argomentato da Cass. 24 luglio 2000, n. 9683, id., Rep. 2000, voce Espropriazione per p.i., n. 468, e, in extenso, Giur. it., 2000, 2389 — che i suoli che tale qualifica non posseggano, debbano necessariamente essere valutati in base alla loro utilizzazione agricola, essendo tale conseguenza stabilita soltanto nei giudizi di opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione: viene meno dunque ogni

Il Foro Italiano — 2002.

I

Ritenuto che nel corso del procedimento civile — promosso,

al fine di ottenere il risarcimento del danno in misura pari al

valore commerciale del terreno, dai proprietari di un suolo agri colo occupato nel mese di febbraio del 1988 dal comune di Villa

San Giovanni, che lo aveva destinato ad ampliamento del locale

cimitero, senza porre in essere alcun atto espropriativo — il

Tribunale di Reggio Calabria, ritenendo applicabile anche alle

preoccupazione circa una penalizzazione riguardo ai suoli agricoli ille

gittimamente occupati, che — secondo la valutazione del giudice ri mettente —, applicando il comma 7 bis, riceverebbero un trattamento deteriore rispetto al proprietario che subisca una regolare procedura espropriativa.

Lo sforzo della giurisprudenza, di definire l'ambito ed i limiti di ap plicazione del nuovo (e temporaneo) criterio riduttivo rispetto a quello ritenuto applicabile prima dell'aggiunta del comma 7 bis all'art. 5 bis 1. n. 359 del 1992, secondo cui in caso di occupazione appropriativa del l'immobile da parte della pubblica amministrazione il risarcimento del danno sofferto dall'espropriato deve commisurarsi all'intero valore ve nale dell'immobile irreversibilmente sottrattogli, si è appuntato sul

l'interpretazione del termine «suoli» utilizzato dalla norma senza altra

specificazione. Secondo Cass. 24 luglio 1997, n. 6912, Foro it., 1998, I, 720, con

nota di richiami, rimasta isolata, infatti, il termine, compreso nel primo periodo della norma, non è sinonimo di «aree edificabili» e, pertanto, può riferirsi anche ai terreni destinati ad attività agricole ed a quelli che, pur non avendo tale specifica destinazione, siano tuttavia inedifi cabili per vincoli di legge o di piano; con la conseguenza che il criterio riduttivo dovrebbe applicarsi anche alla liquidazione del danno deri vante dalle occupazioni acquisitive di terreni rientranti in ciascuna di

queste categorie prive di destinazione legale all'edificazione. A diverse conclusioni sono, invece, pervenute Cass. 27 agosto 1997,

n. 8075, id., Rep. 1999, voce cit., n. 327, e 23 luglio 1999, n. 7967, ibid., n. 510, secondo le quali nelle controversie aventi ad oggetto il ri sarcimento del danno da occupazione appropriativa, a differenza di

quanto avviene nei giudizi di opposizione alla stima, nei quali operano le prescrizioni qualificatorie dell'art. 5 bis, 3° comma, 1. n. 359 del

1992, agli effetti della determinazione dell'indennizzo espropriativo, la

qualificazione dell'area occupata, come edificatoria o agricola, con dotta sulla base dei relativi criteri legali, non assume rilevanza diretta, poiché ciò che rileva nello schema dell'illecito aquiliano ed ai fini della

liquidazione del danno è l'identificazione dell'effettivo valore del suolo illegittimamente sottratto al proprietario, del valore cioè che esso di fatto avrebbe avuto in una libera contrattazione, tenuto conto di tutte le circostanze che, sul piano commerciale, risultano rilevanti per la re lativa valutazione.

Per Cass. 3 marzo 1998, n. 2336, id., 1998, I, 720, con nota di ri

chiami, è necessario il preventivo accertamento della natura dell'area

occupata, se edificabile o agricola, da condurre in base alla classifica zione urbanistica dell'area, atteso il carattere solo residuale della c.d. edificabilità di fatto, poiché nel primo caso sarà applicabile il criterio, introdotto dall'art. 3, comma 65, 1. n. 662 del 1996, della semisomma del valore venale con il reddito dominicale rivalutato, senza la decurta zione del quaranta per cento e con incremento del dieci per cento, mentre nel secondo caso il danno dovrà essere commisurato al valore sul mercato dei terreni agricoli, che potrà semmai tener conto, indicati

vamente, dei criteri di cui agli art. 15 e 16 1. 22 ottobre 1971 n. 865, ma

comunque senza considerazione delle potenzialità edificatorie.

Proprio quest'ultimo orientamento si è successivamente affermato, essendo stato recepito da Cass. 12 giugno 1998, n. 5893, ibid., 2823, con nota di De Marzo; 1° febbraio 2000, n. 1090, id., Rep. 2000, voce cit., n. 463; 14 aprile 2000, n. 4838, ibid., n. 469, la quale ha puntualiz zato che il danno in questione dev'essere commisurato al valore sul mercato del terreno agricolo al momento della scadenza dell'occupa zione legittima ed ha ribadito che a tal fine può tenersi conto, indicati

vamente, dei criteri di cui agli art. 15 e 16 1. 22 ottobre 1971 n. 965, ma senza considerazione delle potenzialità edificatorie; nonché da Cass.

9683/00, cit., secondo la quale al proprietario deve essere consentito di

dimostrare, avuto riguardo alle obiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini in relazione alle utilizzazioni consentite dagli strumenti di

pianificazione del territorio, che il valore del terreno, all'interno della

categoria suoli inedificabili, sia maggiore in conseguenza di una diver sa destinazione del bene ugualmente compatibile con la sua ormai ac certata inedificabilità, e che, di conseguenza, esso, in quanto suscetti bile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, abbia un'ef fettiva valutazione di mercato che rispecchia tali possibilità di utilizza zioni intermedie tra quella agricola e quella edificatoria. Di conseguen za, l'immobile deve avere un'effettiva valutazione di mercato che ri

specchia tali possibilità di utilizzazioni intermedie tra quella agricola e

quella edificatoria (nella fattispecie oggetto della pronuncia ora citata, si trattava di un suolo che, oltre ad uno sfruttamento agricolo, si presta

This content downloaded from 141.101.201.19 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 maggio 2002, n. 19); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di Villa San Giovanni; interv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

aree agricole, per il suo carattere onnicomprensivo, la disposi zione — introdotta dall'art. 3, comma 65, 1. 23 dicembre 1996

n. 662 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica) —

del comma 7 bis dell'art. 5 bis d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (misu re urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, ha sollevato, con ordinanza del 25 maggio 1999 (r.o. n. 119 del 2001), que stione di legittimità costituzionale di tale disposizione, la quale

prevede che «in caso di occupazioni illegittime di suoli per cau

sa di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre

1996, si applicano, per la liquidazione del danno, i criteri di de terminazione dell'indennità di cui al 1° comma» (semisomma del valore venale del bene maggiorata del dieci per cento), «con

esclusione della riduzione del quaranta per cento. In tal caso

l'importo del risarcimento è altresì aumentato del dieci per cento», proprio nella parte in cui essa si applicherebbe anche ai

suoli agricoli; che, ad avviso del giudice a quo, tale disciplina si porrebbe in

contrasto anzitutto con gli art. 3 e 42 Cost., per la sua irragione volezza, ravvisabile nella circostanza che essa prevede un trat

tamento deteriore rispetto a quello stabilito dall'art. 15 1. 22 ot

tobre 1971 n. 865, che fissa il criterio di commisurazione della

indennità di espropriazione sulla scorta del valore agricolo con

riferimento alle colture effettivamente praticate sul fondo

espropriato; che la norma denunciata apparirebbe, sempre secondo il col

legio rimettente, inconciliabile altresì con l'art. 97 Cost., finen

do per costituire incentivo alla violazione della procedura stabi

lita in tema di espropriazione;

che, al riguardo, si richiamano, nell'ordinanza del tribunale, le considerazioni svolte dalla sentenza della Corte costituzionale

n. 369 del 1996 (Foro it., 1996, I, 3257), che aveva dichiarato la

illegittimità costituzionale del 6° comma dell'art. 5 bis il quale aveva sancito l'equiparazione della misura del risarcimento del

danno da occupazione illegittima all'indennizzo espropriativo; considerazioni che, nella specie, assumerebbero pregnanza an

va ad una, sia pur limitata, utilizzazione a parcheggio, nonché a campi da tennis).

A quest'ultima conclusione, ma sul diverso terreno indennitario, era

pervenuta Cass. 16 luglio 1997, n. 6510, id., 1998, I, 1024, con nota di

Benini, affermando che i terreni gravati da vincolo cimiteriale possono essere valutati non necessariamente secondo valori agricoli, bensì in funzione di una destinazione compatibile con la non edificabilità, ma

poi contraddittoriamente imponendo al giudice di rinvio di applicare il criterio riduttivo introdotto dal comma 7 bis dell'art. 5 bis, per la «va lutazione dell'indennizzo dovuto per l'espropriazione di aree edificabi li». Veniva in tal modo reintrodotto per le aree oggetto di occupazione acquisitiva quel tertium genus intermedio tra le categorie edificatoria ed agricola, il cui ripudio in sede di determinazione dell'indennità di

esproprio, imposto dalla rigida bipartizione della classificazione dei suoli introdotta dal menzionato art. 5 bis, soprattutto dopo l'intervento di Corte cost. 23 luglio 1997, n. 261, ibid., 1021 — nello stesso senso, Corte cost., ord. 3 giugno 1999, n. 208, id., Rep. 2000, voce cit., n. 127

—, è una costante nella giurisprudenza successiva (Cass. 18 agosto 1997, n. 7663, id., Rep. 1997, voce cit., n. 190; 20 gennaio 1998, n.

483, id., 1998, I, 1022; 20 marzo 1998, n. 2929, id.. Rep. 1998, voce

cit., n. 189; 3 luglio 1998, n. 6522, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 135; 29

agosto 1998, n. 8634, id., Rep. 2000, voce cit., n. 206; 19 gennaio 1999, n. 465, id., Rep. 1999, voce cit., n. 136; 15 febbraio 2000, n.

1684, id., Rep. 2000, voce cit., nn. 162, 163; 22 settembre 2000, n.

12551, ibid., n. 141; 14 novembre 2001, n. 14148, id., Mass., 1131). L'indennità per l'espropriazione rituale di terreni agricoli non può

che seguire, rigorosamente, il criterio del valore agricolo medio, di cui

agli art. 15 e 16 1. 22 ottobre 1971 n. 865, cui rinvia il 4° comma del l'art. 5 bis (Cass. 14 marzo 2001, n. 3662, ibid., 291; 12 dicembre

2001, n. 15704, ibid., 1261), e la ritenuta illegittimità delle tabelle può indurre alla relativa disapplicazione (Corte cost., ord. 26 ottobre 2000, n. 444, Giur. costit., 2000, 3327), con autonoma determinazione del

valore agricolo medio, ma non può condurre all'adozione del diverso

criterio del valore venale (Cass. 27 novembre 2001, n. 15016, Foro it.,

Mass., 1191). L'insoddisfazione per la drastica irrilevanza delle potenzialità effet

tive dei suoli legalmente non edificabili continua però a riaffacciarsi, da

ultimo, in chiave di partecipazione privata all'attuazione di quelle de

stinazioni urbanistiche ad opere e servizi collettivi, per le quali venga

disposta l'espropriazione (Cass. 23 aprile 2001, n. 172/SU, cit., che, mostrando di intendere l'edificabilità come «utilizzabilità economica», finisce per consentire il travaso nella categoria dei suoli indennizzati

dal 1° comma dell'art. 5 bis, di gran parte delle aree situate in zona F

dallo strumento urbanistico). [S. Benini]

Il Foro Italiano — 2002.

cora maggiore, avuto riguardo al rilievo che la norma censurata,

nell'interpretazione accoltane dal giudice a quo che ne estende rebbe l'applicabilità anche ai suoli agricoli, consentirebbe addi

rittura una differenziazione in peius in danno del privato pro prietario di aree agricole, che subisca l'occupazione, rispetto a

quello che subisca una regolare procedura espropriativa; che nel giudizio è intervenuto il presidente del consiglio dei

ministri, con il patrocinio dell'avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità o l'infondatezza della

questione, non condividendo l'opzione ermeneutica del giudice a quo invero accolta da alcune decisioni della Cassazione pre cedenti l'ordinanza, ma smentita da numerose sentenze succes

sive; che secondo l'avvocatura dello Stato, il tribunale rimettente,

in considerazione proprio di quegli aberranti effetti derivanti

dalla esegesi prescelta, avrebbe dovuto escluderne la validità ed

approfondire l'indagine ermeneutica nella direzione opposta. Considerato che l'ordinanza di rimessione si basa su un pre

supposto completamente e palesemente erroneo, che coinvolge tutto il ragionamento sulla scelta tra le diverse possibili inter

pretazioni della norma denunciata ai fini della concreta applica bilità della stessa norma del giudizio a quo riguardante terreni

agricoli, di modo da renderlo carente nella motivazione per

quanto riguarda la rilevanza;

che, innanzitutto, il richiamo operato nell'ordinanza all'inter

pretazione della Cassazione con sentenza 24 luglio 1998 —

rectius: 1997 — n. 6912 {id., 1998, I, 720), considerata come

una sorta di diritto vivente, che andava in contrario avviso ri

spetto ad una precedente pronuncia della stessa Corte di cassa

zione del 3 marzo 1998, n. 2336, ibid, (in realtà successiva), ri

sulta superato dall'ormai costante indirizzo interpretativo, anche

della stessa Corte di cassazione, nel senso della bipartizione del

trattamento differenziato dell'indennità di espropriazione per le

aree edificabili da una parte, e per i suoli agricoli o comunque non edificabili dall'altra, e conseguentemente anche per l'in

dennizzo in caso di occupazioni senza titolo; che la scelta interpretativa (viziata e carente nella motivazio

ne e palesemente implausibile) operata dal giudice a quo non

tiene conto del sopravvenuto indirizzo giurisprudenziale (Cass. n. 2336 del 1998; n. 5893 del 1998, ibid., 2823; n. 1090 del 2000, id., Rep. 2000, voce Espropriazione per p.i., n. 463; con

fermato anche dagli art. 43, 6° comma, e 55 d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327 recante t.u. delle disposizioni legislative e regola mentari in materia di espropriazione per pubblica utilità; v. an

che, sulla dicotomia, ai fini dell'indennità, tra aree edificabili ed aree agricole, Cass., sez. un., n. 172/SU del 2001, id., 2002, I,

151) e finisce per essere contraddittoria con le premesse da cui

parte (tutela della proprietà e del principio ricavabile dall'art. 3

Cost.), comportando — in maniera del tutto irragionevole e con

una soluzione dagli effetti aberranti ed in contrasto con la tutela

che si voleva conseguire —

per il proprietario di fondo agricolo

danneggiato dal fatto illecito della pubblica amministrazione un

trattamento palesemente deteriore rispetto a quello del proprie tario privato del bene in base ad un titolo legittimo e a procedu ra regolare;

che le carenze e le contraddittorietà nel ragionamento dell'or

dinanza di rimessione risultano confermate dalla mancata presa in considerazione sia delle pronunce di questa corte successive

al 1996, proprio in relazione alla norma denunciata (sentenza n.

148 del 1999, id., 1999, I, 1715; ordinanze n. 208 del 1999, id.,

Rep. 2000, voce cit., n. 127; n. 396 del 1999, ibid., n. 454, e, per

quanto riguarda il calcolo delle indennità di espropriazione per aree agricole, ordinanza n. 444 del 2000), sia del principio se

condo il quale, tra una pluralità di scelte interpretative, ogni

giudice è tenuto ad adottare quella conforme al dettato costitu

zionale (ordinanze n. 277 del 2000; n. 147 del 1998, id., 1998,1, 2598, e n. 63 del 1989, id, 1989,1, 1665);

che pertanto deve essere dichiarata la manifesta inammissibi

lità della questione. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte

costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife

sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale

dell'art. 5 bis, comma 7 bis, d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (misure

urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, introdotto dal

l'art. 3, comma 65, 1. 23 dicembre 1996 n. 662 (misure di razio

This content downloaded from 141.101.201.19 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 maggio 2002, n. 19); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di Villa San Giovanni; interv.

PARTE PRIMA 1928

nalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento

agli art. 3, 42 e 97 Cost., dal Tribunale di Reggio Calabria con

l'ordinanza indicata in epigrafe.

II

Motivi della decisione. — Con il ricorso Antonino Russo

Sfrazzetto, denunciando violazione degli art. 5 bis 1. n. 359 del

1992 e 3, comma 65,1. n. 662 del 1996, censura la sentenza im

pugnata per avere valutato il proprio terreno avente valore agri colo con il criterio riduttivo introdotto dalla legge del 1996 per le sole aree edificabili, come dimostrava l'interpretazione data

dalla Corte costituzionale dell'art. 5 bis che per le aree agricole, mantiene fermi, peraltro, i criteri stabiliti dalla 1. n. 865 del

1971. Il ricorso è fondato.

La corte d'appello, infatti, pur dando atto della natura mera

mente agricola dell'immobile che ne comportava una valutazio

ne di lire 3.000 al mq, per la liquidazione del risarcimento del

danno dovuto al ricorrente in conseguenza dell'occupazione

espropriativa del bene, ha applicato il criterio riduttivo intro

dotto dal menzionato art. 3, comma 65, 1. 662/96; ed ha invo

cato al riguardo una decisione di questa corte (sent. 6912/97, Foro it., 1998, I, 720), rimasta isolata, la quale è pervenuta al

medesimo risultato osservando che il termine «suoli», che com

pare nel primo periodo del menzionato art. 3, comma 65, non è

sinonimo di «aree edificabili» e si presta, quindi, ad essere uti

lizzato anche per indicare i terreni destinati ad attività agricole e

quelli che, pur non avendo questa specifica destinazione, siano

tuttavia inedificabili per vincoli di legge o di piano. Il che indur rebbe a ritenere che i nuovi criteri di determinazione del risar

cimento del danno siano di generale applicazione, abbia (o me

no) l'area irreversibilmente destinata alla realizzazione dell'o

pera pubblica natura edificatoria.

Ma quest'ultima interpretazione appare al collegio del tutto

inconciliabile sia con la genesi che con le finalità della nuova

normativa.

Invero lo stesso art. 5 bis 1. n. 359 del 1992, che nel 1° com

ma conclama il proprio carattere di norma temporanea, è noto

riamente sopravvenuto per colmare il vuoto normativo creatosi

per la dichiarazione d'incostituzionalità dell'art. 16 1. 865/71 e

dell'art, unico 1. 27 giugno 1974 n. 247, per quanto essi dispo nevano in ordine all'indennità di esproprio delle aree fabbrica

bili, a seguito del quale questa corte era tornata alla regola fon

damentale del valore venale, di cui all'art. 39 1. 25 giugno 1865

n. 2359, con notevoli aggravi della spesa pubblica per la lievita

zione dei costi di esproprio. Da qui, il nuovo criterio riduttivo introdotto soltanto in tale

settore nel quale ben più onerosi erano gli indennizzi connessi

all'espropriazione delle aree e non era per converso possibile attendere «fino all'emanazione di un'organica disciplina per tutte le espropriazioni ...», attese le improcrastinabili esigenze di risanamento della finanza pubblica anche attraverso la ridu

zione degli oneri addossati ai pubblici bilanci, specie degli enti locali, per gli indennizzi espropriativi di queste aree. E d'altra

parte, esso, seppure si discostava dalla regola del valore in co

mune commercio del bene, teneva conto delle caratteristiche e

della natura dell'area espropriativa e si limitava «a perequare il

costo dell'indennità in limiti quanto più possibili aderenti al

valore proprio dei suoli, decurtandolo del valore aggiunto de

terminato dall'azione della pubblica amministrazione» (Corte cost. 283/93, id., 1993,1, 2089).

Laddove siffatta esigenza non ricorre per i suoli agricoli per i

quali, infatti, il 4° comma della legge ribadisce la perdurante

applicazione delle norme di cui al titolo li 1. n. 865 del 1971, costituenti un sistema del tutto autonomo ed autosufficiente, ca

ratterizzato dall'aggancio del parametro del «valore agricolo» tabellare al tipo di coltura praticato «anche in relazione all'eser

cizio di azienda agricola», nonché da specifiche maggiorazioni in caso di cessione volontaria e da un'ulteriore importo aggiun tivo ove il proprietario stipulante sia anche coltivatore diretto

dell'area espropriata. Il criterio dell'art. 5 bis era stato, tuttavia, espressamente pre

visto soltanto per la determinazione dell'indennità conseguente ad espropriazione (legittima) dei suoli edificatori, per cui questa corte affermò che lo stesso era applicabile solo nei giudizi di

Il Foro Italiano — 2002.

opposizione alla relativa stima e non anche in quelli in cui si

verta in tema di risarcimento del danno subito dal privato per la

perdita della proprietà dell'immobile a seguito della c.d. occu

pazione acquisitiva (Cass. 21 marzo 1995, n. 3249, id., Rep.

1996, voce Espropriazione per p.i., n. 222; 23 aprile 1993, n.

4765, id., Rep. 1993, voce cit., n. 412): in tali ipotesi, pertanto, continuava a trovare applicazione il principio che la qualifica zione dell'area occupata come edificatoria od agricola, condotta

sulla base dei relativi criteri legali, non assume valenza diretta,

poiché quel che rileva è, invece, l'identificazione del suo effet

tivo valore venale, cioè il valore che il suolo avrebbe avuto di

fatto in una libera contrattazione, tenuto conto di tutte le circo

stanze che sul piano commerciale risultano decisive per la rela

tiva valutazione (Cass. 7 luglio 1994, n. 6388, id., Rep. 1995, voce cit., nn. 260, 261; 13 maggio 1993, n. 5451, id., Rep. 1994, voce cit., n. 246).

Sennonché, è intervenuta la 1. 28 dicembre 1995 n. 549, che, onde contenere la spesa pubblica anche sul fronte dei risarci

menti derivanti dalle illegittime occupazioni, ha riformulato

(art. 1, comma 65) il 6° comma dell'art. 5 bis, ed equiparato

completamente i criteri di liquidazione del danno per l'illecita

trasformazione dei fondi occupati a quelli di indennizzo per

l'espropriazione rituale; sicché al calcolo del risarcimento da

occupazione acquisitiva di suoli edificabili avrebbe dovuto esse

re applicato per intero il criterio riduttivo previsto dal 1° comma

per la determinazione dell'indennità relativa alle aree edificabi

li: così risparmiandosi per tali suoli la differenza tra il loro valo

re venale e quello espropriativo. Ma è del pari noto che proprio siffatta equiparazione ne ha

comportato la declaratoria di incostituzionalità in quanto la

Consulta (sent. 369/96, id., 1996,1, 3257), pur dando atto che la

regola generale dell'integralità della riparazione ed equivalenza al pregiudizio cagionato al danneggiato non ha copertura costi

tuzionale, potendo il legislatore ordinario ritenere equa e conve

niente una limitazione del risarcimento del danno, ha dichiarato

irragionevole la totale parificazione del quantum risarcitorio alla

misura dell'indennità, sbilanciando eccessivamente nell'occu

pazione espropriativa il contemperamento tra i contrapposti in

teressi pubblico e privato in eccessivo favore del primo, già pri

vilegiato nella disciplina dell'assetto reale del nuovo compendio suolo -

opera pubblica, favorevole all'amministrazione espro

priale. Per cui è subito dopo intervenuta in materia la 1. n. 662 del

1996 aggiungendo il comma 7 bis all'art. 5 bis della citata 1.

359/92, non certamente per introdurre nuovi criteri di liquida zione del danno nella materia delle occupazioni espropriative, ma soltanto per modificare il precedente criterio irragionevole e

sbilanciato, dettato per le sole aree edificabili: ed in particolare

per escludere la decurtazione del quaranta per cento prevista per l'indennità di espropriazione di tali aree ed aumentare l'importo del risarcimento così ottenuto del dieci per cento; sicché la nuo

va norma al pari di quella dichiarata incostituzionale intesa a

sostituire, deve essere riferita esclusivamente ai suoli suddetti, come del resto conferma il richiamo ai «criteri di determinazio

ne dell'indennità di cui al 1° comma» stabiliti espressamente

per i fondi aventi questa natura.

Siffatto collegamento ha trovato un autorevole avallo nella

recente sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato

costituzionalmente legittima la nuova normativa (sent. 148/99,

id., 1999,1, 1715), avendo la Consulta ribadito che essa è diretta

a sostituire la pregressa disciplina dichiarata incostituzionale ed

a regolare il risarcimento in questione in base ai principi enun

ciati dalla sentenza 369/96 della corte; e che in tale prospettiva ha, questa volta, introdotto una riduzione ragionevole del pre

giudizio risarcibile, per un verso, realizzando un equilibrato

componimento dei contrapposti interessi in gioco. E soprattutto eliminando l'ingiustificata coincidenza dell'entità dell'inden nizzo per l'illecito della pubblica amministrazione con quello relativo al caso di legittima procedura ablatoria, ora sostituita da

un'apprezzabile differenziazione.

Va aggiunto che l'estensione del criterio riduttivo ai fondi

agricoli non sarebbe giustificato neppure dall'esigenza di depu rare l'onere per gli espropri gravante sull'amministrazione, dal

plusvalore aggiunto dalla sua stessa azione; e neppure dall'in

tendimento di regolare ex novo la liquidazione del risarcimento

del danno nelle occupazioni illegittime di detti suoli, perché contraddetto dalla dichiarata temporaneità della norma applica

This content downloaded from 141.101.201.19 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 maggio 2002, n. 19); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di Villa San Giovanni; interv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

bile alle sole occupazioni espropriative antecedenti al 30 set tembre 1996.

E, infine, l'enfatizzazione del solo termine «suoli» utilizzato dal legislatore senza l'aggettivazione «edificabili» per includer vi anche le aree agricole non è consentita ove si consideri che

eguale terminologia «suoli» si rinviene nell'intestazione della 1. n. 10 del 1977 rivolta a dettare disciplina e regime proprio delle

aree edificabili (e di esse soltanto); e finisce, comunque, per

provare troppo perché se l'omissione costituisse sicuro indice

del carattere neutro e onnicomprensivo del termine, l'estensione

dovrebbe necessariamente comprendere non soltanto i suoli

agricoli, ma anche quelli edificati (peraltro, indicati, pur essi

quali «suoli», dall'art. 54 1. 865/71), per i quali, invece, la giuris prudenza di questa corte ha costantemente ritenuto inapplica bili le disposizioni dell'art. 5 bis 1. 359/92, e tuttora vigente il criterio dell'art. 39 1. n. 2865 del 1859, per cui l'indennità di

esproprio si determina in modo unitario sulla base del valore

venale dell'intero immobile senza possibilità di distinguere tra

quello dell'edificio ed il valore dell'area di sedime (Cass.

6718/98, ibid., 1230; 5064/98, ibid., 1231; 1113/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 184; 12036/95, id., 1996, I, 2181, e, per il danno da occupazione acquisitiva, 11911/98, id., 1999,1, 1230). Sicché si verrebbe a determinare per questi suoli una regola mentazione ancor più abnorme di quella tentata dall'incostitu

zionale art. 1 1. 549/95, in quanto solo il danno da occupazione

acquisitiva conseguente ad illecito dell'amministrazione sarebbe

liquidato con il criterio riduttivo di cui alla 1. n. 662 del 1996; mentre la stima dell'indennità di esproprio raggiungerebbe, pa radossalmente, un importo quasi doppio, comunque pari all'in

tegrale valore venale del bene.

Pertanto il criterio introdotto dal comma 7 bis 1. n. 359 del

1992, in aderenza all'orientamento assolutamente prevalente di

questa corte, deve ritenersi inapplicabile ai suoli agricoli (qual è

pacificamente quello espropriato alla controricorrente), per i

quali non ha mai subito modificazioni la regola che la liquida zione del danno per la loro occupazione appropriativa deve es

sere commisurato al valore sul mercato di detti terreni (Cass.

9683/00, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 468; 5893/98, id., 1998, I, 2823; 2336/98, ibid., 720; 8075/97, id., Rep. 1999, voce cit., n. 327): valore che il Tribunale di Patti ha determinato e la corte di

appello confermato in lire 2.322.000, corrispondente a lire 3.000

al mq; per cui essendo rimasto incontestato tra le parti nei pre cedenti gradi del giudizio pure che il terreno irreversibilmente

appreso dall'amministrazione fosse esteso 774 mq e non essen

do necessari ulteriori accertamenti di fatto per determinare il

valore suddetto, la corte deve condannare il comune resistente a

corrispondere al Trusso Sfrazzetto a titolo di risarcimento del

danno la suddetta somma di lire 2.322.000 da rivalutare dal 1°

maggio 1976 secondo i dati calcolati dall'Istat, oltre agli inte

ressi legali dalla data della domanda al soddisfo sulla somma ri

valutata: così come disposto da entrambi i giudici di merito sen

za impugnazione di alcuna delle parti al riguardo.

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 24 aprile 2002, n. 138 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 maggio 2002, edi

zione straordinaria); Pres. Ruperto, Est. Contri; interv. Pres.

cons, ministri. Ord. Trib. Udine 10 gennaio 2001 (due) (G.U., la s.s., n. 14 del 2001).

Notaio — Notaio con funzioni di giudice onorario — San

zioni disciplinari —

Spostamento di competenza — Esclu

sione — Questione manifestamente inammissibile di costi

tuzionalità (Cost., art. 3, 111; cod. proc. civ., art. 30 bis; cod.

proc. pen., art. 11; 1. 16 febbraio 1913 n. 89, ordinamento del

notariato e degli archivi notarili, art. 151).

E manifestamente inammissibile, in quanto sollevata in maniera

dubitativa e perplessa e senza aver previamente sperimentato la possibilità dì una «interpretazione adeguatrice», la que

ll Foro Italiano — 2002.

stione di legittimità costituzionale dell'art. 151 1. 16febbraio. 1913 n. 89, nella parte in cui non prevede, nel caso in cui il

notaio svolga le funzioni di giudice onorario aggregato pres so il tribunale nella cui giurisdizione è la sede del consiglio notarile da cui egli dipende, che la competenza a provvedere sulla richiesta di sanzioni disciplinari sia attribuita al tribu nale che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d'ap

pello determinato ai sensi degli art. 11 c.p.p. e 30 bis c.p.c., in riferimento agli art. 3 e 111 Cost. (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 19 marzo 2002, n.

74 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 marzo 2002, n.

13); Pres. Ruperto, Est. Onida; interv. Pres. cons, ministri.

Ord. Trib. Savona 22 maggio 2001 (G.U., la s.s., n. 35 del

2001).

Notaio — Notaio di prima nomina — Cauzione — Importo

massimo di lire quindicimila —

Questione manifestamente

infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 16 febbraio

1913 n. 89, art. 20).

E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 20 l. 16 febbraio 1913 n. 89, nella parte in

cui stabilisce per i notai dì prima nomina una cauzione del

l'importo massimo di lire quindicimila, in relazione alla cau

zione imposta ai raccomandatari marittimi, in riferimento al

l'art. 3 Cost. (2)

(1) La Corte costituzionale imputa al giudice a quo di aver sollevato la questione in maniera dubitativa e perplessa e di averlo fatto in ma niera impropria, chiedendo alla corte di fornire un'interpretazione «adeguatrice» (tale cioè da superare i dubbi di costituzionalità e salvare

quindi la disposizione dalla dichiarazione di incostituzionalità), senza aver tentato previamente di pervenire a tale risultato attraverso l'uso dei poteri interpretativi che l'ordinamento riconosce al giudice.

Per la più recente giurisprudenza costituzionale, nel senso che, ac canto alla verifica dei tradizionali requisiti della rilevanza e della non manifesta infondatezza, il giudice deve dar conto di aver previamente tentato ['«interpretazione adeguatrice», v. Corte cost., ord. 19 ottobre

2001, n. 338, Foro it., 2002, I, 14, con nota di richiami e osservazioni di Romboli.

Per l'affermazione secondo cui la norma di cui all'art. 11 c.p.p., che

disciplina la competenza per i procedimenti riguardanti magistrati, è

applicabile anche ai magistrati onorari, tra i quali sono inclusi i vice

procuratori, v. Cass. 13 dicembre 1999, La Torre, id., Rep. 2000, voce

Competenza penale, n. 33; 11 ottobre 1999, Mangiapane, ibid., n. 34; Trib. min. L'Aquila 21 aprile 1993, id., 1994, II, 322, con nota di ri chiami. In senso contrario, v., invece, Cass. 21 febbraio 2000, Siracu

sano, id., Rep. 2000, voce cit., n. 32; 30 giugno 1999, Daccò, id., Rep. 1999, voce cit., n. 33; 30 giugno 1997, Bilotta, id., Rep. 1997, voce cit., n. 62, secondo cui la suddetta norma non può trovare applicazione con

riguardo ai viceprocuratori onorari, facendo difetto per essi, al pari di

quanto si verificava per i vicepretori onorari, il requisito di pieno sta bile esercizio delle funzioni giudiziarie.

Per l'affermazione secondo cui l'art. 151 1. 89/13, nel disporre espressamente che «le pene disciplinari» sono applicate «dal tribunale civile nella cui giurisdizione è la sede del collegio notarile da cui di

pende il notaio», non opera alcun riferimento al momento ed al luogo in cui l'illecito sia stato consumato, per cui non può farsi ricorso, al fine di fare riferimento al forum commissi delicti, all'applicazione analogica del rito penale, in quanto la stessa legge notarile fa espresso riferimento «nel rimanente» alle norme del codice di procedura civile, v. Cass. 7 marzo 2001, n. 3345, id., Mass., 268.

Circa la competenza per l'applicazione delle sanzioni disciplinari ai

notai, v. Cass. 29 luglio 1998, n. 7415, id., Rep. 1999, voce Notaio, n.

57, secondo cui la stessa è ripartita tra il consiglio notarile (sanzioni minori dell'avvertimento e della censura) ed il tribunale civile (sanzio ni più gravi della sospensione e destituzione) per l'esigenza di assicura re natura giurisdizionale, e le connesse garanzie, al procedimento per l'applicazione delle più gravi sanzioni.

Nel senso che il trasferimento del notaio da un distretto notarile ad un altro comporta anche lo spostamento della competenza del tribunale in ordine all'applicazione delle sanzioni disciplinari per infrazioni commesse nella precedente sede, v. Trib. Napoli 19 marzo 1983, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 28. In tema di procedimento disciplinare nei confronti di notai, v. Corte

cost., ord. 19 ottobre 2001, n. 338, cit., con nota di richiami.

(2) Il giudice a quo faceva notare la natura meramente simbolica che, data l'entità, veniva ad assumere la cauzione, giungendo la stessa così a

This content downloaded from 141.101.201.19 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended