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ordinanza 8 marzo 1985; Giud. Salvi; Soc. Radio Tele Europa (Avv. Modena, Vaccaro) c. Circostel...

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ordinanza 8 marzo 1985; Giud. Salvi; Soc. Radio Tele Europa (Avv. Modena, Vaccaro) c. Circostel Ancona Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1831/1832-1841/1842 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178560 . Accessed: 28/06/2014 17:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.150 on Sat, 28 Jun 2014 17:23:52 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 8 marzo 1985; Giud. Salvi; Soc. Radio Tele Europa (Avv. Modena, Vaccaro) c. Circostel Ancona

ordinanza 8 marzo 1985; Giud. Salvi; Soc. Radio Tele Europa (Avv. Modena, Vaccaro) c. CircostelAnconaSource: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1831/1832-1841/1842Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178560 .

Accessed: 28/06/2014 17:23

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1831 PARTE PRIMA 1832

certezza della ripresa produttiva mentre l'intervento era caratteriz

zato dalla transitorietà; al requisito della certezza fu poi sostituito

quello della « probabilità » della ripresa produttiva per giungere

poi alla mera possibilità con le leggi più recenti.

Non v'è dubbio che, in questo processo, il collegamento esclusi

vo con l'interesse imprenditoriale si sia attenuato e, nel contempo, si siano ampliate le caratteristiche assistenziali; ma non per

questo è venuto meno l'interesse dell'imprenditore sol che si

consideri che, sia pure come possibilità, il presupposto per la

concessione della c.i.g. è sempre ricollegato a situazioni che

riguardano non i lavoratori ma l'azienda (situazioni aziendali

dovute a eventi transitori o determinate da situazioni temporanee di mercato per la c.i.g. ordinaria; crisi economiche settoriali o

locali, ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali per la ci.g. straordinaria: art. 1 1. 20 maggio 1975 n. 164).

La tutela degli interessi dei lavoratori, benché forse prevalente nell'ottica di questa legislazione, è solo indiretta perché le leggi non prendono in considerazione direttamente il loro interesse e le

loro esigenze ma quelle della produzione; non vengono in rilievo situazioni soggettive, individuali o generalizzate, di impossibilità di effettuare la prestazione, ma situazioni aziendali o di mercato. E se questi sono i presupposti per l'intervento della c.i.g. non si

comprende come si possa considerare insussistente l'interesse del

l'imprenditore al collocamento dei dipendenti in c.i.g. anche in

considerazione della circostanza che, in caso di rifiuto della c.i.g., il datore di lavoro rimane esposto all'azione (non importa se

fondata o meno) dei lavoratori per ottenere il pagamento della

retribuzione.

Ma, si afferma nella citata sentenza della Suprema corte, i

datori di lavoro non hanno alcun interesse alla c.i.g. perché se la stessa viene concessa « erogano salari con denaro non pro prio ... mentre se la domanda non viene accolta hanno sempre il diritto di procedere a licenziamenti collettivi ».

Ma anche questa argomentazione è solo apparentemente convin

cente. La drastica alternativa tra cassa integrazione e licenziamen

ti è valida solo per le ipotesi patologiche dell'impossibilità della

ripresa (nelle quali, a rigore, la c.i.g. dovrebbe di norma essere

negata), o ito quelle in cuii la ristrutturazione, riorganizzazione, ecc.

conduca, in una situazione di impossibile allargamento del merca

to, a un ridimensionamento dell'organico aziendale. Nelle altre

ipotesi è invece interesse dell'imprenditore avere la possibilità di

attingere a questa riserva di lavoratori professionalizzati allorché

cessino le esigenze che avevano dato luogo all'intervento della

c.i.g.; è di questi giorni la notizia che una nota casa automobi

listica italiana ha richiamato anticipatamente dalla c.i.g. un certo

numero di lavoratori per adibirli alla produzione di un modello

di autovettura che aveva avuto un imprevisto successo di mercato.

Ecco un caso in cui l'interesse dell'imprenditore si è realizzato

molto più opportunamente con l'intervento della c.i.g. piuttosto

che con i licenziamenti collettivi.

Per concludere può affermarsi che il complesso di leggi che

regolano l'istituto della ci.g., sia nella forma ordinaria che

in quella straordinaria, hanno di mira la tutela di un du

plice interesse per lo più convergente, quello dei lavorato

ri e quello degli imprenditori; nessuno tra questi soggetti può

pertanto essere ritenuto privo di interesse nei giudizi aventi ad

oggetto il riconoscimento dei diritti conseguenti alla concessione, o

al diniego, della cassa integrazione.

II. - Nel merito. Oggetto del presente giudizio è un problema

interpretativo sorto per la differente formulazione letterale di due

norme, l'art. 2 1. 5 novembre 1968 n. 1115 (estensione, in favore

dei lavoratori, degli interventi della c.Lg. ecc.) e l'art. 1

1. 8 agosto 1972 n. 464 (modifiche ed integrazioni della 1. 5

novembre 1968 n. 1115 in materia di integrazione salariale, ecc.).

La prima norma ricordata attribuisce infatti il diritto all'inte

grazione salariale « agli operai delle aziende industriali, comprese

quelle dell'edilizia e affini, che siano sospesi dal lavoro o

lavoranti ad orario ridotto in dipendenza di crisi economiche ... »,

mentre la seconda norma, al suo 4° comma, estende le disposi

zioni della 1. 1115/68 «agli impiegati sospesi dal lavoro».

Fondando la sua tesi esclusivamente su questa differenza lettera

le l'I.n.p.s. sostiene che solo per gli operai sarebbe consentito

l'intervento straordinario della c.i.g. nel caso di sospensioni parzia

li mentre per gli impiegati l'integrazione sarebbe dovuta solo a

favore di coloro che siano sospesi a zero ore.

Questa tesi, oltre che irrazionale e discriminatoria (per cui, se

accolta, imporrebbe un severo vaglio di costituzionalità), è infon

data anche sul piano ermeneutico letterale che pure pretende di

salvaguardare.

Il Foro Italiano — 1985.

Non ritiene il giudicante che occorrano argomentazioni partico larmente approfondite per dimostrare come il sostantivo « so

spensione » abbia carattere di genericità e acquisisca un significato

più preciso solo con l'aggiunta dell'aggettivo (ad es. « totale » o

« parziale »). Basti, del resto, far riferimento al dibattito Sin corso

sul part-time per rendersi conto che di sospensione si parla comunemente non solo nel caso di mancata prestazione a periodi

alterni (part-time c.d. «verticale») ma anche nel caso di man

cata parziale prestazione giornaliera (part-time c.d. « orizzontale »).

Insomma, quando si parla di « sospensione » senza alcuna

specificazione è arbitrario ritenere che ci si debba riferire esclusi

vamente alla sospensione totale. E allora la specificazione contenu

ta nell'art. 2 1. ti. 1115/68 non può essere ritenuta altro che

un'inutile specificazione di un concetto che, per il suo carattere

di generalità, già lo ricomprendeva.

Di ciò sembra essersi reso conto il legislatore del 1972 che,

difatti, non usa più la doppia locuzione non solo per gli impiegati

(nel qual caso potrebbe sorgere il dubbio su un'effettiva volontà

di differenziazione) ma neppure per gli operai, per cui se fosse

esatta l'impostazione dell'I.n.p.s. — secondo cui per sospensione deve intendersi soltanto quella zero ore — coerenza vorrebbe che

la si applicasse anche agli operai.

In realtà l'art. 1 1. 464/72 non ha più usato, né per operai né

per impiegati, la doppia formulazione ritenendola evidentemen

te superflua. Ciò corrisponde ad un processo di equiparazione delle due categorie, anche sotto il profilo che interessa, di cui la

1. del 1972 è una tappa e di cui la successiva eliminazione dello

sfavorevole « tetto » all'integrazione degli impiegati costituirà tap

pa successiva. Processo che, invece, verrebbe clamorosamente

smentito dall'accoglimento della tesi sostenuta dall'istituto conve

nuto.

Ma v'è di più: oltre al processo di cui si è detto ve n'è in

atto, ormai da decenni, uno più generale che, preso atto della

arbitrarietà e delle difficoltà interpretative create dalla tradizionale

differenziazione tra operai e impiegati, fondata su criteri di

difficile e spesso impossibile lettura (si pensi al criterio della

« collaborazione »), tende al definitivo superamento della biparti zione. Questo superamento è già stato attuato nella gran parte delle contrattazioni collettive con l'adozione dell'inquadramento unico.

Il valore interpretativo delle considerazioni svolte non viene

posto nel nulla dalla circostanza che la successiva 1. 20 maggio 1975 n. 164 contenga nuovamente (art. 1) la specificazione, accanto ai casi di sospensione, degli operai « che effettuino

prestazioni di lavoro a orario ridotto ». Sul valore ermeneutico di

questa disposizione — palesemente modellata sul testo dell'art. 1

1. 1115/68 — possono infatti ripetersi le osservazioni già svolte.

Il ricorso deve dunque essere accolto e l'I.n.p.s. va dichiarato

tenuto a corrispondere l'integrazione salariale anche agli impiegati non sospesi a zero ore. (Omissis)

I

PRETURA DI PERUGIA; ordinanza 8 marzo 1985; Giud.

Salvi; Soc. Radio Tele Europa (Avv. Modena, Vaccaro) c.

Circostel Ancona.

PRETURA DI PERUGIA:

Provvedimenti di urgenza — Radiotelevisione — Emittente privata locale — Provvedimento amministrativo di disattivazione —

Sospensione provvisoria — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art.

700; d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, t.u. delle disposizioni le

gislative in materia postale, di bancoposta e telecomunicazioni,

art. 240; 1. 4 febbraio 1985 n. 10, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 6 dicembre 1984 n. 807, recante disposi zioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive, art.

unico).

Posto che: a) l'attività di telediffusione in ambito locale costitui

sae esercizio di un diritto soggettivo; b) la prosecuzione di tale

attività è espressamente consentita dalla l. 10/85; c) è viziato

da carenza di potere il provvedimento amministrativo che

ordini la disattivazione di una trasmittente privata per la sua

incompatibilità con un impianto del servizio pubblico, attivato

successivamente, va disposta, in accoglimento dell'istanza cautp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

lare urgente avanzata dal titolare dell'emittente privata, la

sospensione provvisoria del provvedimento di disattivazione. (1)

II

PRETURA DI BOLOGNA; ordinanza 22 febbraio 1985; Giud.

D'Atti); Soc. Valsambro Center (Avv. Ballerini, Brentazzoli,

Vaccaro) c. Circostel Bologna.

Radotelevisione e servizi radioelettrici — Emittente privata locale — Diritto soggettivo dell'esercente — Giurisdizione ordinaria.

Provvedimenti di urgenza — Radiotelevisione — Emittente privata locale — Provvedimento amministrativo di disattivazione —

Sospensione provvisoria — Conferma (Cod. proc. civ., art. 690,

700; d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, art. 240).

L'attività privata di teleradiodifjusion,? in ambito locale costituisce

esercizio di un diritto soggettivo, come tale tutelabile in via

generale anche nei confronti della p.a. (2) Posto che, in difetto di comprovate interferenz,?, è viziato per

carenza di potere il provvedimento con cui un organo periferi co dell'amministrazione postale abbia disposto la disattivazione

di impianto di radiodiffusione operante su banda di frequenza

per la quale è prevista l'utilizzazione ad opera del ministero

della difesa, va confermato il provvedimento, reso inaudita

altera parte, con cui si è interinalmente ordinata la sospensione di ogni attività diretta a conseguire la predetta disattivazio

ne. (3)

III

PRETURA DI FIRENZE; ordinanza 11 novembre 1984; Giud.

Sergio; Soc. Video Spazio International (Avv. Vaccaro) c.

Circostel Firenze.

Provvedimenti di urgenza — Radiotelevisione — Emittente privata locale — Provvedimento amministrativo di disattivazione —

Accertamento dell'illegittimità — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 700; d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, art. 240; 1. 18 aprile 1983 n. 110, protezione delle radiocomunicazioni relative all'as

sistenza e alla sicurezza del volo, art. 3).

Va accolta, in via cautelare urgente, l'istanza del privato, titolare

di emittente privata televisiva, volta ad accertare l'illegittimi tà del provvedimento con cui un organo periferico dell'ammi

nistrazione postale abbia ordinato la disattivazione di impian to trasmittente su banda di frequenza assegnata ai ministeri

poste e difesa, senza dedurre disturbi o interferenze causati

dall'impianto stesso né rispettare le procedure previste dalla l.

110/83. (4)

I

Premesso che al fine della decisione occorre risolvere i seguenti

quesiti: a) se l'interesse, per la cui tutela è stato introdotto il

presente giudizio, assurga la dignità di diritto soggettivo, onde

(1-4) Se l'ordinanza del Pretore di Firenze mostrava chiari segni d'insofferenza verso l'orientamento che le sezioni unite avrebbero ribadito pochi giorni più tardi (Cass. 3 dicembre 1984, n. 6337, Foro

it., 1984, I, 2955, con nota di R. Pardolesi, La storia infinita: guerra dell'etere, problemi di giurisdizione), il provvedimento del Pretore di Bologna dà il segnale della rivolta e, forte del dictum che Cor te cost. 30 luglio 1984, n. 237, ibid., 2049 (cui hanno fatto seguito le ordinanze 23 e 77/85, entrambe inedite) riprendeva, avallandolo, da uno dei provvedimenti di rimessione circa l'« assoluta libertà » delle trasmissioni via etere su scala locale (in quanto si svolgono « in

regime di totale carenza legislativa »), accusa la Cassazione di resisten za rispetto a « questa lapalissiana e semplice realtà », cui si pretende di sostituire una terza via — quella di « rimpolpare » lo « scheletro » individuato dai giudici della Consulta « con il tessuto di varie norme esistenti e con altre operazioni di plastica ricostruttiva » — « costitu zionalmente aberrante » e « concretamente improduttiva », perché « l'edificio interpretativo immaginato dal Supremo collegio condu ce a risultato identico a quello cui conduce la tesi della mera

programmaticità delle pronunzie della Corte costituzionale ». E non è tutto. Infatti, mentre questo giudicante si avvale del c.d. Berlusconi bis — id est, 1. 10/85, in Leggi, 1985, 306: per un primo commento, v. E. Roppo, in Corriere giuridico, 1985, 248 — come argomento ad

adiuvandum, il Pretore di Bologna ne cava lumi per retrocedere a

rango di reperto d'antiquariato il responso delle sezioni unite, non foss'altro perché l'intervento legislativo sottrae, per almeno sei mesi, a

capricci autorizzatori l'attività delle stazioni radiotelevisive già operan ti il 1° ottobre 1984.

Insomma, la neverending story sembra proprio non volersi smentire: va avanti, eccome!

Il Foro Italiano — 1985 — Parte 1-118.

possa essere tutelato da questa autorità giudiziaria ordinaria; b) se tale interesse non risulti legittimamente affievolito per effetto del provvedimento amministrativo 18 febbraio 1985, con cui il direttore del circolo costruzioni T.T. di Ancona ha ordinato la disattivazione dell'impianto di riadiodiffusione televisiva della ri

corrente, onde tale interesse sia privo di tutela presso questa a.g.o.; c) se il provvedimento richiesto rientri nei poteri del

l'a.g.o.; d) se sussista l'urgenza di provvedere per effetto di un

pregiudizio irreparabile che, nelle more del giudizio di merito, colpirebbe l'interesse fatto valere; c) se la pretesa appaia, sia

pure ad un giudizio sommario, non priva di probabilità di

accoglimento nel futuro giudizio di merito; ritenuto quanto al punto sub a) che non può esservi dubbio

che la ricorrente sia portatrice di un diritto soggettivo, perché: I/o) le emissioni radiotelevisive che la p.a. intende vietare sono il mezzo con cui la ricorrente gestisce una impresa commerciale, attività, questa, il cui esercizio costituisce un diritto soggettivo ai sensi dell'art. 41 Cost., ed inoltre sono il mezzo con cui la ricorrente notoriamente manifesta il proprio pensiero, con notizia

ri, programmi di attualità politica, ecc. attività, anche questa, il cui libero esercizio è non solo un diritto soggettivo ai sensi dell'art. 21 Cost., ma è addirittura uno dei pilastri su cui la Costituzione si fonda; 2/a) tale attività, poi, non si pone in contrasto né con l'utilità generale, né con specifiche norme

limitatrici, e ciò dal momento che la Corte costituzionale, con

ripetute pronunzie, si è espressa nel senso che l'utilità generale non corre alcun pericolo per il fatto che i cittadini diffondano,

programmi televisivi in ambito locale, ed ha dichiarato incostitu

zionali le norme che tale diffusione, nel predetto ambito, vietavano;

3/a) che alla luce delle citate pronunzie della Corte costituziona

le, sembra arduo sostenere (Cass. 3 dicembre 1984, n. 6337, Foro

it., 1984, I, 2953) la insussistenza di un diritto soggettivo da parte del privato cittadino in tal materia, a cagione della pretesa

sopravvivenza di norme che, viceversa, si presentano chiaramente

collegate con il sistema monopolistico in vigore prima di detta

sentenza; e ciò massime ove ulteriormente si considerino gli effetti sulla materia della recentissima 1. n. 10/85 che, col

consentire espressamente, senz'uopo di autorizzazione alcuna, l'at

tività delle emittenti radiotelevisive private già operanti all'ottobre

1984, ha incontestabilmente sottratto tale attività al regime della

autorizzazione, ove pure tale regime avesse resistito alle citate

pronunzie della Corte costituzionale;

ritenuto quanto al punto b) che la pronunzia di un provvedi mento amministrativo affievolisce il diritto soggettivo che ne sia

oggetto nei soli casi in cui nella p.a. sussista il potere di emanare

quel provvedimento (Cass., sez. un., 9 marzo 1983, n. 1754, id.,

Rep. 1983, voce Espropriazione per p.i., n. 272) e ritenuto altresì

che nella specie si verta ito ipotesi di carenza di potere perché:

1/b) la p.a. ha espressamente fondato il proprio provvedimento di

disattivazione dell'impianto, di cui qui si discute, sull'art. 240 del codice postale (d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156). Tale articolo consente alla p.a. in presenza di « disturbi ed interferenze » alle

telecomunicazioni, di procedere coattivamente alla disattivazione

dell'impianto che di tali disturbi ed interferenze sia responsabile.

Orbene, anche a voler prescindere dalla questione circa l'applica bilità di tale articolo a fattispecie e non previste né prevedibili dal legislatore del 1973 (in senso contrario alla applicabilità Pret.

Bologna, ord. 22 febbraio 1983, id., 1985, II, 1833), osta al riconosci mento del potere della pja. di emanaire il ricordato provvedimento di disattivazione il fatto che è impossibile qualificare « disturbo

od interferenza di telecomunicazioni una attività che, i privato

svolge, come nella fattispecie, nell'esercizio di un potere ricono

sciutogli dalla citata 1. n. 10/85; 2/6) sostiene infatti la ricorren

te, ed è fatto notorio, che le sue emissioni si svolgono pacifica mente dal 1981, e, quindi, la ricorrente stessa ha un incontestabile diritto d'i continuare in tale attività; giusta quanto espressamente le riconosce la citata 1. n. 10/85, secondo cui: « è consentita la

prosecuzione dell'attività delle singole emittenti radiotelevisive pri vate con gli impianti di radiodiffusione già in funzione alla data

del 1° ottobre 1984» (art. 3). ritenuto quanto al punto sub c) che la ricorrente ha chiesto la

sospensione provvisoria, in attesa dell'esito del giudizio di merito, dell'esecuzione dell'ordine di) disattivazione 18 febbraio 1985

del circolo costruzioni T.T. di Ancona e che non è inibito a

questa autorità giudiziaria di emettere una pronunzia che incida

sull'esecuzione di tale atto amministrativo dal momento che, come

dimostrato sub 1/b e 2/6), la p.a. è carente di potere in modo

assoluto alla emissione del provvedimento ex art. 240 d.p.r. n.

156/73 e, di conseguenza, non è operante il divieto di cui all'art.

4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E; ritenuto quanto al punto sub d) che il periculum in mora

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1835 PARTE PRIMA 1836

risulta evidente, sol che si consideri che la società ricorrente vive delle entrate che le provengono dalla pubblicità commerciale, e la interruzione delle trasmissioni per tutto il tempo necessario ad un normale giudizio, ne provocherebbe inevitabilmente il dissesto;

ritenuto quanto al punto e) che valgono le considerazioni svolte sub 1 /b e 2/6, cuii è opportuno aggiungere che: 1/e) accertato che la ricorrente usa di un diritto riconosciutole dalla

citata 1. n. 10/85 sembra potersi escludere che si trovi tuttavia nella situazione prevista dall'ultima parte dell'art. 3, e cioè che le sue emissioni determinano « situazioni di incompatibilità con i

pubblici servizi ». Infatti, posto che la ricorrente medesima, come

sopra detto, da vari anni irradia i suoi programmi senza interferi re col servizio pubblico, e che solo da qualche mese si sarebbero verificate tali interferenze, devesi ritenere che l'incompatibilità si sia verificata per l'attivazione di un nuovo impianto della società

pubblica concessionaria, la quale nel fare ciò avrebbe peraltro agito sia in violazione dell'art. 12 della convenzione di concessio ne del pubblico servizio (d.p.r. 10 agosto 1981 n. 521) togliendo completamente spazio ad una emittente privata che pacificamente se ne serviva da più anni, mentre avrebbe dovuto viceversa assicurarle adeguato spazio secondo quell'artìcolo, sia firn viola zione del principio sancito dall'art. 2 1. n. 10/85, secondo cui nel

gestire il sistema radiotelevisivo « lo Stato si informa ai principi di libertà di manifestazione del pensiero e di pluralismo dettati dalla Costituzione per realizzare un sistema misto di emittenza

pubblica e privata; 2/é) sicuramente sussisterebbe violazione di

tal principio, ove fosse consentito all'ente, gestore del servizio

pubblico di sistemare impianti ovunque ritenesse, e poi lamentare

l'incompatibilità con emittenti private esistenti ed ottenere la

soppressione di queste ultime, perché il tal modo non avrebbe

alcuna tutela l'emittenza privata che, viceversa, come sopra am

piamente si è riportato, accanto al servizio pubblico, gode e deve

godere di un adeguato spazio in virtù della legge e della

Costituzione.

Per questi motivi, sospende provvisoriamente l'esecuzione del

provvedimento in data 18 febbraio 1985 emesso nei confronti

della ricorrente dal direttore del circolo costruzioni T.T. di

Ancona e fissa per la comparizione delle parti dinanzi a sé al

fine della conferma o revoca del presente provvedimento la udienza del 3 aprile 1985 ore 10 con termine per la notifica al 15

marzo 1985.

II

La valutazione della possibilità ed opportunità di confermare o

meno il provvedimento emesso in via provvisoria ed urgente e

con il quale si ordinava la sospensione di ogni attività diretta a

conseguire la disattivazione dell'impianto di radiodiffusione di

cui al ricorso disposta con provvedimento amministrativo che il

direttore del circolo costruzioni T.T. di Bologna ha ritenuto di

poter emettere, presuppone considerazioni sommarie ma pregiudi ziali e rilevanti sulla giurisdizione di questo ufficio ad emettere il provvedimento di cui si tratta e dell'a.g.o. a conoscere della causa di merito alla quale esso prelude. L'asserito difetto di

giurisdizione di questo ufficio e dell'a.g.o. è d'altra parte il

principale, per non dire unico, motivo di contestazione del

provvedimento emesso, da parte della convenuta p.a. rappresenta ta dall'avvocatura dello Stato.

Va preliminarmente precisato che questo ufficio non ritiene di

poter condividere l'opmiilone recentemente peraltro fatta propria da una pairte della giurisprudenza di merito, secondo cui, iin

considerazione della inesistenza di adeguati mezzi di tutela degli interessi dei cittadini in via cautelare ed urgente dinanzi agli

organi di giustizia amministrativa, sarebbe possibile all'a.g.o. adot

tare provvedimenti di urgenza ex art. 700 anche in materia

riservata nel merito alla giurisdizione del giudice amministrativo.

La erroneità di tale opinione appare evidente se si consideri

che il provvedimento di urgenza può anticipare taluni effetti di

una probabile decisione di merito ma non può superare i limiti

della stessa e che esso si configura come una fase iniziale di un

provvedimento che dovrà seguirli ed in relazione al quale inoltre

il giudice dell'urgenza, deve esprimere un sommario giudizio di

fondatezza del tutto inconcepibile per materie sottratte alla sua

giurisdizione. La sussistenza della giurisdizione di questo ufficio in relazione

alla domanda proposta presuppone quindi necessariamente il

riconoscimento della giurisdizione dell'a.g.o. in relazione alla

causa di merito che all'emittendo provvedimento dovrà conse

guire. Ciò premesso deve però ritenersi per le ragioni che si espor

ranno che la giurisdizione dell'a.g.o., e per quanto attiene alla

Il Foro Italiano — 1985.

fase di urgenza la giurisdizione e la competenza di questo ufficio,

sussistono in ordine alle domande proposte perché il diritto del

quale si chiede la tutela è un diritto soggettivo. Per chiarire

questo pregiudiziale ed essenziale aspetto della controversia va

innanzi tutto considerato che l'attività di trasmissione radiotele

visiva si attua e concreta con l'attivazione di impianti ed appa recchiature che, utilizzando una particolare entità naturale deno

minata « campo elettromagnetico » e provocando perturbazioni nello stesso, trasmettono suoni ed immagini, a chiunque disponga, entro certi limiti territoriali, di un apparecchio idoneo a riceverli.

Tali perturbazioni vengono definite « onde » in analogia con le

onde sonore che sono a loro volta nient'altro che perturbazioni meccanicamente provocate in un fluido (liquido o gassoso). Poi

ché la tecnologia ha elaborato sistemi che consentono di utilizza

re precise e predeterminate « onde » di una certa lunghezza o

frequenza, è possibile che nello stesso ambito territoriale siano

separatamente emesse e separatamente ricevute diverse trasmis

sioni.

A ciò si riferiscono ed alludono i correnti termini di « canali »

e « frequenze ».

Tale sommaria ed empirica esposizione è sufficiente a chiarire

perché I « campo elettromagnetico », i « canali o frequenze » e

tutto ciò che costituisce il presupposto naturale necessario perché si realizzi una trasmissione radio-televisiva, non solo, come è

pacifico, non è certamente compreso tra i beni che l'art. 822 c.c.

indica come appartenenti al « demanio pubblico », ma non po trebbe in nessun caso farne parte nemmeno in via di estensione di

tale norma, poiché trattasi di realtà non definibili come « beni »

ai sensi dell'art. 810 c.c.

Da ciò consegue che i diritti di chi esercita una impresa nel

campo delle radio-telecomunicazioni non possono ritenersi come

originariamente e necessariamente affievoliti e trasformati in inte

ressi legittimi in relazione alla natura e qualità del mezzo o

fenomeno naturale che detta impresa utilizza (campo elettroma

gnetico) come invece certamente avviene per quelle imprese che

presuppongono la utilizzazione del lido del mare o delle acque di

un fiume o di ogni altro bene appartenente al demanio.

Fatta questa premessa va in via generale ricordato che l'art. 41

Cost., stabilendo che « l'MMzfiativa economica privata è libera »,

attribuisce a tutti i cittadini il diritto di intraprendere ed esercita

re liberamente, senza necessità di preventive autorizzazioni e

licenze, qualsiasi attività nel campo della produzione e commer

cializzazione di beni e servizi.

Tale generale principio viene condizionato e limitato dai suc

cessivi due comma dell'art. 41 predetto con i quali si attribuisce

al legislatore il potere di assoggettare d'attività economica a

programmi e controlli che la indirizzano a fini sociali. Perchè

quindi il generale diritto soggettivo perfetto di libera intrapresa

economica si affievolisca a mero interesse legittimo, come sostan

zialmente previsto e consentito dal 3° comma dell'art. 41 è

necessario che una legge abbia fissato per la specifica attività di

cui si tratta limiti e condizioni e che tali limiti e condizioni

corrispondano effettivamente a concrete necessità sociali e siano

quindi costituzionalmente legittimi.

La 1. 14 aprile 1975 n. 103, ricalcando peraltro per questo

aspetto la precedente legislazione, aveva ritenuto di potere regola

re la materia che qui interessa, riservando monopolisticamente allo Stato l'esercizio della diffusione via etere di programmi radiofonici e televisivi.

Tale legge era stata emanata anche per la necessità di prendere atto di precedenti decisioni della Corte costituzionale (sent. 225 e

226/74, Foro it., 1974, I, 1945) che, sulla via del graduale riconoscimento del diritto di libera impresa radiotelevisiva e di

libera espressione del pensiero e trasmissione della cultura con

questo mezzo, aveva abrogato gli art. 1-183 e 195 del t.u. 29

marzo 1973 n. 156.

Tali articoli venivano infatti sostituiti dall'art. 45 1. 14 aprile 1975 ma la successiva sent. n. 202/76 (id., 1976, I, 2066) emessa

dalla Corte costituzionale abrogava anche tale articolo, unitamen

te agli art. 1 e 2 della stessa legge « nella parte in cui non sono

consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui alla

motivazione, l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione

radiofonica e televisiva via etere, di portata non eccedente l'ambi

to locale ».

Con la predetta sentenza veniva anche dichiarata la illegittimità dell'art. 14 1. 103/75.

La abrogazione di tali norme ha chiaramente fatto venire meno lo strumento legislativo che aveva sostanzialmente soppresso il

generale diritto di libera iniziativa imprenditoriale nel campo delle emissioni radiotelevisive.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La sentenza ha anche delineato i limiti nei quali tale diritto di

libera impresa avrebbero potuto essere legittimamente commesso e limitato e quindi « affievolito » auspicando altresì un intervento in tal senso ed in tali limiti del legislatore.

È peraltro altrettanto certo che un simile intervento non vi è

stato almeno fino al recente d.l. 6 dicembre 1984 n. 807 ora

convertito in legge ed al quale si farà cenno in seguito.

Conseguenza ovvia e necessaria in base alle premesse che si sono fatte è che, venuta meno la norma che affievoliva (ed anzi

escludeva) il diritto di libera impresa nel settore, tale diritto ha

ripreso vigore e validità nella pienezza ed integrità dei suoi

termini.

Della ovvietà e necessità di tale conseguenza è stato sempre

consapevole il legislatore, che in diversi provvedimenti si mostra

conscio della esistenza ed in qualche misura tutore delle imprese

private esercenti teleradiotrasmissioni.

A questo punto appaiono puntuali i riferimenti che la difesa

della ricorrente fa a varie disposizioni e le argomentazioni ed i

richiami contenuti nel provvedimento in diata 11 novembre 1984, in causa Video Spazio International c. Circostel di' Firenze (id.,

1985, I, 1833), emesso dal Pretore di Firenze e prodotto in copia, cosicché appare superflua una specifica trattazione.

Eguale consapevolezza ha mostrato e mostra il giudice costitu

zionale che infatti, trattando, sia pure incidentalmente, il proble ma sulla motivazione di una diversa recente decisione (30 luglio 1984, n. 237, id., 1984, I, 2049) precisa: « quest'ultima sentenza

(la 202/76) ha dunque riconosciuto il diritto d'iniziativa privato

per l'installazione e l'esercizio di impianti per le trasmissioni via

etere di programmi .radiofonici e televisivi su scala locale ».

Nel riconoscere un tale diritto la corte ha però affermato anche

la necessità dell'intervento del legislatore perché stabilisce l'orga no dell'amministrazione centrale dello Stato competente a prov vedere all'assegnazione delle frequenze ed all'effettuazione dei

conseguenti controlli e fissi le condizioni che consentono l'auto

rizzazione all'esercizio di tale diritto in modo che questo si

armonizzi e non contrasti con il preminente interesse generale e

si svolga sempre nel rigoroso rispetto dei doveri ed obblighi anche internazionali conformi a Costituzione ».

Più avanti la stessa sentenza precisa « la trasmissione via etere

su scala locale, esercitata da privati per effetto della citata sent.

202/76 è assolutamente libera nel senso che si svolge in regime

di totale carenza legislativa ».

Solo la Cassazione ha finora rifiutato di recepire e prendere atto di questa lapalissiana e semplice realtà ed in diverse senten

ze, anche recenti, probabilmente nell'ambito di quello spirito di

supplenza che spesso a ragione (ma qualche volta a torto) la

giurisprudenza ha sviluppato nei confronti di un potere legislativo che è, o sembra essere, disattento, approssimativo, troppo lento o

latitante, ha ritenuto di poter seguire una terza via tea le tesi

definite opposte della totale (anche se temporanea) libertà di

impresa radiotelevisiva ed invece quella della asserita mera pro

grammaticità della decisione assunta dalla Corte costituzionale

che potrebbe diventare operativa solo a seguito della emanazione

da parte del legislatore di una normativa che regoli la attribuzio

ne ai privati di licenze ed autorizzazioni per l'esercizio di tali

attività.

Il Supremo collegio esplicitamente riconosce la infondatezza di

tale tesi che porterebbe alla conclusione che il contenuto precet tivo contenuto nella decisione della Corte costituzionale risulte

rebbe « vano e mistificatore se fosse consentito al legislatore ordinario di rinviare indefinitivamente l'attuazione ».

La corte ritiene però anche di non poter aderire alla contrap

posta tesi della totale attuale libertà di impresa radiotelevisiva

ritenendola non compatibile con gli interessi generali e con il

sistema giuridico per i motivi che la Corte costituzionale ha

ritenuto idonei a legittimare una legislazione limitatrice ed auto

rizzativa (ma non preclusiva) nei confronti di tali imprese e cerca

di ipotizzare una terza soluzione che considera intermedia e

risolutrice del contrasto, sforzandosi di desumere dalle leggi esistenti uno schema normativo che corrisponda al sistema di tipo

autorizzativo che la Corte costituzionale ha considerato possibile

e legittimo.

La logica e la tecnica di tale presunta soluzione del problema

viene cosi esplicitata dalla sent. 1° ottobre 1980, n. 5336 (id.,

1980, I, 2391) pronunciata a sezioni unite della Cassazione e della

quale a questo ufficio è nota la motivazione: « ora nella specie è

ben possibile enucleare dall'ordinamento disposizioni che, sebbene

dettate con riferimento a fattispecie distinte (ma non del tutto

dissimili) da quella in esame, sono anche ad essa applicabili per

la loro portata ampia, per la loro ratio e per i principi generali

Il Foro Italiano — 1985.

da esse sottesi. E tali dlisposlizionii, opportunamente interpretate e

coordinate, integrano in sostanza un quadro normativo che risulta

in armonia con i principi ed i criteri applicativi formulati dalla

Corte costituziionale e che permette d'i dare una esauriente soluzio

ne ai problemi suscitati da quella pronuncia ed in parte dibattuti:

nella presente controversia».

A tale enunciazione di principio il Supremo collegio fa seguire un accurato esame di norme diverse il cui collage sarebbe ad avviso della predetta oorte idoneo a configurare uo sistema normativo

idoneo allo scopo che si proponeva di conseguire. Tale operazione appare però giuridicamente infondata, costitu

zionalmente illegittima e concretamente improduttiva e quindi in

ogni caso non condivisibile da parte di questo ufficio.

Essa appare giuridicamente infondata perché presuppone un

uso degli strumenti della interpretazione analogica ed estensiva

estraneo alla logica ed alle legittime possibilità operative ad essi

riconoscibili.

Con tali strumenti è infatti certamente possibile colmare vuoti

normativi, affrontare e risolvere problemi e fattispecie non espres samente previsti e regolamentati ma sempre in coerenza e nel

l'ambito di una sicura ed identificabile intenzione del legislatore, e coerentemente ad un sistema normativo che ne sia manifesta

testimonianza ed espressione. Nel caso di specie invece il sistema normativo precedente alla

sent. 202/76 della Corte costituzionale era predisposto e struttura

to all'espresso e dichiarato fine di riservare allo Stato l'esercizio

delle radiotelecomunicazioni via etere. In nessuna delle norme

predette poteva quindi ritenersi implicita e contenuta la volontà del legislatore di regolamentare in senso positivo la concessione a

privati di autorizzazioni a trasmettere via etere immagini o suoni.

Ipotizzare che, soppresse le norme che direttamente sancivano il

monopolio statale di tale settore, quelle residue possono essere in

terpretate come idonee a regolamentare un sistema autorizzativo,

presuppone la invenzione di una volontà del legislatore mai in tal

senso espressa o manifestata ed è quindi certamente estranea ad

ogni possibile applicazione degli strumenti di mera interpretazione delle norme esistenti.

Una simile tesi appare anche quindi certamente costituzional

mente illegittima, poiché si concreta in un chiaro travalicamento dei poteri di interpretazione della norma propri del potere

giudiziario ed in una invasione del potere legislativo che non può essere considerata praticabile e legittima nemmeno se riferita al

giudice costituzionale. È infatti ovvio che la Corte costituzionale

ipotizzando lo schema di un sistema autorizzativo non ha e non ha inteso costituire una disciplina alternativa a quella che veniva

abrogata, ma solo indicare al legislatore, al quale unicamente

competeva e compete l'onere ed il potere relativo, quali erano e sono i limiti di costituzionalità che la nuova normativa avrebbe

dovuto rispettare ed entro i quali quindi la discrezionalità politi ca avrebbe potuto e dovuto fare le sue scelte.

La tesi secondo cui lo schema di legittimità individuato dalla Corte costituzionale potrebbe costituire uno scheletro che, rim

polpato dall'interprete con il tessuto di varie norme esistenti e con altre operazioni di plastica ricostruttiva e senza l'intervento del legislatore sia in grado di costituire un nuovo sistema norma

tivo valido e funzionante, appare costituzionalmente aberrante. Giustamente la Corte costituzionale non la prende in considera

zione, tranquillamente riconoscendo che a seguito delle abroga zioni operate dalla sentenza 202/76 ed in assenza di successivi interventi del legislatore la trasmissione via etere su scala locale

deve intendersi « assolutamente libera nel senso che si svolge in

regime di totale carenza legislativa » (sentenza citata). Va inoltre considerato che se pure per assurdo la formulazione

ipotizzata dalla Suprema corte avesse caratteri di legittimità e fondatezza essa sarebbe concretamente improduttiva poiché la struttura di un sistema autorizzativo non può operativamente attuarsi con la mera identificazione di poteri e di organi ai quali attribuirli poiché solo la concreta definizione di modalità, condi

zioni, termini e caratteristiche considerando i quali tali poteri devono attivarsi ed operare, può consentire il funzionamento del

meccanismo e tutto ciò il più volenteroso e fantasioso degli

interpreti non è in grado di' crearlo.

Cosi ad esempio se pure fosse vero che, come sostiene il

Supremo collegio e con riferimento all'art. 1, 2° comma, cod. post, cosi come modificato dall'art. 45 1. 103/75, « all'autorizzazione

prescritta per gli impianti di diffusione via cavo e per i ripetitori privati (lett. a e b) deve ora intendersi soggetta per identità di

ratio ed in funzione del criterio dell'analogia anche l'esercizio di emittenti private in ambito locale » ed ammettendo anche per assurdo che il ministro competente sia convinto della esistenza dei poteri che secondo il Supremo collegio gli sarebbero attribuiti,

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1839 PARTE PRIMA 1840

è però egualmente certo che in assenza della definizione di

criteri, parametri e condizioni specifiche egli non sarebbe in

grado di esercitare positivamente tali poteri. Egli non potrebbe tali criteri, parametri e condizioni dedurli in via analogica da

quelli fissati per diverse fattispecie caratterizzate da diverse

esigenze e condizioni operative e quindi in realtà egli non

potrebbe, come infatti è avvenuto, rilasciare alcuna licenza od

autorizzazione.

Deve quindi concludersi che il risultato concreto al quale l'edificio interpretativo immaginato dal Supremo collegio conduce è

identico a quello a cui conduce la tesi della mera programmatici tà della pronuncia della Corte csotituzionale, che pure il Supremo

collegio ha espressamente considerato e dichiarato inaccettabile.

Per tutte le ragioni sopra espresse questo giudice ritiene di non

poter aderire alla opinione pur autorevolmente espressa dal

Supremo collegio.

Conclusione ovvia e necessaria di tutto quanto sopra esposto è la convinzione di questo ufficio che nella attuale situazione

normativa l'esercizio di una impresa di teleradiocomunicazioni si

configura come esercizio di un diritto soggettivo perfetto dell'e

sercente e come tale è tutelabile in via generale anche nei confronti della p.a.

Va a questo punto però considerato un ulteriore aspetto del

problema. È infatti pacifico che anche un diritto soggettivo originariamen

te perfetto può essere affievolito da un idoneo provvedimento emesso dalla p.a. e nel caso di specie deve quindi considerarsi se il provvedimento emesso dal direttore del circolo costruzioni di

Bologna, contenente l'ordine di disattivazione dell'impianto di

proprietà del ricorrente relativamente alla specifica frequenza di

cui al ricorso sia o meno idoneo a determinare l'affievolimento

del diritto soggettivo di cui si tratta. L'esame di questo aspetto del problema importerà anche necessariamente considerazioni in

ordine alla fondatezza del ricorso nel merito.

Ciò premesso va considerato che perché un atto amministrativo

possa determinare l'effetto di affievolire un diritto soggettivo è

necessario che un simile potere sia dal legislatore attribuito in

specifiche circostanze alla p.a. e che il provvedimento emesso sia

contenuto nei limiti estrinseci del potere attribuito. È poi anche

ovviamente necessario che il provvedimento sia legittimo sotto il

profilo procedurale e di merito, ma ciò attiene alla tutela del

diritto ormai affievolito e divenuto interesse legittimo.

Nel caso di specie deve però ritenersi che non si configuri affievolimento del diritto soggettivo di cui si tratta perché il

potere relativo non risulta essere stato attribuito dalla legge alla

p.a. e comunque perché il provvedimento è stato emesso con

chiaro travalicamento dei poteri che in ogni caso potrebbero ritenersi conferiti con la norma alla quale si ritiene di potere fare

riferimento.

Tale norma è l'art. 240 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 che

attribuisce ai diretori dei circoli delle costruzioni telegrafiche ed

ai capi degli ispettorati di zona dell'azienda di Stato per i servizi telefonici il potere di « provvedere direttamente in via ammini strativa » nei confronti di chi arreca disturbi o causa interferenze

alle comunicazioni ed alle opere ad essa inerenti. Tale norma

però certamente non poteva riferirsi a disturbi ed interferenze

derivanti da altre emittenti radiotelevisive poiché essa è inserita

in un sistema normativo nel quale la esistenza di tali emittenti

era espressamente preclusa e vietata. In base ai principi generali non sembra possibile ritenere che la sopravvenuta possibilità ed

esistenza di tali emittenti legittimi una interpretazione estensiva

della norma di cui si tratta poiché ogni norma che attribuisca

alla p.a. il potere di diretto intervento e quindi di affievolimento

nei confronti dei diritti soggettivi dei cittadini, ha carattere di

eccezionalità e quindi non si applica oltre i casi ed i tempi in

essa considerati (art. 14 preleggi).

Il legislatore è perfettamente consapevole di ciò ed infatti in

relazione alla grave ed evidente necessità di intervenire in merito

alla sicurezza dei voli con la 1. 8 aprile 1983 non ha affatto

previsto che l'amministrazione delle poste potesse agire nei con

fronti degli impianti di telecomunicazioni che emettono segnali idonei a disturbare i servizi di radiotelevisione applicando l'art. 240

cod. post., mia ha invece giustamente ritenuto necessario con gli art. 3 e 4 attribuirne alla p.a. specifici poteri, con 11 riconoscimento

di particolari garanzie e modalità <351 tutela dei diritti ded privato. Va inoltre considerato che, se pure fosse possibile, contro ogni

evidenza, ritenere che l'art. 240 attribuisce alla p.a. un potere di

intervento diretto in via amministrativa anche nei confronti di

impianti privati esercenti la propria attività nel campo delle

telecomunicazioni, presupposto estrinseco della legittimità di tale

Il Foro Italiano — 1985.

intervento è la esistenza di interferenze nei confronti delle

telecomunicazioni.

È invece assolutamente certo e pacifico che il provvedimento nei confronti del quale il ricorso è stato proposto non fa alcun

riferimento ad interferenze da parte dell'impianto gestito dal

ricorrente nei confronti di altro impianto di telecomunicazioni, ovviamente di pubblico interesse, concretamente esistente ed ope rante ed è motivato invece dalla semplice affermazione che

l'impianto utilizza frequenze che il piano nazionale della riparti zione assegna ad altri fini e funzioni. Il ricorrente contesta nel

merito tale assunto e sostiene invece che la frequenza di cui si

tratta è o può essere destinata all'uso della radioemittenza privata. A prescindere però da ogni considerazione di merito che

appare in questa sede estranea risulta evidente il chiaro travali

camento dei poteri attribuiti alla p.a. anche in relazione ad una

ipotetica interpretazione estensiva della norma di cui all'art. 240

predetto che comunque non consentirebbe intervieniti diretti della

p.a. al di fuori delle ipotesi di accertare ed individuate interfe

renze. Pertanto in base ai principi convalidati e giurisprudenzia lmente pacifici, ne consegue la inidoneità di un simile atto

amministrativo ed essere fonte e presupposto di affievolimento dei

diritti soggettivi nei confronti dei quali è diretto il provvedimento medesimo.

Va a questo punto preso atto e considerata anche la incidenza del sopravvenuto d.l. 6 dicembre 1984 n. 807 ora trasformato in

legge. Esso costituisce con l'art. 1 nei suoi vari comma ed in

specie 1-2 e 5 una prima esplicita manifestazione, successiva alla sent. 202/76, della volontà del legislatore di istituire un sistema di emittenza radiotelevisiva misto, pubblico e privato e di

regolamentare, nell'ambito di un sistema autorizzativo, la emitten za privata.

Tale norma ha però chiaramente un valore di affermazione di

principio e di impostazione programmatica in quanto rinvia alla « legge generale sul sistema radioteleviso » di futura emissione

(come esplioitamente chiarisce anche l'art. 3) la instaurazione del

predetto sistema autorizzativo. Essa pertanto non costituisce per ora un superamento della problematica di cui sopra ma consente alcune rilevanti considerazioni.

Con la norma predetta il legislatore nuovamente chiarisce in modo esplicito ed incontrovertibile che il sistema autorizzativo che il Supremo collegio ha ritenuto di poter dedurre in via

interpretativa dalle leggi in vigore in realtà non esiste e che la sua promulgazione costituisce solo un futuro, anche se preciso, impegno del legislatore stesso.

Riconosce altrettanto esplicitamente in assenza di tale sistema la legittimità dell'attività delle emittenti radiotelevisive già in

funzione con il solo limite della incompatibilità con i pubblici servizi che è concetto diverso dalla mera interferenza ed a

maggior ragione della semplice asserita utilizzazione di fre

quenze destinate ad altri usi. Fa infatti riferimento al piano nazionale di assegnazione delle frequenze (art. 2) ma solo con

riferimento all'attuazione del futuro sistema autorizzativo e senza

immediata incidenza su quanto stabilito in via transitoria con l'art. 3.

Pone come unico limite anticipativo del futuro sistema autoriz

zativo, quello dell'effettifvo esercizio dell'attività alla data del 1°

ottobre 1984.

Ne consegue la ancor più certa ed evidente illegittimità del

provvedimento oggetto del ricorso che certamente non ipotizza nemmeno la esistenza di una « incompatibilità con i pubblici servizi». Tale illegittimità è certamente attinente, per le già

esposte ragioni, alla carenza del potere che la p.a. ha ritenuto di

poter esercitare e comunque a totale assenza dei presupposti per il suo esercizio e pertanto deve sotto questo profilo ritenersi certamente sussistente la giurisdizione dell'a.g.o. e la competenza di questo ufficio ai fini della disapplicazione dell'atto illegittimo.

Va anche considerato che il riconoscimento di tale competenza non esclude affatto la possibile concorrente competenza del giudi ce amministrativo per altri fini (valutazione nel merito del

provvedimento opposto) ed altri scopi (annullamento e non mere

disposizioni dirette alla sua disapplicazione). Deve quindi concludersi che si configurano motivi idonei a

ritenere sussistente il fumus boni iuris e cioè la fondatezza della

domanda che si ha intenzione di proporre e, essendo pacifica la

sussistenza degli altri elementi legittimanti ed in specie quello della irreparabilità del danno, appare opportuna e legittima la

conferma del provvedimento già emesso in via immediata e

provvisoria. La ricorrente Valsambro oltre a proporre domanda di tutela ex

art. 700 c.p.c. per quanto attiene al provvedimento emesso dal

Circostel di Bologna con riferimento al trasmettitore sito in

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

località monte Oggioni ed operante sul cosiddetto canale 68 UHF

'corrispondente a MHZ 846-884 ha proposto domanda di reintegra nei confronti dello stesso Circostel assumendo di aver subito, a

seguito di precedente analogo provvedimento, lo spoglio di altro

proprio impianto installato in località Beverara-Corticella ed ope rante sul cosiddetto canale 37 UHF.

Benché però appare evidente che il predetto provvedimento della p.a. era da ritenersi viziato dagli stessi motivi di illegittimità che sono stati riconosciuti con riferimento all'altra domanda

proposta, non appare possibile ritenere che nell'attività della p.a. che ne è conseguita siano configuragli gli estremi della violenza

o clandestinità che unicamente caratterizzano lo « spoglio » tute

labile con le azioni previste dagli art. 703 ss. c.p.c. Deve quindi ritenersi che le ragioni della ricorrente a questo

proposito potranno trovare tutela solo dinanzi al giudice di

merito sia per quanto attiene alla disapplicazione del provvedi mento illegittimamente emesso ed eseguito sia per quanto attiene

al risarcimento del danno.

Ili

Visti gli atti e sciogliendo la riserva formulata sulla domanda

di parte ricorrente espressamente limitata nei soli confronti del

Circostel Firenze, rileva ed osserva quanto segue. A) Con provvedimento n. 261 del 20 aprile 1984 il Circostel di

Firenze, richiamandosi ai poteri attribuitigli dall'art. 240 cod.

post., ordinava ila disattivazione dell "impianto trasmittente delle

emittenti Video Spezia International, ubicato in località S. Lucia

ed operante sul canale 69 UHF. Il provvedimento era giustificato dal rilievo che tale canale ricade nella banda 838-882 MHZ, che

si afferma essere stata assegnata al ministero della difesa per il

servizio fìsso ed al ministero p.t. per il servizio di radiodiffusione,

previo, coordinamento tecnico preventivo fra il ministero p.t. e il

ministero difesa.

B) Il potere di procedere in via amministrativa che l'art. 240

codice postale, richiamato dal Circostel Firenze, riconosce all'am

ministrazione risulta espressamente subordinato alla esistenza di « disturbi o interferenze alle telecomunicazioni ed alle opere ad

esse inerenti ».

Nella specie, nel provvedimento qui considerato, nulla viene

precisato o dedotto in ordine all'esistenza di disturbi o interferen

ze addebitabili alla società ricorrente.

Va rilevato inoltre che con la recente 1. 18 aprile 1983 n. 110

viene fatto obbligo all'amministrazione dell'osservanza di parti colari procedure prima di procedere alla disattivazione di ufficio

di impianti di telecomunicazioni e ciò pur in presenza di situa

zioni tali da compromettere il funzionamento dei servizi di

radionavigazione e la sicurezza delle operazioni di volo.

In particolare viene fatto obbligo all'amministrazione di esegui

re particolari controlli e verifiche con l'intervento di organi

tecnici, di assicurare un contraddittorio col titolare dell'impianto

cui si addebitano interferenze dannose e di far precedere la

disattivazione da una specifica diffida.

La normativa di cui alla 1. n. 110/83, se da un lato introduce

specifiche garanzie in ordine allo svolgimento dell'attività ammi

nistrativa nel settore (e, come tale, non può non ritenersi mo

dificativa della norma di cui all'art. 240 codice postale emanata

con d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156), d'altro canto dà significativa

conferma che il potere di intervento (e nella specie di disattiva

re impianti esistenti) viene riconosciuto alla p.a. solo in presenza di disturbi o di interferenze ad essi addebitabili.

Nel caso in esame non risultano osservate le procedure pre

scritte dalla 1. n. 110/83 che ben può ritenersi di portata generale

giacché, se obbligatorie per la p.a. per l'intervento a tutela di

situazioni di eccezionale importanza per la collettività (protezione dell'assistenza e sicurezza del volo), tali procedure debbono a

maggior ragione essere osservate anche nell'ipotesi di intervento

in situazioni di minore rilievo.

Ma oltre che di « scorretto uso del potere », ben può farsi

questioni nella specie di « inesistenza » del potere, giacché non

risulta nemmeno precisata o dedotta l'esistenza di disturbi o

interferenze cui la legge subordina e condiziona il potere di

intervento della p.a.

C) Né appare sufficiente a tal fine dare rilievo alla utilizzazio

ne, da parte della emittente ricorrente, delle bande di frequenza

menzionate nel provvedimento preso in esame.

Il richiamo alle disposizioni contenute nel « piano nazionale di

ripartizione delle radiofrequenze » di cui al d.m. 31 gennaio 1983

potrebbe in verità avere portata decisiva (anche allo scopo di

inferirne, anche in via indiretta, un principio di prova circa

l'esistenza di « disturbi o interferenze ») ove avesse luogo con

Il Foro Italiano — 1985.

riferimento a bande di frequenza assegnate in via esclusiva ad altri soggetti.

Ma tale non è la situazione di specie. Come è infatti precisato nella nota n. 9 con riferimento alle

bande di frequenza 838-862 MHZ (menzionate nel provvedimento in esame), è espressamente previsto che tali frequenze siano

utilizzate dal ministero p.t. per la definizione dei piani di

assegnazione alle stazioni di radiodiffusione televisiva pubbliche e

private. Ed inoltre che, sino alla definizione di tali piani, l'utiliz zazione delle bande in oggetto da parte delle stazioni private sia

vincolata alla compatibilità — da accertarsi dal ministero p.t. —

con le assegnazioni di frequenze alle stazioni del servizio pubbli co nazionale.

E inoltre, ancora, in base alla nota 44 contenuta nell'introdu zione generale al piano, specificamente si prescrive che « quando una banda di frequenza è attribuita a più servizi o per un

servizio sono previsti più utilizzatori, non vi sono ordini di

priorità fra gli stessi, a meno di esplicita nota contraria con

apposita nota.

Nel caso di utilizzatori di una stessa banda di frequenze il ministero p.t. effettua il coordinamento tecnico ».

Nella specie non risulta che il ministero p.t. abbia definito i

piani per l'assegnazione delle frequenze alle stazioni pubbliche e

private esplicitamente facoltizzate a servirsi delle bande in discus

sione, né che abbia formulato valutazioni di compatibilità (cfr. nota 9 sopra citata), né ancora che abbia eseguito un coordina mento tecnico (cfr. nota 44 sopra citata). E deve anzi essere dato

atto che in altre procedure consimili alla presente, in cui pure l'amministrazione era costituita in giudizio, sono rimaste senza

risposta le richieste di chiarimenti e notizie in ordine agli

adempimenti suddetti ad essa rivolte da questo giudice. È pertanto ragionevole ritenere che tali interventi non siano

stati eseguiti dal ministero competente. Per conseguenza, sino a quando non sia compiuta con esito

negativo la verifica di compatibilità espressamente demandatale, non ha fondamento la pretesa dell'amministrazione di escludere dall'utilizzazione delle frequenze 838-862 MHZ una emittente

privata, quale la ricorrente, che ad esse ha un diritto di accesso

esplicitamente riconosciuto dal d.m. 31 gennaio 1983 in base alla nota n. 9 sopra menzionata.

D) Da un punto di vista più generale poi, deve rilevarsi che la

configuazione della posizione soggettiva della ricorrente in termini di diritto soggettivo perfetto ha ricevuto una recente autorevole conferma nella sent. n. 237 del 13 luglio 1984 (Foro it., 1984, I, 2049), pronunziata dalla Corte costituzionale. In tale decisione la

corte, dopo aver fatto una sommaria ricognizione della normativa

vigente in materia (quale risulta anche per effetto delle sentenze da essa corte pronunciate), ha ritenuto di affermare perentoria mente che — allo stato — « la trasmissione via etere su scala

locale, esercitata da privati, per effetto della citata sentenza n.

202/76 (id., 1976, I, 2066) è assolutamente libera nel senso che si

svolge litri regime di totale oairenza legislativa ».

E) Riconosciuta pertanto la pienezza della posizione soggettiva della (ricorrente ed accertata l'inesistenza, nel caso di specie, del

potere che la p.a. ha inteso esercitare, appare fondata la richiesta di tutela cautelare avanzata dalla Video Spezia International s.a.s

Il periculum in mora lamentato dalla istante consiste infatti nella forzata inattività della stazione emittente disattivata (con conseguenti intuibili danni sia per l'immagine sia per le entrate pubblicitarie) ed inoltre nel fatto che la banda di frequenza già utilizzata dalla ricorrente viene attualmente occupata da altra emittente. La tutela cautelare può ovviamente essere accordata nei limiti consentiti all'a.g.o. dalla vigente normativa e preci samente cioè con una pronuncia di contenuto dichiarativo. È

appena il caso di aggiungere che la mancata rimozione del

provvedimento censurato espone la p.a. ed i suoi funzionari (art. 28 Cost.) ad un'ulteriore responsabilità civile.

PRETURA DI NAPOLI; sentenza 4 febbraio 1985; Giud. Pani

co; D'Hauw (Avv. Coppola) c. Di Gennaro (Aw. Fusco).

PRETURA DI NAPOLI;

Competenza civile — Nuova disciplina della competenza e del

giudizio di equità del conciliatore — Giurisdizione speciale del conciliatore — Esclusione (Cost., art. 102; cod. proc. civ., art. 7,

113; 1. 30 luglio 1984 n. 399, aumento dei limiti di competenza del conciliatore e del pretore, art. 1, 2, 3).

Competenza civile — Nuova disciplina della competenza e del

giudizio di equità del conciliatore — Natura funzionale della

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