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ordinanza 7 novembre 2003, n. 336 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 12 novembre 2003, n.45); Pres. Chieppa, Est. Marini; Lanteri c. Comune di Taggia; Mongardi c. Comune di RioloTerme; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Comm. trib. prov. Imperia 12 novembre 2002 eComm. trib. prov. Ravenna 22 maggio 2002 (G.U., 1 a s.s., nn. 9 e 10 del 2003)Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 1 (GENNAIO 2004), pp. 3/4-5/6Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199611 .
Accessed: 28/06/2014 09:12
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PARTE PRIMA
In relazione a tale ratio, occorre, dunque, verificare se la di
stinzione tra gli immobili di interesse storico o artistico apparte nenti a «privati proprietari», di cui all'art. 3 1. n. 1089 del 1939, e quelli di proprietà di enti pubblici o persone giuridiche private senza scopo di lucro, di cui all'art. 4, sia tale da giustificare un
diverso trattamento fiscale, o se invece, sotto questo specificq
profilo, essa sia manifestamente arbitraria e, quindi, tale da ren
dere incostituzionale la limitazione dell'agevolazione fiscale su
di essa basata.
Riguardo agli esatti termini di tale distinzione non si rinviene,
peraltro, in giurisprudenza, uniformità di ricostruzioni interpre tative. In estrema sintesi, secondo una tesi più risalente, la diffe
renza di disciplina si sostanzierebbe essenzialmente nel fatto
che i beni di interesse storico-artistico appartenenti ad enti pub blici e persone giuridiche private senza fini di lucro, a differen
za di quelli appartenenti a persone fisiche e società, resterebbero
soggetti ex lege alle disposizioni di tutela, senza necessità di al
cuno specifico provvedimento da parte dell'autorità competente ed a prescindere anche dalla loro inclusione negli elenchi previ sti dallo stesso art. 4. Secondo un diverso indirizzo, che appare
prevalente nella più recente giurisprudenza amministrativa, an
che i beni appartenenti agli enti pubblici (ed alle persone giuri diche private senza fini di lucro) sarebbero invece sottoposti alla
legislazione vincolistica solo a seguito dell'adozione di un atto
formale da parte del ministero per i beni e le attività culturali, differenziandosi il procedimento, nei due casi, solo quanto alla
necessità, non richiesta per i soggetti di cui all'art. 4, di una
formale notifica dell'atto amministrativo.
Indipendentemente dall'opinione che si ritenga al riguardo
più corretta, risulta, in ogni caso, pacifico che la distinzione tra
le fattispecie di cui agli art. 3 e 4 1. n. 1089 del 1939 può even
tualmente riguardare le modalità attraverso le quali si perviene, nei due casi, all'individuazione dei beni oggetto di tutela, ma di
certo non attiene al regime giuridico cui i beni in questione sono
assoggettati, in ragione del loro interesse storico o artistico, identica essendo, nei due casi, la disciplina finalizzata alla loro
tutela.
Ed è appena il caso di sottolineare che il mancato riferimento, nella norma impugnata, ai beni di cui all'art. 4 1. n. 1089 del
1939 non può di certo trovare giustificazione né — come so
stiene il comune di Genova — in una presunta maggiore capa cità contributiva degli enti pubblici rispetto ai soggetti privati, trattandosi di una presunzione del tutto irragionevole e della
quale comunque non vi è traccia nell'ordinamento tributario, né — come assume l'avvocatura — nella considerazione che gli enti pubblici sono istituzionalmente chiamati al perseguimento di finalità di ordine generale, in quanto ciò naturalmente non
può significare che ciascun ente pubblico debba perseguire, ol
tre ai propri fini istituzionali, anche quelli di tutela del patrimo nio storico-artistico della nazione. E ciò a prescindere dal fatto che l'una e l'altra tesi sembrano completamente trascurare la
circostanza che l'art. 4 1. n. 1089 del 1939 non si riferisce sola
mente agli enti pubblici ma anche alle persone giuridiche pri vate senza fini di lucro.
Risulta, pertanto, evidente che la distinzione tra i beni di inte
resse storico o artistico di cui agli art. 3 e 4 1. n. 1089 del 1939
rappresenta un elemento di discrimine manifestamente irragio nevole rispetto all'applicazione di un beneficio fiscale che trova — come si è osservato — il suo fondamento oggettivo proprio nella peculiarità del regime giuridico dei beni di cui si tratta. Mentre, d'altro canto, l'esigenza di certezza nei rapporti tributa
ri cui assolve il provvedimento formale previsto dall'art. 3 1. n.
1089 del 1939 (che, secondo un diffuso orientamento interpre tativo, potrebbe mancare, come si è visto, per i beni di cui al
l'art. 4) ben può essere soddisfatta, per i beni appartenenti agli enti pubblici (o alle persone giuridiche private senza fini di lu cro), dalla loro inclusione negli elenchi di cui allo stesso art. 4
della legge ovvero da un atto dell'amministrazione dei beni
culturali ricognitivo dell'interesse storico o artistico del bene.
Conclusivamente, la norma impugnata va ricondotta a legit timità costituzionale attraverso una pronuncia che ne estenda
l'applicazione agli immobili di interesse storico o artistico di
cui all'art. 4 1. 1° giugno 1939 n. 1089. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
mità costituzionale dell'art. 2, 5° comma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16 (disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasfe
II Foro Italiano — 2004.
rimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la defini zione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la
soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti
derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre
disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella 1.
24 marzo 1993 n. 75, nella parte in cui non si applica agli im
mobili di interesse storico o artistico di cui all'art. 4 1. 1° giugno 1939 n. 1089 (tutela delle cose d'interesse artistico e storico), ora art. 5 d.leg. 29 ottobre 1999 n. 490 (t.u. delle disposizioni
legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma
dell'art. 1 1. 8 ottobre 1997 n. 352).
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 7 novembre 2003, n. 336 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 12 novembre 2003, n. 45); Pres. Chieppa, Est. Marini; Lanteri c. Comune di Tag
gia; Mongardi c. Comune di Riolo Terme; interv. Pres. cons,
ministri. Ord. Comm. trib. prov. Imperia 12 novembre 2002 e
Comm. trib. prov. Ravenna 22 maggio 2002 (G.U., 1" s.s., nn.
9 e 10 del 2003).
Tributi locali — lei — Agevolazioni — Coltivatori diretti —
Questione manifestamente infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3, 53, 70, 76; d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504, rior
dino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 1.
23 ottobre 1992 n. 421, art. 9; d.leg. 15 dicembre 1997 n. 446, istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, re
visione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni del
l' Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale impo sta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali, art. 58).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 58, 2° comma, d.leg. 15 dicembre 1997 n.
446, nella parte in cui esclude dalla agevolazione prevista dall'art. 9 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504 i coltivatori diretti
che non possono essere iscritti alla relativa gestione Inps in
difetto del requisito delle centoquattro giornate lavorative
annue nonché gli imprenditori agricoli a titolo principale ed i
coltivatori diretti già titolari di pensione, in riferimento agli art. 3, 53, 70 e 76 Cost. ( 1 )
(1) Le ordinanze di rimessione si leggono in Dir. e pratica trib.. 2003, II, 750.
La Consulta respinge la questione di costituzionalità ribadendo come l'individuazione del concreto ambito di applicazione delle agevolazioni fiscali rientra nella discrezionalità del legislatore, salva la manifesta ir
ragionevolezza (v. Corte cost. 11 giugno 2003, n. 202, Foro it., 2003,1, 1945, con nota di richiami) ed escludendo che sia irragionevole la scelta di non ammettere al beneficio della tassazione ridotta ai fini lei
prevista dall'art. 9 d.leg. n. 504 del 1992 quanti non traggano dal lavo ro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito.
La corte esclude poi la violazione dell'art. 76 Cost. (sub specie di di fetto di delega) prospettata dalla commissione tributaria ravennate, at teso che la legge delega (art. 3, comma 149, lett./, n. 2, 1. 23 dicembre 1996 n. 662), espressamente attribuisce al governo il potere di discipli nare ai fini dell'art. 9 d.leg. n. 504 del 1992, i soggetti passivi ivi con
templati. Sulla spettanza del beneficio de quo, v., nella giurisprudenza di me
rito, Comm. trib. I grado Trento 22 febbraio 2002, id., Rep. 2002, voce Tributi locali, n. 179, e Corriere trib., 2002, 2811, con nota di Succio, Il regime speciale degli immobili posseduti da coltivatori diretti, per la
quale può considerarsi coltivatore diretto, e come tale ha diritto di rientrare tra i soggetti ai cui immobili si applica la disciplina prevista dall'art. 9 d.leg. n. 504 del 1992, il contribuente che si trovi in quie scenza e che — nel corso della sua precedente attività lavorativa — sia stato iscritto ai registri ex Scau.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Impe ria, nel corso di un giudizio di impugnazione di un avviso di li quidazione lei emesso dal comune di Taggia, con ordinanza del
12 novembre 2002 ha sollevato, in riferimento agli art. 3 e 53
Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, 2°
comma, d.leg. 15 dicembre 1997 n. 446 (istituzione dell'impo sta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una
addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della di
sciplina dei tributi locali), secondo cui, «agli effetti dell'appli cazione dell'art. 9 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504, [...] si con
siderano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo prin
cipale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali
previsti dall'art. 11 1. 9 gennaio 1963 n. 9, e soggette al corri
spondente obbligo dell'assicurazione per invalidità, vecchiaia e
malattia»;
che, ad avviso del rimettente, la norma contrasterebbe con gli evocati parametri costituzionali escludendo dall'agevolazione
prevista dal richiamato art. 9 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504
(riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4
1. 23 ottobre 1992 n. 421) proprio quei coltivatori diretti che, non potendo essere iscritti alla relativa gestione Inps in difetto
del requisito delle centoquattro giornate lavorative annue, pre senterebbero in realtà una minore capacità contributiva;
che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, concludendo per l'inammissibilità o l'infondatezza della
questione;
che, ad avviso dell'avvocatura, l'ordinanza sarebbe carente di
motivazione in punto di rilevanza, non essendo chiarito se il ter
reno cui si riferisce l'avviso di liquidazione impugnato sia un
terreno agricolo (nel quale caso godrebbe di esenzione totale, ri
cadendo in area montana o di collina ricompresa tra quelle di
cui all'art. 7, lett. h, d.leg. n. 504 del 1992) ovvero un terreno
potenzialmente fabbricabile sul quale persiste l'utilizzazione
agro-silvo-pastorale;
che, in ogni caso, non sussisterebbe la prospettata violazione
del principio di eguaglianza atteso che, stante l'evidente finalità
di incentivazione dell'attività agricola perseguita dalla norma, non sarebbe irragionevole la previsione di «requisiti e condizio
ni di accesso all'agevolazione», in funzione antielusiva; che la norma impugnata non contrasterebbe nemmeno con
l'art. 53 Cost., tenuto conto della discrezionalità spettante al le
gislatore, con il limite della non arbitrarietà, nella individuazio
ne delle ipotesi di agevolazione tributaria con finalità incenti
vante; che la Commissione tributaria provinciale di Ravenna, con
ordinanza del 22 maggio 2002, ha sollevato questione di legit timità costituzionale della medesima norma, in riferimento agli art. 3, 70 e 76 Cost.;
che, ad avviso del rimettente, la norma impugnata sarebbe le
siva del principio di eguaglianza in quanto, condizionando il
beneficio fiscale all'obbligo dell'assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia, escluderebbe dal beneficio stesso gli im
prenditori agricoli a titolo principale ed i coltivatori diretti già titolari di pensione;
che la norma stessa si porrebbe inoltre in contrasto con gli art.
70 e 76 Cost., violando la delega di cui all'art. 3, 14° comma, lett. f), n. 2 (recte: art. 3, comma 149, lett./, n. 2,1. 23 dicembre
1996 n. 662 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica -
collegato alla legge finanziaria 1997); che è intervenuto anche in tale giudizio il presidente del con
siglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura gene rale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza
della questione; che non vi sarebbe, ad avviso dell'avvocatura, alcun eccesso
di delega atteso che la norma delegante espressamente prevede va che il governo individuasse i beneficiari delle agevolazioni
previste dall'art. 9, 1° comma, d.leg. n. 504 del 1992; che non sussisterebbe nemmeno violazione dell'art. 3 Cost.,
rientrando nella discrezionalità del legislatore, con il solo limite
della non arbitrarietà, la determinazione dei singoli fatti espres sivi della capacità contributiva.
Considerato che i due giudizi, avendo ad oggetto la medesima
norma, vanno riuniti per essere decisi con unico provvedimento;
Il Foro Italiano — 2004.
che, in via preliminare, va respinta l'eccezione — avanzata
dall'avvocatura — di inammissibilità della questione sollevata
dalla Commissione tributaria provinciale di Imperia, per difetto
di motivazione sulla rilevanza, risultando evidentemente pacifi ca tra le parti in causa la circostanza che il terreno cui l'avviso
di accertamento si riferisce non goda della esenzione totale dal
l'Ici; che, nel merito, la norma impugnata introduce un'agevola
zione fiscale la cui giustificazione evidentemente risiede in un
intento di incentivazione dell'attività agricola, connesso alla fi
nalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento l'art.
44 Cost.; che l'individuazione del concreto ambito di applicazione del
l'agevolazione rientra — secondo la costante giurisprudenza di
questa corte — nella discrezionalità del legislatore, salva la ma
nifesta irragionevolezza (cfr., ex plurimis, sentenza n. 431 del
1997, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 1216; ordi
nanza n. 27 del 2001, id., Rep. 2001, voce Registro (imposta), n.
120); che, in relazione alla suddetta ratio incentivante, non appare
manifestamente irragionevole che dal beneficio siano esclusi
coloro che — per il limitato numero di giornate lavorative che
la coltivazione dei fondi di loro proprietà richiede ovvero per il
fatto di godere di trattamenti pensionistici — all'evidenza non
traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito; che non sussiste poi il difetto di delega denunciato dalla
Commissione tributaria provinciale di Ravenna — che a tale ri
guardo evoca, del tutto impropriamente, anche l'art. 70 Cost. —
considerato che l'art. 3, comma 149, lett./j, n. 2,1. 23 dicembre
1996 n. 662 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica -
collegato alla legge finanziaria 1997), espressamente attribui
sce al governo il potere di disciplinare «ai fini dell'art. 9 citato
d.leg. n. 504 del 1992, i soggetti passivi ivi contemplati»; che la questione risulta perciò, sotto ogni profilo, manifesta
mente infondata.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, 2° comma, d.leg. 15 dicembre 1997
n. 446 (istituzione dell'imposta regionale sulle attività produtti
ve, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni
dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale impo
sta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., dalla Commissione tributa
ria provinciale di Imperia e, in riferimento agli art. 3, 70 e 76 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Ravenna, con
le ordinanze in epigrafe.
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