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ordinanza 9 dicembre 1986; Giud. F. P. Fiore; Sciarretta c. Associazione magistrati della Corte dei...

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ordinanza 9 dicembre 1986; Giud. F. P. Fiore; Sciarretta c. Associazione magistrati della Corte dei conti Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 6 (GIUGNO 1987), pp. 1935/1936-1937/1938 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178648 . Accessed: 25/06/2014 04:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.17 on Wed, 25 Jun 2014 04:43:42 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: ordinanza 9 dicembre 1986; Giud. F. P. Fiore; Sciarretta c. Associazione magistrati della Corte dei conti

ordinanza 9 dicembre 1986; Giud. F. P. Fiore; Sciarretta c. Associazione magistrati della Cortedei contiSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 6 (GIUGNO 1987), pp. 1935/1936-1937/1938Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178648 .

Accessed: 25/06/2014 04:43

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1935 PARTE PRIMA 1936

nendo alla categoria dei dirigenti, svolgano funzioni con caratte

re continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e

dell'attuazione degli obiettivi dell'impresa».

Ritiene il giudicante che questa definizione, per quanto vaga

possa sembrare, sia pienamente utilizzabile per individuare chi debba entrare in concreto nella nuova categoria, indipendente mente dall'ausilio della contrattazione collettiva. •

Esclusi gli autentici alter ego dell'imprenditore e coloro ai qua li la dirigenza sia stata attribuita per decisione aziendale, indipen dentemente dal lavoro svolto in concreto, rientreranno nella

categoria dei quadri quegli impiegati di livello superiore i quali

svolgano attività di rilievo all'interno delie aziende.

A chi volesse obiettare che si tratta di criteri incerti .e vaghi, si può rispondere che anche la categoria di «dirigente», esclusi

alcuni casi (pochissimi) incontrovertibili, trattandosi di persone

preposte p alla intera azienda o a sue branche di grossa consi

stenza, è attraversata da una grande quantità di incertezze rico

struttive. '

Il che non ha impedito alla giurisprudenza di svolgere un am

pio lavoro alla ricerca dei criteri di identificazione dei' suoi ele

menti costitutivi, al di fuori di ógni apporto da parte della

contrattazione collettiva.

Il 2° comma dell'art. 2 («i requisiti di appartenenza alla cate

goria dei quadri sono stabiliti dalla contrattazióne collettiva na

zionale o aziendale in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura organizzativa dell'impresa») e l'art.

3 («in sede, di prima applicazione, entro un anno dall'entrata in

vigore della presente legge, le imprèse provvederanno a definire

attraverso la contrattazione collettiva l'attribuzione della qualifi ca di quadro, cosi come è previsto e con le modalità stabilite

dall'art. 2, 2° comma, della presente legge») della 1. 190/85, se

impongono una pausa di riflessione all'azione davanti alle corti, non sono tali, a parere del giudicante, da rimettere la concretiz

zazione della legge esclusivamente alla contrattazione collettiva.

Che cosa infatti accade se entro l'anno previsto dalla legge le

imprese non hanno provveduto a definire l'attribuzione della ca

tegoria di quadro?

La legge non lo dice. Ma il silenzio della legge non solo con

sente, ma impone al giudice di intervenire affinché il prodotto dell'attività legislativa non resti del tutto privo di effetti.

Non sembra invero che si possa sostenere che*, in mancanza

del contratto collettivo, la legge non possa operare (i contratti

potrebbero mancare per molti anni àncora . . .). Il problema è se là legge abbia creato o no dei diritti in capo

a certi soggetti.

La risposta affermativa sembra pacifica. La legge hic et nunc ha creato una nuova categoria (i «qua

dri») e le ha attribuito la stessa «dignità» di quelle preesistenti dei dirigenti, degli impiegati e degli operai e, a tal fine, ha anche modificato il . codice civile.

Subito dopo non si è limitata a rinviare ai "contratti collettivi

per la identificazione concreta del contenuto di questa nuova ca

tegoria, ma ha essa stessa, anche se per sommi capi, indicato le caratteristiche del nuovo «settore».

Sembra innegabile a questo punto che coloro che rientrano nel la previsione legislativa abbiano un vero e proprio diritto al trat tamento da essa previsto e pertanto ben possano agire davanti alle corti per tutelare questo diritto ove esso in concreto sia nega to o non sia riconosciuto. • •

Questi principi, validi in generale, sembrano esserlo ancor più nel caso di specie.

I ricorrenti, dopo aver lasciato trascorrere un anno in attesa dell'intervento collettivo, hanno deciso di ricorrere al giudice.

L'impresa si è costituita e non ha contestato che ì ricorrenti siano «degni della greca sul cappello prevista dalla 1. n.-190/85».

Al di là del riconoscimento aziendale, l'attività svolta (quella di direttori di farmacia) sembra rientrare de plano nelle funzioni di rilevante importanza, ecc. a cui la legge subordina la spettanza della nuova categoria.

Si tratta infatti di lavoratóri che, ferme le direttive generali

dell'imprenditore, svolgono compiti di grande rilievo e responsa bilità sia tecniche che amministrative in modo assolutamente au tonomo. •

.

Consci di questo fatto, essi hanno chiesto quello (allo stato molto poco . . .) che per legge loro' spetta.

Il Foro Italiano — 1987. .

PRETURA DI ROMA; ordinanza 9 dicembre 1986; Giud. F. P.

Fiore; Sciarretta c. Associazione magistrati della Corte dei conti.

PRETURA DI ROMA; i

Provvedimenti di urgenza — Associazione non riconosciuta —

Sospensione delle delibere assembleari — Inammissibilità (Cod. civ., art. 23, 36; cod. proc. civ., art. 700).

È inammissibile la richiesta di provvedimento di urgenza che di

sponga la sospensione delle deliberazioni aventi ad oggetto il

rinnovo delle cariche sociali di un'associazione non riconosciu

ta, in quanto già esiste un rimedio cautelare tipico, individua

bile nell'art. 23, 3° comma, c.c. (1)

Fatto. — Il dr. Antonio Sciarretta, consigliere della Corte dei

conti, iscritto all'associazione magistrati della stessa corte, chiede

di sospendere, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., l'esecuzione delle deli

berazioni ultime dell'assemblea della predetta associazione, aven

ti ad oggetto il rinnovo delle cariche sociali.

Deduce l'illegittimità di queste deliberazioni, anche quanto alla

relativa e preliminare attività di convocazione dell'assemblea, e

ne afferma poi la irreparabile lesività con riguardo particolare alla sua qualità di iscritto alla associazione ed ai connessi diritti

di elettorato attivo e passivo, tale da giustificare un provvedi mento d'urgenza che assicuri provvisoriamente gli effetti della fu

tura decisione sul merito.

L'Associazione magistrati della Corte dei conti resiste alla do

manda e ne chiede il rigetto, eccependo la conformità a legge e statuto delle deliberazioni contestate e precisando che l'iniziati

va della controparte si colloca nell'ambito di un contenzioso com

plesso, persistente ormai da alcuni anni.

Diritto. — La domanda di provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., presentata dal ricorrente, va respinta per la mancanza

del necessario presupposto della «residualità».

Non può non osservarsi, infatti, nel solco della giurisprudenza

espressa da questo ufficio in casi analoghi (v. Pret. Roma, ord.

8 aprile 1985, Foro it., 1985, I, 2794, e ord. 18 giugno 1986, in causa Lo Iacono c. Assoc. Italia-Austria, inedita), che la so

spensione delle deliberazioni dell'assemblea di un'associazione,

provvista o meno della personalità giuridica (l'applicazione del

l'art. 23 c.c. alle associazioni non riconosciute è ormai dato in

controvertibile per quanto risulta reiteratamente affermato dal

Supremo collegio: v. sent. 30 ottobre 1956, n. 4050, id., 1957,

I, 397; 24 ottobre 1969, n. 3490, id., 1970, I, 870; 12 ottobre

1973, n. 2572, id., 1973, I, 3290; 10 luglio 1975, n. 2714, id., Rep. 1975, voce Associazione non riconosciuta, n. 4; 16 novem

bre 1976, n. 4252, id., Rep. 1976, voce cit., n. 2; 3 aprile 1978, n. 1948, id., 1978, I, 1670; 3 novembre 1981, n. 5791, id., Rep.

1981, voce cit., n. 1), è oggetto della misura cautelare tipica del

l'art. 23 c.c., devoluta alla competenza di altro organo giurisdi

zionale, e, quindi, non è richiedibile al pretore per via di

provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., che, giusta la premes sa dello stesso articolo, presuppone l'inesistenza di uno specifico mezzo di cautela, idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti

(1) Sull'applicabilità alle associazioni non riconosciute dell'art. 23, 3° comma c.c., v. Pret. Roma, ord. 8 aprile 1985, Foro it., 1985, I, 2794; Pret. Fasano, ord. 28 febbraio 1981, id., Rep. 1982, voce Provvedimenti di urgenza, n. 110.

Sul rapporto tra provvedimento d'urgenza e provvedimento cautelare di cui all'art. 23, v. ancora Pret. Fasano, cit., che classifica il secondo come un «provvedimento cautelare specifico», con conseguente preclusio ne del rilascio di analogo provvedimento cautelare in base all'art. 700

c.p.c. Contra, Pret. Agrigento 23 gennaio 1981, ibid., n. 111. L'ordinanza riportata, tuttavia, non precisa se l'art. 23 possa essere

applicato alle associazioni non riconosciute in via «analogica» o «diretta». Per la prima soluzione si pronuncia Cass. 16 novembre 1976, n. 4252,

id., Rep. 1976, voce Associazione non riconosciuta, n. 2, e, con specifico riguardo all'art. 23, Trib. Catania 15 giugno 1982, id., Rep. 1985, voce cit., n. 5. Più in generale, nel senso che le norme dettate per le associa zioni riconosciute trovano applicazione alle associazioni non riconosciute, in mancanza di un diverso accordo degli associati, cfr. Cass. 10 luglio 1975, n. 2714, id., Rep. 1975, voce cit., n. 4; 3 aprile 1978, n. 1498, id., 1978, I, 1670.

La querelle dottrinaria sul punto è esemplificata dalle contrapposte po sizioni di M. Basile, Congressi di partito e misure cautelari, in Giur. it., 1982, 1, 2, 194, e F. Galgano Delle associazioni non riconosciute e dei comitati, in Commentario, a cura di Sclaloja e Branca, Bologna Roma, 1976, 158 ss., sub art. 36.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

della decisione di merito, sia esso previsto dal codice di rito ovve

ro — per dottrina e giurisprudenza ormai concordi — dal codice

civile o dalle altre leggi. Il contrario assunto di chi vuole esperibile in subiecta materia

la procedura dell'art. 700 c.p.c. non è condivisibile.

Sostenere la «residualità» dell'art. 700 c.p.c. al riguardo, per ché questo mezzo — a differenza di quello tipico dell'art. 23 c.c. — non richiede l'impugnazione della deliberazione innanzi al giu dice competente, il tribunale, e può in tesi essere concesso inaudi

ta altera parte, senza la preliminare audizione degli amministratori

dell'associazione, necessaria all'altro, appare smentito, infatti, dalla

stessa funzione dei provvedimenti d'urgenza.

Invero, questi provvedimenti non svolgono una funzione «inte

grativa» degli altri mezzi tipici di cautela, che, s'è detto, sono

ormai identificati anche in quelli previsti dal codice civile o da altre leggi, ma hanno invece una funzione «suppletiva», operano cioè allorquando manchino quei mezzi tipici: tant'è la premessa dell'art. 700 c.p.c., intesa nel senso innanzi cennato e che non

a caso esplicita l'avverbio «fuori».

La tipicizzazione del modulo procedurale, prevista dal legisla tore al fine di concedere una misura cautelare nominata, non può essere assunta quale elemento discriminante in materia, cosi da

rendere possibile la concessione della «stessa misura» attraverso

un modulo diverso, qual è quello previsto dall'art. 700 c.p.c. Il modulo procedurale, infatti, è l'iter legalmente dovuto per

la concessione della misura cautelare e non può identificarsi in

questa stessa misura, che, se uguale nell'oggetto, resta tale anche

se concessa a seguito di procedure diverse.

Anzi, la previsione legislativa di una specifica procedura, che

regoli i tempi e le condizioni e i modi per la concessione della

misura cautelare, non può non far credere che questa e non altra

sia stata ritenuta adeguata per la ponderazione comparativa dei

particolari interessi in conflitto, dovuta a quel fine.

E appare contrario ai principi ordinamentali fondamentali af

fiancare ad una procedura, che tale ponderazione implichi, altra

procedura che di essa può essere totalmente priva, per arrivare

allo stesso scopo: in altri termini, e in contrasto con l'esposta funzione dei provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., signifi cherebbe consentire che per via di cautela atipica si utilizzino cau

tele tipiche al di là delle stesse previsioni normative.

La vicenda portata all'esame del giudicante è emblematica al

riguardo, li dove evidenzia che un precedente ricorso dello stesso

dr. Sciarretta per provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. atti

nente alla sospensione delle operazioni elettorali indette dall'asso

ciazione resistente, aveva determinato dapprima e inaudita altera

parte la concessione della misura cautelare, ma era stato poi defi

nitivamente respinto con ordinanza, a seguito della instaurazione

del contraddittorio e della ponderazione «comparativa» degli in

teressi in conflitto.

Del resto, e in ultima analisi, il concetto di «residualità», che

qui si è espresso in ordine all'art. 700 c.p.c. e con riguardo parti colare all'art. 23 c.c., non pare tradire sul piano fattuale le ragio ni della celerità, che informano e governano gli interventi cautelari

previsti dall'ordinamento, allorquando si evidenzi che l'art. 23

c.c. pone come condizione di procedibilità dell'istanza della mi

sura cautelare l'audizione degli amministratori dell'associazione

e la mera impugnazione della deliberazione, realizzabili entrambe

in termini brevissimi, e non anche richiede che il giudizio sull'im

pugnazione della deliberazione abbia già avuto corso, com'è pa lesato dall'emanabilità della misura cautelare da parte del

presidente del tribunale nella forma del decreto.

Conclusivamente, quindi, deve provvedersi come da dispositi

vo, rigettando la domanda. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-127.

I

PRETURA DI TORINO; sentenza 1° dicembre 1986; Giud. F.

Rossi; Leone (Aw. Raffone) c. Soc. Togheter (Avv. Boggio, De Antonio).

PRETURA DI TORINO;

Lavoro (rapporto) — Contratto di formazione e lavoro — Ingiu stificato recesso «ante tempus» — Obbligo di risarcimento del

danno (Cod. civ., art. 1223, 1227; d.l. 30 ottobre 1984 n. 726,

.misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazio nali, art. 3; 1. 19 dicembre 1984 n. 863, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, art. 1).

In caso di recesso ante tempus ingiustificato da contratto di for mazione e lavoro da parte del datore, il prestatore d'opera ha

diritto al risarcimento del danno corrispondente alla retribuzio ne complessiva che avrebbe percepito fino alla scadenza con

venzionale del rapporto. (1)

(1) Conforme, ma in una fattispecie regolata dalla 1. 79 del 1983, Trib. Milano 31 dicembre 1985, Orient, giur. lav., 1986, 1021, che anche per viene alla medesima soluzione sulla base della qualificazione del contratto a finalità formative (qui di formazione e lavoro) in termini di contratto a durata minima unilateralmente garantita.

In dottrina, circa tale qualificazione, cfr. S. Centofanti, Il contratto di formazione e lavoro nella I. 19 dicembre 1984 n. 863, in Riv. it. dir.

lav., 1985, I, 333, in cui è precisato che vi è contestualmente l'apposizio ne di un termine di- durata massima, e in cui il contratto di formazione e lavoro è definito un contratto a disciplina speciale e non un contratto

speciale (p. 310 ss.). Così pure M. Napoli, in Nuove leggi civ., 1985, 835. Per la qualificazione in termini di speciale contratti di lavoro subor dinato cfr., invece, G. Balandi, Il nuovo contratto di formazione e lavo

ro, in Riv. it. dir. lav., 1986, I, 52.

Cfr., per la natura di contratti a termine del contratto di formazione e lavoro, Pret. Torino 6 febbraio 1986, Lavoro 80, 1986, 1145, pronun-' ciatasi sul principio di cui sub 2; Pret. Monza 13 aprile 1985 e Pret. Desio 18 marzo 1985, Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro, (rapporto), nn.

548, 643, che, in fattispecie regolate dalla 1. 79 del 1983, hanno ritenuto la necessità dell'apposizione per iscritto del termine, che per Pret. Tivoli 26 marzo 1985, ibid., n. 549, rileva invece solo ai fini della validità della

pattuizione di un termine inferiore a dodici mesi; Pret. Latina 10 ottobre

1985, Giur. it., 1987, I, 2, 210, e Dir. lav., 1986, II, 37.1, con nota di M. Dell'Olio, che ha affermato la trasformazione a tempo indetermina to di un rapporto di lavoro nascente da contratto di formazione e lavoro

più volte rinnovato; Pret. Bologna 31 agosto 1984, Riv. giur. lav., 1985, II, 685; Pret. Roma 1° marzo 1984, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 478 (fattispecie disciplinata dalla 1. 79 del 1983).

Pret. Desio 18 marzo 1985, cit., è stata riformata da Trib. Monza 15 settembre 1986, Orient, giur. lav., 1986, 786, sulla base dell'applicazione del principio di libertà di forma.

In dottrina sulla natura di contratto a termine, cfr. E. Conte, Brevi note sulla configurazione giuridica del contratto di formazione e lavoro, in Riv. giur. lav., 1986, I, 115; C. Filadoro, Alcuni aspetti della l. 863/84 sui contratti di formazione e lavoro, in Lavoro e prev. oggi, 1986, 2350; E. D'Avossa, Contratto di formazione: primi orientamenti giurispruden ziali, in Dir. e pratica lav., 1986, 3237.

Su problemi vari in materia di contratti di. formazione e lavoro, cfr. Pret. Torino 31 ottobre 1986, id., 1987, 421; Pret. Bologna 14 maggio 1986, Lavoro 80, 1986, 1112; Pret. Napoli 30 novembre 1985, Riv. giur. lav., 1986, II, 514; Pret. Bologna 31 agosto 1984, cit., che si sono tutte

pronunciate per l'apponibilità del patto di prova al contratto (contra, G. Mannacio, Contratto di formazione: ancora sul patto di prova, in Dir. e pratica lav., 1985, 1705, ed ivi, altri richiami). Pret. Bologna 14

maggio 1986, cit., ha anche affermato che l'illegittimo recesso da con tratto di formazione e lavoro da parte del datore comporta l'applicazione dell'art. 18 1. 300/70.

T.A.R. Piemonte 23 gennaio 1986, n. 28, Foro it., 1986, III, 135, si è pronunciato per la legittimità del diniego del nulla-osta della commis sione comunale di collocamento ove manchi la preventiva approvazione della commissione regionale a nulla rilevando la mancanza di finanzia mento pubblico.

Pret. Milano, ord. 4 agosto 1986, Lavoro 80, 1986, 1218 e Pret. Agro

poli 7 dicembre 1983, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 479 (quest'ultima

per un contratto previsto dalla 1. 79/83), hanno affermato che nella de

terminazione del numero dei dipendenti di cui all'art. 11 1. 604/66 non

vanno computati i giovani assunti con contratti di formazione e lavoro.

Per la negazione della risarcibilità ex se del danno da recesso poi revoca

to, cfr. Pret. Milano 7 gennaio 1987, Dir. e pratica lav., 1987, 821.

Per l'inesistenza dell'obbligo specifico di formazione professionale an

che sotto il vigore della 1. 79/83, cfr. Pret. Sarzana 4 dicembre 1985, Orient, giur. lav., 1986, 507.

Pret. Milano 12 settembre 1986, ibid., 1018 e in Lavoro e prev. oggi, 1987,

439, si è pronunciata per l'illegittimità dei contratti di formazione e lavoro

stipulati in numero superiore a quello previsto dalla singola autorizzazione.

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