ordinanza 8 maggio 1984; Giud. V. Paone; Borio c. Soc. S.i.p.Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 10 (OTTOBRE 1984), pp. 2635/2636-2639/2640Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178107 .
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2635 PARTE PRIMA 2636
nanza n. 1801/NS in data 8 giugno 1083 del prefetto della
provincia di Roma, notificata il 29 giugno 1083, con cui gli era stato ingiunto di pagare la somma di lire 1.100.000, oltre alle
spese del procedimento, a titolo di sanzione amministrativa per violazione dell'art. 32, 1° comma, 1. 24 dicembre 1969 n. 990
{guida di veicolo non coperto da assicurazione obbligatoria), accertata in Roma il 21 febbraio 1976 con rapporto in pari data n. 15185 del comando della locale legione dei carabinieri - nucleo radiomobile. Deduceva il ricorrente che, giusta l'intervenuta am nistia dell'illecito per d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744, in epoca anteriore alla sua depenalizzazione, l'autorità giudiziaria aveva errato nel disporre la trasmissione degli atti all'autorità ammini
strativa perché procedesse in ordine alla violazione non costituen te più reato e, quindi, erronea ovvero ingiustificata era l'opposta sanzione amministrativa. Pertanto, chiedeva declaratoria d'illegit timità e d'inefficacia dell'ordinanza ingiunzione, col favore delle
spese processuali. (Omissis) Motivi della decisione. — L'opposizione va accolta siccome
fondata.
Inconstestabili appaiono, invero, a mente dei principi che
regolano la funzione punitiva dello Stato, le argomentazioni dedotte dal ricorrente a sostegno della domanda, e specificamente quella che vuole non più sanzionabile un illecito, qual è quello ascritto al predetto (violazione dell'art. 32, 1° comma, 1. n.
990/69, accertata in data 21 febbraio 1976; amnistia della viola zione del d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744, applicabile al ricorrente con certificato penale privo di annotazioni; successiva depenaliz zazione dell'illecito, da reato a contravvenzione amministrativa, ai sensi dell'art. 33 1. n. 689/81, entrato in vigore il 29 maggio 1982), per il quale si sia estinta la funzione punitiva dello Stato,
giusta amnistia propria del medesimo, intervenuta in epoca ante cedente alla sua depenalizzazione.
L'amnistia propria, infatti, applicabile nella specie per il con corso delle condizioni oggettive e soggettive previste nel relativo
provvedimento, produce l'effetto di abolire il potere dell'autorità statale di perseguire l'illecito; in altri termini, ne determina l'irrilevanza sul piano sanzionatorio, l'estingue, tanto è che al
giudice non è dato procedere in merito (v. art. 591 c.p.p.). La mancata declaratoria di siffatta causa di estinzione dell'ille
cito non può nuocere, poi, all'evidenza, al perseguito; non può determinare la « reviviscenza » sotto altra configurazione, quella appunto d'illecito amministrativo, del fatto previsto in origine quale reato ed estinto poi in ragione di amnistia.
La recente 1. n. 689/81 ne è una conferma. Al suo art. 41 è
previsto, infatti, che l'autorità giudiziaria, in relazione ai proce dimenti penali per violazioni non costituenti più reato, pendenti alla data di entrata in vigore della legge, dispone la trasmissione
degli atti all'autorità amministrativa competente perché proceda in merito, sempre che essa autorità giudiziaria non debba pro nunciare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, sentenza — appunto — di non doversi procedere perché il reato è estinto per amnistia.
Pertanto, conclusivamente, accertata l'applicabilità nella specie dell'amnistia in epoca anteriore alla entrata in vigore della legge di depenalizzazione dell'illecito, da reato a contravvenzione am
ministrativa, va annullata l'ordinanza ingiunzione opposta. (Omis sis)
PRETURA DI ASTI; ordinanza 8 maggio 1984; Giud. V. Paone; Bordo c. Soc. S.i.p.
PRETURA DI ASTI;
Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Assunzioni obbliga torie — Aliquote spettanti alle singole categorie di aventi diritto — Scorrimento tra i riservata» — Esclusione — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 4, 35, 38, 41; 1. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazio
ni e le aziende private, art. 9; d.l. 12 settembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il con tenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della p.a. e proroga di taluni termini, art. 9; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conversione in legge, con modificazioni del d.l. 12
settembre 1983 n. 463, art. unico). Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Avviamento obbli
gatorio — Minorazione psichica — Diritto all'assunzione —
Esclusione — Questione non manifestamente infondata di costi
tuzionalità (Cost., art. 3, 4, 35, 38, 41; 1. 2 aprile 1968 n. 482, art. 5).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame al
la Corte costituzionale) la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 9, ult. comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito, con modificazioni, in l. 11 novembre 1983 n. 638, nella parte in cui esclude la possibilità di operare il c.d. scorrimento tra
gli iscritti alle varie categorie di riservatari, previsto dall'art. 9, ult. comma, l. 2 aprile 1968 n. 482, in riferimento agli art. 4, 1° comma, 38, 3° comma, e 41, 2° comma, Cost. (1)
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame
alla Corte costituzionale) la questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 5 l. 2 aprile 1968 n. 482 nella parte in cui esclude
i minorati psichici dall'ambito di applicazione della legge, in
riferimento agli art. 3, 1° comma, 4, 1" comma, 35, 1° comma,
38, 3" comma, e 41, 1° comma, Cost. (2)
(1) L'ordinanza solleva per la prima volta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, ult. comma, 1. 11 novembre 1983 n. 638 che ha escluso il c.d. scorrimento tra le categorie di riservatari protetti dalla legge 482/68 sulle assunzioni obbligatorie.
Il congegno dello scorrimento mirava a non esentare i datori di
lavoro privati o le p.a. dall'obbligo di assumere comunque un certo numero di inabili al lavoro nell'ipotesi in cui mancassero i diretti be
neficiari di una delle categorie previste dall'art. 9, 1° comma, 1. 482/68, al fine di evitare la cristallizzazione delle singole aliquote di riservatari
e di prevenire il pericolo della disparità di trattamento tra gli iscritti
alle varie classi di aventi diritto. L'abolizione del criterio dello scorrimento era già stata prevista in
una nota a verbale allegata al testo dell'accordo sul costo del lavoro del 22 gennaio 1983 il cui contenuto era stato poi recepito nell'art. 9, 3° comma, d.l. 29 gennaio 1983 n. 17; tuttavia tale disposizione era
stata eliminata dalla legge di conversione del 25 marzo 1983 n. 79. In
seguito l'esclusione dello scorrimento è stata appunto riproposta dal
l'art. 9, ult. comma, 1. 11 novembre 1983 n. 638 (che ha convertito in
legge con modificazioni il d.l. 12 settembre 1983 n. 463) sulla cui legitti mità costituzionale ha sollevato questione l'ordinanza in epigrafe. In par ticolare sull'argomento, cfr. A. Rossi, Sospetti di incostituzionalità delle
recenti norme in tema di assunzioni obbligatorie, in Lavoro 80, 1984,
19; Io., Invalidi, sindacati e governo (ovvero « le due verità »), in Pro
spettive assistenziali, 1984, n. 1, 41; Id., Il governo insiste: gli handicappati non devono lavorare {e il sindacato approva...), id., 1983, n. 4, 4; Mariucci, Compromessi precari e linee di tendenza nell'accordo del gennaio 1983, in Laboratorio politico, 1983, I, 155.
In generale, sulle ulteriori innovazioni introdotte dall'art. 9 1. 638/83 (e con particolare riferimento alla questione della computabilità nella
quota d'obbligo dei lavoratori divenuti invalidi in costanza di rappor to), adde Trib. Roma 12 settembre 1983 e 22 dicembre 1982, Foro it.,
1984, il, 1383, con nota di richiami anche sulle modifiche legislative intervenute; Balduzzi, L'enigma del collocamento obbligatorio, in
Diritto e pratica del lavoro, 1984, 52. Sullo specifico problema della compatibilità del sistema del colloca
mento obbligatorio (cosi modificato dall'art. 9 1. 638/83) con le
assunzioni di lavoratori a termine, cfr. Filadoro, L'assunzione a
termine nel collocamento obbligatorio, ibid., 327. Sull'art. 9 si è svolto il 18 ottobre a Roma presso la Sala del Cenacolo
(Montecitorio) un convegno, promosso dai deputati Calamida, Ferrari
Marte, Garocchio, Rodotà, Spagnoli, sul tema « Per il diritto al lavoro
degli handicappati un anno dopo l'approvazione dell'art. 9 per la
riforma del collocamento obbligatorio». Le relazioni introduttive sono state curate da Z. Moscheni, Il diritto al lavoro degli handicappati come pratica concreta; E. Montobbio, L'inserimento lavorativo degli handicappati psichici considerazioni metodologiche desunte da un'e
sperienza concreta-, A. Rossi, Il lavoro dei portatori di handicap nella
Costituzione e nelle leggi. Il convegno è stato una occasione di confronto tra operatori ed
esperti del settore, associazioni degli handicappati, forze politiche, enti
locali, sindacati, consigli di fabbrica, alla luce di esperienze concrete di inserimento al lavoro degli handicappati, del bilancio di un anno di
applicazione dell'art. 9 1. 638/83, delle diverse proposte di legge di modifica delle norme relative alle assunzioni obbligatorie, per delineare una sollecita riforma del collocamento obbligatorio.
(2) Analoghe questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. 2 aprile 1968 n. 482 sono state sollevate da Pret. Brescia, ord. 27 settembre 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (collocamen to), n. 161 e Pret. S. Vito al Tagliamento, ord. 19 febbraio 1982, ibid., n. 162.
Sul problema la giurisprudenza presenta due opposti indirizzi. Un primo orientamento è nel senso dell'applicabilità anche ai
minorati psichici della normativa prevista dalla legge sulle assunzioni
obbligatorie. In proposito cfr. Trib. Milano 18 gennaio 1984, Orient,
giur. lav., 1984, 403; Pret. Milano 9 novembre 1983, ibid., 74; Trib. Lodi 9 luglio 1983, ibid., 65; Pret. Milano 30 giugno 1983, ibid., 73; 19 febbraio 1983, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 157; 21 dicembre
1982, ibid., n. 159; iPret. Parma 20 ottobre 1982, id., 1983, I, 1159, con nota di richiami.
In senso contrario, cfr. Pret. Milano 1° dicembre 1983, Orient, giur. lav., 1984, 404; 15 ottobre 1983, ibid., 64; 31 gennaio 1983, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 165; Trib. Milano 15 dicembre 1982, ibid., n. 163; Pret. Milano 29 novembre 1982, ibid., n. 166; 15 ottobre 1982, ibid., n. 167; Pret. Cadogno 26 agosto 1982, ibid., 168;
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Con atto del 18 ottobre 1983 l'U.p.l.m.o. di Asti avviava al
lavoro presso la S.i.p. il sig. Borio Secondo inserito fin dal 1979
nell'elenco degli invalidi civili previsto dalla 1. 2 aprile 1968 n.
482.
La S.i.p. rifiutava di assumerlo in quanto riteneva che ài Borio, riconosciuto affetto da minorazione psichica, non avesse diritto
all'avviamento obbligatorio perché l'art. 5 1. n. 482/68 prevede il
collocamento obbligatorio soltanto per gli invalidi civili affetti da
minorazioni fisiche.
Il Borio si rivolgeva a questo giudice del lavoro per far
riconoscere il suo diritto all'assunzione alle dipendenze della S.i.p. La ditta convenuta si costituiva ritualmente e, oltre che richia
mare la motivazione già espressa nella comunicazione inviata
all'U.pi.m.o., assumeva che per effetto dell'art. 9, ult. comma, 1.11
novembre 1983 n. 638 era venuta meno la possibilità di delibera
re il c.d. scorrimento tra iscritti alle varie categorie di riservatari
con la conseguenza che, alla data dell'avviamento, la S.i.p. aveva
già coperto tutti d posti riservati per legge alla categoria degli invalidi civili.
La presente causa non può essere decisa se preliminarmente non vengono risolte due questioni di legittimità costituzionale
delle norme di legge che dovrebbero essere applicate nel giudizio in corso. Le questioni, per vero, si pongono in stretto rapporto di
interdipendenza in quanto la rilevanza dell'una dipende dalla
fondatezza dell'altra e viceversa. Ma procediamo con ordine.
La S.i.p. ha opposto il suo rifiuto ad assumere il Borio sulla
base di due motivi distinti: dn primo luogo, non esiste l'obbligo dell'azienda di occupare altri invalidi civili in quanto se è vero
che l'U.p.l.m.o. a suo tempo deliberò lo scorrimento tra categorie
protette, è altrettanto vero che l'art. 9 1. n. 638/83 ha reso
inapplicabile l'art. 9 1. n. 482/68 che prevedeva tale facoltà; in
secondo luogo, il Borio non ha diritto al collocamento obbligatorio
perché affetto da minorazione psichica. In merito alla prima questione, il pretore ha disposto la
citazione come teste del direttore dell'U.p.l.m.o. il quale ha
confermato che in data 16 settembre 1980 e 21 maggio 1982 sono
state assunte due delibere di Cjd. scorrimento per effetto delle
quali la S.Lp. di Asti era tenuta ad assumere, mei gruppo degli in
validi civili, cinque unità in più oltre il numero già assegnato alla
azienda per carico diretto derivante dall'applicazione delle ali
quote di legge. Il pretore opina che non sia manifestamente infondata la
questione di legittimità dell'art. 9 1. 11 novembre 1983 n. 638 per contrasto con gli art. 4, 35, 38 e 41 Cost.
È palese la rilevanza della questione sollevata: infatti dall'ac
coglimento o meno dell'impugnativa deriva l'obbligo della S.i.p. di procedere all'assunzione dei cinque invalidi civili in sopran numero rispetto ai posti riservati per legge. .
Ma prima di esaminare il merito della questione proposta, occorre soffermarsi sulla tesi svolta da parte ricorrente e fatta
propria anche dall'U.p.l.m.o. Dalla premessa che l'atto di avvia
mento è autonomo e distinto rispetto ai precedenti atti ammini
strativi con i quali si è deliberato di far scorrere alcuni posti riservati agli invalidi di guerra in favore degli invalidi civili, il
ricorrente ha dedotto che la 1. n. 638 non toccherebbe la validità
di quelle delibere, le quali pertanto resterebbero tutt'ora applica
bili, tenuto anche conto che l'art. 9 1. n. 638 non ha effetto
retroattivo.
Tale tesi dimentica però che l'avviamento al lavoro è l'atto
conclusivo di un complesso e articolato procedimento amministra
tivo e non può di conseguenza essere ritenuto avulso dagli atti
preparatori e intermedi che devono essere posti in essere affinché
si realizzi la fattispecie costitutiva del collocamento obbligatorio
previsto dalla 1. n. 482/68. Tra gli atti del procedimento è
indubbio che abbiano una rilevanza tutta particolare le delibere
del 1980 e del 1982 con le quali l'U.p.l.m.o. ha stabilito di
assegnare agli invalidi civili i posti che presso la S.i.p. erano
rimasti non coperti dagli invalidi di guerra: infatti, mediante
queste delibere l'U.p.l.m.o. ha posto le premesse giuridiche per far luogo al provvedimento di avviamento al lavoro del Borio.
Non si può dire in assoluto che le delibere di scorrimento
Pret. Milano 1" luglio 1982, ibid., n. 169; 11 marzo 1982, ibid., n.
170. In dottrina, da ultimo, cfr. A. Martone, Avviamento obbligatorio
al lavoro. Costituzione del rapporto ed incapacità fisio-psichiche alla
prestazione {relazione presentata al 4° Convegno nazionale del coordi namento giuridico della Federmeccanica tenuto a Torino nell'ottobre
del 1982), in Mass. giur. lav., 1983, 184; G. Dondi, Handicap
psichico, collocamento coattivo e giurisprudenza, in Giur. piemontese, 1983, 411; P. Cendon, Il prezzo della follia, 1984, 165 ss.; Montobbio, cit.; T. Renzi, Rilievo dell'inabilità psichica nel rapporto di lavoro, in Giur. it., 1984, IV, 193.
costituiscano elementi essenziali e indispensabili della procedura che si conclude con l'assegnazione di un lavoratore ad un'impre sa: infatti, non per tutte le aziende si profila la necessità o
l'opportunità di provvedere agli scorrimenti. Ma è indiscutibile che quegli atti, ove esistenti, sono funzionalmente preordinati all'avviamento obbligatorio e pertanto rappresentano dei requisiti di legittimità dell'atto conclusivo del procedimento. A questa stregua, si osserva che l'U.p.l.m.o., nell'adottare il provvedimento di avviamento del Borio presso la S.i.p., ha incidentalmente
accertato e valutato di presupposto costituito dalla carenza dei
posti riservati agli invalidi civili, carenza determinatasi proprio
per effetto delle delibere precedentemente assunte. Ma la verifica dell'esistenza dei presupposti di fatto e di diritto per procedere all'avviamento va condotta sulla base delle norme vigenti all'epo ca del perfezionamento dell'atto amministrativo: alla data del 18
ottobre 1983 l'assegnazione del Borio alla S.i.p. non poteva essere
disposta perché fondata su un presupposto inesistente o comun
que erroneamente considerato. Infatti, l'art. 9 d.l. 12 settembre
bre 1983 n. 463, convertito senza modifiche nella 1. lil novembre
1983 n. 638, entrato in vigore prima del provvedimento del
l'U.p.l.m.o., dispone che non venga applicato il disposto dell'art.
9, ult. comma, 1. n. 482/68.
La norma, pur non perspicua quanto a formulazione, non può avere altro significato se non quello di abrogare la disposizione che consentiva all'U.p.l.m.o. di decidere gli scorrimenti. Ne deriva
che le delibere dell'U.p.l.m.o. del 1980 e del 1982, ancorché
adottate prima della nuova normativa, hanno attualmente perduto validità perché in contrasto con una norma di legge, ovvero il
più volte citato art. 9, successiva all'emanazione delle deli
bere stesse. Il che, si badi, è diverso dall'affermare che l'art. 9
è retroattivo: ciò è esatto, ma altra è l'incidenza che il soprav venire di una legge ha sugli atti ad efficacia prolungata — dital
ché restano perfettamente validi gli avviamenti decisi, sulla scorta
di quelle stesse delibere, prima dell'entrata in vigore della 1. n.
638 — altro è il rilievo che la legge sopravvenuta ha sul
perfezionamento e sulla validità di un provvedimento amministra
tivo il quale presupponga un atto preparatorio non conforme alla
nuova disciplina normativa. Per convincersene, è sufficiente osser
vare che le delibere di scorrimento hanno avuto una efficacia
meramente interna all'U.p.l.m.o. in quanto da esse non è sorto
alcun obbligo diretto ed immediato a carico della S.i.p.: ne
consegue che l'organo amministrativo avrebbe dovuto accertare se
alla data del 18 ottobre 1983 quelle delibere erano ancora idonee
ad esplicare gli effetti voluti e se ad esse era ancora possibile attribuire il valore che avevano prima dell'entrata in vigore del
d.l. 463/83. Alla luce di quanto considerato, il pretore opina che l'avvia
mento al lavoro del Borio sia viziato per eccesso di potere e per violazione di legge e che di conseguenza lo stesso debba essere
disapplicato nel giudizio in corso ai sensi degli art. 4 e 5 I.
2248/1865, ali. E. Ma a questo punto il giudicante pone il dubbio
che l'art. 9 1. n. 638/83 sia non conforme alle disposizioni costitu
zionali di cui agli art. 4, 1° comma, 35, 1° comma, 38, 3° comma, e
4-1, 2" comma.
La norma che viene denunciata pare in contrasto con le norme
costituzionali che tutelano il diritto al lavoro e segnatamente l'avviamento al lavoro degli inabili e dei minorati: infatti, non si riesce a comprendere la logica giustificazione di questo articolo
che ha soppresso la possibilità di operare il c.d. scorrimento tra
categorie protette dalla legge del 1968. Per vero, l'art. 9 1. n. 482
consentiva di adeguare l'applicazione del benefìcio del colloca
mento obbligatorio in funzione dell'effettiva consistenza numerica
degli iscritti alle diverse categorie di riservatali: non è chi non
veda che con il passare degli anni, dal 1068 in avanti, alcuni
gruppi di riservatari si siano andati assottigliando, mentre sono
cresciuti (o comunque sono rimasti inalterati) gli iscritti ad altri
gruppi protetti. Lo scorrimento permetteva all'U.p.l.m.o. di copri
re i posti vacanti, perché non occupabili per mancanza di
riservatari indicati ex lege, con altri elementi tratti da altre
categorie più abbondanti fermo restando però al definitivo l'ob
bligo delle aziende di occupare complessivamente lo stesso nume
ro di invalidi (o altri beneficiari). La finalità della disposizione ora abrogata è evidente: la
mancanza dei diretti beneficiari dei posti determinati in applica zione dell'art. 9, 1° e 2° comma, 1. n. 482/68 non determinava
l'esonero delle aziende private e della p.a. dall'obbligo di occupa re un certo numero di inabili al lavoro, ma semplicemente dava
luogo ad una diversa e più equa distribuzione ed individuazione
dei riservatari da assegnare a copertura di quegli stessi posti. Ciò
corrispondeva pienamente allo spirito e agli scopi assistenziali e
solidaristici sottesi alla normativa sull'assunzione obbligatoria.
Il Foro Italiano — 1984 — Parte j-169.
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2639 PARTE PRIMA 2640
Invece, la disposizione dell'art. 9 1. n. 638 non pare aver tenuto
nel debito conto la finalità complessò va della normativa del 1968
in quanto, di fatto, viene a legittimare una riduzione « secca » a
favore dielle aziende del numero complessivo di avviati obbligato riamente: infatti, la impossibilità di deliberare gli scorrimenti
determina a favore delle aziende un'esenzione dalla copertura di
quei posti, da assegnarsi secondo la 1. n. 482, vacanti per mancanza dei diretti beneficiari.
Non si può tacere che la norma impugnata può trarre la sua
giustificazione dalle ragioni inerenti l'attuale momento di crisi
economica: l'occupazione di « inabili al lavoro » costituisce sen
z'altro un peso per le aziiende, magari già versanti in cattive
condizioni economiche. Ma se questo era l'unico scopo dell'art. 9, il pretore rileva che ben diverso doveva essere l'intervento
legislativo: infatti, era più opportuno modificare le aliquote previste dalla 1. n. 482, diminuendo il numero dei posti propor zialmente per tutte le categorie protette, e non invece intaccare un meccanismo che era idoneo a riequilibrare, nelle singole situazioni, il rapporto tra posti riservati a certe categorie protette e il numero effettivo dei soggetti iscritti nelle singole categorie.
Ed anche procedendo ad una comparazione tra gli interessi
tutelati dalla Carta costituzionale, non si riesce a comprendere perché sia stata data la prevalenza all'interesse sancito dall'art.
41, 1° comma (libertà di iniziativa economica) rispetto all'interes
se, che pervade tutta la nostra Carta fondamentale, di garantire ad ogni cittadino il diritto al lavoro, soprattutto per coloro che a
causa di minorazioni fisiche o psichiche siano più svantaggiati nella ricerca di una occupazione lavorativa. Non senza dimentica re che la stessa iniziativa economica non deve svolgersi in
contrasto con l'utilità sociale: al contrario, l'applicazione della 1.
n. 638 squilibria fortemente i due valori in gioco in quanto sottrae le aziende private a quei compiti di solidarietà e di
assistenza indicati nella legge sulle assunzioni obbligatorie.
Per queste ragioni si formula il dubbio che l'art. 9 1. 11
novembre 1983 n. 638 sia illegittimo costituzionalmente. L'eventua le invalidazione della norma permetterebbe di ritenere tuttora
valide ed operanti le delibere di scorrimento in forza delle quali
l'U.p.l.m.o. ha avviato al lavoro presso la Sji.p. il Borio.
Ma la causa in corso non potrebbe essere definita, anche se
venisse accolta la questione sopra esposta, se pregiudizialmente non venisse risolta la questione di legittimità relativa all'art. 5 1.
n. 482/68 nella parte in cui esclude dall'avviamento obbligatorio
gli invalidi psichici. A questo proposito, va osservato che, nonostante l'autorevole
parere del ministero del lavoro, la tesi secondo cui l'invalido
psichico dovrebbe ritenersi compreso nella categoria degli invalidi civili e quindi beneficiare del collocamento obbligatorio, non può essere accolta.
L'art. 5 1. n. 482/68 non consente assolutamente di comprende re nella categoria degli i.e. anche gli invalidi affetti da minora
zioni psichiche. In primo luogo, giova rilevare che l'articolo, nel
fornire la definizione di invalido civile, si apre con l'espressione « agli effetti della presente legge »: oiò non consente di integrare quella definizione con la diversa qualificazione di invalido civile
indicata nell'art. 2 1. 30 marzo 1971 n. 118. Peraltro, anche questa legge dà una definizione di invalido civile limitatamente agli effetti previsti dalla legge stessa. Ne deriva che sia dal punto di
vista letteralmente testuale sia dal punto di vista logico non è
possibile ritenere che l'art. 5 della 482 sia superato dall'art. 2 1.
30 marzo 1971 n. 118.
Né ha miglior pregio la tesi del ricorrente che fa leva sulla
origine della invalidità e sulla commistione, nello stesso soggetto, di handicap fisici e psichici. Ugualmente inaccoglibile è la tesi
attorca fondata sul rilievo che l'art. 8 1. 118/71 prevede che la
commissione sanitaria provinciale, 'tra l'altro, provveda anche al
l'inclusione degli invalidi civili negli elenchi di cui all'art. 19 1. n.
482/68. Sul punto sono esatte le precise obiezioni mosse da parte convenuta che vengono recepite integralmente dal pretore.
Ma da queste premesse il giudicante trae lo spunto per sostenere che sia non manifestamente infondata la questione di
legittimità dell'art. 5 1. n. 482 per contrasto con gli art. 3, 1"
comma, 4, 35, 38 e 41 Cost.
Tale questione ha già formato oggetto di altre ordinanze di
rimessione degli atti alla Corte costituzionale: dal C.e.d. della
Corte di cassazione risultano le ordinanze del Pretore di Milano
26 giugno 1979 (Foro it., Rep. 1980, voce Lavoro (collocamento), n. 63), del Pretore di Torino 27 gennaio 1982 (id., 1982, I, 1784), del Pretore di San Vito al Tagliamento del 19 febbraio 1982 (id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 162), del Pretore di Brescia del 27
settembre 1982 (ibid., n. 161), del Tribunale di Parma del 12
gennaio 1983 e del Pretore di Bari del 13 gennaio 1983.
Orbene il pretore ritiene che la violazione dell'art. 3 Cost, si
fondi sul rilievo che la condizione del minorato psichico non sia
così diversa da quella del minorato fisico da legittimare un
diverso trattamento giuridico. È vero quanto assume la convenuta
circa i possibili pericoli derivanti dall'inserimento dell'invalido
psichico nell'organizzazione del lavoro più o meno complessa; ed
è anche condivisibile l'ulteriore considerazione secondo cui la
ridotta capacità di intendere e volere può essere di ostacolo
all'instaurazione e allo svolgimento del rapporto di lavoro. Ma a
queste obiezioni può replicarsi, in primo luogo, osservando che la
situazione descritta non è comune (o perlomeno non deve ritener
si comune) a tutti i minorati psichici e che è ben possibile che il
grado di invalidità consenta ancora al soggetto di rendersi conto
pienamente degli obblighi che assume stipulando il contratto di
lavoro. O forse si vuol sostenere una presunzione legale a carico
del minorato psichico di assoluta incapacità di intendere e volere
e di pericolosità a sé e agli altri? Argomenti questi che, data una
certa analogia, rimandano alle precise affermazioni contenute
nelle sentenze della Corte costituzionale del 27 luglio 1982, n. 139
(id., 1982, I, 2-109) e del 28 luglio 1983, n. 249 (id., 1983, I, 2337)
relative all'applicazione delle misure di sicurezza del ricovero in
ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura e custodia per
gli imputati prosciolti per infermità psichica. Ma vi è una considerazione decisiva per ritenere quantomeno
equiparabile la condizione dell'invalido fisico a quella dell'invali
do psichico: è la stessa 1. n. 482/68 che consente di superare in
via interpretativa questa pretesa diversità di trattamento. Infatti
l'art. 1 della legge stabilisce che le disposizioni in materia non si
applicano nei confronti di coloro che « per la natura ed il grado della loro invalidità possono riuscire di danno alla salute e alla
incolumità dei compagni di lavoro o alla sicurezza degli impian ti » ; analoga precisazione è contenuta nell'art. 20 della legge medesima. Questa norma è dettata per tutti i soggetti avviati
obbligatoriamente al lavoro e costituisce indubbiamente un limite
esterno alla operatività dell'obbligo sorto per effetto dell'avvia
mento deliberato daH'U.p.l.m.o. In questa ottica, a parere del
giudicante, è corretto opinare che i pericoli paventati dalla S.i.p.
possano essere eliminati mediante l'accertamento obiettivo della
natura e del grado di invalidità, senza che rilevi la distinzione tra
minorazione fisica e psichica: sarebbe perciò sufficiente prevedere un controllo da eseguirsi caso per caso sulla possibilità « obietti
va » di inserire l'invalido affetto da minorazione psichica all'in
terno dell'azienda obbligata all'assunzione.
Se non esistono sostanziali differenze tra minorato fisico e
psichico e se la stessa 1. n. 482 già appresta i rimedi amministra
tivi per risolvere le situazioni poste « al limite », ne consegue che
non pare razionalmente giustificata la discriminazione operata
implicitamente dall'art. 5 in danno degli inabili al lavoro affetti
da infermità di natura psichica.
Inoltre, tale disparità di trattamento determina anche un so
spetto contrasto con gli art. 4, 35 e 38 Cost, che tutelano il
diritto al lavoro in generale e in particolare garantiscono l'avvia
mento professionale degli inabili e dei minorati, oltre che con
l'art. 41 Cost, nella parte in cui stabilisce che la iniziativa economica non deve svolgersi in contrasto con l'utilità sociale.
Per le ragioni esposte ritiene il pretore che vada dichiarato
costituzionalmente illegittimo l'art. 5 1. n. 482/68 nella parte in
cui esclude dal collocamento obbligatorio gli invalidi psichici. Sulla rilevanza della questione vi è da osservare che la stessa è
subordinata logicamente all'accoglimento dell'altra questione di
costituzionalità; in ogni caso, nel giudizio in corso occorre dar
applicazione al disposto dell'art. 5 e pertanto è evidente che la
risoluzione dell'impugnazione è pregiudiziale alla definizione del
giudizio.
PRETURA DI TORINO; sentenza 19 marzo 1984; Giud. F.
Rossi; Faia (Avv. Scalvini) c. Soc. Delfer (Avv. Bassi).
PRETURA DI TORINO;
Lavoro (rapporto) — Licenziamento collettivo per riduzione del
personale — Direttiva comunitaria — Efficacia diretta — Vio
lazione — Conseguenze (Cost., art. 41; cod. civ., art. 1324,
1325, 1344, 1345, 1418; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sinda cale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento, art. 18; direttiva 17 febbraio 1975 n. 129 CEE del consiglio, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, art. 1, 2, 3, 4).
La violazione eli norme — direttamente efficaci anche nei
rapporti tra privati — della direttiva CEE del consiglio n.
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