ordinanza 7 maggio 2002, n. 158 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 15 maggio 2002, n. 19);Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di Villa San Giovanni; interv. Pres. cons.ministri. Ord. Trib. Reggio Calabria 25 maggio 1999 (G.U., 1 a s.s., n. 9 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 1923/1924-1929/1930Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196523 .
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PARTE PRIMA 1924
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 7 maggio 2002, n.
158 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 15 maggio 2002, n.
19); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Laganà e altri c. Comune di
Villa San Giovanni; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib.
Reggio Calabria 25 maggio 1999 (G.U., la s.s., n. 9 del
2001).
Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione ap
propriativa — Risarcimento del danno —
Liquidazione —
Suoli agricoli — Criteri di cui all'art. 5 «bis», comma 7 «bis», 1. 359/92 — Questione manifestamente inammissi
bile di costituzionalità (Cost., art. 3, 42, 97; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure urgenti per il risanamento della finanza
pubblica, art. 5 bis; 1. 8 agosto 1992 n. 359, conversione in
legge, con modificazioni, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di razionalizzazione della fi nanza pubblica, art. 3, comma 65).
E manifestamente inammissibile, perché basata su un erroneo
presupposto interpretativo in ordine all'applicabilità della
norma al risarcimento del danno per l'occupazione appro
priativa di suoli agricoli, la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 5 bis, comma 7 bis, d.l. n. 333 del 1992, con
vertito in l. n. 359 del 1992, introdotto dall'art. 3, comma 65, l. n. 662 del 1996, in riferimento agli art. 3, 42 e 97 Cost. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 mar
zo 2001, n. 4038; Pres. Senofonte, Est. Salvago, P.M. Rus
so (conci, diff.); Trusso Sfrazzetto (Avv. Giacobbe, Carroz
za) c. Comune di Tortorici e altro. Cassa App. Messina 27
marzo 1998 e decide nel merito.
Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione ap
propriativa — Risarcimento del danno —
Liquidazione —
Suoli agricoli — Criteri di cui all'art. 5 «bis», comma 7
«bis», 1. 359/92 — Inapplicabilità (D.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 5 bis; 1. 8 agosto 1992 n. 359; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 3, comma 65).
In tema di liquidazione del danno da occupazione appropriati va, il criterio introdotto dal comma 7 bis dell'art. 5 bis /. n.
359 del 1992 è inapplicabile ai suoli agricoli, i quali devono
essere valutati secondo il valore di mercato. (2)
(1-2) La ritenuta inammissibilità della questione di legittimità costi tuzionale del comma 7 bis dell'art. 5 bis d.l. n. 333 del 1992, converti
to, con modificazioni, in 1. n. 359 del 1992, aggiunto dall'art. 3, comma 65, 1. n. 662 del 1996 — che, fissando, per la prima volta, il criterio per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa, ha escluso la decurtazione del quaranta per cento prevista per l'indennità di espro priazione, ed aumentato l'importo del risarcimento così ottenuto del dieci per cento —, presuppone, contrariamente a quanto ritenuto dal
giudice che aveva sollevato la questione di costituzionalità, l'inappli cabilità del criterio ai suoli agricoli. Per questi la giurisprudenza ha da
tempo affermato (e la pronuncia della Suprema corte, in epigrafe, ne è la più recente conferma) che la liquidazione del danno da occupazione illegittima deve essere commisurata al valore di mercato (agricolo) di detti suoli. Da qui la necessità di accertare la natura del suolo al fine di stabilire se il danno debba essere commisurato all'uno o all'altro crite
rio, in applicazione della summa divisto, valida anche per l'occupazio ne appropriativa, sulla quale è impostato il sistema del citato art. 5 bis, tra aree edificabili ed aree agricole (cui sono equiparate quelle non classificabili come edificatorie). L'accertamento va compiuto sulla ba se della classificazione urbanistica, senza che i criteri legali di classifi cazione dell'area possano essere obliterati per dare la prevalenza a cri teri di effettualità (il primato dell'edificabilità legale è riaffermato da Cass. 23 aprile 2001, nn. 172/SU e 173/SU, Foro it., 2002, I, 150, con nota di Benini).
La riconosciuta inedificabilità ex lege, e la conseguente esclusione della valutabilità del bene come edificatorio, non comportano però —
come compiutamente argomentato da Cass. 24 luglio 2000, n. 9683, id., Rep. 2000, voce Espropriazione per p.i., n. 468, e, in extenso, Giur. it., 2000, 2389 — che i suoli che tale qualifica non posseggano, debbano necessariamente essere valutati in base alla loro utilizzazione agricola, essendo tale conseguenza stabilita soltanto nei giudizi di opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione: viene meno dunque ogni
Il Foro Italiano — 2002.
I
Ritenuto che nel corso del procedimento civile — promosso,
al fine di ottenere il risarcimento del danno in misura pari al
valore commerciale del terreno, dai proprietari di un suolo agri colo occupato nel mese di febbraio del 1988 dal comune di Villa
San Giovanni, che lo aveva destinato ad ampliamento del locale
cimitero, senza porre in essere alcun atto espropriativo — il
Tribunale di Reggio Calabria, ritenendo applicabile anche alle
preoccupazione circa una penalizzazione riguardo ai suoli agricoli ille
gittimamente occupati, che — secondo la valutazione del giudice ri mettente —, applicando il comma 7 bis, riceverebbero un trattamento deteriore rispetto al proprietario che subisca una regolare procedura espropriativa.
Lo sforzo della giurisprudenza, di definire l'ambito ed i limiti di ap plicazione del nuovo (e temporaneo) criterio riduttivo rispetto a quello ritenuto applicabile prima dell'aggiunta del comma 7 bis all'art. 5 bis 1. n. 359 del 1992, secondo cui in caso di occupazione appropriativa del l'immobile da parte della pubblica amministrazione il risarcimento del danno sofferto dall'espropriato deve commisurarsi all'intero valore ve nale dell'immobile irreversibilmente sottrattogli, si è appuntato sul
l'interpretazione del termine «suoli» utilizzato dalla norma senza altra
specificazione. Secondo Cass. 24 luglio 1997, n. 6912, Foro it., 1998, I, 720, con
nota di richiami, rimasta isolata, infatti, il termine, compreso nel primo periodo della norma, non è sinonimo di «aree edificabili» e, pertanto, può riferirsi anche ai terreni destinati ad attività agricole ed a quelli che, pur non avendo tale specifica destinazione, siano tuttavia inedifi cabili per vincoli di legge o di piano; con la conseguenza che il criterio riduttivo dovrebbe applicarsi anche alla liquidazione del danno deri vante dalle occupazioni acquisitive di terreni rientranti in ciascuna di
queste categorie prive di destinazione legale all'edificazione. A diverse conclusioni sono, invece, pervenute Cass. 27 agosto 1997,
n. 8075, id., Rep. 1999, voce cit., n. 327, e 23 luglio 1999, n. 7967, ibid., n. 510, secondo le quali nelle controversie aventi ad oggetto il ri sarcimento del danno da occupazione appropriativa, a differenza di
quanto avviene nei giudizi di opposizione alla stima, nei quali operano le prescrizioni qualificatorie dell'art. 5 bis, 3° comma, 1. n. 359 del
1992, agli effetti della determinazione dell'indennizzo espropriativo, la
qualificazione dell'area occupata, come edificatoria o agricola, con dotta sulla base dei relativi criteri legali, non assume rilevanza diretta, poiché ciò che rileva nello schema dell'illecito aquiliano ed ai fini della
liquidazione del danno è l'identificazione dell'effettivo valore del suolo illegittimamente sottratto al proprietario, del valore cioè che esso di fatto avrebbe avuto in una libera contrattazione, tenuto conto di tutte le circostanze che, sul piano commerciale, risultano rilevanti per la re lativa valutazione.
Per Cass. 3 marzo 1998, n. 2336, id., 1998, I, 720, con nota di ri
chiami, è necessario il preventivo accertamento della natura dell'area
occupata, se edificabile o agricola, da condurre in base alla classifica zione urbanistica dell'area, atteso il carattere solo residuale della c.d. edificabilità di fatto, poiché nel primo caso sarà applicabile il criterio, introdotto dall'art. 3, comma 65, 1. n. 662 del 1996, della semisomma del valore venale con il reddito dominicale rivalutato, senza la decurta zione del quaranta per cento e con incremento del dieci per cento, mentre nel secondo caso il danno dovrà essere commisurato al valore sul mercato dei terreni agricoli, che potrà semmai tener conto, indicati
vamente, dei criteri di cui agli art. 15 e 16 1. 22 ottobre 1971 n. 865, ma
comunque senza considerazione delle potenzialità edificatorie.
Proprio quest'ultimo orientamento si è successivamente affermato, essendo stato recepito da Cass. 12 giugno 1998, n. 5893, ibid., 2823, con nota di De Marzo; 1° febbraio 2000, n. 1090, id., Rep. 2000, voce cit., n. 463; 14 aprile 2000, n. 4838, ibid., n. 469, la quale ha puntualiz zato che il danno in questione dev'essere commisurato al valore sul mercato del terreno agricolo al momento della scadenza dell'occupa zione legittima ed ha ribadito che a tal fine può tenersi conto, indicati
vamente, dei criteri di cui agli art. 15 e 16 1. 22 ottobre 1971 n. 965, ma senza considerazione delle potenzialità edificatorie; nonché da Cass.
9683/00, cit., secondo la quale al proprietario deve essere consentito di
dimostrare, avuto riguardo alle obiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini in relazione alle utilizzazioni consentite dagli strumenti di
pianificazione del territorio, che il valore del terreno, all'interno della
categoria suoli inedificabili, sia maggiore in conseguenza di una diver sa destinazione del bene ugualmente compatibile con la sua ormai ac certata inedificabilità, e che, di conseguenza, esso, in quanto suscetti bile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, abbia un'ef fettiva valutazione di mercato che rispecchia tali possibilità di utilizza zioni intermedie tra quella agricola e quella edificatoria. Di conseguen za, l'immobile deve avere un'effettiva valutazione di mercato che ri
specchia tali possibilità di utilizzazioni intermedie tra quella agricola e
quella edificatoria (nella fattispecie oggetto della pronuncia ora citata, si trattava di un suolo che, oltre ad uno sfruttamento agricolo, si presta
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
aree agricole, per il suo carattere onnicomprensivo, la disposi zione — introdotta dall'art. 3, comma 65, 1. 23 dicembre 1996
n. 662 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica) —
del comma 7 bis dell'art. 5 bis d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (misu re urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, ha sollevato, con ordinanza del 25 maggio 1999 (r.o. n. 119 del 2001), que stione di legittimità costituzionale di tale disposizione, la quale
prevede che «in caso di occupazioni illegittime di suoli per cau
sa di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre
1996, si applicano, per la liquidazione del danno, i criteri di de terminazione dell'indennità di cui al 1° comma» (semisomma del valore venale del bene maggiorata del dieci per cento), «con
esclusione della riduzione del quaranta per cento. In tal caso
l'importo del risarcimento è altresì aumentato del dieci per cento», proprio nella parte in cui essa si applicherebbe anche ai
suoli agricoli; che, ad avviso del giudice a quo, tale disciplina si porrebbe in
contrasto anzitutto con gli art. 3 e 42 Cost., per la sua irragione volezza, ravvisabile nella circostanza che essa prevede un trat
tamento deteriore rispetto a quello stabilito dall'art. 15 1. 22 ot
tobre 1971 n. 865, che fissa il criterio di commisurazione della
indennità di espropriazione sulla scorta del valore agricolo con
riferimento alle colture effettivamente praticate sul fondo
espropriato; che la norma denunciata apparirebbe, sempre secondo il col
legio rimettente, inconciliabile altresì con l'art. 97 Cost., finen
do per costituire incentivo alla violazione della procedura stabi
lita in tema di espropriazione;
che, al riguardo, si richiamano, nell'ordinanza del tribunale, le considerazioni svolte dalla sentenza della Corte costituzionale
n. 369 del 1996 (Foro it., 1996, I, 3257), che aveva dichiarato la
illegittimità costituzionale del 6° comma dell'art. 5 bis il quale aveva sancito l'equiparazione della misura del risarcimento del
danno da occupazione illegittima all'indennizzo espropriativo; considerazioni che, nella specie, assumerebbero pregnanza an
va ad una, sia pur limitata, utilizzazione a parcheggio, nonché a campi da tennis).
A quest'ultima conclusione, ma sul diverso terreno indennitario, era
pervenuta Cass. 16 luglio 1997, n. 6510, id., 1998, I, 1024, con nota di
Benini, affermando che i terreni gravati da vincolo cimiteriale possono essere valutati non necessariamente secondo valori agricoli, bensì in funzione di una destinazione compatibile con la non edificabilità, ma
poi contraddittoriamente imponendo al giudice di rinvio di applicare il criterio riduttivo introdotto dal comma 7 bis dell'art. 5 bis, per la «va lutazione dell'indennizzo dovuto per l'espropriazione di aree edificabi li». Veniva in tal modo reintrodotto per le aree oggetto di occupazione acquisitiva quel tertium genus intermedio tra le categorie edificatoria ed agricola, il cui ripudio in sede di determinazione dell'indennità di
esproprio, imposto dalla rigida bipartizione della classificazione dei suoli introdotta dal menzionato art. 5 bis, soprattutto dopo l'intervento di Corte cost. 23 luglio 1997, n. 261, ibid., 1021 — nello stesso senso, Corte cost., ord. 3 giugno 1999, n. 208, id., Rep. 2000, voce cit., n. 127
—, è una costante nella giurisprudenza successiva (Cass. 18 agosto 1997, n. 7663, id., Rep. 1997, voce cit., n. 190; 20 gennaio 1998, n.
483, id., 1998, I, 1022; 20 marzo 1998, n. 2929, id.. Rep. 1998, voce
cit., n. 189; 3 luglio 1998, n. 6522, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 135; 29
agosto 1998, n. 8634, id., Rep. 2000, voce cit., n. 206; 19 gennaio 1999, n. 465, id., Rep. 1999, voce cit., n. 136; 15 febbraio 2000, n.
1684, id., Rep. 2000, voce cit., nn. 162, 163; 22 settembre 2000, n.
12551, ibid., n. 141; 14 novembre 2001, n. 14148, id., Mass., 1131). L'indennità per l'espropriazione rituale di terreni agricoli non può
che seguire, rigorosamente, il criterio del valore agricolo medio, di cui
agli art. 15 e 16 1. 22 ottobre 1971 n. 865, cui rinvia il 4° comma del l'art. 5 bis (Cass. 14 marzo 2001, n. 3662, ibid., 291; 12 dicembre
2001, n. 15704, ibid., 1261), e la ritenuta illegittimità delle tabelle può indurre alla relativa disapplicazione (Corte cost., ord. 26 ottobre 2000, n. 444, Giur. costit., 2000, 3327), con autonoma determinazione del
valore agricolo medio, ma non può condurre all'adozione del diverso
criterio del valore venale (Cass. 27 novembre 2001, n. 15016, Foro it.,
Mass., 1191). L'insoddisfazione per la drastica irrilevanza delle potenzialità effet
tive dei suoli legalmente non edificabili continua però a riaffacciarsi, da
ultimo, in chiave di partecipazione privata all'attuazione di quelle de
stinazioni urbanistiche ad opere e servizi collettivi, per le quali venga
disposta l'espropriazione (Cass. 23 aprile 2001, n. 172/SU, cit., che, mostrando di intendere l'edificabilità come «utilizzabilità economica», finisce per consentire il travaso nella categoria dei suoli indennizzati
dal 1° comma dell'art. 5 bis, di gran parte delle aree situate in zona F
dallo strumento urbanistico). [S. Benini]
Il Foro Italiano — 2002.
cora maggiore, avuto riguardo al rilievo che la norma censurata,
nell'interpretazione accoltane dal giudice a quo che ne estende rebbe l'applicabilità anche ai suoli agricoli, consentirebbe addi
rittura una differenziazione in peius in danno del privato pro prietario di aree agricole, che subisca l'occupazione, rispetto a
quello che subisca una regolare procedura espropriativa; che nel giudizio è intervenuto il presidente del consiglio dei
ministri, con il patrocinio dell'avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità o l'infondatezza della
questione, non condividendo l'opzione ermeneutica del giudice a quo invero accolta da alcune decisioni della Cassazione pre cedenti l'ordinanza, ma smentita da numerose sentenze succes
sive; che secondo l'avvocatura dello Stato, il tribunale rimettente,
in considerazione proprio di quegli aberranti effetti derivanti
dalla esegesi prescelta, avrebbe dovuto escluderne la validità ed
approfondire l'indagine ermeneutica nella direzione opposta. Considerato che l'ordinanza di rimessione si basa su un pre
supposto completamente e palesemente erroneo, che coinvolge tutto il ragionamento sulla scelta tra le diverse possibili inter
pretazioni della norma denunciata ai fini della concreta applica bilità della stessa norma del giudizio a quo riguardante terreni
agricoli, di modo da renderlo carente nella motivazione per
quanto riguarda la rilevanza;
che, innanzitutto, il richiamo operato nell'ordinanza all'inter
pretazione della Cassazione con sentenza 24 luglio 1998 —
rectius: 1997 — n. 6912 {id., 1998, I, 720), considerata come
una sorta di diritto vivente, che andava in contrario avviso ri
spetto ad una precedente pronuncia della stessa Corte di cassa
zione del 3 marzo 1998, n. 2336, ibid, (in realtà successiva), ri
sulta superato dall'ormai costante indirizzo interpretativo, anche
della stessa Corte di cassazione, nel senso della bipartizione del
trattamento differenziato dell'indennità di espropriazione per le
aree edificabili da una parte, e per i suoli agricoli o comunque non edificabili dall'altra, e conseguentemente anche per l'in
dennizzo in caso di occupazioni senza titolo; che la scelta interpretativa (viziata e carente nella motivazio
ne e palesemente implausibile) operata dal giudice a quo non
tiene conto del sopravvenuto indirizzo giurisprudenziale (Cass. n. 2336 del 1998; n. 5893 del 1998, ibid., 2823; n. 1090 del 2000, id., Rep. 2000, voce Espropriazione per p.i., n. 463; con
fermato anche dagli art. 43, 6° comma, e 55 d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327 recante t.u. delle disposizioni legislative e regola mentari in materia di espropriazione per pubblica utilità; v. an
che, sulla dicotomia, ai fini dell'indennità, tra aree edificabili ed aree agricole, Cass., sez. un., n. 172/SU del 2001, id., 2002, I,
151) e finisce per essere contraddittoria con le premesse da cui
parte (tutela della proprietà e del principio ricavabile dall'art. 3
Cost.), comportando — in maniera del tutto irragionevole e con
una soluzione dagli effetti aberranti ed in contrasto con la tutela
che si voleva conseguire —
per il proprietario di fondo agricolo
danneggiato dal fatto illecito della pubblica amministrazione un
trattamento palesemente deteriore rispetto a quello del proprie tario privato del bene in base ad un titolo legittimo e a procedu ra regolare;
che le carenze e le contraddittorietà nel ragionamento dell'or
dinanza di rimessione risultano confermate dalla mancata presa in considerazione sia delle pronunce di questa corte successive
al 1996, proprio in relazione alla norma denunciata (sentenza n.
148 del 1999, id., 1999, I, 1715; ordinanze n. 208 del 1999, id.,
Rep. 2000, voce cit., n. 127; n. 396 del 1999, ibid., n. 454, e, per
quanto riguarda il calcolo delle indennità di espropriazione per aree agricole, ordinanza n. 444 del 2000), sia del principio se
condo il quale, tra una pluralità di scelte interpretative, ogni
giudice è tenuto ad adottare quella conforme al dettato costitu
zionale (ordinanze n. 277 del 2000; n. 147 del 1998, id., 1998,1, 2598, e n. 63 del 1989, id, 1989,1, 1665);
che pertanto deve essere dichiarata la manifesta inammissibi
lità della questione. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 5 bis, comma 7 bis, d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (misure
urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, introdotto dal
l'art. 3, comma 65, 1. 23 dicembre 1996 n. 662 (misure di razio
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PARTE PRIMA 1928
nalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento
agli art. 3, 42 e 97 Cost., dal Tribunale di Reggio Calabria con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
II
Motivi della decisione. — Con il ricorso Antonino Russo
Sfrazzetto, denunciando violazione degli art. 5 bis 1. n. 359 del
1992 e 3, comma 65,1. n. 662 del 1996, censura la sentenza im
pugnata per avere valutato il proprio terreno avente valore agri colo con il criterio riduttivo introdotto dalla legge del 1996 per le sole aree edificabili, come dimostrava l'interpretazione data
dalla Corte costituzionale dell'art. 5 bis che per le aree agricole, mantiene fermi, peraltro, i criteri stabiliti dalla 1. n. 865 del
1971. Il ricorso è fondato.
La corte d'appello, infatti, pur dando atto della natura mera
mente agricola dell'immobile che ne comportava una valutazio
ne di lire 3.000 al mq, per la liquidazione del risarcimento del
danno dovuto al ricorrente in conseguenza dell'occupazione
espropriativa del bene, ha applicato il criterio riduttivo intro
dotto dal menzionato art. 3, comma 65, 1. 662/96; ed ha invo
cato al riguardo una decisione di questa corte (sent. 6912/97, Foro it., 1998, I, 720), rimasta isolata, la quale è pervenuta al
medesimo risultato osservando che il termine «suoli», che com
pare nel primo periodo del menzionato art. 3, comma 65, non è
sinonimo di «aree edificabili» e si presta, quindi, ad essere uti
lizzato anche per indicare i terreni destinati ad attività agricole e
quelli che, pur non avendo questa specifica destinazione, siano
tuttavia inedificabili per vincoli di legge o di piano. Il che indur rebbe a ritenere che i nuovi criteri di determinazione del risar
cimento del danno siano di generale applicazione, abbia (o me
no) l'area irreversibilmente destinata alla realizzazione dell'o
pera pubblica natura edificatoria.
Ma quest'ultima interpretazione appare al collegio del tutto
inconciliabile sia con la genesi che con le finalità della nuova
normativa.
Invero lo stesso art. 5 bis 1. n. 359 del 1992, che nel 1° com
ma conclama il proprio carattere di norma temporanea, è noto
riamente sopravvenuto per colmare il vuoto normativo creatosi
per la dichiarazione d'incostituzionalità dell'art. 16 1. 865/71 e
dell'art, unico 1. 27 giugno 1974 n. 247, per quanto essi dispo nevano in ordine all'indennità di esproprio delle aree fabbrica
bili, a seguito del quale questa corte era tornata alla regola fon
damentale del valore venale, di cui all'art. 39 1. 25 giugno 1865
n. 2359, con notevoli aggravi della spesa pubblica per la lievita
zione dei costi di esproprio. Da qui, il nuovo criterio riduttivo introdotto soltanto in tale
settore nel quale ben più onerosi erano gli indennizzi connessi
all'espropriazione delle aree e non era per converso possibile attendere «fino all'emanazione di un'organica disciplina per tutte le espropriazioni ...», attese le improcrastinabili esigenze di risanamento della finanza pubblica anche attraverso la ridu
zione degli oneri addossati ai pubblici bilanci, specie degli enti locali, per gli indennizzi espropriativi di queste aree. E d'altra
parte, esso, seppure si discostava dalla regola del valore in co
mune commercio del bene, teneva conto delle caratteristiche e
della natura dell'area espropriativa e si limitava «a perequare il
costo dell'indennità in limiti quanto più possibili aderenti al
valore proprio dei suoli, decurtandolo del valore aggiunto de
terminato dall'azione della pubblica amministrazione» (Corte cost. 283/93, id., 1993,1, 2089).
Laddove siffatta esigenza non ricorre per i suoli agricoli per i
quali, infatti, il 4° comma della legge ribadisce la perdurante
applicazione delle norme di cui al titolo li 1. n. 865 del 1971, costituenti un sistema del tutto autonomo ed autosufficiente, ca
ratterizzato dall'aggancio del parametro del «valore agricolo» tabellare al tipo di coltura praticato «anche in relazione all'eser
cizio di azienda agricola», nonché da specifiche maggiorazioni in caso di cessione volontaria e da un'ulteriore importo aggiun tivo ove il proprietario stipulante sia anche coltivatore diretto
dell'area espropriata. Il criterio dell'art. 5 bis era stato, tuttavia, espressamente pre
visto soltanto per la determinazione dell'indennità conseguente ad espropriazione (legittima) dei suoli edificatori, per cui questa corte affermò che lo stesso era applicabile solo nei giudizi di
Il Foro Italiano — 2002.
opposizione alla relativa stima e non anche in quelli in cui si
verta in tema di risarcimento del danno subito dal privato per la
perdita della proprietà dell'immobile a seguito della c.d. occu
pazione acquisitiva (Cass. 21 marzo 1995, n. 3249, id., Rep.
1996, voce Espropriazione per p.i., n. 222; 23 aprile 1993, n.
4765, id., Rep. 1993, voce cit., n. 412): in tali ipotesi, pertanto, continuava a trovare applicazione il principio che la qualifica zione dell'area occupata come edificatoria od agricola, condotta
sulla base dei relativi criteri legali, non assume valenza diretta,
poiché quel che rileva è, invece, l'identificazione del suo effet
tivo valore venale, cioè il valore che il suolo avrebbe avuto di
fatto in una libera contrattazione, tenuto conto di tutte le circo
stanze che sul piano commerciale risultano decisive per la rela
tiva valutazione (Cass. 7 luglio 1994, n. 6388, id., Rep. 1995, voce cit., nn. 260, 261; 13 maggio 1993, n. 5451, id., Rep. 1994, voce cit., n. 246).
Sennonché, è intervenuta la 1. 28 dicembre 1995 n. 549, che, onde contenere la spesa pubblica anche sul fronte dei risarci
menti derivanti dalle illegittime occupazioni, ha riformulato
(art. 1, comma 65) il 6° comma dell'art. 5 bis, ed equiparato
completamente i criteri di liquidazione del danno per l'illecita
trasformazione dei fondi occupati a quelli di indennizzo per
l'espropriazione rituale; sicché al calcolo del risarcimento da
occupazione acquisitiva di suoli edificabili avrebbe dovuto esse
re applicato per intero il criterio riduttivo previsto dal 1° comma
per la determinazione dell'indennità relativa alle aree edificabi
li: così risparmiandosi per tali suoli la differenza tra il loro valo
re venale e quello espropriativo. Ma è del pari noto che proprio siffatta equiparazione ne ha
comportato la declaratoria di incostituzionalità in quanto la
Consulta (sent. 369/96, id., 1996,1, 3257), pur dando atto che la
regola generale dell'integralità della riparazione ed equivalenza al pregiudizio cagionato al danneggiato non ha copertura costi
tuzionale, potendo il legislatore ordinario ritenere equa e conve
niente una limitazione del risarcimento del danno, ha dichiarato
irragionevole la totale parificazione del quantum risarcitorio alla
misura dell'indennità, sbilanciando eccessivamente nell'occu
pazione espropriativa il contemperamento tra i contrapposti in
teressi pubblico e privato in eccessivo favore del primo, già pri
vilegiato nella disciplina dell'assetto reale del nuovo compendio suolo -
opera pubblica, favorevole all'amministrazione espro
priale. Per cui è subito dopo intervenuta in materia la 1. n. 662 del
1996 aggiungendo il comma 7 bis all'art. 5 bis della citata 1.
359/92, non certamente per introdurre nuovi criteri di liquida zione del danno nella materia delle occupazioni espropriative, ma soltanto per modificare il precedente criterio irragionevole e
sbilanciato, dettato per le sole aree edificabili: ed in particolare
per escludere la decurtazione del quaranta per cento prevista per l'indennità di espropriazione di tali aree ed aumentare l'importo del risarcimento così ottenuto del dieci per cento; sicché la nuo
va norma al pari di quella dichiarata incostituzionale intesa a
sostituire, deve essere riferita esclusivamente ai suoli suddetti, come del resto conferma il richiamo ai «criteri di determinazio
ne dell'indennità di cui al 1° comma» stabiliti espressamente
per i fondi aventi questa natura.
Siffatto collegamento ha trovato un autorevole avallo nella
recente sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato
costituzionalmente legittima la nuova normativa (sent. 148/99,
id., 1999,1, 1715), avendo la Consulta ribadito che essa è diretta
a sostituire la pregressa disciplina dichiarata incostituzionale ed
a regolare il risarcimento in questione in base ai principi enun
ciati dalla sentenza 369/96 della corte; e che in tale prospettiva ha, questa volta, introdotto una riduzione ragionevole del pre
giudizio risarcibile, per un verso, realizzando un equilibrato
componimento dei contrapposti interessi in gioco. E soprattutto eliminando l'ingiustificata coincidenza dell'entità dell'inden nizzo per l'illecito della pubblica amministrazione con quello relativo al caso di legittima procedura ablatoria, ora sostituita da
un'apprezzabile differenziazione.
Va aggiunto che l'estensione del criterio riduttivo ai fondi
agricoli non sarebbe giustificato neppure dall'esigenza di depu rare l'onere per gli espropri gravante sull'amministrazione, dal
plusvalore aggiunto dalla sua stessa azione; e neppure dall'in
tendimento di regolare ex novo la liquidazione del risarcimento
del danno nelle occupazioni illegittime di detti suoli, perché contraddetto dalla dichiarata temporaneità della norma applica
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
bile alle sole occupazioni espropriative antecedenti al 30 set tembre 1996.
E, infine, l'enfatizzazione del solo termine «suoli» utilizzato dal legislatore senza l'aggettivazione «edificabili» per includer vi anche le aree agricole non è consentita ove si consideri che
eguale terminologia «suoli» si rinviene nell'intestazione della 1. n. 10 del 1977 rivolta a dettare disciplina e regime proprio delle
aree edificabili (e di esse soltanto); e finisce, comunque, per
provare troppo perché se l'omissione costituisse sicuro indice
del carattere neutro e onnicomprensivo del termine, l'estensione
dovrebbe necessariamente comprendere non soltanto i suoli
agricoli, ma anche quelli edificati (peraltro, indicati, pur essi
quali «suoli», dall'art. 54 1. 865/71), per i quali, invece, la giuris prudenza di questa corte ha costantemente ritenuto inapplica bili le disposizioni dell'art. 5 bis 1. 359/92, e tuttora vigente il criterio dell'art. 39 1. n. 2865 del 1859, per cui l'indennità di
esproprio si determina in modo unitario sulla base del valore
venale dell'intero immobile senza possibilità di distinguere tra
quello dell'edificio ed il valore dell'area di sedime (Cass.
6718/98, ibid., 1230; 5064/98, ibid., 1231; 1113/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 184; 12036/95, id., 1996, I, 2181, e, per il danno da occupazione acquisitiva, 11911/98, id., 1999,1, 1230). Sicché si verrebbe a determinare per questi suoli una regola mentazione ancor più abnorme di quella tentata dall'incostitu
zionale art. 1 1. 549/95, in quanto solo il danno da occupazione
acquisitiva conseguente ad illecito dell'amministrazione sarebbe
liquidato con il criterio riduttivo di cui alla 1. n. 662 del 1996; mentre la stima dell'indennità di esproprio raggiungerebbe, pa radossalmente, un importo quasi doppio, comunque pari all'in
tegrale valore venale del bene.
Pertanto il criterio introdotto dal comma 7 bis 1. n. 359 del
1992, in aderenza all'orientamento assolutamente prevalente di
questa corte, deve ritenersi inapplicabile ai suoli agricoli (qual è
pacificamente quello espropriato alla controricorrente), per i
quali non ha mai subito modificazioni la regola che la liquida zione del danno per la loro occupazione appropriativa deve es
sere commisurato al valore sul mercato di detti terreni (Cass.
9683/00, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 468; 5893/98, id., 1998, I, 2823; 2336/98, ibid., 720; 8075/97, id., Rep. 1999, voce cit., n. 327): valore che il Tribunale di Patti ha determinato e la corte di
appello confermato in lire 2.322.000, corrispondente a lire 3.000
al mq; per cui essendo rimasto incontestato tra le parti nei pre cedenti gradi del giudizio pure che il terreno irreversibilmente
appreso dall'amministrazione fosse esteso 774 mq e non essen
do necessari ulteriori accertamenti di fatto per determinare il
valore suddetto, la corte deve condannare il comune resistente a
corrispondere al Trusso Sfrazzetto a titolo di risarcimento del
danno la suddetta somma di lire 2.322.000 da rivalutare dal 1°
maggio 1976 secondo i dati calcolati dall'Istat, oltre agli inte
ressi legali dalla data della domanda al soddisfo sulla somma ri
valutata: così come disposto da entrambi i giudici di merito sen
za impugnazione di alcuna delle parti al riguardo.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 24 aprile 2002, n. 138 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 maggio 2002, edi
zione straordinaria); Pres. Ruperto, Est. Contri; interv. Pres.
cons, ministri. Ord. Trib. Udine 10 gennaio 2001 (due) (G.U., la s.s., n. 14 del 2001).
Notaio — Notaio con funzioni di giudice onorario — San
zioni disciplinari —
Spostamento di competenza — Esclu
sione — Questione manifestamente inammissibile di costi
tuzionalità (Cost., art. 3, 111; cod. proc. civ., art. 30 bis; cod.
proc. pen., art. 11; 1. 16 febbraio 1913 n. 89, ordinamento del
notariato e degli archivi notarili, art. 151).
E manifestamente inammissibile, in quanto sollevata in maniera
dubitativa e perplessa e senza aver previamente sperimentato la possibilità dì una «interpretazione adeguatrice», la que
ll Foro Italiano — 2002.
stione di legittimità costituzionale dell'art. 151 1. 16febbraio. 1913 n. 89, nella parte in cui non prevede, nel caso in cui il
notaio svolga le funzioni di giudice onorario aggregato pres so il tribunale nella cui giurisdizione è la sede del consiglio notarile da cui egli dipende, che la competenza a provvedere sulla richiesta di sanzioni disciplinari sia attribuita al tribu nale che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d'ap
pello determinato ai sensi degli art. 11 c.p.p. e 30 bis c.p.c., in riferimento agli art. 3 e 111 Cost. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 19 marzo 2002, n.
74 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 marzo 2002, n.
13); Pres. Ruperto, Est. Onida; interv. Pres. cons, ministri.
Ord. Trib. Savona 22 maggio 2001 (G.U., la s.s., n. 35 del
2001).
Notaio — Notaio di prima nomina — Cauzione — Importo
massimo di lire quindicimila —
Questione manifestamente
infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 16 febbraio
1913 n. 89, art. 20).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 20 l. 16 febbraio 1913 n. 89, nella parte in
cui stabilisce per i notai dì prima nomina una cauzione del
l'importo massimo di lire quindicimila, in relazione alla cau
zione imposta ai raccomandatari marittimi, in riferimento al
l'art. 3 Cost. (2)
(1) La Corte costituzionale imputa al giudice a quo di aver sollevato la questione in maniera dubitativa e perplessa e di averlo fatto in ma niera impropria, chiedendo alla corte di fornire un'interpretazione «adeguatrice» (tale cioè da superare i dubbi di costituzionalità e salvare
quindi la disposizione dalla dichiarazione di incostituzionalità), senza aver tentato previamente di pervenire a tale risultato attraverso l'uso dei poteri interpretativi che l'ordinamento riconosce al giudice.
Per la più recente giurisprudenza costituzionale, nel senso che, ac canto alla verifica dei tradizionali requisiti della rilevanza e della non manifesta infondatezza, il giudice deve dar conto di aver previamente tentato ['«interpretazione adeguatrice», v. Corte cost., ord. 19 ottobre
2001, n. 338, Foro it., 2002, I, 14, con nota di richiami e osservazioni di Romboli.
Per l'affermazione secondo cui la norma di cui all'art. 11 c.p.p., che
disciplina la competenza per i procedimenti riguardanti magistrati, è
applicabile anche ai magistrati onorari, tra i quali sono inclusi i vice
procuratori, v. Cass. 13 dicembre 1999, La Torre, id., Rep. 2000, voce
Competenza penale, n. 33; 11 ottobre 1999, Mangiapane, ibid., n. 34; Trib. min. L'Aquila 21 aprile 1993, id., 1994, II, 322, con nota di ri chiami. In senso contrario, v., invece, Cass. 21 febbraio 2000, Siracu
sano, id., Rep. 2000, voce cit., n. 32; 30 giugno 1999, Daccò, id., Rep. 1999, voce cit., n. 33; 30 giugno 1997, Bilotta, id., Rep. 1997, voce cit., n. 62, secondo cui la suddetta norma non può trovare applicazione con
riguardo ai viceprocuratori onorari, facendo difetto per essi, al pari di
quanto si verificava per i vicepretori onorari, il requisito di pieno sta bile esercizio delle funzioni giudiziarie.
Per l'affermazione secondo cui l'art. 151 1. 89/13, nel disporre espressamente che «le pene disciplinari» sono applicate «dal tribunale civile nella cui giurisdizione è la sede del collegio notarile da cui di
pende il notaio», non opera alcun riferimento al momento ed al luogo in cui l'illecito sia stato consumato, per cui non può farsi ricorso, al fine di fare riferimento al forum commissi delicti, all'applicazione analogica del rito penale, in quanto la stessa legge notarile fa espresso riferimento «nel rimanente» alle norme del codice di procedura civile, v. Cass. 7 marzo 2001, n. 3345, id., Mass., 268.
Circa la competenza per l'applicazione delle sanzioni disciplinari ai
notai, v. Cass. 29 luglio 1998, n. 7415, id., Rep. 1999, voce Notaio, n.
57, secondo cui la stessa è ripartita tra il consiglio notarile (sanzioni minori dell'avvertimento e della censura) ed il tribunale civile (sanzio ni più gravi della sospensione e destituzione) per l'esigenza di assicura re natura giurisdizionale, e le connesse garanzie, al procedimento per l'applicazione delle più gravi sanzioni.
Nel senso che il trasferimento del notaio da un distretto notarile ad un altro comporta anche lo spostamento della competenza del tribunale in ordine all'applicazione delle sanzioni disciplinari per infrazioni commesse nella precedente sede, v. Trib. Napoli 19 marzo 1983, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 28. In tema di procedimento disciplinare nei confronti di notai, v. Corte
cost., ord. 19 ottobre 2001, n. 338, cit., con nota di richiami.
(2) Il giudice a quo faceva notare la natura meramente simbolica che, data l'entità, veniva ad assumere la cauzione, giungendo la stessa così a
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