ordinanza 8 maggio 1998; Giud. Melani; Movimento federativo democratico c. Ania e Soc.Nuova TirrenaSource: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1989/1990-1995/1996Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192669 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
3476, id., Rep. 1994, voce Previdenza sociale, n. 417, e 17 mar
zo 1992, n. 3239, id., Rep. 1992, voce cit., nn. 348, 429). Di tal che, trovando le due distinte domande proposte dall'Inps la loro fonte nel medesimo fatto generatore (il mancato paga mento dei contributi previdenziali), non può essere sindacata
la decisione impugnata nella parte in cui è stato asserito che, attesa l'efficacia preclusiva del precedente giudicato, non pote va essere più contestato il rapporto giuridico inerente sia al cre
dito principale che alle sanzioni civili. Il che equivale ad asseri
re, contrariamente a quanto pretende il ricorrente, che non può essere più rimessa in discussione l'efficacia dei mezzi di prova — già valutati e ritenuti sufficienti nel precedente procedimento — diretti a dimostrare l'esistenza del rapporto obbligatorio e
l'inadempimento del debitore e, quindi, idonei a fondare tanto
la richiesta di pagamento dei contributi omessi quanto la do
manda inerente agli accessori, salva, ovviamente, la possibilità che aveva l'obbligato, come pure bene ha osservato il tribunale,
«di contestare le condizioni specifiche per l'applicabilità di det te sanzioni e l'entità delle stesse».
Tenuto conto di tutti i rilievi esposti, si deve escludere che
la pronuncia impugnata sia affetta dai vizi di violazione di leg
ge denunciati nel ricorso per cassazione e la stessa, quindi, per
questa parte, deve rimanere ferma. (Omissis)
TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 8 maggio 1998; Giud. Me
lani; Movimento federativo democratico c. Ania e Soc. Nuo
va Tirrena.
TRIBUNALE DI ROMA;
Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratti dei
consumatori — Clausole vessatorie — Azione inibitoria cau
telare — Presupposti — Fattispecie (Cod. civ., art. 1469 sexies). Contratto in genere* atto e negozio giuridico — Contratti dei
consumatori — Clausola di arbitrato irrituale — Vessatorietà — Fattispecie (Cod. civ., art 1469 bis).
Sussistono i motivi d'urgenza, richiesti dall'art. 1469 sexies, cpv.,
c.c., per la concessione della tutela inibitoria cautelare, qua lora le clausole vessatorie siano idonee ad incidere su diritti
soggettivi fondamentali della persona. (1) La clausola compromissoria per arbitrato irrituale è vessatoria
ai sensi dell'art. 1469 bis, 3° comma, n. 18, c.c. (nella specie, si trattava della clausola che, nelle polizze assicurative, de
manda ad un collegio di periti, con effetto vincolante per le
parti, la soluzione di questioni di natura giuridica; la stessa
clausola, per questioni di natura tecnica, è stata giudicata in
contrasto con l'art. 1469 bis>. (2)
(1-2) L'indirizzo interpretativo racchiuso nella prima massima può ritenersi (quasi) stabilizzato nella giurisprudenza del Tribunale di Ro
ma, sebbene siano trascorsi solo due anni dall'entrata in vigore della
novella sui contratti dei consumatori. La strada è stata tracciata da
un'ordinanza del 28 maggio 1997 (Foro it., 1997, I, 2291), è proseguita con un'ordinanza collegiale del 22 agosto 1997 (ibid., 3387) e riceve
oggi nuova conferma: la tutela inibitoria cautelare può concedersi solo
qualora attenga, anche in via indiretta, «a beni o interessi essenziali
e primari dei consumatori costituzionalmente rilevanti o quantomeno classificabili come diritti soggettivi fondamentali della persona (per esem
pio, diritto alla vita, alla salute, alla libera circolazione, ecc.)».
L'esigenza al fondo di un tale indirizzo è di individuare un punto di equilibrio, nel dettato dell'art. 1469 sexies c.c., tra l'inibitoria caute
lare e l'inibitoria ordinaria in esso previste. In altre parole, muovendo
dalla consapevolezza che i «giusti motivi di urgenza» sono altro dal
(o, meglio, meno del) «pregiudizio imminente e irreparabile» di cui al
l'art. 700 c.p.c., si mira a limitare l'àmbito d'applicazione della tutela
Il Foro Italiano — 1998.
Sulla legittimazione attiva del ricorrente. — L'eccezione di
carenza di legittimazione attiva del ricorrente Movimento fede
rativo democratico è infondata.
Occorre premettere a tale proposito che l'art. 1469 sexies c.c.
tace in ordine ai criteri da adottare per accertare la rappresenta tività delle associazioni di categoria dei consumatori e dei pro fessionisti lasciando all'interprete caso per caso il compito di
valutare la sussistenza dei requisiti di rappresentatività dei ri
correnti. Tali requisiti possono essere individuati, sulla base di
quanto elaborato dalla giurisprudenza che si è occupata di ri
corsi analoghi, nel numero degli iscritti, nella presenza sul terri
cautelare, onde evitare — pena il sovvertimento di un tradizionale rap porto di forze — che essa divenga la regola e la tutela ordinaria l'ec cezione.
Ecco dunque la giurisprudenza, «dall'Alpi a Sicilia» (strido sensu, a partire da Trib. Torino 14 agosto 1996, ibid., 288, per finire con
Trib. Palermo 22 ottobre 1997, ibid., 3387), affaticarsi nella ricerca di criteri discretivi (più o) meno soddisfacenti, in un processo di pro gressivo — ma non raggiunto — affinamento, grossolanamente riassu mibile in un trascorrere dal dato quantitativo a quello qualitativo (per una rassegna dei diversi orientamenti, v. G. Lener, Clausole vessatorie e tutela inibitoria cautelare: brevi riflessioni, ibid., 3009). Ecco dunque ritenersi che soluzione di compromesso possa essere la primaria rilevan za dei diritti potenzialmente lesi dalle clausole che si assumono vessato
rie: con la precisazione che detta lesione può essere indiretta proprio perché tali posizioni giuridiche «non sono direttamente investit[e] dalle
clausole contrattuali... abusive, le quali evidentemente regolano il rap
porto contrattuale, incidendo sulle obbligazioni rispettivamente spettan ti alle parti» (Trib. Roma 28 maggio 1997, cit.).
Prive di fecondi sviluppi sono rimaste altre linee interpretative, che
forse si erano avvicinate in misura maggiore alla ragione ispiratrice del
la novella, avuto riguardo alla fattispecie dell'art. 1469 sexies, 2° com
ma: si allude, in modo particolare, a Trib. Roma 2 agosto 1997 (ibid.,
3010), ma non è da trascurare Trib. Palermo 24 gennaio 1997 (ibid., 2292). Nella prima si era messo in rilievo che il ricorso all'inibitoria
cautelare è volto a prevenire il verificarsi di un «malfatto medio tempo re... difficilmente suscettibile di riparazione nella presumibile inerzia
del consumatore» (poco conta il meno convincente riferimento al crite rio quantitativo della potenziale diffusività delle clausole «sospette»); nella seconda — ben più sintetica, epperò similare nei motivi ispiratori — si era appuntata l'attenzione sulla circostanza che i contratti conte
nenti determinate clausole abusive apparivano «suscettibili, allo stato
attuale, di ulteriore esecuzione nell'immediato futuro» (da rilevare, in
merito, che il giudice palermitano aveva ritenuto applicabile l'inibitoria
anche ai contratti in corso di esecuzione, mentre, nell'ordinanza in epi
grafe si afferma che «l'ordine di astensione dall'utilizzo delle clausole
abusive individuate non può che valere per il futuro, non essendo con
sentito al giudice variare i contratti in corso già stipulati»).
L'esigenza che, quasi istintivamente, sembrava cogliersi alla base del
la tutela cautelare era, quindi, non già e non solo di «migliorare la
qualità delle prestazioni offerte dalle imprese» (così, Trib. Roma 28
maggio 1997, cit.), bensì di apprestare una tutela del consumatore la
più efficace e diretta, anche in termini temporali; con ciò non trascu
randosi il fatto che la «presumibile inerzia» di quest'ultimo non può unicamente ascriversi ad uno stato di ignoranza, essendo «non di rado
frutto di una scelta», per di più razionale (v. Pardolesi-Pacces, Clau
sole vessatorie e analisi economica del diritto: note in margine alle ra
gioni (ed alle incongruenze) della nuova disciplina, in Dir. privato, 1997,
418). Per tali ragioni si è ritenuto di avanzare un'interpretazione dell'art.
1469 sexies nel senso di un'inversione del «tradizionale rapporto tra
tutela anticipatoria e tutela definitiva, divenendo regola la prima ed
eccezione la seconda», senza con questo giungere a ritenere che il peri culum in mora sia in re ipsa (v. Lener, op. cit., 3014; osserva Bellelli, in Commentario al capo XIV bis del codice civile: dei contratti de!
consumatore, in Nuove leggi civ., 1997, 1276, che «il pregiudizio, che
grava sull'intera categoria dei consumatori e non risulta semplicemente dalla somma dei danni individualmente subiti, è per sua natura irrepa rabile e non solo imminente, ma già attuale non appena le condizioni
generali vengono poste in circolazione per essere utilizzate nei singoli
contratti»). A diversamente opinare — ed il provvedimento in epigrafe ne costi
tuisce una chiara riprova — si perverrebbe al paradosso di ritenere che
l'inibitoria cautelare dovrebbe concedersi per clausole contenute in po lizze assicurative contro l'incendio (sarebbe indirettamente lesa la pro
prietà privata, diritto di rilevanza costituzionale), ma non per clausole — come ad es. l'art. 10, 4° comma, del regolamento Totocalcio (ed il riferimento è volutamente ad interessi di rango non primario) — che
prevedono brevissimi termini di decadenza (nel caso di specie, sei giorni
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1991 PARTE PRIMA 1992
torio, negli obiettivi statutari, nell'eventuale partecipazione ad
organismi pubblici. Nella fattispecie, tutti gli indici sopra elencati inducono a ri
tenere che il ricorrente sia dotato di larga rappresentatività de
gli interessi di consumatori documentalmente attestata in base
agli atti depositati (vedi per esempio decreto del ministro del
l'industria, commercio ed artigianato che ha chiamato il vicese
gretario del MFD a far parte della consulta per i consumatori
istituita presso il medesimo ministero). Né appare fondata l'ec
cezione della Nuova Tirrena s.p.a. secondo la quale l'attività
di tutela dei consumatori è estranea agli scopi statutari del ri
corrente, in quanto proprio l'art. 43 dello statuto prevede che
l'MFD «agisce per la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti...». Deve quindi essere respinta ogni eccezione di carenza
di legittimazione attiva del movimento ricorrente.
In ordine alla legittimazione passiva dell'Ama rileva il g.d. che l'art. 1469 sexies c.c. prevede quali legittimati passivi del
l'azione inibitoria il professionista o l'associazione di profes sionisti che utilizzano le condizioni generali di contratto. Non
vi è dubbio che l'Ania sia un'associazione di professionisti (im
prese di assicurazione) che ha quale scopo, tra gli altri, lo
studio e la formulazione di condizioni contrattuali. Si tratta
di vedere allora se la resistente Ania possa essere inclusa tra
coloro che «utilizzano» le condizioni generali di contratto rite
nute abusive.
Appare evidente che se al verbo utilizzare si intende dare
un significato strettamente letterale si dovrebbe escludere la
legittimazione passiva di ogni associazione di professionisti che
non stipuli direttamente e autonomamente contratti con l'uten
za posto che solo stipulando un contratto si può far uso di
una certa clausola. In tal caso tuttavia il legislatore italiano
non avrebbe dovuto includere le suddette associazioni tra i de
stinatari dell'inibitoria in quanto quasi mai le associazioni di
professionisti stipulano direttamente contratti in proprio. In
realtà il legislatore italiano nel trasferire nella normativa codi
cistica l'art. 7, 3° comma, della direttiva 93/13 della Cee ha
tralasciato la locuzione «associazioni che utilizzano o che rac
comandano l'inserzione delle stesse clausole contrattuali gene rali». Pertanto, con diretto riferimento alla direttiva Cee appa re evidente che il verbo italiano utilizzare deve essere inteso
anche nel senso di raccomandare e quindi appaiono legittimate
passive tutte le associazioni di professionisti che, come l'Ania,
predispongono condizioni contrattuali generali che, seppur non
vincolanti, sono poi generalmente adottate dai professionisti aderenti all'associazione (v. Trib. Torino, ord. 14 agosto 1996, Foro it., 1997, I, 287).
Sostiene l'Ania che, anche accedendo alla suddetta interpre
tazione, non può aversi raccomandazione se l'associazione di
professionisti raccomandante non ha un interesse proprio all'a
per proporre reclamo, avverso il provvedimento che elenca le matrici
vincenti, da parte di chi si dichiara vincitore pretermesso), con la possi bilità di cagionare danni assai ingenti.
Solo da segnalare, inoltre, la ravvisata legittimazione attiva in capo al Movimento federativo democratico, con generico rinvio ai criteri giu risprudenziali del numero degli iscritti, della presenza sul territorio, del la tutela del consumatore tra gli obiettivi statutari, della partecipazione ad organismi pubblici... A prescindere dal caso di specie, onde evitare che la rappresentatività dei consumatori sia presunta — come oggi di fatto avviene, con le immaginabili distorsioni —, appare manifesta l'e
sigenza di provvedere in tempi brevi alla regolamentazione del settore
(il disegno di legge, che prevede tra l'altro l'istituzione di un'anagrafe delle associazioni e puntuali requisiti per l'iscrizione ad essa, è stato
approvato dalla camera ed è ora, con il n. 227B, all'esame della com missione industria del senato).
Da apprezzare, infine, la lettura dell'art. 1469 bis, 3° comma, n.
18, in cui — conformemente al dettato della dir. 93/13/Cee — si è ravvisata la sanzione di vessatorietà non solo dell'arbitrato rituale, ma anche dell'arbitrato irrituale (così, all'indomani della novella, De No
va, Le clausole vessatorie, Milano, 1996, 26; v., da ultimo, Lucchini
Guastalla, in Commentario al capo XIV bis del codice civile: dei con tratti del consumatore, cit., 1000 ss.), diversamente dall'orientamento dominante in relazione all'art. 1341, cpv., c.c. (cfr. Cass. 5 settembre
1992, n. 10240, Foro it., Rep. 1992, voce Arbitrato, n. 87). [G. LenerJ
Il Foro Italiano — 1998.
dozione delle clausole da parte degli associati, come nel caso
dell'Ama che non colloca prodotti assicurativi sul mercato.
Ciò è vero solo in parte in quanto per aversi raccomandazio
ne nel senso sopra indicato non appare necessario un interesse
economicamente valutabile o uno specifico vincolo contrattuale
ma piuttosto un interesse latamente inteso che può ritenersi sus
sistente anche quando l'attività di redazione di clausole contrat
tuali rivolte agli associati costituisca proprio una delle finalità
e scopi della stessa associazione come nel caso dell'Ama.
Sull'esistenza di giusti motivi di urgenza ex art. 1469 sexies:
rileva il g.d. a tale proposito che controversa è la nozione di
«giusti motivi di urgenza» ex art. 1469 sexies c.c. che legittima no le associazioni di consumatori ad ottenere un provvedimento immediato destinato ad essere poi confermato o revocato con
la sentenza che conclude il giudizio di merito. Il legislatore ha
usato una formula generica lasciando all'interprete ampio mar
gine discrezionale: la giurisprudenza che si è finora occupata
dell'argomento si è divisa sostanzialmente in due filoni. Il pri mo indirizzo ha inteso ancorare il presupposto dei giusti motivi
di urgenza alla sussistenza di un pericolo imminente ed irrepa rabile secondo i canoni ermeneutici tradizionali dell'art. 700 c.p.c. andando alla ricerca di un pregiudizio concreto derivante da
situazioni e rapporti determinati, con riferimento cioè a specifi ci contratti concretamente stipulati dai quali possa derivare al
contraente, per l'applicazione di clausole abusive, un futuro dan
no imminente e non riparabile. Tale impostazione di tipo tradizionale appare estremamente
insoddisfacente e non coglie la novità della normativa introdot
ta. Infatti, occorre considerare che il capo XIV bis del codice
civile ha introdotto, accanto alla usuale azione individuale espe ribile dal singolo contraente-consumatore che chiede tutela ai
sensi degli art. 1469 bis, ter e quater c.c., facendo valere la
vessatorietà delle clausole del contratto da lui stipulato alla luce
dei parametri della buona fede, assenza di trattativa e squilibrio
contrattuale, una nuova azione collettiva che ha lo scopo di
inibire preventivamente l'uso di clausole abusive in via generale ed astratta a prescindere dall'uso concreto in singoli e determi
nati contratti. Questo nuovo strumento, da azionarsi in via or
dinaria o in via cautelare, non richiede quindi la prova dell'in
serimento delle clausole denunciate in contratti individuali real
mente stipulati con il pubblico; pertanto, non ha senso ancorare
il presupposto della inibitoria d'urgenza alla prova di un con
creto pregiudizio per un singolo consumatore.
Il secondo indirizzo finora manifestatosi al quale il g.d. ritie
ne di aderire è quello che ravvisa l'esistenza dei giusti motivi
di urgenza richiesti dal legislatore per l'inibitoria immediata nella
richiesta di tutela afferente beni o interessi essenziali e primari dei consumatori costituzionalmente rilevanti, o quantomeno clas
sificabili come diritti soggettivi fondamentali della persona, per
esempio diritto alla vita, alla salute, alla libera circolazione, ecc.
(vedi ordinanze Trib. Roma 28 maggio 1997, id., 1997, I, 2291; 22 agosto 1997, ibid., 3387; Trib. Palermo 22 ottobre 1997,
ibid.; Trib., Roma 24 dicembre 1997). Nella fattispecie, non vi è dubbio che il ricorrente ha denun
ciato l'abusività di clausole contenute in contratti di assicura zione per incendio, rimborso spese sanitarie, infortuni, che si
curamente attengono a beni di importanza primaria nella misu ra qui di seguito specificata.
In particolare, per quanto riguarda la polizza infortuni, una
recente ordinanza di questo stesso tribunale (24 dicembre 1997, II sezione, g.d. Nazzicone) ha già avuto modo di chiarire che il diritto all'indennizzo spettante in caso di infortunio all'assi
curato è in via indiretta connesso alla tutela della salute posto che mira appunto a soddisfare esigenze di vita personali o fami
liari essenziali nel caso di infortunio.
La polizza spese sanitarie mira a garantire il bene salute men tre la polizza incendio, che ha funzione di tutela della proprie tà, mira ugualmente alla tutela di interessi di importanza pri maria soprattutto se riguarda la casa di abitazione.
Esame delle singole clausole denunciate come abusive:
a) persone affette da virus Hiv e Aids ed interruzione volon taria di gravidanza.
Passando all'esame delle singole clausole ritenute abusive ri
tiene il giudice designato che non costituiscano clausole vessato
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rie quelle che prevedono l'esclusione, indipendentemente dalla
concreta valutazione dello stato di salute, delle persone affette
da Aids o da virus Hiv.
Recita infatti l'art. 1469 ter, 2° comma, c.c.: la valutazione
del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determi
nazione dell'oggetto del contratto né all'adeguatezza del corri
spettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano indivi
duati in modo chiaro e comprensibile.
Appare evidente che l'esclusione delle persone affette da vi
rus Hiv o da Aids rientra nella libera disponibilità delle parte contraente che intende così delimitare l'oggetto del contratto
e l'estensione del rischio. Non è ravvisabile nella fattispecie a
parere del giudice una «clausola abusiva» né ha senso denun
ciare il carattere discriminatorio della scelta per il semplice mo
tivo che le assicurazioni in generale e quindi anche la Nuova
Tirrena sono soggetti privati e come tali non tenuti a farsi cari
co della problematica inerente alla mancata tutela sociosanita
ria dei malati di Aids. Infatti non è consentito al giudice sinda
care l'oggetto del contratto ed i limiti della prestazione resa dal
la compagnia che resta pur sempre un soggetto privato dotato
di propria autonomia contrattuale.
b) Allo stesso modo attiene all'oggetto del contratto la clau
sola che esclude il rimborso delle spese relative alla interruzione
volontaria della gravidanza differenziando quest'ultima dalla in
terruzione terapeutica della gravidanza. A tale proposito sotto
linea il ricorrente che l'interruzione volontaria di gravidanza è
prevista e disciplinata dalla legge che ne detta i presupposti di
ammissibilità. Ciò non toglie tuttavia che le assicurazioni sono
libere di includere o meno tale «rischio» tra quelli assicurati
purché ciò venga espresso in modo chiaro e comprensibile così
che l'assicurato sappia fin dall'inizio quali sono gli eventi co
perti da garanzia.
c) Clausole che demandano con effetto vincolante tra le parti ad un collegio di periti la soluzione di questioni strettamente
giuridiche o di natura meramente tecnica.
Il movimento ricorrente si riferisce anzitutto all'art. 19 poliz za Ania incendio ed art. 18 polizza Ania danni indiretti.
Per quest'ultimo tipo di polizza rileva il g.d. che, trattandosi
di prodotto assicurativo destinato in via esclusiva all'assicura
zione dei rischi di impresa, la clausola è sottratta alla disciplina dell'art. 1469 bis c.c. Infatti, la norma indicata definisce «con
sumatore» la persona fisica che agisce per scopi estranei all'atti
vità imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Sono
pertanto escluse dalla normativa sulle clausole abusive le poliz ze stipulate per l'esercizio di attività professionali.
Per quanto riguarda invece la polizza incendio ed in partico lare gli art. 18 e 19 rileva il g.d. che sicuramente le suddette
clausole sono abusive alla luce dell'art. 1469 bis, n. 18, c.c.
A tale proposito occorre premettere che la direttiva comuni
taria prevedeva nel testo originale (vedi allegato lett. q) quali clausole abusive quelle che hanno per oggetto o per effetto di
«sopprimere o limitare l'esercizio di azioni legali o vie di ricor
so del consumatore in particolare obbligando il consumatore
a rivolgersi esclusivamente ad una giurisdizione di arbitrato non
disciplinata da disposizioni giuridiche». Il legislatore italiano non ha recepito in tema di arbitrato la
disposizione della direttiva in quanto si è limitato nel testo del
l'art. 1469 bis, 3° comma, n. 18, a ritenere abusive le «deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria» richiamando l'espres
sione già utilizzata nell'art. 1341, 2° comma, c.c. " Parrebbe dall'identità delle espressioni usate che il testo del
l'art. 1469 bis c.c. debba essere interpretato nello stesso senso
dell'art. 1341 e a tale proposito occorre considerare che, pro
prio in riferimento a tale articolo, parte consistente della giuris
prudenza individua come vessatorie proprio le clausole di arbi
trato rituale perché derogative alla competenza dell'autorità giu
diziaria e non vessatorie quelle di arbitrato irrituale perché non
implicanti tale deroga. Infatti, le clausole che demandano ad
un arbitrato rituale la risoluzione di eventuali controversie tra
le parti costituiscono un'eccezione al principio della competen
za del giudice ordinario, mentre in tema di arbitrato irrituale
tale eccezione non sussisterebbe avendo le parti previsto la defi
nizione in via negoziale delle contestazioni insorte con una com
II Foro Italiano — 1998.
posizione amichevole o transattiva che non trasferisce a terzi
la funzione giurisdizionale. Ritiene il g.d. che tale interpretazione non possa essere adot
tata anche in riferimento all'art. 1469 bis, n. 18, c.c. Infatti,
pur, convenendo sul fatto che, anche da un punto di vista te
stuale, la clausola compromissoria per arbitrato irrituale non
costituisce una deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria, deve tuttavia riconoscersi che essa implica comunque la rinun
cia forzata e preventiva alla tutela giurisdizionale da parte del
consumatore, circostanza questa contraria allo spirito della di
rettiva 93/13 Cee del 5 aprile 1993.
Infatti, lo spirito della legge, attuativa della direttiva Cee è
quello di rimuovere situazioni di inferiorità del consumatore al
quale vengono imposte clausole onerose e vessatorie. Sicura
mente le clausole che prevedono il ricorso obbligatorio ad un
collegio di medici, seppure per la soluzione di questioni di natu
ra strettamente tecnica, sono vessatorie in quanto impongono al consumatore una spesa (onorario del medico di propria fidu
cia e metà dell'onorario del terzo medico) che in caso di ricorso
all'autorità giudiziaria e soccombenza dell'assicurazione verreb
be di norma posta a carico della compagnia. Ciò significa che
spesso in considerazione della spesa da affrontare che comun
que rimane a suo carico, in casi di modeste invalidità e tenuto
anche conto delle franchigie quasi sempre previste nelle polizze infortuni o sanitarie, il contraente consumatore è totalmente di
sincentivato dal ricorrere al collegio di medici per dirimere even
tuali contrasti di valutazione sul grado di invalidità ed è costret
to ad accettare passivamente la valutazione della compagnia an
che se inferiore al reale.
Inoltre, è noto che l'assicurazione non liquida interessi sulla
somma dovuta e pertanto tutto il tempo occorrente agli esperti
per svolgere l'incarico loro affidato si traduce in perdita econo
mica a carico dell'assicurato che diversamente in caso di ricorso
all'autorità giudiziaria, qualora vittorioso, otterrebbe non solo
la liquidazione degli interessi sulla somma dovuta ma anche il
pagamento delle spese rimanendo quindi indenne da ogni esbor
so economico.
Inoltre, se si considera che la direttiva Cee richiama come
abusive proprio le clausole che obbligano il consumatore ad av
valersi dell'arbitrato irrituale, non resta che concludere che in
tal senso deve essere interpretato anche l'art. 1469 bis, n. 18.
Infatti, è ormai pacificamente ammessa l'efficacia vincolante
delle direttive comunitarie anche in senso interpretativo, stante
l'ormai costante orientamento della Corte di giustizia secondo
il quale «nell'applicare il diritto nazionale, a prescindere dal
fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale
quanto più è possibile alla luce della lettera e dello scopo della
direttiva» (cfr. Corte giust. 14 luglio 1994, causa C91/92, id.,
1995, IV, 38). Tra l'altro l'art. 8 della stessa direttiva 93/13 autorizza gli
Stati membri ad adottare o mantenere disposizioni più severe
per «garantire un livello di protezione più elevato per il consu
matore» e pertanto appare inadeguata al caso un'interpretazio ne della norma che invece conceda ai consumatori un grado di protezione meno elevato di quello previsto con la direttiva
comunitaria.
Per quanto sopra esposto devono quindi ritenersi abusive le
clausole 18 e 19 della polizza incendio Ania le quali, tra l'altro,
demandano ai periti la risoluzione di questioni anche giuridi che. I periti devono infatti a norma dell'art. 19 della polizza «verificare l'esattezza delle descrizioni e delle dichiarazioni ri
sultanti dagli atti contrattuali e riferire se al momento del sini
stro esistevano circostanze che avessero aggravato il rischio e
non fossero state comunicate, nonché verificare se il contraente
o l'assicurato ha adempiuto agli obblighi di cui all'art. 16».
Appare evidente che il collegio dei periti non si limita in questo caso ad esprimere un parere teorico, ma valuta circostanze ed
esprime pareri anche di ordine giuridico attuando così quella
deroga alla competenza dell'attività giudiziaria di cui al n. 18
dell'art. 1469 bis c.c.
Per tale clausola abusiva sussiste altresì il presupposto per concedere la tutela in via d'urgenza posto che l'interesse alla
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1995 PARTE PRIMA 1996
base del contratto è di natura primaria ed essenziale. Infatti,
la polizza incendio mira a risarcire i danni materiali e diretti
causati alle cose assicurate da incendi, fulmini ed esplosioni.
Oggetto dell'assicurazione sono anche fabbricati o case di abi
tazione e quindi il contratto è finalizzato alla tutela della pro
prietà privata implicando interessi di rilevanza costituzionale.
La medesima deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria è ravvisabile negli art. 19 polizza spese mediche e 28 polizza
infortuni dei moduli Ania nonché art. 26 della polizza protezio
ne famiglia, art. 5.2 della polizza guida sicura, art. 32 e 35
polizza essere donna.
Sostiene l'Ania a tale proposito che le clausole impugnate
conferiscono in questi casi ad un collegio medico il compito di risolvere mediante arbitrato irrituale esclusivamente contro
versie di natura medica e pertanto non violano la disposizione in esame. Tale eccezione non merita accoglimento, per i motivi
già esposti, dovendo anche l'arbitrato irrituale essere considera
to deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria ai sensi del
l'art. 1469 bis, n. 18, c.c.
In ogni caso quanto asserito dall'Ania non corrisponde al vero.
Infatti, per quanto riguarda i clausolari Ania spese mediche
ed infortuni, aventi ambedue ad oggetto l'assicurazione di beni
di primaria importanza (salute, integrità fisica), rileva il g.d. che sicuramente il collegio arbitrale è chiamato a risolvere que stioni di natura non strettamente tecnica come appare evidente
dalla lettura degli articoli sopra indicati.
Recita infatti l'art. 19 della polizza di assicurazione spese me
diche dell'Ama: «in caso di disaccordo sul diritto all'indenniz
zo, le parti si obbligano a conferire per iscritto mandato di de
cidere se e in quale misura sia dovuto l'indennizzo a norma
e nei limiti delle condizioni di polizza ad un collegio di tre me
dici... ecc.». Riguardo invece all'art. 28 polizza infortuni Ania ed art. 26
della polizza protezione famiglia della Nuova Tirrena, si evince
dal testo che le parti si obbligano a demandare la decisione ad
un collegio di tre medici in caso di divergenze sul grado di inva
lidità permanente o sulla durata del ricovero o sull'ingessatura nonché sull'applicazione dei criteri di indennizzabilità. Occorre
osservare che i criteri di indennizzabilità cui fanno riferimento
gli articoli sopra indicati prevedono che, se al momento dell'in
fortunio l'assicurato non è fisicamente integro e sano, sono in
dennizzabili solo le conseguenze che si sarebbero comunque ve
rificate qualora l'infortunio avesse colpito una persona fisica
mente integra e sana: è demandato quindi al collegio di tre medici
stabilire con massima ed incondizionata discrezionalità se e quali
conseguenze dell'infortunio possono essere risarcite.
Lo stesso testo è con qualche variante riportato negli art. 5.2
della polizza guida sicura e 32 e 35 della polizza essere donna
ambedue della Nuova Tirrena aventi ad oggetto rispettivamente un'assicurazione contro gli infortuni automobilistici del guida tore e infortuni della donna.
Già una recente ordinanza di questo tribunale in sede di re
clamo (sez. II 15 marzo 1998) ha evidenziato il «criterio estre
mamente vago, suscettibile delle più svariate interpretazioni» della
clausola ed ha inibito all'Assitalia in via d'urgenza l'uso della
clausola relativa ai «criteri di indennizzabilità», argomentando che deferire ad un collegio di tre medici un giudizio sulla inden
nizzabilità delle conseguenze di un infortunio, sulla base di un
criterio vago che nulla ha di tecnico né di oggettivo e determi
nato rimanendo incerto cosa debba intendersi per soggetto sano
ed integro, potrebbe indurre l'assicurazione a sottrarsi totalmente
o parzialmente al pagamento dell'indennizzo dovuto.
Nei casi in cui le clausole impugnate non contengono invece
riferimenti a «criteri di indennizzabilità», ma prevedono unica
mente la soluzione di divergenze di natura medica sul grado di invalidità residuo ritiene il g.d. che l'imposizione obbligato ria di un collegio di medici anche se previsto solo per controver
sie di natura tecnica, sia contrario alla normativa comunitaria
ed allo spirito che la anima e pertanto sia anche in contrasto
con la normativa di recepimento di cui all'art. 1469 bis c.c.
Replica la Nuova Tirrena che la compagnia ha già eliminato
dalle proprie polizze la previsione di obbligatorietà del ricorso
al collegio arbitrale e ciò è stato formalizzato con la circolare
Nuova Tirrena n. 68/95 appendice mod. 14 punto E.
Il Foro Italiano — 1998.
In realtà, è agevole osservare che la suddetta circolare pro
dotta dallà Nuova Tirrena risale al 27 luglio 1995 e prevede «la ristampa aggiornata di tutta la modulistica contrattuale non
appena verrà emanata la legge italiana di recepimento della nor
mativa comunitaria». Tale legge è stata emanata il 6 febbraio
1996 e da allora ad oltre due anni di distanza la Nuova Tirrena
non risulta aver ancora provveduto alla ristampa della nuova
modulistica come preannunciato nella circolare depositata (nes
sun modulo di stampa recente è stato depositato con le clausole
corrette). Ciò non può che suscitare notevoli dubbi in ordine
all'affermazione della resistente del mancato uso delle clausole
contrattuali impugnate e, considerato che a tutt'oggi i moduli
usati per la stipula dei contratti indicati contengono la clausola
impugnata, sussistono i presupposti per ordinare alla Nuova Tir
rena ed all'Ania di astenersi dall'utilizzare tutte le clausole so
pra indicate.
d) Clausole che prevedono il conferimento ad un arbitro od
un collegio arbitrale del potere di risolvere controversie.
Le clausole denunciate sono: art. 19 polizza Ania tutela giu
diziaria, art. 13 polizza Ania responsabilità civile inquinamen
to, art. 39.7 polizza arcobaleno della Nuova Tirrena.
L'art. 19 della polizza tutela giudiziaria dell'Ania e l'art. 39.7
della polizza arcobaleno della Nuova Tirrena prevedono ambe
due il ricorso ad arbitro designato di comune accordo in caso
di divergenze tra assicurato e compagnia sulla possibilità di esi
to favorevole del giudizio o ricorso al giudice superiore. La clausola riproduce una disposizione di legge, art. 47, 3°
comma, d.leg. 17 marzo 1995 n. 175, e pertanto non può essere
considerata vessatoria, in considerazione della particolare natu
ra della polizza in cui è inclusa.
L'art. 13 della polizza Ania responsabilità civile inquinamen to invece è diretta ad assicurare esclusivamente rischi d'impresa come si desume dalla natura del rischio e dalle condizioni e
pertanto è sottratto al sindacato di vessatorietà per i motivi già
esposti.
è) Clausole che attribuiscono alle imprese assicuratrici la fa
coltà di recedere dal contratto dòpo ogni denuncia di sinistro
ed entro il sessantesimo giorno dalla definizione dell'accaduto.
Non vi è dubbio che tali clausole siano vessatorie come espres samente previsto dall'art. 1469 bis, 3° comma, n. 7, c.c.
L'Ania e la Nuova Tirrena affermano di avere già da tempo eliminato tali clausole dai propri contratti e producono a ripro va di ciò, l'Ania la circolare n. 188 del 1994 e la Nuova Tirrena
la circolare n. 68/95 appendice mod. 14, lett. /., la quale in
ossequio al principio di bilateralità voluto dal 3° comma del
l'art. 1469 bis c.c. consente sia all'assicurato che all'assicurato
re di recedere dall'assicurazione in caso di sinistro.
La produzione di tali circolari non appare sufficiente secondo
il g.d. a ritenere superata la problematica. Infatti, le resistenti
non hanno prodotto moduli di contratto di stampa recente ag
giornati secondo le direttive impartite e pertanto allo stato non
può escludersi che le agenzie della Nuova Tirrena usano ancora
moduli con clausola di recesso unilaterale. Allo stesso modo
l'Ania non ha dimostrato di aver eliminato la clausola dai pro
pri modulari.
Pertanto, deve essere inibito l'uso della clausola di recesso
unilaterale nell'art. 6 polizza Ania incendio, art. 8 polizze spese mediche ed infortuni, art. 20 polizza spese mediche Ania. Allo
stesso modo deve essere inibito l'uso della clausola nell'art. 5
nelle polizze essere donna, art. 6.1 polizza guida sicura, art.
5 polizza protezione famiglia, art. 2.6 polizza sicura della Nuo
va Tirrena.
L'ordine di astensione dall'utilizzo delle clausole abusive in
dividuate non può che valere per il futuro non essendo consen
tito al giudice variare i contratti in corso già stipulati.
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